Votare il 17 Aprile
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Votare il 17 Aprile
Credo che sia importante votare per il SI il 17 Aprile.
Le motivazioni sono molteplici, ma la mia preferita è che dopo un referendum il governo è sempre caduto e il leader mandato a casa, vedi Craxi, vedi Berlusconi ...
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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Re: Votare il 17 Aprile
Votare il 17 p.v. è importantissimo certo, ma, caro Luca non mi farei troppe illusioni.
Difficilmente si raggiungerà il quorum e temo che ciò irretirà maggiormente la debole opposizione
e darà ancora più ragioni al guascone.
Difficilmente si raggiungerà il quorum e temo che ciò irretirà maggiormente la debole opposizione
e darà ancora più ragioni al guascone.
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Re: Votare il 17 Aprile
erding ha scritto:Votare il 17 p.v. è importantissimo certo, ma, caro Luca non mi farei troppe illusioni.
Difficilmente si raggiungerà il quorum e temo che ciò irretirà maggiormente la debole opposizione
e darà ancora più ragioni al guascone.
Da queste parti sento disaffezione per il voto.
Anche chi strilla quotidianamente contro Renzi non va a votare.
Ma un briciolo di coerenza NO??????????????
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Re: Votare il 17 Aprile
POLITICA
(Contro) riforma costituzionale: lutto e resistenza ai referendum!
di Paolo Farinella | 14 aprile 2016
COMMENTI (36)
Si avvicina il 25 aprile, festa della Liberazione dal nazi-fascismo e siamo costretti a listare a lutto l’intera giornata, la nostra memoria e anche i nostri timori, divenuti certezze. Martedì 12 aprile 2016 è stato un giorno di lutto e di dolore: con 361 voti a favore, 7 contrari e 260 fuori dall’aula, la (contro) riforma costituzionale è passata in quarta lettura conforme. Essa è stata votata dal 58,25% dei deputati, mentre 40,63% ha lasciato l’aula. L’immagine plastica è tragica: il capo del Pd parla in un’aula vuota, dando il volto a una solitudine penosa applaudito solo dai raccogliticci vincolanti del Ncd, Sc e specialmente di Verdini). Il giorno proditorio passerà alla storia come violenza contro natura alla democrazia e allo stato di diritto.
Camera dei Deputati - Esame delle riforme costituzionali
La maggioranza parlamentare che ha votato la controriforma costituzionale nel Paese reale rappresenta solo 1/3 degli elettori; nell’attuale Parlamento, escluso il M5S, l’8% è condannato o inquisito per varie ipotesi di reato (dal sostegno esterno alle mafie all’influsso illecito d’influenza, alla corruzione e tanto altro ancora). Al contrario, costoro che dovrebbero essere espulsi senza alcun indugio, non solo hanno cambiato «casacca», passando da un gruppo a un altro, per garantirsi la mangiatoia, ma sono stati addirittura «indispensabili» perché senza Verdini, la riforma non passava.
Questo è il Parlamento reale e vuoto che ha votato un Renzi sgonfiato perché non ha nulla da festeggiare, anche se sogna di governare all’infinito, credendosi Alessandro Magno o Giulio Cesare. Gli ricordiamo, solo per dovere storico, che il primo morì giovane e il secondo assassinato da uno della sua stessa famiglia. Se lo ricordi lui che, non eletto, che governa dopo avere assassinato il suo predecessore con una pugnalata alle spalle.
Con questa approvazione, vera macelleria costituzionale, chi alle elezioni prendesse solo la maggioranza relativa, pure il 25%, si papperà anche la maggioranza assoluta alla Camera, dove siederanno 100 capilista bloccati in totale; gli elettori che fingeranno di votare questa minoranza saranno obbligati a scegliere i 100 nominati dalle segreterie dei partiti. Con vari meccanismi e giochini diversi, il 25% del Paese avrà i numeri per eleggersi il «Presidente della Repubblica», la Corte Costituzionale e il Consiglio Superiore della Magistratura. Cessa la tripartizione equilibrata dei poteri e resta solo il governo che galleggia in un mare di «servi», per altro ricattabili.
La riforma è stata fatta sull’onda dell’ubriacatura del 40% delle elezioni europee del 2014, quando ancora Renzi non aveva mostrato il suo vero volto di maschera di Berlusconi. Se si votasse oggi, secondo i sondaggi, vincerebbe il M5S per cui questa riforma può anche essere un boomerang per chi l’ha pensata. Questo non ci consola, anzi ci addolora ancora di più perché svela la strumentalizzazione che l’anima. Come reagire da cittadini e cittadine democratici e liberi?
C’è un solo modo: resistere, resistere, resistere, andando a votare domenica 17 aprile per il referendum sulla salvaguardia del nostro mare e contro gli interessi di società petrolifere, che, forse, hanno finanziato e finanziano la fondazione di Renzi (che si rifiuta di pubblicare l’elenco dei suoi foraggiatori, per cui il sospetto resta e la verifica è impossibile).
Qualcuno dirà: che c’entra il referendum sulle trivelle con la riforma costituzionale? Eccome se c’entra. Tutto si tiene in un progetto eversivo per togliere ai cittadini anche la parvenza di una sovranità che il voto ancora s’illudeva di concedergli. Il presidente del Consiglio, non eletto, commettendo un illecito, invita a disertare il voto (come la buon’anima di Craxi), ponendo così la premessa per il prossimo referendum abrogativo del pasticcio incostituzionale renziano del prossimo ottobre. Se Renzi vincesse questo referendum, facendolo fallire, sarà più difficile contrastare la sua controriforma.
Il 17 aprile 2016, si vota nella sola giornata di domenica e bisogna votare sì per mille e una ragione. Eccone alcune:
1. Affermare il nostro diritto di votare, come ha ricordato il Presidente della Corte Costituzionale che ha contraddetto il presidente del Consiglio, dandogli una lezione di cultura democratica e costituzionale.
2. L’estrazione del petrolio da tutte le piattaforme dentro le 12 miglia dalle nostre coste è pari al 1% del fabbisogno nazionale, mentre il gas è al 7%. Petrolio e gas non resterebbero in Italia, perché come ha dimostrato lo scandalo di Tempa Rossa, l’oleodotto fino al porto di Taranto, serve per stoccare l’estratto, caricarlo sulle petroliere e inviarlo alle raffinerie di Total e Shell che lo rivenderanno, anche all’Italia, come prodotto finito e più costoso. Valeva la pena distruggere le bellezze più belle della nostra Nazione per un piatto di lenticchie, visto che i posti di lavoro sono 300ca. in un anno? Se si valorizzasse la ricchezza naturale e artistica si avrebbero migliaia e migliaia di posti di lavoro puliti e senza danni permanenti.
3. I danni all’ambiente e l’inquinamento dell’aria, della terra e delle falde acquifere, causa principale delle morti per tumori, specialmente a Taranto, devastata e martoriata dall’Ilva, valgono il regalo fatto alla Total che si prende petrolio e gas e ci lascia scorie, inquinamento e distruzione?
