Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
IL NOSTRO CAPITALISMO MARCIO E MALATO FINISCE IN TRIBUNALE
(Giorgio Meletti).
14/02/2013 di triskel182
[img]
http://triskel182.files.wordpress.com/2 ... pic3b9.jpg[/img]
FINMECCANICA, MONTEPASCHI, ENI-SAIPEM, MA NON SOLO TUTTI I GRANDI GRUPPI SONO STRETTI FRA IL DISASTRO DEI CONTI E LE INDAGINI DEI MAGISTRATI SUL MALAFFARE.
Ci vorrebbe troppa fantasia per attribuire il tetro spettacolo di questi mesi (il capitalismo italiano alla sbarra) all’accanimento giudiziario. E non solo perché le due liste – i blasoni industriali e finanziari coinvolti e le Procure che indagano – sono troppo lunghe per far credere a un complotto di toghe. Soprattutto è ormai evidente che arresti e rinvii a giudizio non sono causa delle difficoltà delle nostre maggiori aziende, ma il loro sintomo più sinistro.
Sono finiti i soldi
La grande crisi finanziaria iniziata nell’agosto 2007 ha semplicemente accelerato lo smottamento del decrepito capitalismo di relazione all’italiana, nel quale la forza dei capitali è stata surrogata dalle perversioni di un reticolo di alleanze, amicizie, favori. Ma quando i soldi sono finiti veramente, ecco il ricorso quasi obbligato al reato, come unico strumento di mantenimento del potere. Con i cosiddetti “salotti finanziari” di un tempo che si trasfigurano in decadente oligarchia cleptomane. Partiamo dalla Fiat (noblesse oblige): la Corte d’appello di Torino sta processando per aggiotaggio informativo i due più fidati collaboratori dell’avvocato Gianni Agnelli, Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens. Una complicata storia processuale, destinata alla prescrizione, ma piena di significato. Nel settembre 2005 la Fiat non era in grado di pagare i suoi debiti con le maggiori banche italiane, e i debiti si sarebbero convertiti in azioni. L’azienda sarebbe diventata delle banche, e la famiglia Agnelli ne avrebbe perso il controllo. Con un gioco di prestigio ai confini della realtà, condotto a termine mentre la Consob si girava dall’altra parte, Gabetti e Grande Stevens salvarono la situazione, secondo l’accusa ingannando il mercato. Anche se fossero riconosciuti innocenti, rimane il fatto che i due hanno salvato il controllo della Fiat in mano a una famiglia ormai priva dei capitali necessari.
Un tema ricorrente, continuare a comandare senza metterci i soldi. Prendete il caso Fonsai. L’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, è indagato per ostacolo alla vigilanza per il cosiddetto papello, il foglietto con il quale sarebbe stata promessa a Salvatore Ligresti la sontuosa buonuscita di 45 milioni. Anche Ligresti è indagato, come i suoi figli e l’ex presidente dell’Isvap Giancarlo Giannini. Mettiamo da parte lo specifico giudiziario e guardiamo alla sostanza della storia. Mediobanca è azionista di controllo della prima compagnia di assicurazioni italiana (le Generali) e dunque da sempre vigila sul destino della seconda, Fondiaria-Sai. Dopo il crac Montedison c’era da sistemare la Fondiaria, e Mediobanca la affidò all’amico e protetto di sempre, Ligresti, che la fuse con la sua Sai. Quando le cose sono andate male, Ligresti non aveva capitali per raddrizzare la barca. Per non vedere la concorrente delle Generali finire in mani ostili, Mediobanca ha organizzato prestiti miliardari provenienti da tutto il sistema bancario. Di suo ha dato a Ligresti oltre un miliardo. Il costruttore siciliano è accusato di anche di essersi fatto gli affari suoi a danno dell’azienda, ma i reati sono cominciati quando si è trattato di salvare Fonsai affidandola a nuove mani amiche, quella della a sua volta indebitatissima Unipol.
Comandare con il debito
Guardate Telecom Italia. Il suo peccato originale è la scalata di RobertoColaninno, che nel 1999 ha lanciato l’Opa (offerta pubblica d’acquisto) attraverso l’Olivetti, che si indebitò per decine di miliardi di euro. I nuovi padroni fusero Telecom con Olivetti, così la società telefonica è rimasta con addosso i debiti fatti per comprarla, e da oltre dieci anni vivacchia, facendo dell’Italia uno dei Paesi più arretrati nelle reti di comunicazione. Quando gli azionisti lavorano più per le proprie tasche che per l’azienda, i manager si adeguano. Ed ecco che ai primi del 2010 il numero uno della potente controllata Telecom Italia Sparkle, Stefano Mazzitelli, viene arrestato con l’accusa di una gigantesca truffa sull’Iva attraverso false fatturazioni. Indagato con lui l’ex amministratore delegato Telecom, Riccardo Ruggiero. Lo scherzo costa al gruppo, in prima approssimazione 500 milioni di euro.
