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camillobenso
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Rassegna stampa del Ministero dell'Interno del 13/11/2012

http://tweb.interno.it/news/daily/rasse ... STAMPA.pdf

Per archivio salvare in Pdf
camillobenso
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Diffamazione, Senato approva emendamento Lega: torna il carcere
di Redazione Il Fatto Quotidiano
| 13 novembre 2012Commenti (221)

Tornano le manette per i giornalisti che diffamano. L’aula di Palazzo Madama ha approvato con voto segreto l’emendamento della Lega che prevede il carcere fino a un anno per chi diffama a mezzo stampa con l’attribuzione di un fatto preciso, cioè “il caso più grave”, precisa il leghista Sandro Mazzatorta, firmatario della norma. L’emendamento della Lega è passato con 131 sì nonostante il parere negativo del governo. Sono stati invece 94 i no e 20 gli astenuti. “Questa norma passa con un voto anonimo – commenta il responsabile Giustizia dell’Idv Luigi Li Gotti – voi della Lega avete ottenuto un grande risultato politico”, aggiunge. Li Gotti ha detto sì alla richiesta di Luigi Zanda (Pd) di sospendere i lavori per capire come procedere ora sul ddl. Richiesta condivisa anche dal capogruppo dell’Udc Giampiero D’Alia.

Ma la replica della Lega alle critiche è tutto tranne che un pentimento: ”Sul decreto sulla diffamazione a mezzo stampa, il cosiddetto decreto ‘salva Sallusti’, l’Aula del Senato, finalmente con uno spunto d’orgoglio, vota con ampia maggioranza un emendamento della Lega che reintroduce la galera per i diffamatori abituali, contro il parere di relatore e governo”. Così il senatore della Lega Fabio Rizzi che ha aggiunto: “E’ il primo atto di responsabilità di un Parlamento finora prostrato ai voleri di questo governo golpista, che deve prenderne atto ed autosospendersi, per il bene della nazione, andare a casa e smetterla di fare danni”.

Nello specifico, l’emendamento approvato prevede la reclusione fino a un anno in alternativa a multe da 5mila a 50mila euro, in caso di condanna per diffamazione a mezzo stampa. La proposta modifica la legge sulla stampa in vigore dal ’48 che a oggi, per la diffamazione a mezzo stampa commessa con l’attribuzione di un fatto determinato, prevede la pena della reclusione da uno a sei anni e una multa. Nel testo del Carroccio si legge: “All’articolo 1, comma 1, lettera e) dopo le parole ‘si appplica la pena’ inserire le seguenti parole ‘della reclusione fino ad un anno o’”.

Ad appoggiare la richiesta di voto segreto erano stati, nel pomeriggio, 55 senatori (ne basterebbero 20) su iniziativa del gruppo della Lega Nord. Di qui una sospensione dei lavori per verificare la ammissibilità della richiesta e poi il voto che ha reintrodotto il carcere. Resta da capire, a questo punto, cosa ne sarà della legge nel suo complesso. Del resto, l’iniziativa di mettere mano alla legge sulla diffamazione era nata proprio per eliminare l’ipotesi di reclusione, dopo la condanna a 14 mesi inflitta al direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti,arrivata a fine settembre. E appare evidente, al momento, che l’accordo politico tra i capigruppo, che aveva riportato il testo in aula dopo l’ennesimo sì di massima in commissione è del tutto naufragato. Per sciogliere i nodi, il presidente del Senato, Renato Schifani, ha convocato la Conferenza dei capigruppo per domani alle 12. L’aula del Senato ha dunque sospeso l’esame del ddl. Ma non sembrano esserci molte prospettive, se anche il relatore del testo, il Pdl Berselli arriva a dire che la legge è su un binario morto. ”In modo assolutamente trasversale – ha detto – sono esplose tensioni che si erano manifestate nelle precedenti convocazioni dell’assemblea. Al di fuori di qualsiasi regia”. Altrettanto chiara la reazione della capogruppo al Senato del Pd, Anna Finocchiaro: “Avevamo lavorato – conclude – alla ricerca di un equilibrio che viene completamente stravolto dalla reintroduzione del carcere per i giornalisti. A questo punto si impone che il provvedimento venga ritirato”.

Gli altri emendamenti - Fino alla sospensione di questa sera, in effetti, il Senato aveva continuato a lavorare al testo, apparentemente senza intoppi. Approvato in Aula con il parere favorevole del relatore, ad esempio, l’emendamento a firma del Democratico Vincenzo Vita con il quale si chiudeva all’ipotesi delle “rettifiche fiume” temute dalla stampa. Con l’emendamento si stabilisce infatti che, in caso di diffamazione, la rettifica debba essere pubblicata con riferimento alla notizia cui si riferisce con lo stesso rilievo e nella medesima collocazione, purché contenuta nel limite delle “trenta righe”.

