News dal mondo
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News dal mondo
https://m.youtube.com/watch?v=6I0Bgb-vAAY
...... e se finora i media nostrani ci avessero raccontato solo balle per far un favore agli yankee e prendersi anche questa area?
Un salutone
...... e se finora i media nostrani ci avessero raccontato solo balle per far un favore agli yankee e prendersi anche questa area?
Un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: News dal mondo
pancho ha scritto:https://m.youtube.com/watch?v=6I0Bgb-vAAY
...... e se finora i media nostrani ci avessero raccontato solo balle per far un favore agli yankee e prendersi anche questa area?
Un salutone
CONOSCENDO COME FUNZIONA L’AMBARADAN, NON MI STUPREBBE PER NIENTE CHE CI AVESSERO RACCONTATO BALLE.
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Re: News dal mondo
La Stampa 31.10.16
Il premier canadese contro rigore e diseguaglianze
Crescita, investimenti e tasse ai ricchi
Trudeau Jr rilancia la classe media
di Stefano Gulmanelli
Tutti pazzi per Justin, verrebbe da dire parafrasando il film con Cameron Diaz. Il Justin in questione è Trudeau, l’attuale primo ministro del Canada divenuto un’icona politico-mediatica da quando, giusto un anno fa, riuscì a scalzare il conservatore duro e puro Stephen Harper, al governo da dieci anni. Dieci anni in cui il Canada aveva visto appannarsi la tradizionale immagine di Paese inclusivo, più incline alla mediazione che al conflitto, con una coscienza ecologica e un occhio ai più deboli. Per un po’ i canadesi avevano accettato quello che sembrava lo spirito dei tempi: massima priorità alla sicurezza e spasmodica attenzione ai conti. Fino a quando il prezzo da pagare non è sembrato troppo alto: «Il Paese ha avvertito che si stavano minando i suoi valori identitari», nota Catherine Corrigall-Brown, sociologa alla University del British Columbia a Vancouver. Inoltre i canadesi «volevano tornare ad essere ispirati» spiega Corrigall-Brown, «la politica “negativa” di Harper la puoi accettare sul piano razionale ma non ispira». Trudeau era lì al momento giusto, con un programma che tornava a parlare di crescita per la classe media e di contrasto della diseguaglianza sociale, di mano tesa alle First Nations e di tetto alle emissioni di gas serra. Con la vittoria dei Liberal sono iniziate quelle che il Trudeau figlio d’arte (il padre Pierre fu primo ministro negli Anni 80) chiama le giornate di sole (sunny days). Un’immagine che appare ancor più radiosa vista l’aria che tira a Sud del confine. «La stella di Trudeau Jr - dice Katherine Fierlbeck, politologa alla Dalhousie University di Halifax - brilla anche grazie a quanto sta succedendo nella campagna presidenziale Usa». Il risultato è una luna di miele prolungata fra Trudeau e i canadesi, testimoniato da un 60% di gradimento personale per il Primo Ministro.
Un primo bilancio
Dopo un anno di governo è però tempo di un primo bilancio e la domanda sorge spontanea: è tutto oro il Trudeau che luccica? In prima battuta si può dire che la promessa generale fatta da Trudeau ai canadesi – cambiare l’atmosfera nel Paese e la percezione del Paese, epurando i tratti muscolari e rigidi dell’era Harper – è stata mantenuta. Il cambio di carattere della missione in Iraq – dal bombardamento all’addestramento – il ripristino di una legge sulla cittadinanza più favorevole agli immigrati e la centralità data alla questione indigena sono una svolta epocale rispetto al decennio precedente.
Il pareggio di bilancio
Anche la scelta in campo economico di accettare il deficit di bilancio rompe con l’ossessione che ha caratterizzato gli esecutivi conservatori: il pareggio a ogni costo. Il contemporaneo aumento delle tasse per i più abbienti sta permettendo a Trudeau di dar respiro alla classe media, quella che ha pagato in dosi più che proporzionali la crisi iniziata nel 2008. Ciò premesso, s’intravedono nell’azione di Trudeau i segni di quella realpolitik che fa capolino quando dalla campagna elettorale si passa al governo del giorno per giorno. Se da un lato c’è il rilancio del processo di riconciliazione con First Nations e Metis, dall’altro non si è ratificata la Dichiarazione Onu sui Diritti dei Popoli Indigeni, vista da molti in Canada come vaga e pericolosa. Se è vero che nel 2017 si inizierà a discutere di liberalizzare la cannabis, nel frattempo non si avrà la promessa depenalizzazione. C’è poi un impegno del Canada sulla riduzione dei gas serra (del 30% entro il 2030 rispetto al livello 2005) ma c’è anche l’approvazione del governo alla costruzione sulle coste del British Columbia di un porto per il trasporto di gas naturale – una decisione che ha fatto trasecolare più di un ambientalista.
Welfare e multiculturalità
Persino la rivincita della classe media è stata incompleta: alcune estensioni del welfare assicurate prima del voto sono state accantonate – complice il rallentamento dell’economia canadese per il calo del prezzo del petrolio. Infine c’è il multiculturalismo – creato 40 anni fa da Trudeau padre – che rimane il fiore all’occhiello del Canada ma che va aggiornato alla luce delle sfide del XXI secolo. «Il fatto è che Trudeau figlio» nota Antonio D’Alfonso, scrittore italo-canadese e attento osservatore della società canadese, «si trova a correre dietro a un Paese che cambia in modo repentino». Un Paese che importa diversità, che invecchia in fretta e con un’economia in costante mutazione. «Per fortuna - dice D’Alfonso - mi pare sia un buon corridore, capace di raggiungere gli obiettivi che si è dato».
