Ritorniamo a parlare delle pensioni
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Ritorniamo a parlare delle pensioni
Vitalizi: La pensione resta e bastano 60 anni
ll privilegio acquisito non si tocca.
Neanche se riguarda uno dei benefici più odiati della casta, quello dei vitalizi.
Con più di una legislatura, fino a qualche mese fa, si poteva riscuotere la pensione ad appena 60 anni, mentre gli eletti prima del 2001 potevano arrivare a incassare l'assegno anche a 50.
Con soli cinque anni di mandato in molti riscuotevano più di 3 mila euro al mese. Senza dimenticare l'assegno di fine mandato, una specie di trattamento di fine rapporto che arriva - per cinque anni di mandato - a 47 mila euro, addirittura oltre 140 mila euro con 15 anni di Parlamento.
Privilegi inaccettabili, di cui in tanti hanno chiesto l'abolizione.
Che cosa ha fatto l'ufficio di presidenza della Camera (e quello del Senato) lo scorso gennaio?
Ha partorito una "riformetta" che, attraverso l'adozione del regime contributivo, introduce qualche modesto ritocco al sistema.
Ma - a sorpresa - le pensioni dei parlamentari attualmente seduti sullo scranno sono salve: il calcolo contributivo integrale (tanto versi tanto ricevi) si applicherà solo a coloro che saranno eletti dalla prossima legislatura in poi.
Ma non è finita qui: dietro la "rivoluzione" annunciata si nascondono altre furbate.
I comuni mortali, a causa alla riforma voluta dal ministro Elsa Fornero, matureranno il diritto alla pensione solo a 66 anni.
Lorsignori invece si sono riservati un trattamento di favore, grazie al quale potranno riscuotere l'assegno a 65 anni, anche solo con 5 anni di mandato.
Per ogni anno di mandato ulteriore, poi, l'età richiesta per il conseguimento del diritto scende ulteriormente, fino a toccare il limite dei 60 anni.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... 2179773//2
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Vogliamo eliminare l'antipolitica, il qualunquismo o il grillismo?
Sarebbe molto semplice. Basterebbe dimostrare che siamo tutti nella stessa barca e ognuno paghi secondo le sue possibilita'.
Tutto il resto compreso le polemiche su tizio e caio non fa che aumentare l'antipolitica.
Peccato che ci sia ancora qualcuno che in qualche modo difende questa riforma squilibrata e antidemocratica.
un salutone
ll privilegio acquisito non si tocca.
Neanche se riguarda uno dei benefici più odiati della casta, quello dei vitalizi.
Con più di una legislatura, fino a qualche mese fa, si poteva riscuotere la pensione ad appena 60 anni, mentre gli eletti prima del 2001 potevano arrivare a incassare l'assegno anche a 50.
Con soli cinque anni di mandato in molti riscuotevano più di 3 mila euro al mese. Senza dimenticare l'assegno di fine mandato, una specie di trattamento di fine rapporto che arriva - per cinque anni di mandato - a 47 mila euro, addirittura oltre 140 mila euro con 15 anni di Parlamento.
Privilegi inaccettabili, di cui in tanti hanno chiesto l'abolizione.
Che cosa ha fatto l'ufficio di presidenza della Camera (e quello del Senato) lo scorso gennaio?
Ha partorito una "riformetta" che, attraverso l'adozione del regime contributivo, introduce qualche modesto ritocco al sistema.
Ma - a sorpresa - le pensioni dei parlamentari attualmente seduti sullo scranno sono salve: il calcolo contributivo integrale (tanto versi tanto ricevi) si applicherà solo a coloro che saranno eletti dalla prossima legislatura in poi.
Ma non è finita qui: dietro la "rivoluzione" annunciata si nascondono altre furbate.
I comuni mortali, a causa alla riforma voluta dal ministro Elsa Fornero, matureranno il diritto alla pensione solo a 66 anni.
Lorsignori invece si sono riservati un trattamento di favore, grazie al quale potranno riscuotere l'assegno a 65 anni, anche solo con 5 anni di mandato.
Per ogni anno di mandato ulteriore, poi, l'età richiesta per il conseguimento del diritto scende ulteriormente, fino a toccare il limite dei 60 anni.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... 2179773//2
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Vogliamo eliminare l'antipolitica, il qualunquismo o il grillismo?
Sarebbe molto semplice. Basterebbe dimostrare che siamo tutti nella stessa barca e ognuno paghi secondo le sue possibilita'.
Tutto il resto compreso le polemiche su tizio e caio non fa che aumentare l'antipolitica.
Peccato che ci sia ancora qualcuno che in qualche modo difende questa riforma squilibrata e antidemocratica.
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
Re: Ritorniamo a parlare delle pensioni
Tutte le regioni hanno deliberato il passaggio al contributivo a partire dalla prossima legislatura. Cioè a partire dal 2020.
Mentre per gli esodati il cambio delle regole è avvenuto con decorrenza retroattiva, per i consiglieri regionali in carica sono stati ovviamente tutelati i "diritti acquisiti".
Ciò anche nelle regioni cosiddette "rosse (Puglia, Emilia-Romagna, Toscana, Liguria in testa).
Cari compagni Vendola, Errani, Rossi, Burlando ecc. così non va. Per essere credibili bisogna essere coerenti, non basta parlare più o meno bene.
Movimento 5 Stelle Emilia-Romagna
Bocciare tutti quattro emendamenti del Movimento 5 Stelle improntati ad una riduzione dei costi della politica e introdurre un qualche segnale di avvicinamento fra mondo reale e casta politica è il segnale che - da destra a sinistra - i privilegi i nostri colleghi se li vogliono tenere stretti. Sorvoleremo sugli attacchi personali, le parolacce, le illazioni e le menzogne recapitateci da loro indirizzatici. Restiamo sul punto, cosa che PD, Lega Nord, PdL, IdV e Sinistra non hanno voluto fare per mancanza di argomenti. Per quale motivo i Consiglieri non dovrebbero fare come tutti gli altri italiani, ovvero andare in pensione a 67 come proponevamo? Perché devono avere il privilegio di andarci a 60? E poi perché dovrebbero poter cumulare i vitalizi ricevuti in qualità di ex-parlamentari, ex-europarlamentari e consiglieri regionali? La verità è che per i Consiglieri regionali esistono cittadini di Serie A, loro stessi, e di Serie C, quelli che votano e pagano le tasse. L'unica obiezione mossaci era quella che non potessimo legiferare su vitalizi del Parlamento o dell'Europarlamento. Vero, ma noi chiediamo alla nostra regione di NON erogare il Vitalizio regionale SE se ne percepisce un altro. Niente di impossibile, anzi. Ma i consiglieri ci hanno tenuto a sottolineare la differenza di "Serie" con i comuni mortali...
