Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Sotto le macerie – 81
Cronaca di un affondamento - 31
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle teste di caXXo – 8
La guerra……30 giorni all’alba - 4
L'EX SINDACO DI SIENA, PIERLUIGI PICCINI, DISTRUGGE LA FAVOLA DELL’INDIPENDENZA POLITICA DI MPS -
“IL PD HA SEMPRE GOVERNATO IL MONTE DEI PASCHI. L'INGERENZA È STATA ED È NOTEVOLE” - “HO SUBITO PRESSIONI DA D’ALEMA PER FAR SPOSARE MPS CON BNL. LUI, FAZIO, AMATO E LUIGI BERLINGUER MI CACCIARONO DAL PARTITO” -
“ANCHE RENZI HA USUFRUITO DELL’ACCORDO FRA MUSSARI E CECCUZZI PER ALCUNE NOMINE IN SOCIETÀ CONTROLLATE DA MPS”...
Camilla Conti per "Il Fatto Quotidiano"
"Il Pd ha sempre governato il Monte dei Paschi. L'ingerenza è stata ed è notevole.
L'indipendenza della banca dalla politica è una barzelletta che purtroppo non fa più ridere".
L'ex sindaco di Siena, Pierluigi Piccini, fa nomi e cognomi.
"Giuliano Amato, Luigi Berlinguer, Massimo D'Alema che voleva far sposare il Monte con la Bnl". Ma anche Matteo Renzi, "perché anche lui ne ha approfittato".
Ma il primo attacco è per l'ex ministro del Tesoro, Vincenzo Visco che al Corriere della Sera ha detto: "Mps non è un problema del Pd, è un problema di Siena", vantandosi poi di essere stato l'unico a scardinare il sistema, per esempio firmando il decreto per impedire all'allora sindaco di Siena di diventare presidente della Fondazione Mps.
È vero quel che dice Visco, Piccini?
Falso. Io fui bloccato perché ero troppo autonomo rispetto alla linea del partito che ha sempre pesato, sia a livello locale sia nazionale, sulla gestione del Monte dei Paschi.
E poi nella sua versione della storia Visco non ricorda un elemento importante: Bnl.
Che c'entrava Bnl con la nomina della Fondazione Mps?
C'entrava eccome. Bisogna fare un salto indietro all'estate del Duemila quando il sottoscritto subisce pressioni da D'Alema per sponsorizzare il progetto di mandare a nozze Mps con la romana Bnl.
Ipotesi che mi ha subito lasciato molto perplesso. In queste pressioni vedevo un palese conflitto di interessi con il mio ruolo di amministratore.
E dopo che successe? D'Alema si rifece avanti?
Nel 2001 arriva una lettera del ministero del Tesoro, firmata dall'allora direttore generale Mario Draghi, che solleva una incompatibilità fittizia: come sindaco avrei potuto nominare una parte della deputazione amministratrice della Fondazione che a sua volta avrebbe dovuto decidere sulla mia nomina, innescando così un potenziale conflitto di interessi.
Io non sarei stato più sindaco e ci sarebbe comunque stata una nuova deputazione. Nel 2003 la Corte di Cassazione annulla quella lettera come atto illegittimo. Bisogna chiedersi allora cosa, e chi, ci fosse dietro quella lettera.
Chiediamocelo.
La mia risposta è che D'Alema ma anche l'allora governatore di Bankitalia, Antonio Fazio, così come Giuliano Amato e Luigi Berlinguer fossero convinti che io non ero più affidabile.
Che ero diventato difficile da governare, non avevo dato garanzie sufficienti alla fattibilità del progetto con Bnl.
Nell'ottobre 2003, durante un colloquio nei corridoi della Camera, alla presenza di testimoni, Pier Luigi Bersani e Visco mi rimproverarono perché ero stato troppo tiepido sull'ipotesi di fusione con Bnl e non avevo detto pubblicamente che sarei stato d'accordo.
E come è finita?
Nel 2004 sono stato espulso dal partito.
Ora cosa accadrà al Pd locale?
A livello nazionale il Pd sta facendo quadrato e aspetta che passi la tempesta, altrimenti D'Alema non avrebbe mai preso la parola come ha fatto in questi giorni.
A Siena, si aspetta di conoscere il verdetto elettorale delle politiche.
Poi si apriranno i giochi sul rinnovo della giunta, ora commissariata, in primavera.
Secondo me il Pd si sbarazzerà di Ceccuzzi (l'ex sindaco di Siena che si ripresenta dopo aver vinto le primarie nelle scorse settimane, ndr) e troverà una terza soluzione. Magari una donna o un candidato giovane.
E Matteo Renzi e i renziani?
Penso che Renzi non abbia più un ruolo autonomo, che le sue scelte siano subalterne al gruppo dirigente del partito.
E Renzi non è credibile perché alle Invasioni Barbariche, su La7, commentando il caso Mps, ha citato Banca 121 dimenticandosi che i problemi del Montepaschi nascono nel 2007 con l'acquisto di Antonveneta, con il bond Fresh lanciato nel 2008 per finanziare l'operazione e poi con i derivati.
Se vuole essere credibile Renzi deve entrare nel merito. Ma non può farlo.
CECCUZZI
Perchè? Non ci dica che anche Renzi...
Anche Renzi ha usufruito dell'accordo fra Mussari e Ceccuzzi per alcune nomine nella Firenze Parcheggi e in alcune società controllate da Mps.
Cronaca di un affondamento - 31
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle teste di caXXo – 8
La guerra……30 giorni all’alba - 4
L'EX SINDACO DI SIENA, PIERLUIGI PICCINI, DISTRUGGE LA FAVOLA DELL’INDIPENDENZA POLITICA DI MPS -
“IL PD HA SEMPRE GOVERNATO IL MONTE DEI PASCHI. L'INGERENZA È STATA ED È NOTEVOLE” - “HO SUBITO PRESSIONI DA D’ALEMA PER FAR SPOSARE MPS CON BNL. LUI, FAZIO, AMATO E LUIGI BERLINGUER MI CACCIARONO DAL PARTITO” -
“ANCHE RENZI HA USUFRUITO DELL’ACCORDO FRA MUSSARI E CECCUZZI PER ALCUNE NOMINE IN SOCIETÀ CONTROLLATE DA MPS”...
Camilla Conti per "Il Fatto Quotidiano"
"Il Pd ha sempre governato il Monte dei Paschi. L'ingerenza è stata ed è notevole.
L'indipendenza della banca dalla politica è una barzelletta che purtroppo non fa più ridere".
L'ex sindaco di Siena, Pierluigi Piccini, fa nomi e cognomi.
"Giuliano Amato, Luigi Berlinguer, Massimo D'Alema che voleva far sposare il Monte con la Bnl". Ma anche Matteo Renzi, "perché anche lui ne ha approfittato".
Ma il primo attacco è per l'ex ministro del Tesoro, Vincenzo Visco che al Corriere della Sera ha detto: "Mps non è un problema del Pd, è un problema di Siena", vantandosi poi di essere stato l'unico a scardinare il sistema, per esempio firmando il decreto per impedire all'allora sindaco di Siena di diventare presidente della Fondazione Mps.
È vero quel che dice Visco, Piccini?
Falso. Io fui bloccato perché ero troppo autonomo rispetto alla linea del partito che ha sempre pesato, sia a livello locale sia nazionale, sulla gestione del Monte dei Paschi.
E poi nella sua versione della storia Visco non ricorda un elemento importante: Bnl.
Che c'entrava Bnl con la nomina della Fondazione Mps?
C'entrava eccome. Bisogna fare un salto indietro all'estate del Duemila quando il sottoscritto subisce pressioni da D'Alema per sponsorizzare il progetto di mandare a nozze Mps con la romana Bnl.
Ipotesi che mi ha subito lasciato molto perplesso. In queste pressioni vedevo un palese conflitto di interessi con il mio ruolo di amministratore.
E dopo che successe? D'Alema si rifece avanti?
Nel 2001 arriva una lettera del ministero del Tesoro, firmata dall'allora direttore generale Mario Draghi, che solleva una incompatibilità fittizia: come sindaco avrei potuto nominare una parte della deputazione amministratrice della Fondazione che a sua volta avrebbe dovuto decidere sulla mia nomina, innescando così un potenziale conflitto di interessi.
Io non sarei stato più sindaco e ci sarebbe comunque stata una nuova deputazione. Nel 2003 la Corte di Cassazione annulla quella lettera come atto illegittimo. Bisogna chiedersi allora cosa, e chi, ci fosse dietro quella lettera.
Chiediamocelo.
La mia risposta è che D'Alema ma anche l'allora governatore di Bankitalia, Antonio Fazio, così come Giuliano Amato e Luigi Berlinguer fossero convinti che io non ero più affidabile.
Che ero diventato difficile da governare, non avevo dato garanzie sufficienti alla fattibilità del progetto con Bnl.
