[phpBB Debug] PHP Warning: in file [ROOT]/viewtopic.php on line 175: Undefined array key "forum_id"
Forum per un "Congresso della Sinistra" ... sempre aperto • (new 1)MODELLO SOCIALE EUROPEO e ECONOMIA DELLE CONOSCENZE
Pagina 1 di 1

(new 1)MODELLO SOCIALE EUROPEO e ECONOMIA DELLE CONOSCENZE

Inviato: 28/09/2013, 18:20
da antonio77
la crisi del governo Letta dovrebbe richiedere a tutti noi una nuova capacità progettuale e programmatica per la rinascita di una sinistra italiana di natura socialista e di ispirazione marxista,
con grandi riforme di struttura per i disoccupati, cassa integrati e lavoratori manuali ed intellettuali.
-----------------------------------------------------------------------------------------------

Modello neorenano, Economia delle Conoscenze e Crisi Della Classe Politica. 


La tesi qui sostenuta è che esiste in una parte della Comunità Europea un modello qui definito ‘neorenano’ che in parte è in essere in parte è da sviluppare e soprattutto da sperimentare. 

Il modello ‘neorenano’ è formato da tre stati europei Italia, Francia e Germania. 
Il primo risultato di questo modello neorenano è stato la moneta, purtroppo dopo i grandi entusiami a destra e a sinistra, oggi il segno monetario Euro si è rivelato una cosa sbagliata.
Ormai sono centinaia gli economisti che in Italia e nel mondo parlano di superamento dell' Euro.
Manca un equilibrio tra surplus bilancia commerciale dei paesi 'forti' e i paesi in deficit bilancia commerciale.
Manca il signoraggio , la possibilità degli stati di stampare moneta.
 
 
Sembra che la differenza di valore monetario tra Euro e Dollaro sia superiore se confrontate con monete di paesi ‘terzi’ e sembra che questi risultati siano stabili e di tendenza di lungo periodo. 

La Società delle Conoscenze basata sulla memoria storica. 

La società delle Conoscenze nel modello neorenano si base su una capacità di costruire una superiore capacità di elaborazione, di costruzione dell’entità società e quindi dello stato con differenze sostanziali rispetto al modello anglosassone e al modello neoamericano . 
Il ‘cervello sociale’ che alimenta lo stato ( qui inteso come entità che comprende lo stato nazione Italia Francia e Germania),
nasce da aspetti storici e sociali. 
In Italia il riferimento è alla Resistenza che è alla base della nascita società italiana e al Movimento del 1968. 
Questi due eventi hanno costruito il tessuto delle conoscenze sociali della Società Italiana Francese e Tedesca. 
Inoltre questi 2 eventi hanno costruito le Classi Politiche ( anche quelle di Destra sia per adesione che per contrapposizione), 
La Costituzione Italiana e in genere lo Stato Costituzionale sono per cosi dire il profilo giuridico del ‘ cervello sociale’ che ispira e sviluppa il modello economico sociale neorenano. 

La Società Delle Conoscenze basate sulla memoria storica ed il Sistema misto Maggioritario e proporzionale. 

In estrema sintesi vi è stata in Italia una sottovalutazione dei cambiamenti introdotti dalla introduzione del sistema politico denominato matterelum anche se vi erano dei problemi aperti ( rappresentanza e partecipazione alla vita politica, astensionismo ). 
In un sistema maggioritario la politica si trasforma è da momento e luogo dall’azione legislativa, spazio dell’agire giuridico diventa anche momento di rappresentanza diretta dell’agire, agire in senso astratto e quindi generale più semplicemente agire su tutto: area politica, area sociale, ed area economica. 
La novità del sistema maggioritario è stata l’agire nello spazio dell’ economia da parte dello stato ma anche da parte del governo 
Anche i governi di Centro Sinistra nel sistema proporzionale hanno avuto un inteventismo sul piano economico ma con metodi e situazioni storiche completamente diverse. 
La situazione storica era di emergenza dovuta alla ricostruzione dopo la guerra ( le economi di guerra o di ricostruzione richiedono economie di emergenza ) e comunque la metodologia consisteva nella centralità del modello della politica sul periferico modello economico. 
Questa era la sensazione che aveva la classe politica ma non gli economisti del tempo ( Saraceno, La Malfa ). 

Classi Politiche e Modello Maggioritario Proporzionale. 

L’attuale Classe Politica deriva dal modello proporzionale e questo significa che è una Classe Politica che è nata dentro la società delle Conoscenze basta sulla memoria storica come si è sviluppata in Italia. 
E una classe politica quindi nata dalla resistenza e dal movimento del 68 . 
Questa Classe Politica può gestire il modello neorenano con la Francia e la Germania ? 
Questa Classe Politica può gestire la nuova politica intesa come un agire in senso astratto che quindi comprende anche l’agire nello spazio economico ? 

In riferimento invece ad : 

1) un nuovo ruolo della Università è assolutamente fondamentale 
2) Gestione Sociale Delle Risorse Umane 
3) Pubblic Management 
4) Controllo Sociale Di Qualità 
5) Ruolo dei Corpi Intermedi 

Questa Classe Politica NON è in grado di interagire , di proporsi come soggetto autonomo di riferimento; 
Questa Classe Politica NON ha gli strumenti oggettivi per Gestire L’INNOVAZIONE politica. 

La Società Basata su ‘ Economia delle Conoscenza’ e ruolo dello stato neorenano ( Italia, Francia e Germania). 

Il tentativo è di analizzare i ‘fondamentali’ di quella che può essere un modello di ‘Economia delle Conoscenze’ anche in confronto comparato con gli Stati Uniti : 

1) Università : Il punto centrale dell’Economia Delle Conoscenze è l’Università . 
In Italia ( ma anche se in modo diverso Francia e Germania ) esiste una Università come sistema generalizzato per un sistema delle conoscenze. 
Negli Stati Uniti esistono delle vere e grandi università la cui produttività è molto elevata ma la generalità del sistema è fatta non di università ma di college non di lauree ma di diplomi, per arrivare ad un qualche risultato è necessario ovviamente essere bianchi e ricchi di famiglia o di colore ..in questo caso è necessario essere dei buoni atleti ed essere molto veloci nelle corse di Atletica leggera. 