COSA CHIEDEVANO GLI EMENDAMENTI
Il primo conteneva l'indicazione che l'assegno sia riscosso solo a partire dai 67 anni di età. Il secondo imponeva il divieto di cumulare diversi assegni vitalizi, cosa oggi consentita, percepiti come ex-Parlamentare, ex-Europarlamentare e di altro Consiglio Regionale. Il terzo vietava il cumulo in caso si svolgano altre attività retribuite, per cui l'assegno resta sospeso fino alla cessazione di tale attività. Infine il quarto prevedeva che ci fosse un prelievo di solidarietà del 25% sui vitalizi erogati dall'Assemblea Legislativa da destinarsi al fondo regionale per la non autosufficienza, con destinazione esclusiva in favore delle persone con disabilità grave e l'abolizione della reversibilità.
MoVimento 5 Stelle
Gruppo Assembleare Movimento 5 Stelle Emilia-Romagna
Assemblea legislativa regionale
Mentre per gli esodati il cambio delle regole è avvenuto con decorrenza retroattiva, per i consiglieri regionali in carica sono stati ovviamente tutelati i "diritti acquisiti".
Ciò anche nelle regioni cosiddette "rosse (Puglia, Emilia-Romagna, Toscana, Liguria in testa).
Cari compagni Vendola, Errani, Rossi, Burlando ecc. così non va. Per essere credibili bisogna essere coerenti, non basta parlare più o meno bene.
Movimento 5 Stelle Emilia-Romagna
Bocciare tutti quattro emendamenti del Movimento 5 Stelle improntati ad una riduzione dei costi della politica e introdurre un qualche segnale di avvicinamento fra mondo reale e casta politica è il segnale che - da destra a sinistra - i privilegi i nostri colleghi se li vogliono tenere stretti. Sorvoleremo sugli attacchi personali, le parolacce, le illazioni e le menzogne recapitateci da loro indirizzatici. Restiamo sul punto, cosa che PD, Lega Nord, PdL, IdV e Sinistra non hanno voluto fare per mancanza di argomenti. Per quale motivo i Consiglieri non dovrebbero fare come tutti gli altri italiani, ovvero andare in pensione a 67 come proponevamo? Perché devono avere il privilegio di andarci a 60? E poi perché dovrebbero poter cumulare i vitalizi ricevuti in qualità di ex-parlamentari, ex-europarlamentari e consiglieri regionali? La verità è che per i Consiglieri regionali esistono cittadini di Serie A, loro stessi, e di Serie C, quelli che votano e pagano le tasse. L'unica obiezione mossaci era quella che non potessimo legiferare su vitalizi del Parlamento o dell'Europarlamento. Vero, ma noi chiediamo alla nostra regione di NON erogare il Vitalizio regionale SE se ne percepisce un altro. Niente di impossibile, anzi. Ma i consiglieri ci hanno tenuto a sottolineare la differenza di "Serie" con i comuni mortali...
COSA CHIEDEVANO GLI EMENDAMENTI
Il primo conteneva l'indicazione che l'assegno sia riscosso solo a partire dai 67 anni di età. Il secondo imponeva il divieto di cumulare diversi assegni vitalizi, cosa oggi consentita, percepiti come ex-Parlamentare, ex-Europarlamentare e di altro Consiglio Regionale. Il terzo vietava il cumulo in caso si svolgano altre attività retribuite, per cui l'assegno resta sospeso fino alla cessazione di tale attività. Infine il quarto prevedeva che ci fosse un prelievo di solidarietà del 25% sui vitalizi erogati dall'Assemblea Legislativa da destinarsi al fondo regionale per la non autosufficienza, con destinazione esclusiva in favore delle persone con disabilità grave e l'abolizione della reversibilità.
MoVimento 5 Stelle
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Re: Ritorniamo a parlare delle pensioni
Bene mariok,
come si vede da quello che hai scritto i tanto deprecati "grillini" cercano equità, come a parole dice Bersani, ma intanto i consiglieri PD nelle varie ragioni rosse o non rosse votano per i privilegi della casta.
Ecco dove nasce l'antipolitica o nella forma + nobile, l'esigenza di far nascere "un soggetto politico nuovo" che interpreti i veri valori di sinistra.
Augh
come si vede da quello che hai scritto i tanto deprecati "grillini" cercano equità, come a parole dice Bersani, ma intanto i consiglieri PD nelle varie ragioni rosse o non rosse votano per i privilegi della casta.
Ecco dove nasce l'antipolitica o nella forma + nobile, l'esigenza di far nascere "un soggetto politico nuovo" che interpreti i veri valori di sinistra.
Augh
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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Re: Ritorniamo a parlare delle pensioni
Ambarabà, cici, cocò.......chi ci stava dall'altra parte????
MONTECITORIO - IDV, LEGA E PDL VOTANO INSIEME
Pensioni d'oro, governo battuto al Senato
Sull'emendamento pensioni per i manager pubblici
MILANO - Il governo è stato battuto in aula al Senato su quattro emendamenti che riguardano le pensioni dei manager pubblici. Viene così cancellata la norma che consentiva trattamenti previdenziali privilegiati anche ai dirigenti pubblici che con il tetto agli stipendi avevano subito una riduzione delle retribuzioni. Gli emendamenti alla norma sulla quale il governo Monti aveva espresso parere favorevole sono stati presentati da Pdl, Lega e Idv.
IL TESTO - L'Assemblea ha approvato quattro testi gemelli. A votare sì sono stati in 124, contrari 94 e 12 astenuti. Il testo dell'emendamento sopprime il comma 2 dell'articolo 1 che cancella le norme sul trattamento previdenziale dei manager pubblici in presenza del tetto sugli stipendi. E che in sostanza ristabiliva il vecchio regime, le cosiddette «pensioni d'oro», equiparando gli assegni dei più alti funzionari dello Stato a quelli del primo presidente della corte di Cassazione nonostante la riduzione già disposta per gli stipendi.
LE PENSIONI DEI GRAND COMMIS - La Lega cerca di intestarsi il merito dell'iniziativa. Che avrebbe impedito, stando a quanto affermano i promotori dell'emendamento, ulteriori pesanti costi a carico delle casse dello Stato. «Grazie alla Lega è stato affossato un decreto salva-vergogna», spiega il vicepresidente dei senatori della Lega Nord, Roberto Mura. «Con il decreto salva-Italia - afferma a proposito il senatore del Carroccio Sandro Mazzatorta - chi chiudeva la carriera nella Pubblica Amministrazione in un paio d'anni senza cambiare l'attuale incarico, perdeva sì la differenza tra il vecchio stipendio e quello nuovo ma i contributi versati anche dopo la norma del taglia-stipendi, potevano, con questa norma scritta da una mano molto scaltra e piazzata in tempo giusto, essere tarati sui vecchi stipendi e non sul nuovo, cioè su quello ridotto».