Nell'ottobre 2003, durante un colloquio nei corridoi della Camera, alla presenza di testimoni, Pier Luigi Bersani e Visco mi rimproverarono perché ero stato troppo tiepido sull'ipotesi di fusione con Bnl e non avevo detto pubblicamente che sarei stato d'accordo.
E come è finita?
Nel 2004 sono stato espulso dal partito.
Ora cosa accadrà al Pd locale?
A livello nazionale il Pd sta facendo quadrato e aspetta che passi la tempesta, altrimenti D'Alema non avrebbe mai preso la parola come ha fatto in questi giorni.
A Siena, si aspetta di conoscere il verdetto elettorale delle politiche.
Poi si apriranno i giochi sul rinnovo della giunta, ora commissariata, in primavera.
Secondo me il Pd si sbarazzerà di Ceccuzzi (l'ex sindaco di Siena che si ripresenta dopo aver vinto le primarie nelle scorse settimane, ndr) e troverà una terza soluzione. Magari una donna o un candidato giovane.
E Matteo Renzi e i renziani?
Penso che Renzi non abbia più un ruolo autonomo, che le sue scelte siano subalterne al gruppo dirigente del partito.
E Renzi non è credibile perché alle Invasioni Barbariche, su La7, commentando il caso Mps, ha citato Banca 121 dimenticandosi che i problemi del Montepaschi nascono nel 2007 con l'acquisto di Antonveneta, con il bond Fresh lanciato nel 2008 per finanziare l'operazione e poi con i derivati.
Se vuole essere credibile Renzi deve entrare nel merito. Ma non può farlo.
CECCUZZI
Perchè? Non ci dica che anche Renzi...
Anche Renzi ha usufruito dell'accordo fra Mussari e Ceccuzzi per alcune nomine nella Firenze Parcheggi e in alcune società controllate da Mps.
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- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Come se ne viene fuori ?
Sotto le macerie – 82
Cronaca di un affondamento - 32
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle teste di caXXo – 10
Vu cumprà
1) Per una politica sana
per una terra sana
Mario Mantovani
Il simbolo del partito non esiste, si vede che il senatore Pdl se ne vergogna
**
L’Italia che sale
per non tornare indietro
Lista Monti
**
L’Italia giusta
**
La politica affidata ai creativi riduce gli uomini a merce. Slogan cretini e soldi buttati via per cartelloni pubblicitari che non servono a niente. Soldi anticipati dalle banche e pagati con i rimborsi elettorali.
I soldi per le aziende e le famiglie non sono disponibili, ma per queste scemenze sì.
2) Non si era mai presentato in vita sua al Binario 21, il 27 gennaio degli scorsi anni. Oggi lo ha fatto solo e soltanto per attirare l’attenzione. Più che il giorno della Memoria è stato il giorno dello sciacallo.
Di quello che è successo non gliene frega assolutamente nulla, quello che voleva ottenere l’ha ottenuto. A destra sono soddisfatti per le parole su Mussolini. Questa sera conterà i voti in più.
3) MA NEMMENO IL CHE E’ DA MENO
TERREMOTO SU MONTIMER!
- DOPO MESI DI LATITANZA, GOLDMAN MONTI SI PRESENTA SOLO ORA, INSIEME AL FIDO CATRICALÀ, NELLE ZONE TERREMOTATE DELL’EMILIA E VIENE ACCOLTO A COLPI DI UOVA, URLA E INSULTI DALLA FOLLA
- “BUFFONE! VERGOGNA! SEI QUI SOLO PER CAMPAGNA ELETTORALE!”
- PROTESTA ANCHE DI ESPONENTI PDL: “ALLA BANCA SÌ, AI TERREMOTATI NO”
- MENO MALE CHE ORA MONTI È CONSIGLIATO DAL GURU AMERICANO…
1. MONTI CONTESTATO IN ZONE DEL TERREMOTO: "BUFFONE" - UN UOVO HA COLPITO IL SINDACO DI CAMPOSANTO
(TMNews) –
Il presidente del Consiglio, Mario Monti, è stato contestato da un gruppo di cittadini presenti alla visita del premier nelle zone terremotate del modenese. "Buffone, fatti vedere dai cittadini, vergogna, vergogna, sei qui solo solo per campagna elettorale".
Sono alcune delle urla partite dalla folla dalla quale è partito anche un uovo che ha colpito il sindaco di Camposanto, Antonella Baldini.
2. TERREMOTO: NUOVA CONTESTAZIONE PER MONTI A MIRANDOLA
(AGI) - Nuova contestazione dei terremotati a Mario Monti durante la sua visita emiliana. Il premier uscente, arrivato a Mirandola (Modena), non ha attraversato il 'fronte caldo' perche e entrato da un ingresso secondario del palazzetto. Davanti all'entrata
principale, in attesa del suo arrivo, erano state allestite due manifestazioni di protesta. Da una parte una ventina di consiglieri del Pdl dei comuni terremotati del cratere modenese. Esposto il cartello 'Alla banca si', ai terremotati no.
Poco distante c'erano i 'cittadini terremotati della Bassa' del comitato Sisma 12 che in un volantino chiedono "al primo ministro dimissionario Mario Monti di scusarsi della insensibilità con la quale il suo governo ha trattato questo territorio" e al "candidato Mario Monti di avere la decenza di non venire in campagna elettorale a promettere quello che, quando ne aveva l'opportunità, non ha fatto".
"Giu le mani dalle nostre case. Rimborso dei danni al cento per cento", recitava uno degli striscioni del comitato. Dopo l'ingresso del leader di Scelta Civica nel palazzetto c'e stata anche qualche scintilla tra i manifestanti dei due gruppi. I cittadini del comitato, infatti, non hanno condiviso la scelta dei consiglieri comunali Pdl di esporre bandiere politiche.
**
Questo 27 gennaio, causa elezioni si è trasformato nel giorno dello sciacallo.
Cronaca di un affondamento - 32
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle teste di caXXo – 10
Vu cumprà
1) Per una politica sana
per una terra sana
Mario Mantovani
Il simbolo del partito non esiste, si vede che il senatore Pdl se ne vergogna
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L’Italia che sale
per non tornare indietro
Lista Monti
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L’Italia giusta
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La politica affidata ai creativi riduce gli uomini a merce. Slogan cretini e soldi buttati via per cartelloni pubblicitari che non servono a niente. Soldi anticipati dalle banche e pagati con i rimborsi elettorali.
I soldi per le aziende e le famiglie non sono disponibili, ma per queste scemenze sì.
2) Non si era mai presentato in vita sua al Binario 21, il 27 gennaio degli scorsi anni. Oggi lo ha fatto solo e soltanto per attirare l’attenzione. Più che il giorno della Memoria è stato il giorno dello sciacallo.
Di quello che è successo non gliene frega assolutamente nulla, quello che voleva ottenere l’ha ottenuto. A destra sono soddisfatti per le parole su Mussolini. Questa sera conterà i voti in più.
3) MA NEMMENO IL CHE E’ DA MENO
TERREMOTO SU MONTIMER!
- DOPO MESI DI LATITANZA, GOLDMAN MONTI SI PRESENTA SOLO ORA, INSIEME AL FIDO CATRICALÀ, NELLE ZONE TERREMOTATE DELL’EMILIA E VIENE ACCOLTO A COLPI DI UOVA, URLA E INSULTI DALLA FOLLA
- “BUFFONE! VERGOGNA! SEI QUI SOLO PER CAMPAGNA ELETTORALE!”
- PROTESTA ANCHE DI ESPONENTI PDL: “ALLA BANCA SÌ, AI TERREMOTATI NO”
- MENO MALE CHE ORA MONTI È CONSIGLIATO DAL GURU AMERICANO…
1. MONTI CONTESTATO IN ZONE DEL TERREMOTO: "BUFFONE" - UN UOVO HA COLPITO IL SINDACO DI CAMPOSANTO
(TMNews) –
Il presidente del Consiglio, Mario Monti, è stato contestato da un gruppo di cittadini presenti alla visita del premier nelle zone terremotate del modenese. "Buffone, fatti vedere dai cittadini, vergogna, vergogna, sei qui solo solo per campagna elettorale".
Sono alcune delle urla partite dalla folla dalla quale è partito anche un uovo che ha colpito il sindaco di Camposanto, Antonella Baldini.
2. TERREMOTO: NUOVA CONTESTAZIONE PER MONTI A MIRANDOLA
(AGI) - Nuova contestazione dei terremotati a Mario Monti durante la sua visita emiliana. Il premier uscente, arrivato a Mirandola (Modena), non ha attraversato il 'fronte caldo' perche e entrato da un ingresso secondario del palazzetto. Davanti all'entrata
principale, in attesa del suo arrivo, erano state allestite due manifestazioni di protesta. Da una parte una ventina di consiglieri del Pdl dei comuni terremotati del cratere modenese. Esposto il cartello 'Alla banca si', ai terremotati no.
