Di Pietro
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Re: Di Pietro
Beh, però ha chiaremente detto che:
- la magistratura deve andare avanti e non guardare in faccia a nessuno
- il consigliere deve lasciare tutte le cariche e farsi giudicare, senza esitazione
casini disse che si sarebbe dimesso in caso di arresto di cuffaro (poi non si dimise). La discarica delle libertà fa la guerra ai giudici da anni. Il pd si è alleato con questi due.
Certo, più attenzione a chi si candida va fatta.
- la magistratura deve andare avanti e non guardare in faccia a nessuno
- il consigliere deve lasciare tutte le cariche e farsi giudicare, senza esitazione
casini disse che si sarebbe dimesso in caso di arresto di cuffaro (poi non si dimise). La discarica delle libertà fa la guerra ai giudici da anni. Il pd si è alleato con questi due.
Certo, più attenzione a chi si candida va fatta.
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
Robert Harris, "Archangel"
Re: Di Pietro
Erosa da Grillo, esclusa dal Pd e spaccata all’interno. Dove va l’Idv di Di Pietro
di Luca De Carolis | 20 ottobre 2012
L’Italia dei Valori vive giorni a dir poco complicati, stretta tra casi giudiziari, difficoltà politiche, sondaggi non proprio ottimistici e la possibile esclusione dalla coalizione di centrosinistra. Sullo sfondo le forti tensioni interne al partito. Abbiamo chiesto a due rappresentati del movimento di Antonio Di Pietro di raccontare cosa sta succedendo. Per il senatore Luigi Li Gotti, dipietrista doc (“ma credo convintamente nel partito”), sottosegretario alla Giustizia nel secondo governo Prodi, Di Pietro non è all’angolo e l’Idv non è spaccata. Nelle ultimi riunioni abbiamo votato all’unanimità”. Li Gotti è ottimista: “L’alleanza con il Pd ci sarà, senza di noi non vincono”. Più critico Massimo Donadi, capogruppo alla Camera ma sempre più in rotta con il segretario. La frattura nel gruppo dirigente dell’Idv – dice – c’è stata, ed è stata anche profonda. Ma ora siamo uniti sull’adesione al centrosinistra, e Di Pietro rimane il nostro leader”. Donadi è fermo nel volere l’alleanza con il Pd. E annuncia: “Voterò Bersani alle primarie”.
In diverse regioni piovono ombre su vostri dirigenti. Per voi è un momento complicato.
Sì. Casi come quello di Vincenzo Maruccio (ex capogruppo in Regione Lazio, accusato di peculato, ndr) per noi sono ferite. Anche se i suoi avvocati ci hanno assicurato che proverà la sua estraneità. Ma dobbiamo rimanere diversi dagli altri partiti.
Molti hanno detto: il solito problema dell’Idv, Di Pietro seleziona male i dirigenti.
Al suo posto, avrei fatto molti più errori. Dovremo ripartire da controlli più rigidi e da un diverso metodo di selezione.
Un metodo più democratico?
È chiaro che un collettivo vede meglio di una sola persona.
Da qui, si passa al tema dell’Idv personalistico, dove Di Pietro decide quasi tutto…
Di Pietro è un politico sopraffino, sa che il modello del partito personalistico non funziona più. Ha già annunciato che dopo le elezioni toglierà il suo nome dal simbolo.
Sulla linea politica però vi siete scontrati. Lui voleva rompere con il Pd, lei no.
All’interno del partito c’è stata forte discussione tra chi riteneva di rompere con il centrosinistra e chi invece voleva restare in coalizione. Ora Di Pietro, con la sottoscrizione della carta d’intenti del centrosinistra, ha chiarito il percorso.
Intanto Bersani vi ha escluso. Perché?
Noi, e dico tutti noi, siamo fortemente all’opposizione del governo Monti, perché ha ridato smalto all’immagine dell’Italia sulla pelle della povera gente. Quello che ci ha diviso dal Pd è l’eccesso di foga nel criticare il governo e chi lo sosteneva. Ma ora l’Idv ha offerto il ramoscello d’ulivo: credo che i democratici ci stiano ripensando.
Ha avuto contatti che lo confermano?
No, ma i numeri sono chiari: senza l’Idv il centrosinistra non può essere maggioranza e non può governare. L’alternativa è la conferma di Monti, per cui spingono in tanti: qualcuno anche nel Pd.
Quindi è ottimista.
Credo che il riavvicinamento ci sarà.
L’Espresso scrive di comitati dell’Idv per Bersani, e la descrive come uno dei più favorevoli alla cosa.
Favole: andrò “solo” a votare per Bersani alle primarie, e cercherò di convincere altri a farlo. Lui può essere l’unificatore del centrosinistra. Renzi? Mi pare una candidatura che rompe anziché unire.
Senatore, l’Idv pare soffrire il caso Maruccio.
Stiamo affrontando un momento di grande sofferenza, per episodi gravissimi. Ma ora è il tempo della reazione e dell’orgoglio . Dobbiamo ripartire, con misure ancora più severe per tutelare il nostro partito.
Ma il problema della selezione dei dirigenti c’è.
Premesso che la presunzione di innocenza vale per tutti, il fatto è che in pochi anni siamo passati dal 2% al 7-8%. Una crescita così rapida rende difficile controllare tutto, verificare anche a livello locale. E comunque, noi non voltiamo le spalle di fronte a casi del genere, come fanno altri partiti.
Lei parla di percentuali. Gli ultimi sondaggi danno l’Idv al 6% (Ipsos), e c’è chi la dà al 4,3% (Swg). Preoccupato?
No, siamo comunque sopra al 4% delle scorse politiche. La contrazione può esserci rispetto ad europee e regionali, che sono un’altra cosa. E poi la tendenza è attorno al 6%, che mi pare un dato importante.
Grillo ha tolto tanti voti all’Idv: vero o falso?
C’è affinità tra i nostri elettori, è vero. Lui porta avanti un discorso di protesta, noi lavoriamo di più all’alternativa, alla proposta.
