Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Ilva, approvato il decreto. L'azienda rischia una maxi multa o il commissariamento. E il governo non esclude l'esproprio
L'Huffington Post | Di Flavio Bini
Pubblicato: 30/11/2012 18:30 CET Aggiornato: 30/11/2012 19:17 CET
Sono servite sei ore di consiglio dei ministri, ma alla fine il via libera al decreto "salva-Ilva" è arrivato. Con una importante novità, destinata a far discutere.
L'azienda, come era stato anticipato in questi giorni, potrà riprendere a produrre immediatamente la produzione, utilizzando i beni attualmente sotto sequestro. Ma il provvedimento del governo non soltanto assorbe l'Autorizzazione integrata ambientale dandole forza di legge, ma prevede un meccanismo di vigilanza e sanzione in caso di inadempimenti dell'azienda.
Il governo prevede sanzioni che possono arrivare fino al 10% per cento del fatturato (che nel caso dello stabilimento di Taranto è stato nel 2011 di 5,3 miliardi di euro). Ma non solo. Con il nuovo provvedimento il governo va oltre. Richiamando gli articoli 42 e 43 della Costituzione, sempre in caso di non rispetto delle norme previste, l'azione del governo può arrivare fino alla messa in "amministrazione straordinaria" dell'impresa. L'aver inserito nel testo del decreto i due citati articoli della Carta fondamentale è stata una scelta precisa. L'articolo 43 infatti è quello che stabilisce che lo Stato si riserva il diritto di espropriare aziende private per casi di "preminente interesse generale". E nelle premesse del decreto il sito di Taranto viene appunto definito "sito di interesse strategico nazionale".
Lo stesso ministro Passera durante la conferenza stampa ha voluto sottolineare la forza di questa possibilità: "Abbiamo introdotto sanzioni e interventi diretti che potrebbero togliere valore alla proprietà, fino alla perdita del controllo".
E' questa quindi l'arma messa in campo dal governo per sbloccare l'impasse: da un lato le rigide prescrizioni da applicare, scritte nell'Aia e "tradotte" nel decreto, dall'altro un solido sistema di vigilanza e sanzioni in caso di violazioni da parte dell'azienda. Nuovo perno del sistema è costituito dall'istituzione di un garante, che - ha spiegato il sottosegretario Catricalà - sarà una "figura di grande importanza, di indiscussa indipendenza, competenza ed esperienza", sarà proposto "dai ministri della Salute, dell'Ambiente e dello Sviluppo Economico e sarà nominato dal Presidente della Repubblica.
Il conflitto con i magistrati e il ruolo di Napolitano. Il provvedimento non scioglie uno dei nodi più spinosi: quello del rapporto tra l'intervento del governo con i provvedimenti già decisi dalla magistratura. Su tutti, i due sequestri disposti dai giudici tarantini, quello degli impianti dell'area a caldo e quello dei prodotti finiti e semilavorati. Il rischio, paventato a più riprese, è l'impugnazione del decreto. Ma il premier Monti, rispondendo ai cronisti che chiedevano se non fosse opòportuno rivolgere un appello per scongiurare questa possibilità, ha chiamato in causa il presidente della Repubblica. "Il decreto ha bisogno del consenso del Presidente della Repubblica la cui guida e stella polare è la Costituzione", ha detto il presidente del Consiglio.
La decisione del Tribunale del Riesame. Ma anche con il via libera del Quirinale, il problema resta attuale. Il sei dicembre il Tribunale del Riesame dovrebbe esprimersi sull'istanza di dissequestro sui prodotti finiti e semilavorati presentata dall'azienda (all'origine della decisione dell'azienda di chiudere lo stabilimento) dopo che oggi il Gip ha già rigettato quella sull'area a caldo, in caso di nuovo no dei magistrati il conflitto tra la decisione del governo - sì alla produzione e piena disponibilità degli impianti - e quella della magistratura - impianti e beni sequestrati e quindi produzione bloccata - resterebbe in piedi.
Ma Clini, su questo punto, ha voluto puntualizzare: "Quella che è stata adottata dal
Consiglio dei ministri oggi è una legge e come tale dovrà essere rispettata e anche il tribunale del riesame dovrà confrontarsi con questo decreto".
L'opposizione dei Verdi: "Da oggi a Taranto la legge non esiste più per decreto". Contrari all'adozione del provvedimento i Verdi, che contestano l'illegittimità dell'azione del governo. "Da oggi a Taranto la legge non esiste più per decreto", ha detto il presidente Angelo Bonelli."Quella messa in piedi dal governo è un vero e proprio commissariamento della Procura di Taranto che ha fatto e fa il proprio dovere difendendo la salute dei cittadini: si tratta di un attacco alla magistratura senza precedenti rispetto alla Storia della Repubblica italiana attraverso un decreto che presenta più profili di incostituzionalita".
L'Huffington Post | Di Flavio Bini
Pubblicato: 30/11/2012 18:30 CET Aggiornato: 30/11/2012 19:17 CET
Sono servite sei ore di consiglio dei ministri, ma alla fine il via libera al decreto "salva-Ilva" è arrivato. Con una importante novità, destinata a far discutere.
L'azienda, come era stato anticipato in questi giorni, potrà riprendere a produrre immediatamente la produzione, utilizzando i beni attualmente sotto sequestro. Ma il provvedimento del governo non soltanto assorbe l'Autorizzazione integrata ambientale dandole forza di legge, ma prevede un meccanismo di vigilanza e sanzione in caso di inadempimenti dell'azienda.
Il governo prevede sanzioni che possono arrivare fino al 10% per cento del fatturato (che nel caso dello stabilimento di Taranto è stato nel 2011 di 5,3 miliardi di euro). Ma non solo. Con il nuovo provvedimento il governo va oltre. Richiamando gli articoli 42 e 43 della Costituzione, sempre in caso di non rispetto delle norme previste, l'azione del governo può arrivare fino alla messa in "amministrazione straordinaria" dell'impresa. L'aver inserito nel testo del decreto i due citati articoli della Carta fondamentale è stata una scelta precisa. L'articolo 43 infatti è quello che stabilisce che lo Stato si riserva il diritto di espropriare aziende private per casi di "preminente interesse generale". E nelle premesse del decreto il sito di Taranto viene appunto definito "sito di interesse strategico nazionale".
