Come se ne viene fuori ?

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Re: Come se ne viene fuori ?

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...UN CASO SU CUI RIFLETTERE..




23 mag 2018 13:10
1. LA LUCIDA FOLLIA DI FAUSTO FILIPPONE, CHE DOPO AVER LANCIATO LA MOGLIE MARINA DAL BALCONE HA DATO FALSE GENERALITÀ AI SOCCORRITORI E ALLA POLIZIA. CHE NON L’HA FERMATO, ANZI GLI HA PERMESSO DI PRENDERE LA FIGLIA E COMPIERE IL SUO TREMENDO PIANO

2. IL FRATELLO DI MARINA: ‘POSSIBILE CHE LA PATTUGLIA NON L’ABBIA TRATTENUTO?’. SI SAREBBE EVITATA LA MORTE DI LUDOVICA, 11 ANNI, DI CUI CI SONO I RISULTATI DELL’AUTOPSIA

3. IL MEDICO CHE HA TROVATO MARINA IN TERRA, AGONIZZANTE: “IL MARITO CAMMINAVA NERVOSAMENTE. HO CAPITO CHE C’ENTRAVA QUALCOSA QUANDO SI È CHINATO È HA DETTO…”




1. FRANCAVILLA:FRATELLO DONNA,PERCHÉ NON LO HANNO FERMATO


FAUSTO FILIPPONE FAUSTO FILIPPONE

(ANSA) - - "Mi viene difficile poter credere che sia sfuggito l'atteggiamento di questa persona, distaccata, in preda ad uno stato che non aveva un aspetto di normalità. Faccio fatica a credere che questo possa essere sfuggito ad una pattuglia di polizia". Lo dice all'ANSA Francesco Angrilli, fratello di Marina, in merito alla testimonianza secondo cui sul luogo dove è caduta la donna a Chieti fosse arrivata una volante quando sul posto era ancora presente il marito, Fausto Filippone, che l'avrebbe spinta di sotto. "Sono sconvolto dalle notizie che ho letto", ha aggiunto.





2. «FACCIAMO UN SELFIE SUL BALCONE». COSÌ FILIPPONE HA UCCISO LA MOGLIE

Paolo Vercesi per il Messaggero



Lucida follia. Questa la sintesi della tragedia familiare che ha sconvolto l' Abruzzo. Fausto Filippone, manager 49enne, ha messo in atto un piano che nella sua mente aveva elaborato chissà da quanto tempo. E lo ha attuato domenica, nel giorno del relax. Ha ucciso la moglie, Marina Angrilli, 51enne insegnante di lettere, buttandola da un balcone. Poi ha lanciato da un cavalcavia dell' A14 la figlioletta Ludovica di 10 anni. Dopo sette ore, allo stesso modo, ha messo fine alla sua esistenza con un volo di trenta metri.



FAUSTO FILIPPONE FAUSTO FILIPPONE

La trappola. «Andiamo a comprare la lavatrice» aveva detto Fausto alla moglie. Ma lungo il tragitto si era fermato con lei nell' appartamento di piazza Roccaraso a Chieti scalo che l' uomo era solito affittare a studenti. E' lì che si è consumato il primo delitto. Una scaletta trovata sul lato sinistro del balcone, «compatibile con la traiettoria della caduta della donna», è per la squadra mobile la prova della trappola studiata a tavolino: l' ha fatta salire, forse con il pretesto di un selfie, e l' ha spinta giù. La donna, soccorsa agonizzante, è morta due ore più tardi in ospedale. Omicidio studiato e quindi premeditato.



«Non un suicidio, nè un malore» ha stabilito Cristian D' Ovidio, il medico legale che ha eseguito l' autopsia sul corpo della donna, interpretando la dinamica della caduta. Altro dettaglio: nessun segno di colluttazione, non s' è trattato dunque di un delitto d' impeto al culmine di una lite.



marina angrilli marina angrilli

Filippone è poi sceso nel piazzale e ha fornito ai soccorritori del 118 false generalità della moglie. «Farfugliava, assisteva quasi da estraneo a quella terribile scena» ha detto un testimone. Nessuno lo ha fermato. Nemmeno la volante della polizia che era già sul posto. Una disattenzione che ha consentito all' uomo di portare a compimento il suo piano di morte. E' tornato nella sua casa di via Punta Penna a Pescara per prendere la piccola Ludovica: «Papà ti fa una sorpresa» le aveva fatto dire dalla zia e lei s' era fatta trovare in strada ad attenderlo.



L' ha caricata in macchina ed è salito fino al cavalcavia dell' autostrada a Francavilla al Mare. Alla vista degli agenti della polizia stradale l' ha gettata di sotto. La piccola è precipitata senza emettere un fiato. A quel punto il finale era già scritto, come certificato dagli specialisti, il maresciallo dei carabinieri Alessio D' Alfonso e lo psichiatra Massimo Di Giannantonio, mediatori che hanno cercato invano di fermarlo.



Quale che sia stato il movente, per gli inquirenti ormai conta poco: con la morte del reo, l' inchiesta finisce sul nascere. Il suicidio del manager ha chiuso il cerchio di una tragedia che non si spiega, se non nella lucida follia dell' uomo. Una persona normale in una famiglia normale, un gran lavoratore hanno detto gli amici.

ludovica filippone ultima foto ludovica filippone ultima foto

Quindici mesi fa qualcosa in lui si era rotto (ad agosto scorso aveva perso la madre) e questo lo ha trascinato in una spirale depressiva autodistruttiva nella quale ha tirato dentro le persone a lui più care. Francesco Angrilli, fratello di Marina, ha escluso il movente passionale, ipotizzato da parole attribuite a Filippone: «Mia sorella era una madre, moglie e insegnante irreprensibile, da prendere come esempio. Certe notizie sono inaccettabili».





