Silvio lima Forza Italia da Vespa
E abbandona Alfano ai colonnelli
Effetto primarie sul Pdl.
Non le loro però, che sono ogni giorno più evanescenti. Dopo la vittoria (prevista, ma non con quei numeri) di Bersani,
Berlusconi è sempre più convinto di essere l’unico a poter tenere a galla il centrodestra.
L’unica incertezza riguarda i tempi dell’annuncio.
Grande attesa e posti in piedi per la presentazione del libro di Bruno Vespa, giovedì pomeriggio al Residence Ripetta (l’amato Tempio di Adriano è occupato da una mostra).
Molti credono che il Cavaliere metterà piede a Roma solo per quell’evento.
Poi, dopo aver sganciato la bomba, convocherà per il giorno dopo il fatidico ufficio di presidenza.
A quel punto salvo dall’assedio dei sostenitori di Alfano, che coltivano la tentazione di metterlo di nuovo in minoranza.
Ma c’è anche chi ritiene che il «mollate gli ormeggi» arriverà già oggi, dato che la legge elettorale deve andare in aula mercoledì mattina, e i tempi per il deposito degli emendamenti scadranno in quel momento.
I MUSCOLI DI AN
La Russa scopre l’acqua calda:
«Berlusconi ha un’idea ma sta riflettendo se renderla concreta».
Loro ovviamente sperano di no.
E si adoperano per questo.
Il nervosismo interno è alle stelle.
La pressione degli ex An sul segretario ai limiti.
Il punto è che nel faccia a faccia ad Arcore, Alfano ha davvero tenuto testa (sia pure con toni pacati) alle sirene del capo, insistendo sulla necessità di «tenere unito il partito» e resistendo sulla possibilità di venire cooptato nel nuovo movimento carismatico.
Ma nessuno scommetterebbe un soldo sulla lunga durata.
Se Berlusconi lancerà Forza Italia 2.0 - l’unico modo per liberarsi degli ex An che non hanno alcuna intenzione di consegnarsi all’irrilevanza di una scissione priva di approdo - come potrebbe Alfano restare alla guida di un Pdl a quel punto in mano ai colonnelli?
Perché è chiaro che la sua corrente di 40enni europeisti e montiani - Fitto, Frattini, Lupi, Mauro, ma anche Quagliariello - cercherebbe di accasarsi nel grande centro, lato Casini o lato Montezemolo o chissà.
A quel punto, Meloni e Alemanno vorrebbero tenersi le spoglie del Pdl.
E Alfano si troverebbe in mezzo al guado e a grossi guai.
Ecco perché ieri il sindaco di Roma ha alzato il tiro:
«Improponibile e irrazionale ricandidare Berlusconi».
Servono le primarie.
Che anche Matteoli rilancia.
Anche se a questo punto la data del 16 dicembre è poco più che un auspicio.
Si pensa a una convention a fine gennaio, una sorta di investitura solenne per Alfano (se sarà ancora della partita).
E La Russa avvisa ancora:
«Se Silvio si candida si porrà il problema della rappresentanza della destra.
Si potrà fare dentro il Pdl o con un nuovo partito».
Ma un primo campanello di allarme sul comportamento di Alfano è stata la nota sulle primarie del Pd:
«Una bella prova di democrazia», sì, ma che premia una sinistra alla vecchia maniera, vincolata a quegli apparati lontani da una visione moderna e aperta al confronto su lavoro e sviluppo».
Dove «comanderà la Cgil».
Un pensiero molto in linea con l’ossessione berlusconiana per i «comunisti» e la «sinistra al potere».
Proprio il messaggio con cui il Cavaliere si prepara a rilanciare ancora la sua «rivoluzione liberale».
DIVISI SULL'ELECTION DAY
Si vedrà.
Per il momento si attende il verbo anche sulla legge elettorale e sull’election day.
Dove non c’è una posizione unanime nel partito.
Nel Pdl lombardo, ad esempio, l’ala di Mantovani non è d’accordo sul voto a febbraio:
troppo freddo per portare gli elettori alle urne.
Si tratta su marzo con Monti e il ministro Cancellieri.
Ed è caos anche sulla legge elettorale.
Quagliariello insiste nella trattativa con Pd e Udc, sostenendo che Berlusconi non abbia manifestato formale contrarietà.
Il Pd per prudenza sonda anche Verdini, uno dei pochissimi che con Silvio parla davvero.
Ma al di là della prova muscolare dei senatori, che hanno fatto filtrare l’eventualità di una rivolta contro il Porcellum (ben sapendo che con le liste bloccate quasi nessuno sarà ricandidato), anche il successo di un’operazione del genere sarebbe a rischio.
Perché se al Senato, con la regia di Schifani, si potrebbe trovare un’intesa sul lodo Calderoli, alla Camera i berluscones sono molti di più.
E uno strappo fallito - l’esperienza di Fini insegna - avrebbe conseguenze spiacevoli.
Intanto l’outsider Samorì non si rassegna:
«Datemi le primarie, sconfiggerò Bersani e andrò a Palazzo Chigi».
Nell’attesa litiga con l’ex sodale Giovanardi alla cena di Natale del Pdl modenese.
Con spintoni (smentiti) volati subito dopo il coro di «tu scendi dalle stelle».
http://www.unita.it/italia/silvio-incip ... 133?page=2