Il premier canadese contro rigore e diseguaglianze
Crescita, investimenti e tasse ai ricchi
Trudeau Jr rilancia la classe media
di Stefano Gulmanelli
Tutti pazzi per Justin, verrebbe da dire parafrasando il film con Cameron Diaz. Il Justin in questione è Trudeau, l’attuale primo ministro del Canada divenuto un’icona politico-mediatica da quando, giusto un anno fa, riuscì a scalzare il conservatore duro e puro Stephen Harper, al governo da dieci anni. Dieci anni in cui il Canada aveva visto appannarsi la tradizionale immagine di Paese inclusivo, più incline alla mediazione che al conflitto, con una coscienza ecologica e un occhio ai più deboli. Per un po’ i canadesi avevano accettato quello che sembrava lo spirito dei tempi: massima priorità alla sicurezza e spasmodica attenzione ai conti. Fino a quando il prezzo da pagare non è sembrato troppo alto: «Il Paese ha avvertito che si stavano minando i suoi valori identitari», nota Catherine Corrigall-Brown, sociologa alla University del British Columbia a Vancouver. Inoltre i canadesi «volevano tornare ad essere ispirati» spiega Corrigall-Brown, «la politica “negativa” di Harper la puoi accettare sul piano razionale ma non ispira». Trudeau era lì al momento giusto, con un programma che tornava a parlare di crescita per la classe media e di contrasto della diseguaglianza sociale, di mano tesa alle First Nations e di tetto alle emissioni di gas serra. Con la vittoria dei Liberal sono iniziate quelle che il Trudeau figlio d’arte (il padre Pierre fu primo ministro negli Anni 80) chiama le giornate di sole (sunny days). Un’immagine che appare ancor più radiosa vista l’aria che tira a Sud del confine. «La stella di Trudeau Jr - dice Katherine Fierlbeck, politologa alla Dalhousie University di Halifax - brilla anche grazie a quanto sta succedendo nella campagna presidenziale Usa». Il risultato è una luna di miele prolungata fra Trudeau e i canadesi, testimoniato da un 60% di gradimento personale per il Primo Ministro.
Un primo bilancio
Dopo un anno di governo è però tempo di un primo bilancio e la domanda sorge spontanea: è tutto oro il Trudeau che luccica? In prima battuta si può dire che la promessa generale fatta da Trudeau ai canadesi – cambiare l’atmosfera nel Paese e la percezione del Paese, epurando i tratti muscolari e rigidi dell’era Harper – è stata mantenuta. Il cambio di carattere della missione in Iraq – dal bombardamento all’addestramento – il ripristino di una legge sulla cittadinanza più favorevole agli immigrati e la centralità data alla questione indigena sono una svolta epocale rispetto al decennio precedente.
Il pareggio di bilancio
Anche la scelta in campo economico di accettare il deficit di bilancio rompe con l’ossessione che ha caratterizzato gli esecutivi conservatori: il pareggio a ogni costo. Il contemporaneo aumento delle tasse per i più abbienti sta permettendo a Trudeau di dar respiro alla classe media, quella che ha pagato in dosi più che proporzionali la crisi iniziata nel 2008. Ciò premesso, s’intravedono nell’azione di Trudeau i segni di quella realpolitik che fa capolino quando dalla campagna elettorale si passa al governo del giorno per giorno. Se da un lato c’è il rilancio del processo di riconciliazione con First Nations e Metis, dall’altro non si è ratificata la Dichiarazione Onu sui Diritti dei Popoli Indigeni, vista da molti in Canada come vaga e pericolosa. Se è vero che nel 2017 si inizierà a discutere di liberalizzare la cannabis, nel frattempo non si avrà la promessa depenalizzazione. C’è poi un impegno del Canada sulla riduzione dei gas serra (del 30% entro il 2030 rispetto al livello 2005) ma c’è anche l’approvazione del governo alla costruzione sulle coste del British Columbia di un porto per il trasporto di gas naturale – una decisione che ha fatto trasecolare più di un ambientalista.
Welfare e multiculturalità
Persino la rivincita della classe media è stata incompleta: alcune estensioni del welfare assicurate prima del voto sono state accantonate – complice il rallentamento dell’economia canadese per il calo del prezzo del petrolio. Infine c’è il multiculturalismo – creato 40 anni fa da Trudeau padre – che rimane il fiore all’occhiello del Canada ma che va aggiornato alla luce delle sfide del XXI secolo. «Il fatto è che Trudeau figlio» nota Antonio D’Alfonso, scrittore italo-canadese e attento osservatore della società canadese, «si trova a correre dietro a un Paese che cambia in modo repentino». Un Paese che importa diversità, che invecchia in fretta e con un’economia in costante mutazione. «Per fortuna - dice D’Alfonso - mi pare sia un buon corridore, capace di raggiungere gli obiettivi che si è dato».
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Re: News dal mondo
La destra liberista di per sé non è per l'austerità. E' per la libertà economica, che di fatto diventa la non ingerenza dello stato a livello fiscale nei redditi alti. E per il consumismo e lo sviluppo economico senza freni.