Lo stesso ministro Passera durante la conferenza stampa ha voluto sottolineare la forza di questa possibilità: "Abbiamo introdotto sanzioni e interventi diretti che potrebbero togliere valore alla proprietà, fino alla perdita del controllo".
E' questa quindi l'arma messa in campo dal governo per sbloccare l'impasse: da un lato le rigide prescrizioni da applicare, scritte nell'Aia e "tradotte" nel decreto, dall'altro un solido sistema di vigilanza e sanzioni in caso di violazioni da parte dell'azienda. Nuovo perno del sistema è costituito dall'istituzione di un garante, che - ha spiegato il sottosegretario Catricalà - sarà una "figura di grande importanza, di indiscussa indipendenza, competenza ed esperienza", sarà proposto "dai ministri della Salute, dell'Ambiente e dello Sviluppo Economico e sarà nominato dal Presidente della Repubblica.
Il conflitto con i magistrati e il ruolo di Napolitano. Il provvedimento non scioglie uno dei nodi più spinosi: quello del rapporto tra l'intervento del governo con i provvedimenti già decisi dalla magistratura. Su tutti, i due sequestri disposti dai giudici tarantini, quello degli impianti dell'area a caldo e quello dei prodotti finiti e semilavorati. Il rischio, paventato a più riprese, è l'impugnazione del decreto. Ma il premier Monti, rispondendo ai cronisti che chiedevano se non fosse opòportuno rivolgere un appello per scongiurare questa possibilità, ha chiamato in causa il presidente della Repubblica. "Il decreto ha bisogno del consenso del Presidente della Repubblica la cui guida e stella polare è la Costituzione", ha detto il presidente del Consiglio.
La decisione del Tribunale del Riesame. Ma anche con il via libera del Quirinale, il problema resta attuale. Il sei dicembre il Tribunale del Riesame dovrebbe esprimersi sull'istanza di dissequestro sui prodotti finiti e semilavorati presentata dall'azienda (all'origine della decisione dell'azienda di chiudere lo stabilimento) dopo che oggi il Gip ha già rigettato quella sull'area a caldo, in caso di nuovo no dei magistrati il conflitto tra la decisione del governo - sì alla produzione e piena disponibilità degli impianti - e quella della magistratura - impianti e beni sequestrati e quindi produzione bloccata - resterebbe in piedi.
Ma Clini, su questo punto, ha voluto puntualizzare: "Quella che è stata adottata dal
Consiglio dei ministri oggi è una legge e come tale dovrà essere rispettata e anche il tribunale del riesame dovrà confrontarsi con questo decreto".
L'opposizione dei Verdi: "Da oggi a Taranto la legge non esiste più per decreto". Contrari all'adozione del provvedimento i Verdi, che contestano l'illegittimità dell'azione del governo. "Da oggi a Taranto la legge non esiste più per decreto", ha detto il presidente Angelo Bonelli."Quella messa in piedi dal governo è un vero e proprio commissariamento della Procura di Taranto che ha fatto e fa il proprio dovere difendendo la salute dei cittadini: si tratta di un attacco alla magistratura senza precedenti rispetto alla Storia della Repubblica italiana attraverso un decreto che presenta più profili di incostituzionalita".
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Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Dopo un anno di trastullo del ministro è dovuta intervenire la magistratura prima dei politici, e in questo casi di tecnici nominati dai politici. Tecnici o politici il risultato è lo stesso, non adatti alla mansione che svolgono.
IL MINISTRO DELL'AMBIENTE AL VERTICE DI DOHA
«Sull'Ilva anche i magistrati devono ubbidire»
L'affondo di Clini: «La legge deve essere rispettata da tutti»
DOHA - «Il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e nelle prossime ore, non nei prossimi giorni, se i vedranno i primi effetti pratici dell'attuazione delle sue misure».
E' la risposta del ministro dell'Ambiente Corrado Clini alle polemiche e alle attese legate al decreto del governo sull'Ilva.
E se la magistratura decidesse di andare avanti comunque? «La legge - risponde Clini - è quella pubblicata dalla Gazzetta Ufficiale.
E deve essere rispettata da tutti.
Se qualcuno non vuole rispettarla, non è questione di cui debba occuparmi io.
La mia preoccupazione è di far partire l'azione di risanamento ambientale dell'Ilva. E mi auguro che nessuno si opponga».
Elisabetta Rosaspina
4 dicembre 2012 | 16:11
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/cronache/12_dice ... 9044.shtml
IL MINISTRO DELL'AMBIENTE AL VERTICE DI DOHA
«Sull'Ilva anche i magistrati devono ubbidire»
L'affondo di Clini: «La legge deve essere rispettata da tutti»
DOHA - «Il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e nelle prossime ore, non nei prossimi giorni, se i vedranno i primi effetti pratici dell'attuazione delle sue misure».
E' la risposta del ministro dell'Ambiente Corrado Clini alle polemiche e alle attese legate al decreto del governo sull'Ilva.
E se la magistratura decidesse di andare avanti comunque? «La legge - risponde Clini - è quella pubblicata dalla Gazzetta Ufficiale.
E deve essere rispettata da tutti.
Se qualcuno non vuole rispettarla, non è questione di cui debba occuparmi io.
La mia preoccupazione è di far partire l'azione di risanamento ambientale dell'Ilva. E mi auguro che nessuno si opponga».
Elisabetta Rosaspina
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Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Ilva, una mamma contro Napolitano: “I nostri figli in pasto al mostro”
Lettera aperta al presidente della Repubblica dopo la firma del decreto legge sull'acciaieria: "Venga qui, venga a visitare i nostri bambini devastati dal cancro. Dica alle loro mamme che la malattia e la morte del figlio è necessaria altrimenti cala il Pil"
di Redazione Il Fatto Quotidiano
| 4 dicembre 2012 Commenti (0)
“Avevo davvero riposto in lei la mia fiducia, credevo che fosse una persona per bene, che difendesse la nostra Costituzione.
Credevo che quei valori, di cui tanto parla, fossero davvero radicati in lei e fossero il punto di riferimento per ogni sua azione, per ogni sua decisione.