IL MERITO DELL'IDV - Anche l'Italia dei Valori rivendica il merito di aver bocciato la norma sulle pensioni d'oro, che definisce «immorale» perché colpisce solo «i più deboli». Per il leader del partito, Antonio Di Pietro, «è indecente e immorale che mentre si chiedono immani sacrifici alle classi sociali più deboli, non si taglino le pensioni d'oro e i privilegi della casta. Oggi il governo è andato sotto nell'Aula del Senato sul nostro emendamento per la soppressione di una norma che introduceva con urgenza la tutela del trattamento pensionistico dei grandi manager di Stato».
Redazione Online
2 maggio 2012 | 17:30
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere.it
MONTECITORIO - IDV, LEGA E PDL VOTANO INSIEME
Pensioni d'oro, governo battuto al Senato
Sull'emendamento pensioni per i manager pubblici
MILANO - Il governo è stato battuto in aula al Senato su quattro emendamenti che riguardano le pensioni dei manager pubblici. Viene così cancellata la norma che consentiva trattamenti previdenziali privilegiati anche ai dirigenti pubblici che con il tetto agli stipendi avevano subito una riduzione delle retribuzioni. Gli emendamenti alla norma sulla quale il governo Monti aveva espresso parere favorevole sono stati presentati da Pdl, Lega e Idv.
IL TESTO - L'Assemblea ha approvato quattro testi gemelli. A votare sì sono stati in 124, contrari 94 e 12 astenuti. Il testo dell'emendamento sopprime il comma 2 dell'articolo 1 che cancella le norme sul trattamento previdenziale dei manager pubblici in presenza del tetto sugli stipendi. E che in sostanza ristabiliva il vecchio regime, le cosiddette «pensioni d'oro», equiparando gli assegni dei più alti funzionari dello Stato a quelli del primo presidente della corte di Cassazione nonostante la riduzione già disposta per gli stipendi.
LE PENSIONI DEI GRAND COMMIS - La Lega cerca di intestarsi il merito dell'iniziativa. Che avrebbe impedito, stando a quanto affermano i promotori dell'emendamento, ulteriori pesanti costi a carico delle casse dello Stato. «Grazie alla Lega è stato affossato un decreto salva-vergogna», spiega il vicepresidente dei senatori della Lega Nord, Roberto Mura. «Con il decreto salva-Italia - afferma a proposito il senatore del Carroccio Sandro Mazzatorta - chi chiudeva la carriera nella Pubblica Amministrazione in un paio d'anni senza cambiare l'attuale incarico, perdeva sì la differenza tra il vecchio stipendio e quello nuovo ma i contributi versati anche dopo la norma del taglia-stipendi, potevano, con questa norma scritta da una mano molto scaltra e piazzata in tempo giusto, essere tarati sui vecchi stipendi e non sul nuovo, cioè su quello ridotto».
IL MERITO DELL'IDV - Anche l'Italia dei Valori rivendica il merito di aver bocciato la norma sulle pensioni d'oro, che definisce «immorale» perché colpisce solo «i più deboli». Per il leader del partito, Antonio Di Pietro, «è indecente e immorale che mentre si chiedono immani sacrifici alle classi sociali più deboli, non si taglino le pensioni d'oro e i privilegi della casta. Oggi il governo è andato sotto nell'Aula del Senato sul nostro emendamento per la soppressione di una norma che introduceva con urgenza la tutela del trattamento pensionistico dei grandi manager di Stato».
Redazione Online
2 maggio 2012 | 17:30
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Re: Ritorniamo a parlare delle pensioni
Sei in: Il Fatto Quotidiano > Politica & Palazzo > Pensioni: gover...
Pensioni: governo battuto da opposizione, con Idv a favore hanno votato Lega e Pdl
L'emendamento è stato presentato dall'Italia dei Valori. Abrogato un articolo del decreto sulle commissioni bancarie, che conteneva una norma a favore delle pensioni dei manager pubblici. I favorevoli sono stati 124 (Idv, Lega e Pdl), i contrari sono stati 94.
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 2 maggio 2012Commenti
No ai privilegi alle pensioni dei top manager della Pubblica Amministrazione. Il governo viene battuto al Senato su un emendamento dell’Italia dei Valori, Lega e Pdl, presentato in forma identica. E l’esultanza è trasversale. Il raid tripartisan ha permesso di abrogare un articolo del decreto sulle commissioni bancarie, che conteneva la norma a favore delle pensioni dei manager pubblici. I favorevoli sono stati 124 (Idv, Lega e Pdl), i contrari sono stati 94, 12 gli astenuti. Tra i “ribelli” all’esecutivo anche sette senatori del Partito Democratico, tra cui Paolo Giaretta, coordinatore delle commissioni economiche del Pd in Senato.
L’articolo cancellato integrava un comma del decreto Salva Italia che imponeva un contributo di solidarietà per gli stipendi dei manager pubblici oltre i 300.000 euro annui. L’articolo stabiliva che questo “taglio” di stipendio era ininfluente ai fini della definizione della pensione per la parte calcolata con il metodo retributivo. “Questo articolo – aveva spiegato in aula il sottosegretario Claudio De Vincenti – fa sì che i dirigenti della Pubblica amministrazione che hanno già maturato i requisiti di pensionamento, che volontariamente prolungano la loro attività, al momento dell’andata in pensione avranno l’assegno calcolato sulla situazione maturata al 22 dicembre 2012”. L’articolo non comportava oneri per la finanza pubblica e il governo lo aveva inserito nel decreto sulla commissioni bancarie per evitare possibili ricorsi, alla luce di precedenti sentenze della Corte costituzionale in tema previdenziale.
”Il governo è stato battuto con l’approvazione in Senato dell’emendamento dell’Italia dei Valori per la soppressione della vergognosa norma che introduceva con urgenza la tutela del trattamento pensionistico dei grand commis di Stato – dice il capogruppo in commissione Giustizia di Palazzo Madama, Luigi Li Gotti – .Non si può pensare alle pensioni altissime prima della soluzione del dramma degli esodati. Il governo ottusamente ha dato il parere contrario al nostro emendamento che ha ottenuto 124 voti favorevoli, 94 contrari e dodici astenuti. Una vittoria dell’etica della cosa pubblica sugli interessi della casta di privilegiati”. Stesso tenore nelle parole del leader Idv: “E’ indecente e immorale che mentre si chiedono immani sacrifici alle classi sociali più deboli, non si taglino le pensioni d’oro e i privilegi della casta. Oggi il governo è andato sotto nell’Aula del Senato sul nostro emendamento per la soppressione di una norma che introduceva con urgenza la tutela del trattamento pensionistico dei grandi manager di Stato. Mentre il governo continua a fare orecchie da mercante sul problema degli esodati, spendendosi a parole e mai con i fatti, allo stesso tempo – sottolinea Antonio di Pietro – continua a favorire i potentati economici. L’Italia dei Valori prosegue la sua battaglia all’insegna della trasparenza e dell’equità sociale”.
