Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Scilabra: Ciancimino e Dell’Utri mi chiesero 20 miliardi per la Fininvest
di AMDuemila - 17 ottobre 2012
"Nel 1987 Vito Ciancimino e Marcello Dell'Utri vennero a trovarmi nella sede della Banca Popolare di Palermo per chiedermi un finanziamento da venti miliardi di vecchie lire per la Fininvest". Lo ha detto il banchiere in pensione Giovanni Scilabra, 74 anni, al processo d’appello contro il senatore Marcello Dell’Utri, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Scilabra, interrogato al pg Luigi Patronaggio, ha ripetuto oggi in aula quanto già anticipato nell'ottobre del 2010 ai magistrati della Dda di Palermo Antonino Di Matteo, Lia Sava e Antonio Ingroia che lo avevano interrogato dopo un'intervista rilasciata a il Fatto Quotidiano. L’ex direttore generale della Banca popolare di Palermo ha ricordato che l’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino si sarebbe recato con un giovane Marcello Dell'Utri - che nega di avere mai incontrato Ciancimino - nei suoi uffici per "chiedere un fido di 20 miliardi di lire da restituire in 36 mesi". Finanziamento che però non sarebbe stato concesso perché, ha spiegato Scilabra, "dopo una richiesta alla Centrale rischi della Banca d'Italia era emerso che la Fininvest era un'azienda a rischio".
Alla domanda su quale fosse il ruolo di Vito Ciancimino nella richiesta del prestito, Scilabra risponde al magistrato: "Signor Procuratore, a quell'epoca Ciancimino era il dominus di Palermo, ritengo che fosse intervenuto come mediatore. Ma stiamo parlando di 30 anni fa...". Mentre Dell'Utri "svolgeva il ruolo di consulente della Fininvest". In un primo momento Scilabra aveva sostenuto, nel 2010, che l'incontro fosse avvenuto nel 1986 ma oggi spiega: "Mi sono ricordato che è stato nel 1987, sono passati trent'anni quasi e non ricordo bene...".
Alla domanda del pg Patronaggio e della difesa del senatore, che gli hanno chiesto perché abbia aspettato così tanti anni per parlare, il teste ha allargato le braccia e ha risposto: "Perché avevo l'esigenza di dire la verità. Finalmente. Ero mosso da una forte passione civica". E “nella vita a un certo momento arriva il coraggio”, trovato “dopo 43 anni di lavoro”. Sempre su richiesta dei legali di Dell’Utri Scilabra ha inoltre dichiarato che a un certo punto avrebbe "ammazzato Silvio Berlusconi" con le sue mani, come riferito precedentemente ai pm Sava, Di Matteo e Ingroia.
Il processo è stato rinviato al prossimo 24 ottobre, data in cui si deciderà quando ascoltare i pentiti Gaetano Grado e Bruno Rossi, la cui deposizione è stata richiesta dal Pg Patronaggio e accolta dalla Corte. Grado, in diversi interrogatori, aveva sostenuto che “Marcello Dell’Utri era il cucchiaio per tutte le pentole, quindi vicino a tutte le famiglie di Cosa Nostra, soprattutto la mia”. In particolare Grado ritiene che Dell’Utri sarebbe stato il mediatore tra Cosa Nostra e le attività imprenditoriali di Sivlio Berlusconi per la realizzazione di Milano 1 e Milano 2.
http://www.antimafiaduemila.com/2012101 ... nvest.html
di AMDuemila - 17 ottobre 2012
"Nel 1987 Vito Ciancimino e Marcello Dell'Utri vennero a trovarmi nella sede della Banca Popolare di Palermo per chiedermi un finanziamento da venti miliardi di vecchie lire per la Fininvest". Lo ha detto il banchiere in pensione Giovanni Scilabra, 74 anni, al processo d’appello contro il senatore Marcello Dell’Utri, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Scilabra, interrogato al pg Luigi Patronaggio, ha ripetuto oggi in aula quanto già anticipato nell'ottobre del 2010 ai magistrati della Dda di Palermo Antonino Di Matteo, Lia Sava e Antonio Ingroia che lo avevano interrogato dopo un'intervista rilasciata a il Fatto Quotidiano. L’ex direttore generale della Banca popolare di Palermo ha ricordato che l’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino si sarebbe recato con un giovane Marcello Dell'Utri - che nega di avere mai incontrato Ciancimino - nei suoi uffici per "chiedere un fido di 20 miliardi di lire da restituire in 36 mesi". Finanziamento che però non sarebbe stato concesso perché, ha spiegato Scilabra, "dopo una richiesta alla Centrale rischi della Banca d'Italia era emerso che la Fininvest era un'azienda a rischio".
Alla domanda su quale fosse il ruolo di Vito Ciancimino nella richiesta del prestito, Scilabra risponde al magistrato: "Signor Procuratore, a quell'epoca Ciancimino era il dominus di Palermo, ritengo che fosse intervenuto come mediatore. Ma stiamo parlando di 30 anni fa...". Mentre Dell'Utri "svolgeva il ruolo di consulente della Fininvest". In un primo momento Scilabra aveva sostenuto, nel 2010, che l'incontro fosse avvenuto nel 1986 ma oggi spiega: "Mi sono ricordato che è stato nel 1987, sono passati trent'anni quasi e non ricordo bene...".
Alla domanda del pg Patronaggio e della difesa del senatore, che gli hanno chiesto perché abbia aspettato così tanti anni per parlare, il teste ha allargato le braccia e ha risposto: "Perché avevo l'esigenza di dire la verità. Finalmente. Ero mosso da una forte passione civica". E “nella vita a un certo momento arriva il coraggio”, trovato “dopo 43 anni di lavoro”. Sempre su richiesta dei legali di Dell’Utri Scilabra ha inoltre dichiarato che a un certo punto avrebbe "ammazzato Silvio Berlusconi" con le sue mani, come riferito precedentemente ai pm Sava, Di Matteo e Ingroia.