Credevo che avrebbe scelto la vita e non la morte. E invece ha firmato la nostra condanna”.
Inizia così la lettera che una mamma di Taranto, Tonia Marsella, ha inviato al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dopo la firma del decreto legge sull’Ilva, lettera che è stata diffusa dal comitato ambientalista “Donne per Taranto”.
“La condanna di una città sacrificata da anni in nome del profitto più squallido e criminale, abbandonata nelle mani di una famiglia di imprenditori senza scrupoli, plurindagati e pluricondannati e tutt’oggi agli arresti domiciliari o addirittura latitanti – scrive Marsella – Come credere ancora nello Stato italiano?
Come credere nella politica e in chi dovrebbe difendere e promuovere il bene comune…e invece ci ha rubato anche il diritto alla vita?
A Taranto c’è un’ordinanza del sindaco che vieta il pascolo entro un raggio di non meno di 20 km attorno all’area industriale…ma in quei 20 km noi ci viviamo.
Vivono i nostri bambini.
Le pecore e le capre sono state uccise…ora lo Stato uccide anche noi…per decreto.
Ho bisogno di sapere da lei, signor presidente, cosa hanno di diverso i bambini di Genova rispetto ai nostri.
Perché lì l’area a caldo è stata chiusa in quanto incompatibile con la città, e la produzione spostata a Taranto?
Chi ha compiuto il “miracolo” rendendola “compatibile”?
Venga qui, venga a visitare i nostri bambini devastati dal cancro (e non solo), li guardi negli occhi e sostenga il loro sguardo, se ci riesce, gli spieghi perché lo Stato ha preferito darli in pasto al Mostro, quel mostro che ha distrutto il nostro mare, violentato la nostra terra, insozzato il nostro cielo.
Dica alle loro mamme – si conclude la lettera – che la malattia e la morte del figlio è necessaria altrimenti cala il Pil“.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12 ... ro/435718/
Lettera aperta al presidente della Repubblica dopo la firma del decreto legge sull'acciaieria: "Venga qui, venga a visitare i nostri bambini devastati dal cancro. Dica alle loro mamme che la malattia e la morte del figlio è necessaria altrimenti cala il Pil"
di Redazione Il Fatto Quotidiano
| 4 dicembre 2012 Commenti (0)
“Avevo davvero riposto in lei la mia fiducia, credevo che fosse una persona per bene, che difendesse la nostra Costituzione.
Credevo che quei valori, di cui tanto parla, fossero davvero radicati in lei e fossero il punto di riferimento per ogni sua azione, per ogni sua decisione.
Credevo che avrebbe scelto la vita e non la morte. E invece ha firmato la nostra condanna”.
Inizia così la lettera che una mamma di Taranto, Tonia Marsella, ha inviato al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dopo la firma del decreto legge sull’Ilva, lettera che è stata diffusa dal comitato ambientalista “Donne per Taranto”.
“La condanna di una città sacrificata da anni in nome del profitto più squallido e criminale, abbandonata nelle mani di una famiglia di imprenditori senza scrupoli, plurindagati e pluricondannati e tutt’oggi agli arresti domiciliari o addirittura latitanti – scrive Marsella – Come credere ancora nello Stato italiano?
Come credere nella politica e in chi dovrebbe difendere e promuovere il bene comune…e invece ci ha rubato anche il diritto alla vita?
A Taranto c’è un’ordinanza del sindaco che vieta il pascolo entro un raggio di non meno di 20 km attorno all’area industriale…ma in quei 20 km noi ci viviamo.
Vivono i nostri bambini.
Le pecore e le capre sono state uccise…ora lo Stato uccide anche noi…per decreto.
Ho bisogno di sapere da lei, signor presidente, cosa hanno di diverso i bambini di Genova rispetto ai nostri.
Perché lì l’area a caldo è stata chiusa in quanto incompatibile con la città, e la produzione spostata a Taranto?
Chi ha compiuto il “miracolo” rendendola “compatibile”?
Venga qui, venga a visitare i nostri bambini devastati dal cancro (e non solo), li guardi negli occhi e sostenga il loro sguardo, se ci riesce, gli spieghi perché lo Stato ha preferito darli in pasto al Mostro, quel mostro che ha distrutto il nostro mare, violentato la nostra terra, insozzato il nostro cielo.
Dica alle loro mamme – si conclude la lettera – che la malattia e la morte del figlio è necessaria altrimenti cala il Pil“.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12 ... ro/435718/
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Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
La bomba ad orologeria - 1
Decreto-legge
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Un decreto-legge[1] (pl. decreti-legge e abbreviato in d.l.), anche scritto decreto legge[2][3][4], è un provvedimento provvisorio avente forza di legge, adottato in casi straordinari di necessità e urgenza dal Governo, ai sensi dell'art. 77della Costituzione della Repubblica Italiana. È inoltre regolato ai sensi dell'art. 15 della legge n. 400/1988.
Entra in vigore immediatamente dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma gli effetti prodotti sono provvisori, perché i decreti-legge perdono efficacia sin dall'inizio se il Parlamento non li converte in legge entro 60 giorni dalla loro pubblicazione
Procedimento legislativo [modifica]
Il decreto-legge deve essere deliberato dal Consiglio dei ministri, emanato dal Presidente della Repubblica e immediatamente pubblicato sulla G.U.
Il giorno stesso della pubblicazione, il decreto-legge deve essere presentato alle Camere, che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro 5 giorni: infatti la conversione del decreto-legge rientra tra i poteri delle Camere in regime di "prorogatio".
Presentato il decreto-legge il Governo chiede al Parlamento di produrre la legge di conversione, per cui il decreto-legge viene presentato come allegato di un disegno di legge.
Il procedimento di conversione presenta, rispetto al procedimento legislativo ordinario, alcune variazioni, introdotte nei regolamenti parlamentari. In parte esse sono dettate dall'esigenza di assicurare in tempi certi e brevi di approvazione del disegno di legge, in parte all'esigenza di consentire alle Camere di svolgere un controllo attento sulla sussistenza dei presupposti della necessità e urgenza.
