Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
«Gli italiani stessi forse non se ne rendono conto, .........ma il loro è un Paese chiave per tutto l’Occidente – per certi versi ne definisce l’anima -.......... e il collasso visibilmente in corso è una tragedia che pagheremo tutti, ...............nei decenni e forse nei secoli» Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, opinionista de La Stampa
Sotto le macerie – 120
Cronaca di un affondamento - 70
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc – 48
Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 24
L’intervento
Così i bambini sentono
la crisi economica
AndreaR.
Catizone
●NELLA RECENTE INDAGINE SULLA CONDIZIONE DELL’INFANZIA ED ADOLESCENZA REALIZZATA DA EURISPES,
in collaborazione con il Telefono Azzurro, emerge con estrema forza il dato per cui il 2012 è stato percepito dai bambini e dagli adolescenti come un anno in cui la crisi economica ha avuto un forte peso anche all’interno delle mura domestiche.
Una convinzione questa che registra una maggiore incidenza negli adolescenti piuttosto che nei bambini, ed infatti mentre la prima fascia di ragazzi e ragazze dai 12 ai 18 anni, il 50,1%, afferma che la propria famiglia è stata colpita dalla crisi economica, nei bambini tra i 7 e gli 11 anni questa percentuale scende al 28,7%. Vi sono poi delle diseguaglianze territoriali sia nella loro percezione delle modalità in cui si è manifesta la crisi, sia anche degli effetti e conseguenze che la stessa ha prodotto.
Nel Sud del Paese si registra una maggiore sensibilità rispetto al tema della perdita del lavoro (14,2%) o alla collocazione in cassa integrazione dei genitori (10,6%).
La riduzione dell’orario di lavoro sembra essere una prerogativa dell’area del Nord-Ovest (15,3%) e del Sud (12,5%), mentre è nelle Isole che si registra l’esigenza di cambiare città (14,7%) per migliorare le condizioni professionali e di vita della famiglia.
Al Centro nel 66,7% delle testimonianze dei piccoli intervistati, la condizione lavorativa dei propri genitori è rimasta uguale, nonostante la crisi.
Sono dati che mettono in luce le modalità attraverso le quali si sviluppa la vita e l’identità delle giovani generazioni.
Se infatti paragoniamo questi risultati con le principali attività svolte durante la giornata dai giovani e giovanissimi gli ambiti in cui questi ultimi manifestano maggiore interesse riguardano prevalentemente quelli che permettono loro una maggiore astrazione dalla realtà.
È la prima generazione di figli che ha sperimentato il tema della precarietà dei loro genitori i quali se da un lato trasferiscono le insicurezze sul futuro ai minori, dall’altra, nelle consolidata tradizione delle famiglie italiane, cercano sempre di proteggerli da ogni forma di difficoltà che proviene dall’esterno.
Il generale e considerevole abbassamento del tenore di vita del nucleo familiare, dunque, non rispecchia appieno
un globale e proporzionale abbassamento del tenore di vita di tutti i membri della.
Infatti i bambini intervistati tra i 7 e gli 11 anni solo il 28,7% pensano che la propria famiglia sia stata attraversata dalla crisi economica generale a fronte del 61% che ritiene di non averla sentita toccare la propria famiglia.
Risultato che si presta a diverse letture. Da un lato, infatti, come si anticipava, i genitori tendono a non riversare sui figli la diminuzione delle proprie risorse economiche risparmiando in tutte quelle spese che non li interessino direttamente.
È interessante vedere come il 70,5% dei bambini non ha vissuto una riduzione della paghetta settimanale, a fronte del fatto che i capitoli di spesa più coinvolti nella riduzione riguardino le attività e le abitudini dei genitori che hanno rinunciato, a favore dei figli, alle cene fuori, a divertimenti e hanno contratto il loro tempo libero.
Rafforzano tale convinzione i dati che riguardano il possesso dei beni tecnologici da parte dei bambini e il loro utilizzo.
Il telefonino viene posseduto dal 14,3% dei bambini di 8 anni, il 9,3% prima dei 7 anni e un 9,3% a 9 anni. L’età a cavallo tra i 10 anni segna il momento di discrimine tra chi ha un cellulare proprio e chi no.
Sono questi gli ambiti in cui i genitori stringono la cinghia.
Anche l’uso che i bambini e ragazzi fanno delle tecnologie, i cui costi sono a carico dei genitori, rafforza quanto affermato: i giovani vengono protetti dalla riduzione, talvolta anche drastica, delle spese dai genitori. Questi ultimi dati, poi sono di conforto ad una seconda considerazione in merito alla formazione della loro personalità ed identità. I bambini e i ragazzi vivono una scollatura tra il modo reale e quello ideale o idealizzato.
Ciò è in parte dovuto ad una fisiologica fase della vita in cui si è maggiormente immersi in attività ludiche e ricreative che nascondono le difficoltà reali, ma in parte ciò è attribuibile alla conformazione della società attuale in cui il loro tempo libero viene per lo più vissuto in simbiosi con i media. Le due funzioni maggiormente utilizzate del cellulare dai bambini sono l’uso dei giochi (21,2%) e le telefonate (20,5%), seguite dall’invio di messaggi di testo o di mms(18,3%) e all’ascolto della musica (17,5%), mentre gli adolescenti preferiscono utilizzarlo per chiamate 24,1%, messaggistica 24,4% e infine navigazione su internet 8,5%.
Quanto emerge dalla nostra indagine ribadisce una generale tendenza da parte degli adulti, a voler ricreare un mondo ideale in cui collocare i propri figli e le proprie figlie che sia il più possibile protetto dalle varie difficoltà che sta vivendo
la famiglia, anche dotandoli di apparecchiature che permettono ai giovani e giovanissimi di sperimentare vite virtuali e parallele che poco hanno in comune con quelle reali.
Forse una fuga dalla quotidianità, in tempi difficili è del tutto legittima, anche se il tema della qualità del tempo di questa importantissima fascia della popolazione non entra, se non in maniera marginale, nelle discussioni elettorali di questo periodo.
L'Unità
9 febbraio 2013
Sotto le macerie – 120
Cronaca di un affondamento - 70
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc – 48
Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 24
L’intervento
Così i bambini sentono
la crisi economica
AndreaR.
Catizone
●NELLA RECENTE INDAGINE SULLA CONDIZIONE DELL’INFANZIA ED ADOLESCENZA REALIZZATA DA EURISPES,
in collaborazione con il Telefono Azzurro, emerge con estrema forza il dato per cui il 2012 è stato percepito dai bambini e dagli adolescenti come un anno in cui la crisi economica ha avuto un forte peso anche all’interno delle mura domestiche.
Una convinzione questa che registra una maggiore incidenza negli adolescenti piuttosto che nei bambini, ed infatti mentre la prima fascia di ragazzi e ragazze dai 12 ai 18 anni, il 50,1%, afferma che la propria famiglia è stata colpita dalla crisi economica, nei bambini tra i 7 e gli 11 anni questa percentuale scende al 28,7%. Vi sono poi delle diseguaglianze territoriali sia nella loro percezione delle modalità in cui si è manifesta la crisi, sia anche degli effetti e conseguenze che la stessa ha prodotto.
Nel Sud del Paese si registra una maggiore sensibilità rispetto al tema della perdita del lavoro (14,2%) o alla collocazione in cassa integrazione dei genitori (10,6%).
La riduzione dell’orario di lavoro sembra essere una prerogativa dell’area del Nord-Ovest (15,3%) e del Sud (12,5%), mentre è nelle Isole che si registra l’esigenza di cambiare città (14,7%) per migliorare le condizioni professionali e di vita della famiglia.
Al Centro nel 66,7% delle testimonianze dei piccoli intervistati, la condizione lavorativa dei propri genitori è rimasta uguale, nonostante la crisi.
Sono dati che mettono in luce le modalità attraverso le quali si sviluppa la vita e l’identità delle giovani generazioni.