Poco distante c'erano i 'cittadini terremotati della Bassa' del comitato Sisma 12 che in un volantino chiedono "al primo ministro dimissionario Mario Monti di scusarsi della insensibilità con la quale il suo governo ha trattato questo territorio" e al "candidato Mario Monti di avere la decenza di non venire in campagna elettorale a promettere quello che, quando ne aveva l'opportunità, non ha fatto".
"Giu le mani dalle nostre case. Rimborso dei danni al cento per cento", recitava uno degli striscioni del comitato. Dopo l'ingresso del leader di Scelta Civica nel palazzetto c'e stata anche qualche scintilla tra i manifestanti dei due gruppi. I cittadini del comitato, infatti, non hanno condiviso la scelta dei consiglieri comunali Pdl di esporre bandiere politiche.
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Questo 27 gennaio, causa elezioni si è trasformato nel giorno dello sciacallo.
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- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Come se ne viene fuori ?
Sotto le macerie – 83
Cronaca di un affondamento - 33
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle teste di caXXo –11
La guerra……30 giorni all’alba - 5
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l’Unità 27.1.13
Bersani a Pdl e Lega: sbraniamo chi attacca
«Tutti nelle piazze»
Il segretario chiede di cambiare passo
Il leader del Pd al contrattacco respinge le accuse sul caso Montepaschi
Ai dirigenti locali del Pd e ai capilista, Bersani chiede un impegno straordinario: «Stanno facendo di tutto per impedirci di vincere»
«È stato il Pd a volere il ricambio
Da Monti una cosa maligna, la smetta»
di Massimo D’Alema
L’ex premier ricorda il caso Unipol-Bnl: «Ero a favore, il Monte si oppose.
Chiedo un po’ di coerenza a chi mi diffama oggi come lo faceva allora»
«La verità è che dovrebbero dire grazie al Pd per aver fatto chiarezza dentro il Montepaschi». Massimo D’Alema si è preso un giorno di riposo e dalla sua casa di campagna vede volare troppi «avvoltoi».
In questo colloquio con l’Unità si mostra preoccupato della piega che sta prendendo il confronto politico e del rischio che il qualunquismo possa gonfiare le vele.
Vorrebbe ci fosse maggiore consapevolezza di questo. E vorrebbe ci fosse anche da parte di Monti che proprio sul caso di Siena ha affondato il coltello.
Ma D’Alema si trattiene, vuole evitare lo scontro con il Professore perché è Berlusconi l’«antagonista robusto»: è tra lui e il Pd che si giocherà la partita del voto. «Non esiste un bipolarismo tra il Pd e Monti, sarebbe un errore», dice. E se gli si fa notare che il premier sta un po’ esagerando, ammette che su Montepaschi ha detto una «cosa maligna» ma poi ha capito, e «ha scantonato».
Forse quando gli è stato ricordato, anche da lui, di aver messo in lista Alfredo Monaci, che era nel Cda del Monte insieme con Mussari.
Ciò che interessa di più a D’Alema, però, è tenere il Pd fuori da questa «vicenda surreale».
Lo ripete più volte: «Il Pd non c’entra nulla». Perché nelle scelte compiute hanno svolto il loro ruolo le istituzioni, che sono legittimate dal voto. «Ma vorrei anche ricordare spiega che siamo stati noi a varare le norme che riducevano il peso delle fondazioni nelle banche. Quando ero premier, a Siena si fecero dei manifesti in cui ero definito persona indesiderabile».
Poi c’è anche il seguito della storia, la battaglia che si è combattuta per il rinnovamento del management della banca e che ha portato Profumo e Viola a Palazzo Salimbeni e che, forse, ha evitato un esito catastrofico. Una battaglia che ha diviso il Pd locale e costretto il sindaco a dimettersi.
«Un anno fa è stato appunto il sindaco Ceccuzzi, che è del Pd, a rendersi conto che le cose non andavano e a volere un ricambio radicale. Questo ovviamente si nasconde, ma il chiarimento lo abbiamo voluto noi».
I guai del Montepaschi, come si sa, cominciarono con l’affare Antonveneta, quando la banca di Siena disse di no all’operazione Unipol-Bnl e con il gruppo Santander tentò l’altra avventura, sulla quale oggi è aperta un’inchiesta.
«Che strano fa notare D’Alema qualcuno oggi mi accusa di essere l’ispiratore dell’affare Antonveneta dopo avermi accusato di esserlo stato per Unipol-Bnl. La verità è che l’operazione Unipol-Bnl era una scelta strategica. Il gruppo dirigente del partito era a favore e Montepaschi invece era contrario.
E questa è la conferma clamorosa che non è affatto vero che il partito controllava la banca, perché la banca era completamente autonoma. Aggiungo, però, che uno non può essere accusato di essere lo sponsor di un’operazione e del suo contrario, altrimenti diventa una barzelletta e magari mi accuseranno anche di essere responsabile della guerra in Cecenia. Nella diffamazione ci vuole coerenza».
Eppure allora i manager del Monte erano considerati da tutti come i «cavalieri del bene» contro i cattivi della sinistra. «Certo, persino dagli stessi giornali che oggi ci accusano...».
Questa «vicenda surreale» dimostra, comunque, che c’è qualcosa che non funziona nella vita delle banche e nell’uso della finanza speculativa. Per esempio sul fronte dei controlli qualcosa non ha funzionato. «È un problema serio spiega D’Alema e almeno su questo spero che nessuno voglia sostenere che spetti al Pd il controllo dei manager». Nelle ore concitate del caso Mussari c’è stata una tensione, proprio sui poteri di controllo, tra il Tesoro e Bankitalia.
«Credo che se la normativa non consente controlli accurati, la normativa va cambiata. Ma c’è un’altra questione che riguarda l’uso dei derivati, con i quali c’è chi tenta di fare alti guadagni con altissimi rischi. Bene, se uno vuole rischiare con i soldi propri, faccia pure, si accomodi al casinò della speculazione. Ma non è ammissibile che certe operazioni si facciano con i risparmi dei cittadini».
La preoccupazione, oltre le strumentalizzazioni, è però per un quadro politico troppo confuso. A cui si aggiunge un Monti che si fa agguerrito e che, dopo il Pd, attacca ossessivamente la Cgil. Come se, in un Paese dalle mille corporazioni, il problema fosse il più grande sindacato. D’Alema è convinto e lo dice con chiarezza che il Pd non è il «partito della Cgil».
Ma ribadisce anche che non si governa «criminalizzando una forza che rappresenta milioni di lavoratori». Le perplessità maggiori l’ex premier le ha sulla natura politica dell’operazione Monti perché ci vede dietro, è il ragionamento, una spinta «contro i partiti e un’esaltazione acritica della società civile». E anche una tentazione di mettere fine alla concertazione e «aprire un conflitto con i sindacati». Certo, per chi parla tanto di Europa appare come un’anomalia.
«La Germania ricorda è governata da partiti radicati e non da liste personali. E la concertazione è forte, anzi lì i sindacati sono associati al governo delle imprese. La forza dei partiti e il dialogo sociale sono un valore irrinunciabile, non un disvalore».
Di questo vorrebbe che si potesse discutere con Monti. Nei confronti del Professore, D’Alema non vuole alzare i toni. Perché la partita vera si gioca con il Cavaliere, è lui l’avversario. «Altrimenti è come affrontare il derby con la Lazio parlando del Milan», dice da tifoso della Roma. Sono parole che appaiono quasi come un appello al premier: la smetta di polemizzare, occupiamoci dei problemi del Paese.
«Stiamo attenti, il rischio è che nella confusione rispunti Berlusconi», avverte. Anche perché resta convinto che la campagna qualunquista contro la politica alla fine i voti li porti a Grillo e non alla lista civica del premier.
Il tentativo insomma è di rimettere ordine nelle cose, far capire che lo scontro è serio e che i rischi sono alti. Per questo anche i retroscena che annunciano patti più o meno segreti con Berlusconi per il futuro capo dello Stato vengono liquidati come «veline e veleni». D’Alema vorrebbe, invece, che fosse più chiaro quali pericoli può creare una guerra di tutti contro tutti. Vuole evitarla, quella guerra, ed è convinto che il Pd «dovrebbe reagire, fare uno sforzo enorme per occuparsi del Paese».
La sensazione è che dare troppo scontata la vittoria alla fine sia «dannoso». «Sì, bisogna farla la campagna elettorale. E al momento non vedo ancora una mobilitazione collettiva adeguata, sento che dobbiamo ancora dispiegare le nostre forze». Altrimenti, pensa, non si riuscirà a respingere l’assalto al Pd che in fondo è l’unico partito che si candida a governare il Paese.
«Gli altri conclude sono lì che vogliono indebolirci, condizionarci o impedirci di andare a Palazzo Chigi». Per evitare questo approdo, sembra di capire, non basta rispondere colpo su colpo.
***
La Stampa 27.1.13
Nel Pd tanti i delusi da Monti “È un Berlusconi con il loden”
Preoccupazione nel partito, la vicenda dell’istituto può “erodere in maniera sensibile” il consenso conquistato
di Carlo Bertini
Sondaggi Preoccupazione nel Pd per i prossimi sondaggi dopo che è esploso il caso Monte dei Paschi
«D’ ora in poi, per un mese tutti spareranno addosso a noi che siamo i favoriti ed è chiaro che useranno questa storia del Monte Paschi, a cominciare da Monti che se vuol prendere voti al centrodestra deve per forza dar botte al Pd».