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Re: News dal mondo
LIBRE news
La Cina ricostruirà la Libia: colossali investimenti a Tobruk
Scritto il 08/11/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
“Aiutiamoli a casa loro”, è il refrain dei politici europei a corto di voti, di fronte all’esodo dei migranti. Di fronte all’incresciosa geopolitica dell’Occidente, che abbatte Gheddafi e poi arma l’Isis, la Cina risponde con un colossale piano di investimenti – 36 miliardi di dollari – in Cirenaica, mentre il governicchio di Fayez al Sarraj di stanza a Tripoli cerca di recitare una nuova unità nazionale ripartita in “cantoni”, secondo i desiderata dei padroni europei e americani. Secondo quanto riportato dai media locali, scrive “Nena News”, il gigante asiatico, secondo solo all’Italia come partner commerciale dell’import-export libico, ha scelto di finanziare un grande progetto infrastrutturale nell’area di Tobruk che prevede la costruzione del più grande porto del paese in acque profonde. La Cina si impegna inoltre a realizzare un aeroporto commerciale e una ferrovia lungo il confine con l’Egitto in direzione Sudan. E poi 10.000 case, un ospedale con 300 posti letto e un’università. A questo complesso progetto di rilancio infrastrutturale si dovrebbe aggiungere un piano per lo sviluppo dell’esportazione di energia solare verso la Grecia con la costruzione di una centrale energetica a Jaghbub, nel deserto libico orientale.Il primo ministro del governo di Tobruk, Abdullah Al-Thinni, in un’intervista all’emittente televisiva “Al-Hadath” riportata dal “Libya Herald”, ha dichiarato che l’ingente investimento, frutto di una cordata di investitori cinesi, dovrebbe portare al compimento delle opere in un periodo di soli tre anni, con un effettivo impatto sull’economia locale già nel breve periodo. Il progetto «potrebbe avere una significativa rilevanza anche per le relazioni commerciali libiche», scrive Francesca La Bella su “Nena News”, ricordando che dopo la caduta di Muhammar Gheddafi e l’inizio della guerra civile, sia le imprese sia i lavoratori cinesi impegnati in Libia lasciarono il paese e, negli anni successivi, il capitale cinese non riuscì a trovare canali d’accesso per il paese nordafricano. «Oggi, invece, in linea con un programma di penetrazione imponente in tutto il territorio africano, Pechino potrebbe dare nuova linfa alle relazioni commerciali sino-libiche». Di riflesso, questo rinnovato slancio economico della Cirenaica, unito al programma di esportazione del greggio dai porti della mezzaluna petrolifera, «renderebbe Tobruk sempre più centro nevralgico dell’economia del paese, con inevitabili ricadute dal punto di vista politico».La debolezza del governo Sarraj, aggiunge Francesca La Bella, si contrappone alla solidità e al radicamento delle forze di Tobruk. E i numerosi attori coinvolti nella contesa libica sembrano schierarsi sempre più a favore di una riconciliazione tra Tripoli e Tobruk per garantire la stabilità politica ed economica della Libia. Riflessi geopolitici: «A fronte di una produzione del petrolio in continua ascesa e di uno Stato Islamico in lento arretramento, la possibilità di una ripresa libica sembra essere ora plausibile». E se la Cina entra in campo gocando pesante, l’Occidente – che la Libia l’ha rasa al suolo – vede ora complicarsi le sue mire di rapina su quello che, con Gheddafi, per l’Onu era il primo paese, in Africa, per indice di sviluppo umano. «La guerra è in realtà un regolamento di conti e una spartizione della torta tra gli attori esterni e i due poli libici principali, Tripoli e Tobruk, che hanno due canali paralleli e concorrenti per l’export di petrolio», scrive Alberto Negri sul “Sole 24 Ore”. Il sottosuolo libico contiene il 38% del petrolio africano, pari all’11% dei consumi europei. «È un greggio di qualità, a basso costo, che fa gola alle compagnie in tempi di magra».In questo momento, scrive Negri, a estrarre barili e gas dalla Tripolitania è soltanto l’Eni: una posizione «conquistata manovrando tra fazioni e mercenari, che agli occhi dei nostri alleati deve finire e, se possibile, con il nostro contributo militare». L’Italia ha già perso in Libia 5 miliardi di commesse, aggiunge il “Sole”. «La Libia è un bottino da 130 miliardi di dollari subito e tre-quattro volte tanto nel caso che un ipotetico Stato libico, magari confederale e diviso per zone di influenza, tornasse a esportare come ai tempi di Gheddafi». Sono stime che sommano la produzione di petrolio con le riserve della banca centrale e del Fondo sovrano libico, che sta a Londra, «dove ha studiato per anni il prigioniero di Zintane, Seif Islam, il figlio di Gheddafi, un tempo gradito ospite di Buckingham Palace al pari di tutti gli arabi che hanno il cuore nella Mezzaluna e il portafoglio nella City». Oltre alla Bp e alla Shell in Cirenaica – dove peraltro ci sono consorzi francesi, americani tedeschi e cinesi – gli inglesi hanno da difendere l’asset finanziario dei petrodollari. «Il bottino libico, nell’unico piano esistente, deve tornare sui mercati, accompagnato da un sistema di sicurezza regionale che, ignorando Tunisia e Algeria, farà della Francia il guardiano del Sahel nel Fezzan, della Gran Bretagna quello della Cirenaica, tenendo a bada le ambizioni dell’Egitto, e dell’Italia quello della Tripolitania. Agli americani la supervisione strategica».E dire che i libici «hanno fatto la guerra a Gheddafi e tra loro proprio per spartirsi la torta energetica senza elargire “cagnotte” agli stranieri e finire sotto tutela». Gli interessi occidentali, «mascherati da obiettivi comuni, sono divergenti dall’inizio», quando cioè il presidente francese Nicolas Sarkozy «attaccò Gheddafi senza neppure farci una telefonata», scrive ancora Neri. «Oggi sappiamo i retroscena. In una mail inviata a Hillary Clinton e datata 2 aprile 2011, il funzionario Sidney Blumenthal rivela che Gheddafi intendeva sostituire il Franco Cfa, utilizzato in 14 ex colonie, con un’altra moneta panafricana. Lo scopo era rendere l’Africa francese indipendente da Parigi: le ex colonie hanno il 65% delle riserve depositate a Parigi. Poi naturalmente c’era anche il petrolio della Cirenaica per la Total». Finti amici, gli occidentali, in realtà concorrenti-rivali. Su cui ora irrompe la Cina, con il suo piano – gigantesco, storico – per lo sviluppo del paese, a comiciare da Tobruk.