“Esprimo grande soddisfazione per gli emendamenti approvati oggi dal Senato che confermano il taglio delle pensioni d’oro dei manager pubblici. Sarebbe stato curioso che il tetto massimo stabilito per i loro compensi non avesse avuto conseguenze sulle importanti pensioni che andranno a percepire – dice l’ex ministro Pdl Giorgia Meloni – Appare, però ancora più curioso che anche questa volta la politica sia dovuta intervenire per garantire la tanto decantata equità rispetto ai provvedimenti adottati da questo Governo”. Anche Rifondazione Comunista festeggia: ”Il governo è stato battuto in aula al Senato su un emendamento in materia di pensioni: bene, un plauso – dichiara Paolo Ferrero, segretario di Rc -. Ora, a proposito di questo tema, mettano subito un tetto a tutte le pensioni pari a 5mila euro al mese, inclusi i cumuli pensionistici”. Per il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone, “l’abrogazione della norma del governo che puntava a salvare le pensioni dei manager della P.A. è sicuramente una buona notizia perché contribuisce a riaffermare un minimo livello di equità in questo paese. Non c’è infatti davvero nulla di equo – continua Cantone – nel garantire una super-pensione ad uno sparuto numero di alti dirigenti mentre milioni di persone che hanno lavorato duramente per 40 anni e che oggi hanno un reddito da pensione medio-basso si sono visti ingiustamente bloccare per sempre la rivalutazione annuale. E’ giunta l’ora che il Parlamento si occupi dei pensionati italiani meno fortunati dei manager e che non sono di certo tra i tanti che hanno pensioni dorate adoperandosi per sostenere il loro potere d’acquisto, che è ormai ridotto al lumicino tra tasse, tariffe, prezzi e un costo della vita divenuto davvero insostenibile”.
Se non è allarme per il governo al Senato, che resta senza maggioranza su questo emendamento che forse non verrà ripresentato, poco ci manca. L’esecutivo, infatti, aveva espresso parere contrario. Alla fine il risultato è che nei 124 voti a favore ci sono moltissimi senatori Pdl (come pidiellina è la senatrice che non era presente in aula e che non ha ritirato il proprio emendamento) che si sono aggiunti ai leghisti, facendo esultare Roberto Castelli per il ritorno della vecchia maggioranza. L’astensione è stata scelta da Api-Fli per il Terzo polo.
Il senatore Pdl Antonio Battaglia spiega così la situazione: “E’ un segnale chiaro per l’esecutivo, qui ci sono imprenditori che si suicidano ogni giorno mentre le banche che prendono soldi all’un per cento non aiutano l’economia. Cosi” non si va avanti…”. Il governo non ha ancora deciso se ripristinare alla Camera il comma soppresso. “E’ ancora presto per stabilirlo” ha detto il sottosegretario allo Sviluppo, Claudio De Vicenti. A spulciare i tabulati delle votazioni si scopre. Sono stati 72 i senatori del PdL, sui 95 presenti, che hanno votato contro le indicazioni. Tra gli “indisciplinati” c’è anche il capogruppo Maurizio Gasparri. La relatrice al decreto Simona Vicari (Pdl), aveva dato parere negativo agli emendamenti abrogativi, ma al momento del voto, dopo l’intervento di Giacomo Caliendo, la maggior parte del gruppo del Pdl (72) ha votato l’emendamento, silurando l’articolo.
Il Fatto Quotidiano
Pensioni: governo battuto da opposizione, con Idv a favore hanno votato Lega e Pdl
L'emendamento è stato presentato dall'Italia dei Valori. Abrogato un articolo del decreto sulle commissioni bancarie, che conteneva una norma a favore delle pensioni dei manager pubblici. I favorevoli sono stati 124 (Idv, Lega e Pdl), i contrari sono stati 94.
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 2 maggio 2012Commenti
No ai privilegi alle pensioni dei top manager della Pubblica Amministrazione. Il governo viene battuto al Senato su un emendamento dell’Italia dei Valori, Lega e Pdl, presentato in forma identica. E l’esultanza è trasversale. Il raid tripartisan ha permesso di abrogare un articolo del decreto sulle commissioni bancarie, che conteneva la norma a favore delle pensioni dei manager pubblici. I favorevoli sono stati 124 (Idv, Lega e Pdl), i contrari sono stati 94, 12 gli astenuti. Tra i “ribelli” all’esecutivo anche sette senatori del Partito Democratico, tra cui Paolo Giaretta, coordinatore delle commissioni economiche del Pd in Senato.
L’articolo cancellato integrava un comma del decreto Salva Italia che imponeva un contributo di solidarietà per gli stipendi dei manager pubblici oltre i 300.000 euro annui. L’articolo stabiliva che questo “taglio” di stipendio era ininfluente ai fini della definizione della pensione per la parte calcolata con il metodo retributivo. “Questo articolo – aveva spiegato in aula il sottosegretario Claudio De Vincenti – fa sì che i dirigenti della Pubblica amministrazione che hanno già maturato i requisiti di pensionamento, che volontariamente prolungano la loro attività, al momento dell’andata in pensione avranno l’assegno calcolato sulla situazione maturata al 22 dicembre 2012”. L’articolo non comportava oneri per la finanza pubblica e il governo lo aveva inserito nel decreto sulla commissioni bancarie per evitare possibili ricorsi, alla luce di precedenti sentenze della Corte costituzionale in tema previdenziale.
”Il governo è stato battuto con l’approvazione in Senato dell’emendamento dell’Italia dei Valori per la soppressione della vergognosa norma che introduceva con urgenza la tutela del trattamento pensionistico dei grand commis di Stato – dice il capogruppo in commissione Giustizia di Palazzo Madama, Luigi Li Gotti – .Non si può pensare alle pensioni altissime prima della soluzione del dramma degli esodati. Il governo ottusamente ha dato il parere contrario al nostro emendamento che ha ottenuto 124 voti favorevoli, 94 contrari e dodici astenuti. Una vittoria dell’etica della cosa pubblica sugli interessi della casta di privilegiati”. Stesso tenore nelle parole del leader Idv: “E’ indecente e immorale che mentre si chiedono immani sacrifici alle classi sociali più deboli, non si taglino le pensioni d’oro e i privilegi della casta. Oggi il governo è andato sotto nell’Aula del Senato sul nostro emendamento per la soppressione di una norma che introduceva con urgenza la tutela del trattamento pensionistico dei grandi manager di Stato. Mentre il governo continua a fare orecchie da mercante sul problema degli esodati, spendendosi a parole e mai con i fatti, allo stesso tempo – sottolinea Antonio di Pietro – continua a favorire i potentati economici. L’Italia dei Valori prosegue la sua battaglia all’insegna della trasparenza e dell’equità sociale”.