Tutto si tiene, l’oligarchia cleptomane sembra fare riferimento a un drappello di abili ufficiali di collegamento. Per lo scandalo Sparkle viene arrestato Lorenzo Cola, consulente dell’allora capo di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini. Cola risulta in affari con Gennaro Mokbel, e insieme sono accusati di riciclaggio anche per un affare proprio con Finmeccanica, l’operazione Digint. L’inchiesta avanza e acchiappa il sistema degli appalti Enav, l’ente del controllo di volo. Sui radar sembra sia stata intessuta una fitta ragnatela di tangenti: appalti pubblici che passano attraverso un gruppo pubblico (Selex, cioè Finmeccanica) e finiscono alle aziende amiche.
Alla politica solo briciole
Ecco che la delinquenza dell’impresa privata incrocia la politica. Ma attenzione: la politica non è più l’epicentro della ruberia. La politica assiste, lascia fare, agevola, alle volte propizia il malaffare: ma per lei ci sono le briciole, qualche mancia, qualche favore, l’assunzione di un figlio o di un’amante. Lo scandalo Banca Popolare di Milano, che vede pesantemente coinvolto l’ex presidente Massimo Ponzellini, gira soprattutto attorno ai prestiti di favore fatti alle aziende degli amici e degli amici degli amici. Un fenomeno clamorosamente denunciato dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco e che riguarda tutto il sistema del credito. I signori delle banche, che sono in gran parte i signori delle Fondazioni, che si nominano tra loro e di nulla rispondono a nessuno, anche se gestiscono miliardi di capitali pubblici, spolpano i loro istituti facendo prestiti apparentemente inspiegabili. Ma lo scandalo Mps è il vero volto del problema: quando nel novembre del 2007 si compra la Banca Antonveneta a 9,3 miliardi dal Santander che l’ha appena pagata 6,6 miliardi, non si può credere che i più potenti banchieri europei abbiano lavorato in perfetta intesa per apparecchiare un tangentone da 2-3 miliardi di euro per qualche politico italiano. È evidente che il grosso del bottino resta a imprenditori e/o manager privati.
Esportare corruzione
E così apprendiamo dalla Procura di Busto Arsizio che Lorenzo Cola è più amico del numero uno di Finmeccanica Giuseppe Orsi che del suo predecessore Guarguaglini. E che il malaffare Selex-Enav è la pagliuzza per dare guazza ai politici e ai loro sgarrupati clientes, ma la vera trave è la corruzione internazionale con cui Finmeccanica supporta il proprio business. Orsi è stato arrestato per una tangente che avrebbe oliato la commessa da 563 milioni di euro per 12 elicotteri Agusta-Westland venduti al governo indiano. Contemporaneamente l’azienda italiana più globale, l’Eni, vede il suo amministratore delegato Paolo Scaroni, indagato per corruzione internazionale: avrebbe oliato ministri e boiardi algerini per ottenere commesse per la controllata Saipem. Vent’anni fa Scaroni patteggiò un anno e 4 mesi per uscire dall’inchiesta Mani Pulite, e l’accusa era di pagare tangenti a manager Enel per avere commesse per l’azienda impiantistica che guidava allora, la Techint. Adesso è accusato (ma lui nega tutto) di corrompere l’algerina Sonatrach per avere commesse per l’azienda impiantistica Saipem. Vedete il passaggio? Vent’anni fa scassinavi a colpi di mazzette le casse dello Stato italiano. Adesso i soldi si trovano più ad Algeri che a Roma.
Tentati dal crimine
Sono aziende messe in ginocchio dalla crisi quelle che macchiano il blasone con reati da strada. Il presidente del Monte dei Paschi, Alessandro Profumo, è indagato per frode fiscale: quando guidava Unicredit si sarebbe reso colpevole, secondo i “gravi indizi” rilevati dalla Cassazione, di “una complessa trama fraudolenta”, con operazioni fittizie su titoli finanziari all’estero, per far pagare alla banca meno tasse: 745 milioni di euro sottratti al fisco, secondo l’accusa. Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera è indagato per un caso simile, riferito a quando guidava Intesa Sanpaolo: il fisco ha lamentato oltre un miliardo di evasione. Nel recente Banchieri & compari, Gianni Dragoni calcola tra 4 e 5 miliardi le tasse non pagate dalle banche con questi sistemi: rapinano il fisco per aggiustare i bilanci. O cercano altre scorciatoie per arrotondare: le storie della Seb, controllata lussemburghese di Intesa Sanpaolo, e del Banco Desio, che il Fatto ha raccontato nei giorni scorsi, sono accomunate dalla pratica del riciclaggio, che sembra entrato nel core business delle grandi banche.
