Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Stamani l’amico siciliano a cui ho rivolto la domanda mi risponde con un detto delle sue parti:
“ E’ meglio un malfattore che sa dove mettere le mani in pasta che una persona onesta che non sa mettere le mani”
Non sono d’accordo e gliel’ho precisato.
La domanda è:
COME PREFERIAMO MORIRE?????
La scelta che abbiamo di fronte da qui al mese di aprile è se dopo il terremoto siciliano si deve continuare con questi politici ricchi e arricchiti, bucaneiros predadores, oppure si deve rischiare ricominciando da zero con chi non ha esperienza.
I signori della casta sono in simbiosi con i vari poteri forti in cui limitandoci solo all’analisi degli ultimi 18 anni si sono reciprocamente arricchiti sulle spalle dell’Italia del mondo del lavoro.
I politici in simbiosi con i poteri forti, hanno letteralmente raso al suolo la prima Repubblica. Amato e Ciampi hanno fatto pagare lo scotto ai cittadini italiani del mondo del lavoro.
Dopo 18 anni la storia si ripete e i politici di nuovo in simbiosi con i poteri forti fanno pagare senza ritegno i loro errori e le loro rapine al mondo del lavoro e ai pensionati con il governo Monti che non finiscono mai di lodare, soprattutto la coppia Bersani-Casini.
Il tasso di banditismo non ha limite e ci ricorda Attila, o Gengis Kahn.
Come ripetutamente insistono, i ricchi non si possono toccare altrimenti portano via i soldi.
Di conseguenza come Attila e Gengis Kahn che passavano a fil di spada chiunque gli si parasse contro, come si legge oggi sulla prima pagina del Fatto Quotidiano:
BUTTANO I SOLDI PER IL PONTE
E LI TOLGONO AI MALATI DI SLA.
La scelta che abbiamo di fronte è terribile e fa tremare polsi, ma è inevitalmente questa:
Dobbiamo morire a causa dei bucaneiros predadores, o dobbiamo morire con inesperti della politica che avversano i bucaneiros?????
A voi la risposta sul nostro destino futuro.
“ E’ meglio un malfattore che sa dove mettere le mani in pasta che una persona onesta che non sa mettere le mani”
Non sono d’accordo e gliel’ho precisato.
La domanda è:
COME PREFERIAMO MORIRE?????
La scelta che abbiamo di fronte da qui al mese di aprile è se dopo il terremoto siciliano si deve continuare con questi politici ricchi e arricchiti, bucaneiros predadores, oppure si deve rischiare ricominciando da zero con chi non ha esperienza.
I signori della casta sono in simbiosi con i vari poteri forti in cui limitandoci solo all’analisi degli ultimi 18 anni si sono reciprocamente arricchiti sulle spalle dell’Italia del mondo del lavoro.
I politici in simbiosi con i poteri forti, hanno letteralmente raso al suolo la prima Repubblica. Amato e Ciampi hanno fatto pagare lo scotto ai cittadini italiani del mondo del lavoro.
Dopo 18 anni la storia si ripete e i politici di nuovo in simbiosi con i poteri forti fanno pagare senza ritegno i loro errori e le loro rapine al mondo del lavoro e ai pensionati con il governo Monti che non finiscono mai di lodare, soprattutto la coppia Bersani-Casini.
Il tasso di banditismo non ha limite e ci ricorda Attila, o Gengis Kahn.
Come ripetutamente insistono, i ricchi non si possono toccare altrimenti portano via i soldi.
Di conseguenza come Attila e Gengis Kahn che passavano a fil di spada chiunque gli si parasse contro, come si legge oggi sulla prima pagina del Fatto Quotidiano:
BUTTANO I SOLDI PER IL PONTE
E LI TOLGONO AI MALATI DI SLA.
La scelta che abbiamo di fronte è terribile e fa tremare polsi, ma è inevitalmente questa:
Dobbiamo morire a causa dei bucaneiros predadores, o dobbiamo morire con inesperti della politica che avversano i bucaneiros?????
A voi la risposta sul nostro destino futuro.
Re: Come se ne viene fuori ?
Mah Zio...
difficile dividere come sulla lavagna a scuola, tracciando una riga, buoni/ cattivi.
sono le 50 sfumature di grigio che ci fregano.
in momenti così difficili e confusi però io non riesco a dimenticare che nel '94 spuntò dal mondo civile , non partitico, un tizio che diceva di voler rivoluzionare il paese , che la politica faceva schifo, che i partiti erano uno schifo... etc...
fare lo stesso errore ora sarebbe imperdonabile ( sempre un demagogo populista è )
è per avere un sistema di partiti ( e non una dittatura) che sono morti negli anni '40 tutti quei giovani di cui spesso parli nei tuoi post e , per quanto mi riguarda, se buttassimo tutto dalla finestra faremmo loro un torto peggiore rispetto a innescare una rivoluzione capitanata da soggetti il cui fine è poco noto e che non si sa veramente dove ci porteranno.
anche se lentamente è iniziato un percorso per escludere i malfattori dai partiti e le necessit delle famiglie sono più chiare ora che negli anni passati.
