LA SFIDA del REFERENDUM

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camillobenso
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da camillobenso »

LA SOLITA PROPAGANDA DI UN PROFITTATORE E TRUFFATORE.

LA UE NON HA DETTO CHE DA I SOLDI ALLA GABANELLI SE PRESENTA IL PROGETTO IMMIGRATI, MA SE LO PRESENTA IL GOVERNO ITALIANO, CHE GUARDA CASO E GUIDATO DA MUSSOLONI.

COME GIA' SPIEGATO, MUSSOLONI NON ANDRA' MAI CONTRO IL SISTEMA CRIMINOGENO CHE FA AFFARI CON LO STATO GRAZIE AI MIGRANTI.

MA COM'E' NEL SUO STILE, SI PRODIGA SEMPRE NEL SODOMIZZARE I MERLI TRICOLORI.

IO TIM COOK.

AVANTI SAVOIA.






Profughi, Renzi: «La proposta della Gabanelli? Se riesce a strappare i soldi alla Merkel siamo favorevoli»
Il progetto prevede l’utilizzo delle caserme dismesse, alberghi confiscati alla mafia e tutti gli spazi pubblici per l’accoglienza, l’identificazione, formazione professionale e l’educazione alle normative europee. Costo orientativo? Circa 4 miliardi tra infrastrutture e personaleProfughi, Renzi: «La proposta della Gabanelli? Se riesce a strappare i soldi alla Merkel siamo favorevoli»
Il progetto prevede l’utilizzo delle caserme dismesse, alberghi confiscati alla mafia e tutti gli spazi pubblici per l’accoglienza, l’identificazione, formazione professionale e l’educazione alle normative europee. Costo orientativo? Circa 4 miliardi tra infrastrutture e personale.


http://www.corriere.it/inchieste/report ... fa5b.shtml
camillobenso
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da camillobenso »

fabio • un minuto fa
REnzie: "io devo fare le leggi, la magistratura deve farle rispettare"....Bene Mr REnzie, detta questa, il dire "se vince il NO vò via" non basta più. Se lei è veramente arrivato al punto di pensare che è l'esecutivo che fà le leggi e non il legislativo, allora se vince il NO deve fare quello che fecero i Savoia: andare in esilio. Allora al referendum sulla monarchia gli italiani scelsero la repubblica, quindi si dimostrarono contrari alla monarchia del Re, ora se vincessero i NO gli italiani si dimostreranno contrari alla monarchia del Presidente del Consiglio. E' chiaro.
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camillobenso
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da camillobenso »

barbagiannibarba • 37 minuti fa
archeologo e' renzi che ha riesumato il periodo 1922/1929.....con le sue riforme ridicole e pericolose; sta portando italia al nuovo fascio e fa pure il pavone...ma vada a riposarsi a rignano che in arno passano le cee......e la smetta di combinare pasticci all'italia...votiamo NO al referendum, salviamo costituzione...No al nuovo fascio....
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camillobenso
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da camillobenso »

Francesco • 42 minuti fa
Con una classe politica così banale, lo sono anche le argomentazioni.
Invece di spiegare bene perchè si (forse non lo sanno neppure loro), insultano chi è per il no.
Solo per questo voterò no, se non me lo sanno spiegare non mi posso fidare.
Sarebbe come comprare titoli "sicuri" da banca etruria
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camillobenso
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da camillobenso »

POLITICA

Referendum costituzionale, il confronto non è scontro tra fazioni

Politica
di Otello Lupacchini | 10 maggio 2016
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Otello Lupacchini
Giusfilosofo e magistrato



È buona norma che ogni discorso vertebrato muova da premesse esatte. Quando, pertanto, si assiste al divampare di polemiche al calor bianco sul se sia lecito o meno ai magistrati “schierarsi” in un referendum di natura costituzionale, prendendo posizione per uno dei due corni del dilemma, viene naturale ricercare le premesse, quasi sempre inespresse e date troppo spesso per scontate, dei due discorsi.

È agevole constatare allora che chi vorrebbe inibita la possibilità d’interlocuzione, mediante pubbliche prese di posizione, ai magistrati, ritiene senz’altro che sia consentito anche a loro di “esprimere un’opinione su referendum e riforme”, facendo tuttavia seguire a questa graziosa concessione l’avvertimento che è fatto divieto ai magistrati di “partecipare a campagne politiche”.