2) Scuola : l’economia delle conoscenze’ nasce nelle scuole pubbliche e nella capacità di integrare culture diverse entro un grande contenitore che è il diritto . 
3) Negli Stati Uniti nella Scuola Pubblica non vi sono insegnanti ( sono mal retribuiti ) e l’insegnamento è alquanto scadente e l’amministrazione americana sta cercando di intervenire. 

4) Gestione Delle Risorse Umane : Questo è il punto debole del modello neorenano . L’ origine di questa debolezza sta : 
a) nel modello tedesco che ha preferito metodologie di standardizzazione controllata. 
b) Nel modello italiano basato sulla piccola industria ( con una gestione paternalistica ) o di grandi aziende pubbliche ( a gestione clientelare ) o private ( ma con una gestione basata su modelli fordistici ). 

Negli Stati Uniti invece anche per un diverso ruolo del sindacato e soprattutto per una maggiore presenza di grandi pubblic company la gestione risorse umane è molto più sviluppata.. 
Anche se è necessario negli Stati Uniti dividere le politiche di gestione delle Risorse Umane di lungo periodo ( basate sul nesso Qualità del Lavoro Produttività ) e politiche di Gestione Risorse Umane di Breve Periodo ( Risorse Umane e e redditività degli Investimenti, la trimestrilizzazione degli utili ). 

La Gestione Sociale delle Risorse Umane. 

Si tratta di sperimentare all’interno degli assetti costituzionali la capacità di gestione di una nuova classe politica che deve essere il frutto di un complesso processo sociale di Gestione Risorse Umane. 
Si tratta di coniugare la democrazia sostanziale e rappresentativa con le elezioni e la produttività necessaria del sistema politico. 
Non vi è contrapposizione tra i due aspetti ma integrazione nel sistema maggioritario in cui i canditati sono per cosi dire preselezionati. 
Questo processo di preselezione può essere definito un processo sociale di gestione risorse umane, si tratta di scegliere i candidati che hanno i requisiti culturali e tecnici per la gestione e realizzazione del programma. 
Il programma determina la scelta della classe politica con un mix tra valori cultura ed efficienza tecnica. 
L’aspetto sociale è fondamentale in quanto ‘misura’ la capacità di essere soggetto collettivo e misura la presenza dei ‘valori di riferimento’. 
Se il programma prevede una ristrutturazione della Pubblica Amministrazione con una riduzione del Personale è necessario un sindacalista di grande esperienza che sappia gestire una fase molto delicata con equilibrio ed equità. 
Se vi è un programma di sviluppo di grandi progetti e una politica di sostegno agli investimenti è necessario un grande economista di fede keynesiana. 
Se vi è un programma di grande sviluppo di grandi momenti culturali ( cinema, teatro, musei) ci vuole un professore filosofo . 
L’ articolazione e la complessità del programma può determinare la quantità di ‘risorse’. 
Anche se può sembrare banale, alle luce delle ultime esperienze , forse è meglio essere…banali. 
I governi italiani sono stati lontanissimi da una corretta gestione sociale della Risorse Umane ( con alcune eccezioni ) con danni che oltre l’Italia colpiscono la Francia e la Germania. Indebolendo la competitività di tutto il modello neorenano. 
Il peggio è stato l' abbondano del modello basato sulle competenze per il modello basato sulla tecnocrazia anticostituzionali.

Re: MODELLO SOCIALE EUROPEO e ECONOMIA DELLE CONOSCENZE

Inviato: 28/09/2013, 18:31
da antonio77
parte 2
Pubblic Management e Ristrutturazione Stato - Pubblica Amministrazione.


Questo è uno degli aspetti principali di crisi irreversibile della attuale classe politica italiana.
Il modello neorenano richiede una qualità dello stato come regolatore e gestore di servizi ad altissimo valore aggiunto .
Questo richiede una totale cambiamento della Pubblica Amministrazione.
Uno Stato che acquista aziende in fase di fallimento per salvare l’ occupazione ( solo quando i posti di lavoro sono più di 2.000 per esempio ) le ristruttura e le rimette nel mercato richiede un personale di altissima competenza .
Questo è il Pubblic Management, che esce dall’Università pubblica unica ed unitaria per l’amministrazione dello stato., risponde del suo operato gerarchicamente ad un collegio di professori universitari e funzionalmente alla classe politica , ma in totale autonomia in quanto il suo referente diretto è l’università.
Questo richiede una totale e completa ristrutturazione della Pubblica Amministrazione, la ricetta della destra neoliberista è semplice, qualche loro esponente parla di 2 milioni di licenziamenti.
Queste proposte dimostrano che una parte della classe politica italiana manca di quel aspetto sociale che è alla base della definizione di Classe Politica.
La capacità di una nuova classe politica sta nel trasformare lo stato renderlo più leggero come era nel programma dell’ulivo che aveva vinto le elezioni trasformando figure professionali obsolete e assolutamente demotivate senza nessun tipo di formazione coinvolgendole in progetti di Nuovo lavoro NON dentro lo stato ma PER lo stato ( utilizzando per esempio il lavoro cooperativo) avendo un rapporto di lavoro privatistico più dinamico e molto più remunerativo ( la legge prevede un 20% in più di reddito) con possibilità di nuove forme integrative di reddito ( divisione plusvalenze ) con una stabilità del lavoro diversa da quella statale ma comunque con una stabilità sostanziale.
Lo stato e la pubblica amministrazione sarebbero innovati radicalmente e i dipendenti sarebbero più motivati sia professionalmente che economicamente.


Controllo Sociale Di Qualità

L’Economia delle Conoscenze’ ha un proprio esercito formato dai ‘Corpi Intermedi’, i corpi intermedi sono gli ambasciatori della Società basata sull’Economia Delle Conoscenze; questo trasforma il rapporto tra Stato e Cittadino.
Mentre prima lo stato esercitava oltre alla forza legittima derivata dal diritto anche il dispotismo assoluto nella capacità di gestione e di erogazioni di servizi.
In questo contesto i ‘Corpi Intermedi’ sono colore che hanno capacità e conoscenze per controllare la qualità dei servizi sociali che ricevono dallo stato.
E necessario sperimentare forme organizzative ma anche nuove norme giuridiche che possono rendere concreto e produttivo questo controllo sociale.