3. FRANCAVILLA, MARITO VICINO A CORPO MOGLIE AD ARRIVO POLIZIA

fausto filippone fausto filippone

(ANSA) - "Quando è arrivata l'ambulanza Filippone era lì intorno, si muoveva nervosamente nel cortile. Dopo qualche secondo è arrivata una seconda ambulanza e dietro una volante della Polizia. I poliziotti sono scesi. Non ho badato a cosa facessero né a cosa facesse il marito che era lì presente perché a un certo punto un operatore del 118 gli ha chiesto se avesse un documento della signora. Lui ha detto: 'Vado a cercarlo'. Poi è tornato subito dopo dicendo di non averlo. Poi sono andati via tutti insieme: le ambulanze, la volante e il marito della signora".



È il racconto - al Tgr Abruzzo - del medico Giuliano Salvio che a mezzogiorno del 20 maggio, uscendo di casa, a Chieti Scalo, per prendere l'auto, ha trovato Marina Angrilli in terra nel cortile. "Non c'era nessuno. Uno o due minuti dopo ero piegato sulla signora e ho visto qualcuno che camminava nervosamente intorno a me. Allora ho chiesto: 'Cosa è successo?'. 'È caduta dal secondo piano' mi ha risposto. Ho chiesto: 'Lei conosce la signora?' 'Si, è mia moglie'".



"Io ero chino su corpo della signora - prosegue il medico Giuliano Salvio nell'intervista al Tgr Abruzzo - ho visto qualcuno che camminava nervosamente lì intorno a me non era chiaro cosa diceva, sembrava che si disperasse. Poi lui si è chinato e io ho capito che c'entrava qualcosa perché diceva 'che disgrazia, che sventura'. Qualcosa di simile".



fausto filipopne marina angrilli e ludovica fausto filipopne marina angrilli e ludovica

"Quando è arrivata l'ambulanza Filippone era lì intorno, lì vicino, però si muoveva nervosamente nel cortile. In realtà è passato diverso tempo. Io ho dovuto accertarmi che arrivasse il 118, ho fatto una telefonata di conferma, assistevo la donna che nel frattempo cominciava a sanguinare in maniera vistosa però il marito ha fatto una cosa molto strana: mi si è avvicinato e mi ha detto prendi questo numero. Dal suo telefonino mi ha dettato un numero e ha detto: 'io devo andare a prendere mia figlia'. La cosa mi è sembrata immediatamente molto strana e, d'istinto, gli ho detto, forse con un tono molto deciso, tu resti qui e vai via solo quando è arrivato il 118.



Lui è rimasto lì in piedi, andava e veniva, qualche volta si affacciava per vedere le condizioni della moglie. È rimasto lì finché sono arrivati i soccorsi. Dopo qualche secondo è arrivata una seconda ambulanza e dietro una Volante della Polizia. I poliziotti sono scesi però io non ho badato a cosa facessero loro, né a cosa faceva il marito che era lì presente. Osservavo ed ero vicino alla signora mentre veniva soccorsa. La signora era molto agitata dava problemi per il trasbordo in barella".



fausto filippone fausto filippone



4. LANCIA BIMBA E SI UCCIDE: AUTOPSIA, PICCOLA MORTA SUL COLPO


(ANSA) - E' morta sul colpo nell'impatto al suolo la piccola Ludovica, la bimba di 10 anni lanciata da un viadotto dell'A14 dal padre Fausto Filippone (49), che poi si è suicidato allo stesso modo dopo ore di trattative. Lo conferma l'autopsia eseguita sul corpo della piccola dal medico legale Cristian D'Ovidio all'obitorio dell'ospedale di Chieti. La ragazzina, secondo quanto appreso, è morta per la "lesività riportata nella precipitazione da grande altezza".



Il viadotto Alento, a Francavilla al Mare, è alto infatti circa 40 metri. L'esame autoptico sul corpo di Filippone ha confermato anche per l'uomo le stesse cause di morte della figlia. Il medico legale ha prelevato campioni per esami tossicologici ed istologici, per capire se padre e figlia avessero assunto sostanze che potevano alterare le loro condizioni psicofisiche.
UncleTom
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Re: Come se ne viene fuori ?

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......UNA SITUAZIONE AL LIMITE......



