LA SFIDA del REFERENDUM

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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camillobenso
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da camillobenso »

MUSSOLONI


A cinque mesi dal referendum costituzionale, il via alla campagna elettorale lo dà il presidente del Consiglio e segretario del Pd Matteo Renzi. “Il lavoro di questi due anni ha prodotto un cambiamento radicale ma la sfida più grande inizia adesso”.




SI INFATTI STIAMO SPROFONDANDO NEL BARATRO ETICO, MORALE E MATERIALE.

MA AI CAMERATI STA BENE COSI'.


Chi dimentica la storia è costretto a riviverla.

Primo Levi


E NOI CE LA SIAMO DIMENTICATA.

BENITO E ADOLF INGANNAVANO COSI' LE FOLLE.

Oggi tutto si ripete con grande indifferenza.
camillobenso
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da camillobenso »

NELLA RETE SI PUO' LEGGERE

Il Viagra della Mente

...altresì noto come "Antro del Buta". Entrate, a vostro rischio e pericolo!
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W il Duce! W il Duce! W il Duce!

Rimango sempre affascinato da chi, nel 2014, si proclama “fascista”, intona canti di un fulgido ventennio ormai passato, e riempie il petto d’orgoglio declamando frasi, idiomi e detti di un fulgido regime dei tempi che furono. Non si può non rimanere stregati da queste persone tutte d’un pezzo, dedite al patriottismo, all’onore e al perseguimento delle più nobili virtù, che cercano in tutti i modi di ristabilire l’ordine di una memoria ormai perduta e di un tempo fatto di ricchezze e conquiste.
Anche io oggi voglio farvi partecipe di questa grandezza italica, che fece grande lo Stivale, irrise i nemici e ci rese invisi alle potenze demoplutocratiche…
Perché si sa, quando c’era lui, i treni partivano in orario, tutto era più bello, più sano e più giusto.
E se ci fosse ancora lui, oggi, sì che l’Italia sarebbe un grande paese.
Siete pronti a rivangare insieme a me le grandi gesta di Benito Mussolini?
Siete pronti a compattarvi in un manipolo fascista, e cantare a squarciagola “W il Duce”?
Armatevi di moschetto e olio di ricino, che si va!




QUESTO E' DEL TEMPO DI CARLO CUDEGA.

IL MOSCHETT0, IL SANTO MANGANELLO E L'OLIO DI RICINO NON SI USANO PIU'.

TUTTO SOSTITUITO DALLA TELEVISIONE.

SE LO SBRUFFONE DI PREDAPPIO AVESSE INTUITO LA POTENZIALITA' DELLA TELEVISIONE, NEL 1936, IN OCCASIONE DELLE PRIME PROVE IN GALLERIA VITTORIO EMANUELE, NOI SAREMMO ANCORA FASISTI.

MA ADESSO CI PENSA SUO NIPOTE, MUSSOLONI DA RIGNANO.
camillobenso
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da camillobenso »



Non c’è presa di coscienza senza sofferenza. In tutto il mondo la gente arriva ai limiti dell’assurdo
per evitare di confrontarsi con la propria anima.
Non si raggiunge l’illuminazione immaginando figure di luce,
ma portando alla coscienza l’oscurità interiore.
Chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro si sveglia.

Carl Gustav Jung



E' PER QUESTO CHE STIAMO BRANCOLANDO NELLA TERRA DEI MORTI VIVENTI?????????
camillobenso
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da camillobenso »

Renzi: "Io non credibile in Ue? Prima di me 63 governi"
Il premier apre la campagna per il Sì: "Il lavoro di questi due anni ha prodotto un cambiamento radicale ma la sfida più grande inizia adesso"



Chiara Sarra - Lun, 02/05/2016 - 11:46
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"Con 63 governi di fila, quando vai ai vertici internazionali non fanno neanche in tempo a ricordarsi la tua faccia".


Per lanciare la campagna per il Sì al referendum costituzionale Matteo Renzi punta il dito contro i suoi predecessori e dà la colpa a loro se ora l'Italia non ha credibilità all'estero. Tutti, dal momento che "fino a due anni fa l'Italia era incartata".

"Il lavoro di questi due anni ha prodotto un cambiamento radicale ma la sfida più grande inizia adesso", ha detto il premier a Firenze, snocciolando quelli che ritiene i suoi più grandi successi: "Se partono investimenti l'Italia riparte. Cose che si sanno, ma le ridico per dire che tutto quello fatto è enorme, ma non basta: la vera sfida inizia adesso. Giusto preoccuparsi delle aziende in crisi, Sulcis, Guess: grazie a Jobs act 398 mila persone in più che lavorano. Non basta. Ieri quasi 400 mila persone hanno potuto festeggiare la giornata del lavoro".