Quanto all'aspetto più interessante, i meccanismi apprestati dalla Camera e dal Senato sono venuti differenziandosi. Il regolamento del Senato prevede ancora il parere obbligatorio espresso preliminarmente dalla Commissione affari costituzionali sulla sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza.
Alla Camera invece è stato tolto il parere preventivo della Commissione affari costituzionali, seguendo un "filtro" più complesso:
innanzitutto, nella relazione del Governo, che accompagna il disegno di legge di conversione, deve essere dato conto dei presupposti di necessità e di urgenza per l'adozione del decreto-legge; inoltre vengono descritti gli effetti attesi dalla sua attuazione e le conseguenze delle norme da esso recate sull'ordinamento;
il disegno di legge è sottoposto, oltre che alla commissione referente competente, al Comitato per la legislazione. La legge 400/1988 dispone infatti che il decreto-legge debba contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo: al Comitato è quindi affidato il compito di rendere effettiva questa disposizione.
Eventuale decadenza e casi di sanatoria [modifica]
I decreti-legge, se non convertiti in legge entro 60 giorni, perdono efficacia sin dall'inizio. La perdita di efficacia del decreto-legge è chiamata "decadenza". Infatti, la decadenza travolge tutti gli effetti prodotti dal decreto-legge. Quando il decreto entra in vigore, esso è pienamente efficace e va applicato; ma se decade, tutto ciò che si è compiuto in forza di esso è come se fosse stato compiuto senza una base legale. Tutti gli effetti prodotti vanno eliminati perché costituiscono, una volta persa la base legale, degli illeciti.
L'art. 77 della Costituzione appresta due strumenti attraverso i quali è possibile trovare una soluzione:
1. la legge di sanatoria degli effetti del decreto-legge decaduto. Si tratta di una legge riservata alle Camere con cui si possono regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Ovviamente, attraverso questo strumento è il Parlamento a risolvere il nostro problema. Vanno considerati due aspetti:
innanzitutto il Parlamento, quando decida di non convertire il decreto-legge, non è affatto tenuto ad approvare la legge di sanatoria. Si tratta di una decisione politica, come tale libera e non affatto indipendente della scelta, di coprire o meno la responsabilità del Governo;
in secondo luogo non è una soluzione tecnicamente praticabile sempre e comunque. Il Parlamento può appunto regolare i rapporti giuridici sorti, ma nel rispetto dei principi costituzionali e, in particolare, del principio di eguaglianza, cioè del divieto di trattare situazioni eguali in maniera diversa e situazioni diverse in maniera eguale.
2. l'altro strumento è quello della responsabilità giuridica del Governo, nei suoi vari tipi:
responsabilità penale, poiché i ministri rispondono singolarmente degli eventuali reati commessi con l'emanazione del decreto-legge;
responsabilità civile, perché i ministri rispondono solidalmente degli eventuali danni prodotti ai terzi ex articolo 2043 del cod. civ.: "qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno";
responsabilità amministrativo-contabile: i ministri che hanno espresso voto favorevole al decreto-legge rispondono solidalmente degli eventuali danni prodotti allo Stato, il cosiddetto "danno erariale"; se lo Stato ha dovuto risarcire il danno subito dal terzo, per la responsabilità civile solidale appena accennata, si deve rivalere sui ministri.
Continua in:
La bomba ad orologeria - 2
Decreto-legge
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Un decreto-legge[1] (pl. decreti-legge e abbreviato in d.l.), anche scritto decreto legge[2][3][4], è un provvedimento provvisorio avente forza di legge, adottato in casi straordinari di necessità e urgenza dal Governo, ai sensi dell'art. 77della Costituzione della Repubblica Italiana. È inoltre regolato ai sensi dell'art. 15 della legge n. 400/1988.
Entra in vigore immediatamente dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma gli effetti prodotti sono provvisori, perché i decreti-legge perdono efficacia sin dall'inizio se il Parlamento non li converte in legge entro 60 giorni dalla loro pubblicazione
Procedimento legislativo [modifica]
Il decreto-legge deve essere deliberato dal Consiglio dei ministri, emanato dal Presidente della Repubblica e immediatamente pubblicato sulla G.U.
Il giorno stesso della pubblicazione, il decreto-legge deve essere presentato alle Camere, che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro 5 giorni: infatti la conversione del decreto-legge rientra tra i poteri delle Camere in regime di "prorogatio".
Presentato il decreto-legge il Governo chiede al Parlamento di produrre la legge di conversione, per cui il decreto-legge viene presentato come allegato di un disegno di legge.
Il procedimento di conversione presenta, rispetto al procedimento legislativo ordinario, alcune variazioni, introdotte nei regolamenti parlamentari. In parte esse sono dettate dall'esigenza di assicurare in tempi certi e brevi di approvazione del disegno di legge, in parte all'esigenza di consentire alle Camere di svolgere un controllo attento sulla sussistenza dei presupposti della necessità e urgenza.
Quanto all'aspetto più interessante, i meccanismi apprestati dalla Camera e dal Senato sono venuti differenziandosi. Il regolamento del Senato prevede ancora il parere obbligatorio espresso preliminarmente dalla Commissione affari costituzionali sulla sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza.
Alla Camera invece è stato tolto il parere preventivo della Commissione affari costituzionali, seguendo un "filtro" più complesso:
innanzitutto, nella relazione del Governo, che accompagna il disegno di legge di conversione, deve essere dato conto dei presupposti di necessità e di urgenza per l'adozione del decreto-legge; inoltre vengono descritti gli effetti attesi dalla sua attuazione e le conseguenze delle norme da esso recate sull'ordinamento;
il disegno di legge è sottoposto, oltre che alla commissione referente competente, al Comitato per la legislazione. La legge 400/1988 dispone infatti che il decreto-legge debba contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo: al Comitato è quindi affidato il compito di rendere effettiva questa disposizione.
Eventuale decadenza e casi di sanatoria [modifica]
I decreti-legge, se non convertiti in legge entro 60 giorni, perdono efficacia sin dall'inizio. La perdita di efficacia del decreto-legge è chiamata "decadenza". Infatti, la decadenza travolge tutti gli effetti prodotti dal decreto-legge. Quando il decreto entra in vigore, esso è pienamente efficace e va applicato; ma se decade, tutto ciò che si è compiuto in forza di esso è come se fosse stato compiuto senza una base legale. Tutti gli effetti prodotti vanno eliminati perché costituiscono, una volta persa la base legale, degli illeciti.