Nostalgia per il passato
Al confronto, l’inchiesta sull’azienda di famiglia dell’ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, che verte su conti svizzeri dove si sarebbe accumulato per anni un bel po’ di nero, stando alle ipotesi dell’accusa, fa quasi tenerezza. Suscita nostalgia per quel nebuloso passato in cui il gioco sporco era solo vizio laterale del capitalista, e non arma irrinunciabile per essere competitivi.
Da Il Fatto Quotidiano del 14/02/2013.
(Giorgio Meletti).
14/02/2013 di triskel182
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http://triskel182.files.wordpress.com/2 ... pic3b9.jpg[/img]
FINMECCANICA, MONTEPASCHI, ENI-SAIPEM, MA NON SOLO TUTTI I GRANDI GRUPPI SONO STRETTI FRA IL DISASTRO DEI CONTI E LE INDAGINI DEI MAGISTRATI SUL MALAFFARE.
Ci vorrebbe troppa fantasia per attribuire il tetro spettacolo di questi mesi (il capitalismo italiano alla sbarra) all’accanimento giudiziario. E non solo perché le due liste – i blasoni industriali e finanziari coinvolti e le Procure che indagano – sono troppo lunghe per far credere a un complotto di toghe. Soprattutto è ormai evidente che arresti e rinvii a giudizio non sono causa delle difficoltà delle nostre maggiori aziende, ma il loro sintomo più sinistro.
Sono finiti i soldi
La grande crisi finanziaria iniziata nell’agosto 2007 ha semplicemente accelerato lo smottamento del decrepito capitalismo di relazione all’italiana, nel quale la forza dei capitali è stata surrogata dalle perversioni di un reticolo di alleanze, amicizie, favori. Ma quando i soldi sono finiti veramente, ecco il ricorso quasi obbligato al reato, come unico strumento di mantenimento del potere. Con i cosiddetti “salotti finanziari” di un tempo che si trasfigurano in decadente oligarchia cleptomane. Partiamo dalla Fiat (noblesse oblige): la Corte d’appello di Torino sta processando per aggiotaggio informativo i due più fidati collaboratori dell’avvocato Gianni Agnelli, Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens. Una complicata storia processuale, destinata alla prescrizione, ma piena di significato. Nel settembre 2005 la Fiat non era in grado di pagare i suoi debiti con le maggiori banche italiane, e i debiti si sarebbero convertiti in azioni. L’azienda sarebbe diventata delle banche, e la famiglia Agnelli ne avrebbe perso il controllo. Con un gioco di prestigio ai confini della realtà, condotto a termine mentre la Consob si girava dall’altra parte, Gabetti e Grande Stevens salvarono la situazione, secondo l’accusa ingannando il mercato. Anche se fossero riconosciuti innocenti, rimane il fatto che i due hanno salvato il controllo della Fiat in mano a una famiglia ormai priva dei capitali necessari.
Un tema ricorrente, continuare a comandare senza metterci i soldi. Prendete il caso Fonsai. L’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, è indagato per ostacolo alla vigilanza per il cosiddetto papello, il foglietto con il quale sarebbe stata promessa a Salvatore Ligresti la sontuosa buonuscita di 45 milioni. Anche Ligresti è indagato, come i suoi figli e l’ex presidente dell’Isvap Giancarlo Giannini. Mettiamo da parte lo specifico giudiziario e guardiamo alla sostanza della storia. Mediobanca è azionista di controllo della prima compagnia di assicurazioni italiana (le Generali) e dunque da sempre vigila sul destino della seconda, Fondiaria-Sai. Dopo il crac Montedison c’era da sistemare la Fondiaria, e Mediobanca la affidò all’amico e protetto di sempre, Ligresti, che la fuse con la sua Sai. Quando le cose sono andate male, Ligresti non aveva capitali per raddrizzare la barca. Per non vedere la concorrente delle Generali finire in mani ostili, Mediobanca ha organizzato prestiti miliardari provenienti da tutto il sistema bancario. Di suo ha dato a Ligresti oltre un miliardo. Il costruttore siciliano è accusato di anche di essersi fatto gli affari suoi a danno dell’azienda, ma i reati sono cominciati quando si è trattato di salvare Fonsai affidandola a nuove mani amiche, quella della a sua volta indebitatissima Unipol.