E poi le banche: "Lobby? Io al massimo potrei fare la lobby degli scout...", ha scherzato, "Ma anche sul tema delle banche abbiamo eliminato il meccanismo atroce e assurdo delle banche popolare, garanzie alle banche di credito cooperativo e salvato i correntisti di quelle banche che rischiavano di perdere le obbligazioni, per le quali si è provveduto a trovare soluzione. I problemi delle banche non si originano qui, ma che hanno visto intere classi dirigenti reggersi l'un l'altra. Abbiamo messo la parola fine, e adesso diciamo portiamo le banche a dare credito alle piccole imprese, alle famiglie".

E nonostante le Comunali alle porte, Renzi pensa già al referendum, quello per cui ha messo la faccia promettendo di lasciare in caso di sconfitta. "Io non sarei mai arrivato a Palazzo Chigi se non avessi avuto una straordinaria esperienza di popolo", ha detto il premier, "Ora c'è una partita che da solo potrei anche vincere ma non basterebbe. Nel referendum la domanda è molto semplice: sì o no. Ma lì dentro c'è molto di più: c'è la riforma istituzionale. Una riforma non è contro chi ha combattuto per la libertà".
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

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sulla Costituzione...
ANALISI
Con il referendum sulla Costituzione nasce il partito di Maria Elena Boschi
Comitati in tutta Italia. Una piattaforma informatica per i fondi. Scuole di formazione per i dirigenti. Adesioni trasversali. Così Matteo Renzi prepara il voto sulla nuova Carta. E la ministra fa le prove della sua leadership
DI MARCO DAMILANO
30 marzo 2016



Il primo a partire a livello nazionale ha già depositato nello studio di un notaio romano l'atto di costituzione con il nome e con il gruppo dei promotori: comitato "Si vota Sì". Sui territori, da Nord a Sud, da Cuneo a Catanzaro, si stanno moltiplicando le iniziative, per il momento sotterranee. E presto nascerà un sito, una piattaforma virtuale che permetterà a chiunque di iscriversi, di fondare il suo comitato e di contribuire alla raccolta fondi: un po' partito all'americana un po' 5 Stelle.

È l'Azione parallela di Matteo Renzi che si muove al riparo dalle campagne elettorali di questi giorni, per il referendum sulle trivellazioni del 17 aprile e per le amministrative nelle grandi città. Per uscire allo scoperto si aspetta l'ora X, prevista per la fine del mese. Tra poche settimane le Camere daranno il definitivo via libera al testo di riforma della Costituzione che elimina il Cnel, chiude l'attuale sistema bicamerale per l'approvazione delle leggi e il voto di fiducia al governo e trasforma il Senato da camera politica con 315 membri, così com'è ora, a assemblea di cento senatori in rappresentanza di regioni e comuni. Un istante dopo partirà la lunga campagna per il referendum di autunno in cui gli italiani saranno chiamati a confermare o bocciare la riforma della Costituzione. L'appuntamento su cui Renzi si gioca tutto. E come lui il ministro che sogna di intestarsi il passaggio alla Seconda Costituzione repubblicana: Maria Elena Boschi.

È l'unico voto del 2016 che davvero interessa al premier. L'unico appuntamento cerchiato in rosso nell'agenda. Il sogno di un plebiscito modello De Gaulle che consegnerebbe l'ex sindaco di Firenze alla storia, con la riscrittura della seconda parte della Costituzione. E, al tempo stesso, l'occasione per costruire finalmente il suo partito, fuori dal Pd, oltre il Pd, da lanciare nella successiva sfida elettorale per il voto politico.

Per questo il premier-segretario ostenta indifferenza per gli appuntamenti più vicini che invece ossessionano i suoi compagni di partito: il referendum sulle trivellazioni che si svolgerà tra due settimane e le elezioni di Roma, Milano, Napoli, Torino e tanti altri comuni importanti. La sua attenzione è tutta proiettata sul dopo, sullo scontro finale sul referendum costituzionale. Per cui si stanno preparando organizzazione, comunicazione, risorse. E una leader indiscussa, molto più di una semplice testimonial. Maria Elena Boschi. È lei che in queste settimane sta girando l'Italia per costruire la rete a favore del referendum. È lei che sta scegliendo uomini e parole d'ordine. È lei che metterà il volto sulla futura campagna elettorale. A lei faranno riferimento i comitati del Sì. Anzi, i comitati Boschi.