“Esprimo grande soddisfazione per gli emendamenti approvati oggi dal Senato che confermano il taglio delle pensioni d’oro dei manager pubblici. Sarebbe stato curioso che il tetto massimo stabilito per i loro compensi non avesse avuto conseguenze sulle importanti pensioni che andranno a percepire – dice l’ex ministro Pdl Giorgia Meloni – Appare, però ancora più curioso che anche questa volta la politica sia dovuta intervenire per garantire la tanto decantata equità rispetto ai provvedimenti adottati da questo Governo”. Anche Rifondazione Comunista festeggia: ”Il governo è stato battuto in aula al Senato su un emendamento in materia di pensioni: bene, un plauso – dichiara Paolo Ferrero, segretario di Rc -. Ora, a proposito di questo tema, mettano subito un tetto a tutte le pensioni pari a 5mila euro al mese, inclusi i cumuli pensionistici”. Per il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone, “l’abrogazione della norma del governo che puntava a salvare le pensioni dei manager della P.A. è sicuramente una buona notizia perché contribuisce a riaffermare un minimo livello di equità in questo paese. Non c’è infatti davvero nulla di equo – continua Cantone – nel garantire una super-pensione ad uno sparuto numero di alti dirigenti mentre milioni di persone che hanno lavorato duramente per 40 anni e che oggi hanno un reddito da pensione medio-basso si sono visti ingiustamente bloccare per sempre la rivalutazione annuale. E’ giunta l’ora che il Parlamento si occupi dei pensionati italiani meno fortunati dei manager e che non sono di certo tra i tanti che hanno pensioni dorate adoperandosi per sostenere il loro potere d’acquisto, che è ormai ridotto al lumicino tra tasse, tariffe, prezzi e un costo della vita divenuto davvero insostenibile”.
Se non è allarme per il governo al Senato, che resta senza maggioranza su questo emendamento che forse non verrà ripresentato, poco ci manca. L’esecutivo, infatti, aveva espresso parere contrario. Alla fine il risultato è che nei 124 voti a favore ci sono moltissimi senatori Pdl (come pidiellina è la senatrice che non era presente in aula e che non ha ritirato il proprio emendamento) che si sono aggiunti ai leghisti, facendo esultare Roberto Castelli per il ritorno della vecchia maggioranza. L’astensione è stata scelta da Api-Fli per il Terzo polo.
Il senatore Pdl Antonio Battaglia spiega così la situazione: “E’ un segnale chiaro per l’esecutivo, qui ci sono imprenditori che si suicidano ogni giorno mentre le banche che prendono soldi all’un per cento non aiutano l’economia. Cosi” non si va avanti…”. Il governo non ha ancora deciso se ripristinare alla Camera il comma soppresso. “E’ ancora presto per stabilirlo” ha detto il sottosegretario allo Sviluppo, Claudio De Vicenti. A spulciare i tabulati delle votazioni si scopre. Sono stati 72 i senatori del PdL, sui 95 presenti, che hanno votato contro le indicazioni. Tra gli “indisciplinati” c’è anche il capogruppo Maurizio Gasparri. La relatrice al decreto Simona Vicari (Pdl), aveva dato parere negativo agli emendamenti abrogativi, ma al momento del voto, dopo l’intervento di Giacomo Caliendo, la maggior parte del gruppo del Pdl (72) ha votato l’emendamento, silurando l’articolo.
Il Fatto Quotidiano
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Re: Ritorniamo a parlare delle pensioni
l dossier Boeri a Palazzo Chigi e il grande gelo sulle pensioni
Il piano Inps: la proposta prevede l’intervento sul blocco della perequazione oltre i 3.500 euro
di Federico Fubin
È di un anno e mezzo fa il dossier di Carlo Cottarelli, l’ultimo dei grandi misteri presunti della politica economica italiana. L’allora commissario alla spending review si era dimesso senza pubblicare il suo rapporto sulla spesa da tagliare e anche il governo per qualche tempo ha evitato di farlo. Per mesi il Paese si è chiesto cosa mai potesse esserci scritto, prima di scoprire che si sapeva o immaginava già tutto.
Ora rischia di partire un nuovo ciclo (accorciato) della stessa saga, con ingredienti simili: un’audace idea di riforma di un «tecnico», la frenata del governo di fronte alla prevedibile impopolarità della riforma, e una bizzarra coltre di mistero sui dettagli, che alla fine contribuisce ad alimentare il gelo fra le due parti. La differenza è che stavolta tocca alle pensioni. E che l’autore della proposta, il presidente dell’Inps Tito Boeri, non dà affatto l’impressione di trovarsi sul punto di dimettersi e andarsene.
In estate Boeri aveva presentato a Palazzo Chigi una propria proposta di riassetto dell’intero sistema previdenziale. Il documento, ben strutturato e arricchito da una corposa relazione tecnica, è stato consegnato alla presidenza del Consiglio in formato cartaceo. Niente spedizione elettronica, forse anche per rendere più difficili le fughe di notizie. Oggi hanno quel dossier solo Boeri e i suoi collaboratori, oltre a Matteo Renzi e i suoi. E più passa il tempo in cui tutti sanno che esiste ma pochi ne conoscono i dettagli, più il documento entra nel ruolo che un tempo fu del rapporto Cottarelli: misterioso, descritto in modo distorto e interessato, fonte continua di dissidi e incomprensioni, destinato a restare sulla carta. Soprattutto, destinato a un confronto fra frequentatori di palazzi romani del quale non possono capire molto i diretti interessati: lavoratori e contribuenti.
Del piano di Boeri per i pensionamenti prima dei 66 o 67 anni ha attratto l’attenzione il poco che si sa: tagli ai vitalizi dei politici e alle pensioni più alte, se sono molto sopra ai contributi versati. Ci sarebbe però anche un’altra parte, più corposa, volta a finanziare le uscite precoci per i pensionati sopra i 1.500 euro lordi al mese (con una penalizzazione del 3% per ogni anno di anticipo) e un sostegno standard per i disoccupati oltre i 55 anni di età. Boeri propone un blocco dell’adeguamento all’inflazione delle pensioni sopra i 3.500 euro lordi, fino a quanto l’assegno non sia in linea con i contributi realmente versati. Pensa anche a ridurre le integrazioni delle pensioni bassissime di chi vive in famiglie abbienti. E soprattutto suggerisce un ricalcolo delle pensioni anticipate (prima dei 66-67 anni), solo sulla base di 42 anni di contributi.
Secondo il presidente dell’Inps, questo progetto costa allo Stato meno di un miliardo di euro nel primo anno, meno di quattro dopo tre o quattro anni, ma poi garantisce risparmi nel medio-lungo periodo. Secondo Palazzo Chigi invece è politicamente impraticabile: esiste una platea di persone che ne subirebbe un contraccolpo. Il progetto è stato escluso dalla Legge di stabilità e da allora le parti duellano in pubblico su un testo che solo loro conoscono. La sola certezza è che il governo avrà nel 2016 una propria proposta sul tema. Forse però il primo passo dovrebbe essere sollevare il coperchio sul progetto Boeri, o permettere all’interessato di farlo. Il caso Cottarelli insegna che quando considera che un progetto è un ramo secco, il governo toglie il segreto su di esso. Questione di ore, probabilmente. È di un anno e mezzo fa il dossier di Carlo Cottarelli, l’ultimo dei grandi misteri presunti della politica economica italiana. L’allora commissario alla spending review si era dimesso senza pubblicare il suo rapporto sulla spesa da tagliare e anche il governo per qualche tempo ha evitato di farlo. Per mesi il Paese si è chiesto cosa mai potesse esserci scritto, prima di scoprire che si sapeva o immaginava già tutto.