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Magaldi con Savona: via Mattarella, sgominare i poteri marci
Scritto il 28/5/18 • nella Categoria: idee
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L’alto tradimento di Sergio Mattarella rispetto alla Costituzione, rispetto allo Stato, rievoca un altro tradimento – sostanziale, anche se non formale – compiuto da Giorgio Napolitano. Anche nel suo caso il Movimento 5 Stelle propose l’impeachment, che però poi non andò avanti. Ma Napolitano, nel fare senatore a vita il massone tecnocratico, neo-aristocratico e reazionario Mario Monti, non violò la Costituzione formalmente. Ci fu il solito bombardamento di spread, in termini anche più sontuosi e violenti, e Berlusconi fu accompagnato a calci nel sedere fuori dalla porta, mentre Monti fu salutato da squilli di tromba. Di fatto, nella sostanza, fu un golpe – che privò gli italiani di un governo rappresentativo della volontà popolare e presentò come salvatore della patria uno dei becchini dell’Italia. Giorgio Napolitano ha avuto delle responsabilità enormi, in questo, e anche nell’abituare il popolo italiano all’idea che non si governa con il mandato popolare, ma si governa perché i sedicenti “illuminati”, che occupano indebitamente i palazzi del potere italiano ed europeo, decidono cosa è bene per il popolo bue. Per Napolitano non c’erano gli estremi per un impeachment formale, ma qui il discorso è diverso: come notato anche da autorevoli osservatori non ostili a Mattarella o non troppo empatici rispetto al governo “gialloverde” in costruzione, Mattarella ha fatto un discorso politico: e ha messo il veto su una persona per un reato d’opinione.
Un reato d’opinione anche molto moderato: Paolo Savona, che in passato ha fatto analisi articolate sull’Eurozona, in un comunicato ha poi spiegato di voler interpretare il “contratto” politico che sottendeva il governo Conte, e di voler appunto (come ha detto anche Salvini) “trattare”, cioè porsi in una condizione di dignità dell’Italia rispetto all’Europa, per concorrere a costruire un’Europa più equa e più forte. Rispetto a questo, Mattarella ha detto che non se la sentiva, e (in modo protervo) che non voleva consentire la nomina e l’insediamento di Savona. Per questo ha respinto un governo legittimato dal voto popolare, affidando l’Italia a un rappresentante del Fmi come Cottarelli, che è parte di quella cricca di tecnici che hanno già malgovernato l’Italia e che rappresentano quei “poteri marci” che vogliono asservire non solo il popolo italiano, ma anche il resto dei popoli europei. Non pensano ad un’Europa prospera e democratica, ma ad una visione disgregatrice, dove il mercato, lo spread e presunti principi di teologia dogmatica, laica e neoliberista, governano il tutto: la bussola è già tracciata e le elezioni sono inutili. Questo è quello di cui si è fatto interprete Mattarella: quindi – al di là di quello che sarà l’iter – l’impeachment va sicuramente avviato, perché politicamente significa che ogni giorno, da qui al voto, si potrà ricordare al popolo italiano quello che è accaduto.
Politicamente credo sia utilissimo e anche doveroso iniziare una mobilitazione popolare e comunicativa a favore della messa in stato d’accusa del capo dello Stato, che si è dimostrato infedele ai principi della Costituzione su cui ha giurato, al pari di Napolitano, Monti e Draghi. Ovunque siano insediati, questi uomini rappresentano i terminali di “poteri marci”, neo-aristocratici e massonicamente “controiniziatici”. In realtà, questi stessi poteri erano messi di fronte a uno scacco: la candidatura stessa di Paolo Savona era vista con molto favore dai circuiti massonici progressisti, che in Italia mi onoro di rappresentare. Le sue istanze sull’economia, l’Italia e l’Europa si sovrapponevano perfettamente alle nostre. Mattarella è stato fatto oggetto di pressioni inaudite, da parte di poteri extra-istituzionali, che hanno compiuto una sorta di golpe. Il solo fatto di trovarsi davanti a questo bivio ha messo Mattarella e tutti questi “poteri marci” di fronte a uno scacco: era Scacco al Re. Lo Scacco al Re può essere risolto con qualche mossa avveduta. Peccato che la mossa è stata quella sbagliata: nella sua tragicità, è una mossa che si rivelerà esiziale, per chi ha sin qui distrutto il sogno europeista di tanti italiani, per chi ha affossato un’Europa politica e democratica e ora sta avvilendo anche la dignità dell’Italia nel rapporto con le istituzioni europee e con le altre cancellerie continentali.
Mattarella ha smascherato se stesso come maggiordomo di questi poteri, comportandosi da perfetto paramassone, come Enrico Letta: perfetto paramassone asservito anche Mattarella, a cui nemmeno è stato accordato il privilegio di essere direttamente tra i “fratelli” neo-aristocratici; è stato solo utilizzato, come altri, in un rango subalterno e servile. E servilmente, tradendo la Costituzione del suo paese, Sergio Mattarella ha fatto la scelta più sbagliata, per la sua parte: respingendo Savona e mostrando il vero volto di se stesso e dei suoi complici, ha offerto al popolo italiano (e anche a tutti gli osservatori internazionali che ci guardano) l’immagine di un Re Nudo. Un Re collettivo e post-democratico, un Re che non vuole che venga nemmeno messa in discussione la narrativa, la dogmatica politica economica che deve imperare. Usando una metafora cristiana, paradossalmente Mattarella diventa un po’ come Giuda che, compiendo un misfatto, consente però che Cristo muoia e poi risorga. Più modestamente, Mattarella – compiendo questo misfatto – offre finalmente una interpretazione di tutto ciò che è accaduto dal 2011 ad oggi (e anche molto prima).
Già nel 2014 spiegavo che la battaglia per la democrazia, in Europa e nel mondo, si sarebbe combattuta in Italia. Quello che oggi è accaduto dimostra che non ero un “poetico visionario”, che non lo erano tutti quelli impegnati con me a combattere in questa direzione. La partita si gioca in Italia: adesso il popolo italiano sarà chiamato a regolarsi di conseguenza. Ovviamente c’è chi prova a seminare zizzania tra Di Maio e Salvini: si tratta di sicofanti, mezzani e professionisti dell’intrigo, per lo più provenienti dall’area di Forza Italia, che infatti teme come la morte che l’asse tra Lega e 5 Stelle possa essere tradotto anche in termini elettorali. Personalmente sarei a favore di quest’opzione, anche per un fatto di trasparenza e per celebrare in modo netto la prospettiva di un nuovo governo, magari persieduto proprio da Paolo Savona: un accordo elettorale, come il “contratto” di governo, con Lega e 5 Stelle che presentano Paolo Savona come candidato premier, gradito a entrambe le parti. Questa è la proposta che il Movimento Roosevelt farà nei prossimi giorni. Non credo che l’ipotesi di accordo elettorale tra Lega e 5 Stelle sarebbe ingenua e farebbe perdere voti: non solo avrebbe un alto valore etico-politico ma sarebbe anche vincente. Con l’attuale legge elettorale, Lega e 5 Stelle saranno forti a livello proporzionale, e in ambito maggioritario sarebbero comunque in grado di sgominare qualunque altro avversario: farebbero il pieno di voti.
Berlusconi? Come al solito si è dimostrato verminoso, davvero spregevole, in questa sua solidarietà pelosa a Mattarella e in questo suo riavvicinamento alla “culona inchiavabile”, come definì la Merkel, e a tutti i rappresentanti “marci” del Partito Popolare Europeo, che sono parte di questo establishment che soffoca il continente. La prospettiva di Salvini non è quella di Berlusconi, con tutta evidenza: ha molte più affinità con quella del Movimento 5 Stelle. In un modo o nell’altro, in Parlamento si avrà una nuova maggioranza tra Lega e 5 Stelle. E se ci sarà anche l’impeachment, Mattarella sarà indotto a più miti consigli dalla sollevazione popolare che da oggi inizierà. E finalmente avremo un governo che possa rappresentare le istanze chiarissime espresse dalla volontà del popolo. In più, urge più che mai la costruzione del nuovo partito che serve all’Italia. Il Movimento Roosevelt lavorerà sia per cementare un asse rinnovato e fortificato tra Lega e Movimento 5 Stelle, sia per costruire un soggetto politico che possa supportare ulteriormente una prospettiva di cambiamento, perfezionandola – siamo convinti di aver già insegnato molto, a Lega e 5 Stelle, che sono maturati anche grazie ai nostri buoni consigli, pubblici e privati. Soprattutto, possiamo interpretare (forse anche meglio di loro) la necessità di un cambio di paradigma.
Complimenti intanto a Paolo Savona, anche per lo stile con il quale – sottraendosi alle polemiche – ha di fatto “non commentato” gli eventi. Savona dimostra di essere uomo delle istituzioni: degno di fare il ministro dell’economia o il presidente del Consiglio, e magari anche il presidente della Repubblica. Sergio Mattarella? Dimostra di essere quello che è: un servile cortigiano, subalterno di poteri “marci” sovranazionali di ispirazione massonica neo-aristocratica. Cottarelli? Certamente deve andare a casa, e anche di corsa: la sua nomina è un insulto al popolo italiano. Cottarelli è l’uomo dei tagli, l’uomo del Fondo Monetario Internazionale. E’ una cosa scandalosa, il veto su Savona e l’aver proposto Cottarelli: è veramente un atto di arbitrio e di prepotenza. Quindi tutti a casa, si vada al voto. E, possibilmente, l’impeachment per Mattarella.
(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a David Gramiccioli per la diretta “Massoneria On Air” su “Colors Radio” il 28 maggio 2018. Massone, leader del Grande Oriente Democratico e presidente del Movimento Roosevelt, Magaldi è l’autore del saggio “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere, che denuncia il ruolo occulto di 36 superlogge sovranazionali al vertice del potere mondiale, con ramificazioni in ogni governo).
UncleTom
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Re: Come se ne viene fuori ?