Ruolo Dei Corpi Intermedi

Sono la nuova Classe Operaia, nel senso che nella loro individualità formano entità collettiva ( in un certo senso classe)
Che a secondo delle idee si aggregano ma anche ritornano nella loro individualità .
Operaia in quanto nell’economia della conoscenza il lavoro manuale è sostituito dal lavoro intellettuale ma sempre per grandi masse, anche se l’agire può essere nella solitudine della moltitudine.
La classe politica che non conquista i ‘Corpi Intermedi’ può governare ma non ha possibilità di trasformare la realtà . Quindi può solo gestire l’ordinaria amministrazione.
I Corpi Intermedi non sono management, sono una multitudine di saperi e di conoscenze, sono autonomi ed indipendenti , sono il soggetti attivi della ‘Economia delle Conoscenze.


Nuovo Diritto Societario, Corporate Governance e Sindacato

Questo argomento richiede delle riflessione e degli approfondimenti ed necessità di un proprio spazio.
In Una società basata sulla ‘Economia delle Conoscenze ‘ con un proprio popolo formato da ‘Corpi Intermedi’ come li abbiamo definiti ,
Questo Sindacato è pronto ad intercettare queste multidudini ?
E soprattutto è pronto per gestire i processi di corporate governance ?

Il Dibattito sulla competitività .

Il dibattito sulla competitività si è sviluppato in modo molto ..precario sulla flessibilità, sulla modifica dell’articolo 18 sul lavoro a chiamata, il progetto di riferimento è un progetto di cultura anglosassone e neoamericano.
In particolare il lavoro a chiamata ( job on call ) è alquanto mortificante per l’Italia ed è necessario una discussione approfondita sulla sua compatibilità con il sistema giuridico italiano e con l’eventualità di un referendum abrogativo.
E’ incredibile la superficialità di alcune forze del Centro Destra che hanno radici nella storia italiana.
Il job on call Nella realtà industriale italiana è assolutamente impraticabile è servirà agli extracomunitari per avere un permesso di lavoro ma non riuscirà a dare loro nemmeno un reddito di sussistenza e quindi avranno altre attività lecite o illecite esattamente come era prima della legge.
Questo tipo di riforme ci allontanano dal modello neorenano e ci portano ad una crisi strutturale irreversibile.
Parte della Confindustria dovrebbe avere una capacità di analisi più articolata, la Toyota come tutti sano anche coloro che non sono ‘corpi intermedi’ entra nelle scuole giapponesi illustra agli scolari la ‘community aziendale’ le strategie produttive per i prossimi decenni e propone un contratto di lavoro solo esclusivamente ‘ a vita’ per coloro che condividono il progetto e la mission aziendale. La confindustria italiana propone un contratto di lavoro ‘ad intermitenza’ ‘ a chiamata’ chi non si presenta gli chiede indietro i soldi della ‘pagheta a disposizione’’ come se gli stipendi non vengono pagati il mese successivo ma in modo… anticipato, ( e poi applicando la norma in modo retroattivo ).

Il Modello neorenano l’economia delle conoscenze e la competitività .

;
Una società basata su Stato Mercato Università con uno sviluppo di azienda di grandi dimensione gestite con modelli di corporate governanance e di piccole aziende in rete .
Una società che elabora progetti di lungo termine sostenuta da una moneta che non sia passivo numerario, misuratore di valori esistenti ma sviluppo di valori reali sviluppo di produzione.
questa è terreno naturale per la crescita dei stakeholder all’interno della classe politica dei sindacati degli imprenditori e del management.
La competitività del modello neorenano nel futuro sarà misura dall’export dell’ industria del software inteso come industrializzazione di quel ‘cervello sociale’ di cui abbiamo trattato.
La Competitività potrà essere il risultato dell’intreccio tra memoria storica dell’ Europa con le metodologia derivante dalle nuove Economie delle Conoscenze, questa potrebbe essere la formula della produttività del sistema.

Re: MODELLO SOCIALE EUROPEO e ECONOMIA DELLE CONOSCENZE

Inviato: 23/10/2013, 21:21
da antonio77
Questa intervista del prof. Fantacci è importante in quanto anticipa una futura analisi su Euro,
Monete-Merce e Welfare di prossimità o di comunità, e Monete locali che si spera un giorno possa essere inserito in questo forum.
L' intervista del prof. Fantacci è totalmente e completamente condivisibile tranne ove dice che non è più possibile l' intervento dello stato in economia.
Non c è Keynes , non c è la TEORIA GENERALE dell' Occupazione e del Reddito di Jhon Maynard Keynes se non c è l' intervento dello Stato in Economia.
Inoltre, ma questo è pretendere troppo da un bocconiano, non c è modello sociale europeo senza intervento dello stato in economia.
Comunque l' intervista è lunga ma essenziale per il futuro di un progetto politico in Italia degno di questo nome.
--------------------------------------------------------------------------------------------

“E se all’euro affiancassimo le monete locali?”

Nicolò Cavalli
Questa sera Report ha parlato del progetto di una valuta complementare all'euro in corso a Nantes messo a punto da Massimo Amato e Luca Fantacci della Bocconi. Ripubblichiamo un'intervista a Fantacci dell'agosto dell'anno scorso dove spiega la proposta: occorre che l’euro «sia affiancato, non sostituito, dalle monete nazionali». Così «le economie locali potrebbero tornare ad avere una moneta adeguata e una reale autonomia politica». Secondo l’economista, «è l’unica via d’uscita plausibile».



Luca Fantacci insegna Scenari economici internazionali e Storia, istituzioni e crisi del sistema finanziario globale all'Università Bocconi di Milano. Distinguished Visting Fellow presso il Christ’s College di Cambridge, il professor Fantacci ha recentemente curato una raccolta di saggi di Keynes, intitolata Eutopia – Proposte per una moneta internazionale e ha pubblicato, insieme a Massimo Amato, Fine della Finanza. Da dove viene la crisi e come si può pensare di uscirne. A lui abbiamo chiesto lumi sulla situazione finanziaria che sta destando la preoccupazione di risparmiatori, politici, investitori di tutto il mondo.

Professore, che cosa sta succedendo da qualche settimana nelle borse?
Niente, e proprio questo è il problema. Non c’è un solo fatto nuovo che giustifichi il terremoto finanziario delle scorse settimane: dalle difficoltà di Obama con il Congresso alle fragilità fiscali dell’Europa, tutto era già presente e noto. Perfino il downgrading degli Usa era già stato più volte preannunciato. Per non parlare dei debiti pubblici, che hanno potuto crescere per anni senza preoccupare nessuno. Davvero, non è successo niente di nuovo e sconvolgente.