Ora rischia di partire un nuovo ciclo (accorciato) della stessa saga, con ingredienti simili: un’audace idea di riforma di un «tecnico», la frenata del governo di fronte alla prevedibile impopolarità della riforma, e una bizzarra coltre di mistero sui dettagli, che alla fine contribuisce ad alimentare il gelo fra le due parti. La differenza è che stavolta tocca alle pensioni. E che l’autore della proposta, il presidente dell’Inps Tito Boeri, non dà affatto l’impressione di trovarsi sul punto di dimettersi e andarsene.
In estate Boeri aveva presentato a Palazzo Chigi una propria proposta di riassetto dell’intero sistema previdenziale. Il documento, ben strutturato e arricchito da una corposa relazione tecnica, è stato consegnato alla presidenza del Consiglio in formato cartaceo. Niente spedizione elettronica, forse anche per rendere più difficili le fughe di notizie. Oggi hanno quel dossier solo Boeri e i suoi collaboratori, oltre a Matteo Renzi e i suoi. E più passa il tempo in cui tutti sanno che esiste ma pochi ne conoscono i dettagli, più il documento entra nel ruolo che un tempo fu del rapporto Cottarelli: misterioso, descritto in modo distorto e interessato, fonte continua di dissidi e incomprensioni, destinato a restare sulla carta. Soprattutto, destinato a un confronto fra frequentatori di palazzi romani del quale non possono capire molto i diretti interessati: lavoratori e contribuenti.
Del piano di Boeri per i pensionamenti prima dei 66 o 67 anni ha attratto l’attenzione il poco che si sa: tagli ai vitalizi dei politici e alle pensioni più alte, se sono molto sopra ai contributi versati. Ci sarebbe però anche un’altra parte, più corposa, volta a finanziare le uscite precoci per i pensionati sopra i 1.500 euro lordi al mese (con una penalizzazione del 3% per ogni anno di anticipo) e un sostegno standard per i disoccupati oltre i 55 anni di età. Boeri propone un blocco dell’adeguamento all’inflazione delle pensioni sopra i 3.500 euro lordi, fino a quanto l’assegno non sia in linea con i contributi realmente versati. Pensa anche a ridurre le integrazioni delle pensioni bassissime di chi vive in famiglie abbienti. E soprattutto suggerisce un ricalcolo delle pensioni anticipate (prima dei 66-67 anni), solo sulla base di 42 anni di contributi.
Secondo il presidente dell’Inps, questo progetto costa allo Stato meno di un miliardo di euro nel primo anno, meno di quattro dopo tre o quattro anni, ma poi garantisce risparmi nel medio-lungo periodo. Secondo Palazzo Chigi invece è politicamente impraticabile: esiste una platea di persone che ne subirebbe un contraccolpo. Il progetto è stato escluso dalla Legge di stabilità e da allora le parti duellano in pubblico su un testo che solo loro conoscono. La sola certezza è che il governo avrà nel 2016 una propria proposta sul tema. Forse però il primo passo dovrebbe essere sollevare il coperchio sul progetto Boeri, o permettere all’interessato di farlo. Il caso Cottarelli insegna che quando considera che un progetto è un ramo secco, il governo toglie il segreto su di esso. Questione di ore, probabilmente.
http://www.corriere.it/economia/15_nove ... b136.shtml
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Non capisco questo atteggiamento di Boeri con queste dichiarazioni ai giornali.
Se ha qualche proposta lo faccia al governo e non ai giornalisti.
Non spetta a lui fare il politico!
Faccia il suo lavoro il meglio possibile e se ha qualche idea la proponga a chi di dovere!!
Possono, queste proposte, avere una sua logica ma sappiamo tutti dove andranno a sbattere.
Partono con i piccoli numeri per poi andare sui grandi poiche e' qui che si fa la differenza.
Sempre su questo metodo, che chiamerei alla Boeri, perché non si fa carco presso il governo e magari anche con dichiarazioni ai giornali di scorporare dall'INPS tutto quello che con l'INPS non ha niente a che fare(pensioni sociali e quant'altro) e poi casomai ne riparleremo?
Tutto questo, deve essere a carico della collettività nel suo insieme e non a carico delle pensioni.
E' una mia personale considerazione che parte solo dal buon senso anche nei riguardi di chi non per colpa loro ha delle pensioni calcolate anche con il sistema retributivo.
Certo, se si vuol mettere la mani a tutto questo, bisognera capire se lo si puo fare e sia Costituzionale, anche se per noi questo concetto non e' stato considerato.
Se i dovesse andare a ritroso non se ne verrebbe mai a capo se non castigando ulteriormente i soliti che siamo noi.
Negli apparati statali quali anche l'esercito, negli ultimi mesi scattava la promozione di grado e quindi la pensione stessa lievitava a dismisura.
Quindi, se la legge era questa che ha ricevuto una pensione non corrispondente ai contributi versati, ora non gli si puo chiedere di ritornarli? Questo creerebbe una situaione di incertezza tale da rendere questo paese una repubblica delle banane.
Gli si puo' chiedere un contributo ma non un'obbligo.
Quindi, ritornando alla mia domanda iniziale, sarebbe cosa molto utile fare lo scorporo immediato di tutto quello che con la pensione non centra e poi casomai con cifre in mano riparlarne.
un salutone
Il piano Inps: la proposta prevede l’intervento sul blocco della perequazione oltre i 3.500 euro
di Federico Fubin
È di un anno e mezzo fa il dossier di Carlo Cottarelli, l’ultimo dei grandi misteri presunti della politica economica italiana. L’allora commissario alla spending review si era dimesso senza pubblicare il suo rapporto sulla spesa da tagliare e anche il governo per qualche tempo ha evitato di farlo. Per mesi il Paese si è chiesto cosa mai potesse esserci scritto, prima di scoprire che si sapeva o immaginava già tutto.
Ora rischia di partire un nuovo ciclo (accorciato) della stessa saga, con ingredienti simili: un’audace idea di riforma di un «tecnico», la frenata del governo di fronte alla prevedibile impopolarità della riforma, e una bizzarra coltre di mistero sui dettagli, che alla fine contribuisce ad alimentare il gelo fra le due parti. La differenza è che stavolta tocca alle pensioni. E che l’autore della proposta, il presidente dell’Inps Tito Boeri, non dà affatto l’impressione di trovarsi sul punto di dimettersi e andarsene.