Intanto però Bersani vi ha escluso dall’alleanza. Di Pietro è rimasto all’angolo?
No, affatto. Lui, assieme a tutta l’Idv, lavora per una coalizione di centrosinistra, quella che ha vinto le amministrative. La nostra opposizione al governo Monti, e a suoi provvedimenti votati anche dal Pd, ha creato un problema di rapporti, contigente. Ora bisogna partire dal programma: i nostri punti fermi, dalla giustizia alla solidarietà e al lavoro, non sono diversi da quelli del Pd e di Sel. Soprattutto, l’agenda Monti non compare nella carta d’intenti.
Nel vostro gruppo dirigente sono volati stracci.
Ci siamo solo confrontati. E nelle ultime riunioni tutti i documenti sono stati votati all’unanimità. Lavoriamo uniti a un’alternativa di governo.
Crede che la coalizione si ricompatterà?
Senza l’Idv il centrosinistra non può arrivare al 40% e al premio di maggioranza, quindi non può governare. Non vedo come possa fare a meno di noi.
Un consiglio che darebbe a Di Pietro?
Lui è molto esplicito nei giudizi, non fa calcoli. Può essere un difetto, ma in fondo è anche un pregio.
da Il Fatto Quotidiano del 20 ottobre 2012
di Luca De Carolis | 20 ottobre 2012
L’Italia dei Valori vive giorni a dir poco complicati, stretta tra casi giudiziari, difficoltà politiche, sondaggi non proprio ottimistici e la possibile esclusione dalla coalizione di centrosinistra. Sullo sfondo le forti tensioni interne al partito. Abbiamo chiesto a due rappresentati del movimento di Antonio Di Pietro di raccontare cosa sta succedendo. Per il senatore Luigi Li Gotti, dipietrista doc (“ma credo convintamente nel partito”), sottosegretario alla Giustizia nel secondo governo Prodi, Di Pietro non è all’angolo e l’Idv non è spaccata. Nelle ultimi riunioni abbiamo votato all’unanimità”. Li Gotti è ottimista: “L’alleanza con il Pd ci sarà, senza di noi non vincono”. Più critico Massimo Donadi, capogruppo alla Camera ma sempre più in rotta con il segretario. La frattura nel gruppo dirigente dell’Idv – dice – c’è stata, ed è stata anche profonda. Ma ora siamo uniti sull’adesione al centrosinistra, e Di Pietro rimane il nostro leader”. Donadi è fermo nel volere l’alleanza con il Pd. E annuncia: “Voterò Bersani alle primarie”.
In diverse regioni piovono ombre su vostri dirigenti. Per voi è un momento complicato.
Sì. Casi come quello di Vincenzo Maruccio (ex capogruppo in Regione Lazio, accusato di peculato, ndr) per noi sono ferite. Anche se i suoi avvocati ci hanno assicurato che proverà la sua estraneità. Ma dobbiamo rimanere diversi dagli altri partiti.
Molti hanno detto: il solito problema dell’Idv, Di Pietro seleziona male i dirigenti.
Al suo posto, avrei fatto molti più errori. Dovremo ripartire da controlli più rigidi e da un diverso metodo di selezione.
Un metodo più democratico?
È chiaro che un collettivo vede meglio di una sola persona.
Da qui, si passa al tema dell’Idv personalistico, dove Di Pietro decide quasi tutto…
Di Pietro è un politico sopraffino, sa che il modello del partito personalistico non funziona più. Ha già annunciato che dopo le elezioni toglierà il suo nome dal simbolo.
Sulla linea politica però vi siete scontrati. Lui voleva rompere con il Pd, lei no.
All’interno del partito c’è stata forte discussione tra chi riteneva di rompere con il centrosinistra e chi invece voleva restare in coalizione. Ora Di Pietro, con la sottoscrizione della carta d’intenti del centrosinistra, ha chiarito il percorso.
Intanto Bersani vi ha escluso. Perché?
Noi, e dico tutti noi, siamo fortemente all’opposizione del governo Monti, perché ha ridato smalto all’immagine dell’Italia sulla pelle della povera gente. Quello che ci ha diviso dal Pd è l’eccesso di foga nel criticare il governo e chi lo sosteneva. Ma ora l’Idv ha offerto il ramoscello d’ulivo: credo che i democratici ci stiano ripensando.
Ha avuto contatti che lo confermano?
No, ma i numeri sono chiari: senza l’Idv il centrosinistra non può essere maggioranza e non può governare. L’alternativa è la conferma di Monti, per cui spingono in tanti: qualcuno anche nel Pd.
Quindi è ottimista.
Credo che il riavvicinamento ci sarà.
L’Espresso scrive di comitati dell’Idv per Bersani, e la descrive come uno dei più favorevoli alla cosa.
Favole: andrò “solo” a votare per Bersani alle primarie, e cercherò di convincere altri a farlo. Lui può essere l’unificatore del centrosinistra. Renzi? Mi pare una candidatura che rompe anziché unire.
Senatore, l’Idv pare soffrire il caso Maruccio.
Stiamo affrontando un momento di grande sofferenza, per episodi gravissimi. Ma ora è il tempo della reazione e dell’orgoglio . Dobbiamo ripartire, con misure ancora più severe per tutelare il nostro partito.
Ma il problema della selezione dei dirigenti c’è.
Premesso che la presunzione di innocenza vale per tutti, il fatto è che in pochi anni siamo passati dal 2% al 7-8%. Una crescita così rapida rende difficile controllare tutto, verificare anche a livello locale. E comunque, noi non voltiamo le spalle di fronte a casi del genere, come fanno altri partiti.
Lei parla di percentuali. Gli ultimi sondaggi danno l’Idv al 6% (Ipsos), e c’è chi la dà al 4,3% (Swg). Preoccupato?
No, siamo comunque sopra al 4% delle scorse politiche. La contrazione può esserci rispetto ad europee e regionali, che sono un’altra cosa. E poi la tendenza è attorno al 6%, che mi pare un dato importante.