La Cina ricostruirà la Libia: colossali investimenti a Tobruk
Scritto il 08/11/16 • nella Categoria: segnalazioni Condividi
“Aiutiamoli a casa loro”, è il refrain dei politici europei a corto di voti, di fronte all’esodo dei migranti. Di fronte all’incresciosa geopolitica dell’Occidente, che abbatte Gheddafi e poi arma l’Isis, la Cina risponde con un colossale piano di investimenti – 36 miliardi di dollari – in Cirenaica, mentre il governicchio di Fayez al Sarraj di stanza a Tripoli cerca di recitare una nuova unità nazionale ripartita in “cantoni”, secondo i desiderata dei padroni europei e americani. Secondo quanto riportato dai media locali, scrive “Nena News”, il gigante asiatico, secondo solo all’Italia come partner commerciale dell’import-export libico, ha scelto di finanziare un grande progetto infrastrutturale nell’area di Tobruk che prevede la costruzione del più grande porto del paese in acque profonde. La Cina si impegna inoltre a realizzare un aeroporto commerciale e una ferrovia lungo il confine con l’Egitto in direzione Sudan. E poi 10.000 case, un ospedale con 300 posti letto e un’università. A questo complesso progetto di rilancio infrastrutturale si dovrebbe aggiungere un piano per lo sviluppo dell’esportazione di energia solare verso la Grecia con la costruzione di una centrale energetica a Jaghbub, nel deserto libico orientale.Il primo ministro del governo di Tobruk, Abdullah Al-Thinni, in un’intervista all’emittente televisiva “Al-Hadath” riportata dal “Libya Herald”, ha dichiarato che l’ingente investimento, frutto di una cordata di investitori cinesi, dovrebbe portare al compimento delle opere in un periodo di soli tre anni, con un effettivo impatto sull’economia locale già nel breve periodo. Il progetto «potrebbe avere una significativa rilevanza anche per le relazioni commerciali libiche», scrive Francesca La Bella su “Nena News”, ricordando che dopo la caduta di Muhammar Gheddafi e l’inizio della guerra civile, sia le imprese sia i lavoratori cinesi impegnati in Libia lasciarono il paese e, negli anni successivi, il capitale cinese non riuscì a trovare canali d’accesso per il paese nordafricano. «Oggi, invece, in linea con un programma di penetrazione imponente in tutto il territorio africano, Pechino potrebbe dare nuova linfa alle relazioni commerciali sino-libiche». Di riflesso, questo rinnovato slancio economico della Cirenaica, unito al programma di esportazione del greggio dai porti della mezzaluna petrolifera, «renderebbe Tobruk sempre più centro nevralgico dell’economia del paese, con inevitabili ricadute dal punto di vista politico».La debolezza del governo Sarraj, aggiunge Francesca La Bella, si contrappone alla solidità e al radicamento delle forze di Tobruk. E i numerosi attori coinvolti nella contesa libica sembrano schierarsi sempre più a favore di una riconciliazione tra Tripoli e Tobruk per garantire la stabilità politica ed economica della Libia. Riflessi geopolitici: «A fronte di una produzione del petrolio in continua ascesa e di uno Stato Islamico in lento arretramento, la possibilità di una ripresa libica sembra essere ora plausibile». E se la Cina entra in campo gocando pesante, l’Occidente – che la Libia l’ha rasa al suolo – vede ora complicarsi le sue mire di rapina su quello che, con Gheddafi, per l’Onu era il primo paese, in Africa, per indice di sviluppo umano. «La guerra è in realtà un regolamento di conti e una spartizione della torta tra gli attori esterni e i due poli libici principali, Tripoli e Tobruk, che hanno due canali paralleli e concorrenti per l’export di petrolio», scrive Alberto Negri sul “Sole 24 Ore”. Il sottosuolo libico contiene il 38% del petrolio africano, pari all’11% dei consumi europei. «È un greggio di qualità, a basso costo, che fa gola alle compagnie in tempi di magra».In questo momento, scrive Negri, a estrarre barili e gas dalla Tripolitania è soltanto l’Eni: una posizione «conquistata manovrando tra fazioni e mercenari, che agli occhi dei nostri alleati deve finire e, se possibile, con il nostro contributo militare». L’Italia ha già perso in Libia 5 miliardi di commesse, aggiunge il “Sole”. «La Libia è un bottino da 130 miliardi di dollari subito e tre-quattro volte tanto nel caso che un ipotetico Stato libico, magari confederale e diviso per zone di influenza, tornasse a esportare come ai tempi di Gheddafi». Sono stime che sommano la produzione di petrolio con le riserve della banca centrale e del Fondo sovrano libico, che sta a Londra, «dove ha studiato per anni il prigioniero di Zintane, Seif Islam, il figlio di Gheddafi, un tempo gradito ospite di Buckingham Palace al pari di tutti gli arabi che hanno il cuore nella Mezzaluna e il portafoglio nella City». Oltre alla Bp e alla Shell in Cirenaica – dove peraltro ci sono consorzi francesi, americani tedeschi e cinesi – gli inglesi hanno da difendere l’asset finanziario dei petrodollari. «Il bottino libico, nell’unico piano esistente, deve tornare sui mercati, accompagnato da un sistema di sicurezza regionale che, ignorando Tunisia e Algeria, farà della Francia il guardiano del Sahel nel Fezzan, della Gran Bretagna quello della Cirenaica, tenendo a bada le ambizioni dell’Egitto, e dell’Italia quello della Tripolitania. Agli americani la supervisione strategica».E dire che i libici «hanno fatto la guerra a Gheddafi e tra loro proprio per spartirsi la torta energetica senza elargire “cagnotte” agli stranieri e finire sotto tutela». Gli interessi occidentali, «mascherati da obiettivi comuni, sono divergenti dall’inizio», quando cioè il presidente francese Nicolas Sarkozy «attaccò Gheddafi senza neppure farci una telefonata», scrive ancora Neri. «Oggi sappiamo i retroscena. In una mail inviata a Hillary Clinton e datata 2 aprile 2011, il funzionario Sidney Blumenthal rivela che Gheddafi intendeva sostituire il Franco Cfa, utilizzato in 14 ex colonie, con un’altra moneta panafricana. Lo scopo era rendere l’Africa francese indipendente da Parigi: le ex colonie hanno il 65% delle riserve depositate a Parigi. Poi naturalmente c’era anche il petrolio della Cirenaica per la Total». Finti amici, gli occidentali, in realtà concorrenti-rivali. Su cui ora irrompe la Cina, con il suo piano – gigantesco, storico – per lo sviluppo del paese, a comiciare da Tobruk.