Il processo è stato rinviato al prossimo 24 ottobre, data in cui si deciderà quando ascoltare i pentiti Gaetano Grado e Bruno Rossi, la cui deposizione è stata richiesta dal Pg Patronaggio e accolta dalla Corte. Grado, in diversi interrogatori, aveva sostenuto che “Marcello Dell’Utri era il cucchiaio per tutte le pentole, quindi vicino a tutte le famiglie di Cosa Nostra, soprattutto la mia”. In particolare Grado ritiene che Dell’Utri sarebbe stato il mediatore tra Cosa Nostra e le attività imprenditoriali di Sivlio Berlusconi per la realizzazione di Milano 1 e Milano 2.
http://www.antimafiaduemila.com/2012101 ... nvest.html
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
L'arma (segreta) di Berlusconi:
ripartire con la lista «L'Italia che lavora»
Ma i primi sondaggi la collocano al 4-5 per cento
(Ap/Tarantino)
Credeva di aver trovato la soluzione, «ho trovato un coniglio nel cilindro», diceva Berlusconi, convinto di poter rovesciare le sorti avverse mettendosi alla testa di imprenditori, di giovani e persino di intellettuali: «L'Italia che lavora, così si chiamerà la mia lista». Perciò voleva far saltare l'intesa sulla riforma della legge elettorale, in modo da scegliere chi nominare in Parlamento, per questo aveva affidato ad alcune fedelissime deputate il compito di costituire un gruppo alla Camera.
L'avanguardia berlusconiana in Parlamento non avrebbe avuto solo il compito di testimoniare la nascita del progetto, sarebbe servita anche a evitare - grazie proprio alle norme del Porcellum - la macchinosa raccolta di firme in giro per l'Italia per la presentazione della lista. Il Cavaliere pensava davvero di aver risolto così ogni problema e di poter tornare a vincere, ricostruendo il fronte con la Lega e lasciando al Pdl gli oneri passivi insieme all'apparato. Era convinto che, trasformando il partito di cui è fondatore in una bad company, si sarebbe liberato dai debiti di una stagione fallimentare culminata con la caduta del suo governo.
Ma l'eugenetica non può essere applicata alla politica, non basta una lista dell'«Italia che lavora» per competere con le novità di Renzi e Grillo. Ancor più banalmente, non è cambiando l'ordine (e il nome) degli addendi che può cambiare la somma dei voti nelle urne. Anzi, è una regola che certe operazioni abbiano un saldo negativo. Anche perché i debiti finiscono comunque per ricadere sul leader e lo inseguono.
L'aveva avvisato per tempo Gianni Letta, «guarda Silvio che così non prenderesti più del 15%». E i sondaggi hanno dato ragione all'antico consigliere di Berlusconi, siccome la lista non raccoglierebbe più del 4-6%, e sarebbe superata persino dal Pdl, quotato in caso di spacchettamento tra l'8 e il 10%. Sono numeri che raccontano il paradosso di un Cavaliere che rottamerebbe il Cavaliere, condannandosi all'irrilevanza politica, «a una triste uscita di scena», come dice Matteoli. Di più: quei numeri evidenziano come il Pdl riuscirebbe a sopravvivere al suo leader, che continua a marcare la distanza dal suo partito.
Per questo motivo il gruppo dirigente ha deciso di sfruttare l'intervista della Santanchè al Foglio come casus belli: per quanto i rapporti tra Alfano e Berlusconi siano tesi, l'offensiva non va infatti interpretata come un gesto ostile verso il Cavaliere, semmai come un appello a rompere gli indugi, per farsi interprete e protagonista del rilancio del Pdl. «Bisogna portarlo a ragionare, senza mai rompere», spiegava sere fa Verdini nel corso di una riunione. Nessuno lavora a un 25 luglio, tuttavia c'è una bella differenza tra l'idea di «rottamare» e quella di «resettare» il Pdl.
Il fatto è che il capo per ora non ci sente e continua a cercare ispirazione nei colloqui con persone estranee alla politica. Nei giorni scorsi gli sono brillati gli occhi quando un imprenditore suo ospite lo ha esortato a un «grande gesto»: «Berlusconi deve fare Berlusconi». «E come?», gli ha chiesto il Cavaliere. «Tu devi denunciare il patto che ha portato alla nascita del governo Monti, dire che sei stato costretto ad appoggiarlo». «Ma così perderei le elezioni». «Sì, ma saresti coerente». Avanti un altro. Perché c'è sempre qualcuno che è pronto a vellicarne l'ego, perciò l'ex premier non si cura dei suggerimenti di chi lo segue da decenni. Gianni Letta più volte lo ha esortato a fare i conti con la cruda realtà, una settimana fa lo ha invitato a prendere per esempio in considerazione l'ipotesi di puntare sull'ex sindaco di Milano Albertini come candidato a Palazzo Chigi: sarebbe un modo per sfidare i centristi di Casini. Niente.
E siccome Berlusconi non ha bloccato l'opera di demolizione del Pdl da parte dei suoi fedelissimi, Alfano ha deciso di reagire. Perché era ormai chiaro il disegno: se è vero che il voto siciliano rappresenta un test politico, com'è possibile che il partito venga screditato dai suoi stessi dirigenti mentre è in corso la campagna elettorale? L'obiettivo era (e resta) quello di scaricare sul segretario la responsabilità dell'eventuale sconfitta, per chiederne poi la testa.
Si vedrà se il candidato del centrodestra Musumeci riuscirà a battere anche quanti dovrebbero stargli al fianco nella sfida con Crocetta. Intanto è stata preparata la contromossa, di cui peraltro Berlusconi è a conoscenza. È il progetto che Alfano aveva già presentato al Cavaliere, un po' modificato. Il segretario è pronto a varare il programma del partito, le nuove regole e una nuova squadra, nel segno di un «profondo ricambio». Non ha ancora deciso se muovere il passo già prima del voto in Sicilia, per giocare d'anticipo, ma la road map - concordata con il resto del gruppo dirigente - porterà il Pdl alla convention del 2 dicembre, quando si discuterà anche il cambio del nome e del simbolo.
«Il partito non si scioglie», su questo Alfano è stato chiaro con Casini, che mira a un patto solo con una parte del Pdl, depurata dagli ex An. Un'opzione scartata da Alfano, che ha fissato i confini della sua forza politica, «ancorata all'europeismo e al Ppe» e che non accetta «analisi del sangue». In attesa del risultato in Sicilia, sono a sua volta evidenti le difficoltà del progetto centrista, incapace di sfondare elettoralmente e ora colpito dal «caso Montecarlo» in cui è coinvolto Fini. Il leader di Fli si è rattristato per il modo in cui Casini lo ha invitato a dimettersi da presidente della Camera. È un ulteriore segno dello sgretolamento di un'area che un tempo fu maggioranza nel Paese.