Nulla di cui preoccuparsi, dunque?
Tutt’altro. È proprio questo terremoto in assenza di novità il dato allarmante, su cui è opportuno riflettere: se oggi, senza motivo, i mercati finanziari tremano, vuol dire che fino a ieri erano spavaldi, ugualmente senza motivo. Niente giustificava i guadagni di ieri, così come niente può spiegare le perdite di oggi o i recuperi di domani. I mercati finanziari dimostrano di avere sempre meno un criterio attendibile per distinguere fra quando va bene e quando va male, fra chi va bene e chi va male.

Una finanza che vive in un mondo che ha poco a che fare con la realtà?
Non mi riferisco a una semplice scollatura tra finanza ed economia reale. È perfettamente legittimo, e anzi necessario, che il valore di borsa di un’azienda possa discostarsi temporaneamente dall’andamento corrente dei suoi affari. Perché la borsa, per sua natura, guarda avanti: guarda ai profitti futuri, non a quelli attuali; esprime aspettative e può sbagliarsi. Ma, affinché questo gioco di scommesse abbia un senso, bisogna che almeno due condizioni siano rispettate. Primo, occorre che a un certo momento una linea sia tracciata e i conti siano fatti. Bisogna che finisca la gara, in modo che si veda chi ha scommesso sul cavallo vincente. Secondo, occorre che l’esito della corsa non sia condizionato dall’andamento delle scommesse. Ma questo è proprio ciò che non avviene in borsa, dove non si verifica né la prima né la seconda condizione.

Cosa intende dire?
È molto semplice: gli andamenti dei valori di borsa non riflettono più alcun tipo di “fondamentale”, non si basano più su alcun giudizio in merito alla solidità economica o politica dell’emittente. Nei momenti di massima volatilità, come in questi giorni, siamo tutti d’accordo a dire che “basta un nulla” per scuotere i mercati e che a tenere il campo sono le aspettative che si autorealizzano. Tanto è vero che si parla comunemente, anche sulla stampa finanziaria, di “speculazione” e si dà per scontato che è il mercato finanziario a dettare l’andamento dell’economia reale, perfino le sorti di interi paesi, e non viceversa. Ma c’è da chiedersi se, nei periodi cosiddetti normali, la maggiore calma non dipenda unicamente da una maggiore unanimità delle aspettative, da una maggiore tenuta delle convenzioni, da una maggiore stabilità emotiva. In finanza come in amore, rischiamo di essere in balia delle emozioni, attrattive o repulsive che siano: e quello che, fino a ieri, era visto come un investitore benefico, oggi è chiamato un avido speculatore, con la stessa volubile inconsistenza che fa apparire l’amante della sera prima come un’opportunista spregevole.

Il che non sembra molto rassicurante per le sorti del nostro Paese, finito anch’esso nel mirino degli “speculatori”.
Ecco, ciò che sta accadendo con i titoli del debito pubblico italiano è un buon esempio del carattere autoreferenziale dei mercati. I buoni del tesoro possono anche essere visti come un investimento nell’azienda-Italia. Ma, a dispetto di quest’orribile espressione, gli stati nazionali, a differenza delle aziende, non sono fatti per fare profitti e per remunerare i detentori dei titoli, non presentano un bilancio consuntivo, e non esiste alcun criterio certo sulla base del quale possano essere giudicati redditizi o anche semplicemente solvibili. Eppure, tutto ruota attorno a quel punto: la caduta del prezzo dei titoli di stato e il corrispettivo incremento del loro rendimento, e dunque l’ampliarsi del differenziale rispetto al rendimento degli omologhi tedeschi, i timori di un’ulteriore recessione, le preoccupazioni per la disintegrazione dell’euro, il crollo delle borse… tutto è stato scatenato dal timore di un possibile default dell’Italia.

Si tratta di un rischio concreto?
Questo è appunto il problema. Per poter rispondere, e magari assegnare un grado di probabilità all’evento, come si pretende di fare sul mercato, bisognerebbe poterne dare una definizione univoca. Ora, che cosa significhi essere “in default”, o “insolvente”, nel caso di un’impresa è chiaro: significa non essere in grado di pagare i propri debiti, ossia non avere attività sufficienti per far fronte alle proprie passività. Ma, sulla base di questa definizione, tutti gli stati sono insolventi! Nessuno stato è in grado di ripagare i propri debiti. D’altro canto, gli stati non sono nemmeno tenuti a ripagare i loro debiti. I debiti degli stati, da quando hanno preso la forma di titoli negoziabili sul mercato, ossia da poco più di trecent’anni, non sono più fatti per essere ripagati, bensì per essere continuamente rinnovati e per circolare indefinitamente. I titoli di stato sono emessi, sono acquistati e rivenduti ripetutamente sul mercato e, quando giungono a scadenza, sono rimborsati con i proventi dell’emissione di nuovi titoli.

In che senso, allora, si può parlare oggi di stati a rischio di insolvenza?
Il termine è utilizzato con un’accezione ben diversa, per riferirsi all’incapacità di uno stato di rifinanziarsi sul mercato a condizioni sostenibili. Si dovrebbe parlare, propriamente, non di “solvibilità”, ma di “sostenibilità” del debito. Ed è ben più problematico. Non soltanto perché il concetto è più vago, privo di una definizione univoca. Ma soprattutto perché il fenomeno che esso descrive è fortemente autoreferenziale. Infatti, quanto meno un debito pubblico appare sostenibile, tanto più costa allo stato indebitarsi; ma quanto più aumenta il costo del debito, tanto meno risulta sostenibile.

