Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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«Gli italiani stessi forse non se ne rendono conto, .........ma il loro è un Paese chiave per tutto l’Occidente – per certi versi ne definisce l’anima -.......... e il collasso visibilmente in corso è una tragedia che pagheremo tutti, ...............nei decenni e forse nei secoli» Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, opinionista de La Stampa


Sotto le macerie – 110
Cronaca di un affondamento - 60
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc – 38


Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 14



.............e a dispetto di Monti che aveva assicurato l’ingresso sicuro dei colossi stranieri dopo la riforma del mercato del lavoro.

Massimo Giannini



Quanti sono gli italiani che si ricordano questa giustificazione di Monti e del partito che si dichiarato fedele fino all'ultimo dopo aver trombato gli italiani,.........adesso a meno di 20 giorni dal voto?
camillobenso
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«Gli italiani stessi forse non se ne rendono conto, .........ma il loro è un Paese chiave per tutto l’Occidente – per certi versi ne definisce l’anima -.......... e il collasso visibilmente in corso è una tragedia che pagheremo tutti, ...............nei decenni e forse nei secoli» Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, opinionista de La Stampa


Sotto le macerie – 111
Cronaca di un affondamento - 61
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc – 39
Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 15

Predatori e predati - 1



Wikipedia della categoria dei predatori fornisce questa definizione:

I predatori [modifica]

Quando la predazione ha successo, essa porta un guadagno energetico. Tuttavia la caccia riduce inevitabilmente le risorse energetiche del predatore, ed è per questo che solitamente i predatori decidono di non attaccare, fintanto che i costi in termini energetici supererebbero i benefici.

La caccia di gruppo permette ai predatori quali leoni, iene, lupi e piranha, di nutrirsi in maniera efficace, riducendo le energie dissipate durante la caccia.

Un altro tipo di selezione predatoria è quella che porta i predatori a cacciare preferibilmente prede di una certa taglia, escludendo le altre.

Le prede troppo grandi sarebbero troppo difficili da catturare, quelle troppo piccole non garantirebbero il giusto apporto energetico.

Questa forma di predazione è strettamente correlata con la taglia del predatore e delle sue possibili prede.

In questo modo gli elefanti adulti saranno evitati dai leoni, sebbene i piccoli rappresentino una preda vulnerabile.

Si è inoltre potuto vedere che, spesso, alcuni animali domestici in cattività possono effettuare una distinzione tra gli animali che coabitano nella stessa area umana rispetto ad animali selvatici che sono fuori dalla loro area, e che possono essere considerati prede.

Questo può portare ad una sorta di convivenza pacifica tra due specie normalmente legate dal rapporto predatore-preda. Questo genere di comportamento tende a spiegarsi attraverso una serie di vantaggi reciproci, o per la paura della reazione dei padroni.



Nella rete qualcuno si è chiesto se anche noi umani siamo dei predatori, e le riposte sono state queste:

1) Agli inizi eravamo delle prede, poi piano piano siamo diventati i più agguerriti predatori, ma non perchè abbiamo artigli, denti o forza fisica, ma solamente perchè abbiamo un cervello superiore agli altri animali, anche un sistema di mantenimento del calore interno, siamo nella media superiori fisicamente a tutti gli altri animali, e purtroppo i miglioramenti nella guerra e nell'agressività, sono principalmente dovuti all'aggressività intraspecifica, cioè aggressività diretta ad altri umani, e giù guerre, guerre e guerre fra umani fin dall'inizio della storia umana.

Fino a quando c'era un solo capo prescimmia tutto andava bene, c'era rispetto per il capo, e tutti erano uniti nella sopravvivenza, le cose sono andate a peggiorare quando le famiglie si sono unite per diventare più forti dei vicini e fare dei vicini degli schiavi, perchè l'odio intraspecifico è stato sempre diretto verso i vicini di casa.

Poi sono arrivati i grandi imperi che hanno quasi giustificato la guerra contro gli invasori, che spesse volte erano portatori di civiltà e democrazia, e tutti che si ammazzavano mettendo anche dio nel mezzo, e sono arrivate le crociate con cristiani contro musulmani.

Poi sono arrivate anche le guerre mondiali ed ancora morti, morti e morti, ma dopo poco tempo dimenticavano gli eccidi, e ricominciava la carneficina, tutti contro tutti.

Faccio il comandante sulle navi mercantili, e l'anno scorso il comandante che dovevo rilevare è stato ucciso con il collo tagliato da un'altro italiano che lavorava in macchina, erano 2 italiani ed il resto extracomunitari, dopo è rimasto un solo italiano.

Al prossimo imbarco voglio la pistola e traccio un striscia gialla davanti alla scrivania,come alle poste, e se qualcuno la oltrepassa senza e se senza ma, gli faccio saltare le cervella, poi per non avere problemi, lo butto in mare dall'oblò, speriamo solo che sia magro; la posizione frontale degli occhi non è per se stessa una caratteristica di predatore, è il risultato dell'evoluzione, ma ricordati i pescecani che hanno gli occhi laterali ma è la specie più assassina che si conosca.

2) Non solo,l'uomo è il predatore più pericoloso tra tutti.

3) E certo, non te ne eri accorta??? Predatori ed anche prede di altri uomini!

4) Yes! Predatori onnivori.

5) si della peggior specie, il più b@stardo e crudele, che preda per diletto e non per necessità!!!


Sembra quindi che ci sia la consapevolezza che non solo leoni, iene, lupi e piranha, fanno parte della specie umana dei predatori, ma anche l’uomo, l’animale dotato di maggiore intelligenza, è stato definito da una ragazza :

“Si della peggior specie, il più b@stardo e crudele, che preda per diletto e non per necessità!!!”


Continua in :
Predatori e predati - 2
camillobenso
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Sotto le macerie – 112
Cronaca di un affondamento - 62
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc – 40
Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 16

Il Vanna Marchi Show - 4

La sai l’ultima del duca conte?
http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-conte ... jpg?47e3a5


Corriere 9.2.13

D'Alema: così il mondo torna a essere «rosso»

MILANO — «Oggi il mondo torna a essere rosso». Lo ha detto ieri il deputato del Pd, Massimo D'Alema, in un videoforum a La Stampa: «Intanto — ha spiegato — c'è Obama.

E poi c'è il Brasile, che è governato a sinistra. È la vecchia Europa, quella in cui i conservatori sono ancora forti. Ma noi cercheremo di renderli meno forti». Ha poi ammesso: «Questa campagna elettorale l'abbiamo cominciata con il piede sbagliato. Il centrosinistra è partito con l'idea che avevamo già vinto e invece le campagne elettorali vanno combattute, sono una grande occasione per andare al dialogo con i cittadini, si imparano tante cose».

***

Parecchi anni fa, ho partecipato come spettatore ad un comizio intervista (addomesticata) di D'Alema.