Difficile immaginare una ricomposizione nel rassemblement dei moderati, è certo che il Pdl vuole giocarsi la partita della sopravvivenza. Con o senza Berlusconi, questo è il rebus tuttora irrisolto. Ma se il Cavaliere non ha ancora dato il via al suo progetto, c'è un motivo: all'operazione «Italia che lavora» manca il quid.
Francesco Verderami
20 ottobre 2012 (modifica il 21 ottobre 2012)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ripartire con la lista «L'Italia che lavora»
Ma i primi sondaggi la collocano al 4-5 per cento
(Ap/Tarantino)
Credeva di aver trovato la soluzione, «ho trovato un coniglio nel cilindro», diceva Berlusconi, convinto di poter rovesciare le sorti avverse mettendosi alla testa di imprenditori, di giovani e persino di intellettuali: «L'Italia che lavora, così si chiamerà la mia lista». Perciò voleva far saltare l'intesa sulla riforma della legge elettorale, in modo da scegliere chi nominare in Parlamento, per questo aveva affidato ad alcune fedelissime deputate il compito di costituire un gruppo alla Camera.
L'avanguardia berlusconiana in Parlamento non avrebbe avuto solo il compito di testimoniare la nascita del progetto, sarebbe servita anche a evitare - grazie proprio alle norme del Porcellum - la macchinosa raccolta di firme in giro per l'Italia per la presentazione della lista. Il Cavaliere pensava davvero di aver risolto così ogni problema e di poter tornare a vincere, ricostruendo il fronte con la Lega e lasciando al Pdl gli oneri passivi insieme all'apparato. Era convinto che, trasformando il partito di cui è fondatore in una bad company, si sarebbe liberato dai debiti di una stagione fallimentare culminata con la caduta del suo governo.
Ma l'eugenetica non può essere applicata alla politica, non basta una lista dell'«Italia che lavora» per competere con le novità di Renzi e Grillo. Ancor più banalmente, non è cambiando l'ordine (e il nome) degli addendi che può cambiare la somma dei voti nelle urne. Anzi, è una regola che certe operazioni abbiano un saldo negativo. Anche perché i debiti finiscono comunque per ricadere sul leader e lo inseguono.
L'aveva avvisato per tempo Gianni Letta, «guarda Silvio che così non prenderesti più del 15%». E i sondaggi hanno dato ragione all'antico consigliere di Berlusconi, siccome la lista non raccoglierebbe più del 4-6%, e sarebbe superata persino dal Pdl, quotato in caso di spacchettamento tra l'8 e il 10%. Sono numeri che raccontano il paradosso di un Cavaliere che rottamerebbe il Cavaliere, condannandosi all'irrilevanza politica, «a una triste uscita di scena», come dice Matteoli. Di più: quei numeri evidenziano come il Pdl riuscirebbe a sopravvivere al suo leader, che continua a marcare la distanza dal suo partito.
Per questo motivo il gruppo dirigente ha deciso di sfruttare l'intervista della Santanchè al Foglio come casus belli: per quanto i rapporti tra Alfano e Berlusconi siano tesi, l'offensiva non va infatti interpretata come un gesto ostile verso il Cavaliere, semmai come un appello a rompere gli indugi, per farsi interprete e protagonista del rilancio del Pdl. «Bisogna portarlo a ragionare, senza mai rompere», spiegava sere fa Verdini nel corso di una riunione. Nessuno lavora a un 25 luglio, tuttavia c'è una bella differenza tra l'idea di «rottamare» e quella di «resettare» il Pdl.
Il fatto è che il capo per ora non ci sente e continua a cercare ispirazione nei colloqui con persone estranee alla politica. Nei giorni scorsi gli sono brillati gli occhi quando un imprenditore suo ospite lo ha esortato a un «grande gesto»: «Berlusconi deve fare Berlusconi». «E come?», gli ha chiesto il Cavaliere. «Tu devi denunciare il patto che ha portato alla nascita del governo Monti, dire che sei stato costretto ad appoggiarlo». «Ma così perderei le elezioni». «Sì, ma saresti coerente». Avanti un altro. Perché c'è sempre qualcuno che è pronto a vellicarne l'ego, perciò l'ex premier non si cura dei suggerimenti di chi lo segue da decenni. Gianni Letta più volte lo ha esortato a fare i conti con la cruda realtà, una settimana fa lo ha invitato a prendere per esempio in considerazione l'ipotesi di puntare sull'ex sindaco di Milano Albertini come candidato a Palazzo Chigi: sarebbe un modo per sfidare i centristi di Casini. Niente.
E siccome Berlusconi non ha bloccato l'opera di demolizione del Pdl da parte dei suoi fedelissimi, Alfano ha deciso di reagire. Perché era ormai chiaro il disegno: se è vero che il voto siciliano rappresenta un test politico, com'è possibile che il partito venga screditato dai suoi stessi dirigenti mentre è in corso la campagna elettorale? L'obiettivo era (e resta) quello di scaricare sul segretario la responsabilità dell'eventuale sconfitta, per chiederne poi la testa.
Si vedrà se il candidato del centrodestra Musumeci riuscirà a battere anche quanti dovrebbero stargli al fianco nella sfida con Crocetta. Intanto è stata preparata la contromossa, di cui peraltro Berlusconi è a conoscenza. È il progetto che Alfano aveva già presentato al Cavaliere, un po' modificato. Il segretario è pronto a varare il programma del partito, le nuove regole e una nuova squadra, nel segno di un «profondo ricambio». Non ha ancora deciso se muovere il passo già prima del voto in Sicilia, per giocare d'anticipo, ma la road map - concordata con il resto del gruppo dirigente - porterà il Pdl alla convention del 2 dicembre, quando si discuterà anche il cambio del nome e del simbolo.
