Come se ne viene fuori ?
Re: Come se ne viene fuori ?
Arà Zio.... ora è facile dire 'ste cose...
pare che Tremonti viene da Marte , chissà dov'è stato fino a ieri e cosa ha fatto e con chi....
ha una faccia stagnata da paura ....
lassa perde
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Re: Come se ne viene fuori ?
Amadeus ha scritto:Arà Zio.... ora è facile dire 'ste cose...
pare che Tremonti viene da Marte , chissà dov'è stato fino a ieri e cosa ha fatto e con chi....
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Vero, ...siamo in campagna elettorale e quindi ognuno tira la coperta di Linus dalla sua parte.
Però, al di là della campagna elettorale, almeno io, è la prima volta che sento un politico che afferma che siamo in guerra, una guerra economica.
Non lo ha fatto Prodi, men che meno Monti, e figuriamoci gli altri piazzisti vu cumprà.
E' come per Mucchetti a Bersaglio mobile.
Mucchetti ha scritto il suo ultimo editoriale sul Corriere domenica scorsa, non è ancora un politico, eppure con grande semplicità ha detto quello che vede e Giannino, un giornalista che considero un avversario concordava.
Spero tu possa poter vedere il video di Bersaglio mobile. Mucchetti è di una semplicità incredibile e di una logica stringente.
Peccato che non sia clonabile perché allora si che il Pd potrebbe diventare un partito sensato.
Re: Come se ne viene fuori ?
ho trovato solo una specie di "cronistoria" che però non rende molto...Mucchetti parlava della Fiat e il giovane Simoni non era malaccio ( come roba scritta ) ...
purtroppo non riesco neanche dal sito de la 7 . forse è un problema del mio mac.
quello che scrivi su Tremonti non fa altro che dimostrare che sono in mala fede, le cose le sanno , le vedono e le riconoscono chiaramente , non sono accecati da passioni , da religioni, o da impulsi alieni ... sono solo farabutti quando sono al comando . abituati alla maggioranza assoluta ora abbozzano e diventano grandi saggi ...
la parolaccia metticela tu
purtroppo non riesco neanche dal sito de la 7 . forse è un problema del mio mac.
quello che scrivi su Tremonti non fa altro che dimostrare che sono in mala fede, le cose le sanno , le vedono e le riconoscono chiaramente , non sono accecati da passioni , da religioni, o da impulsi alieni ... sono solo farabutti quando sono al comando . abituati alla maggioranza assoluta ora abbozzano e diventano grandi saggi ...
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Re: Come se ne viene fuori ?
Un aspetto della guerra in corso
Il Portogallo verso la spirale greca
di Iside Gjergji
| 5 gennaio 2013Commenti (114)
Il presidente del Portogallo, Aníbal Cavaco Silva, ha spiazzato non pochi quando, durante il tradizionale messaggio di fine anno, ha annunciato di voler chiedere l’intervento della Corte Costituzionale sull’ultima legge finanziaria approvata dal parlamento, in quanto vi sono “legittimi dubbi circa la correttezza nella distribuzione dei sacrifici tra i cittadini”. E’ stato duro, inoltre, il monito lanciato dal presidente portoghese contro le misure di austerità imposte dalla Troika, le quali avrebbero prodotto, secondo Cavaco Silva, “un calo della produzione e delle entrate fiscali”.
L’intervento del presidente Cavaco Silva ha sorpreso un po’ tutti, anche perché era stato proprio lui a firmare la legge finanziaria, che ora sospetta di incostituzionalità, il 28 dicembre scorso, senza peraltro esprimere alcun dubbio in merito. Fatto, questo, che non hanno mancato di sottolineare le forze di opposizione e, in particolare, il maggiore sindacato del paese. Cavaco Silva, però, si è difeso sostenendo che sarebbe stato da irresponsabili non firmare la legge finanziaria, in quanto avrebbe così privato il paese del più importante strumento di programmazione economica e finanziaria.
Al di là, però, del comportamento schizofrenico di Cavaco Silva, i dati da rilevare qui sono due: a) le misure di austerità stano spingendo il Portogallo verso quella terribile spirale in cui è già finita la Grecia, fatta di austerità, disoccupazione e recessione senza fine; b) il governo di Pedro Passos Coelho potrebbe avere i giorni contati, essendo rimasto ormai isolato e con pochi margini di manovra.
Contro la legge finanziaria, infatti, oltre al presidente Cavaco Silva, stanno presentando ricorsi alla Corte Costituzionale tutti gli altri partiti di opposizione. Alcuni insieme e altri separatamente. Queste azioni delle forze di opposizione sono anche dettate da una sempre maggiore pressione sociale. La rabbia popolare cresce infatti ogni giorno di più e proprio ieri, Arménio Carlos, segretario generale del CGTP, il più grande sindacato del paese, ha convocato per il 16 febbraio prossimo una giornata nazionale di lotta per “chiedere le dimissioni del governo” e “nuove politiche volte a garantire la crescita economica del paese”. Tra le varie richieste avanzate dal sindacato spicca quella sull’aumento del salario minimo. Non bisogna dimenticare, infatti, che il salario minimo in Portogallo è uno dei più bassi dell’Unione europea: 431,65 euro. L’attuale proposta del sindacato è di portarlo a 515 euro.
Nel corso del 2012, il tasso di disoccupazione in Portogallo è passato dal 13,7% al 16,3% (870.900 disoccupati) e la disoccupazione giovanile è salita al 39%. Tutto questo prima ancora che le più pesanti misure di austerità, approvate con l’ultima legge finanziaria, entrino in vigore e provochino qualche effetto concreto. Le aliquote medie delle imposte sul reddito aumenteranno fino a 3,4% nel 2013 e nuove tasse sono state introdotte al fine ridurre il deficit di bilancio al 4,5%.
Mentre i lavoratori portoghesi vengono schiacciati dalla disoccupazione, dalla guerra tra poveri, dalle tasse e dai salari da fame per pagare gli interessi del finanziamento di 78 miliardi concesso dalla Troika, c’è chi invece si arricchisce. La classifica stilata dall’agenzia di elaborazione economica Bloomberg e dall’Effas (European Federation of Financial Analysts Societies) ha da poco rivelato che gli investimenti nei titoli di stato portoghesi hanno registrato nell’ultimo anno un rendimento record del 57%, il più alto in Europa, quasi il doppio del rendimento dei titoli di stato irlandesi (29,3%) e italiani (20,75%). I primi beneficiari, manco a dirlo, sono state le banche portoghesi.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01 ... ca/461642/
Il Portogallo verso la spirale greca
di Iside Gjergji
| 5 gennaio 2013Commenti (114)
Il presidente del Portogallo, Aníbal Cavaco Silva, ha spiazzato non pochi quando, durante il tradizionale messaggio di fine anno, ha annunciato di voler chiedere l’intervento della Corte Costituzionale sull’ultima legge finanziaria approvata dal parlamento, in quanto vi sono “legittimi dubbi circa la correttezza nella distribuzione dei sacrifici tra i cittadini”. E’ stato duro, inoltre, il monito lanciato dal presidente portoghese contro le misure di austerità imposte dalla Troika, le quali avrebbero prodotto, secondo Cavaco Silva, “un calo della produzione e delle entrate fiscali”.
L’intervento del presidente Cavaco Silva ha sorpreso un po’ tutti, anche perché era stato proprio lui a firmare la legge finanziaria, che ora sospetta di incostituzionalità, il 28 dicembre scorso, senza peraltro esprimere alcun dubbio in merito. Fatto, questo, che non hanno mancato di sottolineare le forze di opposizione e, in particolare, il maggiore sindacato del paese. Cavaco Silva, però, si è difeso sostenendo che sarebbe stato da irresponsabili non firmare la legge finanziaria, in quanto avrebbe così privato il paese del più importante strumento di programmazione economica e finanziaria.
Al di là, però, del comportamento schizofrenico di Cavaco Silva, i dati da rilevare qui sono due: a) le misure di austerità stano spingendo il Portogallo verso quella terribile spirale in cui è già finita la Grecia, fatta di austerità, disoccupazione e recessione senza fine; b) il governo di Pedro Passos Coelho potrebbe avere i giorni contati, essendo rimasto ormai isolato e con pochi margini di manovra.
Contro la legge finanziaria, infatti, oltre al presidente Cavaco Silva, stanno presentando ricorsi alla Corte Costituzionale tutti gli altri partiti di opposizione. Alcuni insieme e altri separatamente. Queste azioni delle forze di opposizione sono anche dettate da una sempre maggiore pressione sociale. La rabbia popolare cresce infatti ogni giorno di più e proprio ieri, Arménio Carlos, segretario generale del CGTP, il più grande sindacato del paese, ha convocato per il 16 febbraio prossimo una giornata nazionale di lotta per “chiedere le dimissioni del governo” e “nuove politiche volte a garantire la crescita economica del paese”. Tra le varie richieste avanzate dal sindacato spicca quella sull’aumento del salario minimo. Non bisogna dimenticare, infatti, che il salario minimo in Portogallo è uno dei più bassi dell’Unione europea: 431,65 euro. L’attuale proposta del sindacato è di portarlo a 515 euro.