Dopo un mezzora in cui la stella di primordine del DS ha pronunciato un mucchio di parole prive di senso politico me ne sono andato schifato.

Da quella volta non ho + votato DS anche perchè nel mio collegio avevano messo esponenti della Margherita in testa alla lista. Era troppo per me.

Joblack

*

Chi vota colomba si scava la tomba
camillobenso
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Sotto le macerie – 113
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Predatori e predati - 2


Non era giornata questa per pubblicare la solita notizia su sprecopoli e mazzettopoli:

Città della Salute, l'ultimo regalo
di Formigoni a banchieri e costruttori
A fine legislatura è arrivato il via libera al mega ospedale da 450 milioni che sorgerà nell'ex area Falk
Occuperà metà del parco promesso ai cittadini di Sesto. Coop rosse, Cl e Intesa Sanpaolo ringraziano

Dopo che ieri si era diffusa la notizia della possibile chiusura del Peter Pan di Roma.


Sabato, 09 Febbraio 2013 15:22
Peter Pan. Si sfratta chi assiste i bambini malati di cancro. L'Italia della vergogna

ROMA - Lo sfratto che l'ente dell'Irai ha intimato all'associazione Peter Pan si può tradurre solo in una parola: vergogna.

Sì perchè questa realtà che opera da anni sul territorio italiano non è una multinazionale dedita alla speculazione senza scrupoli, bensì una associazione che si occupa di bambini. Piccoli esseri indifesi e per di più segnati da malattie come il cancro o il tumore.
Ma vediamo i fatti. L'associazione Peter Pan in cui operano circa 190 persone, si trova dal 1997 in una struttura in Via San Francesco di Sales. L'edificio, proprietà dell'ente assistenziale, IRAI, Istituti Raggruppati Assistenza Infanzia, dipendente dalla Regione Lazio, era abbandonato da 10 anni quando entrò l'associazione e ci volle oltre mezzo miliardo di vecchie lire per ristrutturarlo. Soldi che entrarono grazie alle donazioni di tutte quelle persone sensibili nei confronti dei problemi altrui.
Il contratto, pari a 6 mila euro che Peter Pan sborsava ogni mese, è scaduto un anno fa e così l'ente ha pensato bene di chiedere un adeguamento agli attuali canoni di mercato, ovvero tra i 25 e i 30 mila euro mensili. Un fatto che già di per sè fa inorridire. E, visto che ci troviamo in piena crisi economica, bisognerebbe soprattutto chiederci cosa significa "adeguamento" in un Paese dove per ora l'unica crescita che si registra è quella della disoccupazione e delle imprese che chiudono i battenti.
Il direttore generale Gian Paolo Montini risponde alle pretese dell'Irai, facendo sapere che la cifra è fuori la loro portata. Ma l'ente, chissà per quale caso si fa chiamare anche assistenziale, non vuole sentir ragione e manda una missiva nella quale intima gli attuali inquilini di lasciare il palazzo entro dieci giorni. Un episodio che parla da solo.
Evidentemente l'Irai ignora volutamente che questa associazione ospita un massimo di dodici nuclei familiari che giungono da ogni parte dell'Italia e offre assistenza continua ai piccoli bambini costretti a seguire le terapie ospedaliere. "Dovranno passare sui nostri corpi" - ha tuonato la presidente Giovanna Leo. "Non hanno idea di cosa significhi avere un bambino malato di tumore".
Nel frattempo qualcosa forse si sta muovendo, anche se è troppo presto per cantare vittoria. Lunedì prossimo al Dipartimento Programmazione Economica e Sociale della Regione Lazio si terrà un incontro proprio sulla associazione Peter Pan onlus di Roma. "Sicuramente ci presenteremo a quest'incontro tra l'ente Irai e la direzione Regionale Politiche Sociali e della Famiglia confidando si individui subito una soluzione che porti a destinare l'immobile definitivamente a Peter Pan onlus per l'accoglienza dei bambini malati dicancro con le relative famiglie senza alcuna logica di profitto, ma anzi di bene comune", ha detto Montini.
Il presidente dell'Irai, Roberto Crescenzi ha detto che si è trattato solo di un atto dovuto per gli obblighi imposti dalle norme sulla spending review. Tuttavia l'unico auspicio è che fatti come questo non si ripetano più. Mai più.


***

Da una parte si chiude cerca di sprecare soldi:

Città della salute, l’ultimo regalo di Formigoni a banche e costruttori
Il sì definitivo è arrivato in fretta e furia in autunno, prima della fine anticipata della legislatura, mentre il progetto è stato presentato in pompa magna sotto Natale. Il mega ospedale costerà 450 milioni di euro e si mangerà 205 metri del parco promesso ai cittadini di Sesto San Giovanni
di Luigi Franco | 9 febbraio 2013