4. La corruzione che gestisce questi traffici è davanti a tutti: si è dimesso un ministro, non una sguattera del Guatemala e il suo ormai ex-compagno è inquisito insieme a pezzi dello Stato marci e senza coscienza.
5. Nove Regioni governate dal Pd, hanno indetto il referendum contro il loro stesso partito e contro Renzi.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... m/2633047/
(Contro) riforma costituzionale: lutto e resistenza ai referendum!
di Paolo Farinella | 14 aprile 2016
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Si avvicina il 25 aprile, festa della Liberazione dal nazi-fascismo e siamo costretti a listare a lutto l’intera giornata, la nostra memoria e anche i nostri timori, divenuti certezze. Martedì 12 aprile 2016 è stato un giorno di lutto e di dolore: con 361 voti a favore, 7 contrari e 260 fuori dall’aula, la (contro) riforma costituzionale è passata in quarta lettura conforme. Essa è stata votata dal 58,25% dei deputati, mentre 40,63% ha lasciato l’aula. L’immagine plastica è tragica: il capo del Pd parla in un’aula vuota, dando il volto a una solitudine penosa applaudito solo dai raccogliticci vincolanti del Ncd, Sc e specialmente di Verdini). Il giorno proditorio passerà alla storia come violenza contro natura alla democrazia e allo stato di diritto.
Camera dei Deputati - Esame delle riforme costituzionali
La maggioranza parlamentare che ha votato la controriforma costituzionale nel Paese reale rappresenta solo 1/3 degli elettori; nell’attuale Parlamento, escluso il M5S, l’8% è condannato o inquisito per varie ipotesi di reato (dal sostegno esterno alle mafie all’influsso illecito d’influenza, alla corruzione e tanto altro ancora). Al contrario, costoro che dovrebbero essere espulsi senza alcun indugio, non solo hanno cambiato «casacca», passando da un gruppo a un altro, per garantirsi la mangiatoia, ma sono stati addirittura «indispensabili» perché senza Verdini, la riforma non passava.
Questo è il Parlamento reale e vuoto che ha votato un Renzi sgonfiato perché non ha nulla da festeggiare, anche se sogna di governare all’infinito, credendosi Alessandro Magno o Giulio Cesare. Gli ricordiamo, solo per dovere storico, che il primo morì giovane e il secondo assassinato da uno della sua stessa famiglia. Se lo ricordi lui che, non eletto, che governa dopo avere assassinato il suo predecessore con una pugnalata alle spalle.
Con questa approvazione, vera macelleria costituzionale, chi alle elezioni prendesse solo la maggioranza relativa, pure il 25%, si papperà anche la maggioranza assoluta alla Camera, dove siederanno 100 capilista bloccati in totale; gli elettori che fingeranno di votare questa minoranza saranno obbligati a scegliere i 100 nominati dalle segreterie dei partiti. Con vari meccanismi e giochini diversi, il 25% del Paese avrà i numeri per eleggersi il «Presidente della Repubblica», la Corte Costituzionale e il Consiglio Superiore della Magistratura. Cessa la tripartizione equilibrata dei poteri e resta solo il governo che galleggia in un mare di «servi», per altro ricattabili.
La riforma è stata fatta sull’onda dell’ubriacatura del 40% delle elezioni europee del 2014, quando ancora Renzi non aveva mostrato il suo vero volto di maschera di Berlusconi. Se si votasse oggi, secondo i sondaggi, vincerebbe il M5S per cui questa riforma può anche essere un boomerang per chi l’ha pensata. Questo non ci consola, anzi ci addolora ancora di più perché svela la strumentalizzazione che l’anima. Come reagire da cittadini e cittadine democratici e liberi?
C’è un solo modo: resistere, resistere, resistere, andando a votare domenica 17 aprile per il referendum sulla salvaguardia del nostro mare e contro gli interessi di società petrolifere, che, forse, hanno finanziato e finanziano la fondazione di Renzi (che si rifiuta di pubblicare l’elenco dei suoi foraggiatori, per cui il sospetto resta e la verifica è impossibile).
Qualcuno dirà: che c’entra il referendum sulle trivelle con la riforma costituzionale? Eccome se c’entra. Tutto si tiene in un progetto eversivo per togliere ai cittadini anche la parvenza di una sovranità che il voto ancora s’illudeva di concedergli. Il presidente del Consiglio, non eletto, commettendo un illecito, invita a disertare il voto (come la buon’anima di Craxi), ponendo così la premessa per il prossimo referendum abrogativo del pasticcio incostituzionale renziano del prossimo ottobre. Se Renzi vincesse questo referendum, facendolo fallire, sarà più difficile contrastare la sua controriforma.
Il 17 aprile 2016, si vota nella sola giornata di domenica e bisogna votare sì per mille e una ragione. Eccone alcune:
1. Affermare il nostro diritto di votare, come ha ricordato il Presidente della Corte Costituzionale che ha contraddetto il presidente del Consiglio, dandogli una lezione di cultura democratica e costituzionale.
2. L’estrazione del petrolio da tutte le piattaforme dentro le 12 miglia dalle nostre coste è pari al 1% del fabbisogno nazionale, mentre il gas è al 7%. Petrolio e gas non resterebbero in Italia, perché come ha dimostrato lo scandalo di Tempa Rossa, l’oleodotto fino al porto di Taranto, serve per stoccare l’estratto, caricarlo sulle petroliere e inviarlo alle raffinerie di Total e Shell che lo rivenderanno, anche all’Italia, come prodotto finito e più costoso. Valeva la pena distruggere le bellezze più belle della nostra Nazione per un piatto di lenticchie, visto che i posti di lavoro sono 300ca. in un anno? Se si valorizzasse la ricchezza naturale e artistica si avrebbero migliaia e migliaia di posti di lavoro puliti e senza danni permanenti.
3. I danni all’ambiente e l’inquinamento dell’aria, della terra e delle falde acquifere, causa principale delle morti per tumori, specialmente a Taranto, devastata e martoriata dall’Ilva, valgono il regalo fatto alla Total che si prende petrolio e gas e ci lascia scorie, inquinamento e distruzione?
4. La corruzione che gestisce questi traffici è davanti a tutti: si è dimesso un ministro, non una sguattera del Guatemala e il suo ormai ex-compagno è inquisito insieme a pezzi dello Stato marci e senza coscienza.
5. Nove Regioni governate dal Pd, hanno indetto il referendum contro il loro stesso partito e contro Renzi.
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Re: Votare il 17 Aprile
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Si avvicina il 25 aprile, festa della Liberazione dal nazi-fascismo e siamo costretti a listare a lutto l’intera giornata, la nostra memoria e anche i nostri timori, divenuti certezze. Martedì 12 aprile 2016 è stato un giorno di lutto e di dolore: con 361 voti a favore, 7 contrari e 260 fuori dall’aula, la (contro) riforma costituzionale è passata in quarta lettura conforme. Essa è stata votata dal 58,25% dei deputati, mentre 40,63% ha lasciato l’aula. L’immagine plastica è tragica: il capo del Pd parla in un’aula vuota, dando il volto a una solitudine penosa applaudito solo dai raccogliticci vincolanti del Ncd, Sc e specialmente di Verdini). Il giorno proditorio passerà alla storia come violenza contro natura alla democrazia e allo stato di diritto.