Nel corso del 2012, il tasso di disoccupazione in Portogallo è passato dal 13,7% al 16,3% (870.900 disoccupati) e la disoccupazione giovanile è salita al 39%. Tutto questo prima ancora che le più pesanti misure di austerità, approvate con l’ultima legge finanziaria, entrino in vigore e provochino qualche effetto concreto. Le aliquote medie delle imposte sul reddito aumenteranno fino a 3,4% nel 2013 e nuove tasse sono state introdotte al fine ridurre il deficit di bilancio al 4,5%.
Mentre i lavoratori portoghesi vengono schiacciati dalla disoccupazione, dalla guerra tra poveri, dalle tasse e dai salari da fame per pagare gli interessi del finanziamento di 78 miliardi concesso dalla Troika, c’è chi invece si arricchisce. La classifica stilata dall’agenzia di elaborazione economica Bloomberg e dall’Effas (European Federation of Financial Analysts Societies) ha da poco rivelato che gli investimenti nei titoli di stato portoghesi hanno registrato nell’ultimo anno un rendimento record del 57%, il più alto in Europa, quasi il doppio del rendimento dei titoli di stato irlandesi (29,3%) e italiani (20,75%). I primi beneficiari, manco a dirlo, sono state le banche portoghesi.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01 ... ca/461642/
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Re: Come se ne viene fuori ?
Chiedo a qualcuno del forum piu informato del sottoscritto.
Ipotesi Monti vince le elezioni,diventa presidente del consiglio.Può svolgere i due ruoli essendo anche senatore?
Quindi al senato votare per il suo gruppo?
Oppure deve lasciare quella carica?
Ciao
Paolo11
Ipotesi Monti vince le elezioni,diventa presidente del consiglio.Può svolgere i due ruoli essendo anche senatore?
Quindi al senato votare per il suo gruppo?
Oppure deve lasciare quella carica?
Ciao
Paolo11
Re: Come se ne viene fuori ?
http://www.ilpost.it/2012/12/13/ma-mont ... candidare/
....Monti potrebbe però anche comparire all’interno di qualche lista, anche se qui le cose si fanno più complicate: Monti infatti è attualmente un senatore a vita, nominato da Napolitano il 9 novembre 2011 (lo stesso giorno delle dimissioni di Berlusconi). Per candidarsi al Parlamento, Monti dovrebbe prima dimettersi. Ma i senatori a vita possono dimettersi? La Costituzione prevede solo una “rinunzia” prima che questo venga accettato, ma il problema si pose in concreto quando l’ex presidente della Repubblica – e dunque senatore a vita di diritto – Francesco Cossiga presentò le sue dimissioni con una lettera al presidente del Senato, nel giugno del 2002.
Si decise allora che le dimissioni di un senatore a vita erano possibili e che, in secondo luogo, che per esse bisognava seguire per loro la stessa procedura delle dimissioni per i senatori ordinari: ovvero la votazione del Senato a scrutinio segreto. Il Senato votò il 19 giugno 2002 e respinse le dimissioni. Cossiga annunciò che non intendeva insistere, ma la pratica di fatto creò un precedente: i senatori a vita si possono dimettere, così come tutti gli altri senatori. In teoria Monti potrebbe persino candidarsi alla Camera prima ancora di dimettersi dal Senato, trovandosi poi costretto a optare per una delle due cariche – che sono incompatibili – una volta eventualmente eletto.
Quindi anche la risposta alla prima domanda è sì: Mario Monti potrebbe presentare le sue dimissioni da senatore a vita, il Senato potrebbe approvarle – ma a questo punto si porrebbe il problema del comportamento delle forze politiche con poco interesse alla sua ricandidatura, a voler approfondire il romanzo – e a quel punto, da comune cittadino, Mario Monti potrebbe presentare la sua candidatura sia alla Camera che al Senato.
....( il resto è nel link)
....Monti potrebbe però anche comparire all’interno di qualche lista, anche se qui le cose si fanno più complicate: Monti infatti è attualmente un senatore a vita, nominato da Napolitano il 9 novembre 2011 (lo stesso giorno delle dimissioni di Berlusconi). Per candidarsi al Parlamento, Monti dovrebbe prima dimettersi. Ma i senatori a vita possono dimettersi? La Costituzione prevede solo una “rinunzia” prima che questo venga accettato, ma il problema si pose in concreto quando l’ex presidente della Repubblica – e dunque senatore a vita di diritto – Francesco Cossiga presentò le sue dimissioni con una lettera al presidente del Senato, nel giugno del 2002.
Si decise allora che le dimissioni di un senatore a vita erano possibili e che, in secondo luogo, che per esse bisognava seguire per loro la stessa procedura delle dimissioni per i senatori ordinari: ovvero la votazione del Senato a scrutinio segreto. Il Senato votò il 19 giugno 2002 e respinse le dimissioni. Cossiga annunciò che non intendeva insistere, ma la pratica di fatto creò un precedente: i senatori a vita si possono dimettere, così come tutti gli altri senatori. In teoria Monti potrebbe persino candidarsi alla Camera prima ancora di dimettersi dal Senato, trovandosi poi costretto a optare per una delle due cariche – che sono incompatibili – una volta eventualmente eletto.
Quindi anche la risposta alla prima domanda è sì: Mario Monti potrebbe presentare le sue dimissioni da senatore a vita, il Senato potrebbe approvarle – ma a questo punto si porrebbe il problema del comportamento delle forze politiche con poco interesse alla sua ricandidatura, a voler approfondire il romanzo – e a quel punto, da comune cittadino, Mario Monti potrebbe presentare la sua candidatura sia alla Camera che al Senato.
....( il resto è nel link)
Re: Come se ne viene fuori ?
Non capisco quale sia il senso. A me sembra che Monti di dimettersi non ci pensi proprio!
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Re: Come se ne viene fuori ?
Crazie del chiarimentoAmadeus ha scritto:http://www.ilpost.it/2012/12/13/ma-mont ... candidare/
....Monti potrebbe però anche comparire all’interno di qualche lista, anche se qui le cose si fanno più complicate: Monti infatti è attualmente un senatore a vita, nominato da Napolitano il 9 novembre 2011 (lo stesso giorno delle dimissioni di Berlusconi). Per candidarsi al Parlamento, Monti dovrebbe prima dimettersi. Ma i senatori a vita possono dimettersi? La Costituzione prevede solo una “rinunzia” prima che questo venga accettato, ma il problema si pose in concreto quando l’ex presidente della Repubblica – e dunque senatore a vita di diritto – Francesco Cossiga presentò le sue dimissioni con una lettera al presidente del Senato, nel giugno del 2002.
Si decise allora che le dimissioni di un senatore a vita erano possibili e che, in secondo luogo, che per esse bisognava seguire per loro la stessa procedura delle dimissioni per i senatori ordinari: ovvero la votazione del Senato a scrutinio segreto. Il Senato votò il 19 giugno 2002 e respinse le dimissioni. Cossiga annunciò che non intendeva insistere, ma la pratica di fatto creò un precedente: i senatori a vita si possono dimettere, così come tutti gli altri senatori. In teoria Monti potrebbe persino candidarsi alla Camera prima ancora di dimettersi dal Senato, trovandosi poi costretto a optare per una delle due cariche – che sono incompatibili – una volta eventualmente eletto.
Quindi anche la risposta alla prima domanda è sì: Mario Monti potrebbe presentare le sue dimissioni da senatore a vita, il Senato potrebbe approvarle – ma a questo punto si porrebbe il problema del comportamento delle forze politiche con poco interesse alla sua ricandidatura, a voler approfondire il romanzo – e a quel punto, da comune cittadino, Mario Monti potrebbe presentare la sua candidatura sia alla Camera che al Senato.
....( il resto è nel link)
Paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?
Ciao MarioK.Il mio problema era quello di capire:sapendo che al senato ci sono un po di problemi per tutti.mariok ha scritto:Non capisco quale sia il senso. A me sembra che Monti di dimettersi non ci pensi proprio!
SE :Monti vince le elezioni magari con margini risicati al senato,il suo voto può essere determinante restando senatore.
Comunque ipotesi Rara che vinca.
Ciao
Paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?
Indicatori economici sotto le macerie - 3
Risvolti sociali della crisi
3-1) Dalla quarta pagina de Il Manifesto, in versione cartacea di ieri:
Emergenza anziani /CARLA CANTONE (SPI CGIL) DOMANI IN PIAZZA CON CISL E UIL
<<Monti deve agire in fretta: un pensionato su tre non si cura per aiutare figli e nipoti senza lavoro>>
**
Tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009, la Germania, che deteneva nelle sue banche il numero più elevato di titoli tossici, è intervenuta massicciamente per evitare che si verificasse nuovamente una situazione come quella del ’29.
Inoltre, sapendo anche dei riflessi sull’economia produttiva è intervenuta massicciamente anche in questo settore.
Invece, nell’italietta dei bucanieri e dei suoi “”ferocissimi oppositori””, così feroci al punto di incutere paura anche ai pirati della Malesia e ai gatti di marmo, i due Bibi & Bibò della politica italiana, Silvietto & Giulietto, per non sciupare i fondi destinati alle cricche, hanno guardato i conti bancari degli italiani e si son detti:
“Ecco chi pagherà il conto della crisi”
Adesso quei soldi stanno finendo.