Costruttori vicini a Comunione e liberazione e cooperative rosse. Ma sopratutto le banche, con Intesa Sanpaolo in prima fila. Sono i beneficiari di uno degli ultimi provvedimenti di Roberto Formigoni. Un colpo di coda che per l’istituto che per anni è stato nelle mani di Corrado Passera vale almeno 300 milioni di euro. Il regalo si nasconde dietro alla Città della salute, il mega ospedale che verrà costruito sull’ex area Falck di Sesto San Giovanni. La struttura riunirà due istituti pubblici di ricerca e cura, il neurologico Besta e l’Istituto nazionale dei tumori, in un progetto che mette la sanità lombarda al servizio di banche e mattone.
Nel 2011 sull’area di Sesto, la stessa al centro dell’inchiesta sull’ex campione del Pd Filippo Penati, è stato approvato un piano di intervento faraonico, che prevede un milione di metri quadrati di nuovi edifici, tra residenze, alberghi, uffici, servizi e un grande centro commerciale. Una nuova città da 20mila abitanti dentro a quello che è già uno dei comuni più densamente abitati d’Italia e che “con il nuovo insediamento salirà al quarto posto dopo tre comuni della cintura vesuviana”, accusa Orazio La Corte, ex consigliere comunale di Sesto San Giovanni e membro del direttivo lombardo di Legambiente. Valore di mercato stimato: 4 miliardi di euro. Ma il rischio è grosso: nei tempi di magra del settore immobiliare gran parte di quel cemento potrebbe rimanere invenduto. E allora il nuovo ospedale è l’elemento che mancava, il volano per tutta l’operazione: perché i suoi 660 posti letto si portano dietro il fabbisogno di alloggi per il personale e l’offerta di spazi ricettivi per i parenti dei pazienti.
E fa niente se tra gli addetti alla sanità qualcuno considera insensata la costruzione di un ospedale che costa 450 milioni. O se la nuova struttura si mangerà ben 205 metri quadri di quel parco da 450 che il piano originario aveva già promesso ai cittadini per il riequilibrio delle zone verdi di Sesto. Non sono certo un po’ di alberi in meno a preoccupare la Sesto Immobiliare di Davide Bizzi, la società che nel 2010 ha rilevato l’area dall’indebitatissima Risanamento che fu di Luigi Zunino. Fanno parte della cordata guidata da Bizzi anche le cooperative rosse del Ccc, il Consorzio cooperative costruzioni di Bologna finito nelle carte di un’indagine della procura di Monza parallela a quella su Penati. Loro non si fanno toccare da questioni di verde o di efficienza sanitaria. E nemmeno le banche, che così avranno ottime probabilità di recuperare parte di vecchi crediti rimasti bloccati per anni. Intesa, Unicredit e Popolare di Milano, infatti, negli anni d’oro avevano finanziato Zunino a piene mani, salvo poi diventare azioniste di Risanamento per evitarne il fallimento. E’ stato quindi sotto la loro regia che si è conclusa la vendita a Bizzi dell’area, operazione che vide le banche investire complessivamente più di mezzo miliardo contro i 16,6 milioni di Bizzi e prendersi in pegno tutte le azioni della Sesto Immobiliare a fronte di crediti che a fine 2011 superavano i 400 milioni (oltre 300 quelli in capo a Intesa) senza contare i prestiti diretti ai soci di Sesto. Unico l’obiettivo: che il progetto vada in porto, le case si vendano e i crediti divengano solvibili.
Allora ben venga “l’ospedale modello”, come lo definisce l’archistar che firmerà il progetto, Renzo Piano, mentre nei piani alti di Palazzo Lombardia lo slogan recita: “Prende forma la sanità del futuro”. Un futuro fondato su un binomio piuttosto vecchio, quello di mattone e finanza, che fa felice anche la giunta di centrosinistra alla guida di Sesto San Giovanni che si è aggiudicata il progetto dopo un derby con il Comune di Milano. Il sì definitivo è arrivato in fretta e furia in autunno, prima della fine anticipata della legislatura, mentre il progetto è stato presentato in pompa magna sotto Natale. Un’accelerazione del processo burocratico che come effetto collaterale, tra l’altro, potrebbe evitare indagini della Corte dei Conti sui 3,2 milioni già spesi per la Città della Salute, quando ancora si pensava di farla nella zona di Vialba, a nord di Milano.
Il derby tra Sesto e Milano – Il progetto della Città della salute parte da lontano. Se ne fa carico lo stesso Formigoni, che nell’aprile 2009 arriva alla firma di un accordo di programma per realizzare una struttura che dovrebbe riunire il Besta, l’Istituto dei tumori e il Sacco. Viene costituito, sotto la guida di Luigi Roth, un consorzio che riunisce i tre enti e che avvia uno studio di fattibilità. Il nuovo ospedale dovrebbe sorgere accanto al Sacco, nella zona di Vialba. A favore del consorzio viene impegnata sul bilancio regionale del 2010 una somma di 28 milioni di euro, con due decreti del direttore generale della Sanità Carlo Lucchina. Ma a fine 2011 il progetto salta per problemi di tipo logistico e per la presenza di un corso d’acqua, che sino a quel momento nessuno ha preso in considerazione. Il consorzio viene sciolto, ma intanto sono già stati bruciati almeno 3,2 milioni di euro. Serve un nuovo spazio e Giorgio Oldrini, il sindaco del Pd successore di Penati a Sesto San Giovanni, candida l’ex area Falck. Si fa avanti anche Giuliano Pisapia, che per mantenere le strutture sanitarie sul territorio milanese propone l’area della caserma Perrucchetti. Ma il Celeste sin da subito sembra non voler concedere a Palazzo Marino il tempo necessario per arrivare a un accordo con il ministero della Difesa, proprietario della Perrucchetti. Così a fine maggio 2012 Milano esce di scena e lo studio di fattibilità pensato per Vialba viene preso per buono anche per l’area di Sesto. Un esito scontato, dopo un balletto di scadenze, rinvii sulla decisione e divergenze tra il Pd milanese che sostiene Pisapia e i democratici di Sesto San Giovanni e consiglio regionale, favorevoli all’operazione sull’ex area Falck.
Interessi ‘rossi’ (e non solo) – La decisione della giunta formigoniana, infatti, piace anche ai consiglieri regionali del Pd. Del resto sull’area di Sesto sono forti gli interessi delle cooperative rosse del Ccc, già in prima fila per aggiudicarsi i lavori di bonifica, i cui costi sono a carico della Sesto Immobiliare. Il progetto della bonifica è stato firmato dallo studio di Claudio Tedesi, ingegnere vicino al ras della sanità pavese Giancarlo Abelli. Tedesi ha già lavorato con il defunto Giuseppe Grossi a progetti controversi, come quello del quartiere Santa Giulia anch’esso della galassia che fu di Zunino e finito al centro di un’inchiesta della Procura di Milano per lavori di bonifica mai eseguiti. Nella partita giocherà da protagonista anche la Compagnia delle opere, il braccio economico di Cl che, oltre a Formigoni, in Lombardia ha tra i suoi maggiori esponenti politici Maurizio Lupi, vicino a Bizzi.
I costi di un progetto “monco” – L’unione di Besta e Istituto dei tumori, però, non piace a tutti. Il progetto è troppo costoso e, dopo l’esclusione del Sacco, è diventato pure monco, sostieneAlberto Maspero, ex direttore medico del Besta: “Manca un ospedale generalista con la possibilità di avere un pronto soccorso e reparti adatti a gestire patologie concomitanti che possono colpire un malato neurologico”. Paolo Crosignani, primario dell’unità Registro tumori ed Epidemiologia ambientale dell’Istituto dei timori, non vede alcuna sinergia tra il suo ospedale e il Besta: “Che hanno in comune oncologia e neurologia? L’una cerca di distruggere cellule tumorali, l’altra di fare sopravvivere cellule deteriorate. Forse in comune ci sono solo la caldaia e la farmacia”. Ma il progetto si farà. In Regione sono tutti d’accordo: il Besta deve traslocare dalla propria sede, ormai troppo obsoleta, e la Città della salute consentirà di integrare ricerca e nuovi strumenti di cura. Dei 450 milioni che verranno spesi, il Pirellone ne mette 330, lo Stato 40, gli altri 80 dovrebbero arrivare dai privati. Il finanziamento regionale, però, non è a fondo perduto, ma proviene da un fondo di rotazione, cioè un prestito che nei prossimi anni peserà sui due istituti pubblici come un debito. “Avremo meno risorse per comprare tecnologie, strumentazioni, per assumere un buon chirurgo e investire nel personale”, aggiunge Crosignani. Il tutto a scapito dell’offerta sanitaria, visto che le risorse vengono investite in un intervento di edilizia.
La Salute con il cemento attorno – Il super ospedale sorgerà al centro di una nuova città con 607mila metri quadri di nuovi alloggi. A cui si aggiungono 100mila metri quadri di centro commerciale e negozi, 147mila di terziario, 27mila di strutture ricettive, 81mila di strutture produttive e 49mila di servizi. Oltre a 60mila metri quadri di edilizia sociale, benedetta dall’ex assessore regionale alla Casa Domenico Zambetti appena qualche mese prima di finire in carcere con l’accusa di aver comprato voti dalla ‘ndrangheta. Il suo arresto ha dato il colpo di grazia alla giunta, ultima mazzata dopo gli scandali della sanità lombarda. E, ora, proprio alla sanità è dedicata la riga più importante del testamento di Formigoni. Prossimo passo, la pubblicazione ad aprile del bando di gara per i lavori dell’ospedale. Fine prevista nel 2017, collaudo e trasloco nel 2018. Celeste eredità.
twitter: @gigi_gno
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Indicatori economici sotto le macerie -7