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La maggioranza parlamentare che ha votato la controriforma costituzionale nel Paese reale rappresenta solo 1/3 degli elettori; nell’attuale Parlamento, escluso il M5S, l’8% è condannato o inquisito per varie ipotesi di reato (dal sostegno esterno alle mafie all’influsso illecito d’influenza, alla corruzione e tanto altro ancora). Al contrario, costoro che dovrebbero essere espulsi senza alcun indugio, non solo hanno cambiato «casacca», passando da un gruppo a un altro, per garantirsi la mangiatoia, ma sono stati addirittura «indispensabili» perché senza Verdini, la riforma non passava.
Questo è il Parlamento reale e vuoto che ha votato un Renzi sgonfiato perché non ha nulla da festeggiare, anche se sogna di governare all’infinito, credendosi Alessandro Magno o Giulio Cesare. Gli ricordiamo, solo per dovere storico, che il primo morì giovane e il secondo assassinato da uno della sua stessa famiglia. Se lo ricordi lui che, non eletto, che governa dopo avere assassinato il suo predecessore con una pugnalata alle spalle.
Con questa approvazione, vera macelleria costituzionale, chi alle elezioni prendesse solo la maggioranza relativa, pure il 25%, si papperà anche la maggioranza assoluta alla Camera, dove siederanno 100 capilista bloccati in totale; gli elettori che fingeranno di votare questa minoranza saranno obbligati a scegliere i 100 nominati dalle segreterie dei partiti. Con vari meccanismi e giochini diversi, il 25% del Paese avrà i numeri per eleggersi il «Presidente della Repubblica», la Corte Costituzionale e il Consiglio Superiore della Magistratura. Cessa la tripartizione equilibrata dei poteri e resta solo il governo che galleggia in un mare di «servi», per altro ricattabili.
La riforma è stata fatta sull’onda dell’ubriacatura del 40% delle elezioni europee del 2014, quando ancora Renzi non aveva mostrato il suo vero volto di maschera di Berlusconi. Se si votasse oggi, secondo i sondaggi, vincerebbe il M5S per cui questa riforma può anche essere un boomerang per chi l’ha pensata. Questo non ci consola, anzi ci addolora ancora di più perché svela la strumentalizzazione che l’anima. Come reagire da cittadini e cittadine democratici e liberi?
C’è un solo modo: resistere, resistere, resistere, andando a votare domenica 17 aprile per il referendum sulla salvaguardia del nostro mare e contro gli interessi di società petrolifere, che, forse, hanno finanziato e finanziano la fondazione di Renzi (che si rifiuta di pubblicare l’elenco dei suoi foraggiatori, per cui il sospetto resta e la verifica è impossibile).
Qualcuno dirà: che c’entra il referendum sulle trivelle con la riforma costituzionale? Eccome se c’entra. Tutto si tiene in un progetto eversivo per togliere ai cittadini anche la parvenza di una sovranità che il voto ancora s’illudeva di concedergli. Il presidente del Consiglio, non eletto, commettendo un illecito, invita a disertare il voto (come la buon’anima di Craxi), ponendo così la premessa per il prossimo referendum abrogativo del pasticcio incostituzionale renziano del prossimo ottobre. Se Renzi vincesse questo referendum, facendolo fallire, sarà più difficile contrastare la sua controriforma.
Il 17 aprile 2016, si vota nella sola giornata di domenica e bisogna votare sì per mille e una ragione. Eccone alcune:
1. Affermare il nostro diritto di votare, come ha ricordato il Presidente della Corte Costituzionale che ha contraddetto il presidente del Consiglio, dandogli una lezione di cultura democratica e costituzionale.
2. L’estrazione del petrolio da tutte le piattaforme dentro le 12 miglia dalle nostre coste è pari al 1% del fabbisogno nazionale, mentre il gas è al 7%. Petrolio e gas non resterebbero in Italia, perché come ha dimostrato lo scandalo di Tempa Rossa, l’oleodotto fino al porto di Taranto, serve per stoccare l’estratto, caricarlo sulle petroliere e inviarlo alle raffinerie di Total e Shell che lo rivenderanno, anche all’Italia, come prodotto finito e più costoso. Valeva la pena distruggere le bellezze più belle della nostra Nazione per un piatto di lenticchie, visto che i posti di lavoro sono 300ca. in un anno? Se si valorizzasse la ricchezza naturale e artistica si avrebbero migliaia e migliaia di posti di lavoro puliti e senza danni permanenti.
3. I danni all’ambiente e l’inquinamento dell’aria, della terra e delle falde acquifere, causa principale delle morti per tumori, specialmente a Taranto, devastata e martoriata dall’Ilva, valgono il regalo fatto alla Total che si prende petrolio e gas e ci lascia scorie, inquinamento e distruzione?
4. La corruzione che gestisce questi traffici è davanti a tutti: si è dimesso un ministro, non una sguattera del Guatemala e il suo ormai ex-compagno è inquisito insieme a pezzi dello Stato marci e senza coscienza.
5. Nove Regioni governate dal Pd, hanno indetto il referendum contro il loro stesso partito e contro Renzi.
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di Paolo Farinella | 14 aprile 2016
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Si avvicina il 25 aprile, festa della Liberazione dal nazi-fascismo e siamo costretti a listare a lutto l’intera giornata, la nostra memoria e anche i nostri timori, divenuti certezze. Martedì 12 aprile 2016 è stato un giorno di lutto e di dolore: con 361 voti a favore, 7 contrari e 260 fuori dall’aula, la (contro) riforma costituzionale è passata in quarta lettura conforme. Essa è stata votata dal 58,25% dei deputati, mentre 40,63% ha lasciato l’aula. L’immagine plastica è tragica: il capo del Pd parla in un’aula vuota, dando il volto a una solitudine penosa applaudito solo dai raccogliticci vincolanti del Ncd, Sc e specialmente di Verdini). Il giorno proditorio passerà alla storia come violenza contro natura alla democrazia e allo stato di diritto.
Camera dei Deputati - Esame delle riforme costituzionali
La maggioranza parlamentare che ha votato la controriforma costituzionale nel Paese reale rappresenta solo 1/3 degli elettori; nell’attuale Parlamento, escluso il M5S, l’8% è condannato o inquisito per varie ipotesi di reato (dal sostegno esterno alle mafie all’influsso illecito d’influenza, alla corruzione e tanto altro ancora). Al contrario, costoro che dovrebbero essere espulsi senza alcun indugio, non solo hanno cambiato «casacca», passando da un gruppo a un altro, per garantirsi la mangiatoia, ma sono stati addirittura «indispensabili» perché senza Verdini, la riforma non passava.