Se infatti paragoniamo questi risultati con le principali attività svolte durante la giornata dai giovani e giovanissimi gli ambiti in cui questi ultimi manifestano maggiore interesse riguardano prevalentemente quelli che permettono loro una maggiore astrazione dalla realtà.
È la prima generazione di figli che ha sperimentato il tema della precarietà dei loro genitori i quali se da un lato trasferiscono le insicurezze sul futuro ai minori, dall’altra, nelle consolidata tradizione delle famiglie italiane, cercano sempre di proteggerli da ogni forma di difficoltà che proviene dall’esterno.
Il generale e considerevole abbassamento del tenore di vita del nucleo familiare, dunque, non rispecchia appieno
un globale e proporzionale abbassamento del tenore di vita di tutti i membri della.
Infatti i bambini intervistati tra i 7 e gli 11 anni solo il 28,7% pensano che la propria famiglia sia stata attraversata dalla crisi economica generale a fronte del 61% che ritiene di non averla sentita toccare la propria famiglia.
Risultato che si presta a diverse letture. Da un lato, infatti, come si anticipava, i genitori tendono a non riversare sui figli la diminuzione delle proprie risorse economiche risparmiando in tutte quelle spese che non li interessino direttamente.
È interessante vedere come il 70,5% dei bambini non ha vissuto una riduzione della paghetta settimanale, a fronte del fatto che i capitoli di spesa più coinvolti nella riduzione riguardino le attività e le abitudini dei genitori che hanno rinunciato, a favore dei figli, alle cene fuori, a divertimenti e hanno contratto il loro tempo libero.
Rafforzano tale convinzione i dati che riguardano il possesso dei beni tecnologici da parte dei bambini e il loro utilizzo.
Il telefonino viene posseduto dal 14,3% dei bambini di 8 anni, il 9,3% prima dei 7 anni e un 9,3% a 9 anni. L’età a cavallo tra i 10 anni segna il momento di discrimine tra chi ha un cellulare proprio e chi no.
Sono questi gli ambiti in cui i genitori stringono la cinghia.
Anche l’uso che i bambini e ragazzi fanno delle tecnologie, i cui costi sono a carico dei genitori, rafforza quanto affermato: i giovani vengono protetti dalla riduzione, talvolta anche drastica, delle spese dai genitori. Questi ultimi dati, poi sono di conforto ad una seconda considerazione in merito alla formazione della loro personalità ed identità. I bambini e i ragazzi vivono una scollatura tra il modo reale e quello ideale o idealizzato.
Ciò è in parte dovuto ad una fisiologica fase della vita in cui si è maggiormente immersi in attività ludiche e ricreative che nascondono le difficoltà reali, ma in parte ciò è attribuibile alla conformazione della società attuale in cui il loro tempo libero viene per lo più vissuto in simbiosi con i media. Le due funzioni maggiormente utilizzate del cellulare dai bambini sono l’uso dei giochi (21,2%) e le telefonate (20,5%), seguite dall’invio di messaggi di testo o di mms(18,3%) e all’ascolto della musica (17,5%), mentre gli adolescenti preferiscono utilizzarlo per chiamate 24,1%, messaggistica 24,4% e infine navigazione su internet 8,5%.
Quanto emerge dalla nostra indagine ribadisce una generale tendenza da parte degli adulti, a voler ricreare un mondo ideale in cui collocare i propri figli e le proprie figlie che sia il più possibile protetto dalle varie difficoltà che sta vivendo
la famiglia, anche dotandoli di apparecchiature che permettono ai giovani e giovanissimi di sperimentare vite virtuali e parallele che poco hanno in comune con quelle reali.
Forse una fuga dalla quotidianità, in tempi difficili è del tutto legittima, anche se il tema della qualità del tempo di questa importantissima fascia della popolazione non entra, se non in maniera marginale, nelle discussioni elettorali di questo periodo.
L'Unità
9 febbraio 2013
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Re: Come se ne viene fuori ?
camillobenso ha scritto:Indicatori economici sotto le macerie -7
12 dicembre 2012
che c’è chi ha visto a luce in fondo al tunnel dopo essere sceso dal Monte Sinai.
Non sarà il caso che il Codacons, che assieme ai suoi associati crede a Babbo Natale e alla Befana, chieda qualche spiegazione al Professore e a chi voluto l'Imu al posto di altro?
Gli indicatori economici sono sempre stati manipolati. Come quelli che dicono che l'Italia ha un risparmio privato più alto che negli altri stati, anche quelli dove gli stipendi sono doppi, e quello che l'inflazione, da quando c'è l'euro, è aumentata solo del 3-4%, quando invece i prezzi effettivi sono aumentati anche di 2 volte.
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Re: Come se ne viene fuori ?
«Gli italiani stessi forse non se ne rendono conto, .........ma il loro è un Paese chiave per tutto l’Occidente – per certi versi ne definisce l’anima -.......... e il collasso visibilmente in corso è una tragedia che pagheremo tutti, ...............nei decenni e forse nei secoli» Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, opinionista de La Stampa
Sotto le macerie – 121
Cronaca di un affondamento - 71
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc – 49
Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 25
Gli economisti, circa una decina di anni fecero questa previsione.
Intorno al 2050 la graduatoria delle prime potenze del mondo sarà:
1 – Cina
2 – India
3 - Usa
Poi nel 2006 corressero il tiro, quella graduatoria si verificherà intorno al 2035.
Al 10 febbraio 2013, sorpresinen, sorpresinen, scopriamo che tutto è stato anticipato all’oggi anche se l’India rimane nelle sue posizioni.
La Cina diventa la prima potenza commerciale del pianeta, seguita dagli Usa.
MI RACCOMANDEN, NON DITELO AI PROVINCIALOTTI DI POLTRONEN & FORCHETTEN CHE LOTTANO PER RIENTRARE NELLA CITTADELLA DORATA DELLA CASTA, TANTO NON SERVE, NON NE TENGONO CONTO.
A LORO INTERESSA SOLO E SOLTANTO:
“A CHI LA SACRA POLTRONEN????.............A NOI ..!!!!!!!!!!!!!!!”
Non ditelo neppure ai loro fedeli elettoren, perché disturbereste i loro sonni da sol dell’avvenire.
Meglio rimanere ancora per 20 anni come fanno gli struzzi, ……………………con il capino ben riparato sotto la sabbia. E ahimè con le terga al vento,……preda dei maestri del bunga bunga.
In fondo che c’è di male………………….si sono abituati da tempo…………..
****
La Cina supera gli Stati Uniti, ora è la prima potenza commerciale al mondo
Mentre Washington perde un primato che deteneva dalla fine della Seconda guerra mondiale, Pechino diventa il primo partner commerciale di molti Paesi europei, tra cui la Germania. Entro il 2020, secondo l’analista Jim O’Neill di Goldman Sachs Group, le esportazioni tedesche in Cina saranno il doppio rispetto a quelle dirette in Francia
di Francesco Tamburini
| 10 febbraio 2013
La Cina entra nell’anno del serpente battendo gli Stati Uniti su un fronte cruciale per Washington: il commercio. La somma di importazioni ed esportazioni americane nel 2012, secondo i dati pubblicati dal dipartimento del Commercio, ammonta a 3.820 miliardi di dollari, contro i 3.870 miliardi riportati da Pechino. Gli Stati Uniti perdono così un primato che detenevano dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Il vantaggio cinese è ancora più evidente considerando la differenza tra export e import. La Cina ha infatti messo a segno un avanzo di 231,1 miliardi, mentre gli Stati Uniti hanno registrato un disavanzo di 727,9 miliardi. Pechino è diventato il maggiore esportatore mondiale nel 2009, nonostante il calo delle esportazioni nei Paesi occidentali più colpiti dalla crisi finanziaria, Stati Uniti in primis. Considerando soltanto le importazioni, invece, il primato resta agli Stati Uniti, con 2.280 miliardi (contro 1.820 miliardi per la Cina).