chiudo con altro detto siciliano: " ciù scuru i menzannotti nun pò fari" .
difficile dividere come sulla lavagna a scuola, tracciando una riga, buoni/ cattivi.
sono le 50 sfumature di grigio che ci fregano.
in momenti così difficili e confusi però io non riesco a dimenticare che nel '94 spuntò dal mondo civile , non partitico, un tizio che diceva di voler rivoluzionare il paese , che la politica faceva schifo, che i partiti erano uno schifo... etc...
fare lo stesso errore ora sarebbe imperdonabile ( sempre un demagogo populista è )
è per avere un sistema di partiti ( e non una dittatura) che sono morti negli anni '40 tutti quei giovani di cui spesso parli nei tuoi post e , per quanto mi riguarda, se buttassimo tutto dalla finestra faremmo loro un torto peggiore rispetto a innescare una rivoluzione capitanata da soggetti il cui fine è poco noto e che non si sa veramente dove ci porteranno.
anche se lentamente è iniziato un percorso per escludere i malfattori dai partiti e le necessit delle famiglie sono più chiare ora che negli anni passati.
chiudo con altro detto siciliano: " ciù scuru i menzannotti nun pò fari" .
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Re: Come se ne viene fuori ?
Posso ?
Adda passà 'a nuttata !!!!
Adda passà 'a nuttata !!!!
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Re: Come se ne viene fuori ?
Una "nottata" lunga e amara... sembra che non debba mai passare, anzi si perpetua nel tempo con andamento ciclico.
Ieri Maucat scriveva:
"Io ho sempre sostenuto che la lotta di classe non si è mai fermata e che da vent'anni la classe dei ricchi padroni ha messo in atto un'offensiva senza precedenti riconquistando moltissime delle posizioni che aveva perso nei 70 anni precedenti, solo un cieco in malafede poteva non vederlo...
Hanno come sempre diviso il nemico per sconfiggerlo separatamente: hanno fatto credere ad una parte del proletariato di essere diventato piccola (ma proprio piccola) borghesia solo perché aveva una casa di proprietà (con mutuo trentennale), un'auto nuova (pagata a rate), il telefonino smart ultima generazione (ovviamente a rate) e altre piccole cose... Ma in cambio chiedeva loro di tradire se stessi e appoggiare gli interessi solo del Grande Capitale che quando ha ritenuto raggiunti i suoi obiettivi ha gettato a mare questi piccoli borghesi facendoli tornare improvvisamente di nuovo quello che erano e sempre saranno: proletari ! Ha tolto loro le certezze che avevano rendendo instabile il loro lavoro e il gioco è fatto, senza la difesa dell'unità della classe lavoratrice la disfatta è stata completa."
Proprio oggi, leggendo un libro di storia locale, mi ha colpito un passaggio:
“I ricchi sono naturalmente timidi e conservatori in tempo di rivoluzioni; sulle prime si tirano indietro, lasciano fare e stanno a vedere; a cose fatte, se esse pigliano consistenza,si rifanno innanzi prontamente, specie nei piccoli paesi, dove il censo sopratutto procaccia autorità, e, pur restando sostanzialmente gli stessi, accettano il nuovo ordine di cose, se ne fanno conservatori, e ripigliano quel potere che la loro stessa condizione pone loro necessariamente nelle mani.”
Da: UNA COMUNE DELLE MARCHE
Di Amedeo Crivellucci. (Pisa 1893)
L'egoismo dell'uomo, purtroppo, uccide le utopie ed impone la legge del più forte, e l'alba liberatrice tarda sempre ad arrivare e gli inganni fanno posto a nuovi inganni sempre più sofisticati.
Ieri Maucat scriveva:
"Io ho sempre sostenuto che la lotta di classe non si è mai fermata e che da vent'anni la classe dei ricchi padroni ha messo in atto un'offensiva senza precedenti riconquistando moltissime delle posizioni che aveva perso nei 70 anni precedenti, solo un cieco in malafede poteva non vederlo...
Hanno come sempre diviso il nemico per sconfiggerlo separatamente: hanno fatto credere ad una parte del proletariato di essere diventato piccola (ma proprio piccola) borghesia solo perché aveva una casa di proprietà (con mutuo trentennale), un'auto nuova (pagata a rate), il telefonino smart ultima generazione (ovviamente a rate) e altre piccole cose... Ma in cambio chiedeva loro di tradire se stessi e appoggiare gli interessi solo del Grande Capitale che quando ha ritenuto raggiunti i suoi obiettivi ha gettato a mare questi piccoli borghesi facendoli tornare improvvisamente di nuovo quello che erano e sempre saranno: proletari ! Ha tolto loro le certezze che avevano rendendo instabile il loro lavoro e il gioco è fatto, senza la difesa dell'unità della classe lavoratrice la disfatta è stata completa."