Le reazioni - ”Mi sento meno solo. Con la legge approvata dal Senato a San Vittore finiremo in tanti”. Così il direttore del ‘Giornale’, Alessandro Sallusti, ha commentato su Twitter. Mentre parla di pagina nera della democrazia l’Fnsi: ”I malpancisti forcaioli, dietro il muretto a secco del voto segreto chiesto da Lega e Api, hanno scritto una pagina vergognosa votando per la reintroduzione del carcere per i giornalisti, che veniva cancellato da una proposta di riforma dell’attuale normativa. La legge in discussione sulla modifica delle norme per i reati a mezzo stampa, a questo punto, non ha più alcun senso: è peggiorativa rispetto alla precedente ed è in totale contrasto con la giurisprudenza europea”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11 ... re/412880/
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Al cimitero "posti in piedi".......


Napoli, che s’adda fa’ pe’ murì!
di Arnaldo Capezzuto
| 13 novembre 2012Commenti (24)


E’ complicato anche morire a Napoli. Ci sono concittadini che sapendo le difficoltà immani per trovare un loculo, un fosso, una nicchia, una tomba si sforzano a vivere molto di più perché impossibilitati a trapassare. A parte la battuta che poi non è tanto una battuta, merita di essere letto tutto di un fiato il libro “Che s’adda fa’ pe’ murì! – affari e speculazioni sui morti a Napoli –” edito da Vertigo e scritto dal mio amico Alessandro Migliaccio, bravo cronista e uno degli autori più prolifici della trasmissione cult “Le Iene”.

Novemila morti all’anno garantiscono a Napoli e provincia un giro d’affari illecito tanto enorme quanto raccapricciante. Ci sono cartelli organizzati di ditte funebri che si spartiscono il mercato. Un business di milioni di euro dove tutto è consentito. Cadaveri che spariscono nel nulla, tombe profanate e rivendute all’insaputa del seppellito e dei parenti. Ossa che vengono spostate da una nicchia all’altra. Morti che restano per giorni interi “all’inpiedi”. Singoli loculi che si trasformano in tombe familiari. Scene da film dell’orrore. L’inchiesta condotta da Migliaccio fa luce sul malaffare e la speculazione che circonda il mercato dei funerali e dei loculi, mostrando paradossi a volte grotteschi, come quello del “loculo con vista sui parenti” venduto tramite un sito di e-commerce su Internet, altre volte tragici e strazianti, come quello della giovane deceduta cui non si riesce a trovare nemmeno un posto in obitorio. C’è anche da aggiungere e non poteva essere diversamente la complicità della cattiva gestione dei servizi cimiteriali comunali.

Uffici sguarniti dove la documentazione viene compilata rigorosamente a mano, non esistono archivi informatici, non esiste modulistica, non ci sono bandi di assegnazione delle tombe, non ci sono nuove aree cimiteriali, non ci sono nuovi progetti di ampliamento anzi i pochi cantieri aperti sono “inspiegabilmente” fermi. Nel mondo dei vivi non c’è nulla. Un abbandono amministrativo che fa sorgere qualche sospetto. Laddove il pubblico non è efficiente ecco che si crea – casualmente e inevitabilmente – lo spazio per far inserire faccendieri, mediatori, portagente insomma fiancheggiatori di imprese legate a doppia mandata con la camorra. Ad esempio chi muore a Casoria, comune alle porte di Napoli, il funerale lo devono organizzare obbligatoriamente le pompe funebri di Casoria. Nessuno “di fuori” può invadere il territorio, potrebbero accadere cose sconvenienti. Questi parassiti, questi sciacalli, queste merde approfittando della scomparsa di una persona cara, del dolore, della mancanza di lucidità dei congiunti guadagnano sulle disgrazie altrui un bel po’ di soldi.

