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Re: VERSO QUALE FUTURO?

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LA REPUBBLICA DEI BROCCHI-ULTIMO ATTO


'a schifezza 'ra schifezza 'ra schiefezza 'ra schifezza 'e l'uommn.


Governo Gentiloni: lista ministri. Alfano Esteri, Minniti Interni, Lotti Sport, Fedeli Istruzione. Boschi sottosegretario
Politica
Tra le conferme: Delrio, Franceschini, Calenda e Orlando. Le novità: la vicepresidente del Senato all'Istruzione e la ministra per le Riforme che non abbandona la politica come annunciato ma resta a Palazzo Chigi. I verdiniani fuori dall'esecutivo. Il presidente del Consiglio: "Subito al lavoro"

di F. Q. | 12 dicembre 2016

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Angelino Alfano agli Esteri, Marco Minniti al suo posto agli Interni e Valeria Fedeli all’Istruzione. Ma soprattutto i verdiniani fuori dal governo e Maria Elena Boschi promossa sottosegretaria a Palazzo Chigi. Luca Lotti prende la delega allo Sport, ma non ai Servizi segreti come avrebbe voluto. Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha sciolto la riserva e alle 17.30 ha incontrato Sergio Mattarella per accettare l’incarico e presentare la lista dei suoi ministri. Il giuramento del nuovo esecutivo è già fissato per stasera alle 20. Martedì e mercoledì chiederà la fiducia alle Camere.

Questa la lista completa dei ministri con portafoglio: Interni Marco Minniti, Esteri Angelino Alfano, Giustizia Andrea Orlando, Difesa Roberta Pinotti, Economia Piercarlo Padoan, Sviluppo Carlo Calenda, Agricoltura Maurizio Martina, Ambiente Gian Luca Galletti, Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio, Lavoro Giuliano Poletti, Istruzione e Università Valeria Fedeli, Cultura Dario Franceschini, Salute Beatrice Lorenzin. Senza portafoglio: Rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro, Semplificazione e Pubblica Amministrazione Marianna Madia, Affari Regionali Enrico Costa, Coesione territoriale e Mezzogiorno Claudio De Vincenti, Sport Luca Lotti. Sottosegretario con funzioni di segretario al consiglio dei ministri: Maria Elena Boschi.

Gentiloni dopo aver letto la lista della nuova squadra ha dichiarato: “Non vi nascondo le difficoltà politiche che derivano dall’esito del referendum. Il governo si metterà immediatamente a lavoro con tutte le sue forze”. E ha poi aggiunto di aver fatto il proprio meglio “per formare il governo nel più breve tempo possibile. E credo nell’interesse della stabilità delle nostre istituzioni alle quale guardano le italiane e gli italiani”. Tra le nomine più discusse c’è quella di Maria Elena Boschi. L’ex ministra era il volto delle riforme bocciate dal referendum costituzionale il 4 dicembre scorso e in un primo momento era dato per scontato il suo ritiro. Il 22 maggio scorso a In mezz’ora aveva detto: “Se il referendum dovesse andare male non continueremmo il nostro progetto politico. Il nostro piano B è che verranno altri e noi andremo via. Anche io lascio se Renzi se ne va: ci assumiamo insieme la responsabilità. Abbiamo creduto e lavorato insieme ad uno stesso progetto politico”.

La Boschi era presente al Quirinale per il giuramento, ma ha scelto di assistere dalla zona riservata ai parenti dei ministri. Una ventina di persone, defilate rispetto a giornalisti e fotografi. Boschi è entrata nella sala da sola, pochi secondi prima dell’ingresso dei nuovi ministri e ha seguito tutta la cerimonia sorridendo più volte. Alla fine ha lasciato la sala sempre in mezzo ai familiari dei ministri.

Interni – La poltrona del Viminale passa dalle mani di Angelino Alfano a quella di Marco Minniti. Lo storico palazzo dell’Interno per lui non è una novità: dal 2006 al 2008 è stato infatti viceministro ai tempo del secondo governo Prodi. Il sessantenne calabrese di Reggio, laureato in filosofia, arriva nella politica nazionale a metà anni ’90 dalla Calabria con il Pds, all’ombra di Massimo D’Alema. Proprio con il Governo del ‘lider maximo’ viene nominato sottosegretario alla presidenza del Consiglio (1998-2000) e, in seguito, con il governo di Giuliano Amato, sottosegretario alla Difesa (2000-2001). Nel 2006, Prodi torna a Palazzo Chigi e Minniti approda al Viminale da viceministro restandovi due anni. Nel frattempo diventa responsabile Sicurezza del Pd e nel 2009. Nel 2013, governo Letta, diventa sottosegretario con delega all’Intelligence, confermato poi da Renzi.