Comandare con il debito
Guardate Telecom Italia. Il suo peccato originale è la scalata di RobertoColaninno, che nel 1999 ha lanciato l’Opa (offerta pubblica d’acquisto) attraverso l’Olivetti, che si indebitò per decine di miliardi di euro. I nuovi padroni fusero Telecom con Olivetti, così la società telefonica è rimasta con addosso i debiti fatti per comprarla, e da oltre dieci anni vivacchia, facendo dell’Italia uno dei Paesi più arretrati nelle reti di comunicazione. Quando gli azionisti lavorano più per le proprie tasche che per l’azienda, i manager si adeguano. Ed ecco che ai primi del 2010 il numero uno della potente controllata Telecom Italia Sparkle, Stefano Mazzitelli, viene arrestato con l’accusa di una gigantesca truffa sull’Iva attraverso false fatturazioni. Indagato con lui l’ex amministratore delegato Telecom, Riccardo Ruggiero. Lo scherzo costa al gruppo, in prima approssimazione 500 milioni di euro.
Tutto si tiene, l’oligarchia cleptomane sembra fare riferimento a un drappello di abili ufficiali di collegamento. Per lo scandalo Sparkle viene arrestato Lorenzo Cola, consulente dell’allora capo di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini. Cola risulta in affari con Gennaro Mokbel, e insieme sono accusati di riciclaggio anche per un affare proprio con Finmeccanica, l’operazione Digint. L’inchiesta avanza e acchiappa il sistema degli appalti Enav, l’ente del controllo di volo. Sui radar sembra sia stata intessuta una fitta ragnatela di tangenti: appalti pubblici che passano attraverso un gruppo pubblico (Selex, cioè Finmeccanica) e finiscono alle aziende amiche.
Alla politica solo briciole
Ecco che la delinquenza dell’impresa privata incrocia la politica. Ma attenzione: la politica non è più l’epicentro della ruberia. La politica assiste, lascia fare, agevola, alle volte propizia il malaffare: ma per lei ci sono le briciole, qualche mancia, qualche favore, l’assunzione di un figlio o di un’amante. Lo scandalo Banca Popolare di Milano, che vede pesantemente coinvolto l’ex presidente Massimo Ponzellini, gira soprattutto attorno ai prestiti di favore fatti alle aziende degli amici e degli amici degli amici. Un fenomeno clamorosamente denunciato dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco e che riguarda tutto il sistema del credito. I signori delle banche, che sono in gran parte i signori delle Fondazioni, che si nominano tra loro e di nulla rispondono a nessuno, anche se gestiscono miliardi di capitali pubblici, spolpano i loro istituti facendo prestiti apparentemente inspiegabili. Ma lo scandalo Mps è il vero volto del problema: quando nel novembre del 2007 si compra la Banca Antonveneta a 9,3 miliardi dal Santander che l’ha appena pagata 6,6 miliardi, non si può credere che i più potenti banchieri europei abbiano lavorato in perfetta intesa per apparecchiare un tangentone da 2-3 miliardi di euro per qualche politico italiano. È evidente che il grosso del bottino resta a imprenditori e/o manager privati.
Esportare corruzione
E così apprendiamo dalla Procura di Busto Arsizio che Lorenzo Cola è più amico del numero uno di Finmeccanica Giuseppe Orsi che del suo predecessore Guarguaglini. E che il malaffare Selex-Enav è la pagliuzza per dare guazza ai politici e ai loro sgarrupati clientes, ma la vera trave è la corruzione internazionale con cui Finmeccanica supporta il proprio business. Orsi è stato arrestato per una tangente che avrebbe oliato la commessa da 563 milioni di euro per 12 elicotteri Agusta-Westland venduti al governo indiano. Contemporaneamente l’azienda italiana più globale, l’Eni, vede il suo amministratore delegato Paolo Scaroni, indagato per corruzione internazionale: avrebbe oliato ministri e boiardi algerini per ottenere commesse per la controllata Saipem. Vent’anni fa Scaroni patteggiò un anno e 4 mesi per uscire dall’inchiesta Mani Pulite, e l’accusa era di pagare tangenti a manager Enel per avere commesse per l’azienda impiantistica che guidava allora, la Techint. Adesso è accusato (ma lui nega tutto) di corrompere l’algerina Sonatrach per avere commesse per l’azienda impiantistica Saipem. Vedete il passaggio? Vent’anni fa scassinavi a colpi di mazzette le casse dello Stato italiano. Adesso i soldi si trovano più ad Algeri che a Roma.