Quasi l'embrione di una corrente, o ancor di più, un partito nel partito. Arrivato nel momento più difficile sul piano personale e politico, con la famiglia funestata da un grave lutto, la morte della nonna del ministro, la mamma di sua madre, e dall'inchiesta a carico del padre Pier Luigi, ex vice-presidente della Banca Etruria, indagato per bancarotta fraudolenta, costretto dal commissario liquidatore dell'istituto a partecipare alla restituzione di 300 milioni di euro entro la fine del mese in solido con gli altri amministratori contestati per «condotte illecite e mala gestio». E poi: conflitto di interessi, ostacolo alla vigilanza, premi aziendali non dovuti, operazioni poco trasparenti. E, infine, c'è il misterioso incontro di papà Boschi con il faccendiere in odore di P2 Flavio Carboni su cui anche Pier Luigi Bersani e la minoranza del Pd invocano un chiarimento. Una vicenda per cui il ministro è sotto tiro da mesi. Ha già dovuto affrontare un voto della Camera su una mozione di sfiducia individuale a metà dicembre, quando le ipotesi di reato erano ancora oggetto di ricostruzione giornalistica e non di indagini giudiziarie, ora è in arrivo una nuova mozione di sfiducia del Movimento 5 Stelle contro l'intero governo, ma poco cambia.

Perché il governo Renzi e la Boschi sono la stessa cosa. È stata lei stessa a dire nell'aula di Montecitorio: «Se pensate di indebolire il governo attaccando me lasciate perdere». Ma è vero anche il contrario. Di questo governo la Boschi è insieme il gioiello in vetrina e il tallone d'Achille, il punto di debolezza. Un anno fa, di questi tempi, nei sondaggi di gradimento risultava il ministro più apprezzato dopo il premier Renzi. Oggi le stesse rilevazioni la danno in picchiata, superata in popolarità da quasi tutti i colleghi. E sulla stampa cominciano a circolare attacchi da parte del Pd impensabili nei confronti della "Mari", finora giudicata intoccabile. Vuole farsi una sua corrente. Sta costruendo un circuito di fedelissimi tra i deputati di prima nomina, li incontra la sera a cena nei ristoranti del centro di Roma. Sta accrescendo il suo potere nei ministeri. Si è montata la testa, si atteggia a madre della Patria...

Argomenti che circolano tra gli amici, i renziani che hanno condiviso con lei la scalata di Matteo, più velenosi degli avversari dichiarati. «Sciocchezze», la difendono gli amici. «Le cene ci sono, ma per dare la possibilità a Maria Elena di avere un contatto diretto con i deputati che vogliono incontrarla. All'ultima, per esempio, c'erano i marchigiani Alessia Morani e Piergiorgio Carrescia che certo boschiani non sono».

I boschiani, quelli veri, aspettano l'inizio ufficiale della campagna referendaria come il momento del riscatto, la fine della stagione più nera. E in alcune regioni l'organizzazione della rete è già in fase avanzata. In Emilia, ad esempio, il giovane deputato Marco Di Maio ha spinto le federazioni provinciali a organizzare un ciclo di incontri sul referendum costituzionale destinati ai dirigenti locali del Pd. A concludere i seminari, a Bologna, è stata chiamata la Boschi. In Toscana il segretario regionale Dario Parrini, esperto di sistemi elettorali e deputato renzianissimo, ha diviso la regione in tre zone e ha chiamato tre costituzionalisti a istruire ognuno centocinquanta amministratori che diventeranno gli animatori dei comitati del Sì: Stefano Ceccanti, Carlo Fusaro e Massimo Rubechi, che è il consigliere giuridico della Boschi e ha seguito passo passo il cammino di approvazione della riforma in Parlamento.

Formazione quadri e militanti, come si faceva un tempo nel Pci. Ma siamo nelle ex regioni rosse dove è rimasto un residuo della vecchia scuola. Nel resto d'Italia, invece, la nascita dei comitati del Sì è affidata allo spontaneismo. Il primo comitato nazionale, "Si vota Sì", si è costituito a Roma, si è fornito di una pagina fb, tra i promotori ci sono Ceccanti, i senatori Andrea Marcucci e Mauro Del Barba, la deputata Flavia Nardelli e la professoressa Maria Medici, impegnata nel centro studi Crippeg dell'Università europea che si occupa di ricerche di psicologia politica e geo-politica.