La battaglia tra le due super potenze mondiali, come sempre, porta a chiare conseguenze anche in Europa. Pechino sta infatti diventando il primo partner commerciale di molti Paesi europei, tra cui la Germania. Entro il 2020, secondo l’analista Jim O’Neill di Goldman Sachs Group, le esportazioni tedesche in Cina saranno il doppio rispetto a quelle dirette in Francia. “Per molti Paesi in tutto il mondo la Cina sta diventando rapidamente il partner commerciale più importante”, ha spiegato O’Neill a Bloomberg, sottolineando che andando avanti di questo passo sempre più Paesi europei privilegeranno una partnership con Pechino, snobbando le Nazioni più vicine.
E mentre Pechino segna un nuovo record, Bruxelles apre le porte a Washington. Nella bozza finale del summit Ue sul bilancio, i leader europei hanno concordato di sostenere l’avvio del negoziato commerciale bilaterale tra Ue e Stati Uniti per un’area transatlantica di libero scambio. I leader europei sperano che l’accordo, considerato anche come un contrappeso all’avanzata commerciale cinese, possa aiutare il Vecchio continente a riprendersi più velocemente dalla crisi. Ora la parola passa alla Casa Bianca, che dovrà rispondere all’apertura europea su una proposta che se sarà accettata riguarderà metà della produzione economica mondiale.
La leadership commerciale, tuttavia, è soltanto l’ultimo dei traguardi cinesi. La Cina è infatti il primo consumatore di energia e ha il mercato di auto maggiore del mondo. E’, in particolare, uno dei Paesi che sta investendo di più nell’auto elettrica. Non solo. Mentre negli ultimi vent’anni l’America è diventata da Paese che concedeva più credito a Paese più indebitato, la Cina ha guadagnato il primato di Nazione che detiene le più grandi riserve di moneta estera. Con anche la leadership commerciale, Pechino mette quindi un’altra tacca sulla cintura. Mentre l’asse Bruxelles-Washington corre ai ripari.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02 ... do/494453/
Sotto le macerie – 121
Cronaca di un affondamento - 71
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc – 49
Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 25
Gli economisti, circa una decina di anni fecero questa previsione.
Intorno al 2050 la graduatoria delle prime potenze del mondo sarà:
1 – Cina
2 – India
3 - Usa
Poi nel 2006 corressero il tiro, quella graduatoria si verificherà intorno al 2035.
Al 10 febbraio 2013, sorpresinen, sorpresinen, scopriamo che tutto è stato anticipato all’oggi anche se l’India rimane nelle sue posizioni.
La Cina diventa la prima potenza commerciale del pianeta, seguita dagli Usa.
MI RACCOMANDEN, NON DITELO AI PROVINCIALOTTI DI POLTRONEN & FORCHETTEN CHE LOTTANO PER RIENTRARE NELLA CITTADELLA DORATA DELLA CASTA, TANTO NON SERVE, NON NE TENGONO CONTO.
A LORO INTERESSA SOLO E SOLTANTO:
“A CHI LA SACRA POLTRONEN????.............A NOI ..!!!!!!!!!!!!!!!”
Non ditelo neppure ai loro fedeli elettoren, perché disturbereste i loro sonni da sol dell’avvenire.
Meglio rimanere ancora per 20 anni come fanno gli struzzi, ……………………con il capino ben riparato sotto la sabbia. E ahimè con le terga al vento,……preda dei maestri del bunga bunga.
In fondo che c’è di male………………….si sono abituati da tempo…………..
****
La Cina supera gli Stati Uniti, ora è la prima potenza commerciale al mondo
Mentre Washington perde un primato che deteneva dalla fine della Seconda guerra mondiale, Pechino diventa il primo partner commerciale di molti Paesi europei, tra cui la Germania. Entro il 2020, secondo l’analista Jim O’Neill di Goldman Sachs Group, le esportazioni tedesche in Cina saranno il doppio rispetto a quelle dirette in Francia
di Francesco Tamburini
| 10 febbraio 2013
La Cina entra nell’anno del serpente battendo gli Stati Uniti su un fronte cruciale per Washington: il commercio. La somma di importazioni ed esportazioni americane nel 2012, secondo i dati pubblicati dal dipartimento del Commercio, ammonta a 3.820 miliardi di dollari, contro i 3.870 miliardi riportati da Pechino. Gli Stati Uniti perdono così un primato che detenevano dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Il vantaggio cinese è ancora più evidente considerando la differenza tra export e import. La Cina ha infatti messo a segno un avanzo di 231,1 miliardi, mentre gli Stati Uniti hanno registrato un disavanzo di 727,9 miliardi. Pechino è diventato il maggiore esportatore mondiale nel 2009, nonostante il calo delle esportazioni nei Paesi occidentali più colpiti dalla crisi finanziaria, Stati Uniti in primis. Considerando soltanto le importazioni, invece, il primato resta agli Stati Uniti, con 2.280 miliardi (contro 1.820 miliardi per la Cina).
La battaglia tra le due super potenze mondiali, come sempre, porta a chiare conseguenze anche in Europa. Pechino sta infatti diventando il primo partner commerciale di molti Paesi europei, tra cui la Germania. Entro il 2020, secondo l’analista Jim O’Neill di Goldman Sachs Group, le esportazioni tedesche in Cina saranno il doppio rispetto a quelle dirette in Francia. “Per molti Paesi in tutto il mondo la Cina sta diventando rapidamente il partner commerciale più importante”, ha spiegato O’Neill a Bloomberg, sottolineando che andando avanti di questo passo sempre più Paesi europei privilegeranno una partnership con Pechino, snobbando le Nazioni più vicine.
E mentre Pechino segna un nuovo record, Bruxelles apre le porte a Washington. Nella bozza finale del summit Ue sul bilancio, i leader europei hanno concordato di sostenere l’avvio del negoziato commerciale bilaterale tra Ue e Stati Uniti per un’area transatlantica di libero scambio. I leader europei sperano che l’accordo, considerato anche come un contrappeso all’avanzata commerciale cinese, possa aiutare il Vecchio continente a riprendersi più velocemente dalla crisi. Ora la parola passa alla Casa Bianca, che dovrà rispondere all’apertura europea su una proposta che se sarà accettata riguarderà metà della produzione economica mondiale.
La leadership commerciale, tuttavia, è soltanto l’ultimo dei traguardi cinesi. La Cina è infatti il primo consumatore di energia e ha il mercato di auto maggiore del mondo. E’, in particolare, uno dei Paesi che sta investendo di più nell’auto elettrica. Non solo. Mentre negli ultimi vent’anni l’America è diventata da Paese che concedeva più credito a Paese più indebitato, la Cina ha guadagnato il primato di Nazione che detiene le più grandi riserve di moneta estera. Con anche la leadership commerciale, Pechino mette quindi un’altra tacca sulla cintura. Mentre l’asse Bruxelles-Washington corre ai ripari.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02 ... do/494453/
Re: Come se ne viene fuori ?
Il buono, il brutto, il bello e il cattivo
di EUGENIO SCALFARI
MENTRE cominciavo a scrivere queste note mi sono arrivate due notizie: la prima è una dichiarazione effettuata da un gruppo di candidati nelle liste civiche di Monti che fa capo a Lorenzo Dellai, ex presidente della Provincia autonoma di Trento, che suggerisce agli elettori di votare Ambrosoli alla presidenza della Regione Lombardia anziché il candidato montiano Albertini; uno stesso suggerimento era già stato dato da Ilaria Borletti Buitoni, capolista montiano in Lombardia per la Camera dei deputati. La seconda notizia è che Monti ha da parte sua espresso un parere contrario rilanciando la candidatura di Albertini alla Regione, anche se non ha alcuna possibilità di riuscita e giova soltanto alla eventuale vittoria di Maroni.
Non è un bell'esempio di coerenza con gli interessi generali della democrazia e del paese.
Ma veniamo ora ad un quadro più generale della situazione.
