IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

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LUCI E OMBRE DI GIOELE MAGALDI


LIBRE news

Magaldi: serve un’Italia che esca dall’orrore di questa Ue
Scritto il 21/11/16 • nella Categoria: idee Condividi


L’Italia non ha bisogno di questo appassionarsi, francamente un po’ melodrammatico e patetico, sul Sì o il No alla riforma costituzionale.

Abbiamo bisogno di governi che abbiano la forza di riscrivere i trattati europei e introdurci a un paradigma diverso, di governance, tanto dell’economia italiana che di quella europea, contribuendo anche a un nuovo tipo di globalizzazione.

L’Europa è morta? No: l’Europa non è mai nata, diciamocelo una volta per tutte. Ogni tanto sento dire che bisogna “tornare allo spirito europeo” dei padri fondatori, Schuman, Monnet, Adenauer, De Gasperi, “quelli sì che erano sant’uomini, dediti al bene comune”… No, proprio no.

L’Europa democratica, l’Europa dei popoli, gli Stati Uniti d’Europa: erano un sogno, di cui erano fautori uomini come Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Victor Hugo, Altiero Spinelli. Ma l’Europa costruita negli anni ‘40 con la Ceca, la Comunità dell’Acciaio e del Carbone (cosa anche utile per affratellare, all’inizio, Germania, Francia e altri paesi) era un’Europa che viveva da un lato di istanze tecnocratiche ed economicistiche, e dall’altro del progetto neo-feudale di Coudenhove-Kalergi.

Quindi, da un lato abbiamo Jean Monnet che scrive il discorso di Robert Schuman che inaugura appunto una traiettoria economicistica dell’Europa, e dall’altro abbiamo il progetto di Coudenhove-Kalergi, che negli anni ‘20 e ‘30 era stato un progetto vago, generico, a cui avevano aderito anche progressisti – si parlava di Europa unita in un contesto in cui c’era il nazismo e l’idea di un’Europa davvero triste e tarata su una serie di disvalori, quindi l’appello all’Europa unita sembrava un appello contro la barbarie fascio-nazista.

Invece, poi, Coudenhove-Kalergi negli anni ‘40 ha chiarito meglio il suo progetto: una sorta di neo-feudalesimo, dove al posto dei feudatari di epoca medievale ci sono i tecnocrati, in una scala gerarchica che li pone al di sopra di qualunque sovranità popolare.

Questa sorta di ideologia neo-feudale e la declinazione economicistica si saldano insieme e portano a che cosa?

Lo vediamo: portano a un’Europa che tutto è, tranne che unita sotto il proprio governo continentale.

E’ solo un equilibrio di nazioni.

Questi soggetti, che hanno costruito questa Europa, sono nemici di qualunque valore europeo.

La loro Europa è come la loro democrazia: la si propone come retorica, ma non la vive come sostanza.


Lo dico a chi si dice anti-europeista o contro l’Europa: l’Europa non c’è mai stata.

Come si fa a essere contro qualcosa che non c’è?

Non esiste nessun livello continentale, legittimato democraticamente, che conti davvero.

Il Parlamento Europeo è un organo stucchevole, limitatissimo nei poteri.

La Commissione Europea è un consesso di cicisbei, che non fanno altro che eseguire i dettami e rispettare i limiti imposti della Banca Centrale Europea, e per il resto le nazioni si guardano in cagnesco e fanno, ciascuna, quelli che sembrano interessi nazionali ma in realtà non lo sono: sul medio-lungo periodo, anche la nazione che sembra aver lucrato di più da questa Disunione Europea, la Germania, avrà dei grossi problemi, perché sta venendo meno la capacità di consumo, stanno morendo i ceti medi, in Europa, e quindi la Germania avrà anche problemi con le sue esportazioni, su cui ha tanto puntato.

La cancelleria tedesca – tramite Angela Merkel, anche lei “libera muratrice” di circuiti oligarchici – è anch’essa ostaggio di quegli stessi gruppi sovranazionali che puntellano questa globalizzazione, dove non si globalizza il diritto di ciascuno a una vita dignitosa, anche sul piano economico.

E’ una globalizzazione dove, oltretutto, le carte sono truccate, perché evidentemente si può competere e liberalizzare il commercio tra le diverse produzioni solo se si gioca con le stesse regole: se tu “giochi” in un paese dove si tutela il lavoro, mentre in altri paesi il lavoro è di tipo neo-schiavistico, c’è qualcosa che non funziona. L’obiettivo di ogni sincero progressista è quello di ripristinare la coscienza della democrazia.