I consumi



7-2) ----9 febbraio 2013

CRONACHE
09/02/2013

Turismo, il 2013 è tutto in salita
“Mai un inizio anno così negativo”

La denuncia di Federalberghi: “Crollano le presenze di italiani
e stranieri, servono misure urgenti”

Occupati in caduta libera: -5,4%

È gelo sul comparto turistico italiano, e non solo in senso meteorologico: il gennaio 2013 ha registrato un 9,6% di turisti italiani in meno rispetto allo stesso mese del 2012, l’uno per cento in meno di stranieri e un dato in picchiata (-5,4%) per i lavoratori occupati. «Mai si era registrato un inizio d’anno così negativo», dice il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, presentando i dati. E invocando alla politica interventi di sostegno e un ministero del Turismo con portafoglio in grado di finanziarli.
«Il 2013, turisticamente parlando, parte in modo estremamente preoccupante - insiste Bocca -. Al crollo delle presenze alberghiere registrate dagli italiani, rispetto al gennaio 2012, pari ad un -9,6%, che rispecchia chiaramente la crisi dei consumi delle famiglie, si assomma una lieve flessione delle presenze alberghiere degli stranieri pari all’1,1%’’.

E anche «sul fronte dei nostri collaboratori - prosegue il presidente di Federalberghi - si evidenzia un dato in caduta libera del -5,4% a gennaio (rispetto al gennaio 2012), con una flessione del 4,5% per i lavoratori a tempo indeterminato ed una debàcle del -7% per i lavoratori a tempo determinato”.


«Mai si era registrato un inizio d’anno così negativo, - enfatizza Bocca - che impone subito a tutte le forze politiche in corsa per le imminenti elezioni una seria riflessione e l’indicazione, in maniera più puntuale nei reciproci programmi, di quali misure andranno ad adottare una volta dovessero essere chiamate alla guida del Paese».


«Da parte nostra - conclude il presidente degli albergatori italiani- riteniamo che le priorità riguardino il varo di iniziative promozionali per garantire maggiori flussi turistici, corsie preferenziali di credito per assicurare quella liquidità indispensabile allo svolgimento dell’attività imprenditoriale e misure specifiche sul mercato del lavoro. Il tutto sotto il coordinamento di un ministero del Turismo con portafogli».
Forte preoccupazione è stata espressa anche da Unionturismo, l’ associazione nazionale delle aziende e degli enti pubblici e privati di promozione e di accoglienza turistica, che oggi ha tenuto la propria assemblea nazionale a Trento. «È una vergogna. Siamo in piena campagna elettorale e a nessuno sembra interessare il settore», ha affermato il riconfermato presidente Gian Franco Fisanotti. «È un nodo vitale per l’economia italiana, unico dei pochi segmenti capace ancora di produrre occupazione e reddito, ma nessuno se ne occupa». A margine dell’ assemblea, ha condiviso la proposta di un ministero del Turismo con portafogli anche il segretario nazionale dell’ Associazione italiana Alberghi per la gioventù e consigliere vicario del Forum Nazionale dei Giovani con delega alla cultura e turismo, Carmelo Lentino. «È indispensabile ridare vita ad un Ministero del Turismo, con portafoglio, che possa effettuare realmente attività di coordinamento tra tutte le amministrazioni - ha detto - e, in particolare, tra le Regioni».

http://www.lastampa.it/2013/02/09/itali ... agina.html


*****

7-1) ----9 gennaio 2013

Consumi, Confcommercio: “Il 2012 è l’anno peggiore dal dopoguerra”
I dati diffusi dall'associazione dei commercianti sono impietosi: rispetto al 2011 i consumi sono calati del 2,9%. A ottobre, ultimo mese preso in considerazione dal rapporto, si è registrata un'ulteriore flessione (-0,1%). Secondo il rapporto "difficilmente la nostra economia potrà mostrare, nel breve periodo, segnali di miglioramento"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 9 gennaio 2013
Commenti (211)


Mai così male dal dopoguerra a oggi. E non si vedono segnali di miglioramento.

Il rapporto sui consumi stilato dalla Confcommercio è impietoso: i dati relativi al 2012 sono i peggiori da quando sono iniziate le rilevazioni.

L’indicatore dei consumi da gennaio a novembre ha fatto registrare una diminuzione del 2,9% rispetto allo stesso periodo del 2011 e una flessione dello 0,1% rispetto al mese precedente.



I dati, sottolinea l’associazione dei commercianti, “mostrano con una certa evidenza come il 2012 si avvii ad essere ricordato come l’anno più difficile per i consumi del secondo dopoguerra”.



La riduzione è, infatti, la più elevata registrata dall’inizio delle serie storiche.


“Il permanere di dinamiche congiunturali negative – prosegue il rapporto – continua a segnalare, unitamente agli altri indicatori congiunturali, come la crisi sia ancora ben presente all’interno del sistema economico.

Difficilmente la nostra economia, e i consumi in particolare, potranno cominciare a mostrare, nel breve periodo, segnali di un significativo miglioramento“.


Il clima di sfiducia creatosi in mesi di difficoltà economiche ha frenato, e continua a frenare, i consumi delle famiglie italiane.


Secondo la nota della Confcommercio, nonostante un moderato recupero a dicembre, gli italiani continuano “a percepire un peggioramento delle propria condizione economica”.


Cosa che, inevitabilmente, si riflette sulla capacità di spesa.

Non va meglio alle aziende: “Il sentiment delle imprese, che riflette in misura più marcata le reali condizioni del mercato, si è attestato, sempre a dicembre, sui livelli minimi degli ultimi anni”.


Il quadro non migliora se si analizza il mercato del lavoro.


A novembre gli occupati sono calati di 42mila unità rispetto ad ottobre e da giugno si sono persi 192mila posti di lavoro.


Secondo la Confcommercio, il numero di persone in cerca di occupazione è sceso di 2mila unità rispetto ad ottobre, ma è aumentato di 507mila unità nei confronti dello stesso mese del 2011.