Tentati dal crimine
Sono aziende messe in ginocchio dalla crisi quelle che macchiano il blasone con reati da strada. Il presidente del Monte dei Paschi, Alessandro Profumo, è indagato per frode fiscale: quando guidava Unicredit si sarebbe reso colpevole, secondo i “gravi indizi” rilevati dalla Cassazione, di “una complessa trama fraudolenta”, con operazioni fittizie su titoli finanziari all’estero, per far pagare alla banca meno tasse: 745 milioni di euro sottratti al fisco, secondo l’accusa. Il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera è indagato per un caso simile, riferito a quando guidava Intesa Sanpaolo: il fisco ha lamentato oltre un miliardo di evasione. Nel recente Banchieri & compari, Gianni Dragoni calcola tra 4 e 5 miliardi le tasse non pagate dalle banche con questi sistemi: rapinano il fisco per aggiustare i bilanci. O cercano altre scorciatoie per arrotondare: le storie della Seb, controllata lussemburghese di Intesa Sanpaolo, e del Banco Desio, che il Fatto ha raccontato nei giorni scorsi, sono accomunate dalla pratica del riciclaggio, che sembra entrato nel core business delle grandi banche.
Nostalgia per il passato
Al confronto, l’inchiesta sull’azienda di famiglia dell’ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, che verte su conti svizzeri dove si sarebbe accumulato per anni un bel po’ di nero, stando alle ipotesi dell’accusa, fa quasi tenerezza. Suscita nostalgia per quel nebuloso passato in cui il gioco sporco era solo vizio laterale del capitalista, e non arma irrinunciabile per essere competitivi.
Da Il Fatto Quotidiano del 14/02/2013.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Pure l’orologio.
14/02/2013
di triskel182
Ieri mi sono dovuto sorbire le famose ”reazioni politiche” sulle cronache giudiziarie.
La sanità in Lombardia dove i giudici hanno inviato anche a Formigoni gli avvisi di fine indagine.
La sentenza di condanna per l’ex governatore Fitto.
La condanna all’ex capo del Sismi Niccolò Pollari.
L’arresto del manager (di nomina leghista, almeno così dicono le intercettazioni) di Finmeccanica, Giuseppe Orsi.
Formigoni:«Dopo 18 mesi di indagine, si continua a spargere fango con l’evidente volontà di distorcere la campagna elettorale». Poi, rispondendo alla accuse del candidato del centrosinistra, dice ad Ambrosoli di «ringraziare i magistrati per i regali che gli stanno facendo e non vada oltre, non parli di tangenti che non ci sono e che i magistrati si limitano ad ipotizzare. Di questa diffamazione risponderà in sede penale»
MARONI: “GIUSTIZIA AD OROLOGERIA” – La sanità in Lombardia “ha raggiunto livelli di eccellenza che non ha pari nelle altre Regioni. Ci sono delle inchieste in corso di cui ovviamente non si puo’ tacere anche se l’impressione e’, per l’ultimo caso, che, insomma, si tratti un po’ di giustizia a orologeria”
Alfano: «abbiamo l’impressione che con grande tempismo siano intervenuti tanti uffici giudiziari per creare un mega polverone che offuschi il grande scandalo di una banca che ha perso miliardi di euro anche provenienti dalle casse dello Stato». Il Monte dei Paschi di Siena, la banca rossa che finendo nel mirino della magistratura aveva fatto precipitare la credibilità dei «democrat», beccati con le mani nei conti correnti e nei derivati.
Insomma, il solito complottone delle toghe rosse, sparse nei vari distretti dell’Italia e unificate dall’intento di far vincere il PD alle prossime elezioni. Un complottone per bloccare la rimonta del PDL e di Berlusconi, per bloccare la rivoluzione delle scope di Maroni e della Lega: un complottone che, come diceva ieri al TGR Maroni stesso, mette a rischio i posti di lavoro (quelli del nord credo) di Finmeccanica.
Tutto per colpa delle procure …
Ma fino a quando vogliono prenderci in giro, questi signori?
Fitto è sotto inchiesta da anni.
Di Formigoni sappiamo tutto da mesi. Vita morte e miracoli (quelli di Daccò). Ma anche vacanze e resort.
Di Finmeccanica parlano le carte, le intercettazioni, i racconti di Borgogni. Che parla anche dei contatti con ex magistrati(come Grechi, pm a Milano) per condizionare l’inchiesta.
Pollari si è difeso dicendo che il segreto di stato non gli ha permette di difendersi. Ma cosa c’entra il segreto di stato con le accuse di rendition, di tortura?
E poi ci sono le storie di Alitalia, di Mps, di BPM, l’inchiesta su Telecom Sparkle e Finmecanica Enav. L’inchiesta su Scaroni e Saipem. Le banche che eludono i soldi al fisco (4 miliardi di euro, stimava Dragoni nel libro Banchieri e compari), la privatizzazione dell’Alitalia in mano ai patrioti, e la scalata a debito di Telecom. Fonsai svuotata dall’interno dai Ligresti e l’Isvap che non se ne accorgeva ..