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Re: News dal mondo
Donald Trump, proteste in tutto il Paese contro l’elezione del miliardario alla Casa Bianca. Trenta persone arrestate – FOTO E VIDEO
proteste-contro-trump-1
< 1/20 >
Elezioni USA 2016
Da Est a Ovest del Paese, soprattutto i giovani sono scesi in strada al grido di "Not My president". Scontri con la polizia soprattutto nella Grande Mela, a Seattle e Oakland, in California
di F. Q. | 10 novembre 2016
Trenta persone sono state arrestate a Manhattan dove si è svolta ieri sera una imponente manifestazione contro Donald Trump. In migliaia, nonostante la pioggia, si sono radunati a Union Square e hanno poi sfilato verso Midtown fino alla blindatissima Trump Tower sulla Fifth Avenue, dove si trova l’abitazione del nuovo presidente Usa. Paralizzato per ore il traffico nella zona. Tensione ed arresti anche a Columbus Circle, all’ingresso Nord di Central Park, dove si trova il grattacielo del Trump Hotel. Tutta l’area dove si trova la residenza del nuovo presidente, uno dei cuori pulsanti dello shopping e del turismo a Manhattan, era blindata e i voli sopra la zona sono stati vietati. L’isolato della Trump Tower è circondato da camion ‘anti-bomba’ pieni di sabbia e da decine di agenti alcuni in tenuta antisommossa. Tra gli slogan cantati dalla folla di manifestanti ‘Not my President’ e “Hey Hey Ho Ho Donald Trump has to go”.
Non solo New York, proteste in molte città degli Stati Uniti contro l’elezione del nuovo presidente. Una marcia di circa 6mila persone ha paralizzato il traffico di Oakland, in California. I manifestanti hanno lanciato oggetti contro la polizia in assetto antisommossa, bruciato rifiuti e rotto finestre dei negozi. Gli agenti hanno risposto lanciando gas lacrimogeni sui manifestanti. Nel centro di Chicago, circa 1.800 persone si sono radunate fuori al Trump International hotel Tower gridando “NO Trump. No Ku Klux Klan, No razzismo in Usa”. La polizia di Chicago ha chiuso le strade intorno al centro bloccando il corteo dei manifestanti. A Los Angeles, invece, i manifestanti seduti sulla Hollywood Freeway hanno bloccato il traffico sfidando la polizia. A Seattle, la polizia è intervenuta in una sparatoria che ha provocato 5 vittime vicino al luogo delle proteste anti-Trump. Le autorità hanno confermato che l’incidente non era legato alla manifestazione. I dimostranti hanno protestato soprattutto contro la volontà di Trump di costruire un muro con il Messico per fermare l’ingresso di migranti in forma illegale. In centinaia si sono riniti anche a Philadelphia, Boston e Portland, in Oregon, e sono in programma proteste a San Francisco e Los Angeles in California. Ad Austin, in Texas, erano circa 400 le persone scese in strada in un corteo anti-Trump.
VIDEO:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... e/3181936/
proteste-contro-trump-1
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Elezioni USA 2016
Da Est a Ovest del Paese, soprattutto i giovani sono scesi in strada al grido di "Not My president". Scontri con la polizia soprattutto nella Grande Mela, a Seattle e Oakland, in California
di F. Q. | 10 novembre 2016
Trenta persone sono state arrestate a Manhattan dove si è svolta ieri sera una imponente manifestazione contro Donald Trump. In migliaia, nonostante la pioggia, si sono radunati a Union Square e hanno poi sfilato verso Midtown fino alla blindatissima Trump Tower sulla Fifth Avenue, dove si trova l’abitazione del nuovo presidente Usa. Paralizzato per ore il traffico nella zona. Tensione ed arresti anche a Columbus Circle, all’ingresso Nord di Central Park, dove si trova il grattacielo del Trump Hotel. Tutta l’area dove si trova la residenza del nuovo presidente, uno dei cuori pulsanti dello shopping e del turismo a Manhattan, era blindata e i voli sopra la zona sono stati vietati. L’isolato della Trump Tower è circondato da camion ‘anti-bomba’ pieni di sabbia e da decine di agenti alcuni in tenuta antisommossa. Tra gli slogan cantati dalla folla di manifestanti ‘Not my President’ e “Hey Hey Ho Ho Donald Trump has to go”.