“A dicembre – segnala il rapporto – sono state autorizzate il 15,3% di ore di cassa integrazione in più rispetto all’analogo mese del 2011, dato che ha portato ad un aumento del 12,3% nell’intero 2012″.

Anche in questo caso, la situazione non sembra poter migliorare nel breve periodo: “E’ presumibile che le difficoltà permangano anche nei primi mesi del 2013″, conclude la nota.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/01 ... ra/464860/



7) – 12 dicembre 2012

La scoperta del acqua calda


Natale e consumi, il Codacons:
«Mai così male da dieci anni»
Secondo l'associazione dei consumatori la spesa degli italiani per comprare regali si è ridotta del 20%. Cresce solo l'alimentare: più 5%

REGALI - «Chi sperava in una impennata delle vendite grazie agli acquisti dell'ultim'ora, è rimasto deluso - spiega l'associazione -. Le famiglie hanno fortemente tirato la cinghia, riducendo il numero di regali e la loro entità, e tagliando anche sulle spese per la casa, sempre più spesso riciclando gli addobbi degli scorsi anni

http://www.corriere.it/economia/12_dice ... 346e.shtml

***

E dire che c’è chi ha visto a luce in fondo al tunnel dopo essere sceso dal Monte Sinai.

Non sarà il caso che il Codacons, che assieme ai suoi associati crede a Babbo Natale e alla Befana, chieda qualche spiegazione al Professore e a chi voluto l'Imu al posto di altro?
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Vox populi
Città della salute, l’ultimo regalo di Formigoni a banche e costruttori


lorenzo fratti 1 minuto fa

siamo alla follia: due istituti specializzati a Città Studi sono due istituti a Sesto diventano miracolosamente una "città della salute". A Città Studi non lo erano. Mi piacerebbe chiedere a Formigoni come fanno a diventare una città della salute due istituti specializzati a diventare una città. Tra l'altro senza aver ben chiaro cosa diventeranno l'Istituto dei tumori e il Besta nati e radicati sul territorio a città studi. L'Istituto Tumori era una bella struttura, il Besta poteva essere ristutturato in loco. Attorno c'è spazio fin che se ne vuole e la zona è eccellente: vicino a Linate, vicino alla stazione di Lambrate (si sarebbe potuta fare una stazione "Venezian Trenord" a pochi METRI dall'istituto e renderli raggiungibili da mezza italia (sulla Milano-Venezia, Milano-Roma...)...ma quella niente ... una vera follia che non trova spiegazione se non per gli appetiti che suscita ogni grande appalto. Anche per follie inutili o dannose, compresa quella di Vialba che era in una zona del tutto infelice (a rischio esondazioni). Ma perchè non stavano bene lì????
Cordialità
Lorenzo Fratti
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*****

>Ma perchè non stavano bene lì????


E le maxi tangenti da dove vengono fuori?????

Luigi Franco, autore dell’articolo che cita:

Costruttori vicini a Comunione e liberazione e cooperative rosse. Ma sopratutto le banche, con Intesa Sanpaolo in prima fila. Sono i beneficiari di uno degli ultimi provvedimenti di Roberto Formigoni.

Dimentica la ‘ndrangheta
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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«Gli italiani stessi forse non se ne rendono conto, .........ma il loro è un Paese chiave per tutto l’Occidente – per certi versi ne definisce l’anima -.......... e il collasso visibilmente in corso è una tragedia che pagheremo tutti, ...............nei decenni e forse nei secoli» Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, opinionista de La Stampa


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“Io, bocconiano modello di giorno. Clochard di notte”

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/02/ ... te/220375/

Bocconiano modello di giorno. Costretto a vivere da clochard di notte.

Dari Tjupa, apolide di 31 anni e origini estoni, aveva una vita normale a Milano, tra le lezioni di Economia delle istituzioni e dei mercati finanziari all’università Bocconi e l’aiuto alla mamma nella sua attività di ricamatrice. Poi arriva la crisi: la madre rimane senza clienti, i padroni di casa danno lo sfratto. Il primo rifugio di Dari è l’aeroporto di Linate. “Ma dopo pochi giorni mi hanno cacciato anche da lì”, racconta. Così si rivolge alla Caritas Ambrosiana e viene ospitato nel centro di via Sammartini. Un luogo accogliente che gli consente di proseguire con gli esami, anche grazie all’esenzione dalle tasse universitarie concessa dalla Bocconi. Aiuti che permettono a Dari di tornare ai libri e iniziare a scrivere la tesi: “È sulle immigrazioni interne in Italia negli anni del miracolo economico, storie che ricordano la mia. La consegnerò settimana prossima e mi laureerò a marzo”. Ieri Dari ha raccontato la sua vicenda al presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, in visita al rifugio Caritas. Una vicenda resa ancora più difficile dalla sua condizione di apolide: Dari non ha alcuna nazionalità. “Per la legge estone – spiega – una donna non può
trasmettere la cittadinanza al figlio, se lui non è residente in Estonia”. Da 13 anni Dari chiede al governo italiano di certificare il suo stato di apolide, ma il documento non arriva: “Così non posso lavorare, sono ridotto a sperare nella carità privata. È la Caritas che mi ha salvato dalla disperazione”. Fra poche settimane la laurea: “Ho voglia di mettere a frutto quello che ho studiato. E contribuire, per quanto posso, alla ripresa dell’Italia”

di Luigi Franco


9 febbraio 2013
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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- UNO STRANO “IMPEDIMENTO TECNICO” HA OSTACOLATO LA CANCELLAZIONE DELLE CHIACCHIERATE TRA RE GIORGIO E MANCINO, AL PUNTO CHE A PALERMO SONO DOVUTI ARRIVARE TECNICI DA MILANO

- CIANCIMINO CONTRO LA DISTRUZIONE: “SO PER CERTO CHE IL CONTENUTO DI QUELLE TELEFONATE SAREBBE STATO UTILE PER STABILIRE IL MOTIVO DI TUTTO L’ACCANIMENTO MEDIATICO SCATENATO NEI MIEI CONFRONTI DA QUANDO HO FATTO IL NOME DI GIANNI DE GENNARO”…

Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza per Il Fatto


L'accesso al server "Pa1" della procura è più complicato del previsto: c'è un problema di password da risolvere e, per questo, lunedì sbarcheranno a Palermo i tecnici della società di Milano che gestisce l'impianto, con il compito di cancellare i files con la voce di Nicola Mancino a colloquio con il capo dello Stato. È l'ultimo atto di una decisione presa ieri con il deposito, da parte del gip di Palermo Riccardo Ricciardi, del decreto di distruzione delle intercettazioni che hanno provocato il più acceso conflitto tra poteri della storia repubblicana.

ALLA FINE ha vinto Giorgio Napolitano: le telefonate con la sua voce, intercettate sulle utenze di Mancino, nel periodo in cui l'ex ministro dell'Interno era protagonista di un frenetico pressing sul Quirinale per "sfilarsi" dall'inchiesta sulla trattativa, saranno eliminate definitivamente lunedì, e ieri il perito Fulvio Schimmenti ha già distrutto i cd audio che i pm avevano inviato al gip il 22 gennaio scorso.