E così ci ritroviamo in un paese senza banda larga, con le bollette dell’energia più care, con le banche a rischio dove aumentano i bonus dei manager e si licenziano dipendenti, ma il credito alle aziende diminuisce.
Tutta colpa della magistratura?
Altro che giustizia ad orologeria.
Pure l’orologio si sono rubati.
Da unoenessuno.blogspot.it
14/02/2013
di triskel182
Ieri mi sono dovuto sorbire le famose ”reazioni politiche” sulle cronache giudiziarie.
La sanità in Lombardia dove i giudici hanno inviato anche a Formigoni gli avvisi di fine indagine.
La sentenza di condanna per l’ex governatore Fitto.
La condanna all’ex capo del Sismi Niccolò Pollari.
L’arresto del manager (di nomina leghista, almeno così dicono le intercettazioni) di Finmeccanica, Giuseppe Orsi.
Formigoni:«Dopo 18 mesi di indagine, si continua a spargere fango con l’evidente volontà di distorcere la campagna elettorale». Poi, rispondendo alla accuse del candidato del centrosinistra, dice ad Ambrosoli di «ringraziare i magistrati per i regali che gli stanno facendo e non vada oltre, non parli di tangenti che non ci sono e che i magistrati si limitano ad ipotizzare. Di questa diffamazione risponderà in sede penale»
MARONI: “GIUSTIZIA AD OROLOGERIA” – La sanità in Lombardia “ha raggiunto livelli di eccellenza che non ha pari nelle altre Regioni. Ci sono delle inchieste in corso di cui ovviamente non si puo’ tacere anche se l’impressione e’, per l’ultimo caso, che, insomma, si tratti un po’ di giustizia a orologeria”
Alfano: «abbiamo l’impressione che con grande tempismo siano intervenuti tanti uffici giudiziari per creare un mega polverone che offuschi il grande scandalo di una banca che ha perso miliardi di euro anche provenienti dalle casse dello Stato». Il Monte dei Paschi di Siena, la banca rossa che finendo nel mirino della magistratura aveva fatto precipitare la credibilità dei «democrat», beccati con le mani nei conti correnti e nei derivati.
Insomma, il solito complottone delle toghe rosse, sparse nei vari distretti dell’Italia e unificate dall’intento di far vincere il PD alle prossime elezioni. Un complottone per bloccare la rimonta del PDL e di Berlusconi, per bloccare la rivoluzione delle scope di Maroni e della Lega: un complottone che, come diceva ieri al TGR Maroni stesso, mette a rischio i posti di lavoro (quelli del nord credo) di Finmeccanica.
Tutto per colpa delle procure …
Ma fino a quando vogliono prenderci in giro, questi signori?
Fitto è sotto inchiesta da anni.
Di Formigoni sappiamo tutto da mesi. Vita morte e miracoli (quelli di Daccò). Ma anche vacanze e resort.
Di Finmeccanica parlano le carte, le intercettazioni, i racconti di Borgogni. Che parla anche dei contatti con ex magistrati(come Grechi, pm a Milano) per condizionare l’inchiesta.
Pollari si è difeso dicendo che il segreto di stato non gli ha permette di difendersi. Ma cosa c’entra il segreto di stato con le accuse di rendition, di tortura?
E poi ci sono le storie di Alitalia, di Mps, di BPM, l’inchiesta su Telecom Sparkle e Finmecanica Enav. L’inchiesta su Scaroni e Saipem. Le banche che eludono i soldi al fisco (4 miliardi di euro, stimava Dragoni nel libro Banchieri e compari), la privatizzazione dell’Alitalia in mano ai patrioti, e la scalata a debito di Telecom. Fonsai svuotata dall’interno dai Ligresti e l’Isvap che non se ne accorgeva ..
E così ci ritroviamo in un paese senza banda larga, con le bollette dell’energia più care, con le banche a rischio dove aumentano i bonus dei manager e si licenziano dipendenti, ma il credito alle aziende diminuisce.
Tutta colpa della magistratura?
Altro che giustizia ad orologeria.
Pure l’orologio si sono rubati.
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Re: Come se ne viene fuori ?
«Gli italiani stessi forse non se ne rendono conto, .........ma il loro è un Paese chiave per tutto l’Occidente – per certi versi ne definisce l’anima -.......... e il collasso visibilmente in corso è una tragedia che pagheremo tutti, ...............nei decenni e forse nei secoli» Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, opinionista de La Stampa
Sotto le macerie – 143
Cronaca di un affondamento - 93
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc – 71
Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 47
MAY DAY,…….. MAY DAY,…….. MAY DAY - 12
Scenari
Tanto tra un anno si rivota
di Michele Ainis
Un anno e mezzo, a essere ottimisti. Perché i sondaggi non lasciano scampo: il prossimo Parlamento sarà una torre di Babele ingovernabile e incommestibile. E l'asse Monti-Bersani-Vendola è fragilissimo
(15 febbraio 2013)
Quanto durerà la prossima legislatura? I pessimisti dicono sei mesi. Io invece sposo l'ottimismo: durerà un anno, forse perfino un anno e mezzo. Ma sarà dura prolungarne l'esistenza, anche con l'idratazione forzata che il fu governo Berlusconi voleva somministrare alla fu Eluana Englaro.