Madrina dell'iniziativa è, naturalmente, Maria Elena Boschi. A livello locale i comitati del Sì sono già presenti a Torino, Bergamo, Cosenza, Cuneo, Mantova, Parma, in Sardegna. A metterli su sono renziani della prima ora, i frequentatori della Leopolda che non hanno trovato posto nelle strutture del Pd. Ma anche intellettuali, professori e professoroni come il rettore di Ca' Foscari a Venezia Michele Bugliesi, primo firmatario di un appello di veneti per il sì. E gli esponenti degli altri partiti che hanno votato in Parlamento a favore della riforma: Ncd, Scelta civica, l'alleato impresentabile Denis Verdini. A Roma, ad esempio, è attiva da qualche settimana la "rete dei Sì" animata da Massimo De Meo, ex candidato alle elezioni politiche di Scelta civica. A Padova, alla prima uscita pubblica del comitato, c'era il vice-ministro Enrico Zanetti.
Una trasversalità tipica di tutte le campagne referendarie, speculare del resto a quella dei comitati del No che stanno spuntando in tutta Italia, in cui potrebbero trovarsi uno accanto all'altro i pasdaran berlusconiani e i nomi più illustri dell'anti-berlusconismo. Ma nelle intenzioni di Renzi e della Boschi i comitati del Sì non solo devono portare gli elettori alle urne e spingere il Sì ben oltre il cinquanta per cento dei votanti ma hanno il compito di rappresentare la leva di una nuova classe dirigente sul territorio che il premier non ha ancora trovato. L'alternativa al Pd litigioso visto nella scelta dei candidati alle amministrative o sul quesito sulle trivelle.

Per far emergere la carica dei neo-renziani c'è chi sogna che i cento fiori fioriscano, la nascita di tanti comitati, ciascuno con la sua autonomia. E chi, invece, consiglia di farli confluire tutti in un unico comitato nazionale del Sì, autorevolmente composto, con la presidenza da affidare, magari, all'ex capo dello Stato Giorgio Napolitano, tenace sostenitore della riforma (nel 2006 un altro ex presidente, Oscar Luigi Scalfaro, guidò il comitato del No che stravinse il referendum contro la riforma di Silvio Berlusconi e Umberto Bossi).
Giorgio Napolitano
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

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RIFORME
Nuova Costituzione, ultimo sì: ora parte la campagna del referendum su Renzi
Dopo aver detto approvato il ddl Boschi, la minoranza dem chiede di non trasformare la consultazione dell’autunno in un plebiscito. Ma il premier l’ha già fatto, e la battaglia contro «i conservatori» è già iniziata
DI LUCA SAPPINO
12 aprile 2016


Nuova Costituzione, ultimo sì: ora parte la campagna del referendum su Renzi
Neanche il tempo di verbalizzare l’ultimo sì della Camera alla riforma costituzionale che già si passa alla battaglia referendaria. Con 361 sì e soli 7 voti contrari, in un’aula disertata per protesta dai gruppi di opposizione, Montecitorio ha infatti dato la quarta approvazione conforme alla riforma di Matteo Renzi e Maria Elena Boschi. Ma sarà un referendum confermativo a dover ratificare il lavoro dei parlamentari. Un referendum atteso tanto dalle opposizioni, che l’hanno richiesto, quanto dal governo. Anzi: più dal governo.

Emozionante il voto su #RiformaCostituzionale pic.twitter.com/iTflHtDDtQ

— Ernesto Carbone (@ernestocarbone) 12 aprile 2016


E se Matteo Renzi, intervenuto lunedì dopo il dibattito generale, ha confermato che lui e i suoi sul referendum si giocano tutto e che «nell'eventualità in cui non ci fosse un riscontro popolare, sarebbe responsabile trarne le conseguenze», la minoranza dem continua a voler scongiurare l’effetto plebiscito. La minoranza ha votato sì in aula e voterà sì al referendum, ma «trasformare un confronto sul merito in un plebiscito su una politica, una leadership o una nuova maggioranza di governo», scrivono in una nota Roberto Speranza, Gianni Cuperlo e Sergio Lo Giudice che guidano le tre aree della minoranza Pd, «troverà l'opposizione ferma di chi, come noi, si è fatto carico del bisogno di completare una transizione aperta da troppo tempo».