Ecco se questo è l’umore disincantato di uno dei big di area cattolica, quello del segretario è più combattivo, se non altro per rassicurare la pancia ex diessina che quelli che vogliono strumentalizzare questo caso come fu per la vicenda Unipol non ci riusciranno. Bersani aveva messo nel conto che sarebbe stata «una campagna durissima in cui avremo tutti contro», ma ora è dell’attacco «a freddo» del professore che non si capacita.
«Perché è una cosa non da persona seria quale dovrebbe essere lui», si sfoga con i suoi. Dunque lo stato maggiore si cala l’elmetto sperando che il colpo di immagine su Mps non faccia da volano al trend già discendente dei sondaggi, vissuto fin qui senza troppi patemi. Ma questa vicenda apre una ferita seria con Monti: che «se punta a togliere voti a Berlusconi bene, ma deve stare attento a non esagerare altrimenti rischia una strada senza ritorno e forse questo non fa piacere a Casini... », avvertono sibillini i bersaniani.
Il grado di preoccupazione cresce e non c’è dubbio alcuno: a lanciare il primo campanello d’allarme su un’erosione a caldo dei consensi del Pd di unodue punti, uno studioso autorevole come Paolo Natale ieri su Europa, uno dei due quotidiani del partito. Convinto che «se politici e media faranno di questo caso un insistente cavallo di battaglia è anche possibile che il credito di fiducia di cui tuttora gode il Pd possa venir eroso in maniera sensibile».
E si capisce con quale ansia ai piani alti attendano i sondaggi dei prossimi giorni, ufficiali e più riservati, dei vari istituti. Che prima che esplodesse il caso Mps avevano pure segnalato una frenata della rimonta del Cavaliere.
Dopo che già venerdì alcuni segretari regionali riuniti in plenum con i big invocavano una reazione più dura agli attacchi, i toni di Letta e Bersani si sono alzati fino a mollare sberle verbali come quelle di ieri. E per far vedere che fa sul serio, Bersani è arrivato a evocare un commissariamento della banca.
Dalla sede del Pd si premurano di far sapere che lo scopo di questa proposta è quello di «interrompere il rapporto incestuoso tra la fondazione e la città e anche quello di affrontare i problemi senza impacci. La Banca d’Italia può proporre al ministero dell’Economia anche il commissariamento, che sospende i poteri delle assemblee, un modo per interrompere il rapporto tra potere politico cittadino e la banca e anche per consentire di tirar fuori tutto ciò che si deve. Insomma vogliamo far vedere che non c’è nessun timore reverenziale a spezzare questi legami».
Ma sul piano politico la conseguenza immediata è un «cambio di passo» nei rapporti con Monti. Perché il refrain dei bersaniani è che così facendo il professore sembra una brutta copia del Cavaliere e si sa cosa succede quando gli elettori devono scegliere tra una copia e l’originale.
«Il tema di questa campagna dovrebbe essere come uscire dalla più grave crisi del dopoguerra. Gli altri la impostano secondo lo stile dei guru americani: Berlusconi lo ha imparato, il motto è “lascia stare i problemi e attacca gli avversari”.
Ma siamo stupiti del prof. Monti», scandisce il leader Pd in un teatro ligure incassando uno scroscio di applausi dei militanti arrabbiati. Ma la musica che intonano i suoi è più aggressiva perché «Monti sa che problemi ha questo paese, dovrebbe essere uno di quelli che parlano un linguaggio di verità.
E’ un grave errore fare il Berlusconi col loden.
Se rosicchia uno o due punti alla destra in Sicilia recitando il ruolo dell’antipolitica in doppio petto a noi conviene. Ma se la critica prende una piega etica o morale, rischia di minare la collaborazione tra i due poli e in quel caso ci rimette il più debole».
Cronaca di un affondamento - 33
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle teste di caXXo –11
La guerra……30 giorni all’alba - 5
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l’Unità 27.1.13
Bersani a Pdl e Lega: sbraniamo chi attacca
«Tutti nelle piazze»
Il segretario chiede di cambiare passo
Il leader del Pd al contrattacco respinge le accuse sul caso Montepaschi
Ai dirigenti locali del Pd e ai capilista, Bersani chiede un impegno straordinario: «Stanno facendo di tutto per impedirci di vincere»
«È stato il Pd a volere il ricambio
Da Monti una cosa maligna, la smetta»
di Massimo D’Alema
L’ex premier ricorda il caso Unipol-Bnl: «Ero a favore, il Monte si oppose.
Chiedo un po’ di coerenza a chi mi diffama oggi come lo faceva allora»
«La verità è che dovrebbero dire grazie al Pd per aver fatto chiarezza dentro il Montepaschi». Massimo D’Alema si è preso un giorno di riposo e dalla sua casa di campagna vede volare troppi «avvoltoi».
In questo colloquio con l’Unità si mostra preoccupato della piega che sta prendendo il confronto politico e del rischio che il qualunquismo possa gonfiare le vele.
Vorrebbe ci fosse maggiore consapevolezza di questo. E vorrebbe ci fosse anche da parte di Monti che proprio sul caso di Siena ha affondato il coltello.
Ma D’Alema si trattiene, vuole evitare lo scontro con il Professore perché è Berlusconi l’«antagonista robusto»: è tra lui e il Pd che si giocherà la partita del voto. «Non esiste un bipolarismo tra il Pd e Monti, sarebbe un errore», dice. E se gli si fa notare che il premier sta un po’ esagerando, ammette che su Montepaschi ha detto una «cosa maligna» ma poi ha capito, e «ha scantonato».
Forse quando gli è stato ricordato, anche da lui, di aver messo in lista Alfredo Monaci, che era nel Cda del Monte insieme con Mussari.
Ciò che interessa di più a D’Alema, però, è tenere il Pd fuori da questa «vicenda surreale».
Lo ripete più volte: «Il Pd non c’entra nulla». Perché nelle scelte compiute hanno svolto il loro ruolo le istituzioni, che sono legittimate dal voto. «Ma vorrei anche ricordare spiega che siamo stati noi a varare le norme che riducevano il peso delle fondazioni nelle banche. Quando ero premier, a Siena si fecero dei manifesti in cui ero definito persona indesiderabile».
Poi c’è anche il seguito della storia, la battaglia che si è combattuta per il rinnovamento del management della banca e che ha portato Profumo e Viola a Palazzo Salimbeni e che, forse, ha evitato un esito catastrofico. Una battaglia che ha diviso il Pd locale e costretto il sindaco a dimettersi.
«Un anno fa è stato appunto il sindaco Ceccuzzi, che è del Pd, a rendersi conto che le cose non andavano e a volere un ricambio radicale. Questo ovviamente si nasconde, ma il chiarimento lo abbiamo voluto noi».
I guai del Montepaschi, come si sa, cominciarono con l’affare Antonveneta, quando la banca di Siena disse di no all’operazione Unipol-Bnl e con il gruppo Santander tentò l’altra avventura, sulla quale oggi è aperta un’inchiesta.
«Che strano fa notare D’Alema qualcuno oggi mi accusa di essere l’ispiratore dell’affare Antonveneta dopo avermi accusato di esserlo stato per Unipol-Bnl. La verità è che l’operazione Unipol-Bnl era una scelta strategica. Il gruppo dirigente del partito era a favore e Montepaschi invece era contrario.
E questa è la conferma clamorosa che non è affatto vero che il partito controllava la banca, perché la banca era completamente autonoma. Aggiungo, però, che uno non può essere accusato di essere lo sponsor di un’operazione e del suo contrario, altrimenti diventa una barzelletta e magari mi accuseranno anche di essere responsabile della guerra in Cecenia. Nella diffamazione ci vuole coerenza».
Eppure allora i manager del Monte erano considerati da tutti come i «cavalieri del bene» contro i cattivi della sinistra. «Certo, persino dagli stessi giornali che oggi ci accusano...».
Questa «vicenda surreale» dimostra, comunque, che c’è qualcosa che non funziona nella vita delle banche e nell’uso della finanza speculativa. Per esempio sul fronte dei controlli qualcosa non ha funzionato. «È un problema serio spiega D’Alema e almeno su questo spero che nessuno voglia sostenere che spetti al Pd il controllo dei manager». Nelle ore concitate del caso Mussari c’è stata una tensione, proprio sui poteri di controllo, tra il Tesoro e Bankitalia.
«Credo che se la normativa non consente controlli accurati, la normativa va cambiata. Ma c’è un’altra questione che riguarda l’uso dei derivati, con i quali c’è chi tenta di fare alti guadagni con altissimi rischi. Bene, se uno vuole rischiare con i soldi propri, faccia pure, si accomodi al casinò della speculazione. Ma non è ammissibile che certe operazioni si facciano con i risparmi dei cittadini».