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.......VIVERE OGGI




Nel libro “LA FABBRICA DEL FALSO- Strategia della Menzogna nella politica contemporanea, di Vladimiro Giacchè, NUOVA EDIZIONE AGGIORNATA, Aprile 2016, Imprimatur srl, nella premessa a pagina 7 possiamo leggere:

La menzogna è la grande protagonista del discorso pubblico contemporaneo. La sua presenza nella nostra società è generalizzata e pervasiva. Non è difficile capire perché. Un tempo le verità incoffessabili del potere potevano essere agevolmente coperte dal segreto (gli arcana imperi).
Oggi nell'epoca dei mezzi di comunicazione di massa e della politica mediatizzata, il silenzio e il segreto sono armi spuntate. Perciò, quando serve ( e serve sempre più spesso), la verità deve essere
occultata e neutralizzata in altro modo. Quindi si offrono versioni di comodo dei fatti, si distrae l'attenzione dai problemi reali dando il massimo rilievo a questioni di scarsa importanza, si inventano pericoli e nemici inesistenti per eludere quelli veri.

CONTINUA
UncleTom
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Re: Come se ne viene fuori ?

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UncleTom ha scritto:.......VIVERE OGGI




Nel libro “LA FABBRICA DEL FALSO- Strategia della Menzogna nella politica contemporanea, di Vladimiro Giacchè, NUOVA EDIZIONE AGGIORNATA, Aprile 2016, Imprimatur srl, nella premessa a pagina 7 possiamo leggere:

La menzogna è la grande protagonista del discorso pubblico contemporaneo. La sua presenza nella nostra società è generalizzata e pervasiva. Non è difficile capire perché. Un tempo le verità incoffessabili del potere potevano essere agevolmente coperte dal segreto (gli arcana imperi).
Oggi nell'epoca dei mezzi di comunicazione di massa e della politica mediatizzata, il silenzio e il segreto sono armi spuntate. Perciò, quando serve ( e serve sempre più spesso), la verità deve essere
occultata e neutralizzata in altro modo. Quindi si offrono versioni di comodo dei fatti, si distrae l'attenzione dai problemi reali dando il massimo rilievo a questioni di scarsa importanza, si inventano pericoli e nemici inesistenti per eludere quelli veri.

CONTINUA
Ma, soprattutto, le verità scomode vengono neutralizzate riformulandole in maniera appropriata.

Il terreno principale su cui oggi viene combattuta la verità è quella del linguaggio, si tratti di convincere l'opinione pubblica dell'utilità di una guerra o dell'opportunità di politiche economiche
socialmente inique, si tratti di tranquillizzare sul riscaldamento del pianeta, o di persuaderla della inevitabilità delle morti sul lavoro, le cose non cambiano: il potere delle parole risulta decisivo per la costruzione del consenso.


…..................................................................................................Vladimiro Giacchè
…...................................................................................................Roma, 27 Marzo 2016
UncleTom
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Re: Come se ne viene fuori ?

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UncleTom ha scritto:
UncleTom ha scritto:.......VIVERE OGGI




Nel libro “LA FABBRICA DEL FALSO- Strategia della Menzogna nella politica contemporanea, di Vladimiro Giacchè, NUOVA EDIZIONE AGGIORNATA, Aprile 2016, Imprimatur srl, nella premessa a pagina 7 possiamo leggere:

La menzogna è la grande protagonista del discorso pubblico contemporaneo. La sua presenza nella nostra società è generalizzata e pervasiva. Non è difficile capire perché. Un tempo le verità incoffessabili del potere potevano essere agevolmente coperte dal segreto (gli arcana imperi).
Oggi nell'epoca dei mezzi di comunicazione di massa e della politica mediatizzata, il silenzio e il segreto sono armi spuntate. Perciò, quando serve ( e serve sempre più spesso), la verità deve essere
occultata e neutralizzata in altro modo. Quindi si offrono versioni di comodo dei fatti, si distrae l'attenzione dai problemi reali dando il massimo rilievo a questioni di scarsa importanza, si inventano pericoli e nemici inesistenti per eludere quelli veri.

