Amadeus ha scritto:parrebbe una squallida storia di vendetta personale da parte di uno squilibrato.
...
che il parlamento fosse un grande videogioco dove si schiacciano bottoni non è una novità e non ci sono segnali che con le prossime votazioni ci sia una svolta ,
non vedo "ultime fasi " se non della campagna elettorale .
non vedo "ultime fasi " se non della campagna elettorale .
Carissima Amà, - 1
molto, molto prima del luglio 2011, quando ho iniziato il 3D:
La GUERRA CIVILE in ITALIA
Inviato: ven lug 01, 2011 20:06 pm
sul vecchio forum, avevo segnalato in qualche 3D che da come si mettevano le cose, tutto stava lavorando per una guerra civile.
Già allora c’erano tutti gli elementi minimi e sufficienti per progredire verso uno sbocco del genere, se non si fosse posto il sufficiente rimedio.
Ma evidentemente, la volontà del mondo politico, racchiuso nella casta nella più totale scelleratezza non seconda a quella della Corte di Versailles del 1789, la volontà dei poteri forti che non sono di certo a favore della “democrazia” anche se questa è un’oligarchia di fatto, ma anche la volontà dei sudditi, è quella di fermare il processo degenerativo di questa disgregazione che porterà inevitabilmente a qualcosa. Una rivoluzione, una guerra civile, una sommossa.
Ci sono gli elementi per arrivare a tutto questo????
Secondo me si, e non da ora.
Proviamo a metterli sul tavolo:
1) 31 gennaio 2013
Rimborsi Lombardia, tra imbarazzi e confusione il centrosinistra tenta la difesa
Poco a che vedere con le spese pazze del centrodestra, ma nel centrosinistra si apre il dilemma. Pippo Civati, rottamatore della prima ora e candidato alla Camera: "Stiamo valutando anche un’ipotesi di sospensione temporanea della campagna elettorale". Ma Il capogruppo Pd, Luca Gaffuri, congela l'ipotesi: “La linea ufficiale è quella di Ambrosoli. Andremo dai magistrati e spiegheremo"
di Thomas Mackinson
| 30 gennaio 2013
Commenti (1146)
Sospendere la campagna elettorale o proseguire seguendo la linea Ambrosoli: dimissioni in caso di rinvio a giudizio.
Il centrosinistra lombardo prova una difesa tra imbarazzi e confusione.
Le spese contestate ai consiglieri dell’opposizione, 29 in tutto quelli iscritti dalla Procura di Milano, sono di entità inferiore, per esempio, rispetto ai 6000 euro spesi (e poi restituiti) dal leghista Galli per il matrimonio della figlia o i quasi 1000 euro spesi dalla Minetti per una cena al Principe di Savoia.
Ma pongono immediatamente un dilemma morale e politico: si può fare la campagna elettorale con un avviso di garanzia in tasca?
Il centrosinistra dovrà stabilire se un invito a comparire davanti ai magistrati è una patente di impresentabilità tale da compromettere le candidature, quelle regionali ma soprattutto quelle per un seggio a Roma che sono vincolate alle preferenze.
Sul punto i diretti interessati pesano le parole e fanno valere come un mantra la linea tracciata dall’avvocato candidato al Pirellone.
Ma il problema della credibilità dei candidati che affrontano le urne resta e sarà oggetto di riunioni nei prossimi giorni.
Il centrosinistra, del resto, ha l’esigenza di marcare una differenza dal centrodestra caduto su creme di bellezza, cene da migliaia di euro e cartucce da caccia rimborsate come attività di rappresentanza.
Ma al momento le poche informazioni non lo consentono e a prevalere è l’imbarazzo.
Lo stesso Pippo Civati, rottamatore della prima ora e candidato alla Camera, ha ricevuto un avviso a comparire e a caldo pone il problema: “Ho ricevuto un avviso a comparire per 3.100 euro di rimborsi in cinque anni che sono perlopiù spese si viaggio, treni, taxi.
Nessun regalo o spesa che non sia riconducibile all’attività di consigliere.
Ma certo non nascondo l’imbarazzo, stiamo valutando anche un’ipotesi di sospensione temporanea della campagna elettorale, ma è una posizione che il gruppo prenderà collegialmente, anche perché le informazioni sul chi e il perché stanno arrivando in queste ore alla spicciolata.