Grillo ha tolto tanti voti all’Idv: vero o falso?
C’è affinità tra i nostri elettori, è vero. Lui porta avanti un discorso di protesta, noi lavoriamo di più all’alternativa, alla proposta.
Intanto però Bersani vi ha escluso dall’alleanza. Di Pietro è rimasto all’angolo?
No, affatto. Lui, assieme a tutta l’Idv, lavora per una coalizione di centrosinistra, quella che ha vinto le amministrative. La nostra opposizione al governo Monti, e a suoi provvedimenti votati anche dal Pd, ha creato un problema di rapporti, contigente. Ora bisogna partire dal programma: i nostri punti fermi, dalla giustizia alla solidarietà e al lavoro, non sono diversi da quelli del Pd e di Sel. Soprattutto, l’agenda Monti non compare nella carta d’intenti.
Nel vostro gruppo dirigente sono volati stracci.
Ci siamo solo confrontati. E nelle ultime riunioni tutti i documenti sono stati votati all’unanimità. Lavoriamo uniti a un’alternativa di governo.
Crede che la coalizione si ricompatterà?
Senza l’Idv il centrosinistra non può arrivare al 40% e al premio di maggioranza, quindi non può governare. Non vedo come possa fare a meno di noi.
Un consiglio che darebbe a Di Pietro?
Lui è molto esplicito nei giudizi, non fa calcoli. Può essere un difetto, ma in fondo è anche un pregio.
da Il Fatto Quotidiano del 20 ottobre 2012
Re: Di Pietro
Gli insaziabili
Da Lusi a Belsito, da Fiorito a Maruccio, gli scandali dei soldi ai partiti non sono casuali.
Domenica 21.30 Rai3 - Sabrina Giannini
Antonio Di Pietro, contrariamente ai suoi proclami anticasta, non è diverso dagli altri politici. Almeno quando si tratta di soldi.
Il suo partito ha introiettato cento milioni di euro di finanziamento pubblico in dieci anni e la gestione della cassa del partito è stata in mano a sole tre persone fino al 2009: lui, la tesoriera e deputata Silvana Mura e la moglie Susanna Mazzoleni (entrata nel 2004 come socia nell'associazione parallela al partito).
Soltanto nel 2009 Di Pietro apre a una gestione collegiale consentendo ad altri membri del gruppo dirigente di entrare nel merito della rendicontazione. Dal 2001 al 2009, guardando i bilanci del partito, l'Idv ha introiettato ben cinquanta milioni, gestiti da sole tre persone. Singolare che questa gestione "familiare" della cassa del partito (e anche poco democratica) sia sfuggita all'ente erogatore, la Camera dei Deputati, e agli stessi parlamentari dell'Idv.
Si vedrà come "quelli di Vasto" perdono la memoria quando si fanno domande sulla gestione della cassa del loro Presidente (nominato per acclamazione).
Lo stesso Di Pietro, nel corso dell'intervista, contraddice più volte sé stesso.
In questo estratto sull'eredità Borletti, per esempio, inizialmente non ricorda di avere incassato quasi un miliardo (un regalo difficile da dimenticare). Sostiene di averlo usato per finalità politiche e poco dopo, e solo davanti all'evidenza, per finalità private. Infine per l'acquisto di immobili.
Di Pietro stesso lo dichiara in una memoria consegnata al giudice quando deve giustificare il suo patrimonio immobiliare.
Non solo nella circostanza dell'eredità Borletti, come si vedrà nell'inchiesta, Di Pietro legittima spese e acquisti relativi a sue proprietà per finalità di partito (anche la ristrutturazione di un immobile in cui abita a Roma).
La puntata integrale visibile da lunedì
Sabrina Giannini
sabrina.giannini@reportime.it
27 ottobre 2012 | 15:53
http://www.corriere.it/inchieste/report ... 1ec9.shtml
Da Lusi a Belsito, da Fiorito a Maruccio, gli scandali dei soldi ai partiti non sono casuali.
Domenica 21.30 Rai3 - Sabrina Giannini
Antonio Di Pietro, contrariamente ai suoi proclami anticasta, non è diverso dagli altri politici. Almeno quando si tratta di soldi.
Il suo partito ha introiettato cento milioni di euro di finanziamento pubblico in dieci anni e la gestione della cassa del partito è stata in mano a sole tre persone fino al 2009: lui, la tesoriera e deputata Silvana Mura e la moglie Susanna Mazzoleni (entrata nel 2004 come socia nell'associazione parallela al partito).
Soltanto nel 2009 Di Pietro apre a una gestione collegiale consentendo ad altri membri del gruppo dirigente di entrare nel merito della rendicontazione. Dal 2001 al 2009, guardando i bilanci del partito, l'Idv ha introiettato ben cinquanta milioni, gestiti da sole tre persone. Singolare che questa gestione "familiare" della cassa del partito (e anche poco democratica) sia sfuggita all'ente erogatore, la Camera dei Deputati, e agli stessi parlamentari dell'Idv.
Si vedrà come "quelli di Vasto" perdono la memoria quando si fanno domande sulla gestione della cassa del loro Presidente (nominato per acclamazione).
Lo stesso Di Pietro, nel corso dell'intervista, contraddice più volte sé stesso.
In questo estratto sull'eredità Borletti, per esempio, inizialmente non ricorda di avere incassato quasi un miliardo (un regalo difficile da dimenticare). Sostiene di averlo usato per finalità politiche e poco dopo, e solo davanti all'evidenza, per finalità private. Infine per l'acquisto di immobili.
Di Pietro stesso lo dichiara in una memoria consegnata al giudice quando deve giustificare il suo patrimonio immobiliare.
Non solo nella circostanza dell'eredità Borletti, come si vedrà nell'inchiesta, Di Pietro legittima spese e acquisti relativi a sue proprietà per finalità di partito (anche la ristrutturazione di un immobile in cui abita a Roma).
La puntata integrale visibile da lunedì
Sabrina Giannini
sabrina.giannini@reportime.it
27 ottobre 2012 | 15:53
http://www.corriere.it/inchieste/report ... 1ec9.shtml
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Re: Di Pietro
Notate, gli manca la saliva in bocca!