E come fanno a guadagnarci? Illegalmente come è ovvio, vale a dire attraverso il controllo del territorio reso possibile dalla presenza dei diversi clan-famiglie distribuite nei vari quartieri che gestiscono la tratta dei cadaveri. Se si muore in un ospedale piuttosto che in un altro, se si muore in una strada piuttosto che in un’altra: è da questo che può dipendere da quale ditta sarà curato il funerale e la spesa che i parenti dovranno sostenere. Non solo, se poi la famiglia del povero defunto non possiede una cappella privata in cui deporne le spoglie mortali, finirà di certo per cacciarsi in un esasperante labirinto burocratico da cui uscire è possibile in un solo modo: pagare profumatamente qualcuno per trovare una nicchia. Compaiono strani figuri che si aggirano nei camposanti come spettri, solo che questi sono reali, tanto reali da chiedere denaro, un bel po’ di denaro. Si tratta di custodi, amministrativi, addetti alle pulizie: è a loro e alla loro mediazione che ci si affida per essere certi di trovare l’ambito loculo a volte ai danni di altri ignari defunti. Proprio all’autore del libro lo scorso 2 novembre è inciampato in un clamoroso furto di una nicchia ripreso in diretta. Assurdo? Guardare per credere.

Discorso non molto diverso tocca ai privati e alle congreghe appartenenti alla curia, davvero da far accapponare la pelle. “Che s’adda fa’ pe’ murì!” è un titolo azzeccato perché Alessandro Migliaccio ricostruisce un mosaico horror che bravi magistrati e investigatori dovrebbero colpire con durezza. E’ un sistema nel sistema che oltre a rubare ai vivi ruba perfino ai morti. Lo schifo è solo all’inizio. Quante volte a Napoli capita di ascoltare e leggere sui bollettini medici: “E’ morto durante il trasporto in ambulanza a casa” . Insomma sembra quasi che sia il trasporto in ambulanza a dare il colpo di grazia ai pazienti, tante sono le persone che ci muoiono dentro. In realtà, spesso, nelle ambulanze partenopee non si trasportano persone vive bensì, in maniera del tutto illegale, (il reato è sottrazione di cadavere) persone già defunte in ospedale che, per volontà dei familiari e con la complicità dei medici e infermieri, vengono portate in fretta e furia nelle loro abitazioni per ricevere lì l’ultimo saluto. I camici bianchi per chiudere un occhio e anche l’altro sono stipendiati dalle ditte funebri per non parlare degli infermieri che ottengono abbondanti regalie trasformandosi in vedette da obitorio. Uno spaccato raccapricciante che neppure può indurre alla scelta estrema di farsi cremare, si pare un altro mercato perché a Napoli e nell’hinterland non ci sono impianti di cremazione…Appunto Che s’adda fa’ pe’ murì!…

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11 ... ri/412353/
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Quando la crisi lambisce lo sport nazionale......


Calcio made in Italy, continua la fuga degli spettatori dagli stadi di Serie A e B
La media quest’anno (neanche 23 persone a partita) è inferiore alle precedenti stagioni e impietosa rispetto agli altri campionati europei: 30mila negli ultimi due anni in Spagna, 35mila in Inghilterra, ben 42mila in Germania

di Luca Pisapia
| 12 novembre 2012Commenti (70)


Il calcio italiano, in crisi di appeal e di risultati a livello continentale, assiste impotente alla fuga degli spettatori dagli stadi. E la desertificazione degli spalti si ripercuote a sua volta, causa minori introiti, sul livello di competitività delle squadre in Europa.

Domenica, per esempio, c’erano solamente 12.313 spettatori paganti a San Siro per la sfida del Milan contro la Fiorentina, che aggiunti ai poco meno di 24mila abbonati (in netto calo rispetto agli oltre 30mila delle stagioni precedenti, e in assoluto il record negativo dell’era Berlusconi) riuscivano a stento a riempire lo stadio per metà della sua capienza.

Ma il problema non è certo del Milan, che anzi con 39mila spettatori di media è la seconda squadra con più pubblico dopo l’Inter.

Quello degli spalti vuoti, che si giochi il campionato, la Champions League, o sia ospitata la Nazionale, è un problema che coinvolge l’intero paese.

La situazione è tragica. In Serie B la media degli spettatori è di poco superiore ai 5mila a partita, con un’utilizzazione della capienza degli stadi inferiore a un terzo di quella possibile, mentre negli altri tre grandi campionati europei (Germania, Inghilterra e Spagna) le seconde divisioni attirano una media di pubblico sfiora le 20mila unità. In Serie A non va certo meglio. La media quest’anno è inferiore ai 23mila spettatori a partita, in calo rispetto ai 24.031 di media della stagione 2010-11 e ai 25.282 della stagione 2009-10. Il confronto con gli altri campionati, tutti in crescita, è impietoso. Nella Liga spagnola la media negli ultimi due anni è stata intorno ai 30mila. Nella Premier League inglese oltre i 35mila. Mentre nella Bundesliga tedesca si superano tranquillamente i 42mila spettatori a partita.