Non solo New York, proteste in molte città degli Stati Uniti contro l’elezione del nuovo presidente. Una marcia di circa 6mila persone ha paralizzato il traffico di Oakland, in California. I manifestanti hanno lanciato oggetti contro la polizia in assetto antisommossa, bruciato rifiuti e rotto finestre dei negozi. Gli agenti hanno risposto lanciando gas lacrimogeni sui manifestanti. Nel centro di Chicago, circa 1.800 persone si sono radunate fuori al Trump International hotel Tower gridando “NO Trump. No Ku Klux Klan, No razzismo in Usa”. La polizia di Chicago ha chiuso le strade intorno al centro bloccando il corteo dei manifestanti. A Los Angeles, invece, i manifestanti seduti sulla Hollywood Freeway hanno bloccato il traffico sfidando la polizia. A Seattle, la polizia è intervenuta in una sparatoria che ha provocato 5 vittime vicino al luogo delle proteste anti-Trump. Le autorità hanno confermato che l’incidente non era legato alla manifestazione. I dimostranti hanno protestato soprattutto contro la volontà di Trump di costruire un muro con il Messico per fermare l’ingresso di migranti in forma illegale. In centinaia si sono riniti anche a Philadelphia, Boston e Portland, in Oregon, e sono in programma proteste a San Francisco e Los Angeles in California. Ad Austin, in Texas, erano circa 400 le persone scese in strada in un corteo anti-Trump.
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Re: News dal mondo
LA VOX POPULI:
Vota NO • 29 minuti fa
Oggi tutti i telegiornali radio sconvolti parlavano degli elettori di Trump come degli ignoranti senza nessun titolo di studio. Addirittura LA7 parlava di metà popolazione che protestava per le strade. A me sia Trump che Clinton non piacciono, ma godo e ancora godo a sentire questi radical chic che rodono come le marmotte. Ahahhahhahhhahah. Chi ha vinto? Chi ha vinto Botteri?
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Attilio Borroni • 29 minuti fa
E vedrete quel che succderà in America quando Trump abolirà il matrimonio gay, impedirà l'aborto, nominerà ministro quel tizio che dice che il cambiamento climatico é una balla. Ci sarà da divertirsi.
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Zio Fester • 30 minuti fa
Ma non era Trump quello che non avrebbe accettato una vittoria di clinton?
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ItalianoStanco • 30 minuti fa
pronto a scommettare che tanti contestatori non sono nemmeno andati a votare. Poi che protesta è? Brogli elettorali? Irregolarità ai seggi? No? E allora che vuoi? difetto della democrazia, chi vince comanda...
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Rucolo • 35 minuti fa
Se non vincono loro allora il voto non vale, e sono tutti xenofobi e populisti. Loro, si sa, sono meglio..
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Pucchu • 40 minuti fa
Piaccia o non piaccia ha vinto Trump.Volete contestarlo?Va bene.Ma aspettate almeno il giorno dell'insediamento o la fine del primo anno in carica.Simili manifestazioni di stizza collettiva oltre ad essere dannose e controproducenti sono anche assai infantili.
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Laurentius • 42 minuti fa
Aha, la famosa democrazia dei Democratici di tutto il mondo: libertà di pensiero e di scelta, democrazia sì, ma solo se sta bene a noi
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Vota NO • 29 minuti fa
Oggi tutti i telegiornali radio sconvolti parlavano degli elettori di Trump come degli ignoranti senza nessun titolo di studio. Addirittura LA7 parlava di metà popolazione che protestava per le strade. A me sia Trump che Clinton non piacciono, ma godo e ancora godo a sentire questi radical chic che rodono come le marmotte. Ahahhahhahhhahah. Chi ha vinto? Chi ha vinto Botteri?
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Attilio Borroni • 29 minuti fa
E vedrete quel che succderà in America quando Trump abolirà il matrimonio gay, impedirà l'aborto, nominerà ministro quel tizio che dice che il cambiamento climatico é una balla. Ci sarà da divertirsi.
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Zio Fester • 30 minuti fa
Ma non era Trump quello che non avrebbe accettato una vittoria di clinton?
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ItalianoStanco • 30 minuti fa
pronto a scommettare che tanti contestatori non sono nemmeno andati a votare. Poi che protesta è? Brogli elettorali? Irregolarità ai seggi? No? E allora che vuoi? difetto della democrazia, chi vince comanda...
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Rucolo • 35 minuti fa
Se non vincono loro allora il voto non vale, e sono tutti xenofobi e populisti. Loro, si sa, sono meglio..
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Pucchu • 40 minuti fa
Piaccia o non piaccia ha vinto Trump.Volete contestarlo?Va bene.Ma aspettate almeno il giorno dell'insediamento o la fine del primo anno in carica.Simili manifestazioni di stizza collettiva oltre ad essere dannose e controproducenti sono anche assai infantili.
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Laurentius • 42 minuti fa
Aha, la famosa democrazia dei Democratici di tutto il mondo: libertà di pensiero e di scelta, democrazia sì, ma solo se sta bene a noi
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Re: News dal mondo
Raul • un'ora fa
Ma come sono democratici i Democratici: se l'esito elettorale non è come pare a loro sono capaci persino di fare un colpo di Stato, ovviamente in nome della democrazia
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Zed82 • un'ora fa
Siamo sempre lì, al solito concetto di democrazia sinistra che è bella e giusta solo quando si vota come dicono loro. Protestare per la vittoria dell'avversario avvenuta nel pieno rispetto della democrazia è proprio da fuori di testa.. eccolo lì l'elettorato colto e nobile dei liberali.
Continuate così vi prego che siete uno spasso.
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Claudio • un'ora fa
E meno male che era Trump il pericolo per la democrazia !
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GP68 • un'ora fa
I Democratici sono così democratici che se non governano anche avendo perso le elezioni, scendono in strada a protestare.
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Valerio Greco • un'ora fa
E fu così che si scoprì che l'elettorato democratico statunitense non era poi così democratico, visto che si è arrivati alle violenze dopo una elezione REGOLARE.