«Sarebbe imperdonabile piegare la Costituzione al vantaggio contingente di una stagione», dicono dunque i tre, che vogliono così evidentemente dare un’altra chance al premier, facendo finta di non aver sentito le parole inequivocabili che Renzi ha però pronunciato in aula. «Nel dibattito che farò in campagna elettorale», ha già detto infatti Renzi, «non discuteremo soltanto di singole norme o valutazioni giuridiche, discuteremo anche di argomenti più demagogici. Sarei ingiusto se non lo dicessi».
http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... i-1.258788
camillobenso
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

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FAQ
Come funziona il referendum costituzionale che potrebbe mandare a casa il governo Renzi
Il premier dichiara: «Se perdo il referendum non solo vado a casa, ma smetto anche di fare politica». Ma esattamente gli elettori su cosa saranno chiamati ad esprimersi? La riforma Boschi spiegata punto per punto

DI LUIGI GAROFALO
13 gennaio 2016


Come funziona il referendum costituzionale che potrebbe mandare a casa il governo Renzi
Matteo Renzi, intervistato da Claudio Tito a Repubblica Tv conferma: dopo il voto finale della Camera sulla Riforma costituzionale, ad aprile, "partiremo subito con la campagna referendaria". E aggiunge: "Ho detto che se perdo il referendum smetto di far politica. Non è un plebiscito su di me ma finalmente c'è la responsabilità di chi fa politica dopo che per anni c'è stato il pantano". Ma esattamente di cosa stiamo parlando? Cerchiamo di spiegarlo, punto per punto




A QUALE CONSULTAZIONE ELETTORALE SI RIFERISCE IL PREMIER
Al referendum confermativo. Gli elettori potrebbero essere chiamati ad approvare il disegno di legge “Boschi”, qualora la riforma non dovesse ottenere, nella seconda lettura, la maggioranza dei due terzi dei componenti delle Camere. L’iter è previsto dalla Costituzione italiana. Secondo l’articolo 138 “le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o 500mila elettori o cinque Consigli regionali”.

I PUNTI CHIAVE DELLA RIFORMA BOSCHI

1. Finisce il bicameralismo perfetto.
Il cuore del provvedimento è il superamento del bicameralismo perfetto. Il Parlamento sarà sempre composto da Camera e Senato, ma solo Montecitorio potrà accordare o revocare la fiducia al governo. Inoltre la stessa Camera dei deputati avrà la preminenza legislativa. In sostanza è una riforma che punta a snellire i tempi per l’approvazione delle leggi.
Anche se il voto di Palazzo Madama avrà lo stesso peso dei colleghi onorevoli in un lungo elenco di leggi bicamerali, fra cui quelle di revisione costituzionali.

2. Come cambia il Senato?
Subirà un taglio dei senatori. Da 315 a 100. Tutti con l’immunità. 95 saranno eletti dai Consigli regionali “in conformità alle indicazioni espresse dagli elettori alle elezioni politiche”. Gli altri 5 potranno essere nominati, come accade anche oggi, dal Presidente della Repubblica. Continueranno a sedere sugli scranni di Palazzo Madama gli ex inquilini del Quirinale.

3. Come cambia l’elezione del Capo dello Stato?
Il Presidente della Repubblica sarà eletto con i due terzi di senatori e deputati nei primi tre scrutini e con i tre quinti dal quarto scrutinio. Dal settimo si passa a un quorum dei tre quinti dei votanti.
Adesso, invece, la Costituzione prevede che all’elezione partecipino anche tre delegati per ogni Regione (la Valle d’Aosta con un solo). Viene eletto Presidente chi riceve la maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.

4. Modifica del Titolo V
È la parte della Costituzione dedicata agli Enti autonomi che costituiscono la Repubblica. Si è riscritto l’elenco delle materie riportandone molte alla competenza dello Stato e sono state eliminate quelle concorrenti. Inoltre sono state cancellate le province dal testo costituzionale.

5. Leggi popolari e referendum
Cambiamenti anche per gli istituti di democrazia diretta. Per presentare una proposta di legge popolare serviranno 150mila firme (oggi ne occorrono almeno 50mila da parte degli elettori), ma saranno certi i tempi per l’esame. È salita anche la soglia per il referendum abrogativo: non più 500mila firme di elettori, ma 800mila e il quorum sarà fissato al 51% dei votanti delle ultime politiche. Invece se la raccolta firme si attesta tra le 500 e 800mila resta il quorum del 51% degli aventi diritto al voto.

6. Abolizione del Cnel
La riforma costituzionale prevede l’abrogazione dell’articolo 99 della Costituzione, quello riguardante il Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. È un organo di consulenza delle Camere e del governo: gode dell’iniziativa legislativa e può contribuire all’elaborazione della legislazione economica e sociale.
Non scomparirà subito. Entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge verrà nominato un commissario straordinario a cui sarà affidata la liquidazione e la ricollocazione del personale presso la Corte dei Conti.