Molto dipende poi da cosa contestano i magistrati”.
Il capogruppo Pd, Luca Gaffuri, congela però questa ipotesi all’istante e rimarca: “La linea ufficiale è quella di Ambrosoli, la settimana prossima incontreremo i magistrati per spiegare”.
In cinque anni ha speso 14mila euro ma, come chiarito dall’interessato, non c’è spazio per grandi banchetti: 3.400 euro di spese telefoniche, 3210 di giornali, 4077 in ristoranti, 2.982 in rimborsi chilometrici e 621 in biglietti ferroviari.
Franco Mirabelli, candidato al Senato, riferisce di aver ricevuto contestazioni per circa 6mila euro.
“Si tratta di una decina di pranzi di rappresentanza.
Sono molto tranquillo, andrò dalla magistratura e spiegherò”.
Anche sul fronte Idv c’è un mix di stupore e fermezza.
“Quello della magistratura – spiega il capogruppo Stefano Zamponi, candidato alle regionali – è un atto dovuto e doveroso.
Avete presente quando uno guida e incappa nel posto di blocco?
Esibisci patente e libretto e aspetti che la conclusione degli accertamenti”.
Ma un avviso di garanzia è una patente di impresentabilità?
“Secondo me no, nel senso che i magistrati dovranno accertare la fondatezza delle spese sostenute e in caso contrario dovranno dimostrare l’elemento del dolo che caratterizza il reato di peculato.
Il tutto avendo però a riferimento una legge del 1975 che forse ha maglie troppo larghe, ma la legge si può migliorare precisando con rigore cosa è una spesa di rappresentanza e cosa no”.
Sul fronte Sel interviene il capogruppo Chiara Cremonesi.
Tra le contestazioni spese per colazione, rifornimenti di benzina, manifesti e un master da 59 euro dal titolo “vincere le elezioni”.
“Ci è stato contestato – recita una nota del gruppo – sostanzialmente l’intero bilancio del gruppo consiliare, dagli abbonamenti al Corriere della Sera, la Repubblica e Radio Popolare al materiale di consumo quali carta, penne e cartucce per stampanti e fino ai rimborsi per vitto o trasporti ai nostri collaboratori volontari.
Nella consapevolezza di aver agito nel pieno rispetto dell’etica pubblica e della buona gestione dei rapporti di lavoro con i nostri collaboratori rendiamo sin da ora disponibili le nostre dimissioni in caso venisse dimostrato il contrario”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01 ... sa/484719/
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2) 31 gennaio 2013
La Stampa 31.1.13
A Siena è associazione a delinquere
Mussari e altri manager indagati anche per questo reato
Il titolo ancora a capofitto in Borsa: -9,4%
di Guido Ruotolo
Associazione a delinquere.
C’è anche questo reato - dopo la truffa, l’aggiotaggio, l’ostacolo agli organi di vigilanza e la turbativa - nell’inchiesta della procura di Siena sul Monte dei Paschi di Siena.
Viene contestato all’ex presidente di Mps Giuseppe Mussari, all’ex direttore generale Antonio Vigni, a Gianluca Baldassarri, ex responsabile dell’area finanza, e al suo vice Alessandro Toccafondi.
Ma nell’associazione sarebbero coinvolti anche altri funzionari e dirigenti dell’Area Finanza.
Una vera e propria «metastasi» della banca senese, che il nuovo gruppo dirigente ha cercato di sanare rinnovando il suo management -150 nuove nomine -, e che è al centro della inchiesta dei pm Aldo Natalini, Antonino Mastasi e Giuseppe Grosso.
Associazione a delinquere, dunque.
Con le indagini che vanno avanti, si delinea sempre di più lo scenario di un gruppo di dirigenti e funzionari che ha portato avanti operazioni spericolate, illegali, violando le leggi.
E sicuramente nel caso di Gianluca Baldassarri e dell’ex responsabile di Mps Londra Matteo Pontone, anche protagonisti di tangenti.
Un testimone ha verbalizzato che i due erano conosciuti «come la banda del 5%, perché su ogni operazione prendevano tale percentuale... ».