Esteri – Angelino Alfano è la conferma con la “c” maiuscola, il volto che incassa l’ennesima poltrona e pure tra le più prestigiose. Il leader del Nuovo centrodestra lascia il Viminale e approda al ministero degli Esteri al posto del nuovo presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Nato ad Agrigento, classe 1970, sposato con due figli, Alfano vanta una già lunga esperienza di governo, iniziata come il più giovane ministro della Giustizia della storia della Repubblica. Chiamato alla guida del Pdl nel 2011 da Silvio Berlusconi – che ne apprezzava l’eloquio, l’energia e la determinazione salvo poi imputargli la famosa “mancanza di quid” – ha attraversato mesi difficili per il centrodestra fino alla caduta del governo e la nascita dell’esecutivo Monti. Con l’arrivo a Palazzo Chigi di Enrico Letta, con cui Alfano è in sintonia per età e storia politica, viene nominato ministro degli Interni e vicepremier. Ma la condanna definitiva in Cassazione di Berlusconi per frode fiscale fa precipitare la situazione. Il Pdl esce dal governo, Alfano invece resta nell’esecutivo e molla il suo mentore per fondare il Nuovo centrodestra (Ncd) insieme agli altri ministri ex Pdl. Nei primi dieci mesi al Viminale scoppia il caso Shalabayeva, la moglie del banchiere dissidente kazako Ablyazov espulsa e poi rientrata in Italia. Durante il governo Renzi è stato ministro dell’Interno, ma ha perso la carica di vicepresidente del Consiglio.










Giustizia – Andrea Orlando è una delle conferme del governo Paolo Gentiloni. Nei giorni scorsi si era ipotizzato un suo allontanamento, ma la poltrona è stata poi confermata. Il ministro dem ha sul tavolo una delle partite più complesse: il pacchetto giustizia bloccato prima del referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre. Nato a La Spezia nel 1969, Orlando è il leader di riferimento dell’area dei Giovani Turchi. Già ministro con Letta, parlamentare del Partito democratico dal 2006, eletto nella Circoscrizione Liguria, ha fatto parte delle Commissioni bilancio, politiche dell’Unione Europea, giustizia e della Commissione parlamentare Antimafia. La sua attività politica inizia nel 1990 nel consiglio comunale della Spezia con il Pci; rieletto con il Pds nella successiva consiliatura, è stato capogruppo e poi chiamato in giunta come assessore. Nel 2003 è diventato vice responsabile nazionale dell’organizzazione dei Democratici di Sinistra e, in seguito, entrando nella segreteria nazionale, responsabile degli Enti Locali. Tra i fondatori del Partito Democratico, nel 2007 ne è diventato il primo responsabile dell’Organizzazione. Dal 2009 presiede il Forum Giustizia del partito.

Difesa – Confermata anche la senatrice Pd Roberta Pinotti. E’ stata la prima ministra italiana alla Difesa e resterà alla guida del dicastero di Palazzo Baracchini. Nata il 20 maggio 1961 a Genova, è sposata e ha due figlie. Nel governo Letta ha ricoperto l’incarico di sottosegretario alla Difesa, poi con Matteo Renzi la promozione. Laureata in Lettere, insegnante negli istituti superiori, ha iniziato il suo percorso politico negli anni Novanta. Dopo l’esordio avvenuto con l’elezione a consigliere nella circoscrizione genovese di Sampierdarena, ha conciliato l’attività nel partito con quella di amministratrice. Dal 1993 al 1997 ha ricoperto l’incarico di assessora provinciale alla Scuola e alle Politiche Giovanili e Sociali della Provincia di Genova e dal 1997 al 1999 è stata assessore alle Istituzioni scolastiche del Comune. Nel frattempo ha continuato la sua militanza nei Ds, fino a diventare segretaria provinciale, dal 1999 al 2001. Sostenitrice dell’Ulivo, Pinotti entra in Parlamento nel maggio 2001, eletta alla Camera. Rieletta nelle liste dell’Ulivo nell’aprile 2006, diviene presidente della commissione Difesa a Montecitorio, prima donna italiana a ricoprire questo ruolo. Nel Partito democratico è stata prima responsabile nazionale per la sicurezza, poi ministro ombra della Difesa e infine capo del dipartimento Difesa. Rieletta in Senato nel 2008, è stata eletta nel 2010 vicepresidente della commissione Difesa del Senato. E’ stata promotrice di molteplici atti parlamentari tra cui la riforma del codice penale militare e la messa al bando delle bombe a grappolo.

Economia – Confermato all’Economia Pier Carlo Padoan. Sul tavolo, ha tutti i dossier più caldi: dal caso Mps all’attuazione di una manovra, frettolosamente approvata al Senato con lo stesso testo della Camera, che dovrà essere corretta con una serie di decreti ad hoc. Alla scrivania di Quintino Sella, il titolare di via XX settembre è arrivato dall’Ocse, passando, ma senza mai metterci piede, dall’Istat. Per il suo incarico di governo Padoan ha lasciato l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, di cui è stato dal giugno 2007 vice segretario generale e dal dicembre 2009 anche Capo Economista. Per l’Ocse ha ricoperto anche l’incarico di rappresentante al G20 Finanza ed è stato a capo della Risposta Strategica e della Green Growth and Innovation Initiative. In precedenza è stato docente di Economia all’Università La Sapienza di Roma e direttore della Fondazione Italianieuropei, il think-tank politico che fa capo a Massimo D’Alema e che ha avuto Giuliano Amato nell’Advisory Board. Due esponenti di cui Padoan è stato consigliere economico dal 1998 al 2001, durante la loro esperienza a Palazzo Chigi. Negli stessi anni ha ricoperto l’incarico di responsabile delle politiche economiche internazionali presso la presidenza del Consiglio. Dal 2001 al 2005, è stato il Direttore Esecutivo italiano presso il Fondo Monetario Internazionale, responsabile per Grecia, Portogallo, San Marino, Albania e Timor Est. Fra gli altri incarichi Padoan ha rivestito anche quello di consulente della Banca Mondiale, della Commissione Europea e della Banca Centrale Europea mentre dal 1992 al 2001 è stato professore al College of Europe e visiting professor in Italia, Argentina, Giappone, Polonia e Belgio.