Anche la mucca Carolina non si può mungere all’infinito.
**
3-2) IERI
POLITICA
05/11/2011 - LA CRISI /IL MONITORAGGIO
Berlusconi: "Crisi da noi?
Ma se i ristoranti sono pieni"
Il premier: «Siamo un Paese benestante, è tutta colpa del cambio lira-euro»
http://www.lastampa.it/2011/11/05/itali ... agina.html
OGGI
Per sopravvivere gli italiani
vendono gioielli di famiglia
Pubblicato da: Redazione il 07 dicembre 2012 alle 10:49
Italiani “oltre la sopravvivenza”: per contrastare la crisi hanno venduto i ‘gioielli’ di famiglia, oro, mobili e opere d’arte, hanno eliminato sprechi ed eccessi nei consumi, mentre i redditi sono tornati indietro di vent’anni.
E’ quanto emerge dal quarantaseiesimo rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese. «Negli anni ’90 il reddito medio pro-capite delle famiglie – si legge nello studio - è aumentato, passando da circa 17.500 a 18.500 euro, si è mantenuto stabile nella prima metà degli anni 2000, ma a partire dal 2007 è sceso ai livelli del 1993: -0,6% in termini reali tra il 1993 e il 2011».
Inoltre secondo il Censis, come ultima difesa di fronte al persistere della crisi, «2,5 milioni di famiglie hanno venduto oro o altri oggetti preziosi negli ultimi due anni, 300mila famiglie mobili e opere d’arte, l’85% ha eliminato sprechi ed eccessi nei consumi, il 73% va a caccia di offerte e alimenti poco costosi».
Sono dati che configurano, nella definizione del Censis, un vero e proprio «smottamento del ceto medio».
«Il reddito medio degli italiani si riduce a causa del difficile passaggio dell’economia, ma anche per effetto dei profondi mutamenti della nostra struttura sociale, che hanno affievolito la proverbiale capacita’ delle famiglie di produrre reddito e accumulare ricchezza», spiega l’analisi.
A fronte di un simile calo dei redditi, se negli ultimi vent’anni la ricchezza netta delle famiglie è aumentata del 65,4%, spiega il Censis, è grazie soprattutto all’aumento del valore degli immobili posseduti (+79,2%), laddove, invece, nel corso degli ultimi dieci anni la ricchezza finanziaria netta è passata invece da 26.000 a 15.600 euro a famiglia, con una riduzione del 40,5%.
La quota di famiglie con una ricchezza netta superiore a 500.000 euro, si legge ancora nel rapporto, e’ praticamente raddoppiata, passando dal 6% al 12,5%, mentre la ricchezza del ceto medio (cioè le famiglie con un patrimonio, tra immobili e beni mobili, compreso tra 50.000 e 500.000 euro) e’ diminuita dal 66,4% al 48,3%.
E c’è stato uno slittamento della ricchezza verso le componenti più anziane della popolazione. Se nel 1991 i nuclei con capofamiglia di eta’ inferiore a 35 anni detenevano il 17,1% della ricchezza totale delle famiglie, nel 2010 la loro quota e’ scesa al 5,2%.(AGI) – Roma, 7 dic. – Questa erosione del reddito del ceto medio ha avuto tra le conseguenze piu’ evidenti un cambiamento delle abitudini di consumo e delle condotte economiche degli italiani. Con sempre maggiore frequenza si «mette in circuito» il patrimonio immobiliare affittando alloggi non utilizzati o inventandosi piccoli operatori alberghieri trasformando in bed & breakfast un appartamento o una parte della propria casa, un fenomeno che nelle citta’ con piu’ di 250mila abitanti riguarda il 2,5% delle famiglie. Sono invece 2,7 milioni gli italiani che coltivano ortaggi e verdura da consumare ogni giorno, 11 milioni quelli che preparano in casa pane, conserve e gelati. Diminuisce poi del 62,8% l’uso di auto e scooter (per non parlare degli acquisti di auto calati del 25% tra gennaio e settembre rispetto all’anno scorso) in favore della piu’ ecologica, ma soprattutto economica, bicicletta. Nell’ultimo biennio, afferma lo studio, sono state vendute in Italia 3,5 milioni di biciclette. Un boom dettato dalla necessita’, non da una moda.
Un altro segnale preoccupante è costituito dalla caduta libera del numero di mutui concessi, che nel quadriennio 2008-2011 e’ sceso del 20%. Nel primo semestre del 2012 la domanda di mutui ha fatto registrare un’ulteriore contrazione del 44% rispetto allo stesso periodo del 2011″.
Sulle responsabilità della crisi economica che da qualche anno ha investito il nostro Paese, rendendo sempre più concreta la «paura di non farcela», quasi la metà degli italiani ha pochi dubbi: dipende anzitutto dal degrado morale della politica e dal dilagare della corruzione.
Almeno il 43,1% degli italiani, stando al Censis, condivide questo pensiero. Il 26,6%, invece, attribuisce la colpa al debito pubblico legato a sprechi e clientele mentre un 26,4% chiama in causa l’evasione fiscale. Al quinto posto di questa classifica di fattori determinanti, c’e’ un 18% di italiani che punta il dito contro la politica europea e l’euro mentre il 13,7% se la prende con le speculazioni e i comportamenti delle banche di casa nostra. In questo momento di chiara difficolta’, il sentimento che accomuna il 52,3% dei cittadini e’ la rabbia, legata alla consapevolezza che la situazione drammatica di questi mesi imponga interventi drastici e fortemente penalizzanti per ampie quote di popolazione, soprattutto alla luce degli errori gravi che sono stati commessi nel passato.
Seguono poi la paura (21,4%), la voglia di reagire (20,1%) e il senso di frustrazione (11,8%). Un 10,6%, pero’, si dice fiducioso che la realta’ possa cambiare in meglio.
http://pubblicogiornale.it/attualita/it ... to-censis/
3-3) Tg3 – ore 19,00 – 7 dicembre 2012 - Sant’Ambrogio
Gli italiani, sono tornati a farsi il pane in casa come vent’anni fa. Strano che i direttore Bianca Berlinguer non ci abbia messo il naso. Vent’anni fa come fino a tre anni fa, il pane veniva buttato nella spazzatura regolarmente a sacchettate di plastica. La mia generazione e quelle che mi precedevano hanno sempre ritenuto un “crimine” gettare il pane nella spazzatura. Si cercava di impiegarlo in mille modi.
Mia nonna e mio zio durante, durante la seconda guerra mondiale sono stati male 2 giorni per “indigestione da pane”. Ai tempi il pane veniva distribuito con la tessera. Un giorno la prestinaia si è dimenticata di segnalare il prelievo sulla tessera, e la fame era così tanta che qualche ora dopo si era ripresentato mio zio per un secondo giro.
Ma una seconda razione di pane razionato ai tempi corrispondeva ad una indigestione.
Da qui nasceva la sacralità del pane e del cibo che non deve essere buttato via.
Un forte contrasto perché da sempre nel mondo muoiono senza soluzione di continuità bambini per mancanza di cibo.
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3-4) Censis, boom dei compro oro: “Oltre 2 milioni di persone hanno venduto gioielli”
Giunto alla 46ª edizione, il rapporto fa emergere l’analisi e l’interpretazione dei più significativi fenomeni socio-economici del Paese. Settori analizzati: la formazione, il lavoro, il welfare e la sanità, il territorio e le reti, i soggetti e i processi economici, i media e la comunicazione, il governo pubblico, la sicurezza e la cittadinanza
di Cosimo Rossi | 7 dicembre 2012Commenti (67)
Sono 2,5 milioni le famiglie che hanno venduto oro o altri oggetti preziosi negli ultimi due anni, 300.000 famiglie quelle che hanno venduto invece mobili e opere d’arte. L’85% ha eliminato sprechi ed eccessi nei consumi, il 73% va a caccia di offerte e alimenti poco costosi. Queste sono solo alcune delle difese strenue degli italiani di fronte alla persistenza della crisi; a cominciare dalla messa in circuito del patrimonio immobiliare posseduto, affittando alloggi non utilizzati o trasformando il proprio in un piccolo bed&breakfast (nelle grandi città, con oltre 250.000 abitanti, il fenomeno riguarda il 2,5% delle famiglie). E ancora: sono 2,7 milioni gli italiani che coltivano ortaggi e verdura da consumare ogni giorno, 11 milioni si preparano regolarmente cibi in casa, come pane, conserve, gelati. Anche nei consumi si registra una discontinuità rispetto al passato; il 62,8% degli italiani ha ridotto gli spostamenti in auto e scooter per risparmiare sulla benzina, nel periodo gennaio-settembre 2012 il mercato dell’auto registra il 25% di immatricolazioni in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e c’è un boom delle biciclette: più di 3,5 milioni di due ruote vendute in un biennio.
E’ quanto emerge dal 46esimo rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del paese presentato oggi nella sede romana del Cnel dal direttore Giuseppe Roma e il presidente Giuseppe De Rita.