Questo è il Parlamento reale e vuoto che ha votato un Renzi sgonfiato perché non ha nulla da festeggiare, anche se sogna di governare all’infinito, credendosi Alessandro Magno o Giulio Cesare. Gli ricordiamo, solo per dovere storico, che il primo morì giovane e il secondo assassinato da uno della sua stessa famiglia. Se lo ricordi lui che, non eletto, che governa dopo avere assassinato il suo predecessore con una pugnalata alle spalle.
Con questa approvazione, vera macelleria costituzionale, chi alle elezioni prendesse solo la maggioranza relativa, pure il 25%, si papperà anche la maggioranza assoluta alla Camera, dove siederanno 100 capilista bloccati in totale; gli elettori che fingeranno di votare questa minoranza saranno obbligati a scegliere i 100 nominati dalle segreterie dei partiti. Con vari meccanismi e giochini diversi, il 25% del Paese avrà i numeri per eleggersi il «Presidente della Repubblica», la Corte Costituzionale e il Consiglio Superiore della Magistratura. Cessa la tripartizione equilibrata dei poteri e resta solo il governo che galleggia in un mare di «servi», per altro ricattabili.
La riforma è stata fatta sull’onda dell’ubriacatura del 40% delle elezioni europee del 2014, quando ancora Renzi non aveva mostrato il suo vero volto di maschera di Berlusconi. Se si votasse oggi, secondo i sondaggi, vincerebbe il M5S per cui questa riforma può anche essere un boomerang per chi l’ha pensata. Questo non ci consola, anzi ci addolora ancora di più perché svela la strumentalizzazione che l’anima. Come reagire da cittadini e cittadine democratici e liberi?
C’è un solo modo: resistere, resistere, resistere, andando a votare domenica 17 aprile per il referendum sulla salvaguardia del nostro mare e contro gli interessi di società petrolifere, che, forse, hanno finanziato e finanziano la fondazione di Renzi (che si rifiuta di pubblicare l’elenco dei suoi foraggiatori, per cui il sospetto resta e la verifica è impossibile).
Qualcuno dirà: che c’entra il referendum sulle trivelle con la riforma costituzionale? Eccome se c’entra. Tutto si tiene in un progetto eversivo per togliere ai cittadini anche la parvenza di una sovranità che il voto ancora s’illudeva di concedergli. Il presidente del Consiglio, non eletto, commettendo un illecito, invita a disertare il voto (come la buon’anima di Craxi), ponendo così la premessa per il prossimo referendum abrogativo del pasticcio incostituzionale renziano del prossimo ottobre. Se Renzi vincesse questo referendum, facendolo fallire, sarà più difficile contrastare la sua controriforma.
Il 17 aprile 2016, si vota nella sola giornata di domenica e bisogna votare sì per mille e una ragione. Eccone alcune:
1. Affermare il nostro diritto di votare, come ha ricordato il Presidente della Corte Costituzionale che ha contraddetto il presidente del Consiglio, dandogli una lezione di cultura democratica e costituzionale.
2. L’estrazione del petrolio da tutte le piattaforme dentro le 12 miglia dalle nostre coste è pari al 1% del fabbisogno nazionale, mentre il gas è al 7%. Petrolio e gas non resterebbero in Italia, perché come ha dimostrato lo scandalo di Tempa Rossa, l’oleodotto fino al porto di Taranto, serve per stoccare l’estratto, caricarlo sulle petroliere e inviarlo alle raffinerie di Total e Shell che lo rivenderanno, anche all’Italia, come prodotto finito e più costoso. Valeva la pena distruggere le bellezze più belle della nostra Nazione per un piatto di lenticchie, visto che i posti di lavoro sono 300ca. in un anno? Se si valorizzasse la ricchezza naturale e artistica si avrebbero migliaia e migliaia di posti di lavoro puliti e senza danni permanenti.
3. I danni all’ambiente e l’inquinamento dell’aria, della terra e delle falde acquifere, causa principale delle morti per tumori, specialmente a Taranto, devastata e martoriata dall’Ilva, valgono il regalo fatto alla Total che si prende petrolio e gas e ci lascia scorie, inquinamento e distruzione?
4. La corruzione che gestisce questi traffici è davanti a tutti: si è dimesso un ministro, non una sguattera del Guatemala e il suo ormai ex-compagno è inquisito insieme a pezzi dello Stato marci e senza coscienza.
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Re: Votare il 17 Aprile
POLITICA
Referendum trivelle, breve guida al voto (visto che i populisti non ce l’hanno spiegato)
di Davide Vecchi | 15 aprile 2016
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... o/2639836/
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di Davide Vecchi | 15 aprile 2016
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Re: Votare il 17 Aprile
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Referendum trivelle: Renzi e Napolitano, fare propaganda per l’astensione è illegale
di Paolo Becchi | 15 aprile 2016
COMMENTI (140)
Un governo sporco di petrolio fa propaganda per convincere i cittadini a “restarsene a casa” e a non andare a votare all’imminente referendum, in modo tale che non si raggiunga il quorum. E l’ex-Presidente della Repubblica, Napolitano gli dà man forte: entrambi fanno apologia di reato invitando gli elettori ad astenersi. Beninteso, penso che qualsiasi cittadino sia libero di astenersi, come scelta personale, tanto dai referendum quanto dalle elezioni, ma un pubblico ufficiale nel nostro Paese non può fare propaganda, come stanno facendo il Capo del governo e l’ex Capo della Repubblica, per l’astensione. Non possono farlo sulla base delle nostre leggi. Vi è una norma (l’art 98 del testo unico del 1957) che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni il pubblico ufficiale o chiunque sia investito di un pubblico potere, che abusando delle proprie funzioni lo faccia. E questa norma vale non solo per le elezioni, ma anche per i referendum, come risulta nero su bianco dalla legge n. 352 del 1970. Napolitano e Renzi andrebbero quindi denunciati e dovrebbero essere indagati dalla magistratura per la loro condotta.
napolitano renzi 675
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Non mi soffermerò sulle ragioni per votare sì e così dire no alle trivelle, perché le ritengo quasi ovvie. Carbone e petrolio appartengono al passato, se vogliamo guardare al futuro dobbiamo puntare a nuove forme di energia, ad una politica energetica, come dicono i tedeschi nachhaltig, vale a dire sostenibile con l’ambiente e con le generazione future.
Vorrei spendere invece qualche parola sull’argomento fondato sulla rassegnazione che dice “ma cosa ci vado a fare a votare, tanto il quorum non viene raggiunto lo stesso”. Ragioni per essere rassegnati, nel nostro Paese, ce ne sono eccome, viviamo da tempo in una democrazia che proprio grazie a Napolitano si sta trasformando in oligarchia e dove il governo è soltanto un comitato di affari di grandi lobbies trans-nazionali. In altri tempi si sarebbe detto formato da traditori della patria, ma ormai siamo in Europa e non è quella della patrie, questa Europa.