Quando si voterebbe il referendum?
La parola ai cittadini potrebbe passare, verosimilmente, in ottobre. Potranno partecipare tutti coloro che godono dei requisiti per eleggere i rappresentanti alla Camera dei deputati, quindi anche i maggiorenni. La consultazione non prevede un quorum minimo di partecipanti e la legge “Boschi” non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Se vincessero i No il governo Renzi andrebbe a casa.
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http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... i-1.246523
iospero
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da iospero »

Nel fronte del No crescono i favorevoli a votare per parti separate. Dai costituzionalisti ai parlamentari d'opposizione, alla parte più agguerrita della minoranza Pd. "Pronti a ricorrere alla consulta"

Mi sembra una buona idea, anche se sarebbe preferibile semplificare i quesiti referendari, ad esempio " Abolire il Senato"-
favorevoli o contrari ?
erding
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da erding »

(...) guardiamo cosa c'è nella monnezza corrente di questo governo, essendo i passati acqua che non macina più.

In quell'immondo cesto si trovano:

a) parvenu eletti da nessuno e lì locati da un re repubblicano a credersi un deus ex machina: praticamente un folle;
b) degli amici di amici con nessuna competenza specifica se non quella di leccaderetani del principe dei ladri che
ruba ai poveri per dare ai ricchi;
c) un rottamatore che ha caricato sul proprio squallido carro il peggio del peggio del peggior peggio possibile;
d) una pletora di condannati ed indagati a vario titolo e grado a fottersene del popolo pur di continuare a fare i propri lerci mestieri;
e) dei fantasiosi voltagabbana che sono stati tutto ed il contrario di tutto prima di approdare alle rive di una fogna: quest'ultima;
f) dei fantasiosi azzeccagarbugli che in pochi mesi hanno STUPRATO UNA COSTITUZIONE la quale ha richiesto al tempo
dei padri costituenti un anno e mezzo per redigerla;
g) una compagnia di giro di teatranti falsi come una maschera di gesso a recitare lo stesso identico copione ovunque nel tempo e nei luoghi.

E via dicendo così ed elencando ciò che ad ognuno è visibile!.

Tutto ciò, e da solo, basterebbe a chiunque per darsi dei motivi validi al NO a questo governo ed al prossimo referendum,
ma io sono un maligno e voglio calare un poker d' assi facendo l'unica vera domanda a cui ciascuno, compresi i renziani,
dovrebbe darsi una risposta sincera:

" VORRESTE CHE A DETENERE IL POTERE ASSOLUTO FOSSE QUALCUNO CHE LA PENSA IN MODO
DIAMETRALMENTE OPPOSTO AL VOSTRO? ". Io credo che tutti, COMPRESI I RENZIANI, risponderebbero ...
con un NO SECCO COME IL SAHARA!." Francesco Briganti


La domanda giusta per testare la bontà di questa riforma.

Le leggi in genere, in modo particolare la legge elettorale e in special modo la costituzione,
dovrebbero avere un valore universale atto a garantire tutti nel tempo.

Non certo a risolvere problemi contingenti e di parte o peggio le voglie di qualche megalomane.
camillobenso
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

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PRIMA PAGINA DEL FATTO QUOTIDIANO DI OGGI:
"La 'riforma' è un abito nuovo
per coprire vecchie vergogne.

Gustavo Zagrebelsky


PAGINA 6 DEL FATTO QUOTIDIANO DI OGGI:


«Corruzione, la questione morale ormai è istituzionale»

di SILVIA TRUZZI 05 Maggio 2016

Zagrebelsky: «Massoneria affaristica, lobby e finanza: temo la rete di potere inquinato e connivente. Oggi si fa politica per ottenere l’immunità. Ma è illusorio credere che si possa sconfiggere tutto questo solo con il processo penale, per batterlo serve invece più democrazia». Il Fatto Quotidiano, 5 maggio 2016 (p.d.)

I politici non hanno smesso di rubare, hanno solo smesso di vergognarsi”. L’ha detto Piercamillo Davigo in un’intervista al Corriere della Sera, ripetendo una frase che è stata un grande classico in tanti suoi interventi pubblici negli ultimi anni. Si sono indignati i politici, ma non i cittadini. E comunque la cronaca sembra dargli ragione.