L'art. 77 della Costituzione appresta due strumenti attraverso i quali è possibile trovare una soluzione:
1. la legge di sanatoria degli effetti del decreto-legge decaduto. Si tratta di una legge riservata alle Camere con cui si possono regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Ovviamente, attraverso questo strumento è il Parlamento a risolvere il nostro problema. Vanno considerati due aspetti:
innanzitutto il Parlamento, quando decida di non convertire il decreto-legge, non è affatto tenuto ad approvare la legge di sanatoria. Si tratta di una decisione politica, come tale libera e non affatto indipendente della scelta, di coprire o meno la responsabilità del Governo;
in secondo luogo non è una soluzione tecnicamente praticabile sempre e comunque. Il Parlamento può appunto regolare i rapporti giuridici sorti, ma nel rispetto dei principi costituzionali e, in particolare, del principio di eguaglianza, cioè del divieto di trattare situazioni eguali in maniera diversa e situazioni diverse in maniera eguale.
2. l'altro strumento è quello della responsabilità giuridica del Governo, nei suoi vari tipi:
responsabilità penale, poiché i ministri rispondono singolarmente degli eventuali reati commessi con l'emanazione del decreto-legge;
responsabilità civile, perché i ministri rispondono solidalmente degli eventuali danni prodotti ai terzi ex articolo 2043 del cod. civ.: "qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno";
responsabilità amministrativo-contabile: i ministri che hanno espresso voto favorevole al decreto-legge rispondono solidalmente degli eventuali danni prodotti allo Stato, il cosiddetto "danno erariale"; se lo Stato ha dovuto risarcire il danno subito dal terzo, per la responsabilità civile solidale appena accennata, si deve rivalere sui ministri.
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Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
La bomba ad orologeria - 2
La conversione del decreto legge cade all’interno della lunga campagna elettorale. I partiti di ABC si giocano con la conversione in legge di questo decreto una fetta consistente del tentativo di recuperare credibilità sotto elezioni. Soprattutto Bersani che in questo momento sembra essere il più quotato per Palazzo Chigi.
Per Bersani è un banco di prova non di poco per valutare le sue capacità a risolvere i problemi.
Se approva il provvedimento tampone del governo comincia a rischiare fortemente la candidatura.
Per di più il segretario dei defunti ha un sospeso proprio con l’Ilva.
Stefano Rodotà gli ha suggerito di fare “un gesto forte”.
Ieri, IFQ riportava:
QUI RIONE TAMBURI
“Pier Luigi ci dia
i contributi di Riva”
di Francesco Casula
Chiederemo a Pier Luigi Bersani di devolvere i 98mila euro ricevuti come contributi dell’Ilva in favore di un’iniziativa al quartiere Tamburi di Taranto.
Sarebbe un bel gesto. (Un gesto forte,..secondo Rodotà –ndt)
Michele Pelillo, assessore al bilancio della regione Puglia, che a Taranto è stato uno dei principali sostenitori di Bersani alle primarie, non ha dubbi.
<<Va sottolineato – spiega Pelillo al Fatto – che si tratta di una storia del 2006 e che non ha nulla di illecito, ma è una vicenda che crea un po’ di imbarazzo alla luce degli ultimi risvolti giudiziari”.
Quel contributo offerto da Emilio Riva al segretario del Pd ha fatto discutere. Tanto. Forse più dei contributi donati ad altri partiti e sicuramente dei 110mila euro giunti da Federacciai, in cui la famiglia Riva occupava una posizione di vertice.
Per Pelillo “è un fatto che suscita difficoltà, soprattutto per quelli come me che hanno avuto sempre la schiena diritta con le grandi industrie e dalle quali non hanno mai ricevuto un posto di lavoro un contributo elettorale”.
Nella città dell’Ilva, il segretario del Partito Democratico ha confermato la vittoria al primo turno, ma quei 98mila euro ricevuti da Emilio Riba, ex patron dell’acciaio ionico agli arresti domiciliari dal 26 luglio per disastro ambientale proprio non sono andati giù.
L’ex chierichetto di Bettola che la settimana scorsa si è giustamente commosso a Porta a Porta rivendendo uno spezzone della sua vita precedente, non sente il dovere di commuoversi verso chi sta vivendo la tragedia di avere la vita stroncata per via del cancro generato da una delle peggiori avidità umane?
Soprattutto i bambini che non portano neppure la colpa di avere scelto le classi politiche sbagliate????
Oggi Bersani era a Tripoli e quindi non conosceva la lettera della mamma tarantina Tonia Marsella al Capo dello Stato:
“Avevo davvero riposto in lei la mia fiducia, credevo che fosse una persona per bene, che difendesse la nostra Costituzione.
Credevo che quei valori, di cui tanto parla, fossero davvero radicati in lei e fossero il punto di riferimento per ogni sua azione, per ogni sua decisione.
Credevo che avrebbe scelto la vita e non la morte. E invece ha firmato la nostra condanna”.
Ma domani, dopo averla letta e riletta attentamente, davanti ad una birra, non si sentirà in dovere non solo di fare un gesto forte ma di proporre soluzioni ad hoc visto che è stato ministro del settore in passato, ma purtroppo con scarsi e colpevoli risultati????
E’ sicuro di essere ancora di sinistra????? O il potere logora fino al punto che uno di sinistra diventa “sinistro”???????
La conversione del decreto legge cade all’interno della lunga campagna elettorale. I partiti di ABC si giocano con la conversione in legge di questo decreto una fetta consistente del tentativo di recuperare credibilità sotto elezioni. Soprattutto Bersani che in questo momento sembra essere il più quotato per Palazzo Chigi.
Per Bersani è un banco di prova non di poco per valutare le sue capacità a risolvere i problemi.
Se approva il provvedimento tampone del governo comincia a rischiare fortemente la candidatura.
Per di più il segretario dei defunti ha un sospeso proprio con l’Ilva.
Stefano Rodotà gli ha suggerito di fare “un gesto forte”.