Secondo il Censis gli italiani hanno affrontato una crisi definita “perfida” come quella iniziata lo scorso anno facendo leva su tre grandi spinte di sopravvivenza. La prima è stata il fare perno sulla “restanza” del passato, per riprendere e valorizzare ciò che resta di funzionante del nostro tradizionale modello di sviluppo: il valore dell’impegno personale, la funzione suppletiva della famiglia rispetto ai buchi della copertura del welfare pubblico, la centratura sulla prossimità nella quale si sviluppano le relazioni cruciali, la solidarietà diffusa e l’associazionismo, la valorizzazione del territorio come dimensione strategica di competitività del sistema.
La seconda spinta è stata la crescente “valorizzazione della differenza” e la voglia di personalizzazione: esempi ne sono il politeismo alimentare, con combinazioni soggettive di cibi e anche di luoghi ove acquistarli, senza tabù, neutralizzando ogni passata ortodossia alimentare; la moltiplicazione dei format di vendita, con la forte crescita degli acquisti online, la diffusione di siti web con offerte low cost e di gruppi di acquisto solidale; la personalizzazione dell’impiego dei media, sia per la fruizione dei contenuti di intrattenimento, sia per l’accesso alle fonti di informazione, secondo palinsesti multimediali “fai da te”, autogestiti, svincolati dalla rigida programmazione delle grandi emittenti; la miniaturizzazione dei dispositivi tecnologici, la proliferazione delle connessioni mobili, l’esplosione dei social network, grazie ai quali diventano centrali la trascrizione virtuale e la condivisione telematica delle biografie personali.
La terza spinta è stata data dai processi di “riposizionamento”: esempi ne sono il riorientamento dei giovani verso percorsi di formazione tecnico-professionale dalle prospettive di inserimento lavorativo più certe, la rinnovata vitalità di pezzi del tessuto produttivo (le cooperative, le imprese femminili, il settore Ict e le applicazioni Internet, le start-up nell’alta tecnologia e le green technologies), l’espansione della distribuzione organizzata e delle attività di commercio via web, l’aumento delle quote di mercato dell’Italia nelle aree emergenti del mondo grazie a specializzazioni produttive diverse dal tradizionale made in Italy, il cambiamento del modello di internazionalizzazione grazie a un di più di strategia che si è tradotto in un aumento degli investimenti in partecipazioni all’estero.
Cambia il consumo anche grazie alle nuove tecnologie.
Il 14,9% degli italiani è iscritto a gruppi di acquisto online che offrono beni e servizi a basso costo. E nelle decisioni di spesa alimentare il 42% considera molto importanti le informazioni sulla provenienza dei prodotti, collocandole al primo posto tra i fattori che orientano la decisione di acquisto. Il responsabile familiare degli acquisti è soprattutto donna (66,5%), uomo nel 43,9% dei casi al Nord-Est. La casa-patrimonio resta assolutamente maggioritaria nelle scelte degli italiani, ma le necessità contingenti stanno rivalutando l’affitto. Nel 2011 la quota di famiglie in locazione ha raggiunto il 21% e nelle aree metropolitane la percentuale sfiora il 30%. Nel trasporto privato si sta diffondendo la logica del noleggio e del car sharing. Diminuisce la quota di famiglie che hanno più di un’automobile (dal 33,4% al 32,1% tra il 2010 e il 2011), il fatturato dell’industria del noleggio si attesta sui 5 miliardi di euro (+2,2% tra il 2010 e il 2011) e il numero degli addetti è in crescita (+3,2% nel periodo 2010-2011 e +3,3% nel primo trimestre del 2012 rispetto al primo trimestre del 2011).
Nuove ambizioni nelle scelte di studio e di lavoro.
Col prolungarsi della crisi e dei suoi effetti sull’occupazione e sul benessere delle famiglie, cominciano a emergere segnali di riposizionamento dei giovani rispetto alle scelte di studio e di lavoro. Nel corrente anno scolastico è aumentato dell’1,9% rispetto all’anno precedente il peso delle preiscrizioni agli istituti tecnici e professionali. Le immatricolazioni all’università sono diminuite del 6,3% e i dati provvisori relativi al 2011-2012 segnano un’ulteriore contrazione del 3%. La crisi ha evidenziato come la laurea non costituisca più un valido scudo contro la disoccupazione giovanile, né garantisca migliori condizioni di occupabilità e remuneratività rispetto ai diplomati. I giovani si indirizzano allora verso percorsi di inserimento lavorativo meno aleatori, dai contorni professionali più certi: tra il 2007 e il 2010 i corsi di laurea di tipo umanistico-sociale (i gruppi letterario, insegnamento, linguistico, politico-sociale, psicologico) subiscono nell’insieme una riduzione del loro peso percentuale sul totale delle immatricolazione di più del 3% (passano dal 33% al 29,9% del totale), mentre i percorsi a valenza tecnico-scientifica (i gruppi agrario, chimico-farmaceutico, geobiologico, ingegneria, scientifico) registrano un +2,7% (la loro quota passa dal 26% al 28,7%). I giovani che hanno deciso di completare la loro formazione superiore all’estero sono aumentati del 42,6% tra il 2007 e il 2010. Con un significativo sacrificio delle famiglie: nell’ultimo anno il 30,3% ha sostenuto costi aggiuntivi scolastici, il 21,5% per un figlio senza lavoro, il 16,1% per un figlio che frequenta una università italiana e il 5,6% per una università straniera.
La riorganizzazione all’estero del sistema d’impresa
Il manifatturiero ha subito un restringimento della base produttiva: il 4,7% di imprese in meno tra il 2009 e oggi. Il saldo tra iscritte e cancellate è stato pari a -30.023. Emerge però un processo di riposizionamento in corso. I flussi dell’export italiano sono parzialmente cambiati, orientandosi verso le economie emergenti: tra il 2007 e oggi la quota di esportazioni verso l’Unione europea si è ridotta dal 61% al 56%, mentre quella verso le principali aree emergenti è aumentata dal 21% al 27%. Attualmente la Cina assorbe il 2,7% delle nostre esportazioni, la Russia il 2,5% e i Paesi dell’Africa settentrionale il 2,9%. Negli scambi con l’estero è diminuito il peso del made in Italy (tessile, abbigliamento-moda, alimentari, mobile-arredo), ma è aumentata la penetrazione di altre specializzazioni manifatturiere, come la metallurgia, la chimica e la farmaceutica. Si è ridimensionato il numero delle imprese esportatrici (dal picco massimo di 206.800 unità nel 2006 si è passati a 205.302 nel 2011), ma aumentano gli investimenti in partecipazioni all’estero, che superano oggi le 27.000 unità (nel 2005 si era a quota 21.740). Dal 2008 a oggi le strutture commerciali che hanno chiuso sono state più di 446.000, a fronte di poco più di 319.000 nuove aperture. Nella prima metà del 2012 il saldo resta negativo (-24.390 imprese). Ma altri segmenti produttivi registrano segnali di crescita: prosegue l’espansione delle strutture della distribuzione organizzata (dalle 17.804 del 2009 alle 18.978 del 2011) e degli operatori del commercio via web, tv e a distanza (passati da 29.163 a 32.718).
La logica biomediatica spinge l’industria digitale
Siamo entrati nell’era biomediatica, in cui la miniaturizzazione dei dispositivi hardware e la proliferazione delle connessioni mobili ampliano le funzioni, potenziano le facoltà, facilitano l’espressione e le relazioni delle persone. L’utenza del web in Italia è aumentata di 9 punti percentuali nell’ultimo anno, portando il tasso di penetrazione al 62,1% della popolazione nel 2012 (era il 27,8% solo dieci anni fa, nel 2002). Gli smartphone di ultima generazione sempre connessi in rete arrivano al 27,7% di utenza (e la percentuale sale al 54,8% tra i giovani), con un incremento del 10% in un anno. Quasi la metà della popolazione (il 47,4%, percentuale che sale al 62,9% tra i diplomati e i laureati) utilizza almeno un social network. E le applicazioni del web permeano ormai ogni aspetto della nostra vita quotidiana: si usano per trovare una strada (lo fa con il pc o lo smartphone il 37,6% delle persone con accesso alla rete, una quota che sale al 55,2% tra i più istruiti), l’home banking (rispettivamente, il 25,6% e il 41,2%), fare acquisti (rispettivamente, il 19,3% e il 28,1%), prenotare viaggi (15,9% e 26,2%), cercare lavoro (11,8% e 18,4%), sbrigare pratiche con uffici (9,6% e 14,1%), prenotare una visita medica (6,6% e 8,5%). La spesa per il traffico dati con telefoni cellulari continua a crescere, fino a poco meno di 5 miliardi di euro nel 2011 (+8,9% rispetto all’anno precedente), superando così la soglia del 50% rispetto agli introiti da servizi di fonia vocale (l’incidenza era del 25% solo nel 2005). Nel primo trimestre del 2012 i terminali smartphone e tablet in circolazione erano 39,4 milioni, a metà anno le schede sim utilizzate per il traffico dati hanno sfiorato la cifra record di 21 milioni, con un volume di traffico dati sulla banda larga mobile che ha compiuto un balzo del 36,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
L’immobiliare in crisi riparte dalla domanda abitativa
A fine anno le transazioni immobiliari si attesteranno sulle 485.000 unità, tornando così ai valori precedenti a quelli del ciclo espansivo, che arrivò nel 2006 a registrare il picco di 870.000 compravendite. Nel periodo 2008-2011 il numero di mutui per l’acquisto di abitazioni è diminuito di oltre il 20% rispetto al quadriennio 2004-2007. Nel primo semestre del 2012 la domanda di mutui ha fatto registrare un’ulteriore contrazione del 44% rispetto allo stesso periodo del 2011. Sono però 907.000 le famiglie intenzionate a comprare casa nel 2012: erano 1,4 milioni nel 2001, sono poi scese a circa 1 milione nel 2007 e il consuntivo per il 2011 è stato di 925.000. Nel 2011 le famiglie che sono riuscite a realizzare l’acquisto sono state il 65,2%, ma quest’anno scenderanno al 53,5% (il 45,7% nei comuni capoluogo). Gli acquirenti sono in prevalenza già proprietari (8 su 10), per due terzi sono famiglie con due percettori di reddito, per il 61% appartenenti al ceto medio, per il 26% collocati nella fascia di reddito alta, per il 13% con reddito medio.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12 ... le/438932/
3-5) Tempi di crisi prolungata e torna puntualmente il mestiere più vecchio del mondo. Il fenomeno è più diffuso di quello che si crede, perché la mancanza improvvisa di denaro in uno standard di vita imposto da molti generatori, obbliga dalle giovanissime a quelle più anziane ad adattarsi a questo "tipo di lavoro".