In estate Boeri aveva presentato a Palazzo Chigi una propria proposta di riassetto dell’intero sistema previdenziale. Il documento, ben strutturato e arricchito da una corposa relazione tecnica, è stato consegnato alla presidenza del Consiglio in formato cartaceo. Niente spedizione elettronica, forse anche per rendere più difficili le fughe di notizie. Oggi hanno quel dossier solo Boeri e i suoi collaboratori, oltre a Matteo Renzi e i suoi. E più passa il tempo in cui tutti sanno che esiste ma pochi ne conoscono i dettagli, più il documento entra nel ruolo che un tempo fu del rapporto Cottarelli: misterioso, descritto in modo distorto e interessato, fonte continua di dissidi e incomprensioni, destinato a restare sulla carta. Soprattutto, destinato a un confronto fra frequentatori di palazzi romani del quale non possono capire molto i diretti interessati: lavoratori e contribuenti.
Del piano di Boeri per i pensionamenti prima dei 66 o 67 anni ha attratto l’attenzione il poco che si sa: tagli ai vitalizi dei politici e alle pensioni più alte, se sono molto sopra ai contributi versati. Ci sarebbe però anche un’altra parte, più corposa, volta a finanziare le uscite precoci per i pensionati sopra i 1.500 euro lordi al mese (con una penalizzazione del 3% per ogni anno di anticipo) e un sostegno standard per i disoccupati oltre i 55 anni di età. Boeri propone un blocco dell’adeguamento all’inflazione delle pensioni sopra i 3.500 euro lordi, fino a quanto l’assegno non sia in linea con i contributi realmente versati. Pensa anche a ridurre le integrazioni delle pensioni bassissime di chi vive in famiglie abbienti. E soprattutto suggerisce un ricalcolo delle pensioni anticipate (prima dei 66-67 anni), solo sulla base di 42 anni di contributi.
Secondo il presidente dell’Inps, questo progetto costa allo Stato meno di un miliardo di euro nel primo anno, meno di quattro dopo tre o quattro anni, ma poi garantisce risparmi nel medio-lungo periodo. Secondo Palazzo Chigi invece è politicamente impraticabile: esiste una platea di persone che ne subirebbe un contraccolpo. Il progetto è stato escluso dalla Legge di stabilità e da allora le parti duellano in pubblico su un testo che solo loro conoscono. La sola certezza è che il governo avrà nel 2016 una propria proposta sul tema. Forse però il primo passo dovrebbe essere sollevare il coperchio sul progetto Boeri, o permettere all’interessato di farlo. Il caso Cottarelli insegna che quando considera che un progetto è un ramo secco, il governo toglie il segreto su di esso. Questione di ore, probabilmente. È di un anno e mezzo fa il dossier di Carlo Cottarelli, l’ultimo dei grandi misteri presunti della politica economica italiana. L’allora commissario alla spending review si era dimesso senza pubblicare il suo rapporto sulla spesa da tagliare e anche il governo per qualche tempo ha evitato di farlo. Per mesi il Paese si è chiesto cosa mai potesse esserci scritto, prima di scoprire che si sapeva o immaginava già tutto.
Ora rischia di partire un nuovo ciclo (accorciato) della stessa saga, con ingredienti simili: un’audace idea di riforma di un «tecnico», la frenata del governo di fronte alla prevedibile impopolarità della riforma, e una bizzarra coltre di mistero sui dettagli, che alla fine contribuisce ad alimentare il gelo fra le due parti. La differenza è che stavolta tocca alle pensioni. E che l’autore della proposta, il presidente dell’Inps Tito Boeri, non dà affatto l’impressione di trovarsi sul punto di dimettersi e andarsene.
In estate Boeri aveva presentato a Palazzo Chigi una propria proposta di riassetto dell’intero sistema previdenziale. Il documento, ben strutturato e arricchito da una corposa relazione tecnica, è stato consegnato alla presidenza del Consiglio in formato cartaceo. Niente spedizione elettronica, forse anche per rendere più difficili le fughe di notizie. Oggi hanno quel dossier solo Boeri e i suoi collaboratori, oltre a Matteo Renzi e i suoi. E più passa il tempo in cui tutti sanno che esiste ma pochi ne conoscono i dettagli, più il documento entra nel ruolo che un tempo fu del rapporto Cottarelli: misterioso, descritto in modo distorto e interessato, fonte continua di dissidi e incomprensioni, destinato a restare sulla carta. Soprattutto, destinato a un confronto fra frequentatori di palazzi romani del quale non possono capire molto i diretti interessati: lavoratori e contribuenti.
Del piano di Boeri per i pensionamenti prima dei 66 o 67 anni ha attratto l’attenzione il poco che si sa: tagli ai vitalizi dei politici e alle pensioni più alte, se sono molto sopra ai contributi versati. Ci sarebbe però anche un’altra parte, più corposa, volta a finanziare le uscite precoci per i pensionati sopra i 1.500 euro lordi al mese (con una penalizzazione del 3% per ogni anno di anticipo) e un sostegno standard per i disoccupati oltre i 55 anni di età. Boeri propone un blocco dell’adeguamento all’inflazione delle pensioni sopra i 3.500 euro lordi, fino a quanto l’assegno non sia in linea con i contributi realmente versati. Pensa anche a ridurre le integrazioni delle pensioni bassissime di chi vive in famiglie abbienti. E soprattutto suggerisce un ricalcolo delle pensioni anticipate (prima dei 66-67 anni), solo sulla base di 42 anni di contributi.
Secondo il presidente dell’Inps, questo progetto costa allo Stato meno di un miliardo di euro nel primo anno, meno di quattro dopo tre o quattro anni, ma poi garantisce risparmi nel medio-lungo periodo. Secondo Palazzo Chigi invece è politicamente impraticabile: esiste una platea di persone che ne subirebbe un contraccolpo. Il progetto è stato escluso dalla Legge di stabilità e da allora le parti duellano in pubblico su un testo che solo loro conoscono. La sola certezza è che il governo avrà nel 2016 una propria proposta sul tema. Forse però il primo passo dovrebbe essere sollevare il coperchio sul progetto Boeri, o permettere all’interessato di farlo. Il caso Cottarelli insegna che quando considera che un progetto è un ramo secco, il governo toglie il segreto su di esso. Questione di ore, probabilmente.
http://www.corriere.it/economia/15_nove ... b136.shtml
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Non capisco questo atteggiamento di Boeri con queste dichiarazioni ai giornali.
Se ha qualche proposta lo faccia al governo e non ai giornalisti.
Non spetta a lui fare il politico!
Faccia il suo lavoro il meglio possibile e se ha qualche idea la proponga a chi di dovere!!
Possono, queste proposte, avere una sua logica ma sappiamo tutti dove andranno a sbattere.
Partono con i piccoli numeri per poi andare sui grandi poiche e' qui che si fa la differenza.