Ieri, IFQ riportava:
QUI RIONE TAMBURI
“Pier Luigi ci dia
i contributi di Riva”
di Francesco Casula
Chiederemo a Pier Luigi Bersani di devolvere i 98mila euro ricevuti come contributi dell’Ilva in favore di un’iniziativa al quartiere Tamburi di Taranto.
Sarebbe un bel gesto. (Un gesto forte,..secondo Rodotà –ndt)
Michele Pelillo, assessore al bilancio della regione Puglia, che a Taranto è stato uno dei principali sostenitori di Bersani alle primarie, non ha dubbi.
<<Va sottolineato – spiega Pelillo al Fatto – che si tratta di una storia del 2006 e che non ha nulla di illecito, ma è una vicenda che crea un po’ di imbarazzo alla luce degli ultimi risvolti giudiziari”.
Quel contributo offerto da Emilio Riva al segretario del Pd ha fatto discutere. Tanto. Forse più dei contributi donati ad altri partiti e sicuramente dei 110mila euro giunti da Federacciai, in cui la famiglia Riva occupava una posizione di vertice.
Per Pelillo “è un fatto che suscita difficoltà, soprattutto per quelli come me che hanno avuto sempre la schiena diritta con le grandi industrie e dalle quali non hanno mai ricevuto un posto di lavoro un contributo elettorale”.
Nella città dell’Ilva, il segretario del Partito Democratico ha confermato la vittoria al primo turno, ma quei 98mila euro ricevuti da Emilio Riba, ex patron dell’acciaio ionico agli arresti domiciliari dal 26 luglio per disastro ambientale proprio non sono andati giù.
L’ex chierichetto di Bettola che la settimana scorsa si è giustamente commosso a Porta a Porta rivendendo uno spezzone della sua vita precedente, non sente il dovere di commuoversi verso chi sta vivendo la tragedia di avere la vita stroncata per via del cancro generato da una delle peggiori avidità umane?
Soprattutto i bambini che non portano neppure la colpa di avere scelto le classi politiche sbagliate????
Oggi Bersani era a Tripoli e quindi non conosceva la lettera della mamma tarantina Tonia Marsella al Capo dello Stato:
“Avevo davvero riposto in lei la mia fiducia, credevo che fosse una persona per bene, che difendesse la nostra Costituzione.
Credevo che quei valori, di cui tanto parla, fossero davvero radicati in lei e fossero il punto di riferimento per ogni sua azione, per ogni sua decisione.
Credevo che avrebbe scelto la vita e non la morte. E invece ha firmato la nostra condanna”.
Ma domani, dopo averla letta e riletta attentamente, davanti ad una birra, non si sentirà in dovere non solo di fare un gesto forte ma di proporre soluzioni ad hoc visto che è stato ministro del settore in passato, ma purtroppo con scarsi e colpevoli risultati????
E’ sicuro di essere ancora di sinistra????? O il potere logora fino al punto che uno di sinistra diventa “sinistro”???????
Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
IL CASO DELL'ACCIAIERIA TARANTINA
Sulla chiusura dell'Ilva
indetto un referendum
Il sindaco ha fissato la data per il 14 aprile prossimo
Fu proposto nel 2007 dal comitato Taranto Futura
TARANTO - Chiudere l’Ilva o no? I cittadini di Taranto potranno rispondere il 14 aprile. Il sindaco Ippazio Stefàno, dopo il parere del comitato dei garanti, ha ufficializzato la data del referendum sulla grande acciaieria. La consultazione cittadina chiama i tarantini a esprimersi sulla chiusura o meno dell’acciaieria o della sua area a caldo. Si tratta di un referendum meramente consultivo proposto dal comitato Taranto Futura nel 2007. Dopo i ricorsi al Tar di Lecce di Ilva, Comune e sindacati, la data rimase in sospeso.
Il dibattito è apertissimo e adesso vedrà i cittadini esprimersi sui due quesiti:
1) Volete voi cittadini di Taranto, al fine di tutelare la vostra salute nonché la salute dei lavoratori contro l'inquinamento, proporre la chiusura dell' acciaieria Ilva?
2) Volete voi cittadini di Taranto, al fine di tutelare la vostra salute e quella dei lavoratori, proporre la chiusura dell'area a caldo dell'Ilva, maggiore fonte di inquinamento, con conseguente smantellamento dei parchi minerali?».
Rimane fuori il terzo quesito sulla richiesta di risarcimento dei danni all’Ilva spa, perché - sottolinea una nota del Comune – «il Comune di Taranto ha già promosso l’azione di risarcimento nei confronti dei responsabili dello stabilimento per inquinamento ambientale». Il Comitato dei garanti ha anche respinto le proposte di referendum riguardanti Eni, Cementir e il nuovo ospedale «San Cataldo. Il referendum rischia adesso di lacerare ulteriormente la spaccatura all’interno della popolazione sulla questione ambiente, salute e lavoro. È un momento drammatico per i cittadini e i lavoratori, uno snodo cruciale per la storia di Taranto, con l’inchiesta della magistratura che inchioda l’azienda sulle sue responsabilità su emissioni inquinanti, malattie e morti procurate. Da ieri la Fim Cisl ha dichiarato lo sciopero a oltranza. Mentre Fiom Cgil e Uilm, dopo aver incontrato la direzione dello stabilimento, attendono un incontro chiarificatore col presidente dell’Ilva Bruno Ferrante fissato per il 22 gennaio, e quello del 23 con il ministro dell’Ambiente Clini, il garante nominato dalla legge Salva – Ilva, Esposito, e il Commissario per le bonifiche Pini. Molti lavoratori intanto stanno manifestando davanti alla portineria C dello stabilimento, e la tensione in città cresce di ora in ora, dopo i presidi dei cassaintegrati davanti alla prefettura.