Per quale ragione? Guardiamo per esempio il sondaggio Demos pubblicato da "Repubblica" l'8 febbraio, prima del silenziatore imposto ai rilevamenti elettorali dalla legge: Pd sotto il 30 per cento, Pdl al 20,4, Monti e Grillo al 16, Maroni al 5, Ingroia al 4, Vendola al 3,7. Con qualche zero virgola in più o in meno, questa stessa marmellata viene servita da tutti gli istituti demoscopici. Senza contare la lista di Giannino, che specialmente al Nord viaggia a gonfie vele. O senza misurare meglio la forza del Movimento 5 Stelle, con ogni probabilità sottostimata.
Risultato: il caos. Tutti contro tutti, una torre di Babele. E dunque Parlamento ingovernabile, governo incommestibile. Magari non subito, perché un minuto dopo le elezioni ci sarà da sparecchiare una tavola imbandita: la presidenza della Repubblica; quella delle due assemblee legislative; e poi la presidenza del Consiglio, col suo contorno di ministri, viceministri, sottosegretari. Quanto basta per saziare le voraci bocche dei politici. Il mal di pancia, però, guasterà la digestione. Tradotto: i sodalizi fra partiti ostili durano poco, come i matrimoni d'interesse. Sarà per questo che durante la campagna elettorale si parla soprattutto di alleanze, voti utili, elettori inutili. Il guaio è che ciascun alleato potenziale sputa in un occhio all'alleato altrui. Ingroia abbraccerà Bersani se lui negherà l'abbraccio a Monti. Quest'ultimo pretende viceversa che Bersani si liberi di Vendola. Altrimenti va bene anche il Pdl, purché senza la Lega. Mentre Berlusconi, pur di governare, stringerebbe un patto con il diavolo; peccato che per tutti gli altri sia proprio lui, il diavolo.
Da qui una doppia lezione. Primo: il bipolarismo è morto, pace all'anima sua. Dal 1994 in poi si erano confrontate due coalizioni acchiappatutto; adesso i principali contendenti sono almeno quattro (Bersani, Berlusconi, Grillo, Monti). E oltretutto ciascuno s'alleva in seno la vipera che gli morderà il capezzolo. Quanto ci metterà Casini (che ha strappato a Monti una dozzina di posti utili al Senato) a costituire un gruppo autonomo? Quanto reggerà l'asse tra Vendola e Bersani, tra Maroni e Berlusconi? E Grillo, saprà tenere unita la sua truppa in Parlamento? Insomma, troppi galli nel pollaio. E troppi sottogalli disegnati con la carta carbone: c'è una differenza fra i partiti di Vendola e di Ingroia, di La Russa e Storace? Sennonché non sono solo loro, ad avere la zucca confusa. Siamo confusi pure noi. Il vecchio ci fa venire l'orticaria, le novità suonano poco credibili (Monti) o incredibili (Grillo). E' il rantolo della seconda Repubblica, che ci ha donato in sorte 15 anni di stagnazione, cinque di recessione. Sicché, alla fine della giostra, il fallimento dei due poli di lotta e di governo ha sbriciolato il bipolarismo. E il Porcellum si sta rivelando, più che un argine, un traforo, dato che il 2 per cento schiude le porte del Palazzo. Anzi di meno, perché avanza un posto a tavola per il miglior perdente di ogni coalizione (ne sa qualcosa Fini).
Ecco allora la seconda lezione: il sistema politico è sempre più forte della legge elettorale. Se l'elettorato si fraziona, se si disarticola come una marionetta, non serve a nulla applicargli l'elmetto del maggioritario sulla testa. Gli procuriamo soltanto un mal di capo. E infatti il Porcellum, che dovrebbe stabilizzare il sistema, ora lo rende precario e ingovernabile. Sarebbe stato meglio, molto meglio, sostituirgli un proporzionale puro, ma con una soglia di sbarramento non impura (5 per cento). Non l'hanno fatto, perché si credono i più furbi del Reame. D'altronde nel 2005 ne era convinto pure Berlusconi. Battezzò il Porcellum, pensando di tirare uno sgambetto a Prodi; se invece si fosse tenuto il Mattarellum, avrebbe vinto lui. Sicché l'alba del 2013 riflette quella del 2006: o una legislatura nata morta, o votata a morte prematura.