Mancano 14 giorni al voto e la gente si è stufata della politica e di questa campagna elettorale. Lo leggo su molti giornali, ma è proprio così?
A me non pare. Gli ascolti dei dibattiti televisivi sono alti; piazze e teatri dove parlano i protagonisti politici sono pieni; slogan, proposte, invettive, programmi, si incrociano; gli aspiranti a governare elencano i provvedimenti che intendono prendere nei primi cento giorni di governo. Le tifoserie sono mobilitate. Le persone che si incontrano si scambiano tra loro la domanda: come pensi che andrà a finire?
E poi ci sono gli arrabbiati. La rabbia sociale non è un fenomeno soltanto italiano, c'è in tutta Europa, la rabbia, perché l'intero continente è in recessione, la recessione impone sacrifici, i sacrifici provocano sofferenza e rabbia, gli arrabbiati cercano i colpevoli, ma i colpevoli sono tanti e ciascuno sceglie il suo bersaglio.
Vi sembra che tutti questi fenomeni diano un quadro di indifferenza? Gli indecisi sono ancora molti ma negli ultimi sondaggi risultano in diminuzione. L'astensionismo è valutato tra il 20 e il 25 per cento, più o meno come da molti anni in qua. Quindi non è vero che la gente si è stufata. è vero invece che questa campagna elettorale è tra le più agitate e confuse dell'Italia repubblicana.
La conclusione è questa: il bipolarismo semplifica, il multipolarismo complica e la gente si disorienta. Non è indifferenza ma disorientamento, perciò la gente cerca a suo modo di semplificare. Il populismo è certamente una semplificazione. Avreste mai pensato un anno fa che sommando insieme Berlusconi e Grillo si arrivasse almeno al 40 per cento dei consensi registrati dagli ultimi sondaggi? Se non addirittura al 50?
Berlusconi ormai promette la luna a ruota libera; Grillo lancia il suo "vaffa" in tutte le direzioni, sui partiti, sulla politica, sull'Europa, sullo "spread", sull'euro. Se sapesse che Aristotele enunciò la primazia della politica su tutte le altre attività dello spirito, il "vaffa" colpirebbe sicuramente anche lui.
È possibile che metà degli elettori possano affidarsi a questi Dulcamara? È una semplificazione del tipo "fai da te"; gli schieramenti in campo sono troppi, le differenze tra loro sono sofisticate, il "fai da te" sceglie i due populismi che, ovviamente, sono contrapposti tra loro.
Aggiungeteci la Lega che ha un solo obiettivo: conquistare la regione Lombardia e contrapporre la macro-Regione padana al resto d'Italia. Piemonte-Lombardia-Veneto detteranno legge al governo nazionale, quale che sia il suo colore.
Ma aggiungeteci anche Ingroia che guida una lista molto minoritaria ma che può essere determinante in alcune Regioni, tra le quali la Lombardia, la Sicilia, la Campania. Determinante non per vincere ma per far vincere Berlusconi e la Lega. Analoga in quelle Regioni è la posizione di Monti. A chi contesta ad Ingroia questo gioco a perdere per far vincere il peggiore, la risposta l'ha data Marco Travaglio venerdì scorso a "Otto e mezzo": il risultato sarà un Parlamento ingovernabile e quindi una legislatura che durerà pochi mesi. Poi si tornerà a votare; forse allora saranno nate una nuova sinistra e una nuova destra, formate tutte e due da gente nuova, anzi nuovissima, alla politica.
Dopo 70 giorni di campagna elettorale che sta per chiudersi, queste belle menti auspicano altri cinque mesi di paese ingovernato e altri tre mesi di campagna elettorale. L'Italia resterà dunque senza guida fino al prossimo ottobre con la prospettiva che nasca a quel punto una maggioranza Ingroia-Grillo. Nel frattempo il mercato avrà messo in mutande la nostra economia e quello che avanza di industria e occupazione. Complimenti di tutto cuore.
* * *
Per completare lo scenario che sta davanti ai nostri occhi bisogna ora spostarsi dall'Italia all'Europa di cui siamo parte integrante. Ci sono stati in questi giorni due fatti nuovi: il Consiglio dei primi ministri dei 27 Paesi aderenti all'Unione europea e il Consiglio d'amministrazione della Banca centrale (Bce).
Il Consiglio dei ministri e la Commissione si sono incontrati a Bruxelles e hanno discusso per 25 ore di seguito, senza dormire e mangiando qualche panino. Anche lì c'era molta confusione, ciascuno aveva i propri interessi da difendere, magari a scapito dell'interesse generale europeo. Alla fine è stato trovato un compromesso che si può riassumere così: gli interessi dei singoli Paesi membri sono stati tutti parzialmente soddisfatti e, infatti, le decisioni sono state votate all'unanimità come è previsto poiché ciascun Paese ha un diritto di veto e l'unanimità è quindi indispensabile.
Ma sono stati pagati due prezzi molto alti per ottenere questo risultato: il bilancio europeo, che avrebbe dovuto essere largamente aumentato, è stato invece tagliato rispetto al bilancio in vigore da sette anni.
Il Parlamento europeo, anch'esso quasi all'unanimità, si è però opposto a questo taglio e ha messo il veto a quel compromesso. La questione è dunque aperta ed è della massima importanza. Basteranno due cifre per dare l'idea concreta del problema: il bilancio federale degli Usa rappresenta il 22 per cento del Pil americano, il bilancio dell'Unione europea rappresenta invece l'1 per cento del Pil dei Paesi confederati.
Il secondo prezzo pagato a Bruxelles riguarda la politica di crescita economica, per altro da tutti auspicata a parole però, perché non un centesimo, non un provvedimento, non un'idea che rilanci la creatività è stata messa sul tavolo, se non la raccomandazione ad accrescere la flessibilità dei sistemi economici.
Monti è tornato a casa con un piccolo tesoretto di quasi quattro miliardi di euro. Non è molto ma nemmeno poco. Sul resto nulla poteva fare da solo e nulla ha fatto.
* * *
Mentre queste cose accadevano a Bruxelles, a Francoforte Mario Draghi ha messo a fuoco una questione della massima importanza. Riguarda il tasso di cambio euro-dollaro che ormai da molti mesi si è apprezzato a favore dell'euro toccando il suo massimo di 1,36 dollari per euro giovedì scorso. Ma il giorno dopo è intervenuto Draghi ricordando che la Bce non può intervenire sul mercato dei cambi perché il suo statuto non lo prevede. La Bce ha due soli compiti: garantire la stabilità dei prezzi e assicurare al sistema bancario la necessaria liquidità.
L'apprezzamento dell'euro nei confronti del dollaro - ha detto Draghi - è un fatto positivo in questa fase di crisi economica perché è il segno che molti investitori acquistano euro dimostrando con ciò di avere fiducia nella moneta europea piuttosto che in altre valute. Tuttavia - ha proseguito - un eccessivo apprezzamento dell'euro potrebbe abbassare il tasso di inflazione al di sotto dell'attuale livello del 2 per cento che è ritenuto ottimale per la stabilità dei prezzi. Se da questo livello si dovesse scendere nei prossimi mesi verso l'1 per cento, ci si avvierebbe verso una fase di deflazione con un mutamento negativo nella stabilità dei prezzi. In questo caso, intervenire sul cambio estero rientrerebbe nei compiti statutari della Bce che è pronta a farvi fronte.
Risultato: dopo quell'intervento puramente verbale, venerdì il cambio è sceso all'1,33 rispetto al dollaro. Draghi ha confermato così la sua capacità tattica e strategica per salvaguardare il sistema dal punto di vista della politica monetaria, tenendo aperta la porta ai governi affinché prendano le necessarie decisioni per rilanciare l'economia reale. Purtroppo alla sagacia di Draghi non fa riscontro una altrettanto viva sensibilità dei governi per l'interesse generale dell'Europa.