Sviluppo – Resta alla guida del ministero dello Sviluppo economico (è stato nominato solo il 10 maggio scorso) Carlo Calenda – romano, 43 anni, figlio dell’economista Fabio Calenda e della regista Cristina Comencini – è considerato un ‘veterano’ del Mise visto che ne è stato viceministro dal maggio 2013 con il Governo Letta che gli attribuì la delega sulle politiche per l’internazionalizzazione e il commercio internazionale. L’ex premier Matteo Renzi lo ha confermato viceministro nel febbraio 2014 insieme alla responsabilità per l’attrazione degli investimenti esteri. Dal 18 marzo al 10 maggio 2016 è stato Rappresentante Permanente d’Italia presso l’Unione Europea, a Bruxelles, poi la chiamata a ricoprire il ruolo di ministro dopo le dimissioni di Federica Guidi.

Agricoltura – Maurizio Martina è un’altra delle conferme dell’esecutivo Gentiloni. Dopo un 2015 passato sotto i riflettori dell’Expo, Martina ha avuto un 2016 scandito dal confronto con Bruxelles su una serie di dossier, dal latte alla xylella, dalla pesca alle etichette. Il giovane ministro (classe 1978) è arrivato con Renzi alla carica più importante dopo essere stato sottosegretario uscente al ministero delle Politiche agricole nel governo Letta. Nato a Calcinate, in provincia di Bergano Martina, sposato con due figli, ha conseguito la laurea in Scienze Politiche. La sua carriera politica inizia nel 1999 quando viene eletto consigliere comunale, carica che ricopre fino al 2004. Nelle stesso anno, dopo una militanza nell’organizzazione giovanile dei Democratici di Sinistra, viene eletto segretario della Provincia di Bergamo. Nel 2006 assume la carica di segretario regionale dei Democratici di Sinistra in Lombardia. Nel 2007 è tra i fondatori del Partito democratico. Nello stesso anno, a seguito delle primarie, è eletto primo Segretario del Partito Democratico della Lombardia, poi riconfermato nel 2009. Nel 2010 è eletto Consigliere della Regione Lombardia, incarico riconfermato nelle consultazioni popolari del febbraio 2013.

Ambiente – Confermato anche il centrista in quota Casini Gian Luca Galletti alla guida del ministero dell’Ambiente. Nel pomeriggio era stata avanzata l’ipotesi che al suo posto potesse andare Ermete Realacci, ma l’ipotesi è poi tramontata in serata. Galletti riesce a tenere la poltrona, dopo mille giorni scanditi da battaglie come quella sugli OGM e sulle buste monouso, ma anche da polemiche come quella sulla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) sulla compatibilità ambientale del progetto TAP (Gasdotto Trans-Adriatico), nonostante l’avversione di provincia di Lecce, Regione Puglia e ministero Beni Culturali. Nato a Bologna il 15 luglio del 1961, sposato con 4 figli, ha esordito in politica come consigliere comunale a Bologna, dove è rimasto dal 1990 al 2009, ricoprendo anche la carica di assessore al Bilancio, dal luglio 1999 al giugno 2004. Nel 2006 viene eletto deputato e riconfermato nelle successive legislature. Al governo esordisce a maggio 2013, nominato sottosegretario all’Istruzione nell’esecutivo presieduto da Enrico Letta.

Trasporti – Non si tocca neppure Graziano Delrio, che rimane in sella al ministero dei Trasporti mentre nei giorni scorsi si era ipotizzato un suo incarico come presidente del Consiglio. L’esponente Pd e, almeno in passato tra i fedelissimi di Matteo Renzi, è diventato responsabile del dicastero dal 2 aprile 2015, appena dopo le dimissioni di Maurizio Lupi. Prima di questa esperienza è stato (dal febbraio 2014) sottosegretario alla presidenza del Consiglio sempre con Renzi e prima ministro per gli Affari regionali con Letta. Nato a Reggio Emilia nel 1960, Delrio è medico specializzato in endocrinologia e padre di nove figli. È in politica dalla fine degli anni Novanta, passando dagli inizio come consigliere della Regione Emilia Romagna, per poi diventare sindaco di Reggio Emilia per due mandati e presidente dell’Anci dal 2011 al 2013. Per i prossimi mesi lo aspettano diversi dossier caldi: dalla situazione di Alitalia, alla fusione tra Fs e Anas; ci sono poi da completare le nomine nelle Autorità di Sistema dei porti; il rinnovo del parco mezzi regionali e linee regionali previsti con le due leggi di stabilità; l’inaugurazione della Salerno-Reggio Calabria; la riforma del tpl; il Piano per gli intercity; il correttivo per il codice degli appalti; il piano metropolitane. Tra le incognite c’è anche quella del Ponte sullo Stretto, progetto di cui si è tornati a parlare negli scorsi mesi e su cui bisogna aspettare l’opinione del governo Gentiloni.