«Il partito non si scioglie», su questo Alfano è stato chiaro con Casini, che mira a un patto solo con una parte del Pdl, depurata dagli ex An. Un'opzione scartata da Alfano, che ha fissato i confini della sua forza politica, «ancorata all'europeismo e al Ppe» e che non accetta «analisi del sangue». In attesa del risultato in Sicilia, sono a sua volta evidenti le difficoltà del progetto centrista, incapace di sfondare elettoralmente e ora colpito dal «caso Montecarlo» in cui è coinvolto Fini. Il leader di Fli si è rattristato per il modo in cui Casini lo ha invitato a dimettersi da presidente della Camera. È un ulteriore segno dello sgretolamento di un'area che un tempo fu maggioranza nel Paese.
Difficile immaginare una ricomposizione nel rassemblement dei moderati, è certo che il Pdl vuole giocarsi la partita della sopravvivenza. Con o senza Berlusconi, questo è il rebus tuttora irrisolto. Ma se il Cavaliere non ha ancora dato il via al suo progetto, c'è un motivo: all'operazione «Italia che lavora» manca il quid.
Francesco Verderami
20 ottobre 2012 (modifica il 21 ottobre 2012)
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Tre dritte per B.
di Lidia Ravera
CARO BERLUSCONI,
mi consenta di darle due dritte per salvare quel che resta della sua faccia.
Dritta numero uno:
rida anche lei della “nipote di Mubarak” e del Bunga Bunga.
Ha già riso tutto il mondo, e nessuno resta serio, se non per allontanare i sospetti dalla sua persona.
Quindi smetta di giurare il falso tutto imbronciato.
Ci sono ore di intercettazioni e dichiarazioni.
Non ha una sola possibilità di risultare innocente.
Perciò,dritta numero due. Confessi con brio:
che le ragazze le fanno ribollire il sangue, che si annoia tutto il giorno e aspetta solo di poter raccontare barzellette la sera, che se non paga ha paura di essere emarginato o deriso, che la politica le è sempre sembrato un mezzo per arricchire e la ricchezza un mezzo per poter continuare a scopare.
Dica le cose come stanno, faccia autoscienza.
Ma lo sa quanti ce n'è che, sotto sotto, sono come lei ?
Ciascuno può vivere come vuole.
Basta che non “guidi” niente di più complesso di una Panda.
Né governi né partiti.
Né adesso né mai.
E questa sarebbe la terza dritta...
di Lidia Ravera
CARO BERLUSCONI,
mi consenta di darle due dritte per salvare quel che resta della sua faccia.
Dritta numero uno:
rida anche lei della “nipote di Mubarak” e del Bunga Bunga.
Ha già riso tutto il mondo, e nessuno resta serio, se non per allontanare i sospetti dalla sua persona.
Quindi smetta di giurare il falso tutto imbronciato.
Ci sono ore di intercettazioni e dichiarazioni.
Non ha una sola possibilità di risultare innocente.
Perciò,dritta numero due. Confessi con brio:
che le ragazze le fanno ribollire il sangue, che si annoia tutto il giorno e aspetta solo di poter raccontare barzellette la sera, che se non paga ha paura di essere emarginato o deriso, che la politica le è sempre sembrato un mezzo per arricchire e la ricchezza un mezzo per poter continuare a scopare.
Dica le cose come stanno, faccia autoscienza.
Ma lo sa quanti ce n'è che, sotto sotto, sono come lei ?
Ciascuno può vivere come vuole.
Basta che non “guidi” niente di più complesso di una Panda.
Né governi né partiti.
Né adesso né mai.
E questa sarebbe la terza dritta...
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
I VERBALI
Finmeccanica, l'accusa del dirigente
«Il ministro chiedeva l'11% di 5 miliardi»
Spunta una tangente da 550 milioni in una trattativa
con il Brasile. Indagato Scajola
NAPOLI - Una percentuale di «ritorno» pari all'11 per cento dell'appalto che in realtà nasconde il pagamento di tangenti a politici e faccendieri. Affari conclusi o avviati in quattro Stati grazie ai buoni rapporti dell'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e dei suoi uomini più fidati come l'ex ministro e coordinatore del Pdl Claudio Scajola. Sono i verbali di Lorenzo Borgogni, ex responsabile delle Relazioni istituzionali di Finmeccanica, a svelare ai pubblici ministeri Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock i retroscena delle commesse internazionali trattate in India, a Panama, in Indonesia e in Russia. Ma non solo. Perché l'ordinanza di arresto per il manager Paolo Pozzessere svela la presenza di altri testimoni preziosi, come il direttore generale di Fincantieri Giuseppe Bono e come lo stesso ex presidente e amministratore delegato della holding specializzata in sistemi di Difesa Pierfrancesco Guarguaglini, ascoltato dai magistrati come testimone.
«Vogliono l'11 per cento»
È il 10 novembre quando Borgogni viene interrogato sulla trattativa avviata da Fincantieri e Finmeccanica per la fornitura di 11 fregate militari al governo brasiliano che si era improvvisamente arenata. «Il canale tra l'Italia e il Brasile era rappresentato dall'onorevole Claudio Scajola e dal parlamentare napoletano Massimo Nicolucci e ciò perché Scajola era molto legato al ministro della Difesa brasiliano Jobin. Preciso che, anche se all'epoca Scajola era ministro dello Sviluppo economico il suo dicastero non aveva nulla a che fare con l'affare della fornitura delle fregate. Paolo Pozzessere, che curò i rapporti tra Fincantieri e Finmeccanica, mi disse di aver appreso dal dottor Giuseppe Bono (direttore generale di Fincantieri) che in cambio delle illustrate agevolazioni era stato pattuito un "ritorno" - che avrebbe dovuto pagare la stessa Fincantieri quale contratto di agenzia - dell'ammontare dell'11 per cento dell'affare complessivo pari per la sola Fincantieri a 2,5 miliardi di euro. Tale cifra di "ritorno" percentuale - secondo quanto riferitomi da Pozzessere - doveva essere parzialmente destinata tra Scajola e Nicolucci da una parte e Jobin dall'altra».