Proprio oggi, leggendo un libro di storia locale, mi ha colpito un passaggio:
“I ricchi sono naturalmente timidi e conservatori in tempo di rivoluzioni; sulle prime si tirano indietro, lasciano fare e stanno a vedere; a cose fatte, se esse pigliano consistenza,si rifanno innanzi prontamente, specie nei piccoli paesi, dove il censo sopratutto procaccia autorità, e, pur restando sostanzialmente gli stessi, accettano il nuovo ordine di cose, se ne fanno conservatori, e ripigliano quel potere che la loro stessa condizione pone loro necessariamente nelle mani.”
Da: UNA COMUNE DELLE MARCHE
Di Amedeo Crivellucci. (Pisa 1893)
L'egoismo dell'uomo, purtroppo, uccide le utopie ed impone la legge del più forte, e l'alba liberatrice tarda sempre ad arrivare e gli inganni fanno posto a nuovi inganni sempre più sofisticati.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Idv, Li Gotti: “Il Pd vuole ricucire. Ma vuole che Di Pietro chieda scusa a Napolitano”
Camillobenso.
................................................................................................
Se vi ricordate Napolitano riguardo al Movimento 5 stelle tempo addietro disse non ho sentito nessun botto.
Il Sicilia lo ha sentito invece ? o NO.
Ciao
Paolo11
Camillobenso.
................................................................................................
Se vi ricordate Napolitano riguardo al Movimento 5 stelle tempo addietro disse non ho sentito nessun botto.
Il Sicilia lo ha sentito invece ? o NO.
Ciao
Paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?
Lu Curtu
1) ………..in momenti così difficili e confusi però io non riesco a dimenticare che nel '94 spuntò dal mondo civile , non partitico, un tizio che diceva di voler rivoluzionare il paese , che la politica faceva schifo, che i partiti erano uno schifo... etc...
fare lo stesso errore ora sarebbe imperdonabile ( sempre un demagogo populista è )…………
Amà
*****
Quando sul finire del 1993, Lu Curtu, comparve sulla scena politica, era un personaggio già sufficientemente noto.
A meno di non essere appena usciti dall’Asilo Mariuccia, tutti gli altri sapevano che del classico “bauscia milanese “ non bisognava fidarsi. Per lo più essendo amico stretto di San Bettino Craxi, profeta e martire, non deponeva di certo a suo favore. Le affinità elettive aiutano a capire. Da queste parti, usano spesso il detto: “Chi va con lo zoppo impara a zoppicare”, a cui è stata aggiunta nei tempi del Divo Giulio che chi va con il gobbo impara a “gobbare” e chi andava con Bettino imparava a ladrare.
Gli italiani allora si divisero nei due campi, i berlusconiani e gli anti berlusconiani; già una riga era stata tracciata. Chi diede credito al nuovo conducator lo faceva per vari motivi.
1) I milanisti vennero attratti in massa dalla discesa in campo dell’Unto e bisunto. Era un presidente vincente, il Milan andava alla grande e quindi anche una fascia di non politicizzati che magari non aveva mai votato in precedenza prese a recarsi alle urne come ringraziamento per il grande Milan del presidentissimo(così lo chiamavano da queste parti alcuni rossoneri calciofili). La sinistra milanista si divise in due, coloro che volevano separare il calcio dalla politica e coloro che sapendo chi fosse B. si auto sospesero da milanisti doc. Una cosa certamente dolorosa per via di tutto questo tempo, conoscendo poi quanto erano sfegatati milanisti.
2) Come sosteneva la scorsa settimana un barista dell’Ipercoop, grazie alle sue televisioni il banana aveva imbesuito una sacco di gente di tutte le età, maschi e femmine.
Due anni fa mi raccontavano di un tizio in età avanzata alla Posta, che ha chiesto la cortesia di baipassare la fila perché avendo fatto tardi in precedenza, facendo la fila avrebbe perso la fiction in onda sulla tv berlusconiana.
Purtroppo, due fattori essenziali giocano sul credito, l’intelligenza e la cultura. La comparsa delle tv private, quelle che non ti facevano pagare il canone e ti facevano vedere le tue cosine preferite, da queste parti ha attratto parecchia gente. Erano tutti convinti che tutto fosse gratis. Erano disposti a sorbirsi dosi massicce di pubblicità in cambio della tv gratis. Che certi prodotti fossero lievitati del 30 % non li sfiorava minimamente e non gliene fregava più di tanto. Il 30 % è quanto spende un’azienda che fa pubblicità a certi livelli. Pensare che il canone era ben più salato e più distribuito senza evasione, ..manco pe' a capa.
Alcuni tipi di imprenditori furono affascinati dal successo dell’imprenditore meneghino tanto che lo presero a modello. Ad altri faceva comodo che un imprenditore come loro si mettesse in politica,…uno che capisce i nostri problemi, un "capisone" come dicono a Cassano d'Adda. Sempre per capire chi fosse, bastava solo osservare il credito che gli riservava l’avvocato nazionale. Fin quando è stato in vita lo ha sempre tenuto alla larga da Mediobanca. Un pò perché sapeva benissimo chi era il bauscia milanese, ed in particolare chi aveva alle spalle, e poi perché l’austerità savoiarda contrastava fortemente con la bausceria del fastidioso parvenu meneghino.