Invece ho osservato con raccapriccio che la maggior parte degli italiani non sa nemmeno per che cosa va a votare, a questo referendum costituzionale.

Forse, se vogliamo essere degni di sovranità, se vogliamo poterci lamentare a buon diritto di quella espropriazione di sovranità, di benessere e di diritti che imputiamo ai nostri governanti a livello nazionale, a Bruxelles e in altre parti del mondo, forse dovremmo iniziare a informarci un po’ di più.

Abbiamo bisogno di pedagogia politica, di informarci meglio sul mondo in cui viviamo, altrimenti saremo sempre manipolati, o vittime di questo scontro insensato, tra “buoni e cattivi”, spesso alimentato dagli stessi burattinai che ci svuotano di diritti e di democrazia.

E’ una visione un po’ complottistica: c’è un’élite maligna che governa il mondo, un’élite demo-pluto-giudaico-massonica.

Ma le cose non stanno così.

La massoneria è stata la principale artefice delle libertà, della sovranità popolare, della democrazia e anche della nostra possibilità di criticare il potere, oggi – la libertà di critica, di espressione, di giornalismo.

Con i coniugi Roosevelt, la massoneria è stata anche un faro, nel ‘900, di difesa di questa libertà e democrazia contro la barbarie nazifascista.

Poi è stata anche alla base della New Frontier kennedyana, cioè di quel sogno – interrotto con le uccisioni dei fratelli Kennedy e di Martin Luther King – di una Great Society, che in parte Lyndon Johnson riuscì a realizzare, continuando il progetto kennedyano (e cioè: estendere sempre più diritti, possibilità di istruzione e mobilità sociale, a vaste fette della popolazione).

Tutto questo si è interrotto.

Dagli anni ‘70, il faro che ha illuminato in senso tenebroso la società mondiale è stato quell’idea enucleata in “The crisis of democracy” (di Michel Crozier, Samuel Huntington e Joji Watanuki), un libello che contiene i fondamenti di questa idea secondo cui troppa democrazia “fa male”.


Se lo dissero i massoni reazionari della “Three Eyes”, che commissionarono quel testo alla Trilateral Commission: la democrazia va limitata.


Quello è un testo di più di quarant’anni fa, però noi ne viviamo oggi tutte le conseguenze.

Per capire questo non basta protestare, non basta avercela con la casta, con i corrotti, con i cattivoni, con la finanza – la finanza è uno strumento, come il denaro: non è né buono né cattivo, dipende da come lo si gestisce.

Noi abbiamo bisogno di un mondo in cui la politica torni a essere preminente sull’economia e sulla finanza, e in cui economia e finanza collaborino per garantire prosperità a tutti e a ciascuno.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

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Come si può notare nell'articolo Gioele Magaldi ha una visione ben precisa di come va il mondo.

Quello che mi ha infastidito è come inizia l'articolo:

L’Italia non ha bisogno di questo appassionarsi, francamente un po’ melodrammatico e patetico, sul Sì o il No alla riforma costituzionale.


E' completamente incomprensibile che una persona intelligente e consapevole di come funziona l'ambaradan, riduca questo passaggio referendario, a patetico e melodrammatico.

Anche perchè, evidentemente non se ne è accorto, ma contraddice tutto l'impianto dell'articolo, pienamente condivisibile.

Magaldi conosce più di tutti noi il mondo della massoneria deviata, fautrice della finanza speculativa, che permette di accumulare masse di denaro inimagginabili, per poi condizionare in forma corruttiva l'intero pianeta alla globalizzazione (Il sogno di Hitler).

Quindi questo passaggio refendario è l'esatto contrario di quello che sostiene Magaldi in premessa.

Con questo Referendum ci giochiamo la nostra libertà futura e quindi non può essere ne melodrammatico ne patetico.
UncleTom
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

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Dalla dittatura dello spread a quella del sì al referendum
Le previsioni apocalittiche di finanza e industriali


Nico Di Giuseppe - Lun, 21/11/2016 - 17:33
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Siamo passati dalla dittatura dello spread a quella del sì al referendum.


Dal "Fate presto" al "Votate sì".