In una settimana abbiamo dovuto raccontare ai lettori de ll’arresto del sindaco di Lodi Simone Uggetti (Pd) per turbativa d’asta; dell’arresto di Antonio Bonafede, consigliere comunale del Pd a Siracusa, mentre stava per imbarcarsi su traghetto con 20 chili di droga; dell’indagine per concorso esterno in associazione mafiosa a carico del consigliere regionale e presidente del Pd in Campania, Stefano Graziano; dell’incredibile vicenda del Consiglio regionale della Sardegna, dove in cella si sono incontrati il vicepresidente del Consiglio regionale Antonello Peru (Forza Italia), arrestato per una vicenda di presunti appalti truccati, e Giovanni Satta (centristi) che quando è stato fermato pertraffico internazionale di stupefacenti ancora non era consigliere regionale. Lo è diventato – da detenuto – dopo che a seguito di vari ricorsi, l’ufficio elettorale della Regione gli aveva assegnato il seggio.

La questione morale incombe, è un’emergenza ormai cronica. Abbiamo chiesto a Gustavo Zagrebelsky com’è possibile che quelle affermazioni di Enrico Berlinguer (“I partiti sono soprattutto macchine di potere e di clientela. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune”), 35 anni dopo suonino così attuali.

Dalla politica ci dicono che la responsabilità penale è personale, che bisogna essere garantisti: i corrotti sono casi isolati, cioè singole mele marce. Cosa ne pensa?
La responsabilità penale è personale, ma la corruzione non è semplice illegalità individuale. Coinvolge necessariamente più soggetti, come dice la parola: la corruzione implica una cooperazione. I giuristi parlano di reato plurisoggettivo. Per vivere deve necessariamente allargarsi: i corruttori sono indotti a estendere progressivamente il raggio della corruttela per ottenere coperture e per questo moltiplicano le complicità dei corrotti che, a loro volta, diventano corruttori. C’è una forza diffusiva che la semplice illegalità di per sé non possiede. La corruzione è un sistema, non è la somma di singole illegalità. Esempio: se un contribuente fa una dichiarazione fiscale falsa, siamo di fronte a un’illegalità, che si può colpire processando l’evasore. Ma se il contribuente si mette d’accordo con il suo consulente fiscale, che si mette a sua volta d’accordo con la Guardia di Finanza e con l’Agenzia delle Entrate, tutto questo crea un sistema diffuso di corruzione.

Come le associazioni criminali.
Infatti. A differenza dell’illegalità, la corruzione crea ordinamenti alternativi a quelli legali. Per questo, mi pare riduttivo parlare di “questione morale”: siamo di fronte a una “questione istituzionale”. La mafia, per esempio, è una istituzione con regole interne, autorità di governo, agenti esecutivi e perfino tribunali. C’è una legittimità mafiosa che si contrappone alla legittimità dello Stato. Bisogna partire dal presupposto che si tratta di conflitti tra ordinamenti. È illusorio pensare che si possa sconfiggere la corruzione esclusivamente con processi che necessariamente perseguono i singoli. Come se si volesse vincere una guerra eliminando, uno ad uno, i combattenti dell’al traparte, mentre i caduti sono sostituiti da nuove leve e i ranghi si rigenerano. Gli ordinamenti si sconfiggono con guerre d’altro tipo; innanzitutto stabilendo una linea di demarcazione netta, un fronte, tra chi sta di qua e chi di là, cioè combattendo la “zona grigia”di chi sta un po’di qua e un po’di là.

Però la selezione della classe dirigente è affidata, non da oggi, al diritto penale. Ma la verifica penale non ha questa finalità, né il giudice è un’autorità morale.

I giudici svolgono i loro compiti con riguardo a singoli fatti e singoli autori dei fatti. Il conflitto tra ordinamenti non può accontentarsi d’una delega ai giudici. Coloro che si richiamano non ipocritamente alla legalità devono innanzitutto selezionare una classe politica priva di commistioni con l’altro ordinamento, mettendo confini invalicabili tra vita e malavita. Questo non può farlo la magistratura. Soprattutto in un momento come questo in cui tutti gli indizi portano a dire che il mondo della politica è estesamente penetrato dalla corruzione: significa che tra questi due opposti ordinamenti oggi non c’è conflitto, ma connivenza. O, addirittura, che s’è creato un meta-ordinamento diffuso, basato sulla convivenza.

Quali sono, allora, i rimedi?
Non possono essere solo le armi giudiziarie. Che ci devono essere, ma non sono risolutive. Mi chiedo, poi, se esiste davvero la volontà di combatterla, la corruzione. Scoppia uno scandalo e qual è la reazione? Se pur non si accusa la “giustizia a orologeria”, si esprime “piena fiducia nella magistratura”; ci si trincera dietro al “fino alla condanna definitiva nessuno può considerarsi colpevole”; si ritorce l’accusa: anche voi avete i vostri corrotti. Tutto ciò mi pare dimostri una fondamentale ambiguità ai limiti dell’a cquiescenza. La delega ai giudici è uno sfuggire alle proprie responsabilità; la ritorsione dell’accusa significa considerare la corruzione non un problema di integrità di sistema ma un’occasione per una gara a chi è più o meno corrotto. Così, si finisce per adagiarsi. Il vecchio discorso “tutti colpevoli, nessun colpevole”significa “siamo tutti sulla stessa barca”. Per non affondare tutti insieme, dobbiamo darci una mano ed essere tolleranti, gli uni verso gli altri. Mi chiedo se i nostri politici che usano questi argomenti si rendano conto del senso di quello che dicono. Credo di no.