Ed ormai bisogna prendere atto che questo governo ha i numeri per portare avanti le proprie riforme in Parlamento, senza subire arresti da parte delle opposizioni. Non c’è stato alcun voto di sfiducia prima dell’ultimo passaggio alla Camera della legge di riforma costituzionale, la quale, dietro allo slogan di superare il bicameralismo perfetto, finirà per assicurare al governo il controllo assoluto sul Parlamento. Renzi è riuscito a farla passare con una maggioranza di voti ottenuta servendosi dei fuoriusciti dai partiti contrari alla riforma e con tutte le opposizioni fuori dal parlamento, in segno di protesta. L’unico ostacolo che ora ha davanti è il popolo: solo il popolo italiano, infatti, avrà la possibilità di fermarla con il referendum costituzionale nel prossimo autunno.
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È questa la novità politica essenziale di questo anno: il referendum è diventato ormai l’unico strumento in grado di fermare il governo. Ed è per questo che anche il referendum sulle “trivelle” rappresenta un’occasione, la prima, per manifestare il proprio dissenso a Renzi. In quanto espressione della volontà diretta del popolo, con esso, anche se non si riuscisse a raggiungere il quorum, la vittoria del sì sarà, al contempo, una sconfitta del no, perché sarà sempre una dimostrazione di forza di un popolo che continua a scegliere di esserci, di far sentire la propria presenza e la propria voce al di fuori del Parlamento, che non lo rappresenta più. Per questo al di là del quesito specifico, che in realtà è ben poca cosa, chi è contro questo governo deve utilizzare questa occasione andando a votare al contempo contro le trivelle e contro il governo. Al momento in Italia c’è solo una cosa da “trivellare”: il governo. E la magistratura dovrebbe indagare Renzi e Napolitano per apologia di reato.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... e/2639617/
Referendum trivelle: Renzi e Napolitano, fare propaganda per l’astensione è illegale
di Paolo Becchi | 15 aprile 2016
COMMENTI (140)
Un governo sporco di petrolio fa propaganda per convincere i cittadini a “restarsene a casa” e a non andare a votare all’imminente referendum, in modo tale che non si raggiunga il quorum. E l’ex-Presidente della Repubblica, Napolitano gli dà man forte: entrambi fanno apologia di reato invitando gli elettori ad astenersi. Beninteso, penso che qualsiasi cittadino sia libero di astenersi, come scelta personale, tanto dai referendum quanto dalle elezioni, ma un pubblico ufficiale nel nostro Paese non può fare propaganda, come stanno facendo il Capo del governo e l’ex Capo della Repubblica, per l’astensione. Non possono farlo sulla base delle nostre leggi. Vi è una norma (l’art 98 del testo unico del 1957) che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni il pubblico ufficiale o chiunque sia investito di un pubblico potere, che abusando delle proprie funzioni lo faccia. E questa norma vale non solo per le elezioni, ma anche per i referendum, come risulta nero su bianco dalla legge n. 352 del 1970. Napolitano e Renzi andrebbero quindi denunciati e dovrebbero essere indagati dalla magistratura per la loro condotta.
napolitano renzi 675
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Non mi soffermerò sulle ragioni per votare sì e così dire no alle trivelle, perché le ritengo quasi ovvie. Carbone e petrolio appartengono al passato, se vogliamo guardare al futuro dobbiamo puntare a nuove forme di energia, ad una politica energetica, come dicono i tedeschi nachhaltig, vale a dire sostenibile con l’ambiente e con le generazione future.
Vorrei spendere invece qualche parola sull’argomento fondato sulla rassegnazione che dice “ma cosa ci vado a fare a votare, tanto il quorum non viene raggiunto lo stesso”. Ragioni per essere rassegnati, nel nostro Paese, ce ne sono eccome, viviamo da tempo in una democrazia che proprio grazie a Napolitano si sta trasformando in oligarchia e dove il governo è soltanto un comitato di affari di grandi lobbies trans-nazionali. In altri tempi si sarebbe detto formato da traditori della patria, ma ormai siamo in Europa e non è quella della patrie, questa Europa.
Ed ormai bisogna prendere atto che questo governo ha i numeri per portare avanti le proprie riforme in Parlamento, senza subire arresti da parte delle opposizioni. Non c’è stato alcun voto di sfiducia prima dell’ultimo passaggio alla Camera della legge di riforma costituzionale, la quale, dietro allo slogan di superare il bicameralismo perfetto, finirà per assicurare al governo il controllo assoluto sul Parlamento. Renzi è riuscito a farla passare con una maggioranza di voti ottenuta servendosi dei fuoriusciti dai partiti contrari alla riforma e con tutte le opposizioni fuori dal parlamento, in segno di protesta. L’unico ostacolo che ora ha davanti è il popolo: solo il popolo italiano, infatti, avrà la possibilità di fermarla con il referendum costituzionale nel prossimo autunno.
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È questa la novità politica essenziale di questo anno: il referendum è diventato ormai l’unico strumento in grado di fermare il governo. Ed è per questo che anche il referendum sulle “trivelle” rappresenta un’occasione, la prima, per manifestare il proprio dissenso a Renzi. In quanto espressione della volontà diretta del popolo, con esso, anche se non si riuscisse a raggiungere il quorum, la vittoria del sì sarà, al contempo, una sconfitta del no, perché sarà sempre una dimostrazione di forza di un popolo che continua a scegliere di esserci, di far sentire la propria presenza e la propria voce al di fuori del Parlamento, che non lo rappresenta più. Per questo al di là del quesito specifico, che in realtà è ben poca cosa, chi è contro questo governo deve utilizzare questa occasione andando a votare al contempo contro le trivelle e contro il governo. Al momento in Italia c’è solo una cosa da “trivellare”: il governo. E la magistratura dovrebbe indagare Renzi e Napolitano per apologia di reato.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... e/2639617/
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Re: Votare il 17 Aprile
POLITICA
Referendum trivelle: Renzi e Napolitano, fare propaganda per l’astensione è illegale
di Paolo Becchi | 15 aprile 2016
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Un governo sporco di petrolio fa propaganda per convincere i cittadini a “restarsene a casa” e a non andare a votare all’imminente referendum, in modo tale che non si raggiunga il quorum. E l’ex-Presidente della Repubblica, Napolitano gli dà man forte: entrambi fanno apologia di reato invitando gli elettori ad astenersi. Beninteso, penso che qualsiasi cittadino sia libero di astenersi, come scelta personale, tanto dai referendum quanto dalle elezioni, ma un pubblico ufficiale nel nostro Paese non può fare propaganda, come stanno facendo il Capo del governo e l’ex Capo della Repubblica, per l’astensione. Non possono farlo sulla base delle nostre leggi. Vi è una norma (l’art 98 del testo unico del 1957) che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni il pubblico ufficiale o chiunque sia investito di un pubblico potere, che abusando delle proprie funzioni lo faccia. E questa norma vale non solo per le elezioni, ma anche per i referendum, come risulta nero su bianco dalla legge n. 352 del 1970. Napolitano e Renzi andrebbero quindi denunciati e dovrebbero essere indagati dalla magistratura per la loro condotta.
napolitano renzi 675
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Non mi soffermerò sulle ragioni per votare sì e così dire no alle trivelle, perché le ritengo quasi ovvie. Carbone e petrolio appartengono al passato, se vogliamo guardare al futuro dobbiamo puntare a nuove forme di energia, ad una politica energetica, come dicono i tedeschi nachhaltig, vale a dire sostenibile con l’ambiente e con le generazione future.