Subito dopo Schimmenti ha raggiunto il server della procura, che si trova nell'aula bunker dell'Ucciardone, ma un impedimento tecnico ha ostacolato la cancellazione delle tracce "originali" di quelle chiacchierate tra Napolitano e Mancino, decisa per decreto affinché delle parole del capo dello Stato non rimanga alcun residuo, neppure nella memoria del grande archivio informatico dell'ufficio inquirente.

Il decreto del gip è di sei pagine, riassumono l'intera vicenda, mantenendosi rigidamente dentro i binari tracciati dalla Consulta: dopo avere ascoltato le telefonate, Ricciardi dà atto dell'assenza di ogni riferimento alla tutela della vita e della libertà personale o alla salvaguardia dell'integrità di istituzioni della Repubblica.

Poi, citando la sentenza della Consulta sul conflitto di attribuzione, visto che si tratta di conversazioni inutilizzabili a fini probatori, sostiene che "deve trovare applicazione" l'articolo 271 del codice di procedura penale, che però non prevede espressamente la fattispecie del capo dello Stato tra quelle prese in esame. Se la sfera della privacy di "Re Giorgio", adesso, è salva, non lo è il diritto costituzionale alla difesa.



DOPO che il gip ha respinto la richiesta dei legali di Massimo Ciancimino di ascoltare quelle telefonate, il figlio di don Vito ha scritto su Facebook: "So per certo che il contenuto di quelle telefonate sarebbe stato utile al mio processo, per potermi difendere dal reato di calunnia: per stabilire il motivo di tutto l'accanimento mediatico scatenato nei miei confronti da quando ho fatto il nome di Gianni De Gennaro".


Da oggi i suoi avvocati, Roberto D'Agostino e Francesca Russo, sono pronti a scatenare una nuova battaglia giuridica con una mossa già annunciata nei giorni scorsi: l'impugnazione, presso la Cassazione, dell'ordinanza che ha rigettato la loro istanza di ascolto delle telefonate. Un ricorso che, comunque, a partire da lunedì, potrebbe acquisire un valore esclusivamente "accademico": il decreto di distruzione del gip e l'incarico già attribuito al perito informatico (che tra due giorni cancellerà le telefonate), sembrano infatti escludere per sempre la possibilità di conoscere il contenuto di quelle intercettazioni.


Ricciardi, chiuso nella sua stanza, non parla. Dalle poche indiscrezioni filtrate, si sa che il magistrato si è consultato con il presidente dei gip, Cesare Vincenti, e pare che alla fine sia arrivato a una decisione condivisa con il suo capo. La riflessione che avrebbe condotto Ricciardi a decretare la distruzione delle telefonate sarebbe stata improntata al pragmatismo, oltre che al rispetto per la Consulta.


IL GIP ha considerato che a poco sarebbe valso ricorrere ancora al parere dei giudici costituzionali, dal momento che la Corte decide sempre in unica composizione, e che non avrebbe mai contraddetto se stessa. Con un vulnus giuridico rimasto insoluto, si è chiusa, dunque, la più aspra contesa tra poteri dello Stato dal dopoguerra: Napolitano ha ottenuto la "copertura" assoluta delle sue conversazioni private, ovvero una vera immunità extra-funzionale che va al di là dei poteri che la Costituzione fino a ieri gli conferiva.

E qualcuno ha visto in questo "allargamento" delle sue prerogative, l'apertura a un presidenzialismo di fatto che il capo dello Stato, però, ha sempre negato. "Non sono mai fuoriuscito - ha detto Napolitano - dai poteri disegnati dalla Carta costituzionale". Resta ora al gip l'ultimo scoglio: la possibilità che la Cassazione dia ragione ai difensori di Ciancimino, rilevando nella distruzione delle telefonate senza contraddittorio una lesione dei diritti della difesa.


La questione potrebbe rimbalzare alla Corte europea o ripercuotersi sulla validità dell'intero processo sulla trattativa mafia-Stato, visto che anche gli altri imputati potrebbero sostenere di non essersi potuti difendere adeguatamente. Ma di questo, sembra non accorgersi nessuno.
camillobenso
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Da sinistra Giorgio Napolitano viene giudicato spesso è volentieri come il peggior Presidente della Storia della Repubblica. Per la prima volta che un ex comunista occupa quell’incarico sembrerebbe un risultato piuttosto deludente.

Il punto di vista di Giuseppe Angiuli



lunedì 31 dicembre 2012
Perché Giorgio Napolitano è il peggiore Presidente della storia della Repubblica

di Giuseppe Angiuli

Quello che ascolteremo nelle prossime ore sarà l’ultimo discorso di fine anno di Giorgio Napolitano pronunciato dalla scrivania di Presidente della Repubblica italiana.

È mia ferma impressione che egli sia stato senz’ombra di dubbio – da Enrico De Nicola fino ad oggi - l’uomo peggiore tra tutti coloro i quali hanno ricoperto la carica di Capo dello Stato dal 1948 ad oggi.

Provo a spiegarne il perché.


Il settennato di “Re George” (2006-2013) verrà verosimilmente identificato con la fase storica in cui la cosiddetta Costituzione materiale del nostro Paese ha subito il suo più clamoroso stravolgimento e le più evidenti manomissioni, con conseguenze purtroppo destinate a lasciare un segno indelebile (oltreché nefasto) nella vita democratica dei cittadini italiani, per un periodo lungo di qui a venire.

Intendo affermare che lo spirito con il quale il vecchio (post)comunista napoletano, da sempre sospettato di genealogia regale (1,) ha interpretato il ruolo di Capo dello Stato in questi sette anni, ha finito per imprimere una svolta in senso oligarchico all’assetto dei Poteri dello Stato al punto da porre Giorgio Napolitano aldilà e al di fuori di qualsiasi confronto con tutti coloro i quali lo avevano finora preceduto, facendoci rimpiangere finanche le figure presidenziali più “opache” tra quelle passate dal Quirinale in questi 60 anni, vale a dire Antonio Segni, Giovanni Leone e Francesco Cossiga.



Per comprendere appieno la reale gravità delle responsabilità storiche che penderanno a lungo sul capo di Napolitano occorre soffermarsi attentamente sulla locuzione Costituzione materiale.
La nozione di Costituzione materiale fu introdotta grazie all’elaborazione del giurista Costantino Mortati in contrapposizione a quella di Costituzione scritta o formale.