* * *
Mi permetto di suggerire ai lettori il film dedicato a Lincoln: racconta come e con quali prezzi la confederazione degli Stati Uniti d'America diventò uno Stato federale. Per realizzare quest'obiettivo, senza il quale la storia del mondo sarebbe stata completamente diversa, fu necessaria una guerra civile durata quattro anni con seicentomila morti, più della somma dei morti americani nelle due guerre mondiali del Novecento. E, come non bastasse, anche l'assassinio dello stesso Lincoln tre giorni dopo la vittoria e la firma della pace.
L'Europa ha già pagato un prezzo altissimo di sangue, versato in secoli di guerre tra gli Stati europei. L'ultima di esse ha fatto addirittura 41 milioni di morti tra militari, civili e genocidi orrendi. Da questo punto di vista abbiamo larghissimamente pagato e infatti da allora l'Europa ha trascorso quasi 70 anni in pace. Ma l'Europa federale ancora non è nata.
Non abbiamo molto tempo per farla nascere; l'economia globale prevede confronti tra continenti. L'Europa ha più di mezzo miliardo di abitanti, possiede un'antica ricchezza, un'alta vocazione tecnologica e scientifica, è bagnata da tre mari e confina con l'Asia e con l'Africa. Ha una forza potenziale enorme, l'Europa, ma diventerà del tutto irrilevante se continuerà ad essere sgovernata da una confederazione di Stati con una moneta comune usata da poco più della metà di essi.
Abbiamo a disposizione non più di una decina di anni di tempo per arrivare a quel risultato e, poiché si tratta d'un percorso fitto di ostacoli, occorre intraprenderlo da subito. Non è un obiettivo che viene dopo gli interessi nazionali perché è esso stesso un interesse nazionale e non può essere accantonato o timidamente sostenuto. L'Europa deve diventare uno Stato con il suo bilancio, un suo governo, un suo Parlamento, una sua Banca centrale. Per ora ci sono soltanto timidi abbozzi dai quali emerge soltanto un Consiglio intergovernativo che decide solo all'unanimità o con maggioranze altissime dell'80 per cento. Se resteremo in queste condizioni, tra dieci anni saremo solo una memoria nella storia culturale del pianeta. E nulla più.
P. S. È stato detto tutto il dicibile sulla proposta berlusconiana di abolire l'Imu sulla prima casa rimborsandone entro un mese l'ammontare pagato dai contribuenti. Ma non è stato ancora ricordato un punto di fondo: l'Imu varata nel dicembre 2011 è un'imposta patrimoniale progressiva: i proprietari d'una casa di lusso, con più elevata rendita catastale, situata in quartieri di prestigio, hanno pagato con aliquote progressive. Su 3,9 miliardi di gettito l'abolizione prospettata da Berlusconi sarebbe un grosso regalo ai proprietari di reddito medio alto e altissimo e un'elemosina di pochi spiccioli alla massa dei contribuenti. L'imposta progressiva una volta abolita si trasforma in un beneficio "regressivo" che premia pochi ricchi e fa elemosina a molti poveri. Questo è il vero e maggior difetto della velleitaria proposta berlusconiana.
(10 febbraio 2013)
http://www.repubblica.it/politica/2013/ ... /?ref=fbpr
di EUGENIO SCALFARI
MENTRE cominciavo a scrivere queste note mi sono arrivate due notizie: la prima è una dichiarazione effettuata da un gruppo di candidati nelle liste civiche di Monti che fa capo a Lorenzo Dellai, ex presidente della Provincia autonoma di Trento, che suggerisce agli elettori di votare Ambrosoli alla presidenza della Regione Lombardia anziché il candidato montiano Albertini; uno stesso suggerimento era già stato dato da Ilaria Borletti Buitoni, capolista montiano in Lombardia per la Camera dei deputati. La seconda notizia è che Monti ha da parte sua espresso un parere contrario rilanciando la candidatura di Albertini alla Regione, anche se non ha alcuna possibilità di riuscita e giova soltanto alla eventuale vittoria di Maroni.
Non è un bell'esempio di coerenza con gli interessi generali della democrazia e del paese.
Ma veniamo ora ad un quadro più generale della situazione.
Mancano 14 giorni al voto e la gente si è stufata della politica e di questa campagna elettorale. Lo leggo su molti giornali, ma è proprio così?
A me non pare. Gli ascolti dei dibattiti televisivi sono alti; piazze e teatri dove parlano i protagonisti politici sono pieni; slogan, proposte, invettive, programmi, si incrociano; gli aspiranti a governare elencano i provvedimenti che intendono prendere nei primi cento giorni di governo. Le tifoserie sono mobilitate. Le persone che si incontrano si scambiano tra loro la domanda: come pensi che andrà a finire?
E poi ci sono gli arrabbiati. La rabbia sociale non è un fenomeno soltanto italiano, c'è in tutta Europa, la rabbia, perché l'intero continente è in recessione, la recessione impone sacrifici, i sacrifici provocano sofferenza e rabbia, gli arrabbiati cercano i colpevoli, ma i colpevoli sono tanti e ciascuno sceglie il suo bersaglio.
Vi sembra che tutti questi fenomeni diano un quadro di indifferenza? Gli indecisi sono ancora molti ma negli ultimi sondaggi risultano in diminuzione. L'astensionismo è valutato tra il 20 e il 25 per cento, più o meno come da molti anni in qua. Quindi non è vero che la gente si è stufata. è vero invece che questa campagna elettorale è tra le più agitate e confuse dell'Italia repubblicana.
La conclusione è questa: il bipolarismo semplifica, il multipolarismo complica e la gente si disorienta. Non è indifferenza ma disorientamento, perciò la gente cerca a suo modo di semplificare. Il populismo è certamente una semplificazione. Avreste mai pensato un anno fa che sommando insieme Berlusconi e Grillo si arrivasse almeno al 40 per cento dei consensi registrati dagli ultimi sondaggi? Se non addirittura al 50?
Berlusconi ormai promette la luna a ruota libera; Grillo lancia il suo "vaffa" in tutte le direzioni, sui partiti, sulla politica, sull'Europa, sullo "spread", sull'euro. Se sapesse che Aristotele enunciò la primazia della politica su tutte le altre attività dello spirito, il "vaffa" colpirebbe sicuramente anche lui.
È possibile che metà degli elettori possano affidarsi a questi Dulcamara? È una semplificazione del tipo "fai da te"; gli schieramenti in campo sono troppi, le differenze tra loro sono sofisticate, il "fai da te" sceglie i due populismi che, ovviamente, sono contrapposti tra loro.
Aggiungeteci la Lega che ha un solo obiettivo: conquistare la regione Lombardia e contrapporre la macro-Regione padana al resto d'Italia. Piemonte-Lombardia-Veneto detteranno legge al governo nazionale, quale che sia il suo colore.
Ma aggiungeteci anche Ingroia che guida una lista molto minoritaria ma che può essere determinante in alcune Regioni, tra le quali la Lombardia, la Sicilia, la Campania. Determinante non per vincere ma per far vincere Berlusconi e la Lega. Analoga in quelle Regioni è la posizione di Monti. A chi contesta ad Ingroia questo gioco a perdere per far vincere il peggiore, la risposta l'ha data Marco Travaglio venerdì scorso a "Otto e mezzo": il risultato sarà un Parlamento ingovernabile e quindi una legislatura che durerà pochi mesi. Poi si tornerà a votare; forse allora saranno nate una nuova sinistra e una nuova destra, formate tutte e due da gente nuova, anzi nuovissima, alla politica.
Dopo 70 giorni di campagna elettorale che sta per chiudersi, queste belle menti auspicano altri cinque mesi di paese ingovernato e altri tre mesi di campagna elettorale. L'Italia resterà dunque senza guida fino al prossimo ottobre con la prospettiva che nasca a quel punto una maggioranza Ingroia-Grillo. Nel frattempo il mercato avrà messo in mutande la nostra economia e quello che avanza di industria e occupazione. Complimenti di tutto cuore.