Questo conferma ciò che, da tempo, penso di Di Pietro che non ha più la mia fiducia.
E penso che ci saranno conseguenze pesanti nell'IdV
Questo conferma ciò che, da tempo, penso di Di Pietro che non ha più la mia fiducia.
E penso che ci saranno conseguenze pesanti nell'IdV
Re: Di Pietro
“Due o tre cose su Di Pietro” di Marco Travaglio
Come ciclicamente gli accade, da quando è un personaggio pubblico, cioè esattamente da vent’anni, Antonio Di Pietro viene dato per morto. Politicamente, s’intende. Gli capitò nel ’94, quando dovette dimettersi da pm per i ricatti della banda B. Poi nel ‘95, quando subì sei processi a Brescia per una trentina di capi d’imputazione (sempre prosciolto). Poi nel ‘96 quando si dimise da ministro per le calunnie sull’affaire Pacini Battaglia-D’Adamo. Poi nel 2001, quando la neonata Idv fu estromessa dal centrosinistra e per qualche decimale restò fuori dal Parlamento. Poi ancora quando il figlio Cristiano finì nei guai nell’inchiesta Romeo a Napoli; quando i suoi De Gregorio, Scilipoti e Razzi passarono a miglior partito; quando alcuni ex dipietristi rancorosi lo denunciarono per presunti abusi sui rimborsi elettorali e sull’acquisto di immobili; quando una campagna di stampa insinuò chissà quale retroscena su un invito a cena con alti ufficiali dell’Arma alla presenza di Contrada; quando le presunte rivelazioni dell’ex ambasciatore americano, ovviamente morto, misero in dubbio la correttezza di Mani Pulite. Ogni volta che finiva nella polvere, Di Pietro trovava il modo di rialzarsi. Ora siamo all’ennesimo replay, con le indagini sui suoi uomini di punta nelle regioni Lazio, Emilia, Liguria, mentre il centrosinistra lo taglia fuori un’altra volta, Grillo fa man bassa nel suo elettorato più movimentista e Report ricicla le accuse degli “ex” sui rimborsi e sulle case. Si rimetterà in piedi anche stavolta, o il vento anti-partiti che soffia impetuoso nel Paese spazzerà via anche il suo? Cominciamo da Report, programma benemerito da tutti apprezzato: domenica sera Di Pietro è apparso in difficoltà, davanti ai microfoni dell’inviata di Milena Gabanelli. Ma in difficoltà perché? Per scarsa abilità dialettica o perché avesse qualcosa da nascondere, magari di inedito e inconfessabile? A leggere (per noi, rileggere) le carte che l’altroieri ha messo a disposizione sul suo sito, si direbbe di no: decine di sentenze, penali e civili, hanno accertato che non un euro di finanziamento pubblico è mai entrato nelle tasche di Di Pietro o della sua famiglia. E nemmeno nelle case, che non sono le 56 che qualche testimone farlocco o vendicativo, già smentito dai giudici, ha voluto accreditare: oggi sono 7 o 8 fra la famiglia Di Pietro, la famiglia della moglie e i due figli. Quanto alla donazione Borletti, risale al 1995, quando Di Pietro era ancora magistrato in aspettativa e imputato a Brescia: fu un lascito personale a un personaggio che la nobildonna voleva sostenere nella speranza di un suo impegno in politica, non certo un finanziamento a un partito che ancora non esisteva (sarebbe nato tre anni dopo e si sarebbe presentato alle elezioni sei anni dopo, nel 2001, e l’ex pm lo registrò regolarmente alla Camera tra i suoi introiti). Il resto è noto e arcinoto: all’inizio l’Italia dei Valori era un piccolo movimento “personale”, tutto incentrato sulla figura del suo leader, che lo gestiva con un’associazione omonima insieme a persone di sua strettissima fiducia. In un secondo momento cambiò lo statuto per dargli una gestione più collegiale. Decine di giudici hanno già accertato che fu tutto regolare, fatta salva qualche caduta di stile familistica e qualche commistione fra l’entourage del leader e il movimento. Di Pietro potrebbe anche fermarsi qui: se, in vent’anni di processi, spiate dei servizi segreti al soldo di chi sappiamo, campagne calunniose orchestrate da chi sappiamo che l’hanno vivisezionato e passato mille volte ai raggi X, riciccia fuori sempre la solita minestra, già giudicata infondata e diffamatoria da fior di sentenze, vuol dire che di errori ne ha commessi, ma tutti emendabili, perché il saldo finale rimane positivo.
Senza l’Idv non avremmo votato i referendum su nucleare e impunità; i girotondi e i movimenti di società civile non avrebbero avuto sponde nel Palazzo; in Parlamento sarebbe mancata qualunque opposizione all’indulto, agl’inciuci bicamerali e post-bicamerali, alle leggi vergogna di B. e anche a qualcuna di Monti; e certe Procure, come quella di Palermo impegnata nel processo sulla trattativa, sarebbero rimaste sole, o ancor più sole. Senza contare che Di Pietro non ha mai lottizzato la Rai e le Authority. É vero, ha selezionato molto male una parte della sua classe dirigente (l’abbiamo sempre denunciato). Ma quando è finito sotto inchiesta si è sempre dimesso e, quando nei guai giudiziari è finito qualcuno dei suoi, l’ha cacciato. Ora la sorte dell’Idv, fra l’estinzione e il rilancio, è soltanto nelle sue mani. E non dipende dal numero di case di proprietà, ma da quel che farà di qui alle elezioni. Siccome è ormai scontato che si voterà col Porcellum, dunque ancora una volta i segretari di partito nomineranno i propri parlamentari, apra subito i gazebo per le primarie non sulla leadership, ma sui candidati. E nomini un comitato di garanti con De Magistris, Li Gotti, Palomba, Pardi e altri esponenti dell’Idv o indipendenti al di sopra di ogni sospetto. Qualche errore sarà sempre possibile, ma almeno potrà dire di aver fatto tutto il possibile per sbarrare la strada a nuovi Scilipoti, Razzi e Maruccio. Nel prossimo Parlamento, verosimilmente ingovernabile e dunque felicemente costretto all’inciucione sul Monti-bis, ci sarà un gran bisogno di oppositori seri, soprattutto sul tema della legalità. Se saranno soltanto i ragazzi di Grillo o anche gli uomini dell’Idv, dipende solo da lui.
Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano del 31 ottobre 2012)
Come ciclicamente gli accade, da quando è un personaggio pubblico, cioè esattamente da vent’anni, Antonio Di Pietro viene dato per morto. Politicamente, s’intende. Gli capitò nel ’94, quando dovette dimettersi da pm per i ricatti della banda B. Poi nel ‘95, quando subì sei processi a Brescia per una trentina di capi d’imputazione (sempre prosciolto). Poi nel ‘96 quando si dimise da ministro per le calunnie sull’affaire Pacini Battaglia-D’Adamo. Poi nel 2001, quando la neonata Idv fu estromessa dal centrosinistra e per qualche decimale restò fuori dal Parlamento. Poi ancora quando il figlio Cristiano finì nei guai nell’inchiesta Romeo a Napoli; quando i suoi De Gregorio, Scilipoti e Razzi passarono a miglior partito; quando alcuni ex dipietristi rancorosi lo denunciarono per presunti abusi sui rimborsi elettorali e sull’acquisto di immobili; quando una campagna di stampa insinuò chissà quale retroscena su un invito a cena con alti ufficiali dell’Arma alla presenza di Contrada; quando le presunte rivelazioni dell’ex ambasciatore americano, ovviamente morto, misero in dubbio la correttezza di Mani Pulite. Ogni volta che finiva nella polvere, Di Pietro trovava il modo di rialzarsi. Ora siamo all’ennesimo replay, con le indagini sui suoi uomini di punta nelle regioni Lazio, Emilia, Liguria, mentre il centrosinistra lo taglia fuori un’altra volta, Grillo fa man bassa nel suo elettorato più movimentista e Report ricicla le accuse degli “ex” sui rimborsi e sulle case. Si rimetterà in piedi anche stavolta, o il vento anti-partiti che soffia impetuoso nel Paese spazzerà via anche il suo? Cominciamo da Report, programma benemerito da tutti apprezzato: domenica sera Di Pietro è apparso in difficoltà, davanti ai microfoni dell’inviata di Milena Gabanelli. Ma in difficoltà perché? Per scarsa abilità dialettica o perché avesse qualcosa da nascondere, magari di inedito e inconfessabile? A leggere (per noi, rileggere) le carte che l’altroieri ha messo a disposizione sul suo sito, si direbbe di no: decine di sentenze, penali e civili, hanno accertato che non un euro di finanziamento pubblico è mai entrato nelle tasche di Di Pietro o della sua famiglia. E nemmeno nelle case, che non sono le 56 che qualche testimone farlocco o vendicativo, già smentito dai giudici, ha voluto accreditare: oggi sono 7 o 8 fra la famiglia Di Pietro, la famiglia della moglie e i due figli. Quanto alla donazione Borletti, risale al 1995, quando Di Pietro era ancora magistrato in aspettativa e imputato a Brescia: fu un lascito personale a un personaggio che la nobildonna voleva sostenere nella speranza di un suo impegno in politica, non certo un finanziamento a un partito che ancora non esisteva (sarebbe nato tre anni dopo e si sarebbe presentato alle elezioni sei anni dopo, nel 2001, e l’ex pm lo registrò regolarmente alla Camera tra i suoi introiti). Il resto è noto e arcinoto: all’inizio l’Italia dei Valori era un piccolo movimento “personale”, tutto incentrato sulla figura del suo leader, che lo gestiva con un’associazione omonima insieme a persone di sua strettissima fiducia. In un secondo momento cambiò lo statuto per dargli una gestione più collegiale. Decine di giudici hanno già accertato che fu tutto regolare, fatta salva qualche caduta di stile familistica e qualche commistione fra l’entourage del leader e il movimento. Di Pietro potrebbe anche fermarsi qui: se, in vent’anni di processi, spiate dei servizi segreti al soldo di chi sappiamo, campagne calunniose orchestrate da chi sappiamo che l’hanno vivisezionato e passato mille volte ai raggi X, riciccia fuori sempre la solita minestra, già giudicata infondata e diffamatoria da fior di sentenze, vuol dire che di errori ne ha commessi, ma tutti emendabili, perché il saldo finale rimane positivo.
Senza l’Idv non avremmo votato i referendum su nucleare e impunità; i girotondi e i movimenti di società civile non avrebbero avuto sponde nel Palazzo; in Parlamento sarebbe mancata qualunque opposizione all’indulto, agl’inciuci bicamerali e post-bicamerali, alle leggi vergogna di B. e anche a qualcuna di Monti; e certe Procure, come quella di Palermo impegnata nel processo sulla trattativa, sarebbero rimaste sole, o ancor più sole. Senza contare che Di Pietro non ha mai lottizzato la Rai e le Authority. É vero, ha selezionato molto male una parte della sua classe dirigente (l’abbiamo sempre denunciato). Ma quando è finito sotto inchiesta si è sempre dimesso e, quando nei guai giudiziari è finito qualcuno dei suoi, l’ha cacciato. Ora la sorte dell’Idv, fra l’estinzione e il rilancio, è soltanto nelle sue mani. E non dipende dal numero di case di proprietà, ma da quel che farà di qui alle elezioni. Siccome è ormai scontato che si voterà col Porcellum, dunque ancora una volta i segretari di partito nomineranno i propri parlamentari, apra subito i gazebo per le primarie non sulla leadership, ma sui candidati. E nomini un comitato di garanti con De Magistris, Li Gotti, Palomba, Pardi e altri esponenti dell’Idv o indipendenti al di sopra di ogni sospetto. Qualche errore sarà sempre possibile, ma almeno potrà dire di aver fatto tutto il possibile per sbarrare la strada a nuovi Scilipoti, Razzi e Maruccio. Nel prossimo Parlamento, verosimilmente ingovernabile e dunque felicemente costretto all’inciucione sul Monti-bis, ci sarà un gran bisogno di oppositori seri, soprattutto sul tema della legalità. Se saranno soltanto i ragazzi di Grillo o anche gli uomini dell’Idv, dipende solo da lui.
Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano del 31 ottobre 2012)
Re: Di Pietro
POLITICA
01/11/2012 - IL CASO
La resa di Di Pietro
“Andiamo oltre l’Italia dei valori”
L’ex pm pronto a rinunciare
alla presidenza del partito
FABIO MARTINI
ROMA
In due giorni se ne sono viste e sentite di tutti i colori all’Ufficio di Presidenza dell’Italia dei Valori: Di Pietro che ha proposto lo scioglimento immediato del partito per rigenerarsi in un nuovo, indeterminato soggetto; gli altri che gli hanno detto di no; Tonino che ha chiesto al suo gruppo dirigente di fare quadrato attorno a lui e gli altri che gli hanno detto di sì, approvando all’unanimità un documento che rinnovando la fiducia al leader, convoca il congresso subito dopo le elezioni politiche della primavera 2013.
Ma dopo i tanti infortuni politici che hanno coinvolto lo stesso Di Pietro e alcuni dei suoi uomini, le 48 ore di “conclave” hanno per davvero avviato la fine di una stagione: è stato lo stesso Tonino a dire chiaro e tondo che dopo le elezioni bisognerà andare «oltre l’Idv» e che lui è pronto a rinunciare alla presidenza, assumendo il ruolo di padre nobile e lasciando la guida politica ad un nuovo personaggio.
Dunque, un futuro senza Idv e senza Di Pietro leader, un cambio radicale di scenario per il partito più giustizialista della Seconda Repubblica. Certo, molto dipenderà dalle fortune elettorali dell’Italia dei Valori e soltanto un boom elettorale potrebbe mettere in salvezza simbolo e leader. D’altra parte nei due giorni di dibattito a porte chiuse, se è vero che nessuno ha messo in discussione la credibilità stessa del leader (messa a dura prova dall’inchiesta di “Report” su RaiTre), è altrettanto vero che, tra perifrasi e parole più chiare (quelle pronunciate dal presidente dei deputati Massimo Donadi), a finire sotto accusa è stata la gestione personalistica del partito, sia per quanto riguarda la linea politica, dettata dalle esternazioni del leader, sia per quanto riguarda le scelte degli uomini, alcune rivelatesi infelici ad opinione pressoché unanime.
Davanti alla richiesta di un congresso straordinario avanzata da Donadi, tutti gli altri hanno preferito glissare su una Assemblea nazionale, da tenersi a dicembre. Chiosa Donadi: «Prendo atto che la mia proposta non è stata accolta e temo che rinviare il tutto a dopo le elezioni significa attendere troppo, ma riconosco che la convocazione di una grande assemblea è un primo passo positivo: il cambiamento è un tema che l’Idv non può eludere in questo momento».
Nell’ala “lealista” chi si è battuto di più per un rinnovamento a livello territoriale è stato il presidente dei senatori Felice Belisario, che dice: «Né vincitori né vinti ma un partito unito attorno al leader per un rinnovamento di cui Di Pietro resterà protagonista. Abbiamo iniziato un processo che vogliamo fare passo dopo passo con i cittadini. Senza burocratismi ma senza avventurismi».
01/11/2012 - IL CASO
La resa di Di Pietro
“Andiamo oltre l’Italia dei valori”
L’ex pm pronto a rinunciare
alla presidenza del partito
FABIO MARTINI
ROMA
In due giorni se ne sono viste e sentite di tutti i colori all’Ufficio di Presidenza dell’Italia dei Valori: Di Pietro che ha proposto lo scioglimento immediato del partito per rigenerarsi in un nuovo, indeterminato soggetto; gli altri che gli hanno detto di no; Tonino che ha chiesto al suo gruppo dirigente di fare quadrato attorno a lui e gli altri che gli hanno detto di sì, approvando all’unanimità un documento che rinnovando la fiducia al leader, convoca il congresso subito dopo le elezioni politiche della primavera 2013.
Ma dopo i tanti infortuni politici che hanno coinvolto lo stesso Di Pietro e alcuni dei suoi uomini, le 48 ore di “conclave” hanno per davvero avviato la fine di una stagione: è stato lo stesso Tonino a dire chiaro e tondo che dopo le elezioni bisognerà andare «oltre l’Idv» e che lui è pronto a rinunciare alla presidenza, assumendo il ruolo di padre nobile e lasciando la guida politica ad un nuovo personaggio.
Dunque, un futuro senza Idv e senza Di Pietro leader, un cambio radicale di scenario per il partito più giustizialista della Seconda Repubblica. Certo, molto dipenderà dalle fortune elettorali dell’Italia dei Valori e soltanto un boom elettorale potrebbe mettere in salvezza simbolo e leader. D’altra parte nei due giorni di dibattito a porte chiuse, se è vero che nessuno ha messo in discussione la credibilità stessa del leader (messa a dura prova dall’inchiesta di “Report” su RaiTre), è altrettanto vero che, tra perifrasi e parole più chiare (quelle pronunciate dal presidente dei deputati Massimo Donadi), a finire sotto accusa è stata la gestione personalistica del partito, sia per quanto riguarda la linea politica, dettata dalle esternazioni del leader, sia per quanto riguarda le scelte degli uomini, alcune rivelatesi infelici ad opinione pressoché unanime.
Davanti alla richiesta di un congresso straordinario avanzata da Donadi, tutti gli altri hanno preferito glissare su una Assemblea nazionale, da tenersi a dicembre. Chiosa Donadi: «Prendo atto che la mia proposta non è stata accolta e temo che rinviare il tutto a dopo le elezioni significa attendere troppo, ma riconosco che la convocazione di una grande assemblea è un primo passo positivo: il cambiamento è un tema che l’Idv non può eludere in questo momento».