Il manager svela anche il coinvolgimento dei vertici di Finmeccanica: «In una fase immediatamente successiva appresi sia da Pozzessere sia dall'allora amministratore delegato Pierfrancesco Guarguaglini - evidentemente messo a parte da Pozzessere - che era stata chiesta anche a noi di Finmeccanica la stessa percentuale di "ritorno" dell'11 per cento della nostra parte in affari (pari anch'essa a 2,5 miliardi di euro). Al riguardo Guarguaglini mi disse di aver detto a Pozzessere che la percentuale massima di "ritorno" che lui era disposto a pagare era quella del 3 per cento. Come ho detto tale percentuale doveva essere pagata sia da Fincantieri, sia da Finmeccanica tramite la stipula di un contratto di agenzia in Brasile in capo a un agente evidentemente indicato dal ministro Jobin. Non so se Finmeccanica ha già stipulato tale contratto. Credo che Fincantieri l'abbia sicuramente stipulato. Almeno così mi è stato detto».
Berlusconi e l'Indonesia
Il 7 luglio 2011 Pozzessere, che non sa di avere il telefono sotto controllo, viene chiamato da Silvio Berlusconi.
Berlusconi: Senti sono qui con il nostro professore, il senatore Esteban Caselli che mi porta una lettera del signor James Sesliki che è il chairman della "Iached Limited", una società che dice di avere la possibilità di una vendita di aerei da trasporto fabbricati da voi per seicento milioni di dollari all'aeronautica militare indonesiana.
Pozzessere: Sì, esiste questa possibilità. È vero. È una cosa complessa...
Berlusconi: Ecco questo signore dice che può organizzare una riunione a Giakarta con il nuovo capo dell'aeronautica indonesiana e un emissario italiano di alto livello... Dice che è veramente fondamentale che questa vendita non contempli alcun elemento di agenti locali perché nel caso contrario è inevitabile che in Indonesia possano nascere degli scandali che pregiudicherebbero il contratto... io sono in grado di garantire la vendita libera da interferenze». Berlusconi fissa dunque l'appuntamento.
L'11 novembre Pozzessere viene interrogato come testimone per chiarire che cosa avvenne dopo questa telefonata. E dichiara: «Dopo qualche giorno mi chiamò il senatore Caselli (è uno dei senatori eletti all'estero, ndr ) mi disse che mi avrebbe presentato tale Tsatsiky, che era l'uomo che poteva aiutarci nella trattativa. Caselli fissò quindi un appuntamento con Tsatsiky nel mio ufficio e io convocai anche Giordo, amministratore delegato di Alenia. Caselli però mi richiamò e dette disdetta dicendo che Tsatsiky non gli aveva fornito sufficienti credenziali. Dopo un po' di tempo un mio collega responsabile di Finmeccanica a Londra, Alberto De Benedictis, mi disse di aver incontrato Tsatsiky il quale gli aveva detto che il senatore Caselli gli aveva chiesto dei soldi per farlo incontrare con me e per avere un mandato di agenzia da Finmeccanica, o meglio da Alenia. La cosa mi lasciò molto perplesso ma non avevo voglia di avvertire dell'accaduto Berlusconi e quindi dissi al "suo uomo" Valter Lavitola di raccontarglielo, dicendogli che ero molto seccato».
Anche Giuseppe Bono assegna al faccendiere questo ruolo quando racconta di essere andato a palazzo Grazioli per l'affare delle fregate dopo che Lavitola gli aveva chiesto «un compenso per l'attività svolta nella firma degli accordi e Berlusconi mi disse che lui era il suo fiduciario per il Brasile».
Fiorenza Sarzanini
24 ottobre 2012 | 9:53
Finmeccanica, l'accusa del dirigente
«Il ministro chiedeva l'11% di 5 miliardi»
Spunta una tangente da 550 milioni in una trattativa
con il Brasile. Indagato Scajola
NAPOLI - Una percentuale di «ritorno» pari all'11 per cento dell'appalto che in realtà nasconde il pagamento di tangenti a politici e faccendieri. Affari conclusi o avviati in quattro Stati grazie ai buoni rapporti dell'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e dei suoi uomini più fidati come l'ex ministro e coordinatore del Pdl Claudio Scajola. Sono i verbali di Lorenzo Borgogni, ex responsabile delle Relazioni istituzionali di Finmeccanica, a svelare ai pubblici ministeri Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock i retroscena delle commesse internazionali trattate in India, a Panama, in Indonesia e in Russia. Ma non solo. Perché l'ordinanza di arresto per il manager Paolo Pozzessere svela la presenza di altri testimoni preziosi, come il direttore generale di Fincantieri Giuseppe Bono e come lo stesso ex presidente e amministratore delegato della holding specializzata in sistemi di Difesa Pierfrancesco Guarguaglini, ascoltato dai magistrati come testimone.
«Vogliono l'11 per cento»
È il 10 novembre quando Borgogni viene interrogato sulla trattativa avviata da Fincantieri e Finmeccanica per la fornitura di 11 fregate militari al governo brasiliano che si era improvvisamente arenata. «Il canale tra l'Italia e il Brasile era rappresentato dall'onorevole Claudio Scajola e dal parlamentare napoletano Massimo Nicolucci e ciò perché Scajola era molto legato al ministro della Difesa brasiliano Jobin. Preciso che, anche se all'epoca Scajola era ministro dello Sviluppo economico il suo dicastero non aveva nulla a che fare con l'affare della fornitura delle fregate. Paolo Pozzessere, che curò i rapporti tra Fincantieri e Finmeccanica, mi disse di aver appreso dal dottor Giuseppe Bono (direttore generale di Fincantieri) che in cambio delle illustrate agevolazioni era stato pattuito un "ritorno" - che avrebbe dovuto pagare la stessa Fincantieri quale contratto di agenzia - dell'ammontare dell'11 per cento dell'affare complessivo pari per la sola Fincantieri a 2,5 miliardi di euro. Tale cifra di "ritorno" percentuale - secondo quanto riferitomi da Pozzessere - doveva essere parzialmente destinata tra Scajola e Nicolucci da una parte e Jobin dall'altra».
Il manager svela anche il coinvolgimento dei vertici di Finmeccanica: «In una fase immediatamente successiva appresi sia da Pozzessere sia dall'allora amministratore delegato Pierfrancesco Guarguaglini - evidentemente messo a parte da Pozzessere - che era stata chiesta anche a noi di Finmeccanica la stessa percentuale di "ritorno" dell'11 per cento della nostra parte in affari (pari anch'essa a 2,5 miliardi di euro). Al riguardo Guarguaglini mi disse di aver detto a Pozzessere che la percentuale massima di "ritorno" che lui era disposto a pagare era quella del 3 per cento. Come ho detto tale percentuale doveva essere pagata sia da Fincantieri, sia da Finmeccanica tramite la stipula di un contratto di agenzia in Brasile in capo a un agente evidentemente indicato dal ministro Jobin. Non so se Finmeccanica ha già stipulato tale contratto. Credo che Fincantieri l'abbia sicuramente stipulato. Almeno così mi è stato detto».