Sempre su questo metodo, che chiamerei alla Boeri, perché non si fa carco presso il governo e magari anche con dichiarazioni ai giornali di scorporare dall'INPS tutto quello che con l'INPS non ha niente a che fare(pensioni sociali e quant'altro) e poi casomai ne riparleremo?
Tutto questo, deve essere a carico della collettività nel suo insieme e non a carico delle pensioni.
E' una mia personale considerazione che parte solo dal buon senso anche nei riguardi di chi non per colpa loro ha delle pensioni calcolate anche con il sistema retributivo.
Certo, se si vuol mettere la mani a tutto questo, bisognera capire se lo si puo fare e sia Costituzionale, anche se per noi questo concetto non e' stato considerato.
Se i dovesse andare a ritroso non se ne verrebbe mai a capo se non castigando ulteriormente i soliti che siamo noi.
Negli apparati statali quali anche l'esercito, negli ultimi mesi scattava la promozione di grado e quindi la pensione stessa lievitava a dismisura.
Quindi, se la legge era questa che ha ricevuto una pensione non corrispondente ai contributi versati, ora non gli si puo chiedere di ritornarli? Questo creerebbe una situaione di incertezza tale da rendere questo paese una repubblica delle banane.
Gli si puo' chiedere un contributo ma non un'obbligo.
Quindi, ritornando alla mia domanda iniziale, sarebbe cosa molto utile fare lo scorporo immediato di tutto quello che con la pensione non centra e poi casomai con cifre in mano riparlarne.
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Ritorniamo a parlare delle pensioni
Non dimenticare che nel 1935, Mussolini con i soldi dell'Inps ha fatto la guerra d'Abissinia.
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Re: Ritorniamo a parlare delle pensioni
Dagospia
4 dic 2013 16:23
QUANTI DANNI HA FATTO IL GOVERNO DEI “TECNICI” - LA FUSIONE CON L’INPDAP VOLUTA DA MONTI HA PORTATO IN DOTE ALL’INPS 17 MILIARDI DI ROSSO
La Corte dei Conti certifica: c’è un buco nelle casse dell’Inps, destinato a peggiorare negli anni - E per ripianare il disavanzo, il Tesoro ha due strade: o aumentare le tasse oppure far pagare più i contributi - Tutto questo per pagare i superpensionati di oggi, a danno dei precari di oggi che saranno i poveri pensionati di domani…
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... -67759.htm
4 dic 2013 16:23
QUANTI DANNI HA FATTO IL GOVERNO DEI “TECNICI” - LA FUSIONE CON L’INPDAP VOLUTA DA MONTI HA PORTATO IN DOTE ALL’INPS 17 MILIARDI DI ROSSO
La Corte dei Conti certifica: c’è un buco nelle casse dell’Inps, destinato a peggiorare negli anni - E per ripianare il disavanzo, il Tesoro ha due strade: o aumentare le tasse oppure far pagare più i contributi - Tutto questo per pagare i superpensionati di oggi, a danno dei precari di oggi che saranno i poveri pensionati di domani…
http://www.dagospia.com/rubrica-3/polit ... -67759.htm
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Re: Ritorniamo a parlare delle pensioni
Dulcis in fundo
Nel recinto dinosauri di queste parti, sto cercando di far capire, inutilmente, due cose:
1) Che i tedeschi del Kaiser Merkel, ragionano un questo modo. Per mantenere un pensionato ci vogliono tre occupati. Nel recente mancato ricambio, necessitavano i siriani in sostituzione dei mangiacrauti. Ecco il perché dell'attenzione di frau Angela per i siriani.
2) Sono anni che cerco di spiegare da queste parti, che l'automazione elimina posti di lavoro a velocità supersonica. E quindi prossimamente qui su questo schermo il problema dei mangicrauti si farà sentire con maggior peso.
Le macchine e i robot non pagano i contributi all'Inps.
Al momento lo capiscono, ma poi a mezzogiorno fanno come i vecchi muratori.
Gettano la cazzuola a terra e vanno a mangiare. Chi si è visto si è visto.
Per oggi il problema della pappa è risolto. Domani si vedrà.
Nel recinto dinosauri di queste parti, sto cercando di far capire, inutilmente, due cose:
1) Che i tedeschi del Kaiser Merkel, ragionano un questo modo. Per mantenere un pensionato ci vogliono tre occupati. Nel recente mancato ricambio, necessitavano i siriani in sostituzione dei mangiacrauti. Ecco il perché dell'attenzione di frau Angela per i siriani.
2) Sono anni che cerco di spiegare da queste parti, che l'automazione elimina posti di lavoro a velocità supersonica. E quindi prossimamente qui su questo schermo il problema dei mangicrauti si farà sentire con maggior peso.
Le macchine e i robot non pagano i contributi all'Inps.
Al momento lo capiscono, ma poi a mezzogiorno fanno come i vecchi muratori.
Gettano la cazzuola a terra e vanno a mangiare. Chi si è visto si è visto.
Per oggi il problema della pappa è risolto. Domani si vedrà.
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Re: Ritorniamo a parlare delle pensioni
“Reddito minimo over 55 e taglio dei vitalizi”
La proposta Inps che governo teneva nel cassetto
Nel documento del presidente Boeri anche l’uscita flessibile sopra i 63 anni. Parte delle risorse dagli
assegni superiori a contributi, inclusi sindacalisti e “cariche elettive”. Palazzo Chigi: “Uscita concordata”
^^^^^^^
Pensioni, Inps pubblica proposte fatte al governo: “Ricalcolo vitalizi e pensioni sindacalisti, uscita flessibile dai 63 anni”
Nel documento del presidente Tito Boeri, che era stato consegnato all'esecutivo a gennaio, c'è anche il reddito minimo di 500 euro per gli over 55. Parte delle risorse dovrebbe arrivare da un taglio degli assegni non giustificati dai contributi versati, compresi quelli "per cariche elettive". Eliminate poi le integrazioni versate ai pensionati che si trasferiscono fuori dall'Ue
di F. Q. | 5 novembre 2015
Articolo + Video
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11 ... i/2191735/
La proposta Inps che governo teneva nel cassetto
Nel documento del presidente Boeri anche l’uscita flessibile sopra i 63 anni. Parte delle risorse dagli
assegni superiori a contributi, inclusi sindacalisti e “cariche elettive”. Palazzo Chigi: “Uscita concordata”
^^^^^^^
Pensioni, Inps pubblica proposte fatte al governo: “Ricalcolo vitalizi e pensioni sindacalisti, uscita flessibile dai 63 anni”
Nel documento del presidente Tito Boeri, che era stato consegnato all'esecutivo a gennaio, c'è anche il reddito minimo di 500 euro per gli over 55. Parte delle risorse dovrebbe arrivare da un taglio degli assegni non giustificati dai contributi versati, compresi quelli "per cariche elettive". Eliminate poi le integrazioni versate ai pensionati che si trasferiscono fuori dall'Ue
di F. Q. | 5 novembre 2015
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http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/11 ... i/2191735/
Chi c’è in linea
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