Nel 2014 su 1100 consiglieri regionali, 521 erano sotto inchiesta; per 300 era stato chiesto il giudizio per spese pazze con i fondi ai gruppi.
Spesso sono quisquilie, disgustose ma quisquilie per le quali ben venga la repressione penale. Più preoccupanti sono le reti di connivenze che fanno capo a faccendieri e lobbisti vari, massoneria affaristica, finanza laica e vaticana, giornalismo al soldo, ecc. Questa è la potentissima rete della corruzione che tocca interessi finanziari, industriali, della comunicazione, degli armamenti, nazionali e internazionali. Che cosa c’è dietro, per esempio, al fatto che in Parlamento non si è potuto discutere dell’acquisto degli F-35? In una parola, la corruzione alligna nelle oligarchie. Per combatterla davvero, ci vuole democrazia.

Vero, ma la riforma costituzionale non va in direzione opposta, garantendo immunità a politici regionali tutt’altro che insospettabili e promossi senatori?
Il Senato dei 100 è un pasticcio in sé e una catastrofe funzionale: altro che semplificazione. L’immunità parlamentare nella storia della Repubblica ha subìto un rovesciamento. In origine proteggeva la libertà della funzione parlamentare. Oggi, spesso serve a proteggere il parlamentare. Cioè: mentre una volta si era protetti perché ci si dava alla politica, oggi ci si dà alla politica perché si vuole essere protetti. Insomma, in diversi casi il titolo preferenziale per essere messo in lista è stato avere grane con la giustizia. Sarà così anche per i nuovi senatori?

Il presidente emerito Napolitano ha citato voi “professori del no” in un’intervista al Corriere: “Vedo tre diverse attitudini. Quella conservatrice: la Costituzione è intoccabile. Quella politica e strumentale: si colpisce la riforma per colpire Renzi. E quella dottrinaria ‘per fezionista’. Dubito che tutti i 56 costituzionalisti e giuristi che hanno firmato il manifesto contro siano d’accordo su come si sarebbe dovuta fare la riforma. Ma è una posizione insostenibile: perché il No comporterebbe la paralisi definitiva”. Vuole rispondere?

Vincenzo Cuoco – commentatore della rivoluzione napoletana del 1799 – diceva che le Costituzioni sono abiti che devono essere indossati da un corpo. Questo corpo è ciò che chiamiamo la Costituzione materiale, fatta di convinzioni politiche, tradizioni, comportamenti, rapporti e anche di corruzioni. Le costituzioni non sono belle o brutte in sé, ma sono adatte o inadatte al corpo che deve indossarle. Se il corpo è quello della statua modellaria di Prassitele – diceva Cuoco –la Costituzione indossata farà una bella figura. Ma se il corpo è deforme, l’abito servirà soltanto a coprire le deformità. Non si corregge il corpo con la veste. A differenza del presidente Napolitano, penso che, parlando di conservatori, perfezionisti e innovatori, si finisce per perdere di vista la vera posta in gioco: le degenerazioni della vita politica materiale, degenerazioni che non si combattono, ma si occultano soltanto mettendo loro sopra una veste nuova. Il cosiddetto “combinato disposto” della legge elettorale e della riforma costituzionale è per l’appunto questa veste nuova, sotto la quale si nascondono tendenze, da tempo in atto, a separare la politica dalla partecipazione dei cittadini e ad accentrarla in centri di potere sospesi per aria o appesi in alto. La chiamano democrazia perché ogni cinque anni ci faranno votare? Ma votare su che?

In verità lei una proposta di riforma l’ha formulata.

Sì. L’ho inviata alla ministra Boschi, come si era concordato. Ma è sparita. Anche il presidente Napolitano l’ha ricevuta, ma era assai diversa da quella ch’egli sosteneva e sostiene. Così è stato un buco nell’acqua. Solo mi dispiace che si dica che chi è contrario a questa riforma non ha saputo e non sa proporre nulla di alternativo. È vero il contrario. Per onore della verità.
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