CONTINUA
Ma, soprattutto, le verità scomode vengono neutralizzate riformulandole in maniera appropriata.

Il terreno principale su cui oggi viene combattuta la verità è quella del linguaggio, si tratti di convincere l'opinione pubblica dell'utilità di una guerra o dell'opportunità di politiche economiche
socialmente inique, si tratti di tranquillizzare sul riscaldamento del pianeta, o di persuaderla della inevitabilità delle morti sul lavoro, le cose non cambiano: il potere delle parole risulta decisivo per la costruzione del consenso.


…..................................................................................................Vladimiro Giacchè
…...................................................................................................Roma, 27 Marzo 2016


Noi, da mò, accettiamo un'informazione falsata e deformata.

Era il 1952, quando ci hanno fatto credere la forza della stampa, con Humprei Bogart, interprete del film: L'ULTIMA MINACCIA.

"...E' la stampa,..bellezza!!!

https://www.youtube.com/watch?v=u3WpqsgTXUQ


Ieri sui quotidiani italiani era presente la dichiarazione di Juncker sugli italiani:

Dal Fatto Quotidiano:

" Gli italiani devono lavorare di più, essere meno corrotti e smettere di incolpare l'Ue per tutti i loro problemi".

Anche il Corriere della Sera era su questo tono.

Il Bufaliere ci ha fatto un aggiunta di sua iniziativa:

"Gli italiani devono essere meno fannulloni e corrotti......


Essere "corrotti" è la piaga nazionale, ma è anche un problema di tutto il pianeta. Aggiungere che sono "fannulloni" è un modo di veicolare l'odio contro la Ue. Non che non abbia responsabilità, non solo nei nostri riguardi, ma mettere in bocca a Juncker anche "fannulloni", è un modo esplicito di fare comunicazione tendente a provocare disgusto.

Ma ormai, è la quotidianità, e noi ci siamo adattati a questa imposizione.

All'inizio del mese di giugno del 2018, anche noi possiamo affermare: "E' la stampa, ..bellezza!!!!"
UncleTom
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da UncleTom »

.....NELLA TERRA DEI MORTI VIVENTI..........



MARCO DAMILANO, Direttore dell'Espresso, pubblica a pag. 26 del nuovo numero oggi in edicola, nel settore" POLITICA La Grande Crisi,"
un'articolo dal titolo:
Operazione
San Paolo



Io, invece, l'avrei intitolato "VIAGGIO NELLA TERRA DEI MORTI VIVENTI"

Per rinascere il Pd ha

bisogno di un miracolo: (per chi crede ai miracoli-ndt)


andare oltre se stesso
e tenere insieme le
sue diverse anime. Così
si affida a Gentiloni


Un partito senza
identità culturale,
modello organizzativo,
militanti. In assenza di
una reazione, il rischio
è la dissoluzione



...............Quello che è rimasto del tutto inesplorato, dopo la storica sconfitta del 4 marzo, è il tentativo di capire le ragioni della perdita di contatto con la società italiana.

Nessuna seria analisi del voto.

E nessuna possibilità di rilievo di capire da che parte si risale.

Non si riparte con la logica della rivincita.

Sfidare Salvini con il vento che soffia a favore o M5S indebolito ma non spazzato via in nome dell'Italia renziana significherebbe condannarsi all'irrilevanza.

E' una partita che si è chiusa e che non si riaprirà.

Eppure l'Italia che non si identifica con Di Maio e Salvini è vasta e neppure minoritaria e ha bisogno di una casa politica nuova, con tre
pilastri, quelli su cui è crollato il renzismo.

Un'identità culturale: la terza via delle sinistre europee, il blairismo fuori tempo massimo, non risponde alle nuove domande di protezione e sicurezza sociale su cui in tutta Europa prosperano le destre.

La soluzione non è il ritorno allvoa sinistra antica tardo-ottocentesca e ai suoi apparati senza truppe, ma una riflessione che parta dallo scontro tra gli spazi d'intervento pubblico nazionali e le istituzioni sovra-nazionali come l'Europa.

Un modello organizzati
cielo 70
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da cielo 70 »

Da un lato Damilano dice giustamente che il blairismo ha fallito. Dall'altro non capisco qual'è la sinistra tardo ottocentesca che non dovrebbe andare bene. Negli anni da dopo la seconda guerra mondiale va dato atto che anche dei partiti di centro destra in parte applicavano le teorie keinesiane (v. Italia e Francia), e hanno assicurato anche nel sistema capitalista la possibilità di usufruire del benessere anche alle classi basse. Poi ci sono stati nella storia anche dei partiti socialdemocratici che volevano (come anche i comunisti italiani) in tempi lunghi e senza traumi superare il capitalismo.
Il tema delle disuguaglianza è attuale ma pare che non se ne debba parlare più di tanto. E oggi Martina (sempre intervistato da Damilano) ha glissato anche sull'idea di fare una forza di sinistra ed è stato vago su quello che il suo partito vuole fare.
UncleTom
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da UncleTom »

Editoriale
È il momento di decidere da che parte stare
Il neo-premier afferma che sono finite le visioni del mondo, le ideologie, ma nella coalizione c’è fortissima quella della Lega. E se il M5S non vuole farsi assorbire, dovrà prendere una sua posizione. E anche l'opposizione deve rigenerarsi
di Marco Damilano
08 giugno 2018

Pierre Carniti è morto mentre il Senato votava la prima fiducia al nuovo governo. Aveva 81 anni, la voce roca dal fumo dei sigari e dai mille comizi, era nato a Castellone, papà operaio, «a casa eravamo in otto e c’erano due stanze, una per viverci, l’altra per dormire, abbiamo fatto la fame. Non mi chiedete quale è stato il mio primo incontro con la realtà che chiede aiuto al sindacato: io dentro questa realtà ci sono nato...», raccontava. Divenne il capo dei metalmeccanici della Fim-Cisl all’inizio degli anni Settanta, durante l’autunno caldo, 270 mila tute blu iscritte, e poi segretario della Cisl. Un riformista, un cattolico non democristiano, un socialista. «Ha grinta, tenacia, è intransigente, uomo dai rancori lunghi, le sue famose furie improvvise gli salgono alla gola anche durante le trattative, “quando vogliono farmi credere che Gesù era morto di freddo”», lo raccontava Giampaolo Pansa.