"Io, casalinga e prostituta"
Come me tante altre, colpa della crisi
"Francesca" racconta: "Incontro i clienti dopo la spesa. Anche cento euro alla volta, fino a settemila al mese. Così pago mutuo e bollette. Mio marito non sa nulla". In quell'apparatamento anche molti politici
di GIUSEPPE CAPORALE
PESCARA - Insieme ad altre donne casalinghe e disoccupate come lei, aveva affittato un appartamento. Uno qualunque, camere anonime e normalissime per prostituirsi di nascosto. Dalla famiglia, dal marito, dai figli. E guadagnare tanti soldi, subito.
Quando i carabinieri, due giorni fa, hanno fatto irruzione in quelle stanze e l'hanno trovata con un cliente, lei è scoppiata in lacrime e ha chiesto disperatamente "riservatezza".
È in questo modo - ha messo a verbale - che paga il mutuo di casa, le rate della macchina e tutte le altre bollette che arrivano alla sua famiglia. "Noi siamo abituati a un tenore di vita molto alto. E le assicuro che non è facile, adesso con la crisi, tornare indietro. Poi, sono sempre stata una bella donna...".
Il suo nome d'arte è "Francesca", quarantenne, e di professione per molto tempo ha fatto l'estetista. Il suo negozio ha chiuso per difficoltà economiche e suo marito è un imprenditore. Le sue foto ("ma solo di alcune parti del mio corpo... il volto è oscurato") sono su Internet con tanto di numero di cellulare. Quel numero di telefono però per la sua famiglia non esiste.
Fuori dalla caserma dei carabinieri di Montesilvano - cittadina rivierasca a pochi chilometri da Pescara - appena dopo il suo interrogatorio, "Francesca", quasi si confonde tra la folla per il suo abbigliamento dimesso, i capelli raccolti e un volto senza un filo di trucco. E, superato lo spavento per il blitz dell'arma, accetta di raccontare la sua storia di casalinga e prostituta.
Signora, suo marito non sa niente? Nemmeno del blitz dei carabinieri?
"Per lui io sono una casalinga che fa qualche consulenza nel settore dell'estetica. Non immagina nulla. Le assicuro che non sa nulla".
Com'è possibile?
"Questo lavoro l'ho sempre fatto di nascosto. I clienti mi trovano su Internet, vedono le foto e poi mi chiamano a un cellulare che la mia famiglia certo non conosce. Di solito fisso gli appuntamenti all'ora di pranzo. Così la mattina e la sera sono sempre a casa".
Quanto guadagna al giorno?
"Non ho più di due appuntamenti, e spesso capitano tra un pranzo da mia madre e un caffè con una amica. Se devo dire la verità, prendo di solito cento euro a cliente, arrivo anche a settemila euro al mese".
Quando ha iniziato a prostituirsi?
"Un anno e mezzo fa. Mio marito era disperato per delle ingiunzioni di pagamento. Ho dovuto lasciare la mia attività ed ero piena di debiti. Avevamo tante spese...".
Basta la crisi per diventare una prostituta?
"Guardi che io sono andata anche da uno psicologo, all'inizio. Mi ha aiutato a capire che io non sono Francesca... Quello è solo il mio lavoro. E guardi che sono solo una delle tante. Le potrei raccontare decine di altre storie di donne che conosco, con mariti operai in cassa integrazione che si prostituiscono anche per 30 euro. Qui a Pescara c'è un fruttivendolo che è un maniaco sessuale. Lavora al mercato e appena entra in confidenza con qualche casalinga con problemi economici le propone di prostituirsi. Le alletta con i soldi, promette guadagni facili per cinque minuti appena e tante donne hanno cominciato per colpa sua".
Non poteva trovare altre soluzioni per i guai economici?
"Qualche giorno fa un cliente vedendomi piangere mi ha detto: preferiresti fare la badante? Pulire il sedere ai vecchi? Io non sono adatta. Certo, ho iniziato come accompagnatrice e ora, pensi... gli uomini mi cercano soprattutto per fare la dominatrice... È diventata la mia specialità. Quasi non li tocco. Li devo solo frustare. Sfrutto le perversioni di uomini ricchi e potenti".
Anche di politici?
"Politici, imprenditori, calciatori. Il cliente che è stato sorpreso con me nell'appartamento ha detto ai carabinieri di stare attenti, perché lui è un uomo importante, che ha conoscenze... È un alto funzionario dello Stato. In casa comunque c'era un codice per garantire riservatezza: quando la luce del corridoio era accesa, le altre sapevano che c'era un cliente e loro dovevano restare chiuse in camera".
In una città così piccola non teme di incontrare i suoi clienti per strada?
"Mi capita di incontrarli al supermercato quando faccio la spesa. Se sono soli mi salutano o altrimenti raccontano alle mogli che sono una lontana conoscente. Lei guardandomi può dire che ho l'aria di essere una prostituta?".
(08 dicembre 2012) © RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.repubblica.it/cronaca/2012/1 ... ef=HREC1-3
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Coldiretti: il 2013 sarà più difficile per il 48% delle famiglie italiane
Secondo il rapporto stilato dall'associazione degli agricoltori, gli effetti della crisi continueranno a farsi sentire anche nell'anno appena iniziato. Più di metà degli italiani dichiara di riuscire a malapena a pagare le spese, l'8% non ha un reddito sufficiente a garantirsi l'indispensabile
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 6 gennaio 2013
Commenti (83)
Per metà delle famiglie italiane la situazione economica è destinata a peggiorare nel 2013. Lo rivela un’analisi Coldiretti/Swg, dalla quale emerge che solo per il 10% delle famiglie la situazione è destinata a migliorare nel corso dell’anno appena iniziato.
Un quadro tutt’altro che ottimista quello tracciato dall’associazione degli agricoltori: nel 51% dei casi le famiglie dichiarano già adesso di riuscire a pagare appena le spese senza potersi permettere ulteriori lussi, mentre una percentuale dell’8% non ha un reddito sufficiente nemmeno per garantirsi l’indispensabile.
Per contro, più di un terzo degli italiani vive senza particolari affanni economici e l’1% può concedersi dei lussi.
Anche in periodo di saldi, la maggior parte delle famiglie ricicla dall’armadio gli abiti smessi nel cambio stagione: il 53%, infatti, ha rinunciato o rimandato gli acquisti di abbigliamento e accessori.
Sul podio delle rinunce anche viaggi e vacanze, ridotti o annullati dal 51% degli italiani. Anche il tempo e soprattutto il denaro dedicato agli svaghi è diminuito: il 48% delle famiglie ha rinunciato a frequentare bar, discoteche o ristoranti nel tempo libero.
Meno sensibile ma comunque significativo il calo riguardante l’acquisto di tecnologie: il 42% ha scelto di farne a meno.
Discorso analogo per le ristrutturazioni della casa (40%), l’auto o la moto nuova (38%) e gli arredamenti (38%), ma anche le attività culturali (37%).
Gli italiani, per contro, non lesinano le spese per i figli: solo il 9% ha dichiarato di aver rinunciato ai consumi per il loro sostentamento.
Relativamente stabili i consumi alimentari (17%), ma il presidente di Coldiretti,Sergio Marini, sottolinea comunque “la necessità di sostenere la ripresa dei consumi per rilanciare l’economia”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01 ... ne/462197/
Risvolti sociali della crisi
3-1) Dalla quarta pagina de Il Manifesto, in versione cartacea di ieri:
Emergenza anziani /CARLA CANTONE (SPI CGIL) DOMANI IN PIAZZA CON CISL E UIL
<<Monti deve agire in fretta: un pensionato su tre non si cura per aiutare figli e nipoti senza lavoro>>
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Tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009, la Germania, che deteneva nelle sue banche il numero più elevato di titoli tossici, è intervenuta massicciamente per evitare che si verificasse nuovamente una situazione come quella del ’29.