Nell'ultimo periodo, quella stessa stampa estera che nell'epoca del governo Berlusconi agitava lo spauracchio dei mercati e della crisi economica, adesso tifa per il premier e minaccia scenari apocalittici nel caso in cui dovesse vincere il No.

E così, se il Wall Street Journal paventa rischi per gli investitori che "si preparano al tumulto", il Financial Times minaccia una nuova crisi dell'Eurozona.

In particolare, secondo quanto scrive Wolfgang Munchau sul Ft: "In caso di vittoria del No si prevede "una sequenza di eventi che metterebbe in dubbio l’appartenenza dell’Italia alla zona euro".


Ancora più diretto il giornale di Wall Street: "Se respinto, il referendum avrà il potere di far tremare i titoli bancari, spingere gli spread ed indebolire ulteriormente l’euro".

Sempre lo stesso quotidiano Usa, nell'edizione di Ferragosto, aveva sostenuto che il referendum italiano fosse "più importante di Brexit" definendolo "vitale" e spiegando che in caso di No " il vero costo per l'Italia sarebbe che l'economia resterebbe inchiodata nella sua stagnazione di lungo termine".

Il giornale spagnolo El Paìs ha invece definito il nostro paese "la nuova malata d'Europa che potrebbe trascinare il continente in una ricaduta nella crisi".

Insomma, il mondo della finanza e i giornali stranieri tifano Sì.

E lo stesso fanno gli industriali.

Infatti, il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha dichiarato: "La vittoria del No sarebbe un segnale che l'Italia non vuole cambiare, perché tutto rimarrebbe com'è: non possiamo permettercelo.

Serve stabilità.

Le imprese devono poter contare su un assetto istituzionale e normativo semplice e certo, nel medio periodo, altrimenti la macchina degli investimenti non riparte, è decisivo rivedere il Titolo V e ristabilire un equilibrio virtuoso tra centro e territori".
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

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UN MASTODONTICO TAFAZZISMO, ULTRAGALATTICO.


Se le minacce delle élite di vario genere andassero in porto dal 5 dicembre, ad essere danneggiato per primo è il loro uomo-pupazzo che non sarebbe in grado di fronteggiare l'apocalisse annunciata.

Peggiorerebbero la loro condizione.

Pensano di creare con gli annunci apocalittici il cambio del voto dal NO al SI??????

Ma la lezione americana dell'8 di novembre non gli é bastata????????????????????????????????????
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

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22 NOV 2016 16:16
MANCO SI E’ VOTATO E GIA’ SONO PRONTI I RICORSI: ''SE VINCONO I “SI” PER IL VOTO ALL’ESTERO, IMPUGNEREMO IL REFERENDUM'', FANNO SAPERE DAL FRONTE DEL ''NO''

- IL PREMIERINO CONFESSA: RISCHIO DI PERDERE, MA GLI ALTRI LA VOGLIONO BUTTARE IN RISSA


- GRILLO NON MOLLA: RENZI E’ COME UNA SCROFA FERITA CHE ATTACCA CHIUNQUE VEDA




Dal Corriere della Sera


Una riforma «eversiva della Costituzione» che «manda all’aria la struttura» della Carta. Per questo, «se il voto all’estero fosse rilevante ai fini della vittoria del Sì», il fronte del No si prepara a fare ricorso: «Avremo la possibilità di effettuare reclamo all’ufficio centrale del referendum», ha detto il presidente del comitato del No, Alessandro Pace, in un incontro con la stampa estera, che spiega: «l’ufficio centrale del referendum è un organo giurisdizionale, e si andrebbe davanti alla Corte Costituzionale». Il voto è «personale, libero e segreto», ha aggiunto Pace ma per il modo con cui si vota dall’estero «non è garantita la segretezza».
renzi duce
RENZI DUCE

UOMO SOLO AL COMANDO

Il presidente del Comitato composto da diversi costituzionalisti, sostiene che, se il 4 dicembre i cittadini dovessero confermare la legge Boschi, «avremmo un’altra Costituzione, verrebbe radicalmente modificata la forma di governo. Il Senato non darà più la fiducia e sarà bloccato. L’unica camera funzionante, grazie al porcellum, esprimerebbe 340 seggi a favore della maggioranza. E ancorché al presidente del Consiglio non vengano attribuiti maggiori poteri, avremo un uomo solo al comando. I poteri sono già tanti, ma quello che succede è che non ci saranno più contropoteri», ha aggiunto Pace.


