MEDICINA- MALATTIE E CURE

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Re: MEDICINA- MALATTIE E CURE

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L'OVRA E' IN AZIONE SU TUTTI I POST





LA STORIA

Mangia il pollo e ha uno choc anafilattico. Una vita distrutta
dall'allergia alle arachidi




di Laura Cuppini
È successo a una 29enne inglese durante una vacanza
in Ungheria: oggi è in sedia a rotelle e non parla
UncleTom
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Re: MEDICINA- MALATTIE E CURE

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Mangia il pollo e ha uno choc anafilattico. Una vita distrutta
dall'allergia alle arachidi




di Laura Cuppini
È successo a una 29enne inglese durante una vacanza
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http://www.corriere.it/salute/17_agosto ... 1d95.shtml
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Mangia il pollo e ha uno choc anafilattico. Una vita distrutta
dall'allergia alle arachidi




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Mangia il pollo e ha uno choc anafilattico. Una vita distrutta
dall'allergia alle arachidi




di Laura Cuppini
È successo a una 29enne inglese durante una vacanza
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15 set 2017 15:39
ISTRUZIONI PER L’USO SUL COLESTEROLO


- E’ VERO CHE PIÙ È BASSO E MEGLIO È? FA PIÙ MALE UNA PIZZA MARGHERITA O UNA BISTECCA ALLA GRIGLIA?


- ECCO IL NUOVO STUDIO SU DIETE E ALIMENTAZIONE CON I CONSIGLI PER SALVAGUARDARE CUORE E ARTERIE



1 - COLESTEROLO: ISTRUZIONI PER L' USO
Elisa Manacorda per “la Repubblica”

COLESTEROLO
Fa più male una pizza margherita o una bistecca alla griglia? Nella eterna controversia sulla dieta migliore per salvaguardare cuore e arterie, grassi e carboidrati si sfidano ancora una volta, scardinando quelle poche certezze che credevamo di avere.

Secondo i ricercatori dello studio Pure, presentato al congresso della Società europea di cardiologia (Esc), le linee guida internazionali sono troppo severe nei confronti dei primi, e troppo accondiscendenti verso i secondi.

«Limitare l' assunzione di grassi non migliora la salute. Maggiori benefici si avrebbero riducendo l' apporto dei carboidrati al di sotto del 60 per cento dell' energia totale, e aumentando l' assunzione di grassi totali fino al 35 per cento», ha detto Mahshid Dehghan, ricercatrice del Population Health Research Institute della McMaster University, in Canada, e tra gli autori dell' analisi. Questo, avvertono i cardiologi, non comporta lo sdoganamento dello strutto in cucina, ma riposiziona i pesi sulla bilancia della corretta nutrizione.
Se sull' alimentazione la partita è aperta, su una cosa i cardiologi sono d' accordo: il colesterolo - in particolare quello cosiddetto cattivo, l' Ldl, - è alla base del processo di formazione delle placche nelle arterie ed è il principale responsabile di infarto, ictus o malattie vascolari periferiche, che rappresentano la principale causa di morte in Italia e nel mondo. Livelli elevati di colesterolo, soprattutto fin da giovani, aumentano questo rischio.

Ma per tenere sotto controllo il grasso "cattivo" la dieta e lo stile di vita arrivano fino a un certo punto: «I livelli di colesterolo nel sangue sono influenzati da fattori genetici e ambientali, e molto spesso è l' interazione tra questi a determinarne i valori», spiega Alberto Zambon, lipidologo che insegna Medicina interna all' università di Padova. E dunque, «fare attività fisica di tipo aerobico - per esempio camminata a passo veloce per almeno 30 minuti al giorno - consente di ridurre sia i livelli di colesterolo che di trigliceridi, ma in particolare di aumentare in modo significativo i livelli di colesterolo Hdl», continua Zambon. Fumare, al contrario, danneggia il rivestimento cellulare delle arterie (l' endotelio) facilitando la malattia cardiovascolare.

E smettere di fumare può contribuire ad innalzare i livelli di colesterolo Hdl, che nei fumatori sono più bassi. Quando però si parla di ipercolesterolemia familiare, che colpisce circa 1 italiano su 300, caratterizzata da colesterolo totale sopra i 300 milligrammi per decilitro e Ldl superiore a 200 mg/dL, oltre a migliorare dieta e stile di vita sono necessari i farmaci.

Ma quali sono i livelli ottimali? I cardiologi riuniti a Barcellona sollevano un primo dubbio: i livelli considerati "normali" dai diversi laboratori di analisi possono differire tra loro, e sarebbe necessario intervenire per renderli omogenei. Un' altra questione riguarda invece il target di Ldl per i pazienti "a rischio estremo", ovvero chi ha già avuto un evento cardiovascolare (infarto, ictus), o con diabete di tipo 2 e fattori di rischio aggiuntivi, come l' ipertensione. Oggi le linee guida consigliano di restare sotto i 70 mg/dL.