Scuola – Valeria Fedeli è la novità dell’esecutivo Gentiloni. Il capitolo dell’Istruzione è uno dei più delicati e nelle scorse ore si era valutata anche la candidatura di Ettore Rosato, capogruppo Pd alla Camera. La scelta, dicono, è stata dettata anche dalla necessità di rimediare allo strappo con i sindacati. Esponente del Pd, vice presidente del Senato, dopo essere stata candidata come capolista in Toscana ed eletta senatrice per la prima volta alle elezioni del 24 e 25 febbraio 2013. Di lei dice: “Sono femminista, riformista, di sinistra. Sono sposata”. Nata a Treviglio (Bg) il 29 luglio 1949, è laureata in Scienze Sociali, presso Unsas. Ha contribuito con Bersani, ministro dello Sviluppo economico, alla definizione delle linee guida di politica industriale per la competitività e l’internazionalizzazione del Sistema produttivo della moda italiana. Ha partecipato al Tavolo per lo sviluppo del Made in Italy dello stesso Ministero. Ha fatto parte della delegazione per il negoziato sulle nuove regole del commercio internazionale, il Doha Round nel 2003.

Crisi risolta in 5 giorni, ma non è record
Dal 7 dicembre alle 19 al 12 dicembre alle 17.30. E’ durata in tutto 5 giorni la crisi che ha portato alla nascita del governo Gentiloni. Una crisi lampo, ma non la più rapida nella storia della Repubblica. Il record (tre giorni) appartiene ex aequo a Silvio Berlusconi e a Mario Monti. Nel caso di Berlusconi si trattava della nascita del suo terzo governo: il Cavaliere si dimise il 20 aprile 2005 on seguito alla sconfitta alle elezioni regionali che convinse An a ritirare la propria delegazione. Alle 12,50 del 23 aprile successivo sciolse la riserva e presentato la lista dei ministri del suo nuovo governo. Altrettanto rapido Monti, che dopo essere stato nominato senatore a vita, ricevette da Napolitano l’incarico di formare il governo il 13 novembre 2011 e sciolse la riserva il 16, subentrando così al governo Berlusconi, travolto dalla crisi economica e dall’aumento dello spread. In 4 giorni Matteo Renzi ha fatto nascere il governo che la scorsa settimana è stato messo in crisi dall’esito del referendum sulla riforma della Costituzione: era il 17 febbraio del 2014 quando Renzi ricevette l’incarico, lo scioglimento della riserva e la lista dei ministri arrivarono il 21 febbraio. Anche Enrico Letta risolse la pratica in quattro giorni: il predecessore di Renzi ottenne l’incarico il 24 aprile 2013 e sciolse la riserva il 28. Quattro giorni anche per Massimo D’Alema: l’ex premier era già a Palazzo Chigi e si dimise il 18 dicembre 1999 in seguito all’uscita di Cossiga dalla maggioranza. Ricevette il nuovo incarico il 20 dicembre e sciolse la riserva il 22 dicembre dando vita a un nuovo esecutivo. Nella lontana Prima Repubblica le crisi di governo erano di solito lunghe e macchinose. Il record di velocità fu registrato nel passaggio tra il governo Tambroni, che si era dimesso il 19 luglio 1960, e il terzo governo Fanfani. Quest’ultimo, ricevuto l’incarico il 22 luglio riuscì a formare il governo il 27, dopo cinque giorni.





di F. Q. | 12 dicembre 2016
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LA REPUBBLICA DEI BROCCHI-ULTIMO ATTO


CAMBIANDO L'ORDINE DEGLI ADDENDI IL RISULTATO NON CAMBIA





12 dic 2016 19:14

LA BOSCHI COMMISSARIA GENTILONI? DAL GOVERNO RENZI AL GOVERNO BOSCHI? A LEI IL RUOLO DI SOTTOSEGRETARIO ALLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO


- IN COMPENSO LOTTI PERDE I SERVIZI SEGRETI, VA ALLO SPORT


- CONFERMATO IL TRASLOCO DI ALFANO AGLI ESTERI E MINNITI AGLI INTERNI


- PERDE IL POSTO SOLO LA GIANNINI, SOSTITUITA DALLA FEDELI


- VERDINI A SECCO - IL RESTO? COME PRIMA (FELICE GRILLO)




Dagonota


Denis Verdini non ha un ministero. Paolo Gentiloni tocca il minimo possibile del governo Renzi. E Matteuccio prova a commissariare il successore piazzando Maria Etruria Boschi come sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Cioè, sarà lei a fare da filtro per tutti i dossier che dovranno piombare sulla scrivania del premier. Ma perde la partita dei Servizi segreti: restano una delega esclusiva del presidente del Consiglio. Mentre su quella funzione aveva messo gli occhi Luca Lotti, spedito a fare il ministro dello Sport (senza Olimpiadi).

Gentiloni conferma negli incarichi: Orlando (Giustizia), Padoan (Economia), Martina (Agricoltura), Galletti (Ambiente), Calenda (Sviluppo economico), Delrio (Infrastrutture), Lavoro (Poletti), Pinotti (Difesa), Salute (Lorenzin), Franceschini (Beni Culturali).


Lascia la poltrona la Giannini che cede la Pubblica Istruzione a Valeria Fedeli. Anna Finocchiaro diventa ministra per i Rapporti con il Parlamento, la Madia conferma la Funzione pubblica, come Costa gli Affari regionali. Ed inventa per Claudio De Vincenti il ministero per la Coesione territoriale e Mezzogiorno (com’era per Fabrizio Barca).