Queste cifre tolgono di mezzo immediatamente il falso problema della televisione: anche all’estero le partite sono trasmesse in diretta. Anzi, in Inghilterra e Germania specialmente, vige anche la cultura del pub, o Kneipe, dove molti tifosi si ritrovano per vedere insieme la squadra del cuore. E ciò nonostante gli stadi sono pieni. Non è nemmeno un problema di qualità del campionato, dato che sabato in Inghilterra hanno assistito al pareggio tra Southampton e Swansea – compagini non certo colme di talento – in più di 30mila. Quasi il doppio degli spettatori di Genoa-Napoli (3mila paganti), dove erano in campo Cavani, Hamsik e compagnia. E allora si ritorna al problema degli impianti sportivi, fiore all’occhiello degli altri campionati, che dagli stadi ottengono il 25% dei ricavi annuali, mentre in Italia la percentuale scende al 12%.

A dimostrarlo, nel mare degli stadi vecchi e fatiscenti che tendono a respingere lo spettatore piuttosto che ad attirarlo, emerge l’esempio dello Juventus Stadium: unico impianto di proprietà tra le società italiane, con una media spettatori di oltre 38mila a partita e una percentuale di riempimento del 93%. Offrendo tale prodotto, a fronte di un investimento di poco superiore ai 125 milioni, la società bianconera nel bilancio 2011-12 appena approvato ha potuto segnare un aumento di oltre il 50% dei ricavi dagli abbonamenti e una crescita dei ricavi complessivi da gara che in una sola stagione sono passati da 11,5 a 31,8 milioni di euro. Oltretutto, in un recente convegno della Lega di Serie B, l’advisor Kpmg ha calcolato che per le società interessate a costruire nuovi stadi il costo per ogni posto a sedere dovrebbe essere compreso tra i mille e duemila euro. Una cifra recuperabile in poche stagioni.

Ma la soluzione non può essere quella della proprietà dell’impianto in sé e per sé, che si vorrebbe concedere attraverso leggi confuse che servono solo a favorire abusi e speculazioni edilizie quanto di investimenti seri, sulla falsariga tedesca e inglese. Anche nei confronti del tifoso che, una volta che è stato trasformato in consumatore, come tale andrebbe tutelato. Magari attraverso l’abolizione definitiva della cosiddetta tessera del tifoso, che ha avuto l’effetto di azzerare le trasferte. Altrove gli stadi sono pieni, e le squadre volano nelle competizioni continentali. In Italia si è passati dalle 15 finali europee degli anni Novanta (media spettatori intorno ai 30mila) alle 4 degli anni Zero (media intorno ai 25mila). Quest’anno tra Champions e Europa League rischiamo che già a dicembre solo due o tre squadre superino il turno. Il deserto sugli spalti si sta già ripercuotendo nelle bacheche.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/11 ... -b/411412/
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Divide et impera
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Divide et impera (pronuncia: dìvide et ìmpera, dato che la sillaba "vi" del "divide" è breve) è una locuzione latina che tradotta letteralmente significa dividi e domina.
Esplicitato per la prima volta per descrivere una tecnica socio-politica romana, questo metodo è in realtà un archetipo di approccio che viene applicato praticamente in ogni ambito umano (e non solo, anche nell'ambito animale e dell'intelligenza artificiale), ogni qualvolta non si costruisca la soluzione di un problema in un singolo gesto, ma si lavori distintamente su diverse parti di essa fino a giungere alla sua completezza mettendo insieme il tutto.


***

La destra è molto più vicina al potere dominante dei poteri forti. La sinistra lo è meno, visto i risultati della Seconda Repubblica.

Ovviamente il potere spinge sempre per la sua conservazione.

**


Scuola, l'ultima mossa della Gelmini:
tagli per tutti, privilegi per pochi


Grazie agli esperti nominati dall'ex ministro, all'azienda della moglie di Ambrogetti, dirigente Mediaset, 730 mila euro dal Miur per le «Pillole del Sapere» e 5 milioni tra agevolazioni e fondi misti per formare nuovi manager. Estratto dell'inchiesta di Ranucci che andrà in onda domenica a Report

http://www.corriere.it/inchieste/report ... fed7.shtml
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Il giorno della vittoria di Obama, la notizia in Israele fu data con 16 minuti di ritardo. Erano convinti della vittoria di Romney e quasi certamente nel fiume dei dollari non sarà mancata la generosità della comunità ebraica. In Israele non l’hanno presa bene.


Qualcuno sostiene che avessero gli aerei già pronti a decollare verso l’Iran.

Quella di ieri è una variante al tema????