* * *
Per completare lo scenario che sta davanti ai nostri occhi bisogna ora spostarsi dall'Italia all'Europa di cui siamo parte integrante. Ci sono stati in questi giorni due fatti nuovi: il Consiglio dei primi ministri dei 27 Paesi aderenti all'Unione europea e il Consiglio d'amministrazione della Banca centrale (Bce).
Il Consiglio dei ministri e la Commissione si sono incontrati a Bruxelles e hanno discusso per 25 ore di seguito, senza dormire e mangiando qualche panino. Anche lì c'era molta confusione, ciascuno aveva i propri interessi da difendere, magari a scapito dell'interesse generale europeo. Alla fine è stato trovato un compromesso che si può riassumere così: gli interessi dei singoli Paesi membri sono stati tutti parzialmente soddisfatti e, infatti, le decisioni sono state votate all'unanimità come è previsto poiché ciascun Paese ha un diritto di veto e l'unanimità è quindi indispensabile.
Ma sono stati pagati due prezzi molto alti per ottenere questo risultato: il bilancio europeo, che avrebbe dovuto essere largamente aumentato, è stato invece tagliato rispetto al bilancio in vigore da sette anni.
Il Parlamento europeo, anch'esso quasi all'unanimità, si è però opposto a questo taglio e ha messo il veto a quel compromesso. La questione è dunque aperta ed è della massima importanza. Basteranno due cifre per dare l'idea concreta del problema: il bilancio federale degli Usa rappresenta il 22 per cento del Pil americano, il bilancio dell'Unione europea rappresenta invece l'1 per cento del Pil dei Paesi confederati.
Il secondo prezzo pagato a Bruxelles riguarda la politica di crescita economica, per altro da tutti auspicata a parole però, perché non un centesimo, non un provvedimento, non un'idea che rilanci la creatività è stata messa sul tavolo, se non la raccomandazione ad accrescere la flessibilità dei sistemi economici.
Monti è tornato a casa con un piccolo tesoretto di quasi quattro miliardi di euro. Non è molto ma nemmeno poco. Sul resto nulla poteva fare da solo e nulla ha fatto.
* * *
Mentre queste cose accadevano a Bruxelles, a Francoforte Mario Draghi ha messo a fuoco una questione della massima importanza. Riguarda il tasso di cambio euro-dollaro che ormai da molti mesi si è apprezzato a favore dell'euro toccando il suo massimo di 1,36 dollari per euro giovedì scorso. Ma il giorno dopo è intervenuto Draghi ricordando che la Bce non può intervenire sul mercato dei cambi perché il suo statuto non lo prevede. La Bce ha due soli compiti: garantire la stabilità dei prezzi e assicurare al sistema bancario la necessaria liquidità.
L'apprezzamento dell'euro nei confronti del dollaro - ha detto Draghi - è un fatto positivo in questa fase di crisi economica perché è il segno che molti investitori acquistano euro dimostrando con ciò di avere fiducia nella moneta europea piuttosto che in altre valute. Tuttavia - ha proseguito - un eccessivo apprezzamento dell'euro potrebbe abbassare il tasso di inflazione al di sotto dell'attuale livello del 2 per cento che è ritenuto ottimale per la stabilità dei prezzi. Se da questo livello si dovesse scendere nei prossimi mesi verso l'1 per cento, ci si avvierebbe verso una fase di deflazione con un mutamento negativo nella stabilità dei prezzi. In questo caso, intervenire sul cambio estero rientrerebbe nei compiti statutari della Bce che è pronta a farvi fronte.
Risultato: dopo quell'intervento puramente verbale, venerdì il cambio è sceso all'1,33 rispetto al dollaro. Draghi ha confermato così la sua capacità tattica e strategica per salvaguardare il sistema dal punto di vista della politica monetaria, tenendo aperta la porta ai governi affinché prendano le necessarie decisioni per rilanciare l'economia reale. Purtroppo alla sagacia di Draghi non fa riscontro una altrettanto viva sensibilità dei governi per l'interesse generale dell'Europa.
* * *
Mi permetto di suggerire ai lettori il film dedicato a Lincoln: racconta come e con quali prezzi la confederazione degli Stati Uniti d'America diventò uno Stato federale. Per realizzare quest'obiettivo, senza il quale la storia del mondo sarebbe stata completamente diversa, fu necessaria una guerra civile durata quattro anni con seicentomila morti, più della somma dei morti americani nelle due guerre mondiali del Novecento. E, come non bastasse, anche l'assassinio dello stesso Lincoln tre giorni dopo la vittoria e la firma della pace.
L'Europa ha già pagato un prezzo altissimo di sangue, versato in secoli di guerre tra gli Stati europei. L'ultima di esse ha fatto addirittura 41 milioni di morti tra militari, civili e genocidi orrendi. Da questo punto di vista abbiamo larghissimamente pagato e infatti da allora l'Europa ha trascorso quasi 70 anni in pace. Ma l'Europa federale ancora non è nata.
Non abbiamo molto tempo per farla nascere; l'economia globale prevede confronti tra continenti. L'Europa ha più di mezzo miliardo di abitanti, possiede un'antica ricchezza, un'alta vocazione tecnologica e scientifica, è bagnata da tre mari e confina con l'Asia e con l'Africa. Ha una forza potenziale enorme, l'Europa, ma diventerà del tutto irrilevante se continuerà ad essere sgovernata da una confederazione di Stati con una moneta comune usata da poco più della metà di essi.
Abbiamo a disposizione non più di una decina di anni di tempo per arrivare a quel risultato e, poiché si tratta d'un percorso fitto di ostacoli, occorre intraprenderlo da subito. Non è un obiettivo che viene dopo gli interessi nazionali perché è esso stesso un interesse nazionale e non può essere accantonato o timidamente sostenuto. L'Europa deve diventare uno Stato con il suo bilancio, un suo governo, un suo Parlamento, una sua Banca centrale. Per ora ci sono soltanto timidi abbozzi dai quali emerge soltanto un Consiglio intergovernativo che decide solo all'unanimità o con maggioranze altissime dell'80 per cento. Se resteremo in queste condizioni, tra dieci anni saremo solo una memoria nella storia culturale del pianeta. E nulla più.
P. S. È stato detto tutto il dicibile sulla proposta berlusconiana di abolire l'Imu sulla prima casa rimborsandone entro un mese l'ammontare pagato dai contribuenti. Ma non è stato ancora ricordato un punto di fondo: l'Imu varata nel dicembre 2011 è un'imposta patrimoniale progressiva: i proprietari d'una casa di lusso, con più elevata rendita catastale, situata in quartieri di prestigio, hanno pagato con aliquote progressive. Su 3,9 miliardi di gettito l'abolizione prospettata da Berlusconi sarebbe un grosso regalo ai proprietari di reddito medio alto e altissimo e un'elemosina di pochi spiccioli alla massa dei contribuenti. L'imposta progressiva una volta abolita si trasforma in un beneficio "regressivo" che premia pochi ricchi e fa elemosina a molti poveri. Questo è il vero e maggior difetto della velleitaria proposta berlusconiana.
(10 febbraio 2013)
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Re: Come se ne viene fuori ?
«Gli italiani stessi forse non se ne rendono conto, .........ma il loro è un Paese chiave per tutto l’Occidente – per certi versi ne definisce l’anima -.......... e il collasso visibilmente in corso è una tragedia che pagheremo tutti, ...............nei decenni e forse nei secoli» Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, opinionista de La Stampa
Sotto le macerie – 122
Cronaca di un affondamento - 72
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc – 50
Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 26
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Gran finalino, ultimi 14 giorni
1) 10 febbraio 2013
1-1 .. Elezioni, Monti: “Bersani infantile”.
1-2 .. Albertini a Ichino: “Schizofrenico”
1-3 .. Il presidente del Consiglio all'attacco del segretario Pd: "I risultati in Europa dello statista Berlusconi li conosciamo, quelli del candidato di sinistra ancora no".