Confermato, infine, lo spostamento di Angelino Alfano agli Esteri e la promozione di Marco Minniti agli Interni.


Al momento, Alfano vince 6-0 su Verdini. Denis, però, ha già minacciato: senza adeguata rappresentanza non vota la fiducia al Senato. E si prepara ad un’abbuffata di sottosegretari.
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Governo Gentiloni, boom di tweet contro Alfano e Boschi. “Bocciata. Abbia un po’ di dignità: sparisca”
Politica
Utenti stupiti della nomina di Alfano agli Esteri e dell'ex ministro delle Riforme, che diventa sottosegretario alla presidenza del Consiglio. "Un affronto agli italiani tutti e alla democrazia del voto referendario"

di F. Q. | 12 dicembre 2016

commenti (1)

Più informazioni su: Angelino Alfano, Maria Elena Boschi, Matteo Renzi


“Poletti Ministro dei Voucher. Lorenzin Ministra del Fertility day. Madia bocciata dalla Corte e dal NO confermata!”, “meritocrazia Gentiloni“. E ancora “squadra che perde non si cambia” per arrivare poi all’affondo sul neoministro degli Esteri: “Alfano è stato ministro della Giustizia, dell’Interno, degli Esteri. Il tutto a capo di un partito col 4%”. Commenti a valanga su Twitter dopo l’annuncio del nuovo governo che, viste le tante riconferme, anche gli utenti liquidano come un Renzi bis. Ma le nomine che suscitano più stupore sono quella di Maria Elena Boschi, promossa da ministro delle Riforme a sottosegretario della Presidenza del Consiglio, e quella dell’ex ministro Angelino Alfano, che arriva alla Farnesina.

“Alfano alla Farnesina. La giusta punizione per gli italiani all’estero dopo il referendum”, scrive Spinoza, mentre Renzi Mattei scherza: “Alla notizia che Alfano è il nuovo Ministro degli Esteri sono arrivate le dichiarazioni di guerra di Russia e Usa“. Tanti i tweet ironici: “Ma Alfano muore solo con un paletto di frassino nel cuore o la decapitazione tipo Highlander?”, “ma #Alfano in quale lingua ci rappresenta all’estero? A gesti?”, “e adesso come faremo senza i tweet di #Alfano che arresta i cattivoni che più cattivoni non si può?”.


Federico Scarsini ‎@federico_sc
Bello vivere in un paese in cui #alfano è ministro da quasi 10 anni #Ministri

20:10 - 12 Dic 2016
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Spinoza LIVE ‎@LiveSpinoza
Alfano sembra l'amico scarso che provi a far giocare a calcetto mettendolo in tutti i ruoli.
[@dan11meancactus]

20:01 - 12 Dic 2016

221 221 Retweet

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Claudio Borghi A.
✔ ‎@borghi_claudio

Intanto Alfano alla mia età e senza un voto ha fatto ministro della giustizia, dell'interno e degli esteri. Chapeau

19:31 - 12 Dic 2016
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Antonio ‎@antonio3160
Alfano Ministro degli Esteri ..È la più bella barzelletta del 2016. #GovernoGentiloni

20:27 - 12 Dic 2016
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Ma non c’è solo lui: perché i commenti criticano fortemente Maria Elena Boschi, ex ministro delle Riforme e autrice di quella bocciata al referendum. Nonostante avesse detto che in caso di sconfitta il 4 dicembre sarebbero venuti “altri”, è stata nominata sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Un mancato passo indietro che gli utenti le rinfacciano. “Se fossi in Renzi – scrive G -mi sentirei pugnalato alle spalle dalla Boschi, non aveva detto che se ne andava anche lei? Solo per dire eh”, “adesso la Boschi diviene di fatto la longa manus di colui che ha rovinato la nazione e che governerà come prima più di prima”. “Incredibile la #Boschi sottosegretario alla presidenza del consiglio – aggiunge Dexmac – un affronto agli italiani tutti e alla democrazia del voto referendario” e infine: “Ah quindi, ironia della sorte, la #Boschi ha giurato su quella stessa Costituzione che non è riuscita a massacrare?”. E anche sui profili facebook di Alfano e Boschi continua il fiume di commenti. Sullo stesso tono.



Pamela Ferrara ㋡
‏@PamelaFerrara
Ah quindi, ironia della sorte, la #Boschi ha giurato su quella stessa Costituzione che non è riuscita a massacrare?




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CarloB Alessandro Rota Serena Consuelo3/san Mirko Ambrosi Faby Cony claudio_trieste Mauro Del Favero Pier Luigi Piras

11:23 - 12 dic 2016


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Pamela Ferrara ㋡
‏@PamelaFerrara
Ah quindi, ironia della sorte, la #Boschi ha giurato su quella stessa Costituzione che non è riuscita a massacrare?
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 Pamela Ferrara ㋡ ha ritwittato


Vittorio Zucconi ‏@vittoriozucconi · 10 dic

Il "carro dei vincitori" oggi è un autobus affollato di passeggeri senza l' autista. Tutti ci vogliono salire. Nessuno sa come guidarlo.

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 Altro






Pamela Ferrara ㋡ ‏@PamelaFerrara · 9 dic

E' definitivo: moriremo democristiani
#Gentiloni
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CarloB Alessandro Rota Serena Consuelo3/san Mirko Ambrosi Faby Cony claudio_trieste Mauro Del Favero Pier Luigi Piras

11:23 - 12 dic 2016


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Re: VERSO QUALE FUTURO?