Sostiene L’Unità:

Gaza, raid e morti. Hamas:
«Israele ha i giorni contati»


15 novembre 2012

Un razzo ha ucciso tre israeliani nel sud di Israele vicino al confine con la Striscia di Gaza. Lo riferisce la televisione israeliana.
A esser colpito dal razzo è stato un palazzo a Kiryat Malachi. Altre persone sarebbero intrappolate nella struttura. Lo ha detto un portavoce della polizia, Louba Samri.
Secondo quanto riportato dalla televisione israeliana Channel 1 i razzi sparati dalla Striscia di Gaza hanno colpito la città israeliana di Kiryat Malahi: «Stiamo parlando di tre morti», ha indicato la televisione, aggiungendo che un razzo ha colpito in pieno una casa.

Secondo la Croce Rossa - citata dai media - le tre persone uccise sono due donne e un uomo, tutti intorno a 30 anni. Tra i feriti c'è anche un ragazzino di 4 anni. Altre due ragazzine sono state portate in ospedale a causa delle ferite provocate da uno shrapnel. Anche il padre di una di loro è rimasto ferito dall'attacco.

«I giorni dei sionisti sono contati, specialmente dopo lo scoppio Primavera araba»: lo ha affermato Khalid Meshaal, capo in esilio dell'ufficio politico di Hamas, commentando l'escalation nella Striscia di Gaza. Intervenendo a Khartum all'ottava conferenza del movimento islamista sudanese, Meshaal ha affermato che l'obiettivo degli israeliani è la distruzione delle infrastrutture della resistenza. «Ma essi
dimenticano», ha aggiunto il leader del movimento palestinese, «che la resistenza poggia su uomini e donne».

Ieri nuovi raid israeliani hanno ucciso il capo di Hamas e altre dodicipersone. Ci sono anche un bebè, una bambina e una ragazza incinta fra le vittime dei combattimenti in corso fra Israele e Hamas a Gaza. Il bilancio complessivo delle vittime al momento è di 12 morti e decine di feriti, secondo fonti mediche palestinesi. La bimba si chiamava Rinan Arafat e aveva sette anni. Il neonato era Ahmed Mashrawi, di 11 mesi. La ragazza incinta era Hiba al-Mashrawi, di 19 anni.

Le ostilità hanno avuto inizio ieri con la uccisione del capo militare di Hamas Ahmed Jaabari (52) e della sua guardia del corpo, Muhammad al-Hamas. Altri miliziani colpiti a morte dal fuoco israeliano sono Issam Abul-Mizah (20), Wael al-Ghalban e Hisham al-Ghalban. Altre vittime identificate finora negli ospedali della
striscia sono: Hani al-Kasih (19), Mahmud Sawawein (65), Habes Mesmeh (30). Una dodicesima vittima non è stata ancora identificata.

Intanto, migliaia di palestinesi hanno sfidato il clima di paura che si avverte nella Striscia per i raid israeliani, che nelle ultime 24 ore secondo fonti mediche locali hanno provocato 13 morti e decine di feriti, e si sono radunati nel centro di Gaza per partecipare ai funerali di Ahmed Jaabari, il comandante militare di Hamas ucciso ieri da un razzo israeliano.
Le salme di Jaabari e di altri miliziani palestinesi lasceranno in mattinata l'ospedale al-Shifa per raggiungere la moschea el-Omari, la principale di Gaza. Da là il corteo funebre raggiungerà il cimitero del rione Sheikh Radwan. Mentre sulla Striscia continuano i raid israeliani, nella popolazione cresce la sensazione di dover affrontare un conflitto prolungato. La scorsa notte le stazioni di benzina sono state prese d'assalto e stamane molte sono a secco. Lunghe code si vedono davanti alle panetterie.

Tornano, insomma, a materializzarsi gli spettri della guerra nella Striscia di Gaza. A quattro anni dalla sanguinosa operazione 'Piombo Fuso', Israele ha lanciato una massiccia offensiva aerea sulla Striscia, uccidendo Ahmed Jaabari, 52 anni, comandante del braccio armato della fazione islamica (Brigate Ezzedin al-Qassam), il regista della cattura di Ghilad Shalit e di fatto l' 'uomo forte' di Gaza. La sua eliminazione è giunta dopo che per giorni Hamas aveva indirizzato da Gaza i propri razzi contro il Neghev israeliano. «La situazione era divenuta insostenibile», si è giustificato ieri sera il premier Benyamin Netanyahu, «dovevamo assolutamente reagire. Nessuna altra nazione al mondo avrebbe accettato una situazione simile».
Non si fa attendere il sostegno degli Stati Uniti al diritto di Israele a difendersi: «Non c'è giustificazione - si legge in un comunicato del Dipartimento di Stato - per i codardi attacchi condotti contro Israele».