La preoccupazione, oltre le strumentalizzazioni, è però per un quadro politico troppo confuso. A cui si aggiunge un Monti che si fa agguerrito e che, dopo il Pd, attacca ossessivamente la Cgil. Come se, in un Paese dalle mille corporazioni, il problema fosse il più grande sindacato. D’Alema è convinto e lo dice con chiarezza che il Pd non è il «partito della Cgil».
Ma ribadisce anche che non si governa «criminalizzando una forza che rappresenta milioni di lavoratori». Le perplessità maggiori l’ex premier le ha sulla natura politica dell’operazione Monti perché ci vede dietro, è il ragionamento, una spinta «contro i partiti e un’esaltazione acritica della società civile». E anche una tentazione di mettere fine alla concertazione e «aprire un conflitto con i sindacati». Certo, per chi parla tanto di Europa appare come un’anomalia.
«La Germania ricorda è governata da partiti radicati e non da liste personali. E la concertazione è forte, anzi lì i sindacati sono associati al governo delle imprese. La forza dei partiti e il dialogo sociale sono un valore irrinunciabile, non un disvalore».
Di questo vorrebbe che si potesse discutere con Monti. Nei confronti del Professore, D’Alema non vuole alzare i toni. Perché la partita vera si gioca con il Cavaliere, è lui l’avversario. «Altrimenti è come affrontare il derby con la Lazio parlando del Milan», dice da tifoso della Roma. Sono parole che appaiono quasi come un appello al premier: la smetta di polemizzare, occupiamoci dei problemi del Paese.
«Stiamo attenti, il rischio è che nella confusione rispunti Berlusconi», avverte. Anche perché resta convinto che la campagna qualunquista contro la politica alla fine i voti li porti a Grillo e non alla lista civica del premier.
Il tentativo insomma è di rimettere ordine nelle cose, far capire che lo scontro è serio e che i rischi sono alti. Per questo anche i retroscena che annunciano patti più o meno segreti con Berlusconi per il futuro capo dello Stato vengono liquidati come «veline e veleni». D’Alema vorrebbe, invece, che fosse più chiaro quali pericoli può creare una guerra di tutti contro tutti. Vuole evitarla, quella guerra, ed è convinto che il Pd «dovrebbe reagire, fare uno sforzo enorme per occuparsi del Paese».
La sensazione è che dare troppo scontata la vittoria alla fine sia «dannoso». «Sì, bisogna farla la campagna elettorale. E al momento non vedo ancora una mobilitazione collettiva adeguata, sento che dobbiamo ancora dispiegare le nostre forze». Altrimenti, pensa, non si riuscirà a respingere l’assalto al Pd che in fondo è l’unico partito che si candida a governare il Paese.
«Gli altri conclude sono lì che vogliono indebolirci, condizionarci o impedirci di andare a Palazzo Chigi». Per evitare questo approdo, sembra di capire, non basta rispondere colpo su colpo.
***
La Stampa 27.1.13
Nel Pd tanti i delusi da Monti “È un Berlusconi con il loden”
Preoccupazione nel partito, la vicenda dell’istituto può “erodere in maniera sensibile” il consenso conquistato
di Carlo Bertini
Sondaggi Preoccupazione nel Pd per i prossimi sondaggi dopo che è esploso il caso Monte dei Paschi
«D’ ora in poi, per un mese tutti spareranno addosso a noi che siamo i favoriti ed è chiaro che useranno questa storia del Monte Paschi, a cominciare da Monti che se vuol prendere voti al centrodestra deve per forza dar botte al Pd».
Ecco se questo è l’umore disincantato di uno dei big di area cattolica, quello del segretario è più combattivo, se non altro per rassicurare la pancia ex diessina che quelli che vogliono strumentalizzare questo caso come fu per la vicenda Unipol non ci riusciranno. Bersani aveva messo nel conto che sarebbe stata «una campagna durissima in cui avremo tutti contro», ma ora è dell’attacco «a freddo» del professore che non si capacita.
«Perché è una cosa non da persona seria quale dovrebbe essere lui», si sfoga con i suoi. Dunque lo stato maggiore si cala l’elmetto sperando che il colpo di immagine su Mps non faccia da volano al trend già discendente dei sondaggi, vissuto fin qui senza troppi patemi. Ma questa vicenda apre una ferita seria con Monti: che «se punta a togliere voti a Berlusconi bene, ma deve stare attento a non esagerare altrimenti rischia una strada senza ritorno e forse questo non fa piacere a Casini... », avvertono sibillini i bersaniani.
Il grado di preoccupazione cresce e non c’è dubbio alcuno: a lanciare il primo campanello d’allarme su un’erosione a caldo dei consensi del Pd di unodue punti, uno studioso autorevole come Paolo Natale ieri su Europa, uno dei due quotidiani del partito. Convinto che «se politici e media faranno di questo caso un insistente cavallo di battaglia è anche possibile che il credito di fiducia di cui tuttora gode il Pd possa venir eroso in maniera sensibile».
E si capisce con quale ansia ai piani alti attendano i sondaggi dei prossimi giorni, ufficiali e più riservati, dei vari istituti. Che prima che esplodesse il caso Mps avevano pure segnalato una frenata della rimonta del Cavaliere.
Dopo che già venerdì alcuni segretari regionali riuniti in plenum con i big invocavano una reazione più dura agli attacchi, i toni di Letta e Bersani si sono alzati fino a mollare sberle verbali come quelle di ieri. E per far vedere che fa sul serio, Bersani è arrivato a evocare un commissariamento della banca.
Dalla sede del Pd si premurano di far sapere che lo scopo di questa proposta è quello di «interrompere il rapporto incestuoso tra la fondazione e la città e anche quello di affrontare i problemi senza impacci. La Banca d’Italia può proporre al ministero dell’Economia anche il commissariamento, che sospende i poteri delle assemblee, un modo per interrompere il rapporto tra potere politico cittadino e la banca e anche per consentire di tirar fuori tutto ciò che si deve. Insomma vogliamo far vedere che non c’è nessun timore reverenziale a spezzare questi legami».
Ma sul piano politico la conseguenza immediata è un «cambio di passo» nei rapporti con Monti. Perché il refrain dei bersaniani è che così facendo il professore sembra una brutta copia del Cavaliere e si sa cosa succede quando gli elettori devono scegliere tra una copia e l’originale.
«Il tema di questa campagna dovrebbe essere come uscire dalla più grave crisi del dopoguerra. Gli altri la impostano secondo lo stile dei guru americani: Berlusconi lo ha imparato, il motto è “lascia stare i problemi e attacca gli avversari”.
Ma siamo stupiti del prof. Monti», scandisce il leader Pd in un teatro ligure incassando uno scroscio di applausi dei militanti arrabbiati. Ma la musica che intonano i suoi è più aggressiva perché «Monti sa che problemi ha questo paese, dovrebbe essere uno di quelli che parlano un linguaggio di verità.
E’ un grave errore fare il Berlusconi col loden.
Se rosicchia uno o due punti alla destra in Sicilia recitando il ruolo dell’antipolitica in doppio petto a noi conviene. Ma se la critica prende una piega etica o morale, rischia di minare la collaborazione tra i due poli e in quel caso ci rimette il più debole».
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Re: Come se ne viene fuori ?
Monti nei luoghi della Memoria,
contestato dai terremotati
Contestazioni a Concordia. Monti non è stato accolto con lo stesso calore nelle zone terremotate. Arrivato a Concordia, è stato contestato da un gruppo di cittadini: "Buffone, fatti vedere dai cittadini, vergogna, vergogna, sei qui solo solo per campagna elettorale". Sono alcune delle urla partite dalla folla dalla quale è stato lanciato anche un uovo che ha colpito il sindaco di Camposanto, Antonella Baldini.
http://bologna.repubblica.it/cronaca/20 ... ef=HRER1-1
Da una parte “choosy” con loden…e fascistacci razzisti da piazzale Loreto…all’altra estremità …utili idioti.
Shoah, rivolta contro le frasi di Berlusconi.
La comunità ebraica: "Falso e sconcertante"
Coro di reazioni dopo le dichiarazioni del Cavaliere. Il Pd: "Disgustoso, chieda scusa". Ingroia: "Una vergogna nel mondo". Bindi: "Cinismo e peggior revisionismo". Renzo Gattegna: "Sulle colpe del fascismo nelle persecuzioni parole destituite di ogni fondamento storico"
http://www.repubblica.it/politica/2013/ ... ref=HREA-1
E per sperare in un cambiamento ci tocca scegliere quelli col “vizietto” del “c’abbiamo una banca”…
Non so se ce la faremo…
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Re: Come se ne viene fuori ?