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MARIA, ETRURIA, CLARETTA BOSCHI E' LA, MIGLIORE TESTIMONIAL DELL'ATTAK.


Luca Telese
✔ ‎@lucatelese

"Se vince il No chiudo con la Politica". maria Elena Boschi

20:05 - 12 Dic 2016

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UncleTom
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Re: VERSO QUALE FUTURO?

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OGGI ABBIAMO ASSISTITO ALLA RIVINCITA DEL SI




M5S: "Si scrive Gentiloni si legge Renzi bis"


Durissima la nota dei capigruppo M5S di Camera e Senato: "Si scrive governo Gentiloni, si legge Renzi Bis. Oltre 19 milioni di italiani hanno bocciato la riforma costituzionale che portava proprio la firma del nuovo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio"
Raffaello Binelli - Lun, 12/12/2016 - 20:32




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Com'era prevedibile dura presa di posizione del Movimento 5 Stelle contro il governo appena nato.

"Si scrive governo Gentiloni, si legge Renzi Bis - dichiarano i capigruppo M5S di Camera e Senato, Giulia Grillo e Luigi Gaetti -. Nella lista dei ministri appena annunciata dal nuovo presidente del Consiglio, accanto a numerosi ministri del governo Renzi, ricompaiono anche le due figure di spicco del giglio magico renziano, Luca Lotti e l'ex ministro Elena Boschi, che prolungheranno la loro permanenza a Palazzo Chigi nonostante la sonora bocciatura arrivata nei loro confronti da parte del popolo italiano il 4 dicembre scorso".

"Ricordiamo - proseguono - che oltre 19 milioni di italiani hanno bocciato la riforma costituzionale che portava proprio la firma del nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio, che il 22 maggio scorso prometteva di lasciare la politica in caso di sconfitta. E invece eccoli ancora lì, seduti sulle poltrone del governo. Al referendum del 4 dicembre il governo Renzi è stato bocciato dagli elettori eppure tutto è rimasto come prima, non è cambiato assolutamente nulla come se gli italiani non si fossero mai espressi''.




Intanto slitta l’assemblea M5S che era prevista per domani mattina alle 10 (a causa della conferenza dei capigruppo convocata alle 9.30) e che avrebbe dovuto decidere il comportamento da adottare domani in aula alla Camera. Ma, secondo quanto si apprende, la linea è confermata: i 5 Stelle dalle 11 saranno in aula per ascoltare le comunicazioni del nuovo presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Nel corso del dibattito, interverrà la capogruppo Giulia Grillo, ma al momento del voto i pentastellati usciranno dall’aula e andranno in piazza Montecitorio per protestare contro quello che hanno definito un "governo fotocopia" e "illegittimo".
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Re: VERSO QUALE FUTURO?

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LA POLTRONA E' UNA COSA SACRA. PER VENIRNE IN POSSESSO TUTTO E' LECITO


Verdini boccia Gentiloni: "Non voteremo la fiducia alla fotocopia di Renzi"

Il Senato torna al centro della scena. Verdini minaccia di non votare la fiducia a Gentiloni: "Sarebbe stato più comprensibile un governo Renzi bis". E i numeri già scricchiolano

Sergio Rame - Lun, 12/12/2016 - 18:50

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Il Senato torna al centro della scena dopo che le riforme sono state bocciate dal referendum costituzionale.


Così, rimasto in piedi il bicameralismo paritario, sarà di nuovo voto di fiducia anche per Palazzo Madama che, al più tardi mercoledì, dovrebbe pronunciarsi sul nuovo governo di Paolo Gentiloni. Denis Verdini e i suoi hanno già fatto sapere che non voteranno mai "un governo 'fotocopia' di Renzi". Una scelta che arriva dopo lo schiaffo del premier incaricato di non fare entrare la componente di Ala nel nuovo governo.

Sono 113 i senatori del Pd, incluso il presidente di Palazzo Madama Pietro Grasso che, per prassi, non partecipa al voto di fiducia e si dà per scontato che vi siano 112 sì. Diciannove i senatori del gruppo Autonomie in cui siedono i senatori a vita, non sempre presenti nelle votazioni. Il più assiduo Giorgio Napolitano, presente anche all'ultimo voto di fiducia sulla legge di Bilancio. Area Popolare conta 28 senatori dopo che l'Udc, rappresentata in Senato da Antonio De Poli, si è sfilata. De Poli voterà la fiducia come lo farà Ap, anche se, si apprende, qualcuno potrebbe sfilarsi. Intanto i gruppi Ap di Senato e Camera, probabilmente con Angelino Alfano, dovrebbero riunirsi domani intorno all'ora di pranzo. Alle 13 anche i senatori del Pd faranno un'assemblea. Dei ventotto senatori del gruppo Misto ad oggi sono stati, a giro, non più di otto i senatori che hanno votato la fiducia. Nel Misto siedono anche le tre senatrici del Gruppo Fare che, si apprende, ancora non hanno sciolto le loro riserve e decideranno, in un incontro, oggi.