Accanto alle regole scritte – intendeva spiegare il Mortati – esiste tutta una serie di prassi, atti e comportamenti adottati dagli organi costituzionali, che contribuiscono progressivamente ed inesorabilmente a trasformare di fatto l’assetto dei rapporti civili, sociali e politici tra i cittadini di uno Stato-nazione.
In sostanza, oltre alle norme scritte, l’assetto dei poteri di uno Stato soggiace costantemente all’influenza data dai comportamenti concretamente posti in essere dai singoli detentori delle cariche che si avvicendano nella loro effettiva gestione.
E dunque, nella storia istituzionale di un Paese, accanto alle norme codificate, si afferma col tempo un insieme di princìpi che, quantunque non presenti formalmente nel corpo della carta costituzionale, assurgono al rango di diritto vivente, assumendo un’importanza che spesso può anche travalicare lo stesso significato letterale delle norme scritte.
Pertanto, per verificare quale sia il grado di effettiva democrazia all’interno di un Paese, non è soltanto alla carta costituzionale formale che tocca guardare bensì anche alla Costituzione materiale (2).

Orbene, se si analizzano attentamente alcuni comportamenti messi in atto dall’attuale Presidente della Repubblica nel corso del settennato che sta per volgere al termine, non è difficile convincersi che costui abbia attuato dei clamorosi strappi con prassi istituzionali che solo fino a poco tempo fa erano unanimemente considerate intoccabili all’interno delle nostre istituzioni repubblicane.

Non è mancato in questi anni chi ha accusato apertamente Napolitano di avere agito non soltanto in violazione delle prassi della nostra Costituzione materiale ma di avere di gran lunga travalicato i confini delle sue stesse funzioni e prerogative formali, così come codificate all’art. 87 della nostra Carta fondamentale (3): a tal proposito, merita di essere quanto meno menzionata la clamorosa azione di cui si è resa protagonista l’avvocatessa sarda Paola Musu, che il 2 aprile del 2012 ha denunciato penalmente Giorgio Napolitano per diversi reati, tra i quali spicca quello di attentato contro la sovranità, l’indipendenza e l’unità dello Stato Italiano, previsto dall’art. 241 del codice penale.





La coraggiosa professionista cagliaritana, prendendo spunto dal controverso passaggio politico-istituzionale che nel novembre 2011 aveva visto il tecnocrate Mario Monti proiettato, nel giro di poche ore, dalla cattedra del tempio accademico del pensiero neo-liberista italico (la Bocconi) direttamente a Palazzo Chigi, ha addebitato a Giorgio Napolitano la responsabilità per avere promosso un percorso politico-istituzionale che ci starebbe conducendo da essere una Repubblica democratica, in cui la sovranità appartiene al popolo (come icasticamente recita l’art. 1 della Costituzione) ad una Repubblica aristocratica, cioè quella in cui “alcune famiglie vi godano la suprema potestà” (Montesquieu, “l’èsprit des lois”).

Ma senza volere avventurarci nell’esaminare la fondatezza del rilievo penale adombrato dalla Musu nei comportamenti assunti dall’inquilino del Quirinale, è fuor di dubbio che questo settennato si sia caratterizzato per delle situazioni inedite che mai prima d’ora avevano contraddistinto l’operato di un Presidente della Repubblica.

Nel nostro ordinamento, la figura del Capo dello Stato, pur rivestendo anch’essa una natura (ovviamente) “politica”, fu concepita dai padri costituenti come quella di un mero arbitro, di un soggetto primus inter paresestraneo alla competizione tra le forze politiche proprio in quanto supremo garante del funzionamento dei meccanismi della democrazia parlamentare.
Nessuna norma scritta o prassi prevedono, ad esempio, che il Presidente della Repubblica possa intervenire nel dibattito tra le forze democratiche del Paese, prendendo posizione a favore o contro una particolare scelta politica; men che meno, nessuna norma o prassi prevedono che il Capo dello Stato possa interagire direttamente con gli altri organi costituzionali a carattere decisionale (il Parlamento e l’Esecutivo) al fine di orientarne le scelte fondamentali attorno alle quali si deve sviluppare la libera discussione da cui fare infine scaturire la decisione democratica (4).
Giorgio Napolitano, purtroppo per noi, ha fatto entrambe le cose: non soltanto ha agito da vero e proprio attore politico, condizionando pesantemente il “libero agire” delle forze politiche in momenti delicatissimi della dialettica democratica (in cui egli avrebbe dovuto limitarsi ad essere un silenzioso osservatore) ma ha avuto perfino l’ardire di rivolgersi direttamente al Parlamento ed al Governo (creando un precedente gravissimo), intimando loro l’adozione di precise scelte politiche attorno a questioni fondamentali in materia macroeconomica!





Due su tutti gli episodi che segnano una rottura con una lunga prassi a cui tutti i precedenti inquilini del Quirinale ci avevano abituati: la guerra di Libia (marzo 2011) e la formazione del Governo dei banchieri a guida Mario Monti (novembre 2011).
Quanto alla prima vicenda, difficilmente potremo dimenticare l’immagine di un Presidente della Repubblica che, in occasione dei festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, nel retrobottega del Teatro dell’Opera a Roma, intima al riluttante Berlusconi di dare il suo pieno avallo ai bombardamenti NATO sulla Libia di Gheddafi.

Lo so, era già avvenuto che l’Italia partecipasse all’assalto militare ad una nazione sovrana, spacciando ipocritamente tale crimine per una “missione di pace”. Ma mai era avvenuto che lo sfregio all’art. 11 della Costituzione fosse perorato, incoraggiato e vivamente caldeggiato in prima persona proprio da colui il quale dovrebbe ergersi a supremo garante della nostragrundnorm.
È vero, già nel 1999 era accaduto che il primo governo guidato da un ex comunista (D’Alema) fornisse il proprio avallo all’assalto imperialista alla Jugoslavia di Milosevic ma in quel caso lo scaltro Ciampi si era limitato a chiudere tutti e due gli occhi, senza essere l’artefice diretto di una scellerata decisione politica già presa da D’Alema medesimo col pieno apporto di Francesco Cossiga (il quale nelle sue memorie parla apertamente di una scelta assunta nel corso di una “cena a tre” con l’ambasciatore U.S.A. a Roma).



Ma anche la sfrontata risolutezza con la quale Napolitano si è rivolto al Governo-Berlusconi ed allo stesso Parlamento italiano per invitarli ad ossequiare il prima possibile i contenuti della lettera-diktat dell’agosto 2011 a firma Draghi-Trichet grida giustizia.
Contrariamente a quanto viene fatto credere all’opinione pubblica, le scelte di cosiddetta austerity economica “suggeriteci” dalla Troika B.C.E.-F.M.I. e dalla “sergente di ferro” Angela Merkel, lungi dal costituire degli impegni cui l’Italia doveva necessariamente tenere fede in ossequio a non ben precisati princìpi superiori, costituivano delle decisioni di politica economica che, in una democrazia che è tale non solo sulla carta, non possono che costituire il frutto di una meditata e prolungata discussione tra le forze parlamentari, anziché il risultato di una mera imposizione autoritaria: è sotto gli occhi di tutti, dunque, che Giorgio Napolitano, in tale precisa occasione, ha agitoapertamente - come mai prima d’ora era accaduto nella storia d’Italia – non già da supremo garante degli interessi del popolo italiano bensì da curatore degli interessi del capitalismo finanziario europeo e dei suoi organismi tecnocratici sovranazionali.