Questo clan dei colletti bianchi, secondo le ipotesi investigative, pianificava manovre spericolate, rastrellando le risorse della Banca e una volta che queste manovre si trasformavano in boomerang, le tenevano nascoste agli organi di governo e di controllo della Banca, e alla vigilanza.
E cercavano di coprire le voragini che si creavano con tentativi, a loro volta falliti, di acquisizioni di titoli tossici.
Il clima in procura è nervoso.
L’altro giorno il procuratore capo Tito Salerno era sbottato con una affermazione improvvida, carburante per incendiare ancora di più la Santabarbara: «E’ un’inchiesta esplosiva e incandescente».
Era del tutto prevedibile che la reazione della Borsa non si sarebbe fatta attendere e ieri mattina, infatti, il titolo Mps ha perso il 9,4%.
E questo nonostante le rassicurazioni del governo, del ministro dell’Economia Vittorio Grilli, intervenuto in Parlamento, e dello stesso presidente di Mps, Alessandro Profumo, che avevano confermato il prestito dello Stato di tre miliardi e novecento milioni di euro, dando così una prospettiva di tenuta all’istituto senese.
A Borsa chiusa, ieri alle 17,30, lo stesso procuratore Salerno, sollecitato dal procuratore generale ed, evidentemente, anche da indicazioni «esterne» (le notizie del crollo in Borsa del titolo, innanzitutto), ha dettato un breve comunicato.
Per precisare che «il contesto investigativo è sensibile e complesso esclusivamente rispetto al ruolo svolto nei fatti oggetto di indagine dal precedente management».
Dunque, la procura, gli inquirenti, hanno sentito il bisogno di far sapere che indagano esclusivamente sul passato, sul vecchio gruppo dirigente, per l’acquisizione di Antonveneta e per i titoli tossici Santorini ed Alexandria.
Sperando che le fibrillazioni e le speculazioni di mercato si stabilizzino e avvertendo tutto il peso di decisioni che potrebbero avere ricadute sociali drammatiche.
Una precisazione che è arrivata poco dopo che alcune indiscrezioni messe in rete avevano confermato che nella inchiesta senese è indagato lo stesso Mps, per la responsabilità amministrativa dei reati commessi o tentati dai suoi amministratori o dipendenti.
Ed è iscritto sul registro degli indagati «il legale rappresentante» di Mps Alessandro Profumo.
In una pausa della giornata, gli inquirenti, conversando con i giornalisti, hanno tenuto a precisare che fino adesso nei confronti di Bankitalia e Consob - a differenza dei loro colleghi di Trani - non hanno trovato nessun comportamento, nessun atto da censurare o che meriti un approfondimento.
Al di là delle battute, colpisce che in questa delicatissima inchiesta la sintonia tra gli inquirenti, il nuovo gruppo dirigente di Mps e gli organi di vigilanza sia molto forte.
E che gli investigatori della Guardia di finanza del generale Giuseppe Bottillo, e i pm senesi abbiano le idee molto chiare sulle responsabilità e i fatti oggetto dell’inchiesta.
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3) 31 gennaio 2013
Corriere 31.1.13
In dieci anni l’ex presidente dell’Associazione bancaria italiana ha versato al Pd 683 mila euro
I contributi dei banchieri ai partiti
Da Mussari a Palenzona, da Verdini a Mancini: ecco le sottoscrizioni private
di Sergio Rizzo
ROMA — Mai e poi mai si potrà rimproverare a Giuseppe Mussari di non essere stato generoso con il suo partito.
In dieci anni ha versato nelle casse del Pd di Siena e della locale federazione Ds la bellezza di 683.500 euro.
L'ultimo assegno da 99 mila euro quando era già presidente dell'Abi.
Lui solo conosce il reale significato di quei legittimi finanziamenti.
Noi sappiamo solo che nessun altro banchiere, in Italia, è stato tanto pubblicamente prodigo verso un partito quanto lui.
E quanto altri amministratori della banca e della fondazione senesi.
Sono almeno una ventina i dirigenti e i manager del Monte che per anni, regolarmente, hanno finanziato la politica.