Il gruppo di Denis Verdini, salito al Quirinale per le consultazioni con il viceministro all'economia Enrico Zanetti, può contare su diciotto senatori. Che minacciano di non votare la fiducia a Gentiloni. "Apprendiamo la seria possibilità che venga varato un governo 'fotocopia', senza alcun approfondimento sulle questioni in campo - fanno sapere - di conseguenza, in coerenza con un'azione che in questi ultimi diciassette mesi ha assicurato al Paese la governabilità e la realizzazione di importanti provvedimenti senza alcuna contropartita, non voteremo la fiducia a un governo che ci pare al momento intenzionato a mantenere uno status quo, che più dignitosamente sarebbe stato comprensibile con un governo Renzi bis".

Dietro allo strappo di Ala c'è la decisione di Gentiloni di non concedere al partito di Verdini un ministero come era, invece, trapelato alla vigilia. Secondo le ultime indiscrezioni al centro della trattativa c'era l'ipotesi di Enrico Zanetti all'Agricoltura, che avrebbe lasciato libero il posto di viceministro all'Economia. E nello stesso tempo si sarebbe parlato anche di un dicastero ad hoc, allo Sport, per Valentina Vezzali. Dopo ore di contatti e incontri frenetici, la trattativa con il Pd avrebbe preso una piega diversa e si sarebbe impantanata. "Denis è stato costretto a bere l'amaro calice", ha commentato a mezza bocca un verdiniano doc. "L'esecutivo - si legge nella nota - deve assicurare il giusto equilibrio tra rappresentanza e governabilità, senza rinunciare, in nome di pasticciate maggioranze, a quest'ultimo principio".

La fiducia sarebbe comunque assicurata. Anche se di poco. In Gal sono quattordici i senatori, ma fra questi solitamente hanno hanno votato finora la fiducia al Governo in non più di tre. Mercoledì, se si voterà la fiducia, potrebbero essere al massimo cinque a dire sì al governo. Non la voterà il presidente di Popolari per l'Italia e non la voteranno i senatori del Movimento Idea fondato da Gaetano Quagliariello. Sono due e a breve dovrebbero traslocare nel gruppo dei Conservatori e riformisti che attualmente è all'opposizione ed è costituito da dieci componenti che, a giorni, potrebbero diventare, si apprende a Palazzo Madama, quattordici, con altre due new entry ancora "coperte", oltre a Quagliariello e Giovanardi. Sulla carta, insomma, Gentiloni può contare in Senato su una forbice che va da un minimo di 160 voti a un massimo di oltre 170.
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Re: VERSO QUALE FUTURO?

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PERCHE' I DEMOCRISTIANI DEL PARTITO DEMOCRISTIANO 2.0 (PD) SONO:

'a schifezza 'ra schifezza 'ra schiefezza 'ra schifezza 'e l'uommn.

PERCHE' RIVALUTANO L'ESTREMA DESTRA AGLI OCCHI DEGLI ITALIANI


NB. TUTTI QUELLI DEL PD SONO DEMOCRISTIANI. ANCHE QUELLI CHE PRETENDONO DI FARSI PASSARE DI SINISTRA



Salvini: "Un'ammucchiata di poltronari". Meloni: "Sputano in faccia agli italiani"
Lega Nord e Fratelli d'Italia contro il neo governo Gentiloni

Chiara Sarra - Lun, 12/12/2016 - 21:09
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"Non ho parole". Matteo Salvini affida a Facebook il suo sfogo dopo la nomina del nuovo governo Gentiloni

"Alfano, dopo aver riempito l'Italia di immigrati, è promosso a Ministro degli Esteri: ve li vedete lui e Gentiloni a trattare con Trump e Putin?", scrive il leader della Lega Nord, "E poi confermati Boschi e Madia, Padoan e Pinotti, Martina e Lorenzin. Non è un governo, è un'ammucchiata di poltronari. #votosubito".

"Governo Gentiloni identico a quello precedente", aggiunge Giorgia Meloni sulla sua pagina Facebook, "In pratica sputano in faccia agli italiani. Tutti in piazza il 22 gennaio".
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Re: VERSO QUALE FUTURO?

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E' COMINCIATO L'ULTIMO ATTO DELLA FINE DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA 2.0.(PD)

COME NELLA PRIMA REPUBBLICA, LA FINE DELLE DC 2.0, COINCIDE CON LA FINE DELL'ESPERIENZA DELLA SECONDA REPUBBLICA.




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Da La Stampa



Nel giorno del giuramento di Paolo Gentiloni nella Direzione del Pd va in scena la resa dei conti. «La realtà è sempre più forte della comunicazione e 33 milioni di italiani hanno mandato un messaggio che così non va proprio, bisogna cambiare con umiltà, cambiare rotta radicalmente. Così la sinistra(DC-ndt)non ha senso e noi non siamo più noi stessi ed il Pd è destinato a morire» attacca Roberto Speranza invitando a «vedere la rabbia, il disagio, l’inquietudine nella società» e a smettere di «mettere la testa sotto la sabbia».

“DICCI SE C’È SPAZIO PER MINORANZA”
«Davanti alle manifestazioni organizzate e agli attacchi sul web io chiedo a Matteo Renzi di dirci se non c’è più spazio nel Pd per chi ha votato no, lo si dica con chiarezza.Io penso che bisogna recuperare un pezzo di elettorato che ha votato no. Il mio seggio è a disposizione, ho già dimostrato di non essere attaccato alla poltrona ma è inimmaginabile pretendere che si rinunci alle proprie idee» ha aggiunto.