Inoltre, sapendo anche dei riflessi sull’economia produttiva è intervenuta massicciamente anche in questo settore.
Invece, nell’italietta dei bucanieri e dei suoi “”ferocissimi oppositori””, così feroci al punto di incutere paura anche ai pirati della Malesia e ai gatti di marmo, i due Bibi & Bibò della politica italiana, Silvietto & Giulietto, per non sciupare i fondi destinati alle cricche, hanno guardato i conti bancari degli italiani e si son detti:
“Ecco chi pagherà il conto della crisi”
Adesso quei soldi stanno finendo.
Anche la mucca Carolina non si può mungere all’infinito.
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3-2) IERI
POLITICA
05/11/2011 - LA CRISI /IL MONITORAGGIO
Berlusconi: "Crisi da noi?
Ma se i ristoranti sono pieni"
Il premier: «Siamo un Paese benestante, è tutta colpa del cambio lira-euro»
http://www.lastampa.it/2011/11/05/itali ... agina.html
OGGI
Per sopravvivere gli italiani
vendono gioielli di famiglia
Pubblicato da: Redazione il 07 dicembre 2012 alle 10:49
Italiani “oltre la sopravvivenza”: per contrastare la crisi hanno venduto i ‘gioielli’ di famiglia, oro, mobili e opere d’arte, hanno eliminato sprechi ed eccessi nei consumi, mentre i redditi sono tornati indietro di vent’anni.
E’ quanto emerge dal quarantaseiesimo rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese. «Negli anni ’90 il reddito medio pro-capite delle famiglie – si legge nello studio - è aumentato, passando da circa 17.500 a 18.500 euro, si è mantenuto stabile nella prima metà degli anni 2000, ma a partire dal 2007 è sceso ai livelli del 1993: -0,6% in termini reali tra il 1993 e il 2011».
Inoltre secondo il Censis, come ultima difesa di fronte al persistere della crisi, «2,5 milioni di famiglie hanno venduto oro o altri oggetti preziosi negli ultimi due anni, 300mila famiglie mobili e opere d’arte, l’85% ha eliminato sprechi ed eccessi nei consumi, il 73% va a caccia di offerte e alimenti poco costosi».
Sono dati che configurano, nella definizione del Censis, un vero e proprio «smottamento del ceto medio».
«Il reddito medio degli italiani si riduce a causa del difficile passaggio dell’economia, ma anche per effetto dei profondi mutamenti della nostra struttura sociale, che hanno affievolito la proverbiale capacita’ delle famiglie di produrre reddito e accumulare ricchezza», spiega l’analisi.
A fronte di un simile calo dei redditi, se negli ultimi vent’anni la ricchezza netta delle famiglie è aumentata del 65,4%, spiega il Censis, è grazie soprattutto all’aumento del valore degli immobili posseduti (+79,2%), laddove, invece, nel corso degli ultimi dieci anni la ricchezza finanziaria netta è passata invece da 26.000 a 15.600 euro a famiglia, con una riduzione del 40,5%.
La quota di famiglie con una ricchezza netta superiore a 500.000 euro, si legge ancora nel rapporto, e’ praticamente raddoppiata, passando dal 6% al 12,5%, mentre la ricchezza del ceto medio (cioè le famiglie con un patrimonio, tra immobili e beni mobili, compreso tra 50.000 e 500.000 euro) e’ diminuita dal 66,4% al 48,3%.
E c’è stato uno slittamento della ricchezza verso le componenti più anziane della popolazione. Se nel 1991 i nuclei con capofamiglia di eta’ inferiore a 35 anni detenevano il 17,1% della ricchezza totale delle famiglie, nel 2010 la loro quota e’ scesa al 5,2%.(AGI) – Roma, 7 dic. – Questa erosione del reddito del ceto medio ha avuto tra le conseguenze piu’ evidenti un cambiamento delle abitudini di consumo e delle condotte economiche degli italiani. Con sempre maggiore frequenza si «mette in circuito» il patrimonio immobiliare affittando alloggi non utilizzati o inventandosi piccoli operatori alberghieri trasformando in bed & breakfast un appartamento o una parte della propria casa, un fenomeno che nelle citta’ con piu’ di 250mila abitanti riguarda il 2,5% delle famiglie. Sono invece 2,7 milioni gli italiani che coltivano ortaggi e verdura da consumare ogni giorno, 11 milioni quelli che preparano in casa pane, conserve e gelati. Diminuisce poi del 62,8% l’uso di auto e scooter (per non parlare degli acquisti di auto calati del 25% tra gennaio e settembre rispetto all’anno scorso) in favore della piu’ ecologica, ma soprattutto economica, bicicletta. Nell’ultimo biennio, afferma lo studio, sono state vendute in Italia 3,5 milioni di biciclette. Un boom dettato dalla necessita’, non da una moda.
Un altro segnale preoccupante è costituito dalla caduta libera del numero di mutui concessi, che nel quadriennio 2008-2011 e’ sceso del 20%. Nel primo semestre del 2012 la domanda di mutui ha fatto registrare un’ulteriore contrazione del 44% rispetto allo stesso periodo del 2011″.
Sulle responsabilità della crisi economica che da qualche anno ha investito il nostro Paese, rendendo sempre più concreta la «paura di non farcela», quasi la metà degli italiani ha pochi dubbi: dipende anzitutto dal degrado morale della politica e dal dilagare della corruzione.
Almeno il 43,1% degli italiani, stando al Censis, condivide questo pensiero. Il 26,6%, invece, attribuisce la colpa al debito pubblico legato a sprechi e clientele mentre un 26,4% chiama in causa l’evasione fiscale. Al quinto posto di questa classifica di fattori determinanti, c’e’ un 18% di italiani che punta il dito contro la politica europea e l’euro mentre il 13,7% se la prende con le speculazioni e i comportamenti delle banche di casa nostra. In questo momento di chiara difficolta’, il sentimento che accomuna il 52,3% dei cittadini e’ la rabbia, legata alla consapevolezza che la situazione drammatica di questi mesi imponga interventi drastici e fortemente penalizzanti per ampie quote di popolazione, soprattutto alla luce degli errori gravi che sono stati commessi nel passato.
Seguono poi la paura (21,4%), la voglia di reagire (20,1%) e il senso di frustrazione (11,8%). Un 10,6%, pero’, si dice fiducioso che la realta’ possa cambiare in meglio.
http://pubblicogiornale.it/attualita/it ... to-censis/
3-3) Tg3 – ore 19,00 – 7 dicembre 2012 - Sant’Ambrogio
Gli italiani, sono tornati a farsi il pane in casa come vent’anni fa. Strano che i direttore Bianca Berlinguer non ci abbia messo il naso. Vent’anni fa come fino a tre anni fa, il pane veniva buttato nella spazzatura regolarmente a sacchettate di plastica. La mia generazione e quelle che mi precedevano hanno sempre ritenuto un “crimine” gettare il pane nella spazzatura. Si cercava di impiegarlo in mille modi.
Mia nonna e mio zio durante, durante la seconda guerra mondiale sono stati male 2 giorni per “indigestione da pane”. Ai tempi il pane veniva distribuito con la tessera. Un giorno la prestinaia si è dimenticata di segnalare il prelievo sulla tessera, e la fame era così tanta che qualche ora dopo si era ripresentato mio zio per un secondo giro.
Ma una seconda razione di pane razionato ai tempi corrispondeva ad una indigestione.
Da qui nasceva la sacralità del pane e del cibo che non deve essere buttato via.
Un forte contrasto perché da sempre nel mondo muoiono senza soluzione di continuità bambini per mancanza di cibo.
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3-4) Censis, boom dei compro oro: “Oltre 2 milioni di persone hanno venduto gioielli”
Giunto alla 46ª edizione, il rapporto fa emergere l’analisi e l’interpretazione dei più significativi fenomeni socio-economici del Paese. Settori analizzati: la formazione, il lavoro, il welfare e la sanità, il territorio e le reti, i soggetti e i processi economici, i media e la comunicazione, il governo pubblico, la sicurezza e la cittadinanza
di Cosimo Rossi | 7 dicembre 2012Commenti (67)
Sono 2,5 milioni le famiglie che hanno venduto oro o altri oggetti preziosi negli ultimi due anni, 300.000 famiglie quelle che hanno venduto invece mobili e opere d’arte. L’85% ha eliminato sprechi ed eccessi nei consumi, il 73% va a caccia di offerte e alimenti poco costosi. Queste sono solo alcune delle difese strenue degli italiani di fronte alla persistenza della crisi; a cominciare dalla messa in circuito del patrimonio immobiliare posseduto, affittando alloggi non utilizzati o trasformando il proprio in un piccolo bed&breakfast (nelle grandi città, con oltre 250.000 abitanti, il fenomeno riguarda il 2,5% delle famiglie). E ancora: sono 2,7 milioni gli italiani che coltivano ortaggi e verdura da consumare ogni giorno, 11 milioni si preparano regolarmente cibi in casa, come pane, conserve, gelati. Anche nei consumi si registra una discontinuità rispetto al passato; il 62,8% degli italiani ha ridotto gli spostamenti in auto e scooter per risparmiare sulla benzina, nel periodo gennaio-settembre 2012 il mercato dell’auto registra il 25% di immatricolazioni in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, e c’è un boom delle biciclette: più di 3,5 milioni di due ruote vendute in un biennio.