Vorrei spendere invece qualche parola sull’argomento fondato sulla rassegnazione che dice “ma cosa ci vado a fare a votare, tanto il quorum non viene raggiunto lo stesso”. Ragioni per essere rassegnati, nel nostro Paese, ce ne sono eccome, viviamo da tempo in una democrazia che proprio grazie a Napolitano si sta trasformando in oligarchia e dove il governo è soltanto un comitato di affari di grandi lobbies trans-nazionali. In altri tempi si sarebbe detto formato da traditori della patria, ma ormai siamo in Europa e non è quella della patrie, questa Europa.
Ed ormai bisogna prendere atto che questo governo ha i numeri per portare avanti le proprie riforme in Parlamento, senza subire arresti da parte delle opposizioni. Non c’è stato alcun voto di sfiducia prima dell’ultimo passaggio alla Camera della legge di riforma costituzionale, la quale, dietro allo slogan di superare il bicameralismo perfetto, finirà per assicurare al governo il controllo assoluto sul Parlamento. Renzi è riuscito a farla passare con una maggioranza di voti ottenuta servendosi dei fuoriusciti dai partiti contrari alla riforma e con tutte le opposizioni fuori dal parlamento, in segno di protesta. L’unico ostacolo che ora ha davanti è il popolo: solo il popolo italiano, infatti, avrà la possibilità di fermarla con il referendum costituzionale nel prossimo autunno.
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È questa la novità politica essenziale di questo anno: il referendum è diventato ormai l’unico strumento in grado di fermare il governo. Ed è per questo che anche il referendum sulle “trivelle” rappresenta un’occasione, la prima, per manifestare il proprio dissenso a Renzi. In quanto espressione della volontà diretta del popolo, con esso, anche se non si riuscisse a raggiungere il quorum, la vittoria del sì sarà, al contempo, una sconfitta del no, perché sarà sempre una dimostrazione di forza di un popolo che continua a scegliere di esserci, di far sentire la propria presenza e la propria voce al di fuori del Parlamento, che non lo rappresenta più. Per questo al di là del quesito specifico, che in realtà è ben poca cosa, chi è contro questo governo deve utilizzare questa occasione andando a votare al contempo contro le trivelle e contro il governo. Al momento in Italia c’è solo una cosa da “trivellare”: il governo. E la magistratura dovrebbe indagare Renzi e Napolitano per apologia di reato.
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Referendum trivelle: Renzi e Napolitano, fare propaganda per l’astensione è illegale
di Paolo Becchi | 15 aprile 2016
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Un governo sporco di petrolio fa propaganda per convincere i cittadini a “restarsene a casa” e a non andare a votare all’imminente referendum, in modo tale che non si raggiunga il quorum. E l’ex-Presidente della Repubblica, Napolitano gli dà man forte: entrambi fanno apologia di reato invitando gli elettori ad astenersi. Beninteso, penso che qualsiasi cittadino sia libero di astenersi, come scelta personale, tanto dai referendum quanto dalle elezioni, ma un pubblico ufficiale nel nostro Paese non può fare propaganda, come stanno facendo il Capo del governo e l’ex Capo della Repubblica, per l’astensione. Non possono farlo sulla base delle nostre leggi. Vi è una norma (l’art 98 del testo unico del 1957) che punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni il pubblico ufficiale o chiunque sia investito di un pubblico potere, che abusando delle proprie funzioni lo faccia. E questa norma vale non solo per le elezioni, ma anche per i referendum, come risulta nero su bianco dalla legge n. 352 del 1970. Napolitano e Renzi andrebbero quindi denunciati e dovrebbero essere indagati dalla magistratura per la loro condotta.
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Non mi soffermerò sulle ragioni per votare sì e così dire no alle trivelle, perché le ritengo quasi ovvie. Carbone e petrolio appartengono al passato, se vogliamo guardare al futuro dobbiamo puntare a nuove forme di energia, ad una politica energetica, come dicono i tedeschi nachhaltig, vale a dire sostenibile con l’ambiente e con le generazione future.
Vorrei spendere invece qualche parola sull’argomento fondato sulla rassegnazione che dice “ma cosa ci vado a fare a votare, tanto il quorum non viene raggiunto lo stesso”. Ragioni per essere rassegnati, nel nostro Paese, ce ne sono eccome, viviamo da tempo in una democrazia che proprio grazie a Napolitano si sta trasformando in oligarchia e dove il governo è soltanto un comitato di affari di grandi lobbies trans-nazionali. In altri tempi si sarebbe detto formato da traditori della patria, ma ormai siamo in Europa e non è quella della patrie, questa Europa.
Ed ormai bisogna prendere atto che questo governo ha i numeri per portare avanti le proprie riforme in Parlamento, senza subire arresti da parte delle opposizioni. Non c’è stato alcun voto di sfiducia prima dell’ultimo passaggio alla Camera della legge di riforma costituzionale, la quale, dietro allo slogan di superare il bicameralismo perfetto, finirà per assicurare al governo il controllo assoluto sul Parlamento. Renzi è riuscito a farla passare con una maggioranza di voti ottenuta servendosi dei fuoriusciti dai partiti contrari alla riforma e con tutte le opposizioni fuori dal parlamento, in segno di protesta. L’unico ostacolo che ora ha davanti è il popolo: solo il popolo italiano, infatti, avrà la possibilità di fermarla con il referendum costituzionale nel prossimo autunno.
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È questa la novità politica essenziale di questo anno: il referendum è diventato ormai l’unico strumento in grado di fermare il governo. Ed è per questo che anche il referendum sulle “trivelle” rappresenta un’occasione, la prima, per manifestare il proprio dissenso a Renzi. In quanto espressione della volontà diretta del popolo, con esso, anche se non si riuscisse a raggiungere il quorum, la vittoria del sì sarà, al contempo, una sconfitta del no, perché sarà sempre una dimostrazione di forza di un popolo che continua a scegliere di esserci, di far sentire la propria presenza e la propria voce al di fuori del Parlamento, che non lo rappresenta più. Per questo al di là del quesito specifico, che in realtà è ben poca cosa, chi è contro questo governo deve utilizzare questa occasione andando a votare al contempo contro le trivelle e contro il governo. Al momento in Italia c’è solo una cosa da “trivellare”: il governo. E la magistratura dovrebbe indagare Renzi e Napolitano per apologia di reato.