Sotto le macerie – 84
Cronaca di un affondamento - 34
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc –12
La guerra……29 giorni all’alba - 6
E le stalle stanno a guardare
(Archibald Joseph Cronin)
1- BORDELLO MPS: TUTTI COINVOLTI, NESSUN COINVOLTO! LA CHIAMATA IN CAUSA DI PERSONALITÀ COME DRAGHI, VISCO, BASSANINI, AMATO E PERFINO IL CONTROLLORE EUROPEO DELL’EBA, ANDREA ENRIA, PORTA ACQUA AL MULINO DI CHI DIFENDE LA STABILITÀ DEL SISTEMA E NON VUOLE SPAZZOLARE FINO IN FONDO LE CASSAFORTI DELLA BANCA –
2- ORA È IL TURNO DEI “MEDIATORI” CHE HANNO INCASSATO GRASSE COMMISSIONI CON IL FOLLE ACQUISTO DI ANTONVENETA: DA JPMORGAN A MARCO CARDIA, FIGLIO DI LAMBERTO –
3- MANCANO ANCORA NOMI: ANDREA ORCEL, IL BANCHIERE CHE HA GIOCATO SU DUE TAVOLI IN POCHI GIORNI. PRIMA SU QUELLO DI SANTANDER, POI SU MPS, COME ADVISOR –
4- E POI RUGGERO MAGNONI, IL FINANZIERE IN DISGRAZIA PER IL CRAC FAMILIARE, CHE LAVORAVA A NOMURA QUANDO SONO STATI VENDUTI AL MONTEPASCHI I DERIVATI TOSSICI –
5- IL RUOLO DELLA FIGLIA DI EMILIO BOTIN, ANA PATRICIAS, CHE SEDEVA NEL CDA DELLE GENERALI E FU DETERMINANTE NEL RIFILARE A RCS IL PACCO RECOLETOS (1 MILIARDO DI BUCO) -
I contradaioli del Palio che fino a pochi giorni fa prendevano il caffè nei bar della Piazza del Campo, si sono trasferiti in massa davanti a Villa Sassi, la residenza che prende il nome dalla moglie di Peppiniello Mussari.
I
Prima di ogni altra cosa a loro interessa sapere se è vero che la banca taglierà il contributo di 8 milioni alla corsa che ogni anno richiama a Siena un'infinità di turisti. Se il boccoluto Peppiniello avrà il coraggio di uscire dalle stanze della villa sarà accolto dagli applausi dei contradaioli, che al di là di tutte le eventuali malefatte attribuite all'avvocato calabrese, gli sono riconoscenti per il sostegno che ha sempre dimostrato nei confronti della più antica corsa equestre.
Se invece dovesse confermare ciò che ha detto Alessandro Profumo nel corso dell'Assemblea degli azionisti venerdì scorso, allora succederà il finimondo, una rivoluzione non "civile" come quella che suggestiona il partitello di Ingroia, ma una rivolta di piazza con tanto di forconi e di ghigliottina.
Al di là di questo problema che tocca sulla pelle la vita della città i contradaioli sono profondamente convinti che intorno allo scandalo della banca si sia alzato un enorme polverone politico e mediatico dal risultato prevedibile.
Più si allarga il cerchio dei colpevoli e più aumentano le possibilità che alla fine di questo enorme casino a Siena si ricomporrà quel "groviglio armonioso" che passa attraverso le complicità della politica con i poteri oscuri i cui confini vanno ben oltre le mura della città.
D'altra parte questa è una vecchia tecnica che è stata utilizzata per coprire in Italia molti scandali e la chiamata in causa di personalità come Draghi, Visco, Tremonti, Amato e perfino del controllore europeo dell'Eba, Andrea Enria, porta acqua al mulino di chi difende la stabilità del sistema e non vuole spazzolare fino in fondo le cassaforti della Banca. In questa logica non sembra un caso che l'attenzione si sia spostata sui dirigenti "infedeli" e sulla folta schiera degli intermediari che hanno trafficato quando Montepaschi ha acquistato l' Antonveneta per 10,3 miliardi da quel furbacchione spagnolo di nome Botìn.
Non a caso i giornali da oggi hanno spostato il tiro sul management e sugli intermediari dell'epoca. Così si può leggere che l'ex-direttore generale Vigni ricorda di essere il figlio di un contadino e di aver trovato i derivati quando assunse il ruolo di braccio destro di Peppiniello Mussari. Ed è commovente leggere che a suo avviso "col senno di poi l'operazione Antonveneta era inopportuna".
Accanto a lui si difende anche Gianluca Baldassarri, l'ex-direttore finanziario portato a Siena nel 2001 da De Bustis, che con una letterina inviata ieri sera a quel sito disgraziato di Dagospia irride sul suo ruolo e sui precedenti professionali scrivendo testualmente: "quando tutto il polverone si sarà posato e le carte saranno sul tavolo, ci sarà da ridere".
Questa sicurezza così ostentata è la stessa che si trova sulla bocca di Alessandro Daffina, il 53enne capo di Rothshild in Italia che si vanta di aver fatto da tramite tra il banchiere spagnolo Botìn e Peppiniello Mussari. Così mentre il "Corriere della Sera" tira in ballo anche Marco Cardia, il figlio dell'ex-presidente della Consob Lamberto, un avvocato che si occupò di alcuni aspetti dell'operazione per conto di MontePaschi, dietro le quinte rimangono soltanto un paio di finanzieri che qualche parte devono averla avuta in tutta la vicenda.
Uno di questi è sicuramente Andrea Orcel, il banchiere romano che piaceva tanto ad Alessandro Profumo e che, dopo 20 anni trascorsi a Bank ok America-Merrill Lynch, a marzo dell'anno scorso si è insediato al vertice della svizzera Ubs. Il suo ruolo non è ancora balzato alle cronache, ma c'è chi giura che non è stato affatto irrilevante perché nella vicenda di Antonveneta ha giocato su due tavoli. Prima su quello di Santander che conosceva benissimo fin dai tempi dell'acquisizione di questa banca da parte degli olandesi di Abn Amro, e successivamente come advisor di MontePaschi nell'acquisizione della stessa dal furbo Botìn.
In pratica Orcel è saltato da un cliente all'altro nel giro di pochi giorni , ma finora di lui non si è parlato e non si è fatto alcun cenno alla presunta appartenenza all'Opus Dei e all'amicizia con i due big di questa associazione, l'italiano Gotti Tedeschi e lo spagnolo Botìn.
Qualcosa si potrebbe dire anche su quell'altro finanziere che si chiama Ruggero Magnoni che lavorava a Nomura quando sono stati venduti a MontePaschi i derivati tossici sui Btp. Magnoni è l'uomo che ha partecipato alla scalata Telecom da 100mila miliardi di lire di Colaninno e di Chicco Gnutti, ed è un amico non solo di Draghi ma anche di Rodolfo De Benedetti, ma poiché le sue azioni sono in netto declino per il crac della holding di famiglia, giornali come "Repubblica" pensano bene di non chiamarlo in causa.
A questo punto i contradaioli sono convinti che l'unica cosa certa dietro i giochetti degli intermediari interessati a mangiare un pezzo della torta, è il colpo da maestro che l'anziano Botìn del Santander ha rifilato nei confronti di Peppiniello Mussari e di quella banca dove nello statuto del 1472 si leggeva testualmente che i fiorini prestati ai cittadini senesi non dovevano servire "per giocare o per fare mercantia, cioè per comprare e rivendare (speculare, ndr)".
Il quasi 80enne banchiere spagnolo, nato a Santander e padre di sei figli, ha rifilato due pacchi meravigliosi agli insipienti banchieri e manager italiani. Il primo è quello di cui si parla in questi giorni e che è stato confezionato con la complicita' dei dirigenti "infedeli" di MontePaschi e degli zelanti maestri della finanza creativa.
Il secondo pacco è la vendita del gruppo editoriale spagnolo Recoletos alla Rcs del "Corriere della Sera". In questa vicenda un ruolo importante lo svolse la figlia di Botìn Ana Patricias che sedeva nel consiglio di amministrazione delle Generali e fu determinante nel convincere la casa editrice milanese a comprare per 750 milioni di euro la Recoletos contro il parere di Colao Meravigliao. Quest'ultimo ha sempre considerato folle l'improvvida acquisizione e si è poi dimesso lasciando sulle spalle del successore Antonello Perricone un buco da un miliardo di euro.
Ai contradaioli incazzati e pronti a scannare Alessandro Profumo al quale attribuiscono il ruolo di regista nell'esplosione dello scandalo sulla Banca, gli affari di Botìn interessano fino a un certo punto. Per loro l'esito finale della vicenda ,che domani alle 15 sarà ripercorsa nei dettagli in Parlamento dall'incauto e pallido ministro Grilli, è scontato. L'elenco delle vittime ce l'hanno ben stretto sotto le tute da fantino. Adesso si tratta di capire soltanto quale sarà il luogo dell'esecuzione che è iniziata nel maggio scorso quando Milena Gabanelli nelle vesti di Robespierre inaugurò la stagione del Terrore senese.