E’ quanto emerge dal 46esimo rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del paese presentato oggi nella sede romana del Cnel dal direttore Giuseppe Roma e il presidente Giuseppe De Rita.
Secondo il Censis gli italiani hanno affrontato una crisi definita “perfida” come quella iniziata lo scorso anno facendo leva su tre grandi spinte di sopravvivenza. La prima è stata il fare perno sulla “restanza” del passato, per riprendere e valorizzare ciò che resta di funzionante del nostro tradizionale modello di sviluppo: il valore dell’impegno personale, la funzione suppletiva della famiglia rispetto ai buchi della copertura del welfare pubblico, la centratura sulla prossimità nella quale si sviluppano le relazioni cruciali, la solidarietà diffusa e l’associazionismo, la valorizzazione del territorio come dimensione strategica di competitività del sistema.
La seconda spinta è stata la crescente “valorizzazione della differenza” e la voglia di personalizzazione: esempi ne sono il politeismo alimentare, con combinazioni soggettive di cibi e anche di luoghi ove acquistarli, senza tabù, neutralizzando ogni passata ortodossia alimentare; la moltiplicazione dei format di vendita, con la forte crescita degli acquisti online, la diffusione di siti web con offerte low cost e di gruppi di acquisto solidale; la personalizzazione dell’impiego dei media, sia per la fruizione dei contenuti di intrattenimento, sia per l’accesso alle fonti di informazione, secondo palinsesti multimediali “fai da te”, autogestiti, svincolati dalla rigida programmazione delle grandi emittenti; la miniaturizzazione dei dispositivi tecnologici, la proliferazione delle connessioni mobili, l’esplosione dei social network, grazie ai quali diventano centrali la trascrizione virtuale e la condivisione telematica delle biografie personali.
La terza spinta è stata data dai processi di “riposizionamento”: esempi ne sono il riorientamento dei giovani verso percorsi di formazione tecnico-professionale dalle prospettive di inserimento lavorativo più certe, la rinnovata vitalità di pezzi del tessuto produttivo (le cooperative, le imprese femminili, il settore Ict e le applicazioni Internet, le start-up nell’alta tecnologia e le green technologies), l’espansione della distribuzione organizzata e delle attività di commercio via web, l’aumento delle quote di mercato dell’Italia nelle aree emergenti del mondo grazie a specializzazioni produttive diverse dal tradizionale made in Italy, il cambiamento del modello di internazionalizzazione grazie a un di più di strategia che si è tradotto in un aumento degli investimenti in partecipazioni all’estero.
Cambia il consumo anche grazie alle nuove tecnologie.
Il 14,9% degli italiani è iscritto a gruppi di acquisto online che offrono beni e servizi a basso costo. E nelle decisioni di spesa alimentare il 42% considera molto importanti le informazioni sulla provenienza dei prodotti, collocandole al primo posto tra i fattori che orientano la decisione di acquisto. Il responsabile familiare degli acquisti è soprattutto donna (66,5%), uomo nel 43,9% dei casi al Nord-Est. La casa-patrimonio resta assolutamente maggioritaria nelle scelte degli italiani, ma le necessità contingenti stanno rivalutando l’affitto. Nel 2011 la quota di famiglie in locazione ha raggiunto il 21% e nelle aree metropolitane la percentuale sfiora il 30%. Nel trasporto privato si sta diffondendo la logica del noleggio e del car sharing. Diminuisce la quota di famiglie che hanno più di un’automobile (dal 33,4% al 32,1% tra il 2010 e il 2011), il fatturato dell’industria del noleggio si attesta sui 5 miliardi di euro (+2,2% tra il 2010 e il 2011) e il numero degli addetti è in crescita (+3,2% nel periodo 2010-2011 e +3,3% nel primo trimestre del 2012 rispetto al primo trimestre del 2011).
Nuove ambizioni nelle scelte di studio e di lavoro.
Col prolungarsi della crisi e dei suoi effetti sull’occupazione e sul benessere delle famiglie, cominciano a emergere segnali di riposizionamento dei giovani rispetto alle scelte di studio e di lavoro. Nel corrente anno scolastico è aumentato dell’1,9% rispetto all’anno precedente il peso delle preiscrizioni agli istituti tecnici e professionali. Le immatricolazioni all’università sono diminuite del 6,3% e i dati provvisori relativi al 2011-2012 segnano un’ulteriore contrazione del 3%. La crisi ha evidenziato come la laurea non costituisca più un valido scudo contro la disoccupazione giovanile, né garantisca migliori condizioni di occupabilità e remuneratività rispetto ai diplomati. I giovani si indirizzano allora verso percorsi di inserimento lavorativo meno aleatori, dai contorni professionali più certi: tra il 2007 e il 2010 i corsi di laurea di tipo umanistico-sociale (i gruppi letterario, insegnamento, linguistico, politico-sociale, psicologico) subiscono nell’insieme una riduzione del loro peso percentuale sul totale delle immatricolazione di più del 3% (passano dal 33% al 29,9% del totale), mentre i percorsi a valenza tecnico-scientifica (i gruppi agrario, chimico-farmaceutico, geobiologico, ingegneria, scientifico) registrano un +2,7% (la loro quota passa dal 26% al 28,7%). I giovani che hanno deciso di completare la loro formazione superiore all’estero sono aumentati del 42,6% tra il 2007 e il 2010. Con un significativo sacrificio delle famiglie: nell’ultimo anno il 30,3% ha sostenuto costi aggiuntivi scolastici, il 21,5% per un figlio senza lavoro, il 16,1% per un figlio che frequenta una università italiana e il 5,6% per una università straniera.
La riorganizzazione all’estero del sistema d’impresa
Il manifatturiero ha subito un restringimento della base produttiva: il 4,7% di imprese in meno tra il 2009 e oggi. Il saldo tra iscritte e cancellate è stato pari a -30.023. Emerge però un processo di riposizionamento in corso. I flussi dell’export italiano sono parzialmente cambiati, orientandosi verso le economie emergenti: tra il 2007 e oggi la quota di esportazioni verso l’Unione europea si è ridotta dal 61% al 56%, mentre quella verso le principali aree emergenti è aumentata dal 21% al 27%. Attualmente la Cina assorbe il 2,7% delle nostre esportazioni, la Russia il 2,5% e i Paesi dell’Africa settentrionale il 2,9%. Negli scambi con l’estero è diminuito il peso del made in Italy (tessile, abbigliamento-moda, alimentari, mobile-arredo), ma è aumentata la penetrazione di altre specializzazioni manifatturiere, come la metallurgia, la chimica e la farmaceutica. Si è ridimensionato il numero delle imprese esportatrici (dal picco massimo di 206.800 unità nel 2006 si è passati a 205.302 nel 2011), ma aumentano gli investimenti in partecipazioni all’estero, che superano oggi le 27.000 unità (nel 2005 si era a quota 21.740). Dal 2008 a oggi le strutture commerciali che hanno chiuso sono state più di 446.000, a fronte di poco più di 319.000 nuove aperture. Nella prima metà del 2012 il saldo resta negativo (-24.390 imprese). Ma altri segmenti produttivi registrano segnali di crescita: prosegue l’espansione delle strutture della distribuzione organizzata (dalle 17.804 del 2009 alle 18.978 del 2011) e degli operatori del commercio via web, tv e a distanza (passati da 29.163 a 32.718).