Jaabari è stato centrato da un missile a bordo della vettura su cui viaggiava con il figlio. L'esplosione ha ridotto l'automobile a un ammasso di lamiere accartocciate e non gli ha dato scampo. Malgrado la tensione crescente, pare si sentisse sicuro del fatto suo: forse riteneva di beneficiare di una 'rete di protezione' egiziana, avendo stretto di recente le proprie relazioni con i servizi segreti del Cairo nello sforzo di arginare le attività sempre più destabilizzanti dei salafiti sia nella Striscia sia nel Sinai. Ma la morte lo ha raggiunto dal cielo nel pieno centro di Gaza City, all'imbocco di via Omar el-Mukhtar.

Nella Striscia la notizia dell'uccisione di Jaabari - personaggio circondato da un alone di ammirazione - si è sparsa in brevissimo tempo. Attorno all'ospedale al-Shifa si è radunata una folla in preda al dolore e alla collera, mentre miliziani di Hamas sparavano in aria rabbiose raffiche di arma automatica. Israele intanto non si è fermato, annunciando l'avvio di un'operazione su più vasta scala denominata 'Colonna di nuvolà: per ora affidata alla sola aviazione, ma aperta al coinvolgimento di forze di terra «se sarà necessario», ha avvertito Netanyahu. Nelle ore successive i raid si sono susseguiti quasi senza sosta, colpendo sia comandanti di Hamas sia i depositi di razzi Fajjar capaci di raggiungere da Gaza, in teoria, la periferia di Tel Aviv. Una fonte militare a Tel Aviv ieri sera ha detto che i risultati di questo attacco sono stati molto efficaci. Secondo la fonte, Hamas aveva allestito i depositi missilistici anche in zone fittamente abitate da civili, inclusi condomini residenziali e aree limitrofe ad asili nido o ospedali. Cosa che ha offerto a Netanyahu il destro per tornare ad accusare la fazione islamica di farsi scudo con i civili.

Da Gaza, tuttavia, Hamas ha reagito accusando a sua volta Israele di condurre «un'aggressione barbara» e indiscriminata. Il bilancio provvisorio delle vittime palestinesi di queste ore è di almeno nove morti (fra cui due bambini) e decine di feriti. Gli islamici al potere nella Striscia - i cui dirigenti di sono dati alla clandestinità per sfuggire ai velivoli israeliani - hanno fatto sapere che la loro reazione spalancherà «le porte dell'inferno» di fronte all' 'occupante sionistà e che ormai «sono leciti tutti gli obiettivi in Israele».

Una prima reazione si è avuta alle 20 locali, in contemporanea con l'inizio dei telegiornali israeliani di prima serata, quando la città di Beer Sheva (Neghev) è stata investita dal lancio di una quindicina di razzi Grad sparati da Gaza, parte dei quali intercettati dai sistemi di difesa aerea. In tutte le località vicine a Gaza la popolazione israeliana ha avuto ordine di restare in prossimità dei rifugi. «Questo è solo l'inizio», ha sottolineato il ministro della Difesa Ehud Barak, che ha ordinato il richiamo di unità di riservisti e l'avvicinamento minaccioso a Gaza di reparti di fanteria. Gli obiettivi dei raid, ha spiegato Barak, sono quattro: il rafforzamento del deterrente israeliano; la distruzione degli arsenali di Hamas e di altre «organizzazioni terroristiche»; e la difesa dei civili nel Neghev.

Il presidente Shimon Peres ha illustrato a sua volta l'operazione a Barack Obama, in una telefonata in cui ha difeso «l'esecuzione mirata» di Jaabari, additato come un «estremista radicale» responsabile di numerosi attacchi terroristici e ha sostenuto che Israele non poteva tollerare oltre il lancio di razzi.

Tutti gli occhi sono adesso puntati sulle ripercussioni regionali: in particolare alle mosse degli Hezbollah libanesi e dei dirigenti islamici dell'Egitto, invocati da Hamas affinchè levino la loro voce contro «l'escalation». «Consigliamo a tutti di agire con ponderatezza», ha ammonito più tardi Ehud Barak dagli schermi televisivi. Parole che tuttavia non sembrano far breccia al Cairo, che ha provveduto a condannare (all'unisono con il Qatar) l'uccisione di Jaabari, a ritirare il suo ambasciatore da Israele, a sollecitare una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza e ad associarsi alla richiesta del presidente palestinese Abu Mazen di un vertice straordinario della Lega Araba, che si terrà sabato. Intanto, l'ambasciatore israeliano in Egitto Yaakov Amitai ha lasciato il Cairo insieme con lo staff diplomatico dell'ambasciata su un volo diretto ad Amman, in assenza di voli per Israele dal Cairo in serata. Una misura che appare dettata da ragioni di sicurezza.