«Ma è necessario rivedere questo limite per abbassarlo ulteriormente - commenta Pasquale Perrone Filardi, professore di Malattie dell' apparato cardiovascolare all' università Federico II di Napoli - alcune società scientifiche, per esempio quella canadese, lo hanno già portato a 50, e dovremmo ritenerlo dato acquisito nella pratica clinica». Chi ha invece un rischio alto, cioè chi non ha avuto un evento cardiovascolare ma ha livelli di colesterolo superiori ai 300 mg/dL, o è ipertesi (pressione arteriosa oltre 180/110 mmHg), o ha una malattia renale cronica moderata oppure diabete ma non ha altri fattori di rischio, i valori consigliati sono leggermente più alti: l' Ldl deve essere inferiore a 100 mg/dL. Infine, nella terza e quarta categoria di rischio (moderato o basso), ci si può tenere al di sotto dei 115 mg/dL.

Per capire se le arterie sono in pericolo basta un' analisi del sangue. «Il colesterolo alto - dice infatti Zambon - non dà sintomi: è un killer silenzioso ma molto efficace ». Si fa sentire solo quando ha già prodotto i suoi danni, con quelle manifestazioni tipiche dell' infarto (dolore toracico spesso dopo sforzi fisici), dell' ictus cerebrale (ad esempio alterazioni temporanee o permanenti della forza o della sensibilità a braccia o gambe, l' incapacità improvvisa di parlare e interagire con l' ambiente circostante), o delle malattie delle arterie periferiche (crampi alle gambe dopo una camminata più o meno lunga che migliorano con il riposo, e ricompaiono per sforzi di una certa entità).

Dunque prima che sia tardi - continua l' esperto va valutato il profilo lipidico completo: colesterolo totale, Ldl e Hdl, trigliceridi. Negli uomini sopra i 40 anni e nelle donne sopra i 50. Se tutto è nei limiti, va monitorato ogni 5 anni circa. Ma se ci sono i primi campanelli d' allarme, se c' è una malattia cardiovascolare o si è in terapia con farmaci per il colesterolo, conclude Zambon, il profilo lipidico va monitorato almeno una volta l' anno.



2 - SARÀ VERO CHE PIÙ È BASSO E MEGLIO È?

Da “la Repubblica”

Peter Sever, farmacologo clinico all' Imperial College di Londra, non ha più dubbi. «The lower, the better», ripete ai cardiologi europei riuniti a Barcellona. Più basso è, meglio è. Sever parla del colesterolo Ldl, che oggi una nuova categoria di farmaci appare in grado di ridurre a livelli impensabili fino a qualche anno fa: sotto i 20, addirittura 15 milligrammi per millilitro di sangue.

Sono anticorpi monoclonali come evolocumab e alirocumab, che aumentano la capacità del fegato di eliminare il colesterolo Ldl. «Praticamente una delipidizzazione - commenta Gaetano De Ferrari, cardiologo al Policlinico San Matteo di Pavia - con quantità simili, se non più basse, a quelle che si riscontrano nei neonati». Ma se Sever ha bisogno di ripetere questo mantra ai suoi colleghi, significa che qualche dubbio c' è.

In effetti, livelli troppo bassi di Ldl sono stati spesso associati ad aumentato rischio di cancro, insorgenza di ansia e depressione, maggiore vulnerabilità alle malattie infettive. Ma non solo: a generare le principali preoccupazioni sono gli effetti che questa riduzione importante potrebbe avere sulle funzioni cognitive, visto che il colesterolo è un componente fondamentale delle membrane cellulari (neuroni compresi), e la sua quasi assenza potrebbe generare difficoltà di memoria o altri problemi mentali.

Per questo il tema è stato affrontato da diversi studi che mirano a valutare, accanto all' efficacia, anche la sicurezza di queste nuove molecole, e capire se sia possibile una vita a "colesterolo zero", o quasi.

Secondo uno studio basato sull' analisi di dati rinvenuti nella letteratura scientifica sull' argomento pubblicata lo scorso giugno sul Journal of Internal Medicine, la barriera emato-encefalica che impedisce il passaggio degli elementi nocivi dal sangue al cervello proteggerebbe le cellule del sistema nervoso centrale dagli effetti dei farmaci anti-colesterolo. Sul New England Journal of Medicine, invece, i ricercatori guidati da Robert Giugliano del Brigham and Women' s Hospital di Boston hanno mostrato come uno dei farmaci, evolocumab, non abbia più effetti sulle funzioni cognitive rispetto al placebo.

«Il dato - spiega de Ferrari - conferma quello che abbiamo osservato in una famiglia con livelli bassissimi di colesterolo Ldl sin dalla nascita per un difetto genetico». Un padre e i suoi due figli che non hanno mai mostrato alcuna difficoltà di memoria o altri problemi neurologici.

È vero, continua il cardiologo, nascere con livelli molto bassi di Ldl è diverso che ridurli nel corso della vita. Ed è anche vero che gli studi portati a sostegno della sicurezza di evolocumab sotto questo profilo hanno durata limitata, poco meno di due anni. Per questo, anche in assenza di evidenti segnali di allarme, è bene proseguire gli studi per capire gli effetti a lungo termine.
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