Il luogo ideale sarebbe la Piazza del Campo, la nuova Bastiglia dove si farà giustizia del boccoluto Mussari, del povero figlio di contadini Antonio Vigni, e del ragioniere della Asl, Gabriello Mancini. Se poi si volesse dare qualche soddisfazione in più alla plebe e al popolo bue degli azionisti allora si potrebbero aggiungere il De Bustis amico di D'Alema e quel poveraccio di Franco Bassanini che respinge l'accusa di essere un massone, ma si è già fottuto la poltrona della Cassa Depositi e Prestiti.
Sarà comunque uno spettacolo che segnerà la fine di un'epoca e dovrà mettere le basi per un nuovo "groviglio armonioso" che nessun Draghi, Napolitano, Amato, Tremonti, Monti e Berlusconi avra' la forza di liquidare per sempre.
L'ultima parola la diranno comunque i magistrati e Ignazio Visco, il Governatore "ingannato" che tra due sabati interverrà a Bergamo al tradizionale appuntamento del Forex...L'attesa e' grande.
Cronaca di un affondamento - 34
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc –12
La guerra……29 giorni all’alba - 6
E le stalle stanno a guardare
(Archibald Joseph Cronin)
1- BORDELLO MPS: TUTTI COINVOLTI, NESSUN COINVOLTO! LA CHIAMATA IN CAUSA DI PERSONALITÀ COME DRAGHI, VISCO, BASSANINI, AMATO E PERFINO IL CONTROLLORE EUROPEO DELL’EBA, ANDREA ENRIA, PORTA ACQUA AL MULINO DI CHI DIFENDE LA STABILITÀ DEL SISTEMA E NON VUOLE SPAZZOLARE FINO IN FONDO LE CASSAFORTI DELLA BANCA –
2- ORA È IL TURNO DEI “MEDIATORI” CHE HANNO INCASSATO GRASSE COMMISSIONI CON IL FOLLE ACQUISTO DI ANTONVENETA: DA JPMORGAN A MARCO CARDIA, FIGLIO DI LAMBERTO –
3- MANCANO ANCORA NOMI: ANDREA ORCEL, IL BANCHIERE CHE HA GIOCATO SU DUE TAVOLI IN POCHI GIORNI. PRIMA SU QUELLO DI SANTANDER, POI SU MPS, COME ADVISOR –
4- E POI RUGGERO MAGNONI, IL FINANZIERE IN DISGRAZIA PER IL CRAC FAMILIARE, CHE LAVORAVA A NOMURA QUANDO SONO STATI VENDUTI AL MONTEPASCHI I DERIVATI TOSSICI –
5- IL RUOLO DELLA FIGLIA DI EMILIO BOTIN, ANA PATRICIAS, CHE SEDEVA NEL CDA DELLE GENERALI E FU DETERMINANTE NEL RIFILARE A RCS IL PACCO RECOLETOS (1 MILIARDO DI BUCO) -
I contradaioli del Palio che fino a pochi giorni fa prendevano il caffè nei bar della Piazza del Campo, si sono trasferiti in massa davanti a Villa Sassi, la residenza che prende il nome dalla moglie di Peppiniello Mussari.
I
Prima di ogni altra cosa a loro interessa sapere se è vero che la banca taglierà il contributo di 8 milioni alla corsa che ogni anno richiama a Siena un'infinità di turisti. Se il boccoluto Peppiniello avrà il coraggio di uscire dalle stanze della villa sarà accolto dagli applausi dei contradaioli, che al di là di tutte le eventuali malefatte attribuite all'avvocato calabrese, gli sono riconoscenti per il sostegno che ha sempre dimostrato nei confronti della più antica corsa equestre.
Se invece dovesse confermare ciò che ha detto Alessandro Profumo nel corso dell'Assemblea degli azionisti venerdì scorso, allora succederà il finimondo, una rivoluzione non "civile" come quella che suggestiona il partitello di Ingroia, ma una rivolta di piazza con tanto di forconi e di ghigliottina.
Al di là di questo problema che tocca sulla pelle la vita della città i contradaioli sono profondamente convinti che intorno allo scandalo della banca si sia alzato un enorme polverone politico e mediatico dal risultato prevedibile.
Più si allarga il cerchio dei colpevoli e più aumentano le possibilità che alla fine di questo enorme casino a Siena si ricomporrà quel "groviglio armonioso" che passa attraverso le complicità della politica con i poteri oscuri i cui confini vanno ben oltre le mura della città.
D'altra parte questa è una vecchia tecnica che è stata utilizzata per coprire in Italia molti scandali e la chiamata in causa di personalità come Draghi, Visco, Tremonti, Amato e perfino del controllore europeo dell'Eba, Andrea Enria, porta acqua al mulino di chi difende la stabilità del sistema e non vuole spazzolare fino in fondo le cassaforti della Banca. In questa logica non sembra un caso che l'attenzione si sia spostata sui dirigenti "infedeli" e sulla folta schiera degli intermediari che hanno trafficato quando Montepaschi ha acquistato l' Antonveneta per 10,3 miliardi da quel furbacchione spagnolo di nome Botìn.
Non a caso i giornali da oggi hanno spostato il tiro sul management e sugli intermediari dell'epoca. Così si può leggere che l'ex-direttore generale Vigni ricorda di essere il figlio di un contadino e di aver trovato i derivati quando assunse il ruolo di braccio destro di Peppiniello Mussari. Ed è commovente leggere che a suo avviso "col senno di poi l'operazione Antonveneta era inopportuna".
Accanto a lui si difende anche Gianluca Baldassarri, l'ex-direttore finanziario portato a Siena nel 2001 da De Bustis, che con una letterina inviata ieri sera a quel sito disgraziato di Dagospia irride sul suo ruolo e sui precedenti professionali scrivendo testualmente: "quando tutto il polverone si sarà posato e le carte saranno sul tavolo, ci sarà da ridere".
Questa sicurezza così ostentata è la stessa che si trova sulla bocca di Alessandro Daffina, il 53enne capo di Rothshild in Italia che si vanta di aver fatto da tramite tra il banchiere spagnolo Botìn e Peppiniello Mussari. Così mentre il "Corriere della Sera" tira in ballo anche Marco Cardia, il figlio dell'ex-presidente della Consob Lamberto, un avvocato che si occupò di alcuni aspetti dell'operazione per conto di MontePaschi, dietro le quinte rimangono soltanto un paio di finanzieri che qualche parte devono averla avuta in tutta la vicenda.
Uno di questi è sicuramente Andrea Orcel, il banchiere romano che piaceva tanto ad Alessandro Profumo e che, dopo 20 anni trascorsi a Bank ok America-Merrill Lynch, a marzo dell'anno scorso si è insediato al vertice della svizzera Ubs. Il suo ruolo non è ancora balzato alle cronache, ma c'è chi giura che non è stato affatto irrilevante perché nella vicenda di Antonveneta ha giocato su due tavoli. Prima su quello di Santander che conosceva benissimo fin dai tempi dell'acquisizione di questa banca da parte degli olandesi di Abn Amro, e successivamente come advisor di MontePaschi nell'acquisizione della stessa dal furbo Botìn.
In pratica Orcel è saltato da un cliente all'altro nel giro di pochi giorni , ma finora di lui non si è parlato e non si è fatto alcun cenno alla presunta appartenenza all'Opus Dei e all'amicizia con i due big di questa associazione, l'italiano Gotti Tedeschi e lo spagnolo Botìn.
Qualcosa si potrebbe dire anche su quell'altro finanziere che si chiama Ruggero Magnoni che lavorava a Nomura quando sono stati venduti a MontePaschi i derivati tossici sui Btp. Magnoni è l'uomo che ha partecipato alla scalata Telecom da 100mila miliardi di lire di Colaninno e di Chicco Gnutti, ed è un amico non solo di Draghi ma anche di Rodolfo De Benedetti, ma poiché le sue azioni sono in netto declino per il crac della holding di famiglia, giornali come "Repubblica" pensano bene di non chiamarlo in causa.
A questo punto i contradaioli sono convinti che l'unica cosa certa dietro i giochetti degli intermediari interessati a mangiare un pezzo della torta, è il colpo da maestro che l'anziano Botìn del Santander ha rifilato nei confronti di Peppiniello Mussari e di quella banca dove nello statuto del 1472 si leggeva testualmente che i fiorini prestati ai cittadini senesi non dovevano servire "per giocare o per fare mercantia, cioè per comprare e rivendare (speculare, ndr)".
Il quasi 80enne banchiere spagnolo, nato a Santander e padre di sei figli, ha rifilato due pacchi meravigliosi agli insipienti banchieri e manager italiani. Il primo è quello di cui si parla in questi giorni e che è stato confezionato con la complicita' dei dirigenti "infedeli" di MontePaschi e degli zelanti maestri della finanza creativa.
Il secondo pacco è la vendita del gruppo editoriale spagnolo Recoletos alla Rcs del "Corriere della Sera". In questa vicenda un ruolo importante lo svolse la figlia di Botìn Ana Patricias che sedeva nel consiglio di amministrazione delle Generali e fu determinante nel convincere la casa editrice milanese a comprare per 750 milioni di euro la Recoletos contro il parere di Colao Meravigliao. Quest'ultimo ha sempre considerato folle l'improvvida acquisizione e si è poi dimesso lasciando sulle spalle del successore Antonello Perricone un buco da un miliardo di euro.