Nell’ala “lealista” chi si è battuto di più per un rinnovamento a livello territoriale è stato il presidente dei senatori Felice Belisario, che dice: «Né vincitori né vinti ma un partito unito attorno al leader per un rinnovamento di cui Di Pietro resterà protagonista. Abbiamo iniziato un processo che vogliamo fare passo dopo passo con i cittadini. Senza burocratismi ma senza avventurismi».
Re: Di Pietro
Lo strappo di Massimo Donadi: "Di Pietro ha ammazzato l'Idv per andare con Grillo? E' un padrone come Berlusconi. Me ne vado"
Pubblicato: 01/11/2012 16:55 CET Aggiornato: 01/11/2012 16:55 CET
Onorevole Donadi, partiamo dall’investitura di Grillo: Di Pietro al Quirinale.
È un investitura che mi vede del tutto estraneo e contrario. È evidente che è la risposta al necrologio che Di Pietro ha scritto sul Fatto di oggi, dichiarando morta l’Italia dei Valori.
Sta dicendo che c’è un patto Di Pietro-Grillo, per dar vita a un’alleanza degli arrabbiati.
È in atto, e pure in fase avanzata, una manovra, condotta da due politici navigati che poco hanno a che fare con la freschezza movimentista. Di Pietro porta in dote a Grillo l’Italia dei Valori, o meglio il suo necrologio, la fine di un’esperienza e Grillo lo benedice. A entrambi dico buona fortuna, ma io non ci sarò. E soprattutto auguro buona fortuna all’Italia.
Quindi lei non confluirà mai nell’alleanza degli arrabbiati e se ne andrà dall’Idv?
Andiamo con ordine. Per me Grillo non rappresenta la salvezza dell’Italia. Anzi, rappresenta malpancismo, qualunquismo, anti-europeismo, rabbia. Glielo dico con chiarezza: sarà una delusione per gli italiani. Non andrò mai in un’alleanza con lui. E orami con Di Pietro nulla ci può tenere più insieme.
Prosegua.
Se, come pare, sceglie questa via, non lo riconosco più. È sempre stato un po’ Dottor Jekyll e Mister Hyde. Stavolta Mister Hyde ha ucciso il Dottor Jekyll . C’è in questa vicenda una grande dose di cinismo. Dopo la puntata di Report, sta tentando di trasmettere il messaggio che tutto il fango che è uscito riguarda tutta l’Italia dei Valori e non lui. Si sta chiamando fuori, quando invece ha lui una responsabilità enorme nella gestione del partito. A questo punto nulla ci può tenere insieme.
Sta dicendo che se ne va?
A questo punto cambia tutto rispetto alla riunione di ieri. L’ipotesi di un congresso dopo le elezioni non c’è più. Entro dieci giorni ci sarà un’assemblea autoconvocata con tutti quelli che vogliono difendere i nostri valori e l’esperienza di questi anni, e che non si riconoscono nel necrologio. Io credo che l’Italia ha ancora bisogno delle nostre battaglie.
Ho capito, ma detta in modo semplice: farà una scissione?
Chi rappresenterà la minoranza se ne andrà. Se sono in minoranza io me ne vado io, se è in minoranza Di Pietro se ne va Di Pietro. Non si può stare allo stesso tempo con Grillo e al governo del paese. E io, dopo aver detto che occorre un’alleanza col Pd, non ho l’abitudine di cambiare idea dalla sera alla mattina.
Mi pare un’altra critica a Di Pietro.
Direi che in queste settimane è stato il protagonista di una serie infinita di contorcimenti: la foto di Vasto, Grillo, poi la storia del congresso, poi la vicenda del partito. Una gestione padronale, nel momento del tramonto.
Un altro sintomo dello spirito da padrone è l’attacco ai media? Di Pietro ha parlato di killeraggio…
Prendersela con i media accusandoli di killeraggio mediatico e attaccare i poteri i forti come ha detto nell’intervista al Fatto è un’analisi semplicemente volgare.
Vale anche per gli attacchi al Colle?
Sul capo dello Stato la posizione di Di Pietro e Grillo è una barzelletta. Ridicola. Punto.
Mettendo in fila gli elementi, mi pare che lei sta dicendo che Di Pietro è come Berlusconi.
Entrambi provano a sopravvivere ai tempi che cambiano. E entrambi stanno provando ad ammazzare il proprio partito per sopravvivere, invece di voltare pagina. E Grillo è la naturale rappresenta la continuità del cancro che ha caratterizzato la seconda Repubblica, e cioè l’esasperazione del leaderismo.
Donadi, proseguiamo nell’analisi sui partiti padronali.
Tutta la seconda Repubblica è stata caratterizzata dalla distruzione dei corpi intermedi, dei partiti intesi come confronto a vantaggio di partiti cortigiani. Diciamoci la verità: solo il Pd ha mantenuto una logica di partito tradizionale. Gli altri hanno rappresentato la sublimazione del leaderismo: Pdl, Lega, Udc, Fli. E Italia dei Valori.
Capitolo scandali delle ultime settimane. Di Pietro ama ripetere che pure Gesù ha sbagliato un apostolo su 12. Non crede che la percentuale si sia un po’ alzata?
Ormai supera il 50 per cento. Di Pietro ha un talento al contrario nella scelta.
Ultima domanda. Con questa intervista lei ha sancito la fine della sua esperienza politica con Di Pietro, che nella sua vita ha rappresentato molto. Vorrei che lei ci dicesse i sentimenti di queste ore.
Mi sento ferito e profondamente tradito. Credo emerga dalla prima all’ultima parola di questa intervista.
http://www.huffingtonpost.it/2012/11/01 ... _ref=italy
Pubblicato: 01/11/2012 16:55 CET Aggiornato: 01/11/2012 16:55 CET
Onorevole Donadi, partiamo dall’investitura di Grillo: Di Pietro al Quirinale.