Soprattutto il Pd e i Ds di Siena, che hanno incassato in una decina d'anni un milione e mezzo di euro grazie ai contributi liberali di costoro.
Nell'elenco c'è anche, con 125 mila euro versati fra il 2010 e il 2011, il presidente della Banca Antonveneta Ernesto Rabizzi.
Insieme al presidente della Sansedoni, l'immobiliare della Fondazione, Luca Bonechi, al consigliere della stessa Fondazione Paolo Fabbrini, agli ex consiglieri della Banca Toscana Moreno Periccioli e Alessandro Piazzi, ai revisori Giovacchino Rossi e Marcello Venturini, ai consiglieri Fabio Borghi e Saverio Carpinelli, all'ex vicepresidente della Banca Toscana Aldighiero Fini...
Senza contare i tanti ex politici cui la banca ha offerto una comoda ricollocazione. Con loro, stima Libero, si arriva a un paio di milioni.
Sbaglierebbe, tuttavia, chi pensasse che i soldi degli amministratori del Monte abbiano preso una sola direzione.
Come si capisce dai 10 mila euro offerti nel 2004 dal presidente della fondazione Gabriello Mancini alla Margherita.
Partito finanziato (6.750 euro) pure dal suo referente, il presidente del consiglio regionale toscano Alberto Monaci, il quale aveva già dato 14 milioni di lire nel 2000 al Partito popolare.
Ma gli eredi senesi della Dc, allora, potevano contare anche su contributi per 60 milioni da parte di Giuseppe Catturi, consigliere di molte società del gruppo come la Banca 121 che il Monte aveva acquistato a caro prezzo dalle famiglie salentine Gorgoni e Semeraro.
E proprio Lorenzo Gorgoni, al quale venne riservato un posto nel consiglio del Monte, finanziò nel 2005, con 25 mila euro più altrettanti di sua sorella Antonia, la campagna elettorale del forzista Raffaele Fitto in Puglia.
Del resto, l'aveva soccorso già nel 1999, prima ancora di vendere ai toscani la propria banca, con una ventina di milioni.
Perché se il Monte è certo un caso limite, la commistione fra banchieri e politica non è fatto raro né recente.
Basta dire che per anni il coordinatore del Pdl Denis Verdini è stato contemporaneamente deputato e presidente del Credito cooperativo fiorentino, nonostante il divieto sancito da una legge del 1953.
E questo in virtù della deroga, comprensibile per l'epoca ma assurda oggi, che quella legge concedeva agli incarichi nelle coop.
Deputato e banchiere, finanziava pure il suo partito.
In due anni, 74 mila euro.
Ma non è forse un banchiere anche Silvio Berlusconi, azionista di Mediolanum, nonché principale finanziatore di Forza Italia e del Pdl?
Una briciolina ce l'ha messa nel 2005 anche il suo socio di banca, Ennio Doris. Diecimila euro.
La banca, altri, se la sono invece fatta addirittura mentre erano in Parlamento.
Ricordate la leghista Credieuronord, finita in un crac imbarazzante?
Era amministrata da un consiglio in cui figuravano non pochi onorevoli: da Stefano Stefani al presidente della commissione Bilancio Giancarlo Giorgetti, al sottosegretario all'Interno (!) Maurizio Balocchi.
Impossibile poi, per la serie dei banchieri-politici in carica, non ricordare Fabrizio Palenzona, al tempo stesso presidente della Provincia di Alessandria e consigliere di Mediobanca grazie alla vicepresidenza di Unicredit ottenuta per conto della Fondazione CrT: dove si era praticamente autonominato come rappresentante della sua Provincia.
Fra il 2004 e il 2005 Palenzona ha dato alla Margherita 34 mila euro.
Poco più di 18 mila ne ha invece versati a quel partito il vicepresidente della Fondazione CrT, Agostino Gatti.
Il presidente della Fondazione Cassa di Bologna, Filippo Sassoli de' Bianchi, aveva invece preferito nel 2001 dare 25 milioni di lire a Berlusconi.
Mentre il presidente della Bnl Luigi Abete, ritenuto vicino prima al Ppi e quindi alla Margherita, nel 1999 figurò fra i finanziatori dell'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Con 49 milioni di vecchie lire.