Alla faccia della coerenza, i primi tiranni sono loro che non accettano il verdetto. Io ho dovuto fare lo stesso quando venne eletto Berlusconi, non è che sono andato in piazza a fare casini dopo le elezioni, presi atto che gli Italiani volevano un uomo d'affari che si sarebbe fatto solo i propri comodi e basta.
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Ma come sono democratici i Democratici: se l'esito elettorale non è come pare a loro sono capaci persino di fare un colpo di Stato, ovviamente in nome della democrazia
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Zed82 • un'ora fa
Siamo sempre lì, al solito concetto di democrazia sinistra che è bella e giusta solo quando si vota come dicono loro. Protestare per la vittoria dell'avversario avvenuta nel pieno rispetto della democrazia è proprio da fuori di testa.. eccolo lì l'elettorato colto e nobile dei liberali.
Continuate così vi prego che siete uno spasso.
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Claudio • un'ora fa
E meno male che era Trump il pericolo per la democrazia !
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GP68 • un'ora fa
I Democratici sono così democratici che se non governano anche avendo perso le elezioni, scendono in strada a protestare.
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Valerio Greco • un'ora fa
E fu così che si scoprì che l'elettorato democratico statunitense non era poi così democratico, visto che si è arrivati alle violenze dopo una elezione REGOLARE.
Alla faccia della coerenza, i primi tiranni sono loro che non accettano il verdetto. Io ho dovuto fare lo stesso quando venne eletto Berlusconi, non è che sono andato in piazza a fare casini dopo le elezioni, presi atto che gli Italiani volevano un uomo d'affari che si sarebbe fatto solo i propri comodi e basta.
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Re: News dal mondo
holz • un'ora fa
toh i cittadini della terra della democrazia che protestano contro la base della democrazia stessa(le libere elezioni)
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HappyFuture holz • 40 minuti fa
Guardi che Hillary ha vinto il voto popolare, anche se di poco (135000 voti e +) Ma il sistema dei grandi elettori, che li assegna in modo proporzionale, ha fatto sì che Trump arrivase per primo alla soglia di 270 voti, anzi la superasse fino a 279. Hillary se n'è aggiuticati 218. Inutili altri conteggi, per arrivare a totale 538, perchè Donald aveva già vinto!
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GIOVANNI holz • un'ora fa
Normale. A sinistra sono tutti democraticissimi se la pensi come loro
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lupo della steppa • un'ora fa
La vittoria della democrazia.
Democraticamente celebrata…
ed esemplificata proprio dai Democratici!
We are a great nation again!
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NatNev • un'ora fa
gente che difende trump,con la scusa della democrazia merita di tornare a mangiar la biada.asini con carote che gli penzolano dal bastone montato sulla testa.
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GIOVANNI NatNev • un'ora fa
Un altro vero democrat, duro e puro. Lo zoccolo duro insomma
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Umberto Arnulfo • un'ora fa
Alla faccia della democrazia! Mi ricordano i bambini che bucano il pallone quando perdono. Purtroppo è un bruttissimo difetto delle sinistre, italiane, europee e mondiali. Sono democratici fintanto che vincono le elezioni, ma quando le perdono allora vanno in piazza e contestano il vincitore prima ancora di vederne gli atti e gli effetti politici. I loro eletti sono superiori e meritevoli per antonomasia (il Nobel per la Pace "preventivo" ad uno come Obama che lascia il mondo ridotto ad un cumulo di macerie e con guerre tremende in atto ne è la riprova più evidente e vergognosa). Trump viene contestato ancora prima di iniziare, ancora prima che se ne possano vedere e valutare gli atti. Una sorta di razzismo politico-ideologico; o vogliamo chiamarlo fascismo?
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toh i cittadini della terra della democrazia che protestano contro la base della democrazia stessa(le libere elezioni)
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HappyFuture holz • 40 minuti fa
Guardi che Hillary ha vinto il voto popolare, anche se di poco (135000 voti e +) Ma il sistema dei grandi elettori, che li assegna in modo proporzionale, ha fatto sì che Trump arrivase per primo alla soglia di 270 voti, anzi la superasse fino a 279. Hillary se n'è aggiuticati 218. Inutili altri conteggi, per arrivare a totale 538, perchè Donald aveva già vinto!
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GIOVANNI holz • un'ora fa
Normale. A sinistra sono tutti democraticissimi se la pensi come loro
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lupo della steppa • un'ora fa
La vittoria della democrazia.
Democraticamente celebrata…
ed esemplificata proprio dai Democratici!
We are a great nation again!
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NatNev • un'ora fa
gente che difende trump,con la scusa della democrazia merita di tornare a mangiar la biada.asini con carote che gli penzolano dal bastone montato sulla testa.
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GIOVANNI NatNev • un'ora fa
Un altro vero democrat, duro e puro. Lo zoccolo duro insomma
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Umberto Arnulfo • un'ora fa
Alla faccia della democrazia! Mi ricordano i bambini che bucano il pallone quando perdono. Purtroppo è un bruttissimo difetto delle sinistre, italiane, europee e mondiali. Sono democratici fintanto che vincono le elezioni, ma quando le perdono allora vanno in piazza e contestano il vincitore prima ancora di vederne gli atti e gli effetti politici. I loro eletti sono superiori e meritevoli per antonomasia (il Nobel per la Pace "preventivo" ad uno come Obama che lascia il mondo ridotto ad un cumulo di macerie e con guerre tremende in atto ne è la riprova più evidente e vergognosa). Trump viene contestato ancora prima di iniziare, ancora prima che se ne possano vedere e valutare gli atti. Una sorta di razzismo politico-ideologico; o vogliamo chiamarlo fascismo?