Berlusconi e l'Indonesia
Il 7 luglio 2011 Pozzessere, che non sa di avere il telefono sotto controllo, viene chiamato da Silvio Berlusconi.
Berlusconi: Senti sono qui con il nostro professore, il senatore Esteban Caselli che mi porta una lettera del signor James Sesliki che è il chairman della "Iached Limited", una società che dice di avere la possibilità di una vendita di aerei da trasporto fabbricati da voi per seicento milioni di dollari all'aeronautica militare indonesiana.
Pozzessere: Sì, esiste questa possibilità. È vero. È una cosa complessa...
Berlusconi: Ecco questo signore dice che può organizzare una riunione a Giakarta con il nuovo capo dell'aeronautica indonesiana e un emissario italiano di alto livello... Dice che è veramente fondamentale che questa vendita non contempli alcun elemento di agenti locali perché nel caso contrario è inevitabile che in Indonesia possano nascere degli scandali che pregiudicherebbero il contratto... io sono in grado di garantire la vendita libera da interferenze». Berlusconi fissa dunque l'appuntamento.
L'11 novembre Pozzessere viene interrogato come testimone per chiarire che cosa avvenne dopo questa telefonata. E dichiara: «Dopo qualche giorno mi chiamò il senatore Caselli (è uno dei senatori eletti all'estero, ndr ) mi disse che mi avrebbe presentato tale Tsatsiky, che era l'uomo che poteva aiutarci nella trattativa. Caselli fissò quindi un appuntamento con Tsatsiky nel mio ufficio e io convocai anche Giordo, amministratore delegato di Alenia. Caselli però mi richiamò e dette disdetta dicendo che Tsatsiky non gli aveva fornito sufficienti credenziali. Dopo un po' di tempo un mio collega responsabile di Finmeccanica a Londra, Alberto De Benedictis, mi disse di aver incontrato Tsatsiky il quale gli aveva detto che il senatore Caselli gli aveva chiesto dei soldi per farlo incontrare con me e per avere un mandato di agenzia da Finmeccanica, o meglio da Alenia. La cosa mi lasciò molto perplesso ma non avevo voglia di avvertire dell'accaduto Berlusconi e quindi dissi al "suo uomo" Valter Lavitola di raccontarglielo, dicendogli che ero molto seccato».
Anche Giuseppe Bono assegna al faccendiere questo ruolo quando racconta di essere andato a palazzo Grazioli per l'affare delle fregate dopo che Lavitola gli aveva chiesto «un compenso per l'attività svolta nella firma degli accordi e Berlusconi mi disse che lui era il suo fiduciario per il Brasile».
Fiorenza Sarzanini
24 ottobre 2012 | 9:53
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Pdl, l'annuncio di Berlusconi
"Non mi ricandido, ora primarie"
L'ex premier annuncia in una nota il suo ritiro: "Faccio un passo indietro per amore dell'Italia ma rimango a fianco dei più giovani". Poi suggerisce come il giorno della consultazione il 16 dicembre: entro quella data, "sapremo chi sarà il mio successore". Santanché: "Mi candiderò assolutamente"
ROMA - "Per amore dell'Italia si possono fare pazzie e cose sagge. Diciotto anni fa sono entrato in campo, una follia non priva di saggezza: ora preferisco fare un passo indietro per le stesse ragioni d'amore che mi spinsero a muovermi allora". Lo dice Silvio Berlusconi, che annuncia: "Non ripresenterò la mia candidatura a premier ma rimango a fianco dei più giovani che debbono giocare e fare gol. Ho ancora buoni muscoli e un po' di testa, ma quel che mi spetta è dare consigli, offrire memoria, raccontare e giudicare senza intrusività". Inoltre l'ex premier annuncia che il 16 dicembre si faranno le primarie del Pdl. "Con elezioni primarie aperte nel Popolo della Libertà, sapremo entro dicembre chi sarà il mio successore, dopo una competizione serena e libera tra personalità diverse e idee diverse cementate da valori comuni. Il movimento fisserà la data in tempi ravvicinati, io suggerisco quella del 16 dicembre, saranno gli italiani", a scegliere. E all'annuncio ha risposto dopo poco Daniela Santanchè: "Mi candiderò assolutamente" alle
primarie del Pdl appena indette da Berlusconi.
"Siamo stati chiamati spregiativamente - ha continuato Berlusconi - populisti e antipolitici della prima ora. Siamo stati in effetti sostenitori di un'idea di alternanza alla guida dello Stato sostenuta dal voto popolare conquistato con la persuasione che crea consenso", ha detto ancora l'ex premier. "Sono personalmente fiero e cosciente dei limiti
della mia opera e dell'opera collettiva che abbiamo intrapreso, per avere realizzato la riforma delle riforme rendendo viva, palpitante ed emozionante la partecipazione alla vita pubblica dei cittadini. Questo non poteva che avere un prezzo, la deriva verso ideologismi e sentimenti di avversione personale, verso denigrazioni e delegittimazioni faziose che non hanno fatto il bene dell'Italia" e poi ha concluso: "La continuità con lo sforzo riformatore cominciato diciotto anni fa è in pericolo serio. Una coalizione di sinistra che vuole tornare indietro alle logiche di centralizzazione pianificatrice che hanno prodotto la montagna del debito pubblico e l'esplosione del paese corporativo e pigro che conosciamo, chiede di governare con uno stuolo di professionisti di partito educati e formati nelle vecchie ideologie egualitarie, solidariste e collettiviste del Novecento. Sta al Popolo della Libertà, al segretario Angelino Alfano, e a una generazione giovane che riproduca il miracolo del 1994, dare una seria e impegnativa battaglia per fermare questa deriva".