E di “campagna politica” si tratterebbe, nel caso del celebrando referendum sulla riforma costituzionale fortemente voluta dal Governo in carica e dal suo Presidente, il quale subordina addirittura la sua permanenza a Palazzo Chigi alla conferma della legge costituzionale, approvata da una maggioranza ad assetto variabile e, comunque, non con la maggioranza qualificata dei due terzi, che precluderebbe, stante la disposizione dell’art. 138 comma 3 Cost., la via referendaria. Chi invece reputa insussistente un simile interdictum, si chiede, per contro, “perché mai un premier debba proporre un’interpretazione impropria del referendum governativo: «per me» o «contro di me», annunciando l’impegno a dimettersi in caso di vittoria del «No»”.



Per rispondere a questa domanda, ma anche per comprendere la logica di chi vede nel confronto referendario null’altro che uno scontro tra fazioni, al quale il giudice dovrebbe restare estraneo per non perdere l’abito di terzietà, è utile riandare con la memoria agli albori della Repubblica, quando Piero Calamandrei evidenziava che “per compensare le forze di sinistra della rivoluzione mancata le forze di destra non si opposero ad accogliere nella costituzione promessa” il principio secondo cui “La sovranità appartiene al popolo” (art. 1 comma 2 Cost.), implicante che la sovranità popolare rimanga presente anche nella Repubblica a venire. In altri termini, con l’affermazione di quel principio, ai partiti e, sia pure in maniera diversificata, all’intero sistema dell’associazionismo diffuso, è stato affidato il compito storico di mantenere, a rivoluzione conclusa, il sovrano in vita, a condizione, però, che esso perda i suoi caratteri rivoluzionari di autore della Costituzione destinato, prima o poi, a riprendersi il prodotto della sua volontà, cioè la Costituzione medesima.

Il popolo, in questa prospettiva costituzionale, è presente dunque in permanenza, in un organico e reticolare intervento, che non si limita all’esercizio del solo diritto di voto, ma si inserisce in un complesso sistema di controllo sull’operato dei suoi rappresentanti. Ciò significa che a ogni cittadino è garantito di vedersi riconosciuta quotidianamente, e non soltanto ogni quattro o cinque anni, la cittadinanza. L’uomo “elettore”, infatti, partecipa ciclicamente a scegliere i rappresentanti; l’uomo “individuo” contribuisce, invece, al formarsi di una molteplicità di controlli diffusi, in forza della massimizzazione delle libertà di pensiero, associazione, riunione, insegnamento ecc.

Nella Costituzione, in stretta connessione con lo sviluppo della persona umana, è dunque presente la dimensione partecipativa, come fine generale della Repubblica. E dall’indiscussa esistenza di un impianto positivo del problema partecipativo si genera un vero e proprio diritto soggettivo, nella forma del diritto fondamentale individuale, ossia il diritto politico. L’elevazione culturale, che si coniuga con la libertà di associazione, è, in quest’ottica, presupposto della democrazia: una sovranità non è democrazia se non è arricchita da centri culturali di elaborazione e diffusione della cultura. Le più recenti generazioni, però, a causa di una sempre più ampia divaricazione fra programmi curriculari, così scolastici come universitari, da un lato, ed esigenze di preparazione dei giovani, dall’altro, sono cresciute in un amalgama culturale molto più misero che in passato.

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A causa di ciò, inevitabilmente, anche per scarsa conoscenza del costituzionalismo, oggi sfugge, in una Repubblica che dovrebbe fondarsi sulle autonomie locali e sul più ampio decentramento possibile, la coniugazione fra i principi di dignità – libertà – uguaglianza e quelli di rappresentanza – partecipazione – democrazia. Si avverte, insomma, la fatica a pensare oltre la centralità dello Stato e alla democrazia come qualcosa di diverso dalla mera rappresentanza e dalla delega di sovranità. Si fatica altresì, nella cultura politica, a ritenere i partiti “facilitatori” della sovranità del popolo, a partire dai propri rapporti interni, vedendo piuttosto in essi i detentori esclusivi dell’agire politico. Ed è comprensibile, ma affatto ingiustificato, allora, che le esperienze di democrazia partecipativa, che pure si sviluppano in altre parti, con varie modalità e in diverse entità, appaiano alla classe politica come fenomeni non soltanto marginali, ma addirittura fastidiosi, dunque da reprimere.
camillobenso
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da camillobenso »

a Ruccia
Referendum, Cacciari: ‘Puttanata di riforma, ma voterò Sì’. Poi attacca Richetti
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2016/05/ ... si/519262/
lilly
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da lilly »