La logica biomediatica spinge l’industria digitale
Siamo entrati nell’era biomediatica, in cui la miniaturizzazione dei dispositivi hardware e la proliferazione delle connessioni mobili ampliano le funzioni, potenziano le facoltà, facilitano l’espressione e le relazioni delle persone. L’utenza del web in Italia è aumentata di 9 punti percentuali nell’ultimo anno, portando il tasso di penetrazione al 62,1% della popolazione nel 2012 (era il 27,8% solo dieci anni fa, nel 2002). Gli smartphone di ultima generazione sempre connessi in rete arrivano al 27,7% di utenza (e la percentuale sale al 54,8% tra i giovani), con un incremento del 10% in un anno. Quasi la metà della popolazione (il 47,4%, percentuale che sale al 62,9% tra i diplomati e i laureati) utilizza almeno un social network. E le applicazioni del web permeano ormai ogni aspetto della nostra vita quotidiana: si usano per trovare una strada (lo fa con il pc o lo smartphone il 37,6% delle persone con accesso alla rete, una quota che sale al 55,2% tra i più istruiti), l’home banking (rispettivamente, il 25,6% e il 41,2%), fare acquisti (rispettivamente, il 19,3% e il 28,1%), prenotare viaggi (15,9% e 26,2%), cercare lavoro (11,8% e 18,4%), sbrigare pratiche con uffici (9,6% e 14,1%), prenotare una visita medica (6,6% e 8,5%). La spesa per il traffico dati con telefoni cellulari continua a crescere, fino a poco meno di 5 miliardi di euro nel 2011 (+8,9% rispetto all’anno precedente), superando così la soglia del 50% rispetto agli introiti da servizi di fonia vocale (l’incidenza era del 25% solo nel 2005). Nel primo trimestre del 2012 i terminali smartphone e tablet in circolazione erano 39,4 milioni, a metà anno le schede sim utilizzate per il traffico dati hanno sfiorato la cifra record di 21 milioni, con un volume di traffico dati sulla banda larga mobile che ha compiuto un balzo del 36,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
L’immobiliare in crisi riparte dalla domanda abitativa
A fine anno le transazioni immobiliari si attesteranno sulle 485.000 unità, tornando così ai valori precedenti a quelli del ciclo espansivo, che arrivò nel 2006 a registrare il picco di 870.000 compravendite. Nel periodo 2008-2011 il numero di mutui per l’acquisto di abitazioni è diminuito di oltre il 20% rispetto al quadriennio 2004-2007. Nel primo semestre del 2012 la domanda di mutui ha fatto registrare un’ulteriore contrazione del 44% rispetto allo stesso periodo del 2011. Sono però 907.000 le famiglie intenzionate a comprare casa nel 2012: erano 1,4 milioni nel 2001, sono poi scese a circa 1 milione nel 2007 e il consuntivo per il 2011 è stato di 925.000. Nel 2011 le famiglie che sono riuscite a realizzare l’acquisto sono state il 65,2%, ma quest’anno scenderanno al 53,5% (il 45,7% nei comuni capoluogo). Gli acquirenti sono in prevalenza già proprietari (8 su 10), per due terzi sono famiglie con due percettori di reddito, per il 61% appartenenti al ceto medio, per il 26% collocati nella fascia di reddito alta, per il 13% con reddito medio.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12 ... le/438932/
3-5) Tempi di crisi prolungata e torna puntualmente il mestiere più vecchio del mondo. Il fenomeno è più diffuso di quello che si crede, perché la mancanza improvvisa di denaro in uno standard di vita imposto da molti generatori, obbliga dalle giovanissime a quelle più anziane ad adattarsi a questo "tipo di lavoro".
"Io, casalinga e prostituta"
Come me tante altre, colpa della crisi
"Francesca" racconta: "Incontro i clienti dopo la spesa. Anche cento euro alla volta, fino a settemila al mese. Così pago mutuo e bollette. Mio marito non sa nulla". In quell'apparatamento anche molti politici
di GIUSEPPE CAPORALE
PESCARA - Insieme ad altre donne casalinghe e disoccupate come lei, aveva affittato un appartamento. Uno qualunque, camere anonime e normalissime per prostituirsi di nascosto. Dalla famiglia, dal marito, dai figli. E guadagnare tanti soldi, subito.
Quando i carabinieri, due giorni fa, hanno fatto irruzione in quelle stanze e l'hanno trovata con un cliente, lei è scoppiata in lacrime e ha chiesto disperatamente "riservatezza".
È in questo modo - ha messo a verbale - che paga il mutuo di casa, le rate della macchina e tutte le altre bollette che arrivano alla sua famiglia. "Noi siamo abituati a un tenore di vita molto alto. E le assicuro che non è facile, adesso con la crisi, tornare indietro. Poi, sono sempre stata una bella donna...".
Il suo nome d'arte è "Francesca", quarantenne, e di professione per molto tempo ha fatto l'estetista. Il suo negozio ha chiuso per difficoltà economiche e suo marito è un imprenditore. Le sue foto ("ma solo di alcune parti del mio corpo... il volto è oscurato") sono su Internet con tanto di numero di cellulare. Quel numero di telefono però per la sua famiglia non esiste.
Fuori dalla caserma dei carabinieri di Montesilvano - cittadina rivierasca a pochi chilometri da Pescara - appena dopo il suo interrogatorio, "Francesca", quasi si confonde tra la folla per il suo abbigliamento dimesso, i capelli raccolti e un volto senza un filo di trucco. E, superato lo spavento per il blitz dell'arma, accetta di raccontare la sua storia di casalinga e prostituta.
Signora, suo marito non sa niente? Nemmeno del blitz dei carabinieri?
"Per lui io sono una casalinga che fa qualche consulenza nel settore dell'estetica. Non immagina nulla. Le assicuro che non sa nulla".
Com'è possibile?
"Questo lavoro l'ho sempre fatto di nascosto. I clienti mi trovano su Internet, vedono le foto e poi mi chiamano a un cellulare che la mia famiglia certo non conosce. Di solito fisso gli appuntamenti all'ora di pranzo. Così la mattina e la sera sono sempre a casa".
Quanto guadagna al giorno?
"Non ho più di due appuntamenti, e spesso capitano tra un pranzo da mia madre e un caffè con una amica. Se devo dire la verità, prendo di solito cento euro a cliente, arrivo anche a settemila euro al mese".
Quando ha iniziato a prostituirsi?
"Un anno e mezzo fa. Mio marito era disperato per delle ingiunzioni di pagamento. Ho dovuto lasciare la mia attività ed ero piena di debiti. Avevamo tante spese...".
Basta la crisi per diventare una prostituta?
"Guardi che io sono andata anche da uno psicologo, all'inizio. Mi ha aiutato a capire che io non sono Francesca... Quello è solo il mio lavoro. E guardi che sono solo una delle tante. Le potrei raccontare decine di altre storie di donne che conosco, con mariti operai in cassa integrazione che si prostituiscono anche per 30 euro. Qui a Pescara c'è un fruttivendolo che è un maniaco sessuale. Lavora al mercato e appena entra in confidenza con qualche casalinga con problemi economici le propone di prostituirsi. Le alletta con i soldi, promette guadagni facili per cinque minuti appena e tante donne hanno cominciato per colpa sua".
Non poteva trovare altre soluzioni per i guai economici?
"Qualche giorno fa un cliente vedendomi piangere mi ha detto: preferiresti fare la badante? Pulire il sedere ai vecchi? Io non sono adatta. Certo, ho iniziato come accompagnatrice e ora, pensi... gli uomini mi cercano soprattutto per fare la dominatrice... È diventata la mia specialità. Quasi non li tocco. Li devo solo frustare. Sfrutto le perversioni di uomini ricchi e potenti".
Anche di politici?
"Politici, imprenditori, calciatori. Il cliente che è stato sorpreso con me nell'appartamento ha detto ai carabinieri di stare attenti, perché lui è un uomo importante, che ha conoscenze... È un alto funzionario dello Stato. In casa comunque c'era un codice per garantire riservatezza: quando la luce del corridoio era accesa, le altre sapevano che c'era un cliente e loro dovevano restare chiuse in camera".
In una città così piccola non teme di incontrare i suoi clienti per strada?
"Mi capita di incontrarli al supermercato quando faccio la spesa. Se sono soli mi salutano o altrimenti raccontano alle mogli che sono una lontana conoscente. Lei guardandomi può dire che ho l'aria di essere una prostituta?".
(08 dicembre 2012) © RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.repubblica.it/cronaca/2012/1 ... ef=HREC1-3
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Coldiretti: il 2013 sarà più difficile per il 48% delle famiglie italiane
Secondo il rapporto stilato dall'associazione degli agricoltori, gli effetti della crisi continueranno a farsi sentire anche nell'anno appena iniziato. Più di metà degli italiani dichiara di riuscire a malapena a pagare le spese, l'8% non ha un reddito sufficiente a garantirsi l'indispensabile
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 6 gennaio 2013
Commenti (83)
Per metà delle famiglie italiane la situazione economica è destinata a peggiorare nel 2013. Lo rivela un’analisi Coldiretti/Swg, dalla quale emerge che solo per il 10% delle famiglie la situazione è destinata a migliorare nel corso dell’anno appena iniziato.
Un quadro tutt’altro che ottimista quello tracciato dall’associazione degli agricoltori: nel 51% dei casi le famiglie dichiarano già adesso di riuscire a pagare appena le spese senza potersi permettere ulteriori lussi, mentre una percentuale dell’8% non ha un reddito sufficiente nemmeno per garantirsi l’indispensabile.
Per contro, più di un terzo degli italiani vive senza particolari affanni economici e l’1% può concedersi dei lussi.
Anche in periodo di saldi, la maggior parte delle famiglie ricicla dall’armadio gli abiti smessi nel cambio stagione: il 53%, infatti, ha rinunciato o rimandato gli acquisti di abbigliamento e accessori.
Sul podio delle rinunce anche viaggi e vacanze, ridotti o annullati dal 51% degli italiani. Anche il tempo e soprattutto il denaro dedicato agli svaghi è diminuito: il 48% delle famiglie ha rinunciato a frequentare bar, discoteche o ristoranti nel tempo libero.
Meno sensibile ma comunque significativo il calo riguardante l’acquisto di tecnologie: il 42% ha scelto di farne a meno.
Discorso analogo per le ristrutturazioni della casa (40%), l’auto o la moto nuova (38%) e gli arredamenti (38%), ma anche le attività culturali (37%).
Gli italiani, per contro, non lesinano le spese per i figli: solo il 9% ha dichiarato di aver rinunciato ai consumi per il loro sostentamento.
Relativamente stabili i consumi alimentari (17%), ma il presidente di Coldiretti,Sergio Marini, sottolinea comunque “la necessità di sostenere la ripresa dei consumi per rilanciare l’economia”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01 ... ne/462197/
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