Gino Martina
18 gennaio 2013
http://corrieredelmezzogiorno.corriere. ... witterfeed
Sulla chiusura dell'Ilva
indetto un referendum
Il sindaco ha fissato la data per il 14 aprile prossimo
Fu proposto nel 2007 dal comitato Taranto Futura
TARANTO - Chiudere l’Ilva o no? I cittadini di Taranto potranno rispondere il 14 aprile. Il sindaco Ippazio Stefàno, dopo il parere del comitato dei garanti, ha ufficializzato la data del referendum sulla grande acciaieria. La consultazione cittadina chiama i tarantini a esprimersi sulla chiusura o meno dell’acciaieria o della sua area a caldo. Si tratta di un referendum meramente consultivo proposto dal comitato Taranto Futura nel 2007. Dopo i ricorsi al Tar di Lecce di Ilva, Comune e sindacati, la data rimase in sospeso.
Il dibattito è apertissimo e adesso vedrà i cittadini esprimersi sui due quesiti:
1) Volete voi cittadini di Taranto, al fine di tutelare la vostra salute nonché la salute dei lavoratori contro l'inquinamento, proporre la chiusura dell' acciaieria Ilva?
2) Volete voi cittadini di Taranto, al fine di tutelare la vostra salute e quella dei lavoratori, proporre la chiusura dell'area a caldo dell'Ilva, maggiore fonte di inquinamento, con conseguente smantellamento dei parchi minerali?».
Rimane fuori il terzo quesito sulla richiesta di risarcimento dei danni all’Ilva spa, perché - sottolinea una nota del Comune – «il Comune di Taranto ha già promosso l’azione di risarcimento nei confronti dei responsabili dello stabilimento per inquinamento ambientale». Il Comitato dei garanti ha anche respinto le proposte di referendum riguardanti Eni, Cementir e il nuovo ospedale «San Cataldo. Il referendum rischia adesso di lacerare ulteriormente la spaccatura all’interno della popolazione sulla questione ambiente, salute e lavoro. È un momento drammatico per i cittadini e i lavoratori, uno snodo cruciale per la storia di Taranto, con l’inchiesta della magistratura che inchioda l’azienda sulle sue responsabilità su emissioni inquinanti, malattie e morti procurate. Da ieri la Fim Cisl ha dichiarato lo sciopero a oltranza. Mentre Fiom Cgil e Uilm, dopo aver incontrato la direzione dello stabilimento, attendono un incontro chiarificatore col presidente dell’Ilva Bruno Ferrante fissato per il 22 gennaio, e quello del 23 con il ministro dell’Ambiente Clini, il garante nominato dalla legge Salva – Ilva, Esposito, e il Commissario per le bonifiche Pini. Molti lavoratori intanto stanno manifestando davanti alla portineria C dello stabilimento, e la tensione in città cresce di ora in ora, dopo i presidi dei cassaintegrati davanti alla prefettura.
Gino Martina
18 gennaio 2013
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Re: Il dilemma: ambiente/salute o lavoro?
Ilva, vertice d’urgenza a Palazzo Chigi. Lavoratori in sciopero
Convocato per stasera dal sottosegretario Catricalà un incontro coi sindacati e i ministri di Interno, Ambiente e Sviluppo economico. Ci sarà anche Mario Monti. Intanto gli operai rivendicano, tra le altre cose, l’immediata nazionalizzazione dell’azienda
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 18 gennaio 2013
Previsto in serata alle 19.30 un vertice d’urgenza a Palazzo Chigi per la situazione dell’Ilva, a cui parteciperà anche il presidente del Consiglio Mario Monti. A convocarlo è stato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà. Presenti, tra gli altri, i ministri degli Interni Anna Maria Cancellieri, dello Sviluppo Economico Corrado Passera, Corrado Clini dell’Ambiente, i segretari di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi e il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante. Ci sarà anche il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, con il sindaco e il presidente della Provincia di Taranto.
Lavoratori in sciopero - Una convocazione che arriva dopo lo sciopero a oltranza per i dipendenti degli impianti indetto dall’Usb al termine dell’assemblea di oltre 1.500 lavoratori svoltasi in fabbrica. Lo sciopero e l’assemblea permanente servono, spiega una nota sindacale, per garantire il diritto alla salute e al reddito di tutti i dipendenti dell’azienda e delle imprese di appalto. “Confermiamo la ferma volontà di non abbandonare alcuno e di mettere in campo tutte le iniziative per condurre alla normalità una situazione di gravità inaudita, che non può ripercuotersi ancora sulla cittadinanza e sui lavoratori”, si legge nel comunicato dell’Usb.
Tre le rivendicazioni dei lavoratori ci sono l’immediata nazionalizzazione dell’azienda; il fermo e il ripristino degli impianti maggiormente inquinanti; la garanzia occupazionale di tutti i dipendenti Ilva e di quelli dell’indotto. Non solo. Considerato che “è emerso con evidenza che qualsiasi confronto con la famiglia Riva è ormai privo di senso e va attivato un tavolo di trattativa direttamente con lo Stato”, il sindacato chiede “l’esproprio senza indennizzo” della fabbrica. L’Usb Taranto sottolinea anche come Cgil Cisl Uil “siano state ormai sfiduciate dai lavoratori dell’Ilva e considera non più rinviabile il rinnovo delle Rsu, affinchè queste rappresentino la reale espressione degli interessi dei lavoratori”.
Referendum a Taranto – Intanto il sindaco di Taranto Ezio Stefano, dopo aver ricevuto il parere del Comitato dei Garanti, ha indetto per il 14 aprile un referendum consultivo sulla chiusura parziale o totale degli impianti. Il referendum è stato promosso dal Comitato “Taranto futura” e sono stati ammessi due dei tre quesiti, quello che propone la chiusura totale del siderurgico e quello per la chiusura parziale, ovvero della sola area a caldo con conseguente smantellamento dei parchi minerali.
Il Comitato dei Garanti ha ritenuto non ammissibile il terzo quesito relativo alla richiesta di risarcimento danni all’Ilva “in quanto il Comune di Taranto ha già promosso azione di risarcimento nei confronti dei responsabili dello stabilimento per inquinamento ambientale”. Il sindaco ha sottolineato in una nota che sulla materia dell’Ilva il Comune “non ha competenza se non per l’espressione di un parere sul rilascio dell’Aia“.