Gli organi di garanzia anche con questa riforma sono al riparo perche anche con una maggioranza in ambedue le camere lo scarto sarebbe di circa 45 parlamentari.Il problema è che se c'è la maggioranza in ambedue le camere dal momento che anche la camera delle regioni ha competenza in materia costituzionale una maggioranza potrebbe approvare la riforma presidenziale a maggioranza semplice che gli italiani respingerebbero senza pensarci due volte.Questo si evita aumentando a duecento i membri perche con cento c'è la distorsione della rappresentanza proporzionale con l'effetto maggioritario.Ma poi passare da 315 a 200 membri non sarebbe ugualmente diminuzione dei parlamentari?
cielo 70
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da cielo 70 »

Non si cerca più di proporre vari referendum?
lilly
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Iscritto il: 02/03/2015, 18:13

Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da lilly »

cielo 70 non capisco cosa vuol dire.Il problema è che la costituzione è di tutti quindi meglio cercare intese ad ampio raggio parlamentare.Poi naturalmente anche ad ampio raggio si possono fare i referendum confermativi
camillobenso
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Re: LA SFIDA del REFERENDUM

Messaggio da camillobenso »

Renzi ha paura dell'astensione: "Si deve votare anche il lunedì"
L'astensionismo rischia di penalizzare il Pd più delle opposizioni. Il premier corre ai ripari: "Si deve votare anche il lunedì
"


Adalberto Signore - Sab, 14/05/2016 - 10:09
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I tempi cambiano. E se fino a ieri Matteo Renzi sentiva forte il vento in poppa al punto di volersi giocare la partita delle amministrative in un giorno solo, adesso a Palazzo Chigi preferiscono seguire la via della prudenza.


È per questa ragione - e non certo per accogliere gli inviti delle opposizioni o, come raccontano le veline renziane, «il favore dell'Anci» - che il premier decide di dare il suo placet affinché si possa votare anche di lunedì: il 6 giugno per il primo turno e il 20 giugno per i ballottaggi, che poi alla fine sono il cuore della questione.

Dopo aver ragionato sul dossier amministrative per diversi giorni, infatti, è stato lo stesso Renzi a convincersi che c'è il rischio concreto che l'astensionismo penalizzi il Pd più delle opposizioni, in particolare al secondo turno. Dove il premier si giocherà la decisiva partita di Milano (Giuseppe Sala e Stefano Parisi sono dati sicuri al ballottaggio) e, probabilmente, anche la sfida di Roma. Dopo il forfait delle liste di Stefano Fassina, infatti, le possibilità che Roberto Giachetti possa arrivare al secondo turno sono sensibilmente aumentate. Ecco il perché del cambio in corsa, dopo che per settimane il governo aveva argomentato la bontà del voto in un giorno solo in nome della spending review (la stessa che non ha però sentito l'esigenza di applicare sul referendum per le trivelle).

D'altra parte, i diversi sondaggi arrivati sul tavolo di Palazzo Chigi sono concordi nel dire che il trend del governo non è più quello di tre mesi fa, come la fiducia in Renzi che qualche battuta d'arresto l'ha fatta registrare. Insomma, se si votasse solo in una giornata, magari in una domenica assolata, sarebbero più motivati ad andare alle urne - rinunciando a qualche ora di mare - quelli che oggi sono sulle barricate dell'anti renzismo. A differenza, magari, di quel pezzo di elettorato moderato che sì, un voto a Renzi o al Pd potrebbe anche darlo ma senza troppo entusiasmo. Uno schema, insomma, quasi speculare rispetto alle Europee del 2014 che sancirono il trionfo dell'ex sindaco di Firenze con i dem al 40,8%. E sul quale resta comunque freddo Sala, visto che il candidato al Comune di Milano ieri ha voluto prendere le distanze dall'uscita di Angelino Alfano dicendo chiaro e tondo che «votare di lunedì non è una buona idea».

Eppure, l'apertura arrivata dal ministro dell'Interno è stata concordata nel dettaglio con Palazzo Chigi. Non a caso, già dopo pochi minuti, dall'entourage di Renzi facevano sapere che il presidente del Consiglio era «d'accordo con la proposta di assicurare il voto anche di lunedì». Adalberto Signore
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