Appelli per la fine immediata delle violenze sono giunti anche dal segretario generale dell'Onu, dalla Russia e dalla Francia.

Ma dal fronte i tamburi di guerra continuano a rullare.


http://www.unita.it/italia/raid-israeli ... 269?page=3
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Altri attacchi nella notte di Israele.

La situazione precipita.

La corrispondente Rai Giovanna Botteri, in Usa fa presente che Netanyhau ha fatto campagna per Romney e sta mettendo sotto pressione Obama con cui ha pessimi rapporti.


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Razzo colpisce Tel Aviv. Israele: 'La pagheranno'
Escalation di guerra. Il missile è di fabbricazione iraniana. Almeno 19 palestinesi uccisi nei raid
15 novembre, 23:22
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Amb. Israele, avanti fino a quando Hamas capira'
Siria: oltre 39 mila morti in 20 mesi
Lo spettro guerra nella striscia di Gaza
Razzi e raid, guerra in Striscia di Gaza

GAZA - Un'esplosione si è udita a Tel Aviv mentre suonavano le sirene di allarme. L'esplosione ha provocato momenti di paura nella popolazione, ma non ha causato vittime. E' la prima volta dal 1991 che un razzo colpisce Tel Aviv.

Da Gaza la Jihad islamica ha affermato da parte sua di aver sparato verso Tel Aviv un razzo di tipo Fajar 5: si tratta di un razzo in dotazione alle forze armate iraniane. Il gruppo ha affermato che è stato "allargato la portata della battaglia per potere raggiungere Tel Aviv, e ciò che sta per succedere sarà ancora più grande". Il Fajr-5 è un razzo di ultima generazione, lanciato da postazioni mobili, e ha una gittata stimata tra i 75 e gli 80 km.

Fonti della sicurezza interna israeliana hanno poi confermato il lancio del razzo dalla Striscia di Gaza, precisando tuttavia che l'ordigno è esploso in mare, senza fare danni. In città, dove resta in funzione l'illuminazione pubblica, è intanto collassata parte della rete di telefonia mobile. Il ministero della Sicurezza nazionale ha avvertito la popolazione di scendere nei rifugi laddove le sirene d'allarme tornassero a suonare.

I militanti palestinesi "pagheranno il prezzo per il lancio dei razzi contro Israele", ha affermato il ministro della Difesa dello Stato ebraico Ehud Barak, citato da Al Arabiya.

Ma Hamas non indietreggia. Se "l'aggressione di Israele continua è chiaro che le brigate al Qassam e Hamas attaccheranno gli israeliani, i soldati e i politici. Una pioggia di razzi si riverserà su di loro": lo ha affermato un portavoce di Hamas, Fawzi Barhoum, citato dall'iraniana Press Tv.

Nelle ultime 24 ore "il sistema Iron Dome ha intercettato 105 razzi, mentre 274 hanno colpito Israele": lo afferma il portavoce dell'esercito israeliano, precisando che sono saliti a 250 gli "obiettivi terroristici" colpiti nella Striscia di Gaza.

L'esercito israeliano, autorizzato dal ministro della Difesa Ehud Barak, ha approvato il richiamo di 30mila riservisti dopo l'escalation nel sud di Israele. Lo ha detto il portavoce dell'esercito Yoav Mordechai, secondo quanto annunciato dalla tv pubblica Canale 2. Nel pomeriggio anche il Comitato affari esteri e difesa della Knesset ha approvato la richiesta.

Rinforzi militari egiziani sono intanto partiti dal quartier generale della II armata dell'esercito, ad Ismailiya, verso la frontiera con Israele. Lo hanno reso noto fonti della sicurezza, secondo notizie pubblicate sul sito online del quotidiano Al Ahram. Le fonti hanno anche precisato che e' stato proclamato lo stato massimo di allerta.

Ed è salito a 19 il bilancio dei palestinesi uccisi da ieri a Gaza dal fuoco israeliano. Tra le ultime vittime in ordine di tempo - oltre a tre ragazzi (di 9, 14 e 16 anni, secondo quanto riporta il sito online di al Jazira) rimasti uccisi in un raid a Beit Hanoun sferrato questa sera - c'è una bimba di 10 mesi, Hanin Tafish. Hanin era stata colpita ieri nella propria abitazione nel rione Zaitun di Gaza. In Israele è invece finora di tre civili il bilancio complessivo delle vittime del fuoco palestinese.