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Re: Votare il 17 Aprile
Trivelle, la Rai oscura il referendum. Nei telegiornali spazi ridotti. Al Tg1 13 minuti in una settimana
Media & Regime
A pochi giorni dalle consultazioni scoppia la polemica sui dati relativi ai ridotti spazi di informazione dedicati al quesito che il governo avversa invitando gli elettori a disertare le urne. La7 ha dedicato due ore in più rispetto a viale Mazzini, cinque volte più di Mediaset. Freccero: "Gravissimo, porterò la questione nel cda del 20 aprile". Orfeo, direttore Tg1: "Studio su dati parziali"
di Thomas Mackinson | 14 aprile 2016
COMMENTI (511)
C’è il referendum sulle trivelle, l’importante è non dirlo. Meno che mai al Tg del servizio pubblico: tra il 4 e il 10 aprile la Rai si è fermata a 8 ore e 59 minuti, e in particolare il Tg1 a 13 minuti. E’ polemica sugli spazi tv dedicati alla consultazione del prossimo 17 aprile, quando manca una manciata di giorni all’appuntamento degli italiani che sono chiamati a decidere se ratificare le scelte del governo sulle concessioni perenni alle multinazionali o fermare quella decisione, lasciando che le piattaforme entro le 12 miglia scadano secondo il contratto tra lo Stato e le compagnie. Una mancanza di informazione che è stata messa in luce oggi da La Stampa e investe più di tutti il servizio pubblico che, in quanto tale, dovrebbe offrire il massimo di informazione e invece – anche in questa occasione – sembra piuttosto andare a ruota di altre reti, offrendo notizie e servizi col contagocce. La questione sarà sollevata dal consigliere di minoranza Carlo Freccero nel cda del 20 aprile: “Dobbiamo verificare quei dati ma è verissimo che il servizio pubblico non ha dato al referendum l’attenzione necessaria. L’ho notato anche io e la cosa è molto grave, sopratutto se questa distrazione collima con la posizione del governo”.
A misurare gli spazi dedicati al referendum per conto dell’Agcom è Greca Italia, media research company che fa questo di mestiere. Ebbene, dalle rilevazioni è emerso che fino al 10 aprile scorso la rete televisiva che più di tutte ha dato risalto al tema delle trivellazioni è stata La7 con 11ore, 34 minuti e 45 secondi. Oltre due ore in più rispetto alla Rai che si è fermata a 8 ore e 59minuti e addirittura 5 volte di più rispetto alle reti Mediaset. Dai dati disaggregati di questa tornata, dicono gli analisti, i volumi e i contenitori informativi si sono ulteriormente assottigliati. Nelle pieghe dei dati riportati da La Stampa emerge che il pozzo nero dell’informazione ha colpito non tanto o solo gli spazi delle reti generaliste quanto i telegiornali nelle fasce di maggior ascolto. Secondo i dati tra i Tg Rai, Tg2 e Tg3 nonostante il minor numero di edizioni informano molto di più rispetto al telegiornale principale.
Tutte le edizioni del Tg1 hanno riservato al tema del quesito referendari nella settimana che precede il voto – cioè dal 4 al 10 aprile – solo 13 minuti e 28 secondi e cioè meno delle settimane precedenti. I tre principali tg della Rai hanno parlato del tema solo per 53 minuti nella settimana appena conclusa, meno di quella precedente. In buona sostanza più: ci si avvicinava all’appuntamento e più gli spazi per comunicarlo si stringevano. Chi se si è perso quegli slot d’informazione, non amando gli italiani la carta stampata, ne saprà poco o nulla e andrà fatalmente ad aumentare la quota degli astenuti. E qui sta il nodo della questione. Perché la Rai, servizio pubblico, sembra aver assecondato la linea del governo (che ne nomina i vertici) e il Pd hanno fatto una campagna per l’astensione. Il premier in persona ha più volte auspicato il fallimento del referendum (lo ha fatto ancora giovedì, a tre giorni dalla consultazione), tifando esplicitamente perché gli italiani disertino le urne. Una coincidenza o una scelta di assecondare l’esecutivo? Con questi numeri sarà naturale per i promotori della consultazione gridare al bavaglio. Il direttore Mario Orfeo, contattato da Ilfattoquotidiano.it, contesta i dati: “Non tengono conto degli spazi del tg all’interno di Uno mattina e Tv7 che naturalmente alzano di molto il tempo in cui ci siamo occupati del referendum, per altro in sostanziale equilibrio delle parti. Quindi è uno studio su dati parziali“.
Del resto a passare è proprio la linea del governo che punta all’astensione, non alla vittoria del “no”. Perfino i trivellatori più convinti, infatti, hanno notato e lamentano l’assenza del servizio pubblico. Il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli, ad esempio, racconta di essere stato invitato una volta sola in Rai, ad Agorà, mentre ha ricevuto ben 4 inviti da La7. “Siamo quattro a uno, non lo dico per protagonismo ma perché è evidente che il servizio pubblico televisivo abbia dato una scarsa attenzione all’appuntamento, solo in parte compensata dagli approfondimenti puntuali e sistematici che la radio ha dedicato al tema”. Né può essere una attenuante la circostanza per cui altre reti, come SkyTg24 o abbiano colmato quel vuoto. Secondo La Stampa la questione, se sarà colta nelle sue implicazioni, avrà un peso nel dibattito sul rinnovo della concessione del servizio pubblico.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04 ... a/2635402/
Media & Regime
A pochi giorni dalle consultazioni scoppia la polemica sui dati relativi ai ridotti spazi di informazione dedicati al quesito che il governo avversa invitando gli elettori a disertare le urne. La7 ha dedicato due ore in più rispetto a viale Mazzini, cinque volte più di Mediaset. Freccero: "Gravissimo, porterò la questione nel cda del 20 aprile". Orfeo, direttore Tg1: "Studio su dati parziali"
di Thomas Mackinson | 14 aprile 2016
COMMENTI (511)
C’è il referendum sulle trivelle, l’importante è non dirlo. Meno che mai al Tg del servizio pubblico: tra il 4 e il 10 aprile la Rai si è fermata a 8 ore e 59 minuti, e in particolare il Tg1 a 13 minuti. E’ polemica sugli spazi tv dedicati alla consultazione del prossimo 17 aprile, quando manca una manciata di giorni all’appuntamento degli italiani che sono chiamati a decidere se ratificare le scelte del governo sulle concessioni perenni alle multinazionali o fermare quella decisione, lasciando che le piattaforme entro le 12 miglia scadano secondo il contratto tra lo Stato e le compagnie. Una mancanza di informazione che è stata messa in luce oggi da La Stampa e investe più di tutti il servizio pubblico che, in quanto tale, dovrebbe offrire il massimo di informazione e invece – anche in questa occasione – sembra piuttosto andare a ruota di altre reti, offrendo notizie e servizi col contagocce. La questione sarà sollevata dal consigliere di minoranza Carlo Freccero nel cda del 20 aprile: “Dobbiamo verificare quei dati ma è verissimo che il servizio pubblico non ha dato al referendum l’attenzione necessaria. L’ho notato anche io e la cosa è molto grave, sopratutto se questa distrazione collima con la posizione del governo”.