A tutti i sopravvissuti dei partiti del pentapartito faceva più che comodo dopo la caduta degli dei disporre di un rifugio sicuro. Basta vedere Casini. Fini con tutto l’ex Msi gli fu grato per lo sdoganamento della destra fascista dopo mezzo secolo.
Lo stesso fu per gli elettori diventati orfani del pentapartito, senza più riferimento e sottoschiaffo della sinistra che si sfogava di mezzo secolo di dominio democristiano.
Il cav banana, era diventato lo strumento giusto per non essere governati dai “comunisti”, perché mangiavano i bambini e ti portavano via la casa dato che “non concepivano la proprietà privata”.
Su una parte delle donne fece colpo, un colpo grosso. Lo trovavano affascinante, oppure, come le olgettine, trovavano affascinante il suo portafoglio gonfio gonfio.
Dicevano da queste parti : “L’è un bel’om”.
Non me ne intendo di gusti maschili, ma per quanto sentito da bambino in avanti i modelli maschili delle femminucce e poi delle donne erano ben altri.
Poi c’era la solita categoria di donne, certamente non troppo piccola, di cui non sono mai riuscito a capire ancora oggi il perché vengono attratte dai banditi.
C’era anche la categoria donne super intelligenti che cercava di convincerti di provare Berlusconi, al massimo, sosteneva Iva Zanicchi ai tempi, se non funziona gli diamo un calcio in culo e ne proviamo un altro.
Disgustata, l’ugola di Ligonchio, il 21 ottobre 2012 abbandona la sacra mummia cinese e fonda un partito.
Nessuno di noi antiberlusconiani ci possiamo considerare, né ci siamo mai considerati, dei geni, o dei super Nostradamus, ma tutto quello che è accaduto, sapevamo già che sarebbe finita così. Sono i berluscones che si stanno ricredendo e sappiamo che non è ancora finita.
Il mito di Mussolini dura ancora oggi malgrado siano 67 anni che è finito a testa in giù a Piazzale Loreto.
E’ quindi un insieme di categorie ben precise di persone che ha dato credito a Lu Curtu, nel 1994.
Non per bausceria milanese, ma a sinistra, da queste parti il suo credito è sempre stato a zero fin dal 1993.
Poteva raccontare quello che voleva, incantare i soliti merli con il contratto con gli italiani dietro la scrivania che l’insetto gli aveva messo gentilmente a disposizione. Tracciare programmi fantastici sui cartelloni di Vespasiano, gridare agli italiani che se non avesse mantenuto una sola voce di quel programma gli italiani erano autorizzati a cacciarlo via sui due piedi. Oggi neppure le truppe dell'Onu riuscirebbero a ricacciarlo nella vita privata.
I fratelli De Filippo ci avrebbero fatto più ridere, anche come comico vale ben poco. Adesso sono in molti a dire che non hanno capito chi fosse Lu Curtu, che speravano nella rivoluzione liberale,..... oltre a Casini e Fini e compagnia cantante.
Ci son voluti ben 18 anni per capire, …mica male.
fare lo stesso errore ora sarebbe imperdonabile ( sempre un demagogo populista è )…………
Qui si tratta di mettere sui piatti della bilancia tutti i pro e i contro. O come si usa fare normalmente, scrivere nero su bianco l’elenco dei pro e dei contro. A questo dovrebbe servire un forum soprattutto “in momenti così difficili e confusi”.
1) ………..in momenti così difficili e confusi però io non riesco a dimenticare che nel '94 spuntò dal mondo civile , non partitico, un tizio che diceva di voler rivoluzionare il paese , che la politica faceva schifo, che i partiti erano uno schifo... etc...
fare lo stesso errore ora sarebbe imperdonabile ( sempre un demagogo populista è )…………
Amà
*****
Quando sul finire del 1993, Lu Curtu, comparve sulla scena politica, era un personaggio già sufficientemente noto.
A meno di non essere appena usciti dall’Asilo Mariuccia, tutti gli altri sapevano che del classico “bauscia milanese “ non bisognava fidarsi. Per lo più essendo amico stretto di San Bettino Craxi, profeta e martire, non deponeva di certo a suo favore. Le affinità elettive aiutano a capire. Da queste parti, usano spesso il detto: “Chi va con lo zoppo impara a zoppicare”, a cui è stata aggiunta nei tempi del Divo Giulio che chi va con il gobbo impara a “gobbare” e chi andava con Bettino imparava a ladrare.
Gli italiani allora si divisero nei due campi, i berlusconiani e gli anti berlusconiani; già una riga era stata tracciata. Chi diede credito al nuovo conducator lo faceva per vari motivi.
1) I milanisti vennero attratti in massa dalla discesa in campo dell’Unto e bisunto. Era un presidente vincente, il Milan andava alla grande e quindi anche una fascia di non politicizzati che magari non aveva mai votato in precedenza prese a recarsi alle urne come ringraziamento per il grande Milan del presidentissimo(così lo chiamavano da queste parti alcuni rossoneri calciofili). La sinistra milanista si divise in due, coloro che volevano separare il calcio dalla politica e coloro che sapendo chi fosse B. si auto sospesero da milanisti doc. Una cosa certamente dolorosa per via di tutto questo tempo, conoscendo poi quanto erano sfegatati milanisti.