Ai contradaioli incazzati e pronti a scannare Alessandro Profumo al quale attribuiscono il ruolo di regista nell'esplosione dello scandalo sulla Banca, gli affari di Botìn interessano fino a un certo punto. Per loro l'esito finale della vicenda ,che domani alle 15 sarà ripercorsa nei dettagli in Parlamento dall'incauto e pallido ministro Grilli, è scontato. L'elenco delle vittime ce l'hanno ben stretto sotto le tute da fantino. Adesso si tratta di capire soltanto quale sarà il luogo dell'esecuzione che è iniziata nel maggio scorso quando Milena Gabanelli nelle vesti di Robespierre inaugurò la stagione del Terrore senese.
Il luogo ideale sarebbe la Piazza del Campo, la nuova Bastiglia dove si farà giustizia del boccoluto Mussari, del povero figlio di contadini Antonio Vigni, e del ragioniere della Asl, Gabriello Mancini. Se poi si volesse dare qualche soddisfazione in più alla plebe e al popolo bue degli azionisti allora si potrebbero aggiungere il De Bustis amico di D'Alema e quel poveraccio di Franco Bassanini che respinge l'accusa di essere un massone, ma si è già fottuto la poltrona della Cassa Depositi e Prestiti.
Sarà comunque uno spettacolo che segnerà la fine di un'epoca e dovrà mettere le basi per un nuovo "groviglio armonioso" che nessun Draghi, Napolitano, Amato, Tremonti, Monti e Berlusconi avra' la forza di liquidare per sempre.
L'ultima parola la diranno comunque i magistrati e Ignazio Visco, il Governatore "ingannato" che tra due sabati interverrà a Bergamo al tradizionale appuntamento del Forex...L'attesa e' grande.
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Re: Come se ne viene fuori ?
La storia d’Italia
Negli anni ’30 del secolo scorso si gridava:
"A chi la vittoria?,a chi la gloria?" A NOI!!!!
Facendo sbattere i tacchi, e sollevando il braccio destro di 40 gradi rispetto al piano di calpestio.
All’inizio del nuovo secolo invece si grida:
“A chi le banche?, a chi la gloria?” "A NOI!!!!
(By Dalemoni e compari che un tempo si chiamavano “compagni”)
Negli anni ’30 del secolo scorso si gridava:
"A chi la vittoria?,a chi la gloria?" A NOI!!!!
Facendo sbattere i tacchi, e sollevando il braccio destro di 40 gradi rispetto al piano di calpestio.
All’inizio del nuovo secolo invece si grida:
“A chi le banche?, a chi la gloria?” "A NOI!!!!
(By Dalemoni e compari che un tempo si chiamavano “compagni”)
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Re: Come se ne viene fuori ?
camillobenso ha scritto:La storia d’Italia
Negli anni ’30 del secolo scorso si gridava:
"A chi la vittoria?,a chi la gloria?" A NOI!!!!
Facendo sbattere i tacchi, e sollevando il braccio destro di 40 gradi rispetto al piano di calpestio.
All’inizio del nuovo secolo invece si grida:
“A chi le banche?, a chi la gloria?” "A NOI!!!!
(By Dalemoni e compari che un tempo si chiamavano “compagni”)
Caro camillobenso compagni SI agli altri.
Ciao
Paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?
Hanno avuto una possibilità.Se la sono fatta scappare.
Caduta Berlusconi al voto dovevano andare, e forse avrebbero avuto la maggioranza anche al senato.Lo ha sempre ripetuto pure DI PIetro.
Ora è tutto da ridiscutere.
Ciao
Paolo11
Caduta Berlusconi al voto dovevano andare, e forse avrebbero avuto la maggioranza anche al senato.Lo ha sempre ripetuto pure DI PIetro.
Ora è tutto da ridiscutere.
Ciao
Paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?
Sotto le macerie – 85
Cronaca di un affondamento - 35
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc –13
Forza merli - 3
Ancora una volta il giochino sta riuscendo per benino. L’avanspettacolo della politica va avanti senza patemi. Gli italiani si accapigliano in difesa di una squadra o l’altra in questo interminabile campionato di calcio, Divisione nazionale serie A, quando poi alla fine il potere rimane ben saldo in mano ai soliti noti.
Cambiare tutto per non cambiare nulla,…………………….siamo nella terra del Gattopardo.
**
Detti italiani - Toscana
Fare come i ladri di Pisa.
...che di giorno litigano e la notte vanno insieme a rubare.
(Di persone che litigano sempre, ma in fondo si vogliono un gran bene)
Toscana
*
fare come i ladri di Pisa
•
• • Essere inseparabili nonostante le liti e i diverbi continui.
• La tradizione toscana vuole che i ladri di Pisa andassero a rubare insieme durante la notte e poi litigassero fra loro tutto il giorno per dividere il bottino.
(Dizionario del Corriere.it)
http://www.youtube.com/watch?v=wS57Oegq0L4
POLITICA & PALAZZO
Mario Monti apre alla grande coalizione
D'Alema: "Ma il governo lo fa chi vince"
Botta e risposta polemico tra il professore e il dirigente Pd sulla futura composizione dell'esecutivo. Quindi il premier uscente promette: "Giù le tasse". La replica di Silvio Berlusconi: "Solo chiacchiere"
“Detrazioni Imu e taglio Irap e Irpef”. Ora anche Monti fa promesse sulle tasse
Ospite a Omnibus, il premier torna sull'assetto politico del dopo-voto e chiarisce di non avere nulla in contrario a larghe alleanze: "Una grande coalizione sulle riforme? Avrebbe il sapore della politica necessaria". E sull'ipotesi di una nuova manovra dice: "Dipende dall'esito del voto"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 28 gennaio 2013
Commenti (1178)
^
http://www.youtube.com/watch?v=N1CDks5Dkfs
Elezioni, D’Alema a Monti: “Il governo lo forma chi vince, cioè Bersani”
Il deputato Pd boccia l'idea di una grande coalizione cui penserebbe il presidente del Consiglio uscente. E sull'ipotesi di abbassamento delle tasse, proposto da Berlusconi ma anche dal professore, dice: "La campagna elettorale in questi giorni in cui si parla di riduzione delle tasse assomiglia ad uno striptease"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 28 gennaio 2013
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01 ... ni/482130/
Cronaca di un affondamento - 35
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc –13
Forza merli - 3
Ancora una volta il giochino sta riuscendo per benino. L’avanspettacolo della politica va avanti senza patemi. Gli italiani si accapigliano in difesa di una squadra o l’altra in questo interminabile campionato di calcio, Divisione nazionale serie A, quando poi alla fine il potere rimane ben saldo in mano ai soliti noti.
Cambiare tutto per non cambiare nulla,…………………….siamo nella terra del Gattopardo.
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Fare come i ladri di Pisa.
...che di giorno litigano e la notte vanno insieme a rubare.
(Di persone che litigano sempre, ma in fondo si vogliono un gran bene)
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fare come i ladri di Pisa
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• • Essere inseparabili nonostante le liti e i diverbi continui.
• La tradizione toscana vuole che i ladri di Pisa andassero a rubare insieme durante la notte e poi litigassero fra loro tutto il giorno per dividere il bottino.
(Dizionario del Corriere.it)
http://www.youtube.com/watch?v=wS57Oegq0L4
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Mario Monti apre alla grande coalizione
D'Alema: "Ma il governo lo fa chi vince"
Botta e risposta polemico tra il professore e il dirigente Pd sulla futura composizione dell'esecutivo. Quindi il premier uscente promette: "Giù le tasse". La replica di Silvio Berlusconi: "Solo chiacchiere"
“Detrazioni Imu e taglio Irap e Irpef”. Ora anche Monti fa promesse sulle tasse
Ospite a Omnibus, il premier torna sull'assetto politico del dopo-voto e chiarisce di non avere nulla in contrario a larghe alleanze: "Una grande coalizione sulle riforme? Avrebbe il sapore della politica necessaria". E sull'ipotesi di una nuova manovra dice: "Dipende dall'esito del voto"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 28 gennaio 2013
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Elezioni, D’Alema a Monti: “Il governo lo forma chi vince, cioè Bersani”
Il deputato Pd boccia l'idea di una grande coalizione cui penserebbe il presidente del Consiglio uscente. E sull'ipotesi di abbassamento delle tasse, proposto da Berlusconi ma anche dal professore, dice: "La campagna elettorale in questi giorni in cui si parla di riduzione delle tasse assomiglia ad uno striptease"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 28 gennaio 2013
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01 ... ni/482130/
Re: Come se ne viene fuori ?
Elezioni, D’Alema a Monti: “Il governo lo forma chi vince, cioè Bersani”
ma...
porta sfiga
imbavagliatelo
sgrat sgrat
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