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Re: News dal mondo
gramsci • un'ora fa
I sinistri sono uguali a tutte le latitudini: per loro la democrazia funziona solo se vince chi vogliono loro.
Se ne faranno una ragione.
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Andrea Cavallara • un'ora fa
Giustamente l'elite americana protesta, con una possibile chiusura del confine mexicano c'e' il concreto rischio che i giardinieri mexicani delle loro ville possano chiedere un aumento grazie al calo dei lavoratori clandestini pronti a fare lo stesso lavoro per meno
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Andrea Cavallara • 2 ore fa
Fossi in quei protestanti tornerei subito in casa e chiuderei porte e finestre
e' di oggi la notizia che il famoso sciame di locuste che si stava dirigendo contro l'inghilterra dopo il voto della brexit a deviato verso gli stati uniti
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pendejo • 2 ore fa
vabbè, protestare civilmente è un diritto sacrosanto... civilmente
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Un'altra persona sta scrivendo...
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rossana • 2 ore fa
Sento puzza di una "primavera" in arrivo sugli States. Peraltro più o meno prevista, dati i toni da Apocalisse usati esplicitamente sia da Clinton che da B. Obama negli ultimi giorni di campagna elettorale.
Ufficialmente si riconosce la vittoria dell'avversario, praticamente gli si organizzano contro proteste tali da creare il clima per cui magari ci scappa il morto, e da lì a febbraio, tutto si ridiscute e tutto può cambiare...
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Andrea Cavallara rossana • un'ora fa
io invece prevedo quello che succede sempre
uno vince uno perde
qualcuno festeggia qualcuno si lamenta
gli anni passano e quello che si credeva peggio non e cosi peggio e quello che si credeve meglio non era cosi meglio
alla fine passano gli anni e non e' cambiato nulla
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Forzaecoraggio • 2 ore fa
L`ho sempre detto io.
Come è bravo il PD a protestare non lo è nessuno, molto meglio che al governo, visto il risultato popolare in America e in Italia..
L`unica nostra speranza e rimetterlo all`opposizione.
Lì funziona molto meglio.
PD?
Con cordialità.
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Salvatore R. Familiari • 2 ore fa
I Democratici sono talmente DEMOCRATICI
che non possono sopportare l'idea che
qualcun altro li possa governare..
anche perchè, a loro avviso, se accettasserò ciò.. dovrebbero.. cambiare nome!!
P.s. In Italia hanno fatto anche.. un partito!!
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lupo della steppa Salvatore R. Familiari • un'ora fa
scusa, ho letto il tuo commento subito dopo aver scritto più o meno la stessa cosa!
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Pucchu • 2 ore fa
I supporters di Trump dovrebbero organizzare delle contro-manifestazioni nelle quali sventolare cartelli e striscioni recanti un solo slogan rivolto ai cosiddetti democratici: "you may *** it!".Il che non ha nulla a che vedere con quanto promesso dalla Signora Ciccone.
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I sinistri sono uguali a tutte le latitudini: per loro la democrazia funziona solo se vince chi vogliono loro.
Se ne faranno una ragione.
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Andrea Cavallara • un'ora fa
Giustamente l'elite americana protesta, con una possibile chiusura del confine mexicano c'e' il concreto rischio che i giardinieri mexicani delle loro ville possano chiedere un aumento grazie al calo dei lavoratori clandestini pronti a fare lo stesso lavoro per meno
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Andrea Cavallara • 2 ore fa
Fossi in quei protestanti tornerei subito in casa e chiuderei porte e finestre
e' di oggi la notizia che il famoso sciame di locuste che si stava dirigendo contro l'inghilterra dopo il voto della brexit a deviato verso gli stati uniti
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pendejo • 2 ore fa
vabbè, protestare civilmente è un diritto sacrosanto... civilmente
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rossana • 2 ore fa
Sento puzza di una "primavera" in arrivo sugli States. Peraltro più o meno prevista, dati i toni da Apocalisse usati esplicitamente sia da Clinton che da B. Obama negli ultimi giorni di campagna elettorale.
Ufficialmente si riconosce la vittoria dell'avversario, praticamente gli si organizzano contro proteste tali da creare il clima per cui magari ci scappa il morto, e da lì a febbraio, tutto si ridiscute e tutto può cambiare...
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Andrea Cavallara rossana • un'ora fa
io invece prevedo quello che succede sempre
uno vince uno perde
qualcuno festeggia qualcuno si lamenta
gli anni passano e quello che si credeva peggio non e cosi peggio e quello che si credeve meglio non era cosi meglio
alla fine passano gli anni e non e' cambiato nulla
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Forzaecoraggio • 2 ore fa
L`ho sempre detto io.
Come è bravo il PD a protestare non lo è nessuno, molto meglio che al governo, visto il risultato popolare in America e in Italia..
L`unica nostra speranza e rimetterlo all`opposizione.
Lì funziona molto meglio.
PD?
Con cordialità.
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Salvatore R. Familiari • 2 ore fa
I Democratici sono talmente DEMOCRATICI
che non possono sopportare l'idea che
qualcun altro li possa governare..
anche perchè, a loro avviso, se accettasserò ciò.. dovrebbero.. cambiare nome!!
P.s. In Italia hanno fatto anche.. un partito!!
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lupo della steppa Salvatore R. Familiari • un'ora fa
scusa, ho letto il tuo commento subito dopo aver scritto più o meno la stessa cosa!
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Pucchu • 2 ore fa
I supporters di Trump dovrebbero organizzare delle contro-manifestazioni nelle quali sventolare cartelli e striscioni recanti un solo slogan rivolto ai cosiddetti democratici: "you may *** it!".Il che non ha nulla a che vedere con quanto promesso dalla Signora Ciccone.
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