Un circolo vizioso che conduce gli stati sull'orlo del baratro.
Si tratta di un problema che è al tempo stesso politico ed economico. Quando uno stato, come l’Italia o la Grecia, accumula un tale debito nei confronti degli stranieri da dover rendere conto delle proprie decisioni ai creditori prima ancora che ai cittadini, allora si ha un problema politico: in che senso possiamo ancora parlare di una democrazia, quando a dettar legge non è il popolo né il parlamento né il governo, bensì una trojka internazionale Bce-Ue-Fmi, in rappresentanza degli interessi dei creditori? D’altro canto, quando la capacità di un debitore di ripagare i propri debiti dipende assai più dal grado di fiducia dei mercati che dalle proprie prestazioni, comunque le si voglia misurare, allora il problema è anche economico: in che senso si può ancora parlare di un investimento, quando il tasso di rendimento non ha alcun rapporto con alcuna misura, per quanto imprecisa, di produttività, ma dipende unicamente dal grado di sfiducia dei creditori? Sul piano politico, la concessione di crediti condizionati, subordinati all’adozione di determinate misure, come quelli che la Bce oggi concede all’Italia, non può essere letta che come l’instaurazione di un regime di sovranità limitata nel paese debitore. Sul piano economico, la concessione di crediti a tassi d’interesse del 16%, come quelli che oggi il mercato accorda alla Grecia, non ha altro nome che usura.

È la crisi dell’Europa?
Senza dubbio. Una crisi dovuta alla pretesa di costruire l’unione politica sull’unificazione monetaria. Ma il problema non consiste nel ritornello secondo cui “ha prevalso l’economia sulla politica”, piuttosto nel fatto che si è mancato di vedere il piano politico e il piano economico nella loro articolazione. L’unificazione economica e monetaria è già, in sé, un atto politico. Non c’è nessuna legge economica che ne detti la necessità, tanto meno la forma. Può essere realizzata in modi diversi: il mercato comune non implica necessariamente la moneta unica, la libera circolazione dei beni non comporta necessariamente il movimento indiscriminato dei capitali. Come mostra concretamente il precedente storico dell’Unione Europea dei Pagamenti che, negli anni ’50, ha assicurato ai paesi europei crescita, stabilità e integrazione economica, senza bisogno di una moneta unica. Viceversa, l’euro ha accordato un po’ di stabilità e un po’ di crescita, ma a costo di una crescente divergenza fra i paesi membri che oggi rischia di compromettere sia la crescita sia la stabilità.

E che cosa si dovrebbe fare?
Credo che sia opportuna una riforma radicale della governance dell’Unione Europea, come da più parti auspicato: una revisione del patto di stabilità, un emendamento dello statuto della Bce, e magari anche la ricostituzione dell’Unione Europea dei Pagamenti. Per gestire l’emergenza, ossia la crisi dei debiti pregressi, sono convinto che non ci sia altro da fare che consentire alla Bce di agire da prestatore di ultima istanza, acquistando titoli del debito pubblico dei paesi membri. E naturalmente, è bene che tali prestiti siano accompagnati da raccomandazioni ai governi che ne beneficiano, perché adottino politiche di rigore, in modo da arginare l’azzardo morale, ossia la tentazione del figliol prodigo di tornare a spendere, abusando della misericordia del padre. Ma sarebbe ben più efficace di qualunque raccomandazione se gli stati europei non potessero né dovessero continuare a contrarre nuovi debiti, emettendo titoli sui mercati internazionali.

Sembrerebbe un’utopia…
In verità, proprio questo sarebbe reso possibile se si mettesse in opera un’istituzione analoga all’Unione Europea dei Pagamenti, che fungesse da camera di compensazione multilaterale per i debiti e i crediti contratti tra paesi dell’eurozona. Questo avrebbe un duplice vantaggio. Primo, consentirebbe di distinguere il debito pubblico, che è un affare interno fra i cittadini e lo stato, e il debito estero, che è un rapporto fra paese creditore e paese debitore. Secondo, consentirebbe di apprezzare il fatto che il debito estero beneficia entrambi i paesi, poiché permette al debitore di acquistare ciò che altrimenti non potrebbe acquistare, ma permette anche al creditore di vendere ciò che altrimenti non potrebbe vendere. Se il sistema dei crediti fra paesi s’interrompe, ci rimettono entrambi. Non è un caso se la crisi del debito nell’Europa meridionale ha comportato anche un arresto della crescita in Germania, come registrano i dati di questi giorni. Se gli italiani non comprano, i tedeschi non vendono. Il mercato è aperto, ma nessuno ci va…

Quindi?
Quindi è bene che, a differenza di quanto oggi avviene, l’onere del debito non venga sopportato, economicamente e simbolicamente, soltanto dai paesi debitori. Mentre le nuove istituzioni create per gestire la crisi debitoria europea, come l’Efsf (European Financial Stability Facility) continuano a far gravare l’onere e l’onta degli squilibri sui paesi debitori, l’istituzione di una camera di compensazione europea consentirebbe di ripartire equamente l’onere dell’aggiustamento fra creditori e debitori.

Sta parlando di un’Europa senza euro?
No, la mia proposta non è affatto di abolire l’euro, ma anzi di difenderlo dai suoi stessi difetti, che oggi rischiano di portarlo alla dissoluzione. E, per far questo, occorre che sia affiancato, non sostituito, dalle monete nazionali, e magari anche da monete regionali e locali. Così l’euro potrebbe essere davvero soltanto un mezzo di scambio, per agevolare il commercio europeo. Ma, al tempo stesso, le economie locali potrebbero tornare ad avere una moneta adeguata e una reale autonomia politica, senza rinunciare all’apertura verso l’esterno. Altrimenti continueremo a sacrificare ogni comunità in nome della Comunità Europea, salvo poi sacrificare la Comunità Europea in nome del mercato globale.

Ma è una strada percorribile quella che propone?
Dal mio punto di vista, è l’unica via d’uscita plausibile da una situazione in cui gli stati hanno sempre meno margini di manovra e i mercati hanno sempre meno contatto con la realtà. A differenza di quattro anni fa, non possiamo più fare affidamento sull’intervento pubblico. Oggi l’alternativa a una riforma radicale non è l’intervento dello stato in economia, ma l’interferenza sempre più cogente e pervasiva del mercato finanziario nella vita politica. Infatti, stante l’attuale forma delle istituzioni economiche, l’unica politica concessa è quella che viene giudicata adeguata dal mercato finanziario, indipendentemente dal suo contenuto. E che cosa vuole il mercato? Niente di chiaro e definito. Vuole soltanto essere rassicurato. Le manovre dei nostri governi possono essere opportune e risolutive, oppure insensate e controproducenti, ma, in ogni caso, se il mercato le reputa adeguate, ricomincia ad acquistare i nostri titoli, i rendimenti scendono, e noi siamo salvi. Come l’autocrate totalitario descritto da Koestler, il mercato ha sempre ragione, purché non si metta mai in dubbio la sua parola, anche se dovesse dichiarare ad ogni istante una verità nuova.



Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/crisi-manovra-b ... z2iZb1h1uw

Re: MODELLO SOCIALE EUROPEO e ECONOMIA DELLE CONOSCENZE

Inviato: 24/10/2013, 21:27
da mariok
— ECONOMIA
Cuba abbandona la doppia moneta
Era un sistema in vigore dal 1994: doveva servire a proteggere l'economia, ma non ha funzionato e il governo ne ha annunciato la fine

22 ottobre 2013

Martedì 22 ottobre il governo cubano di Raul Castro ha annunciato l’eliminazione del sistema della doppia moneta – basato sul peso comune e sul peso convertibile – in vigore nel paese dall’agosto del 1994. La decisione è stata resa pubblica da una nota di una decina di paragrafi pubblicata sul quotidiano cubano filo-governativo Granma.
Dal 1994 il sistema della doppia moneta prevede che gli abitanti di Cuba ricevano lo stipendio, paghino i prodotti e i servizi di base in pesos comuni (CUP), mentre per i prodotti importati e alcuni servizi, come il turismo, vengono utilizzati i pesos convertibili (CUC). Il sistema era stato introdotto dopo il crollo dell’Unione Sovietica, quando Cuba dovette affrontare una grave crisi economica causata dalla scomparsa di governi che erano stati per tanti anni i principali, a volte unici, destinatari dei suoi prodotti. Ogni peso convertibile equivale a 1 dollaro americano o a 25 pesos comuni. Il provvedimento governativo prevede che il valore del peso convertibile sia progressivamente unificato con il valore più basso del CUP. La nota su Granma spiega i motivi della scelta del governo cubano:
«L’unificazione della moneta e del tasso di cambio non è una misura che risolva da sola tutti i problemi attuali dell’economia, però l’applicazione di questa misura è imprescindibile al fine di garantire il ripristino del valore del peso cubano e delle sue funzioni come moneta, ovvero come unità di conto, mezzo di pagamento e riserva di valore.»
L’economia cubana è quasi interamente gestita dallo stato: nonostante il settore del turismo sia cresciuto parecchio dopo la fine dell’Unione Sovietica, Cuba è rimasta in una situazione di isolamento economico internazionale e di crisi. Il sistema della doppia moneta avrebbe dovuto proteggere l’economia di Cuba, ma nel corso degli anni ha prodotto alcuni effetti negativi: per prima cosa si è creata una disparità di ricchezza sempre più grande tra chi è pagato in CUP e chi invece ha accesso ai dollari o ai CUC provenienti dal settore del turismo o dal commercio estero; inoltre le due monete hanno creato due “mercati paralleli”, e un conseguente senso di esclusione economica di una fascia della popolazione cubana.
L’eliminazione del sistema della doppia moneta era stata pianificata fin dall’aprile del 2011, nell’ambito dell’ampio piano di riforme strutturali dell’economia decise da Raul Castro. Il governo di Cuba ha stabilito un calendario di massima per l’eliminazione del sistema della doppia moneta, ma non ha specificato nei dettagli le tempistiche: ha comunque aggiunto che il processo inizierà con il cambiamento dei sistemi informatici statali per la gestione dei registri contabili. L’agenzia di stampa Reuters, citando alcuni economisti cubani, ha scritto che il processo richiederà circa 18 mesi prima di essere concluso.

http://www.ilpost.it/2013/10/22/doppia-moneta-cuba/

Re: MODELLO SOCIALE EUROPEO e ECONOMIA DELLE CONOSCENZE

Inviato: 29/10/2013, 18:50
da antonio77
Per Mariok
il post sulla doppia moneta a Cuba non c entra nulla a mio avviso con la moneta comunale dell' intervista del prof. Fantacci.
il problema politico che abbiamo è di rilanciare lo stato-nazione dei comuni contro lo stato-mercato che è oggi l' Italia a causa del governo tecnocratico di Monti e del governo mercantilista del nipotino.

il tuo post è molto importante a mio avviso per l' Euro.

premesso che la politica monetaria e la teoria della moneta appartengono agli accademici economisti
il quantum di moneta da stampare ( il quantum di moneta LEGALE da stampare ) appartiene alla POLITICA.
Questa è stata un altra rivoluzione di Keynes.
Quindi sotto questo profilo la moneta appartiene alla SCIENZA POLITICA e non solo all' economia.
Questo lo abbiamo capito con l' EURO ma tardi.
In questo senso la BCE senza il controllo della politica non funziona e il povero Draghi sembra un ubriaco legato ad un lampione !!!

Per quanto ho capito a Cuba vi erano i ' turistici' coloro che vivono con il turismo con in tasca
il PESOS convertibile (CUC) che comprano della ottima carne e del pesce fresco e i gelati dei 'turisti'
mentre i cubani che vivono della moneta locale il PESOS cubano si fanno ( per stare in tema)
un fegato ..cosi !!!

L' argomento moneta in politica è un argomento complicato , vedere il comunismo di guerra e Vladimiro Lenin l' uomo piu tranquillo e sereno al mondo che in preda ad un esaurimento nervoso
girava per Mosca con una pistola per farsi giustizia degli economisti .

Il rublo sovietico si svalutava dell' 800% al giorno !!!

la vicenda EURO e la fine di questa classe politica incapace di gestire la moneta dimostra che la moneta è cosa difficile complessa e politica.

I bisogni necessari e i bisogni ' sociali' a Cuba.

La nonnetta a cuba che affitta le camere ( casa particolar) ai turisti va al mercato è compra quello che vuole l' operaio o il professore universitario sono li con il fegato in mano .

e uguaglianza questa ???

CHE FARE ? direbbe qualcuno.

unificare il pesos ??????

il pesos cubano viene cambiato con il pesos ' turistico' oggi in un rapporto di 1 a 25 .

dicono di unificare il pesos con un rapporto da 1 a 14.

Significa svalutare il pesos ( cuc) del 56%
questo va bene
ma significa anche rivalutare il pesos moneta locale del 44% !!!!

dal punto di vista strettamente politico per mantenere i prezzi attuali a livello reale devi aumentare il PIL del 44 %
stampando la stessa quantità di moneta in termini reali.

se Lenin fosse vivo il fratello di Fidel Castro verrebbe impiccato,
io sono contrario alla violenza ma non conosco l' opinione del popolo cubano in merito !!!