1-4 .. Monti ai democratici: "Nessun accordo se ci saranno veti di Sel sul lavoro".
1-5 .. Poi qualche tono "berlusconiano": "Io insultato e aggredito".
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1-3 .. Il presidente del Consiglio all'attacco del segretario Pd: "I risultati in Europa dello statista Berlusconi li conosciamo, quelli del candidato di sinistra ancora no".
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1-3 .. Il presidente del Consiglio all'attacco del segretario Pd: "I risultati in Europa dello statista Berlusconi li conosciamo, quelli del candidato di sinistra ancora no".
1-4 .. Monti ai democratici: "Nessun accordo se ci saranno veti di Sel sul lavoro".
1-5 .. Poi qualche tono "berlusconiano": "Io insultato e aggredito".
1-6 .. Albertini: “La lista Monti non è la succursale del Pd”
1-7 ..Grillo in Veneto: "Siamo primi.Ecco perché hanno paura di noi"
1-8 .. Il portavoce dei Cinque Stelle: "Apriremo il Parlamento come una scatola d'acciughe. Saranno costretti a seguirci o a sparire"
1-9 .. Il portavoce dei Cinque Stelle: Tasse? "Via Equitalia". Gli imprenditori? "Abbiano il coraggio di impegnarsi come ho fatto io"
1-10.. Il Cavaliere si dice disponibile a dialogare con il Pd sulla riforma della Costituzione, "una priorità per il Paese".
1-11.. La replica di Bersani: "Si riposi"
1-12.. Il segretario dei democratici, da Torino, risponde: "Quando arriveranno le nostre riforme non gli piaceranno".
1-13.. alle accuse di essere come Ceausescu, B. risponde: "Magari, avrei poteri che non ho mai avuto"
1-14.. Bersani critiche a Monti sul bilancio Ue: "Festeggiava solo Cameron"
1-15.. D'ALEMA: "MONTI POCO INFLUENTE IN EUROPA"
1-16.. MARONI FERMA B. SUL CONDONO: "SOLO UNA OPINIONE"
1-17.. Meloni: "Mi sono vergognata del Pdl"
1-18.. La replica: "Non sputare nel piatto..."
1-19.. Vespa: "Troppi cortigiani in politica" …………> (Se lo dice lui………………..)
1-20 Bersani: «Smacchieremo il giaguaro Berlusconi»
1-21 Schröder e il dopo-voto: Bersani e Monti sono compatibili. «Il Professore ha guidato l'Italia nella direzione giusta, Pier Luigi non sconfesserà questa linea»
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1) 10 febbraio 2013
1-1 .. Elezioni, Monti: “Bersani infantile”.
1-2 .. Albertini a Ichino: “Schizofrenico”
1-3 .. Il presidente del Consiglio all'attacco del segretario Pd: "I risultati in Europa dello statista Berlusconi li conosciamo, quelli del candidato di sinistra ancora no".
1-4 .. Monti ai democratici: "Nessun accordo se ci saranno veti di Sel sul lavoro".
1-5 .. Poi qualche tono "berlusconiano": "Io insultato e aggredito".
1-6 .. Albertini: “La lista Monti non è la succursale del Pd”
1-7 ..Grillo in Veneto: "Siamo primi.Ecco perché hanno paura di noi"
1-8 .. Il portavoce dei Cinque Stelle: "Apriremo il Parlamento come una scatola d'acciughe. Saranno costretti a seguirci o a sparire"
1-9 .. Il portavoce dei Cinque Stelle: Tasse? "Via Equitalia". Gli imprenditori? "Abbiano il coraggio di impegnarsi come ho fatto io"
1-10.. Il Cavaliere si dice disponibile a dialogare con il Pd sulla riforma della Costituzione, "una priorità per il Paese".
1-11.. La replica di Bersani: "Si riposi"
1-12.. Il segretario dei democratici, da Torino, risponde: "Quando arriveranno le nostre riforme non gli piaceranno".
1-13.. alle accuse di essere come Ceausescu, B. risponde: "Magari, avrei poteri che non ho mai avuto"
1-14.. Bersani critiche a Monti sul bilancio Ue: "Festeggiava solo Cameron"
1-15.. D'ALEMA: "MONTI POCO INFLUENTE IN EUROPA"
1-16.. MARONI FERMA B. SUL CONDONO: "SOLO UNA OPINIONE"
1-17.. Meloni: "Mi sono vergognata del Pdl"
1-18.. La replica: "Non sputare nel piatto..."
1-19.. Vespa: "Troppi cortigiani in politica" …………> (Se lo dice lui………………..)
1-20 Bersani: «Smacchieremo il giaguaro Berlusconi»
1-21 Schröder e il dopo-voto: Bersani e Monti sono compatibili. «Il Professore ha guidato l'Italia nella direzione giusta, Pier Luigi non sconfesserà questa linea»
Re: Come se ne viene fuori ?
Italia delle truffe, 300 milioni di danni
Dai ponti scivolosi alle merendine
10 febbraio, 18:24
Dal ponte di Venezia 'scivoloso' al maestro marchigiano che mette in tasca alimenti destinati agli alunni, passando per casi malasanità, corruzione, frode. E' l'Italia degli sprechi e delle frodi fotografata in un dossier messo a punto dalla procura generale della Corte dei Conti che ha messo insieme le iniziative più rilevanti dei procuratori regionali. Casi che nel 2012 hanno comportato un pregiudizio economico che "in base ad un calcolo necessariamente provvisorio si valuta in oltre 293,632 milioni di euro".
La Corte dei Conti ha scandagliato l'attività condotta lo scorso anno da tutte le procure regionali e ha messo insieme "le fattispecie di particolare interesse, anche sociale, rilevanti per il singolo contenuto e per il pregiudizio economico spesso ingente". Dal parcheggio messo sotto sequestro a Genova perché insisteva in un sito sottoposto a vincolo storico-paessaggistico al giro di mazzette nelle camere mortuarie dei nosocomi di Milano, dalle consulenze "inutili" (così le definisce la stessa magistratura contabile) della provincia di Napoli o della "erronea" utilizzazione del tariffario da parte delle Asl calabresi per le prestazioni specialistiche e di laboratorio, la casistica delle truffe e dei danni allo Stato è ampia. Nei faldoni finiti nel mirino dei magistrati contabili anche consulenze non lecite, "imprudenza nella stipulazione di contratti di finanza derivata", omessa riscossione delle imposte.
ansa
Dai ponti scivolosi alle merendine
10 febbraio, 18:24
Dal ponte di Venezia 'scivoloso' al maestro marchigiano che mette in tasca alimenti destinati agli alunni, passando per casi malasanità, corruzione, frode. E' l'Italia degli sprechi e delle frodi fotografata in un dossier messo a punto dalla procura generale della Corte dei Conti che ha messo insieme le iniziative più rilevanti dei procuratori regionali. Casi che nel 2012 hanno comportato un pregiudizio economico che "in base ad un calcolo necessariamente provvisorio si valuta in oltre 293,632 milioni di euro".
La Corte dei Conti ha scandagliato l'attività condotta lo scorso anno da tutte le procure regionali e ha messo insieme "le fattispecie di particolare interesse, anche sociale, rilevanti per il singolo contenuto e per il pregiudizio economico spesso ingente". Dal parcheggio messo sotto sequestro a Genova perché insisteva in un sito sottoposto a vincolo storico-paessaggistico al giro di mazzette nelle camere mortuarie dei nosocomi di Milano, dalle consulenze "inutili" (così le definisce la stessa magistratura contabile) della provincia di Napoli o della "erronea" utilizzazione del tariffario da parte delle Asl calabresi per le prestazioni specialistiche e di laboratorio, la casistica delle truffe e dei danni allo Stato è ampia. Nei faldoni finiti nel mirino dei magistrati contabili anche consulenze non lecite, "imprudenza nella stipulazione di contratti di finanza derivata", omessa riscossione delle imposte.