2) Come sosteneva la scorsa settimana un barista dell’Ipercoop, grazie alle sue televisioni il banana aveva imbesuito una sacco di gente di tutte le età, maschi e femmine.
Due anni fa mi raccontavano di un tizio in età avanzata alla Posta, che ha chiesto la cortesia di baipassare la fila perché avendo fatto tardi in precedenza, facendo la fila avrebbe perso la fiction in onda sulla tv berlusconiana.
Purtroppo, due fattori essenziali giocano sul credito, l’intelligenza e la cultura. La comparsa delle tv private, quelle che non ti facevano pagare il canone e ti facevano vedere le tue cosine preferite, da queste parti ha attratto parecchia gente. Erano tutti convinti che tutto fosse gratis. Erano disposti a sorbirsi dosi massicce di pubblicità in cambio della tv gratis. Che certi prodotti fossero lievitati del 30 % non li sfiorava minimamente e non gliene fregava più di tanto. Il 30 % è quanto spende un’azienda che fa pubblicità a certi livelli. Pensare che il canone era ben più salato e più distribuito senza evasione, ..manco pe' a capa.
Alcuni tipi di imprenditori furono affascinati dal successo dell’imprenditore meneghino tanto che lo presero a modello. Ad altri faceva comodo che un imprenditore come loro si mettesse in politica,…uno che capisce i nostri problemi, un "capisone" come dicono a Cassano d'Adda. Sempre per capire chi fosse, bastava solo osservare il credito che gli riservava l’avvocato nazionale. Fin quando è stato in vita lo ha sempre tenuto alla larga da Mediobanca. Un pò perché sapeva benissimo chi era il bauscia milanese, ed in particolare chi aveva alle spalle, e poi perché l’austerità savoiarda contrastava fortemente con la bausceria del fastidioso parvenu meneghino.
A tutti i sopravvissuti dei partiti del pentapartito faceva più che comodo dopo la caduta degli dei disporre di un rifugio sicuro. Basta vedere Casini. Fini con tutto l’ex Msi gli fu grato per lo sdoganamento della destra fascista dopo mezzo secolo.
Lo stesso fu per gli elettori diventati orfani del pentapartito, senza più riferimento e sottoschiaffo della sinistra che si sfogava di mezzo secolo di dominio democristiano.
Il cav banana, era diventato lo strumento giusto per non essere governati dai “comunisti”, perché mangiavano i bambini e ti portavano via la casa dato che “non concepivano la proprietà privata”.
Su una parte delle donne fece colpo, un colpo grosso. Lo trovavano affascinante, oppure, come le olgettine, trovavano affascinante il suo portafoglio gonfio gonfio.
Dicevano da queste parti : “L’è un bel’om”.
Non me ne intendo di gusti maschili, ma per quanto sentito da bambino in avanti i modelli maschili delle femminucce e poi delle donne erano ben altri.
Poi c’era la solita categoria di donne, certamente non troppo piccola, di cui non sono mai riuscito a capire ancora oggi il perché vengono attratte dai banditi.
C’era anche la categoria donne super intelligenti che cercava di convincerti di provare Berlusconi, al massimo, sosteneva Iva Zanicchi ai tempi, se non funziona gli diamo un calcio in culo e ne proviamo un altro.
Disgustata, l’ugola di Ligonchio, il 21 ottobre 2012 abbandona la sacra mummia cinese e fonda un partito.
Nessuno di noi antiberlusconiani ci possiamo considerare, né ci siamo mai considerati, dei geni, o dei super Nostradamus, ma tutto quello che è accaduto, sapevamo già che sarebbe finita così. Sono i berluscones che si stanno ricredendo e sappiamo che non è ancora finita.
Il mito di Mussolini dura ancora oggi malgrado siano 67 anni che è finito a testa in giù a Piazzale Loreto.
E’ quindi un insieme di categorie ben precise di persone che ha dato credito a Lu Curtu, nel 1994.
Non per bausceria milanese, ma a sinistra, da queste parti il suo credito è sempre stato a zero fin dal 1993.
Poteva raccontare quello che voleva, incantare i soliti merli con il contratto con gli italiani dietro la scrivania che l’insetto gli aveva messo gentilmente a disposizione. Tracciare programmi fantastici sui cartelloni di Vespasiano, gridare agli italiani che se non avesse mantenuto una sola voce di quel programma gli italiani erano autorizzati a cacciarlo via sui due piedi. Oggi neppure le truppe dell'Onu riuscirebbero a ricacciarlo nella vita privata.
I fratelli De Filippo ci avrebbero fatto più ridere, anche come comico vale ben poco. Adesso sono in molti a dire che non hanno capito chi fosse Lu Curtu, che speravano nella rivoluzione liberale,..... oltre a Casini e Fini e compagnia cantante.