Sono 704 i comitati per il No che operano sul territorio, 100 quelli formati dagli studenti e 35 comitati per il No all’estero.

«VOGLIONO BUTTARLA IN RISSA
»

La risposta del premier arriva da Piombino: «Ieri c’è stata l’ennesima polemica di Grillo che ci ha detto che siamo dei serial killer, oggi quelli del No dicono che se perdono faranno ricorso. Noi non faremo ricorsi e controricorsi. La nostra reazione è calma e gesso, sorrisi e tranquillità», ha assicurato Matteo Renzi, impegnato in un’iniziativa per il Sì. «Tentano di buttarla in rissa - ha detto il premier -. Noi invece entriamo nel merito e faremo campagna col sorriso sulle labbra. Loro hanno paura di parlare del merito perché se si capisce che la domanda è sul rendere il Paese più semplice, non ce n’è per nessuno».

RENZI: «IO SCELTO COME ULTIMA SPIAGGIA PER LE RIFORME»


«Nel 2013, nonostante l’appello di Giorgio Napolitano in Parlamento per le riforme, non c’era una riforma che andava avanti - ha detto il premier - io ero l’ultima spiaggia, mi hanno dato come mandato quello di fare le riforme». «Io me lo immagino il presidente della Repubblica e tutti gli altri che avranno fatto un ragionamento come per dire: “giù giù, proviamo anche questo”...» aggiunge Renzi.

Dall’iniziativa elettorale per il Sì a Piombino, il presidente del Consiglio risponde a chi gli chiede cosa farebbe se in caso di vittoria del No. «In questa campagna mi sto divertendo. Rischio di andar via? Sì - ha detto - se devo star qui per cambiare l’Italia lavoro anche 25 ore al giorno, ma se ritornano quelli di prima a contrattare inciuci e a non cambiare il Paese vengono loro e amici come prima, io non sono di quelli aggrappati alla seggiola».


«SCROFA FERITA»


E con il leader del movimento 5Stelle tornano a volare scintille, almeno telematiche: sul suo blog Beppe Grillo attacca oggi il presidente del Consiglio e la sua campagna referendaria: «Renzi ha una paura fottuta del voto del 4 dicembre. Si comporta come una scrofa ferita che attacca chiunque veda. Ormai non argomenta, si dedica all’insulto gratuito e alla menzogna sistematica. La verità è l’esatto contrario di quel che dice».
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

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Referendum, gaffe di Romano (Pd): “I sindaci di capoluogo diventeranno senatori”. Ma non è vero

Video:http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... e=category
0:00/2:34

di Gisella Ruccia | 22 novembre 2016
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Più informazioni su: Andrea Romano, Gaffe, La7, Lega Nord, PD, Referendum Costituzionale 2016, Riforma Senato
Gaffe del deputato Pd e condirettore dell’Unità, Andrea Romano, durante Omnibus (La7). In un vivace confronto col capogruppo della Lega alla Camera, Massimiliano Fedriga, il parlamentare si sofferma sulla riforma del Senato e afferma: “I rappresentanti delle Regioni saranno scelti in conformità alla volontà degli elettori. Alcuni siederanno solo al Consiglio Regionale, altri sia in Consiglio Regionale, sia in Senato. Quindi, sono rappresentanti regionali dei cittadini, insieme ai sindaci delle città capoluogo, che sono 21″. “Mi dici come vengono scelti i sindaci in conformità alla volontà degli elettori?”, chiede Fedriga. “Sono i sindaci delle 21 città capoluogo” – risponde l’ex Scelta Civica – “non so se le sai”. “Ma non è vero” – insorge il leghista – “Dove sta scritto? Non hai letto neanche la tua riforma. C’è scritto che sono eletti dai Consigli Regionali”. “Non c’è scritto nella riforma”, mormora la conduttrice Alessandra Sardoni. “Possiamo verificare, secondo me c’è”, insiste il parlamentare dem. “Ma non è vero” – ribatte il deputato della Lega – “E’ assurdo. I promotori del SI’ non hanno neanche letto la riforma che hanno scritto. I sindaci non vengono scelti rispetto alla volontà degli elettori, ma con mandato politico dai Consigli Regionali”. Alessandra Sardoni mostra uno stralcio dell’art. 57, che sbugiarda Romano. Poi manda la pubblicità
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