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Re: Come se ne viene fuori ?
«Gli italiani stessi forse non se ne rendono conto, .........ma il loro è un Paese chiave per tutto l’Occidente – per certi versi ne definisce l’anima -.......... e il collasso visibilmente in corso è una tragedia che pagheremo tutti, ...............nei decenni e forse nei secoli» Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, opinionista de La Stampa
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Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 28
Il Vanna Marchi Show - 7
Gran finalino, ultimi 14 giorni
Lo squallore di questa società in avanzato stato di decomposizione diventa ancora più evidente dal livello prodotto nella campagna elettorale che sta finalmente per concludersi. Di questa fiera dello stupidario d’autore non se ne può veramente più.
Rai3 dispone di un proprio archivio delle puntate di Agorà, il talk politico della Rai in risposta alla serie fortunata di Omnibus de La 7.
La stessa Rete 7, da qualche mese ha intensificato la sua produzione con una trasmissione notturna di Omnibus che inizia dopo la mezzanotte.
E’ completamente inutile pubblicare tutti link, basta andare sui rispettivi siti per rivedere le puntare e rendersi conto di persona cosa è successo e cosa prevedibilmente accadrà ancora nei prossimi giorni.
Questo vale anche per tutti gli altri talk politici.
La certificazione che i partiti sono falliti nel novembre del 2011, è data dalla presenza del governo Monti.
La certificazione che il fallimento permane invariato lo si riscontra nella qualità di questa campagna elettorale.
Doveva essere l’occasione della ripartenza invece siamo in presenza di un prolungamento dell’agonia delle seconda Repubblica.
Massimo Giannini, il vice direttore de La Repubblica, venerdì scorso ha prodotto un quadro allarmante del capitalismo italiano, sostenendo che siamo all’anno zero.
Un articolo di quel genere avrebbe dovuto far scaturire un dibattito di grandi dimensioni per chi dovrebbe avere ancora la spina dorsale dritta. E invece nulla, assolutamente nulla, zero. Segno evidente che siamo all’interno della “morta gora”.
(Inferno – Canto VIII – verso 31
Mentre noi corravam la morta gora,
dinanzi mi si fece un pien di fango,
e disse: «Chi se’ tu che vieni anzi ora?».
*
La morta gora, le acque putride e morte che non scorrono dello Stige)
Ripugnante, e non può non esserlo, l’impiego dei termini usati, e la completa assenza della volontà a risolvere problemi specifici del Paese prospettando soluzioni minimamente credibili che accertino l’intenzione di cambiare.
Da destra a sinistra è evidente la consapevolezza che si possa ancora una volta di più carpire la buona fede degli elettori, considerandoli degli imbecilli integrali conclamati senza speranza.
Per contro, nella vita privata di tutti i giorni, nei rapporti interpersonali, i cittadini italiani non accetterebbero mai proposte indecenti, bufale e panzane, come invece nel modo del tutto inspiegabile accettano dai politici.
Ripugnante insistere con slogan logori e completamente privi di consistenza.
Giannino Guareschi ha saputo cogliere l’impostazione delle prime elezioni del 18 aprile del 1948, raccontandocela nella serie di Don Camillo.
La modalità della conduzione delle campagne elettorali di quegli anni era comprensibile per lo stato dell’arte di quell’epoca a scarsa scolarizzazione e in presenza di un solo mezzo di comunicazione di massa come la radio.
Oggi la scolarizzazione non è assolutamente paragonabile a quella del periodo 1948-1953. Ma soprattutto la trasformazione dei mezzi di comunicazione di massa ha fatto passi giganteschi, impensabili in quei giorni.
La logica ci dovrebbe indurre a credere che il livello di approccio di questa campagna elettorale dovesse essere consona ai livelli odierni.
E invece no, non è così. Considerare gli elettori autentici imbecilli che possano accettare le mostruose pirlate che i politici gli propinano con la consapevolezza esplicita di truffarli, è irriducibilmente “ripugnante”.
Il Paese ricomincerà a ripartire solo e soltanto quando ci sarà un ricambio completo di questa classe dirigente che si agita solo per rimanere all’interno della “morta gora”.
Sotto le macerie – 124
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Lo squallore di questa società in avanzato stato di decomposizione diventa ancora più evidente dal livello prodotto nella campagna elettorale che sta finalmente per concludersi. Di questa fiera dello stupidario d’autore non se ne può veramente più.
Rai3 dispone di un proprio archivio delle puntate di Agorà, il talk politico della Rai in risposta alla serie fortunata di Omnibus de La 7.
La stessa Rete 7, da qualche mese ha intensificato la sua produzione con una trasmissione notturna di Omnibus che inizia dopo la mezzanotte.
E’ completamente inutile pubblicare tutti link, basta andare sui rispettivi siti per rivedere le puntare e rendersi conto di persona cosa è successo e cosa prevedibilmente accadrà ancora nei prossimi giorni.
Questo vale anche per tutti gli altri talk politici.
La certificazione che i partiti sono falliti nel novembre del 2011, è data dalla presenza del governo Monti.
La certificazione che il fallimento permane invariato lo si riscontra nella qualità di questa campagna elettorale.
Doveva essere l’occasione della ripartenza invece siamo in presenza di un prolungamento dell’agonia delle seconda Repubblica.
Massimo Giannini, il vice direttore de La Repubblica, venerdì scorso ha prodotto un quadro allarmante del capitalismo italiano, sostenendo che siamo all’anno zero.
Un articolo di quel genere avrebbe dovuto far scaturire un dibattito di grandi dimensioni per chi dovrebbe avere ancora la spina dorsale dritta. E invece nulla, assolutamente nulla, zero. Segno evidente che siamo all’interno della “morta gora”.
(Inferno – Canto VIII – verso 31
Mentre noi corravam la morta gora,
dinanzi mi si fece un pien di fango,
e disse: «Chi se’ tu che vieni anzi ora?».
*
La morta gora, le acque putride e morte che non scorrono dello Stige)
Ripugnante, e non può non esserlo, l’impiego dei termini usati, e la completa assenza della volontà a risolvere problemi specifici del Paese prospettando soluzioni minimamente credibili che accertino l’intenzione di cambiare.
Da destra a sinistra è evidente la consapevolezza che si possa ancora una volta di più carpire la buona fede degli elettori, considerandoli degli imbecilli integrali conclamati senza speranza.
Per contro, nella vita privata di tutti i giorni, nei rapporti interpersonali, i cittadini italiani non accetterebbero mai proposte indecenti, bufale e panzane, come invece nel modo del tutto inspiegabile accettano dai politici.
Ripugnante insistere con slogan logori e completamente privi di consistenza.
Giannino Guareschi ha saputo cogliere l’impostazione delle prime elezioni del 18 aprile del 1948, raccontandocela nella serie di Don Camillo.
La modalità della conduzione delle campagne elettorali di quegli anni era comprensibile per lo stato dell’arte di quell’epoca a scarsa scolarizzazione e in presenza di un solo mezzo di comunicazione di massa come la radio.
Oggi la scolarizzazione non è assolutamente paragonabile a quella del periodo 1948-1953. Ma soprattutto la trasformazione dei mezzi di comunicazione di massa ha fatto passi giganteschi, impensabili in quei giorni.
La logica ci dovrebbe indurre a credere che il livello di approccio di questa campagna elettorale dovesse essere consona ai livelli odierni.
E invece no, non è così. Considerare gli elettori autentici imbecilli che possano accettare le mostruose pirlate che i politici gli propinano con la consapevolezza esplicita di truffarli, è irriducibilmente “ripugnante”.
Il Paese ricomincerà a ripartire solo e soltanto quando ci sarà un ricambio completo di questa classe dirigente che si agita solo per rimanere all’interno della “morta gora”.
Re: Come se ne viene fuori ?
purtroppo ci dobbiamo fare piacere questa minestra , almeno 'sto giro, sperando che sia un mezzo reset.
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