Ci son voluti ben 18 anni per capire, …mica male.
fare lo stesso errore ora sarebbe imperdonabile ( sempre un demagogo populista è )…………
Qui si tratta di mettere sui piatti della bilancia tutti i pro e i contro. O come si usa fare normalmente, scrivere nero su bianco l’elenco dei pro e dei contro. A questo dovrebbe servire un forum soprattutto “in momenti così difficili e confusi”.
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Re: Come se ne viene fuori ?
myriam ha scritto:Posso ?
Adda passà 'a nuttata !!!!
Posso?
Come si pensa che passi la "nuttata" dalla parti del Vesuvio???
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Re: Come se ne viene fuori ?
Era solo per rispondere ad Amalia : " ciù scuru i menzannotti nun pò fari" .camillobenso ha scritto:myriam ha scritto:Posso ?
Adda passà 'a nuttata !!!!
Posso?
Come si pensa che passi la "nuttata" dalla parti del Vesuvio???
Ed era solo un augurio, per tutti noi !
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Re: Come se ne viene fuori ?
OKmyriam ha scritto:Era solo per rispondere ad Amalia : " ciù scuru i menzannotti nun pò fari" .camillobenso ha scritto:myriam ha scritto:Posso ?
Adda passà 'a nuttata !!!!
Posso?
Come si pensa che passi la "nuttata" dalla parti del Vesuvio???
Ed era solo un augurio, per tutti noi !
Ma di questi tempi abbiamo bisogno del parere di tutti,...soprattutto delle quote rosa quando sono poche come nel nostro forum. A maggior ragione se arriva da una zona delicata come quella che vede il Vesuvio
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Re: Come se ne viene fuori ?
Da La Repubblica del 3.11.12
La strada da seguire per creare più lavoro
di Luciano Gallino
Per di più il governo sembra sottovalutare la gravità della situazione. La disoccupazione di massa rappresenta tutt’insieme un’enorme perdita economica, uno scandalo intollerabile dal punto di vista umano, e un minaccioso rischio politico.
Sotto il profilo economico, quasi tre milioni di disoccupati comportano una riduzione del Pil potenziale dell’ordine di 70-80 miliardi l’anno. Anche se ricevono un modesto reddito dal sussidio di disoccupazione o dai piani di mobilità, i disoccupati sono lavoratori costretti loro malgrado alla passività. Non producono ricchezza sia perché non lavorano, sia perché i mezzi di produzione, cioè gli impianti e le macchine che potrebbero usare, giacciono inutilizzati.
Un’altra perdita economica deriva dal fatto che lunghi periodi di disoccupazione comportano che le capacità professionali si logorano e sono difficili da recuperare.
Dal punto di vista umano la disoccupazione di massa, insieme con la povertà che diffonde, è uno scandalo perché i loro effetti, come ha scritto Amartya Sen, scardinano e sovvertono la vita personale e sociale.
Elementi fondamentali di questa, dall’indipendenza personale alla possibilità di accedere per sé e i figli a una vita migliore, dalla realizzazione di sé alla sicurezza socio-economica della famiglia, sono strettamente legati alla disponibilità di un lavoro stabile, dignitosamente retribuito.
Quando esso viene a mancare, anche tali elementi crollano, e la persona, la famiglia, la comunità sono ferite nel profondo delle loro strutture portanti.
Quanto al rischio politico, qualcuno dovrebbe ricordarsi che uno dei fattori alla base dell’ascesa del fascismo e ancor più del nazismo è stata la disoccupazione di massa. E la capacità di ridurla mostrata da tali regimi dopo la crisi del ’29 è una delle ragioni del sostegno popolare di cui hanno goduto fino alla guerra che li ha abbattuti.
Di certo oggi né l’uno né l’altro dei due regimi avrebbero la stessa faccia. Ma i sintomi di autoritarismo che affiorano in Europa, e i movimenti di estrema destra dagli alti tassi elettorali in almeno dieci Paesi, non sono da sottovalutare.
Sperando che qualche movimento non cominci a promettere “ridurrò la disoccupazione a zero”. La promessa che fece e poi mantenne Hitler, fra il 1933 e il ’38.
Poiché le austere ricette dei tecnici finora hanno aggravato il tasso di disoccupazione anziché ridurlo, sarebbe ora di pensare a qualcosa di più efficace, e magari sperimentarlo.
Ho fatto riferimento altre volte all’idea che sia lo Stato a creare direttamente occupazione, in merito alla quale esistono solidi studi.
Tempo fa si chiamavano schemi per un “datore di lavoro di ultima istanza”, ma oggi si preferisce chiamarli schemi di “garanzia di un posto di lavoro” (job guarantee, JG); il che non significa affatto una garanzia per quel posto di lavoro, ma per un posto di lavoro dignitoso e ragionevolmente retribuito.