Al Jazira riporta che le operazioni dell'aviazione israeliana proseguono. Fonti mediche, citate dall'Afp, parlano di 12 feriti nell'attacco di stasera che porta a 150 il bilancio delle persone coinvolte dall'inizio dei raid sulla Striscia.

Intanto migliaia di palestinesi hanno sfidato il clima di paura e si sono radunati nel centro di Gaza per partecipare ai funerali di Ahmed Jaabari. Le salme di Jaabari e di altri miliziani palestinesi lasceranno in mattinata l'ospedale al-Shifa per raggiungere la moschea el-Omari, la principale di Gaza. Da là il corteo funebre raggiungerà il cimitero del rione Sheikh Radwan. Mentre sulla Striscia continuano i raid israeliani, nella popolazione cresce la sensazione di dover affrontare un conflitto prolungato. La scorsa notte le stazioni di benzina sono state prese d'assalto e stamane molte sono a secco. Lunghe code si vedono davanti alle panetterie.

Il presidente americano Barack Obama e il premier israeliano Benjamin Netanyhau si sono detti "d'accordo sulla necessità che Hamas fermi i suoi attacchi". Lo comunica la Casa Bianca, sottolineando che Obama ha chiesto "ogni sforzo per evitare vittime civili".

Obama ha avuto un colloquio telefonico con Morsi. Obama ha "condannato" il lancio di razzi da Gaza su Israele e "ribadito" il diritto di Israele all'auto-difesa. Obama ha ribadito al premier israeliano Netanyhau l'appoggio degli Stati Uniti al diritto di autodifesa di Israele.

"Gli israeliani devono capire che l'aggressione contro Gaza è inaccettabile e che non potrà che portare all'instabilità nella regione", ha affermato il presidente egiziano, Mohamerd Morsi, in una dichiarazione agli egiziani diffusa dalla tv di stato. Il premier egiziano Hisham Kandil si recherà domani a Gaza: lo annuncia Hamas.

Il presidente russo Vladimir Putin ha fatto appello a "evitare l'escalation di violenza" nella Striscia di Gaza" in una telefonata al premier israeliano Benyamin Netanyahu. Lo afferma una nota del Cremlino. Il presidente russo ha lanciato lo stesso appello ai palestinesi nella Striscia. Mosca ritiene sproporzionati gli attacchi di Israele a Gaza: lo ha detto in una briefing Aleksandr Lukashevich, portavoce del ministero degli Esteri russo, aggiungendo che e' inaccettabile un ulteriore sviluppo della situazione basato su uno scenario militare.

Il consiglio di Sicurezza dell'Onu si è riunito d'urgenza. La riunione, chiesta dall'Egitto, si è svolta a porte chiuse ed é durata quasi due ore. Nessuna dichiarazione formale è stata rilasciata alla fine ma il messaggio emerso - spiega l'ambasciatore indiano Hardeep Singh Puri, presidente di turno dei Quindici - è chiaro: "la violenza deve cessare".
Maucat
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Re: Top News

Messaggio da Maucat »

Il conflitto in Medio Oriente non finirà mai fino all'eliminazione di uno dei due contendenti... troppo odio è stato seminato negli ultimi 65 anni in quella terra.
Il mio timore è che tutto ciò sia solo l'innesco di un conflitto più ampio che vedrà coinvolte molte nazioni e molti teatri di guerra (ricordatevi l'Iran e la tensione Cina-Giappone) dato che il solito sistema per uscire da una profonda recessione è sempre lo stesso: la Guerra!!!
lucfig
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Re: Top News

Messaggio da lucfig »

Maucat ha scritto:Il conflitto in Medio Oriente non finirà mai fino all'eliminazione di uno dei due contendenti... troppo odio è stato seminato negli ultimi 65 anni in quella terra.
Il mio timore è che tutto ciò sia solo l'innesco di un conflitto più ampio che vedrà coinvolte molte nazioni e molti teatri di guerra (ricordatevi l'Iran e la tensione Cina-Giappone) dato che il solito sistema per uscire da una profonda recessione è sempre lo stesso: la Guerra!!!
Non è odio, ma la necessità di chi sta al potere di conservarselo.

Senza la guerra sia i Generali Isdraeliani (che strano caso diventano primi ministri) e sia Hamas non avrebbero motivo di esistere ... per questo la guerra ci sarà sempre ...
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Maucat
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Re: Top News

Messaggio da Maucat »

Proprio per avere la guerra continua si semina odio...
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