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La famiglia dei Gobon di Folk
Un gobo ed una goba
a l’età di novant’anni
per por fine ai loro affanni
per por fine ai loro affanni.
Un gobo ed una goba
all’età di novant’anni
per por fine ai loro affanni
si decisero a sposar.
Gobo so pare, goba so mare
goba la fìja de so sorela
era goba anche quela…
era goba anche quela.
Gobo so pare, goba so mare
goba la fìja de so sorela
era goba anche quela…
la famiglia dei gobon.
El dì del matrimonio
c’erano pure i suonatori
co la goba anche lori
co la goba anche lori.
El dì del matrimonio
c’eran pure i suonatori
co la goba anche lori
la famiglia dei gobon.
Gobo so pare, goba so mare
goba la fìja de so sorela
era goba anche quela…
era goba anche quela.
Gobo so pare, goba so mare
goba la fìja de so sorela
era goba anche quela…
la famiglia dei gobon.
E celebra le nozze
il canonico Don Piero
co la goba fatta a pero
co la goba fatta a pero.
E celebra le nozze
il canonico Don Piero
co la goba fatta a pero
la famiglia dei gobon.
Gobo so pare, goba so mare
goba la fìja de so sorela
era goba anche quela…
era goba anche quela.
Gobo so pare, goba so mare
goba la fìja de so sorela
era goba anche quela…
la famiglia dei gobon.
E dopo nove mesi
è nato un bel bambino
anche lui col suo gobino
anche lui col suo gobino.
E dopo nove mesi
è nato un bel bambino
anche luii col suo gobino
la famiglia dei gobon.
Gobo so pare, goba so mare
goba la fìja de so sorela
era goba anche quela…
era goba anche quela.
Gobo so pare, goba so mare
goba la fìja de so sorela
era goba anche quela…
la famiglia dei gobon.

Come nella famiglia dei gobon tutti avevano la gobba, nella “famiglia” del Pd sono tutti pinocchioni bugiardi,
Non ne possono fare a meno. E’ più forte di loro.






Cnel, Moretti (Pd) contro l’ex Pd Civati: “Abolizione vale 20 milioni”. “Sono 8, dite balle”
Video: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... e/3212962/
0:08/3:53

di Gisella Ruccia | 23 novembre 2016
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1,1 mila
Più informazioni su: Alessandra Moretti, La7, PD, Pippo Civati, Referendum Costituzionale 2016
Duro scontro a L’Aria che Tira (La7) tra il capogruppo Pd alla Regione Veneto, Alessandra Moretti, e il deputato del Gruppo Misto, Giuseppe Civati. Le prime scintille si registrano quando il segretario di Possibile dialoga con una giovane attivista dem, assoldata per telefonare i cittadini e convincerli a votare Sì. La polemica riesplode quando l’esponente dem sciorina i vantaggi derivanti dalla riforma costituzionale: “Chi nega che votando Sì si abbiano risparmi dice una balla colossale. Con la riduzione di 315 poltrone si ha un risparmio di 56 milioni“. “Sono 49“, replica Civati. “L’abolizione del Cnel vale 20 milioni di euro l’anno“, continua Moretti. “Ma non è vero!” – insorge Civati. “Sono 8 milioni, perché dite balle? Addirittura Perotti, che è consulente del governo, parla di 3 milioni”. “E va bene sono 8” – sbotta Moretti – “Comune sono sempre 8”. “La votavo anche io l’abolizione del Cnel, se non facevate questo macello, mettendo insieme tutto e il contrario di tutto”, ribatte l’ex Pd. “O mi lasci finire o ti blatero addosso, come fai tu”, ammonisce l’esponente Pd, che continua a difendere la riforma, accusa Zaia ed Emiliano, favorevoli al No, e rilancia: “Come ha detto il ministro Boschi, ci sarà un risparmio di 500 milioni di euro“. “Ma non è vero” – protesta Civati – “Perché dite bugie?”. “Il fronte del No è conservatore della casta“, accusa Moretti
soloo42001
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

Messaggio da soloo42001 »

http://rightnation.it/2016/11/24/corse- ... an-nicola/

Dajeeeee!!!!!! [come dicono in Brianza]

soloo42001
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

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L'Economist rompe il tabù:
"Votate No al referendum"

Mentre tutti i quotidiani finanziari evocano scenari apocalittici, il settimanale rivela cosa c'è davvero dietro la riforma

di Chiara Sarra
6 minuti fa

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L'Economist rompe il tabù: "Votate No al referendum"

Mentre tutti i quotidiani finanziari evocano scenari apocalittici, il settimanale rivela cosa c'è davvero dietro la riforma


Chiara Sarra - Gio, 24/11/2016 - 19:00
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Dal Wall Street Journal al Financial Times, dai guru agli "sponsor" dello spread.