Coloro che elaborano simili schemi sono economisti e giuristi americani, australiani, canadesi, argentini, indiani; i quali, diversamente dai nostri governanti di oggi e di ieri, sembrano tutti aver meditato sull’articolo 4 della nostra Costituzione, quello per cui “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro”: non del lavoro, si noti, di cui tratta invece l’articolo 35. Il primo mai attuato, il secondo in via di estinzione nella legislazione e nelle relazioni industriali.
Uno schema di JG prevede che in via di principio esso sia accessibile a chiunque, essendo disoccupato, vuole lavorare ed è in grado di farlo.
Di fatto sarebbe inevitabile, visti i numeri in gioco, dare la preferenza a qualche strato di persone in peggiori condizioni di altre, quali, per dire, i disoccupati di lunga durata. L’attuazione di uno schema di JG richiede un’agenzia centrale che stabilisce le regole di assunzione e i livelli di retribuzione, e gran numero di imprese (o centri di servizio o cooperative) a livello locale che assumono, al caso addestrano e impiegano direttamente i lavoratori, oppure li assegnano a imprese locali in progetti di immediata e rilevante utilità collettiva.
Dando la preferenza a settori ad alta intensità di lavoro e bassa intensità di capitale, dai beni culturali ai servizi alla persona, dal recupero di edifici e centri storici alla ristrutturazione di scuole e ospedali.
I centri locali trattano con le imprese le condizioni a cui esse possono impiegare i lavoratori del programma, dalla partecipazione ai costi del lavoro fino all’eventuale passaggio del dipendente dal pubblico al privato.
Trovare le risorse per finanziare simili schemi è una questione complicata, nondimeno vari studi attestano che non è impossibile risolverla.
Prima però di trattare tale tema c’è una premessa inderogabile: deve manifestarsi la volontà politica di affrontare con nuovi mezzi la catastrofe disoccupazione.
Chiedere a un governo neoliberale di esprimere una simile volontà è forse troppo, ma le crisi sono sia uno stimolo, sia una buona giustificazione per cambiare idee e politiche.
C’è una novità a livello europeo che dovrebbe indurre a discutere di simili schemi, e magari a sperimentarne qualcuno in singole regioni. Ai primi di settembre 2012 si è svolta a Bruxelles una conferenza internazionale sulle politiche del lavoro, organizzata dalla Commissione europea. Una sessione era dedicata a “La garanzia di un posto di lavoro – Concetto e realizzazione”. Hanno perfino invitato a parlare uno degli studiosi più noti e polemici in tema di JG, l’australiano Bill Mitchell.
Posto che nei programmi di JG rivivono le teorie di Keynes in tema di politiche dell’occupazione, nonché la memoria del successo che gli interventi statali ebbero durante il New Deal rooseveltiano, aprire alla discussione di tali programmi uno dei templi della teologia neo-liberale, qual è la Commissione europea, è un segno che qualcosa sta cominciando a cambiare sul fronte ideologico delle politiche del lavoro.
Il documento base della sessione in parola formula varie domande: “Quali sono i maggiori ostacoli in Europa alla realizzazione di schemi di garanzia d’un posto di lavoro… volti ad affrontare la crisi della disoccupazione? Possono tali ostacoli venire superati? In quali aree potrebbero o dovrebbero essere sviluppati degli impieghi pubblici per disoccupati? Quanto tempo ci vorrebbe prima che a un disoccupato sia dato un lavoro nel settore pubblico?”.
Sono domande a cui anche il nostro governo dovrebbe cercare di dare risposta, meglio se non soltanto in forma cartacea. Dopotutto, ce lo chiede l’Europa.
La strada da seguire per creare più lavoro
di Luciano Gallino
Per di più il governo sembra sottovalutare la gravità della situazione. La disoccupazione di massa rappresenta tutt’insieme un’enorme perdita economica, uno scandalo intollerabile dal punto di vista umano, e un minaccioso rischio politico.
Sotto il profilo economico, quasi tre milioni di disoccupati comportano una riduzione del Pil potenziale dell’ordine di 70-80 miliardi l’anno. Anche se ricevono un modesto reddito dal sussidio di disoccupazione o dai piani di mobilità, i disoccupati sono lavoratori costretti loro malgrado alla passività. Non producono ricchezza sia perché non lavorano, sia perché i mezzi di produzione, cioè gli impianti e le macchine che potrebbero usare, giacciono inutilizzati.
Un’altra perdita economica deriva dal fatto che lunghi periodi di disoccupazione comportano che le capacità professionali si logorano e sono difficili da recuperare.
Dal punto di vista umano la disoccupazione di massa, insieme con la povertà che diffonde, è uno scandalo perché i loro effetti, come ha scritto Amartya Sen, scardinano e sovvertono la vita personale e sociale.
Elementi fondamentali di questa, dall’indipendenza personale alla possibilità di accedere per sé e i figli a una vita migliore, dalla realizzazione di sé alla sicurezza socio-economica della famiglia, sono strettamente legati alla disponibilità di un lavoro stabile, dignitosamente retribuito.
Quando esso viene a mancare, anche tali elementi crollano, e la persona, la famiglia, la comunità sono ferite nel profondo delle loro strutture portanti.