Soumayla Sacko aveva 29 anni, era venuto dal Mali, viveva in Calabria, era sindacalista anche lui, impegnato nell’Usb, l’Unione sindacale di base. Organizzava le lotte per i diritti dei braccianti agricoli sfruttati nella piana di Gioia Tauro e costretti a vivere nell’inferno della tendopoli di San Ferdinando. Lo hanno ucciso a fucilate mentre stava raccogliendo lamiere abbandonate per le baracche con due compagni. Lavoratori pagati due euro all’ora, senza nessun rispetto delle condizioni minime di lavoro, come racconta l’inchiesta di Antonello Mangano in edicola sull'Espresso da domenica 10 giugno.

Pierre Carniti e Soumayla Sacko erano due sindacalisti, di due epoche diverse. Due difensori dei lavoratori, in un tempo antico e nel nostro presente. L’Italia passata in tempi brevissimi nel dopoguerra dalla fame al benessere, dal sindacato dei poveri al pan-sindacalismo dei diritti, delle rivendicazioni (e dei privilegi di una generazione) negli anni Settanta-Ottanta, prima della grande ristrutturazione capitalista. E l’Italia dei giorni nostri, del lavoro atomizzato, precario, il lavoro che non c’è, l’Italia dei nuovi fantasmi, gli invisibili con regolare permesso di soggiorno e ridotti a schiavi, senza cittadinanza e senza il diritto di esistere. Nella diversità della loro vita e della loro fine, specchio delle abissali trasformazioni del Paese in questi decenni, sono stati due combattenti, di parte, certi della parte che avevano deciso di rappresentare, sicuri di stare da una parte sola.

Pensavo a Carniti e a Soumayla mentre assistevo da una tribuna di Palazzo Madama all’esordio parlamentare della squadra ministeriale presieduta dal professor Giuseppe Conte. Eccolo, il Governo del Cambiamento.
È stata la settimana del nuovo presidente del Consiglio Giuseppe Conte, tra discorsi in Aula, parate e voto di fiducia. Per molti italiani è uno sconosciuto, un oggetto misterioso. Ma non per tutti: nell'inchiesta di copertina di questa settimana L'Espresso racconta la rete di amicizie e conoscenze, tra cardinali e politici, che hanno costruito il famoso curriculum del nuovo premier. Con un approfondimento sulla vita passata di Conte e il suo lavoro come avvocato. Ne emerge il ritratto completo di un arcitaliano: un po' amico dei renziani e un po' dei berlusconiani e adesso presidente del "governo del Cambiamento". Il direttore Marco Damilano racconta cosa trovate nel nuovo numero dell'Espresso

Matteo Salvini ingobbito sui banchi, come se fosse sempre sul punto di esplodere. Luigi Di Maio con il sorriso stampato sul volto, felice di esserci. Paolo Savona arcigno-marmoreo, già monumento di se stesso. E poi Danilo Toninelli concentrato, Alfonso Bonafede emozionato, il ministro degli Esteri Enzo Moavero terreo in volto, come un condannato al patibolo che annuisce alla lettura dei capi di accusa, molti sconosciuti. In mezzo a loro, il nuovo premier, perfettamente calato nella parte, come un attore di fiction che interpreta il ruolo del capo del governo, la pochette e i gemelli ai polsini, l’umiltà ostentata e un’ambizione trattenuta a stento eppure visibile, la rivendicazione in aula del populismo con una retorica di altri tempi, meno spensierati: «Se populismo è attitudine ad ascoltare i bisogni della gente ebbene allora le forze politiche che sostengono questo governo meritano questa qualificazione!». Se fosse questo il populismo, verrebbe da rispondere, allora tutti i partiti dovrebbero essere populisti. Ma così non è, o non è soltanto. E allora, mentre il neo-presidente del Consiglio si avventurava nella lettura ecumenica delle sue cartelle programmatiche, qualche riga per tutti, come un papa che fa gli auguri di Natale e Pasqua in tutte le lingue, tornavo a pensare a Soumayla e agli spari che lo hanno stroncato, a Carniti e alle lotte sindacali di una stagione lontana e mi chiedevo: ma questo governo, il premier Conte, i suoi prorompenti vice di M5S e Lega, da che parte stanno?

Può sembrare una domanda ingenua. E il premier Conte ha già dato una risposta nel suo primo intervento parlamentare: destra e sinistra non ci sono più, «non esistono più forze politiche che hanno visioni complessive del mondo», i programmi vanno giudicati sulla base «dell’intensità del riconoscimento dei diritti della persona», c’è una sola parte che vale, il popolo, senza aggettivi, connotazioni ideologiche o sociali, il popolo che vota e i suoi rappresentanti espressione della sua volontà, gli esecutori del contratto, i partiti che non possono essere neppure definiti così. Ma vale la pena continuare a chiedersi da che parte stanno il nuovo governo, la maggioranza gialloverde che Salvini vorrebbe chiamare gialloblu, chi rappresenta e chi intende rappresentare. Perché dalla risposta a questa domanda dipende anche la definizione dell’opposizione. Che tipo di opposizione sarà messa in campo rispetto a questo governo e a questa maggioranza? Con quali modalità? Sì, da che parte starà l’opposizione?