Poi ha riconosciuto i meriti di Mario Monti: "Sono stati commessi errori, alcuni riparabili a partire dalle correzioni alla legge di stabilità 1 e ad alcune misure fiscali sbagliate, ma la direzione riformatrice e liberale è stata sostanzialmente chiara". E Monti sembra chiuso nella tenaglia tra Pd e Pdl, con Berlusconi che ieri sera ha iniziato a incalzarlo sulle tasse "perché non possiamo farci scavalcare da Bersani su questo tema", ha detto ieri Berlusconi ai suoi prima di entrare a Palazzo Chigi per una cena con il presidente del Consiglio, Gianni Letta e Angelino Alfano. Pur senza arrivare a minacciare la crisi di governo come gli hanno consigliato i falchi anti-Monti del Pdl, Berlusconi, contro il parere di Formigoni e Albertini, ha aperto un tavolo di trattativa con Roberto Maroni. La crisi della giunta lombarda gli ha consentito di riaprire una partita che sembrava persa, quella dell'alleanza nazionale alle politiche con il Carroccio maroniano. Oltre alla concessione a Maroni della candidatura a presidente della Lombardia, tre sono le modifiche che il Pdl ha chiesto al governo. Cancellare "l'abominio" della retroattività delle norme sfavorevoli sulle detrazioni. No all'aumento dell'Iva. E se proprio si vuole ridurre l'Irpef, come ha spiegato l'ex sottosegretario all'Economia Luigi Casero, "andando a incidere davvero e non con un intervento che non cambia nulla, la strada è procedere con il taglio delle spese pubbliche e l'abbattimento del debito".
Le reazioni. "Questa è una vittoria per il Popolo della Libertà che ha bisogno di rimettere le scelte nelle mani degli italiani. Un bisogno che Berlusconi ha capito prima degli altri. Ripartire con lo spirito del 1994 significa questo", ha detto a Tgcom24 Giorgia Meloni (Pdl) dopo la divulgazione della nota del cavaliere. "Chiunque è un candidato perfetto perché abbiamo un'ampia classe dirigente molto bella. Di identikit se ne possono fare molti". Che sia una scelta "generosa" quella di celebrare le primarie il 16 dicembre è il commento del presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: "E' una decisione generosa, aperta al futuro, che mobilita e rilancia il popolo del centrodestra". Per Guido Crosetto, deputato del pdl "il passo indietro Berlusconi lo ha fatto una mese fa. Io chiedo le primarie da tempo e sono contento che il passo avanti in tal senso lo abbia fatto sempre Berlusconi. Ci saranno almeno tre e quattro candidati. Tuttavia è prematuro fare nomi". "Rispetto la decisione di Berlusconi di ritirarsi. Per il Paese, per l'Italia che lui tanto ama e al quale ha sacrificato vita e felicità, oggi viceversa è una pagina triste", ha detto invece Michaela Biancofiore, coordinatore per l'ex premier in Trentino Alto Adige.
(24 ottobre 2012)
perfetto, ora attendiamo trepidanti la "svolta" annunciata N volte da Angelino
"Non mi ricandido, ora primarie"
L'ex premier annuncia in una nota il suo ritiro: "Faccio un passo indietro per amore dell'Italia ma rimango a fianco dei più giovani". Poi suggerisce come il giorno della consultazione il 16 dicembre: entro quella data, "sapremo chi sarà il mio successore". Santanché: "Mi candiderò assolutamente"
ROMA - "Per amore dell'Italia si possono fare pazzie e cose sagge. Diciotto anni fa sono entrato in campo, una follia non priva di saggezza: ora preferisco fare un passo indietro per le stesse ragioni d'amore che mi spinsero a muovermi allora". Lo dice Silvio Berlusconi, che annuncia: "Non ripresenterò la mia candidatura a premier ma rimango a fianco dei più giovani che debbono giocare e fare gol. Ho ancora buoni muscoli e un po' di testa, ma quel che mi spetta è dare consigli, offrire memoria, raccontare e giudicare senza intrusività". Inoltre l'ex premier annuncia che il 16 dicembre si faranno le primarie del Pdl. "Con elezioni primarie aperte nel Popolo della Libertà, sapremo entro dicembre chi sarà il mio successore, dopo una competizione serena e libera tra personalità diverse e idee diverse cementate da valori comuni. Il movimento fisserà la data in tempi ravvicinati, io suggerisco quella del 16 dicembre, saranno gli italiani", a scegliere. E all'annuncio ha risposto dopo poco Daniela Santanchè: "Mi candiderò assolutamente" alle
primarie del Pdl appena indette da Berlusconi.
"Siamo stati chiamati spregiativamente - ha continuato Berlusconi - populisti e antipolitici della prima ora. Siamo stati in effetti sostenitori di un'idea di alternanza alla guida dello Stato sostenuta dal voto popolare conquistato con la persuasione che crea consenso", ha detto ancora l'ex premier. "Sono personalmente fiero e cosciente dei limiti
della mia opera e dell'opera collettiva che abbiamo intrapreso, per avere realizzato la riforma delle riforme rendendo viva, palpitante ed emozionante la partecipazione alla vita pubblica dei cittadini. Questo non poteva che avere un prezzo, la deriva verso ideologismi e sentimenti di avversione personale, verso denigrazioni e delegittimazioni faziose che non hanno fatto il bene dell'Italia" e poi ha concluso: "La continuità con lo sforzo riformatore cominciato diciotto anni fa è in pericolo serio. Una coalizione di sinistra che vuole tornare indietro alle logiche di centralizzazione pianificatrice che hanno prodotto la montagna del debito pubblico e l'esplosione del paese corporativo e pigro che conosciamo, chiede di governare con uno stuolo di professionisti di partito educati e formati nelle vecchie ideologie egualitarie, solidariste e collettiviste del Novecento. Sta al Popolo della Libertà, al segretario Angelino Alfano, e a una generazione giovane che riproduca il miracolo del 1994, dare una seria e impegnativa battaglia per fermare questa deriva".