Quanto al rischio politico, qualcuno dovrebbe ricordarsi che uno dei fattori alla base dell’ascesa del fascismo e ancor più del nazismo è stata la disoccupazione di massa. E la capacità di ridurla mostrata da tali regimi dopo la crisi del ’29 è una delle ragioni del sostegno popolare di cui hanno goduto fino alla guerra che li ha abbattuti.
Di certo oggi né l’uno né l’altro dei due regimi avrebbero la stessa faccia. Ma i sintomi di autoritarismo che affiorano in Europa, e i movimenti di estrema destra dagli alti tassi elettorali in almeno dieci Paesi, non sono da sottovalutare.
Sperando che qualche movimento non cominci a promettere “ridurrò la disoccupazione a zero”. La promessa che fece e poi mantenne Hitler, fra il 1933 e il ’38.
Poiché le austere ricette dei tecnici finora hanno aggravato il tasso di disoccupazione anziché ridurlo, sarebbe ora di pensare a qualcosa di più efficace, e magari sperimentarlo.
Ho fatto riferimento altre volte all’idea che sia lo Stato a creare direttamente occupazione, in merito alla quale esistono solidi studi.
Tempo fa si chiamavano schemi per un “datore di lavoro di ultima istanza”, ma oggi si preferisce chiamarli schemi di “garanzia di un posto di lavoro” (job guarantee, JG); il che non significa affatto una garanzia per quel posto di lavoro, ma per un posto di lavoro dignitoso e ragionevolmente retribuito.
Coloro che elaborano simili schemi sono economisti e giuristi americani, australiani, canadesi, argentini, indiani; i quali, diversamente dai nostri governanti di oggi e di ieri, sembrano tutti aver meditato sull’articolo 4 della nostra Costituzione, quello per cui “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro”: non del lavoro, si noti, di cui tratta invece l’articolo 35. Il primo mai attuato, il secondo in via di estinzione nella legislazione e nelle relazioni industriali.
Uno schema di JG prevede che in via di principio esso sia accessibile a chiunque, essendo disoccupato, vuole lavorare ed è in grado di farlo.
Di fatto sarebbe inevitabile, visti i numeri in gioco, dare la preferenza a qualche strato di persone in peggiori condizioni di altre, quali, per dire, i disoccupati di lunga durata. L’attuazione di uno schema di JG richiede un’agenzia centrale che stabilisce le regole di assunzione e i livelli di retribuzione, e gran numero di imprese (o centri di servizio o cooperative) a livello locale che assumono, al caso addestrano e impiegano direttamente i lavoratori, oppure li assegnano a imprese locali in progetti di immediata e rilevante utilità collettiva.
Dando la preferenza a settori ad alta intensità di lavoro e bassa intensità di capitale, dai beni culturali ai servizi alla persona, dal recupero di edifici e centri storici alla ristrutturazione di scuole e ospedali.
I centri locali trattano con le imprese le condizioni a cui esse possono impiegare i lavoratori del programma, dalla partecipazione ai costi del lavoro fino all’eventuale passaggio del dipendente dal pubblico al privato.
Trovare le risorse per finanziare simili schemi è una questione complicata, nondimeno vari studi attestano che non è impossibile risolverla.
Prima però di trattare tale tema c’è una premessa inderogabile: deve manifestarsi la volontà politica di affrontare con nuovi mezzi la catastrofe disoccupazione.
Chiedere a un governo neoliberale di esprimere una simile volontà è forse troppo, ma le crisi sono sia uno stimolo, sia una buona giustificazione per cambiare idee e politiche.
C’è una novità a livello europeo che dovrebbe indurre a discutere di simili schemi, e magari a sperimentarne qualcuno in singole regioni. Ai primi di settembre 2012 si è svolta a Bruxelles una conferenza internazionale sulle politiche del lavoro, organizzata dalla Commissione europea. Una sessione era dedicata a “La garanzia di un posto di lavoro – Concetto e realizzazione”. Hanno perfino invitato a parlare uno degli studiosi più noti e polemici in tema di JG, l’australiano Bill Mitchell.
Posto che nei programmi di JG rivivono le teorie di Keynes in tema di politiche dell’occupazione, nonché la memoria del successo che gli interventi statali ebbero durante il New Deal rooseveltiano, aprire alla discussione di tali programmi uno dei templi della teologia neo-liberale, qual è la Commissione europea, è un segno che qualcosa sta cominciando a cambiare sul fronte ideologico delle politiche del lavoro.
Il documento base della sessione in parola formula varie domande: “Quali sono i maggiori ostacoli in Europa alla realizzazione di schemi di garanzia d’un posto di lavoro… volti ad affrontare la crisi della disoccupazione? Possono tali ostacoli venire superati? In quali aree potrebbero o dovrebbero essere sviluppati degli impieghi pubblici per disoccupati? Quanto tempo ci vorrebbe prima che a un disoccupato sia dato un lavoro nel settore pubblico?”.
Sono domande a cui anche il nostro governo dovrebbe cercare di dare risposta, meglio se non soltanto in forma cartacea. Dopotutto, ce lo chiede l’Europa.
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