Il mondo della finanza sembrava compatto nell'agitare lo spauracchio del tracollo nel caso in cui gli italiani il prossimo quattro dicembre boccino le riforme costituzionali messe a punto dal governo Renzi.

Ma finalmente c'è una voce dissonante che rompe il tabù. E lo fa con un lungo articolo che lascia ben pochi dubbi a partire già dal titolo: "Perché l'italia dovrebbe votare No al referendum", scrive oggi l'Economist. "Questo giornale ritiene che gli italiani dovrebbero votare no", si legge nell'editoriale a corredo di un servizio sulla situazione politica italiana nel numero di questa settimana, "La modifica alla costituzione promossa da Renzi non affronta il problema principale, cioè la riluttanza dell'Italia a fare le riforme".

E non solo: "Le dimissioni di Renzi non sarebbero la catastrofe che molti in Europa temono", dice senza mezzi termini il settimanale.

Che invece dà la colpa del clima che si è creato poprio al premier italiano: "Ha creato la crisi collegando il futuro del governo al test sbagliato". "Gli italiani non avrebbero dovuto essere ricattati", spiega l'Economist, "Renzi avrebbe fatto meglio a battersi per migliori riforme strutturali". Come quelle del sistema giudiziario e della scuola.
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Re: IL REFERENDUM COSTITUZIONALE

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Il No non salva l’Italia? Vero, ma il Sì la peggiora (e molto)
Scritto il 26/11/16 • nella Categoria: idee Condividi


Il voto del 4 dicembre si riduce a un referendum contro Renzi?

Ovvio: è stato proprio lui a personalizzare la sfida.

E inoltre: la riforma che propone finisce per allontanare ulteriormente il potere dai cittadini.


Tutto questo, senza ancora una legge elettorale.



Nel caso venisse varato l’Italicum, chi vince si prende tutto.



E, con il Sì al referendum, non sarà più ostacolato né dal Senato né dalle Regioni, cui saranno state sottratte molte competenze.



Il “fronte del No” spiega così la sua mobilitazione: una sola Camera eletta dai cittadini, l’altra no.

E meno voti necessari a eleggere il presidente della Repubblica.

Più voti, invece, saranno indispensabili per poter proporre una legge di iniziativa popolare.


Inoltre: il governo avrà più poteri, oggi affidati alle Regioni, e le Province saranno definitivamente abolite.



A ciò si aggiunge la cancellazione del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, un ente statale che può proporre iniziative legislative in materia di economia e lavoro, fornendo pareri non vincolanti e solo su richiesta delle istituzioni: Renzi lo presenta come un carrozzone da rottamare.


Molte critiche si addensano alla vigilia: Renzi accusa gli oppositori di restare aggrappati a vecchi privilegi di casta, mentre da sinistra a destra di accusa il premier di voler piegare la Costituzione a fini autocratici.



Molte voci, poi, considerano la sfida semplicemente inutile e solo retorica, dal momento che la Costituzione è largamente superata dalla legislazione Ue, che ha già ampiamente svuotato nella sostanza la sovranità democratica italiana, col pieno consenso anche degli attuali oppositori di Renzi.


Nulla cambierà davvero, in ogni caso, sostengono in molti, perché il vero potere non risiede più a Roma.


Per contro, ribattono altri, è proprio il vero potere ad aver imposto a Renzi questa drastica semplificazione istituzionale, che centralizza le grandi decisioni “suggerite” dall’élite finanziaria.





Di fatto, quindi, il Sì consegnerebbe alla politica un’Italia ancora più docile e manipolabile dal demiurgo di turno, “l’uomo solo al comando”.






Questo, insieme all’ostilità verso Renzi, sembra spingere larghi strati dell’opinione pubblica a scegliere il No, che – stando agli ultimi sondaggi – sarebbe in vantaggio sul Sì di almeno 5 punti.