Poi ha riconosciuto i meriti di Mario Monti: "Sono stati commessi errori, alcuni riparabili a partire dalle correzioni alla legge di stabilità 1 e ad alcune misure fiscali sbagliate, ma la direzione riformatrice e liberale è stata sostanzialmente chiara". E Monti sembra chiuso nella tenaglia tra Pd e Pdl, con Berlusconi che ieri sera ha iniziato a incalzarlo sulle tasse "perché non possiamo farci scavalcare da Bersani su questo tema", ha detto ieri Berlusconi ai suoi prima di entrare a Palazzo Chigi per una cena con il presidente del Consiglio, Gianni Letta e Angelino Alfano. Pur senza arrivare a minacciare la crisi di governo come gli hanno consigliato i falchi anti-Monti del Pdl, Berlusconi, contro il parere di Formigoni e Albertini, ha aperto un tavolo di trattativa con Roberto Maroni. La crisi della giunta lombarda gli ha consentito di riaprire una partita che sembrava persa, quella dell'alleanza nazionale alle politiche con il Carroccio maroniano. Oltre alla concessione a Maroni della candidatura a presidente della Lombardia, tre sono le modifiche che il Pdl ha chiesto al governo. Cancellare "l'abominio" della retroattività delle norme sfavorevoli sulle detrazioni. No all'aumento dell'Iva. E se proprio si vuole ridurre l'Irpef, come ha spiegato l'ex sottosegretario all'Economia Luigi Casero, "andando a incidere davvero e non con un intervento che non cambia nulla, la strada è procedere con il taglio delle spese pubbliche e l'abbattimento del debito".
Le reazioni. "Questa è una vittoria per il Popolo della Libertà che ha bisogno di rimettere le scelte nelle mani degli italiani. Un bisogno che Berlusconi ha capito prima degli altri. Ripartire con lo spirito del 1994 significa questo", ha detto a Tgcom24 Giorgia Meloni (Pdl) dopo la divulgazione della nota del cavaliere. "Chiunque è un candidato perfetto perché abbiamo un'ampia classe dirigente molto bella. Di identikit se ne possono fare molti". Che sia una scelta "generosa" quella di celebrare le primarie il 16 dicembre è il commento del presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri: "E' una decisione generosa, aperta al futuro, che mobilita e rilancia il popolo del centrodestra". Per Guido Crosetto, deputato del pdl "il passo indietro Berlusconi lo ha fatto una mese fa. Io chiedo le primarie da tempo e sono contento che il passo avanti in tal senso lo abbia fatto sempre Berlusconi. Ci saranno almeno tre e quattro candidati. Tuttavia è prematuro fare nomi". "Rispetto la decisione di Berlusconi di ritirarsi. Per il Paese, per l'Italia che lui tanto ama e al quale ha sacrificato vita e felicità, oggi viceversa è una pagina triste", ha detto invece Michaela Biancofiore, coordinatore per l'ex premier in Trentino Alto Adige.
(24 ottobre 2012)
perfetto, ora attendiamo trepidanti la "svolta" annunciata N volte da Angelino
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- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
"Chiunque è un candidato perfetto perché abbiamo un'ampia classe dirigente molto bella. Di identikit se ne possono fare molti".
Giorgia Meloni
Al gusto dell’orrido non c’è mai fine.
Scajola
Formigoni
Verdini
La Russa
gas parri
Cicchito (Mister simpatia – sono vent’anni consecutivi che vince l’omonimo premio)
Quagliariello
Alfano (fa venire i vermi ai bambini quando compare in Tv)
Santanchè
Biancofiore ( con una donna così meglio diventare gay - Ti distrugge in un’ora solo a sentirla parlare)
Brambilla
Bernini Annamaria (te la raccomando)
Santelli Jole (pure)
Gelmini (sta rincorrendo i neutrini- te la raccomando)
Carfagna (si salva per il suo fisico)
Zanicchi Iva (che fa torna dopo aver varato un suo movimento disgustata? O rimane disgustata?
………………….Sua dichiarazione: Tutte le donne del Pdl sono innamorate di Renzi. Chissà perché!
«Se Renzi decidesse di fare un nuovo partito - ha continuato Zanicchi - secondo me rischia di diventare il primo partito in Italia». «Speriamo di no», ha poi aggiunto con un sorriso. «A pelle mi piace molto - ha confessato -, però non tradirei mai Berlusconi per Renzi. Per ora». «Renzi - ha proseguito - ha una grande personalità, è un bravo sindaco, sa parlare alla gente ed anche un bell'ometto».
Giorgia Meloni
Al gusto dell’orrido non c’è mai fine.
Scajola
Formigoni
Verdini
La Russa
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Cicchito (Mister simpatia – sono vent’anni consecutivi che vince l’omonimo premio)
Quagliariello
Alfano (fa venire i vermi ai bambini quando compare in Tv)
Santanchè
Biancofiore ( con una donna così meglio diventare gay - Ti distrugge in un’ora solo a sentirla parlare)
Brambilla
Bernini Annamaria (te la raccomando)
Santelli Jole (pure)
Gelmini (sta rincorrendo i neutrini- te la raccomando)
Carfagna (si salva per il suo fisico)
Zanicchi Iva (che fa torna dopo aver varato un suo movimento disgustata? O rimane disgustata?
………………….Sua dichiarazione: Tutte le donne del Pdl sono innamorate di Renzi. Chissà perché!
«Se Renzi decidesse di fare un nuovo partito - ha continuato Zanicchi - secondo me rischia di diventare il primo partito in Italia». «Speriamo di no», ha poi aggiunto con un sorriso. «A pelle mi piace molto - ha confessato -, però non tradirei mai Berlusconi per Renzi. Per ora». «Renzi - ha proseguito - ha una grande personalità, è un bravo sindaco, sa parlare alla gente ed anche un bell'ometto».
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
La rivincita dei nerds...
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
"Rispetto la decisione di Berlusconi di ritirarsi. Per il Paese, per l'Italia che lui tanto ama e al quale ha sacrificato vita e felicità, oggi viceversa è una pagina triste", ha detto invece Michaela Biancofiore, coordinatore per l'ex premier in Trentino Alto Adige.
Succedeva così anche con Mussolini......non finisce mai
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Insomma ha deciso di togliersi dai piedi.Adesso pdl fa le primarie come il PD oltre ad Alfano possono concorrere altri personaggi tipo Marcegalia Montezzemolo ecc....Staremo a vedere nei giorni futuri se,Casini se torna nel sul alveo naturale dei popolari quindi dentro al Pdl.
Ciao
Paolo11
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Paolo11
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