La gravità senza precedenti dello strappo istituzionale di cui si è reso protagonista Napolitano sta tutta qui: se alcuni suoi predecessori avevano forse trescato nell’ombra per condizionare l’andamento della vita politica del Paese, egli ha agito sfrontatamente e spudoratamente, alla luce del sole.
E così, mentre il vecchio Antonio Segni, nel 1963, aveva avuto il pudore istituzionale di “amoreggiare” dietro le quinte coi Carabinieri del Generale De Lorenzo al fine di scoraggiare con ogni mezzo l’insediamento del gabinetto di centro-sinistra a guida Moro-Nenni (pagandone poi le conseguenze con la sua improvvisa defenestrazione dal Quirinale), Lord George non ha avuto alcun timore di dettare al Parlamento, davanti alle telecamere, quale dovesse essere il Governo da insediare a Palazzo Chigi al posto di Berlusconi, da chi tale nuovo Esecutivo dovesse essere diretto e quale programma politico esso dovesse pedissequamente perseguire.

Se il vecchio Leone, negli anni ’70 del secolo scorso, aveva dovuto reagire con pudico imbarazzo alle aggressioni della stampa dell’epoca che lo volevano protagonista di ogni sorta di scandalo, il nostro King George non ha avuto alcun pudore nell’intimare al C.S.M. l’inutilizzabilità di scottanti intercettazioni telefoniche che lo vedevano come (indiretto?) protagonista.



Sì, lo so a cosa pensate.
Anche Francesco Cossiga, il “gattosardo”, si era caratterizzato, specie nell’ultima parte del suo settennato, per l’utilizzo di un linguaggio poco consono a quello di un arbitro imparziale nella contesa politica. Ma, a ben rivedere i fatti dell’epoca del crepuscolo della Prima Repubblica (1991-92), si capisce che i latrati disordinati del Presidente dell’epoca costituivano un grido quasi irrazionale di un uomo ferito nell’orgoglio il quale, avendo bene compreso che qualcuno “molto in alto” stava azzerando tutti i protagonisti di primo piano della scena politica del tempo, cercava disperatamente di ritagliarsi almeno un posto al sole all’interno della nascente Seconda Repubblica, evitando di fare la fine riservata a Craxi e ad Andreotti. Questo era, a mio avviso, il reale intento delle sue “picconate”.
Ma è difficile affermare che Cossiga, con le sue esternazioni spesso scriteriate (ed anche probabilmente favorite da una psiche caratteriale non proprio immune da squilibri), ebbe ad influenzare in modo decisivo gli eventi di quella fase della storia repubblicana: ben altre erano allora le forze in campo a dirigere le danze.

Quel che colpisce dell’attivismo di Napolitano è che costui, a differenza di Cossiga, è sempre apparso lucidissimo nei suoi freddi intenti di mestatore del gioco politico.
Soltanto i poco e male informati possono sorprendersi di un atteggiamento così servizievole e zelante verso i Poteri Forti come quello messo in atto daRe Giorgio nel corso del suo settennato.
Non tutti sanno che a costui toccò il compito, nel 1978, di compiere il primo viaggio negli Stati Uniti di un uomo del Comitato Centrale del P.C.I., inaugurando una lunga stagione di fiancheggiamento che avrebbe portato il (fu) Partito della classe operaia italiana a diventare il supremo garante in Italia degli interessi del capitalismo finanziario trans-nazionale.



Dopo avere trovato gli “agganci” giusti negli States, il Nostro fu battezzato da Henry Kissinger come “il mio comunista preferito” e compì un lungo lavoro di limatura dei rapporti che avrebbe portato i dirigenti dell’ex-PCI, tra il 1989 ed il 1992, a stipulare degli accordi strategici di lunga durata con i Poteri Forti (non solo americani) della politica e dell’economia: da una parte gli ex comunisti garantirono la loro inerzia silenziosa di fronte all’avvio del ciclo delle privatizzazioni, dall’altra parte ottennero in cambio quella legittimazione a partecipare al governo del Paese che fino ad allora non avevano potuto avere a causa del loro legame storico con l’Unione Sovietica.
Dio solo sa quanti e quali sciagure sono derivate al nostro Paese da questo genere di “patti”.
Dio solo sa quante altre ne deriveranno prima che la massa critica degli italiani possa iniziare davvero a capire tutto ciò.

Voglio chiudere ricordando un’ultima perla lasciataci dal “comunista preferito da Kissinger” (ed anche dagli israeliani): in un incauto discorso pubblico pronunciato nel gennaio 2007, il Nostro ebbe a dichiarare il proprio sdegnatoNo all’antisemitismo, “anche quando esso si travesta da antisionismo”, contribuendo così ad alimentare una imperdonabile e dannosissima confusione semantica tra due concetti che è sempre bene tenere distinti, quelli di ebraismo e sionismo (5).

Domenica 30 Dicembre 2012
Giuseppe Angiuli
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Dopo avere trovato gli “agganci” giusti negli States, il Nostro fu battezzato da Henry Kissinger come “il mio comunista preferito” e compì un lungo lavoro di limatura dei rapporti che avrebbe portato i dirigenti dell’ex-PCI, tra il 1989 ed il 1992, a stipulare degli accordi strategici di lunga durata con i Poteri Forti (non solo americani) della politica e dell’economia: da una parte gli ex comunisti garantirono la loro inerzia silenziosa di fronte all’avvio del ciclo delle privatizzazioni, dall’altra parte ottennero in cambio quella legittimazione a partecipare al governo del Paese che fino ad allora non avevano potuto avere a causa del loro legame storico con l’Unione Sovietica.
Dio solo sa quanti e quali sciagure sono derivate al nostro Paese da questo genere di “patti”.
Dio solo sa quante altre ne deriveranno prima che la massa critica degli italiani possa iniziare davvero a capire tutto ciò.




Questa considerazione di Giuseppe Angiuli, ci consente di comprendere qualcosa di più su quanto si poteva intuire fosse successo dietro le quinte.

In cambio della possibilità di governare hanno venduto la sinistra. Sull’Osservatore Romano, come ha riportato ieri Repubblica, durante l’occasione della celebrazione del cardinal Ravasi, Napolitano ha dichiarato : “Comunismo fallito impossibile non riconoscerlo”…. Utopia che prometteva emancipazione si trasformò, come disse Bobbio, nel suo opposto

Che il comunismo fosse fallito lo sapevamo prima di lui che ci ha campato sopra per una vita. Ma un conto era il comunismo, un conto era la sinistra italiana.
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