Per Matteo Renzi, leader tutt’altro che in disarmo del Pd o di quello che verrà, il nuovo governo non è il bipolarismo di domani, un accordo temporaneo che sarà sciolto con l’obiettivo di M5S e Lega di egemonizzare i due schieramenti che si confronteranno nei prossimi anni, ma una nuova coalizione, destinata a durare e a diventare una cosa sola. Un pentapartito populista, come l’ha definito Marco Minniti. I primi passi del nuovo governo autorizzano a pensare che sia così, e la personalità del premier ne è la sintesi.

Conte è il Forlani populista, un populista in grigio, un populista vanesio. Un Coniglio mannaro, pronto ad azzannare. Ma è anche, visibilmente, un esponente del nuovo Movimento 5 Stelle, quello che si è formato nelle urne il 4 marzo, molto diverso dalla matrice iniziale impressa da Gianroberto Casaleggio e dal suo interprete Beppe Grillo.

Sul pullman del nuovo M5S sono saliti notabili, rotariani di provincia, professori di terza o quarta fila, professionisti vogliosi di emergere, con la strada sbarrata nei partiti tradizionali fin troppo affollati di ceto politico ma con le praterie spalancate nel capiente e accogliente contenitore elettorale e ora governativo messo su da Di Maio.

Conte è un arci-italiano, ce lo raccontano Emiliano Fittipaldi e Vittorio Malagutti sull'Espresso in edicola da domenica 10 giugno: senza cambiare una piega del suo abito, poteva essere berlusconiano negli anni Duemila, renziano nel 2014, oggi è un premier pentastellato. Non soltanto per trasformismo personale, qualcosa che lo colloca stabilmente in continuità con la vicenda nazionale, ma perché sempre più incerti, instabili, mobili, sono diventati i confini di queste creature politiche.
Il Conte Zelig: L'Espresso in edicola da domenica 10 giugno
UncleTom
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da UncleTom »

…….GALLEGGIANDO IN UN MARE DI EMME…




Scrive oggi, MARCO DAMILANO, sul nuovo numero dell’Espresso oggi in edicola, dal titolo,
“Da che parte stare”:

…….E il premier Conte ha già dato una risposta nel suo primo intervento parlamentare: destra e sinistra non ci sono più, <<non esistono più forze politiche che hanno visioni complessive del mondo>>, c’è una sola parte che vale, il popolo senza aggettivi, connotazioni ideologiche o sociali, il popolo che vota e i suoi rappresentanti espressione della sua volontà, gli esecutori del contratto, i partiti che non possono essere definiti così.
Ma vale la pena continuare a chiedersi da che parte stanno il nuovo governo, la maggioranza gialloverde che Salvini vorrebbe chiamare gialloblù, chi rappresenta e chi intende rappresentare.
Perchè dalla risposta a questa domanda dipende anche la definizione dell’opposizione.
Che tipo di opposizione sarà messa in campo rispetto a questo governo e a questa maggioranza?
Con quali modalità? Sì, da che parte starà l’opposizione?

^^

Mentre, FURIO COLOMBO, nel suo articolo a pagina 13 del Fatto Quotidiano, dal titolo, “STORIA D’ITALIA: ORA NON C’E’ RITORNO”, conclude:

D’ALTRA PARTE il “contratto” che sembra vincolare questa strana macchina organizzativa, è un oggetto, ignoto e privo di significato in politica, perché vincola individualmente i contraenti solo in quanto privati.
Strano che un simile paradosso (fondare sul diritto privato il funzionamento di un governo che è il vertice della cosa pubblica) venga messo, sia pure part-time, nelle mani di un docente di Diritto privato, che avrebbe dovuto, per prima cosa chiarire l’equivoco.
In conclusione, abbiamo un presidente del Consiglio part-time che non ha una sua idea, non appartiene a un partito, non ha un leader, non è un leader, lavora per due grandi clienti, e pare che la sua bravura sia nell’armonizzare, o almeno tollerare, due gruppi incompatibili.
C’è da domandarsi se, in caso di difficoltà, che all’improvviso potrebbero dimostrarsi più gravi, non
si possano avere due primi ministri, a funzione alternata.
Sì, è vero, sarebbe una situazione molto strana.
Ma non più.
Abbiamo mandato in Canada a trattare i destini dell’Italia un signore che una settimana prima non aveva la minima idea di dover fare politica mondiale e né la minima conoscenza sul come farlo.
E’ il cambiamento, bellezza.
UncleTom
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da UncleTom »

Scriveva nel lontano settembre del 2012, Francesco Jori, giornalista del Mattino di Padova, nella post copertina del suo libro :
Senza politica
Cronache di quotidiana autodistruzione
Edizioni: Marsilio


La chiamano seconda Repubblica, e c’è chi parla già di terza. Ma è un bluff. La prima Repubblica in realtà non è mai morta.


Quasi sei anni dopo, registriamo la Terza Repubblica, con un alleanza forzosa di tipo gialloverde. Ma di una cosa Francesco Jori ha ragione, la Prima Repubblica non è mai morta.

Titola in prima pagina oggi il Fatto Quotidiano:
STADIO ROMA: NEI GUAI M5S, LEGA & C.
LA RETATA
DEL CAMBIAMENTO


Un, due, tre pronti via con la Terza Repubblica, e dopo una settimana dalla partenza di un difficile accordo, ripiombiamo paro paro nella Prima Repubblica


^^^

Nel suo editoriale, Marco Travaglio, scrive:

» Editoriale
giovedì 14/06/2018
Diversi in che senso?

di Marco Travaglio | 14 giugno 2018
|
La retata romana porta la questione morale nel cuore dei due partiti che hanno appena dato vita al governo: i 5Stelle e la Lega.

E questa è la vera novità dell’indagine: che ci siano di mezzo pure esponenti Pd e Forza Italia non è più una notizia.