“NO A CONGRESSO ARROGANTE PER RIVINCITA «CAPO»”
«Non si può eludere il messaggio di fondo del 4 dicembre, che chiede una fortissima discontinuità e chiede di capire ciò che è accaduto, con l’umiltà di ripartire con uno spirito diverso. Vedo ancora troppo arroganza nel vantare il Sì al 40%: sembra quasi una sfida ai 19milioni di italiani che hanno votato No. E vedo il tentativo di trasformare il congresso in un plebiscito o nella rivincita del capo irritato dall’esito del referendum» ha continuato Speranza, che guida l’area di minoranza Pd Sinistra riformista, in direzione. «Un congresso serve, ma vero, che ci faccia confrontare davvero con il mondo fuori dal Pd. Un congresso sulla nostra collocazione politica. Un congresso, non un votificio della domenica mattina. Serve scegliere la leadership, ma non serve solo questo», sottolinea Speranza.


RENZI: “NOSTRO DISEGNO BOCCIATO DA ELETTORI”
«Il nostro disegno è stato bocciato dagli elettori. Ora bisogna aprire una riflessione, io vorrei farla nel modo più ampio possibile ma senza cedere a rappresentazioni macchiettistiche» ha replicato Renzi. Il Pd dovrà fare un congresso con gli iscritti e le primarie, «sapendo che c’è un appuntamento imminente con le elezioni perché è evidente che nell’arco dei prossimi mesi andremo alle elezioni politiche, che noi gli altri più di noi in questi giorni hanno invocato». «Credo sia un bel giorno quello nel quale diciamo tutti insieme buon lavoro a Paolo Gentiloni- Ci siamo assunti il compito della responsabilità, dopo aver ricevuto dagli altri partiti un diniego. Le modalità di ciò devono essere chiare, forti ed evidenti: è di una trasparenza cristallina e segno di responsabilità verso il Paese».



DOCUMENTO MINORANZA PD: SÌ A FIDUCIA MA DISCONTINUITÀ
La minoranza Pd presenta nella direzione del partito un documento per mettere a verbale la richiesta di «discontinuità» nell’azione di governo. Gli esponenti dell’area che fa capo a Roberto Speranza e Pier Luigi Bersani annunciano il sì alla fiducia al governo Gentiloni per «senso di responsabilità verso il Paese e il presidente Mattarella», ma con la richiesta di un cambiamento tangibile sulle politiche del governo.
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Re: VERSO QUALE FUTURO?

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LA SFIDA



Boschi sottosegretario: bocciata dagli italiani promossa da Gentiloni
La "mamma" di quella riforma costituzionale bocciata sonoramente dal responso popolare continua a restare nella grande famiglia del governo Gentiloni
Domenico Ferrara - Lun, 12/12/2016 - 19:20

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Se non è una promozione, poco ci manca. Da ministro delle Riforme a sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

La carriera politica di Maria Elena Boschi continua. La "mamma" di quella riforma costituzionale bocciata sonoramente dal responso popolare resta in sella anche nella grande famiglia del governo Gentiloni. Lei, il braccio sinistro dell'ex premier Renzi, prende il posto di Luca Lotti, il braccio destro. Cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia.




La Boschi rimane a rappresentare l'anello di congiunzione col recente passato governativo e, nel momento stesso in cui il suo nome è stato pronunciato dal premier Gentiloni, è andato in fumo tutto quello che almeno all'inizio egli stessa rappresentava.


Il sorriso, la ventata di novità unita al ciclone rottamatore di Renzi, la diversità, la lotta anti casta: tutto alle ortiche.






Adesso lei rischia di diventare solo il simbolo del Palazzo che non rispetta la volontà popolare, che non accetta una visione del mondo diversa da quella propinata, che non sa perdere, che non sa farsi da parte e che non sa ammettere gli errori. E che non sa rispettare la parola data.





Perché più volte il ministro Boschi aveva dichiarato: "Se vince il No al Referendum anche io lascerò la politica". E ancora: "Anche io lascio se Renzi se ne va: ci assumiamo insieme la responsabilità. Abbiamo creduto e lavorato insieme ad uno stesso progetto politico".






Renzi se n'è andato (anche se solo fisicamente), la Boschi è rimasta. Poco importa se il caso Banca Etruria, la legge elettorale, l'eccessiva personalizzazione sul referendum e persino l'infelice uscita sui "veri partigiani" abbiano fatto crollare la fiducia che gli italiani riponevano in lei. Ci avevano raccontato che fosse sul banco degli imputati, sola e isolata dopo il plateale fallimento.



Ma il banco su cui siederà sarà quello del governo, per il quale non basta un sì ma 19 milioni di No
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Re: VERSO QUALE FUTURO?

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LA SFIDA


Alle élite dei poteri forti dell’oltre Atlantico, dei loro mandatari e reggenti europei, e ai sottopancia tricolori, lo schiaffone del NO non è stato certamente gradito.

E come poteva esserlo?

Mandare in fumo un lavoro quasi quarantennale di logoramento ai fianchi e di trituramento dei cervelli con la narrazione, proprio sul filo di lana, farebbe girare le scatole a chiunque.

Uhe!!! Ma allora la maggioranza degli italiani non è poi così profondamente stupida, come ci hanno fatto credere i nostri spin doctors.

Quando si usano gli strumenti di tortura sulle popolazioni bisogna saperli maneggiare con cura.

Quando si esagera oltre la soglia di sopportazione, poi scatta la reazione.

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