Re: MODELLO SOCIALE EUROPEO e ECONOMIA DELLE CONOSCENZE

Inviato: 01/11/2013, 0:24
da antonio77
ALLE ORIGINI DEL DIFFERENZIALE DELLO SVILUPPO ECONOMICO TEDESCO SU QUELLO ITALIANO.

Perché la Germania va cosi bene e noi italiotti d’ Italia andiamo cosi male ?
Va di moda il ‘ comparativismo’.
Il giornale il sole 24 ore ha svolto una analisi comparativa delle piastrelle italiane e tedesche nei bagni in tutto il mondo ed ha concluso che noi siamo ‘ er meio’ .

Perchè i proprietari delle società di calcio tedesche sono associazioni di tifosi mentre le sciagurate società di calcio italiane sono quotate in borsa ?

Per capire l’ origine del divario odierno tra Germania e Italia è necessario risalire all’ 800 esattamente 1862.

Due personaggi storici sono il simbolo di queste differenze.
Due testimonial a confronto.
Per la Germania il testimonial si chiama Otto Von Bismarck.
Per l’ Italia il testimonial si chiama Beppin Masutti

Il famosissimo Beppin Masutti lo conosciamo tutti, passiamo al meno conosciuto Von Bismarck.

Il prussiano Bismack divenne cancelliere del regno di Prussia esattamente della confederazione germanica del nord il 1862 e si dimise da cancelliere dell’ impero tedesco nel 1890.

Per capire l’ attuale sviluppo economico della Germania dobbiamo analizzare il periodo denominato ‘ impero bismarckiano’.

Bismarck e la politica.

Bismarck era un politico di professione VERO , Egli era un reazionario conservatore ma dotato di una notevole capacità di movimento.
Aveva il sedere enorme dentro le strutture fisse immobili del feudalesimo ma la testa rivolta verso l’ innovazione.

Era un prussiano appartenente agli junker una casta militare di proprietari terrieri , il futuro per lui era il feudalesimo il nemico da annientare erano i liberali ed i cattolici .

I liberali perchè volevano superare il suo ‘moderno’ feudalesimo e i cattolici perché volevano mettere il naso nella politica, nella sua politica.
Da politico fece una allenza con i liberali nazionali contro i liberali cattolici del partito di centro zetrum.

Contro il zetrun apri ai socialisti di Lassalle, a Marx giravano le…… palle, in quanto i socialisti avevano rapporti con un reazionario feudale.
Di parere contrario era Lassalle , lo stato secondo Lassale andava conquistato non abbattuto, le palle di Marx inventore dell’ internazionalismo socialista erano ..in centrifuga…secondo Lassalle ci voleva un grande stato tedesco ed è meglio una alleanza con gli statisti che con i piccoli borghese , insomma meglio i diritti sociali che i diritti individuali.

Marx risposte con la critica al programma di Gotha una imponente mitragliatta a Lassalle.

Bismarck fatta l’ alleanza con i liberali nazionali e imboniti i socialisti lassalliani , si concentrò sui cattolici liberali.
Furono botte da orbi !!
I vescovi cattolici non dovevano fare politica.
Inventò la kulturkampf , la ‘battaglia per la cultura’ , la sua battaglia per la cultura consisteva nei vescovi cattolici che entravano ed uscivano dalle galere ,
lui il cancelliere nominava i nuovi vescovi, ‘nazionalizzava’ le chiese ,
i programmi di scuola per i seminaristi li preparava Bismarck stesso
ed altre cose ‘culturali’.
Non sopportava i liberali che mettevano in discussione il potere degli junker cioè lui stesso.

Il 22 maggio 1875 ad Bismarck annunciarono la nascita del partito socialdemocratico tedesco, unificazione dei socialisti lassalliani con i socialisti marxisti.
Bismarck vide un cadavere pendolante dalla torre penso che era il suo!!!
Libero dalle carceri i vescovi cattolici dichiarò che la kulturkampf era finità.

E disse ‘ Adesso mi devo concentrare sui socialdemocratici !!’.
Furono ……botte da orbi !!!
Varo’ le leggi antisocialiste ( dal 1875 al 1879) , i deputati socialdemocratici dovettero vivere in parlamento, come uscivano dal parlamento rischiavano l’ arresto.
Dopo il bastone arriva la carota con leggi sociali , leggi contro gli infortuni, legge per la malattia e leggi per la previdenza sociale .
All’inizio non sempre funzionavano in quanto erano un po leggi stravaganti ma il messaggio era , non fate la rivoluzione io vi aiuto come buon padre di famiglia.
L’ imperatore Gugliemo I chiamava Bismarck il ‘ cavalliere ’.

Il nuovo imperatore Guglielmo III gli consigliò di andare in pensione e lui concluse che le battaglie per le 'culture' erano finite e si ritiro il 17 marzo 1890.

Bismarch è lo sviluppo economico.

Fondamentale per capire lo sviluppo della Germania di oggi ,unica nazione al mondo che riesce a sviluppare l’ ECONOMIA NELLA STABILITA’ dobbiamo capire le politiche di Bismarck sia nel modello di sviluppo dell’economia ma anche importantissimo nello sviluppo dei modelli organizzativi ancora attuali.

Lo stato tedesco tedesco dal 1862 epoca della nascita della confederazione del nord ebbe uno sviluppo impetuoso, il piu grande sviluppo di tutti i paesi nel mondo.
Il primo provvedimento che adottò il cancelliere furono i dazi sui cerali e sui prodotti agricoli una vera legge ad persona per lui e i suoi junker.
Gli industriali protestano perché aumentavano i prezzi dei prodotti agricoli importati,

il politico puro non si scompose introdusse dazi enormi per i manufatti importati nello stato tedesco.
Emma Von Marcecaglen presidente della confindustria tedesca ballo il bunga bunga nel palazzo del cancelliere tutta la notte.
Gli alleati liberali nazionali protestarono.