Se vincesse il Sì, alle elezioni politiche si voterebbe solo per la Camera, la sola autorizzata a votare la fiducia al governo.


Il nuovo Senato, composto di 100 membri (95 scelti dalle Regioni, tra cui 21 sindaci, e 5 dal presidente della Repubblica) potrebbe pronunciarsi solo sulle leggi costituzionali, quelle che riguardano minoranze linguistiche, i referendum, i trattati Ue, gli enti territoriali.


Non è prevista indennità aggiuntiva per i neo-senatori (non avrebbero doppio stipendio), ma resterebbe l’immunità parlamentare.


Scomparirebbe anche il limite di età per essere eletti: si potrebbe avere anche meno di 40 anni. Se vincesse il Sì, poi, il capo dello Stato verrebbe eletto solo da deputati e senatori, senza più i 59 delegati regionali.


Nelle prime tre votazioni, servirebbero ancora i 2/3 degli aventi diritto, cioè circa 500 elettori; dal 4° al 6° scrutinio basterebbero invece i 3/5 degli aventi diritto (circa 440 elettori); dal 7° in poi, la maggioranza dei 3/5 dei votanti (cioè quelli che presenti in aula e votanti). Il presidente della Repubblica potrebbe sciogliere solo la Camera e non più il Senato.


E sarebbe il presidente della Camera (non più quello del Senato) a fare le veci del Quirinale durante l’assenza del Capo dello Stato.


Più poteri, inoltre, verrebbero conferiti al governo: nella Costituzione sarebbe inserita una “via preferenziale”, ossia il “voto a data certa”, per consentire all’esecutivo di accelerare l’iter di approvazione di leggi ritenute importanti.


Palazzo Chigi potrebbe chiedere alla Camera di inserire un testo tra le priorità, per arrivare al voto definitivo in 70 giorni al massimo, ma starebbe alla Camera accogliere o meno questo iter.


Per proporre le leggi di iniziativa popolare, poi, occorrerebbero 150.000 firme, mentre oggi ne bastano 50.000; in compenso, la Camera dovrebbe prounciarsi su ogni legge proposta dai cittadini.


Quanto all’abolizione definitiva delle Province – oggi ancora esistenti ma non più elettive, come il futuro Senato previsto dal Sì – il governo propone la loro cancellazione completa (se vince il No, invece, le Province mantengono la loro struttura).


Infine, il risidegno delle competenze delle Regioni: tornerebbero di esclusivo appannaggio statale materie come energia, trasporti e infrastrutture strategiche, sicurezza sul lavoro, protezione civile e ricerca scientifica.


Alle Regioni resterebbero sanità, politiche sociali, scuola e sicurezza alimentare, ma lo Stato potrebbe intervenire anche su queste materie esercitando una “clausola di supremazia”, scavalcando le Regioni.


Mentre il governo Renzi presenta questo pacchetto di riforme come una sorta di snellimento della struttura burocratica statale, il “fronte del No” lo smonta pezzo a pezzo: il bicameralismo resterebbe, con possibili conflitti di competenze, e il costo del Senato sarebbe ridotto solo di un quinto.


Chiedere il triplo delle firme per una legge di iniziativa popolare?

Significa ostacolare i cittadini.

Un accentramento di potere che emerge in modo ancora più netto con l’abolizione delle materie condivise tra Stato e Regioni: è facile prevedere che aumenteranno ricorsi e contenziosi, mentre il livello decisionale – sempre più centralizzato – si allontanerà ulteriormente dai cittadini.


Tutto questo, senza neppure sfiorare il problema della legge elettorale, ancora assente: secondo Massimo Fini, si sarebbero dovute invertire le due questioni.


E cioè: prima varare una legge elettorale, e poi, semmai, pensare alla Costituzione.


«Almeno, sapremmo qual è la consistenza dei partiti che a questa Costituzione dovrebbero poi porre mano».


La partita è in mano a sigle come Ncd, Ala e Udc, e non conosciamo neppure la reale consistenza delle due principali formazioni, Pd e 5 Stelle.


«Elezioni subito, questa è la questione.

Tutto il resto è fuffa».

Massimo Fini si dichiara «un astensionista, convinto a votare No» proprio dalla pessima qualità dei fautori del Sì.
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