Le responsabilità penali, come sempre, le accerterà il giudice se e quando la Procura le porterà sul suo tavolo con una richiesta di rinvio a giudizio.

Quelle etiche e politiche si possono già intuire dall’ordinanza del gip, con le accuse ad arrestati e indagati e con alcuni fatti ritenuti penalmente irrilevanti che però sono politicamente rilevantissimi.

C’è un costruttore romano, Luca Parnasi, chiamato dalle giunte Pd Marino e Zingaretti a costruire lo stadio della Roma a Tor di Valle, con una mega-speculazione tutt’intorno.

Quando i giochi sembrano fatti, nel 2016 i 5Stelle vincono le Comunali e s’insediano al Campidoglio con Virginia Raggi e la sua squadra.

Non sono contrari allo stadio, ma alla speculazione.

Dopo un anno di tira-e-molla in Conferenza dei servizi, nel 2017 la giunta Raggi convince la Roma e Parnasi a dimezzare le cubature.

Intanto Parnasi, rampollo di una famiglia di palazzinari abituata – come altre – a ungere le ruote della politica, lubrifica gl’ingranaggi alla vecchia maniera.

Non solo a Roma, ma anche a Milano, dove ambisce a costruire lo stadio del Milan.

Lì – per tenersi buono, così dice lui, tutto il centrodestra – regala 250 mila euro alla onlus Più Voci, vicina alla Lega di Salvini, che pare l’abbia utilizzata come cassaforte alternativa a quella del partito sequestrata dai giudici dopo le condanne di Bossi e Belsito per la nota rapina di fondi pubblici.

Parnasi offre anche una casa a uno del Pd, che però rifiuta: si chiama Pierfrancesco Maran e merita una menzione, in un paese dove i politici che rifiutano favori sono merce rara.

Il finanziamento a Più Voci non è illecito, ma non è trasparente perché onlus e fondazioni, anche se legate a partiti, possono schermare i donatori con la scusa della privacy.

Poi – sempre per l’accusa – Parnasi promette incarichi professionali per 100 mila euro e procura “buona stampa” (tramite l’eterno faccendiere piduista Bisignani) a Luca Lanzalone, detto Mister Wolf.

Avvocato genovese che ha lavorato per Beppe Grillo, Lanzalone è diventato intimo di Casaleggio, che l’ha inviato come consulente prima a Livorno per aiutare la giunta Nogarin a salvare dal crac la municipalizzata dei rifiuti, poi a Roma per assistere la giunta Raggi nel ginepraio dello stadio.

Infine è diventato presidente di Acea, il colosso misto dell’acqua e dell’energia, in quota Campidoglio.

E di lì, proprio in questi giorni, consigliava il M5S per le nomine pubbliche. In attesa di capire se Mr Wolf abbia commesso reati (è dubbio che sia assimilabile al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio), se davvero si fece promettere incarichi da Parnasi, si è posto in palese conflitto d’interessi.

E si deve dimettere da Acea, non solo perché si trova agli arresti.

Più marginale appare la posizione del capogruppo M5S Paolo Ferrara, accusato di aver chiesto al costruttore un progetto gratuito per il restyling del lungomare di Ostia: un’opera pubblica, non una faccenda privata come quelle contestate invece al consigliere regionale del Pd Michele Civita (la promessa di assunzione del figlio) e dei forzisti capitolini Adriano Paolozzi (25 mila euro con fatture false) e Davide Bordoni (promesse di somme imprecisate).

La giunta Raggi, che deliberò lo stadio dimezzato, non è coinvolta: o Parnasi ha trovato le porte chiuse, o non ci ha neppure provato.

Diversamente da altri partiti, M5S e Lega non gridano al complotto togato, all’accanimento giudiziario o alla giustizia a orologeria.

Salvini però difende Parnasi, dicendo che è una persona perbene, anche se dalle carte risulta tutt’altro.

Di Maio ripete che nei 5Stelle chi sbaglia paga e attiva probiviri.

Ma se i due azionisti del governo Conte vogliono dimostrarsi diversi dagli altri, non possono accontentarsi di così poco.

Salvini, ora che Parnasi è in carcere per corruzione, deve restituirgli i 250 mila euro versati alla onlus leghista.

E pubblicare nomi e importi degli altri donatori.

I 5Stelle devono cacciare Lanzalone da Acea, dopo aver preteso l’elenco di tutti gli incarichi professionali ricevuti da quando lavora per loro, per verificare e stroncare altri eventuali conflitti d’interessi.

E guardarsi da figure ibride come la sua, destinatarie di ogni genere di attenzione e tentazione.

Ma non basta: la maggioranza giallo-verde ha i numeri in Parlamento per fare in modo che scandali del genere non si ripetano, o almeno per renderli più difficili.

Come? In tre modi.

1) Riformare la legge Letta che consente ai partiti di occultare i finanziamenti privati fino a 100 mila euro dei donatori che vogliono restare nell’ombra; ed eliminare l’ipocrisia della privacy che copre i foraggiatori delle fondazioni, delle onlus e delle altre associazioni legate a partiti e a singoli politici, aiutandoli ad aggirare l’obbligo di trasparenza sui finanziamenti. Ciascuno può ricevere tutti i soldi che vuole, purché lo dichiari nell’apposito registro in Parlamento, consultabile da tutti i cittadini elettori.


2) Introdurre l’agente sotto copertura che s’infiltri nella PA per testare l’integrità di chi ricopre pubbliche funzioni e di chi vi si rapporta.


3) Varare la legge sui conflitti d’interessi, che faccia tesoro del caso Lanzalone: nessuno oggi può sapere quali incarichi riceve, e da chi, nella sua attività privata, un dirigente pubblico o parapubblico. Una legge seria deve creare un’anagrafe patrimoniale per chiunque tocchi un solo euro di denaro pubblico.

Da questi atti si distingue un “governo del cambiamento” da un governo come gli altri.
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