Lui rispose io sono più avanti di voi, e forse aveva ragione.
La confederazione degli stati germanici aveva una agricoltura basata sui latifondi degli junker vere imprese agricole con i salariati che erano poco piu che dei servi della gleba.
Diversa era la situazione agraria nel sud Bavaria li c ‘erano i coltivatori diretti .
Gli amici di Vladimiro Lenin comunisti dogmatici andavano in Bavaria prendevano il contadino e gli gridavano :’ Tu non sei il padrone ,tu non sei il proletario sfruttato , ma chi c….o sei ? , Qual è il tuo ruolo ? !!
In un certo senso li nacque l’ associazione coltivatori diretti e come dire che li nacque la democrazia cristiana ( italiana ) o Fanfani che più o meno era la stessa cosa.

Il sistema duale ( latifondo in prussia e nord e piccola aziende agricole bavaria sud) portò uno sviluppo dell’ agricoltura imponente.

Il cavaliere prusissiano militare juker organizzo l’ esercito in modo impressionante , lo sviluppo dell’ economia tedesca era anche dovuto allo sviluppo della flotta ( ferro) ,
divenne l’ esercito più potente al mondo e anche studiando gli articoli di strategia e tattica militare del socialista e pacifista Engels detto il generale l’ esercito tedesco sconfisse i francesi e costrui l’ impero tedesco.

Con un criterio militare organizzo la pubblica amministrazione facendo diventare l’ impero tedesco uno stato moderno, Bismarck camminava gridando’ Fannullone sarà lei ‘ !!!
Questa è una differenza importante con l’ Italia ancora oggi.

L’ industria pesante del carbone era nazionalizzata sotto il controllo di Bismarck.
La produzione di carbone nazionalizzata avveniva su basi di pianificazione economica, basata su un sviluppo del valore d’ uso delle materie prime strategiche.
Aveva inventato a livello di sistema paese un gigantesco sistema di autoconsumo,
se rimaneva un surplus di produzione lo immetteva nel mercato inglese.

Gli junker latifondisti pagavano gli operai agricoli con salari di sussistenza ( salario bronzeo) si ritrovarono una quantità di soldi enorme e inoltre con la solitudine della campagna, si annoiavano.

Per uscire dalla noia alcune famiglie di junker investirono nelle industrie pesanti ferro e metalli una quantità di denaro impressionante.
Lo sviluppo della grande industria superò la produzione inglese dopo la rivoluzione industriale e si crearono migliaia di posti di lavoro salariati in grandissimi stabilimenti.

A questo punto Von Bismarck ebbe una idea , chiamo i suoi amici calvinisti.
I calvinisti lavoravano 24 ore al giorno e odiavano i soldi, erano l’ ideale per le banche.

Finanziò la setta dei calvinisti che costrui prima delle banche commerciali, con i soldi guadagnati non sapevano cosa fare e quindi costruirono degli intermediari finanziari per investimenti di lungo periodo.

Con un sistema bancario cosi articolato non si poteva che sviluppare la piccola industria soft , l’ artigianato il piccolo commercio e soprattutto il settore tessile sia puro industriale sia il tessilmezzadro.

A questo punto Bismarck chiamo Von Tremonten ministro delle finanze , e gli chiese da dove venivano tutti i soldi del bilancio pubblico , un avanzo di bilancio mostruoso.

Von tremonten spiego che ‘ la mia speranza’ ( cosi chiamava il cavaliere, quello tedesco) in alcuni settori i dazi già molto alti li avete quintuplicati e inoltre le merce import estere viaggiavano in treno a prezzi enormi mentre le merci tedesche verso l'export viaggiavno a prezzi molto bassi .

Ormai la germania bismarchina aveva superato come PIL abbondantemente l’ inghilterra e gli Stati Uniti, L’ Italia di Beppin Masutti prima dell’unità d’ Italia e nel decennio successivo come vedremmo è ancora un altro modo.

Alcuni prequisiti economici e organizzativi sviluppati da Bismarch sono ancora oggi all’ origine del divario tra sistema tedesco e sistema italiano.

L’ Inghilterra e gli stati uniti sembravano pugili suonati, ogni giorno le merci tedesche sottraevano a loro mercati.

Per l’ Inghlterra una vera e propria invasione di prodotti e di merci tedesche.

La struttura sistemica dell’ economia tedesca aveva

a) un esercito potentissimo .
b) una pubblica amministrazione, organizzata ed efficiente, con una burocrazia di grande livello culturale e competente.
c) le industria di base nazionalizzate in regime di economia pianificata , struttura organizzativa amministrativa,
d) una industria pesante formata da junker veri tedeschi, con un enorme sviluppo della produzione .

d) una economia soft in cogestione con banche d investimento di lungo periodo, un mercato borsistico in cui Bismarch controllava tutto, i rendimenti delle azioni erano ‘programmati’ a rendimento fisso .


Il sistema tedesco era una gigantesca macchina di guerra industriale.

Solo il Giappone nel dopoguerra e l’ Unione Sovietica con il piano quinquennale hanno ottenuto risultati cosi straordinari.

Gli inglesi con la loro economia neomercantista ormai sconfitti organizzarono dei summit con gli americani .

Tre erano le proposte dei servizi segreti inglesi.

a) tramite una donna agente segreto molto avvenente il taglio dei genitali del cavaliere Von Bismarck.
b) Rapimento di Von Bismarck ed impicaggione a Milano in Piazza Loreto dicendo che erano stata l’ internazionale socialista.
c) Prima Guerra Mondiale.

La prima ipotesi fu scartata perché nessun agente segreto donna voleva affrontare l’ ira della moglie Von Bismarch donna cattiva e vendicativa.
La seconda ipotesi fu scartata perché non riuscirono a trovare all’ epoca nella cartina di Milano piazzale Loreto e inoltre il municipio di Milano aveva come avvocati la famiglia Pisapiam.
Il municipio avrebbe fatto causa per trasferimento di cadavere non autorizzato e le cause civili del rampollo Pisapiam erano più dolorose di una guerra.

Alla fine ormai la Germania inondava di merci l’ Inghilterra, gli Stati Uniti e non soddisfatti le colonie in africa e altri parti del mondo.

L’Inghilterra scelse la terza opzione .
Nel 1914 l’ Inghilterra dichiarò guerra , Prima Guerra Mondiale, all’ Impero Tedesco.


Il nostro Beppin Masutti tranquillo con il suo bellissimo capello la sua stupenda barba il suo vestito di fustagno marrone beveva una grande birra.