È un investitura che mi vede del tutto estraneo e contrario. È evidente che è la risposta al necrologio che Di Pietro ha scritto sul Fatto di oggi, dichiarando morta l’Italia dei Valori.
Sta dicendo che c’è un patto Di Pietro-Grillo, per dar vita a un’alleanza degli arrabbiati.
È in atto, e pure in fase avanzata, una manovra, condotta da due politici navigati che poco hanno a che fare con la freschezza movimentista. Di Pietro porta in dote a Grillo l’Italia dei Valori, o meglio il suo necrologio, la fine di un’esperienza e Grillo lo benedice. A entrambi dico buona fortuna, ma io non ci sarò. E soprattutto auguro buona fortuna all’Italia.
Quindi lei non confluirà mai nell’alleanza degli arrabbiati e se ne andrà dall’Idv?
Andiamo con ordine. Per me Grillo non rappresenta la salvezza dell’Italia. Anzi, rappresenta malpancismo, qualunquismo, anti-europeismo, rabbia. Glielo dico con chiarezza: sarà una delusione per gli italiani. Non andrò mai in un’alleanza con lui. E orami con Di Pietro nulla ci può tenere più insieme.
Prosegua.
Se, come pare, sceglie questa via, non lo riconosco più. È sempre stato un po’ Dottor Jekyll e Mister Hyde. Stavolta Mister Hyde ha ucciso il Dottor Jekyll . C’è in questa vicenda una grande dose di cinismo. Dopo la puntata di Report, sta tentando di trasmettere il messaggio che tutto il fango che è uscito riguarda tutta l’Italia dei Valori e non lui. Si sta chiamando fuori, quando invece ha lui una responsabilità enorme nella gestione del partito. A questo punto nulla ci può tenere insieme.
Sta dicendo che se ne va?
A questo punto cambia tutto rispetto alla riunione di ieri. L’ipotesi di un congresso dopo le elezioni non c’è più. Entro dieci giorni ci sarà un’assemblea autoconvocata con tutti quelli che vogliono difendere i nostri valori e l’esperienza di questi anni, e che non si riconoscono nel necrologio. Io credo che l’Italia ha ancora bisogno delle nostre battaglie.
Ho capito, ma detta in modo semplice: farà una scissione?
Chi rappresenterà la minoranza se ne andrà. Se sono in minoranza io me ne vado io, se è in minoranza Di Pietro se ne va Di Pietro. Non si può stare allo stesso tempo con Grillo e al governo del paese. E io, dopo aver detto che occorre un’alleanza col Pd, non ho l’abitudine di cambiare idea dalla sera alla mattina.
Mi pare un’altra critica a Di Pietro.
Direi che in queste settimane è stato il protagonista di una serie infinita di contorcimenti: la foto di Vasto, Grillo, poi la storia del congresso, poi la vicenda del partito. Una gestione padronale, nel momento del tramonto.
Un altro sintomo dello spirito da padrone è l’attacco ai media? Di Pietro ha parlato di killeraggio…
Prendersela con i media accusandoli di killeraggio mediatico e attaccare i poteri i forti come ha detto nell’intervista al Fatto è un’analisi semplicemente volgare.
Vale anche per gli attacchi al Colle?
Sul capo dello Stato la posizione di Di Pietro e Grillo è una barzelletta. Ridicola. Punto.
Mettendo in fila gli elementi, mi pare che lei sta dicendo che Di Pietro è come Berlusconi.
Entrambi provano a sopravvivere ai tempi che cambiano. E entrambi stanno provando ad ammazzare il proprio partito per sopravvivere, invece di voltare pagina. E Grillo è la naturale rappresenta la continuità del cancro che ha caratterizzato la seconda Repubblica, e cioè l’esasperazione del leaderismo.
Donadi, proseguiamo nell’analisi sui partiti padronali.
Tutta la seconda Repubblica è stata caratterizzata dalla distruzione dei corpi intermedi, dei partiti intesi come confronto a vantaggio di partiti cortigiani. Diciamoci la verità: solo il Pd ha mantenuto una logica di partito tradizionale. Gli altri hanno rappresentato la sublimazione del leaderismo: Pdl, Lega, Udc, Fli. E Italia dei Valori.
Capitolo scandali delle ultime settimane. Di Pietro ama ripetere che pure Gesù ha sbagliato un apostolo su 12. Non crede che la percentuale si sia un po’ alzata?
Ormai supera il 50 per cento. Di Pietro ha un talento al contrario nella scelta.
Ultima domanda. Con questa intervista lei ha sancito la fine della sua esperienza politica con Di Pietro, che nella sua vita ha rappresentato molto. Vorrei che lei ci dicesse i sentimenti di queste ore.
Mi sento ferito e profondamente tradito. Credo emerga dalla prima all’ultima parola di questa intervista.
http://www.huffingtonpost.it/2012/11/01 ... _ref=italy
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Re: Di Pietro
Dissi in tempi non sospetti che Grillo, attaccando tutta la politica venduta al caiano prima e a monti poi, non citava quasi mai Di Pietro.
Dissi che parlandosi un'alleanza forse si sarebbe potuta fare, coinvolgendo anche le forze a sinistra non compromesse con pd eccetera.
Non so se sia ancora possibile maio tenterei un approccio. Non vogli pd, udc e tantomeno pdl al governo un'altra volta. magari per ritrovarci monti.
certo è un peccato, l'unica forza di opposizione in parlamento (la sega nord sta già facendo compromessi, e parlavano tanto. Pagliacci) rischia di scomparire.
Dissi che parlandosi un'alleanza forse si sarebbe potuta fare, coinvolgendo anche le forze a sinistra non compromesse con pd eccetera.
Non so se sia ancora possibile maio tenterei un approccio. Non vogli pd, udc e tantomeno pdl al governo un'altra volta. magari per ritrovarci monti.
certo è un peccato, l'unica forza di opposizione in parlamento (la sega nord sta già facendo compromessi, e parlavano tanto. Pagliacci) rischia di scomparire.
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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