A misurare gli spazi dedicati al referendum per conto dell’Agcom è Greca Italia, media research company che fa questo di mestiere. Ebbene, dalle rilevazioni è emerso che fino al 10 aprile scorso la rete televisiva che più di tutte ha dato risalto al tema delle trivellazioni è stata La7 con 11ore, 34 minuti e 45 secondi. Oltre due ore in più rispetto alla Rai che si è fermata a 8 ore e 59minuti e addirittura 5 volte di più rispetto alle reti Mediaset. Dai dati disaggregati di questa tornata, dicono gli analisti, i volumi e i contenitori informativi si sono ulteriormente assottigliati. Nelle pieghe dei dati riportati da La Stampa emerge che il pozzo nero dell’informazione ha colpito non tanto o solo gli spazi delle reti generaliste quanto i telegiornali nelle fasce di maggior ascolto. Secondo i dati tra i Tg Rai, Tg2 e Tg3 nonostante il minor numero di edizioni informano molto di più rispetto al telegiornale principale.
Tutte le edizioni del Tg1 hanno riservato al tema del quesito referendari nella settimana che precede il voto – cioè dal 4 al 10 aprile – solo 13 minuti e 28 secondi e cioè meno delle settimane precedenti. I tre principali tg della Rai hanno parlato del tema solo per 53 minuti nella settimana appena conclusa, meno di quella precedente. In buona sostanza più: ci si avvicinava all’appuntamento e più gli spazi per comunicarlo si stringevano. Chi se si è perso quegli slot d’informazione, non amando gli italiani la carta stampata, ne saprà poco o nulla e andrà fatalmente ad aumentare la quota degli astenuti. E qui sta il nodo della questione. Perché la Rai, servizio pubblico, sembra aver assecondato la linea del governo (che ne nomina i vertici) e il Pd hanno fatto una campagna per l’astensione. Il premier in persona ha più volte auspicato il fallimento del referendum (lo ha fatto ancora giovedì, a tre giorni dalla consultazione), tifando esplicitamente perché gli italiani disertino le urne. Una coincidenza o una scelta di assecondare l’esecutivo? Con questi numeri sarà naturale per i promotori della consultazione gridare al bavaglio. Il direttore Mario Orfeo, contattato da Ilfattoquotidiano.it, contesta i dati: “Non tengono conto degli spazi del tg all’interno di Uno mattina e Tv7 che naturalmente alzano di molto il tempo in cui ci siamo occupati del referendum, per altro in sostanziale equilibrio delle parti. Quindi è uno studio su dati parziali“.
Del resto a passare è proprio la linea del governo che punta all’astensione, non alla vittoria del “no”. Perfino i trivellatori più convinti, infatti, hanno notato e lamentano l’assenza del servizio pubblico. Il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli, ad esempio, racconta di essere stato invitato una volta sola in Rai, ad Agorà, mentre ha ricevuto ben 4 inviti da La7. “Siamo quattro a uno, non lo dico per protagonismo ma perché è evidente che il servizio pubblico televisivo abbia dato una scarsa attenzione all’appuntamento, solo in parte compensata dagli approfondimenti puntuali e sistematici che la radio ha dedicato al tema”. Né può essere una attenuante la circostanza per cui altre reti, come SkyTg24 o abbiano colmato quel vuoto. Secondo La Stampa la questione, se sarà colta nelle sue implicazioni, avrà un peso nel dibattito sul rinnovo della concessione del servizio pubblico.
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Re: Votare il 17 Aprile
Erri De Luca: il referendum, per non restare sudditi a vita
Scritto il 15/4/16 • nella Categoria: idee
Il malaffare Guidi non è un episodio isolato, ma la prassi: interessi privati in pubblico servizio, con l’aggravante del danno alla salute e all’economia di una comunità. Il personale politico al potere è regolarmente corrotto e se ne infischia delle conseguenze. Le dimissioni preparano a nuovi incarichi e non all’esilio. Il 17 aprile si va a riscattare la nostra cittadinanza contro la riduzione a sudditi del satrapo di turno. Si va a riempire le urne di Sì per affermare la nostra sovranità sul mare, sui fondali, sulle coste e sull’economia della bellezza, nostra irripetibile fonte di reddito e di credito. Per il giurista Stefano Rodotà, con l’attacco frontale ai referendum Renzi prosegue sulla strada della passivizzazione dei cittadini. Al governo serve un’astensione totale dei cittadini, una rinuncia a partecipare e interessarsi, complice una informazione che procede a reti unificate con la censura del referendum. Istigano alla diserzione dalle urne. Al governo serve l’anestesia delle coscienze per proseguire con la svendita e lo stupro del territorio, come fosse cosa sua privata.Siamo alla democrazia drogata da anestetico. Perciò il 17 aprile lo chiamerei giorno di caffeina civile, giorno di adrenalina e di pronto soccorso al nostro suolo. Non è un voto contro il governo, è il voto di chi vuole bene al suo paese. Questo governo, anch’esso non uscito da urne, gode di una congiuntura favorevole: ha maggioranze parlamentari variabili dovute al fine corsa di Forza Italia che vuole sfruttare tutta la durata della legislatura. Da questa posizione irripetibile di vantaggio il governo spadroneggia. Il guasto del nostro paese è la corruzione. Questa è la tirannia penetrata nelle fibre della società, che produce inerzia. Attribuisco al 17 aprile un’ importanza superiore al quesito del referendum: assume il senso di un risveglio di cittadinanza oppure, l’alternativa, la sottomissione all’emiro nostrano. Chi sta con le trivelle in mare vede l’Italia come un suo emirato.Per il comitato del No, con il blocco futuro delle concessioni l’Italia avrebbe bisogno di sopperire al gas e al petrolio “perso” rifornendosi altrove, il che si tradurrebbe nell’arrivo di un maggior numero di petroliere che aumenterebbero i rischi di inquinamento da idrocarburi nei nostri mari. Inoltre le trivellazioni porterebbero ad un risparmio di quasi 5 miliardi l’anno sulla bolletta energetica. Come replico? Sono balle desolate. Le concessioni, come dice la parola, concedono ai petrolieri di vendere l’estratto a chi vogliono loro. Quel gas, quel petrolio non è nostro, per concessione è loro. Da noi intanto con tenacia cresce l’energia rinnovabile che investe sulla dipendenza dal sole e dal vento, per liberarsi dalla dipendenza dei trivellatori, degli sfruttatori e dei loro concessionari politici. Il settore chimico della Cgil si è schierato per il No al referendum per il rischio della perdita dei posti di lavoro? Non è così. Quei posti di lavoro sono altamente specializzati e trovano collocazione ovunque. È puro corporativismo analfabeta, da parte di un sindacato, pronunciarsi contro questo referendum voluto da sette Regioni e per legittima difesa.(Erri De Luca, dichiarazioni rilasciate a Giacomo Russo Spena per l’intervista “Referendum, caffeina civile contro l’anestesia delle coscienze”, pubblicata da “Micromega” il 4 aprile 2016).
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