Vendola: “Corte costituzionale anticipi l’udienza” - “E’ indispensabile che la Corte Costituzionale valuti quanto prima l’ammissibilità del ricorso presentato dalla procura della Repubblica che solleva il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato sulla legge 231 del dicembre 2012″. Lo chiede il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola dopo aver appreso che la prima udienza è stata fissata per il 13 febbraio prossimo. “Prendo atto del grande sforzo compiuto dai giudici della Corte Costituzionale nell’aver fissato in tempi così rapidi l’udienza, e di questo li ringrazio profondamente – continua Vendola – ma il veloce precipitare degli eventi, cui stiamo assistendo in queste ore a Taranto, rende opportuno una ulteriore accelerazione”.
“Il grave stato di incertezza cui versano i cittadini del capoluogo ionico e i lavoratori dell’Ilva non fa affatto bene – rileva ancora il presidente della Regione – per questo chiedo che il governo incarichi l’Avvocatura dello Stato affinché presenti istanza di anticipazione dell’udienza alla Corte Costituzionale. La costituzionalità infatti della legge 231 è dirimente nel prosieguo di qualsiasi attività e condiziona in modo evidente sia il futuro dell’Ilva sia tutti quegli interventi che le pubbliche amministrazioni sono chiamate a mettere in campo. Del resto – conclude Vendola – la straordinarietà e l’unicità dell’evento richiedono risposte altrettanto straordinarie ed uniche in grado di rassicurare tutti i cittadini, non solo tarantini, sulla capacità dello Stato, nel suo complesso, di gestire un’emergenza di tale portata”.
Convocato per stasera dal sottosegretario Catricalà un incontro coi sindacati e i ministri di Interno, Ambiente e Sviluppo economico. Ci sarà anche Mario Monti. Intanto gli operai rivendicano, tra le altre cose, l’immediata nazionalizzazione dell’azienda
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 18 gennaio 2013
Previsto in serata alle 19.30 un vertice d’urgenza a Palazzo Chigi per la situazione dell’Ilva, a cui parteciperà anche il presidente del Consiglio Mario Monti. A convocarlo è stato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà. Presenti, tra gli altri, i ministri degli Interni Anna Maria Cancellieri, dello Sviluppo Economico Corrado Passera, Corrado Clini dell’Ambiente, i segretari di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi e il presidente dell’Ilva Bruno Ferrante. Ci sarà anche il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, con il sindaco e il presidente della Provincia di Taranto.
Lavoratori in sciopero - Una convocazione che arriva dopo lo sciopero a oltranza per i dipendenti degli impianti indetto dall’Usb al termine dell’assemblea di oltre 1.500 lavoratori svoltasi in fabbrica. Lo sciopero e l’assemblea permanente servono, spiega una nota sindacale, per garantire il diritto alla salute e al reddito di tutti i dipendenti dell’azienda e delle imprese di appalto. “Confermiamo la ferma volontà di non abbandonare alcuno e di mettere in campo tutte le iniziative per condurre alla normalità una situazione di gravità inaudita, che non può ripercuotersi ancora sulla cittadinanza e sui lavoratori”, si legge nel comunicato dell’Usb.
Tre le rivendicazioni dei lavoratori ci sono l’immediata nazionalizzazione dell’azienda; il fermo e il ripristino degli impianti maggiormente inquinanti; la garanzia occupazionale di tutti i dipendenti Ilva e di quelli dell’indotto. Non solo. Considerato che “è emerso con evidenza che qualsiasi confronto con la famiglia Riva è ormai privo di senso e va attivato un tavolo di trattativa direttamente con lo Stato”, il sindacato chiede “l’esproprio senza indennizzo” della fabbrica. L’Usb Taranto sottolinea anche come Cgil Cisl Uil “siano state ormai sfiduciate dai lavoratori dell’Ilva e considera non più rinviabile il rinnovo delle Rsu, affinchè queste rappresentino la reale espressione degli interessi dei lavoratori”.
Referendum a Taranto – Intanto il sindaco di Taranto Ezio Stefano, dopo aver ricevuto il parere del Comitato dei Garanti, ha indetto per il 14 aprile un referendum consultivo sulla chiusura parziale o totale degli impianti. Il referendum è stato promosso dal Comitato “Taranto futura” e sono stati ammessi due dei tre quesiti, quello che propone la chiusura totale del siderurgico e quello per la chiusura parziale, ovvero della sola area a caldo con conseguente smantellamento dei parchi minerali.
Il Comitato dei Garanti ha ritenuto non ammissibile il terzo quesito relativo alla richiesta di risarcimento danni all’Ilva “in quanto il Comune di Taranto ha già promosso azione di risarcimento nei confronti dei responsabili dello stabilimento per inquinamento ambientale”. Il sindaco ha sottolineato in una nota che sulla materia dell’Ilva il Comune “non ha competenza se non per l’espressione di un parere sul rilascio dell’Aia“.
Vendola: “Corte costituzionale anticipi l’udienza” - “E’ indispensabile che la Corte Costituzionale valuti quanto prima l’ammissibilità del ricorso presentato dalla procura della Repubblica che solleva il conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato sulla legge 231 del dicembre 2012″. Lo chiede il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola dopo aver appreso che la prima udienza è stata fissata per il 13 febbraio prossimo. “Prendo atto del grande sforzo compiuto dai giudici della Corte Costituzionale nell’aver fissato in tempi così rapidi l’udienza, e di questo li ringrazio profondamente – continua Vendola – ma il veloce precipitare degli eventi, cui stiamo assistendo in queste ore a Taranto, rende opportuno una ulteriore accelerazione”.
“Il grave stato di incertezza cui versano i cittadini del capoluogo ionico e i lavoratori dell’Ilva non fa affatto bene – rileva ancora il presidente della Regione – per questo chiedo che il governo incarichi l’Avvocatura dello Stato affinché presenti istanza di anticipazione dell’udienza alla Corte Costituzionale. La costituzionalità infatti della legge 231 è dirimente nel prosieguo di qualsiasi attività e condiziona in modo evidente sia il futuro dell’Ilva sia tutti quegli interventi che le pubbliche amministrazioni sono chiamate a mettere in campo. Del resto – conclude Vendola – la straordinarietà e l’unicità dell’evento richiedono risposte altrettanto straordinarie ed uniche in grado di rassicurare tutti i cittadini, non solo tarantini, sulla capacità dello Stato, nel suo complesso, di gestire un’emergenza di tale portata”.
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