michele.ainis@uniroma3.it
elezioni 2013
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... ta/2200483
Sotto le macerie – 143
Cronaca di un affondamento - 93
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc – 71
Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 47
MAY DAY,…….. MAY DAY,…….. MAY DAY - 12
Scenari
Tanto tra un anno si rivota
di Michele Ainis
Un anno e mezzo, a essere ottimisti. Perché i sondaggi non lasciano scampo: il prossimo Parlamento sarà una torre di Babele ingovernabile e incommestibile. E l'asse Monti-Bersani-Vendola è fragilissimo
(15 febbraio 2013)
Quanto durerà la prossima legislatura? I pessimisti dicono sei mesi. Io invece sposo l'ottimismo: durerà un anno, forse perfino un anno e mezzo. Ma sarà dura prolungarne l'esistenza, anche con l'idratazione forzata che il fu governo Berlusconi voleva somministrare alla fu Eluana Englaro.
Per quale ragione? Guardiamo per esempio il sondaggio Demos pubblicato da "Repubblica" l'8 febbraio, prima del silenziatore imposto ai rilevamenti elettorali dalla legge: Pd sotto il 30 per cento, Pdl al 20,4, Monti e Grillo al 16, Maroni al 5, Ingroia al 4, Vendola al 3,7. Con qualche zero virgola in più o in meno, questa stessa marmellata viene servita da tutti gli istituti demoscopici. Senza contare la lista di Giannino, che specialmente al Nord viaggia a gonfie vele. O senza misurare meglio la forza del Movimento 5 Stelle, con ogni probabilità sottostimata.
Risultato: il caos. Tutti contro tutti, una torre di Babele. E dunque Parlamento ingovernabile, governo incommestibile. Magari non subito, perché un minuto dopo le elezioni ci sarà da sparecchiare una tavola imbandita: la presidenza della Repubblica; quella delle due assemblee legislative; e poi la presidenza del Consiglio, col suo contorno di ministri, viceministri, sottosegretari. Quanto basta per saziare le voraci bocche dei politici. Il mal di pancia, però, guasterà la digestione. Tradotto: i sodalizi fra partiti ostili durano poco, come i matrimoni d'interesse. Sarà per questo che durante la campagna elettorale si parla soprattutto di alleanze, voti utili, elettori inutili. Il guaio è che ciascun alleato potenziale sputa in un occhio all'alleato altrui. Ingroia abbraccerà Bersani se lui negherà l'abbraccio a Monti. Quest'ultimo pretende viceversa che Bersani si liberi di Vendola. Altrimenti va bene anche il Pdl, purché senza la Lega. Mentre Berlusconi, pur di governare, stringerebbe un patto con il diavolo; peccato che per tutti gli altri sia proprio lui, il diavolo.
Da qui una doppia lezione. Primo: il bipolarismo è morto, pace all'anima sua. Dal 1994 in poi si erano confrontate due coalizioni acchiappatutto; adesso i principali contendenti sono almeno quattro (Bersani, Berlusconi, Grillo, Monti). E oltretutto ciascuno s'alleva in seno la vipera che gli morderà il capezzolo. Quanto ci metterà Casini (che ha strappato a Monti una dozzina di posti utili al Senato) a costituire un gruppo autonomo? Quanto reggerà l'asse tra Vendola e Bersani, tra Maroni e Berlusconi? E Grillo, saprà tenere unita la sua truppa in Parlamento? Insomma, troppi galli nel pollaio. E troppi sottogalli disegnati con la carta carbone: c'è una differenza fra i partiti di Vendola e di Ingroia, di La Russa e Storace? Sennonché non sono solo loro, ad avere la zucca confusa. Siamo confusi pure noi. Il vecchio ci fa venire l'orticaria, le novità suonano poco credibili (Monti) o incredibili (Grillo). E' il rantolo della seconda Repubblica, che ci ha donato in sorte 15 anni di stagnazione, cinque di recessione. Sicché, alla fine della giostra, il fallimento dei due poli di lotta e di governo ha sbriciolato il bipolarismo. E il Porcellum si sta rivelando, più che un argine, un traforo, dato che il 2 per cento schiude le porte del Palazzo. Anzi di meno, perché avanza un posto a tavola per il miglior perdente di ogni coalizione (ne sa qualcosa Fini).
Ecco allora la seconda lezione: il sistema politico è sempre più forte della legge elettorale. Se l'elettorato si fraziona, se si disarticola come una marionetta, non serve a nulla applicargli l'elmetto del maggioritario sulla testa. Gli procuriamo soltanto un mal di capo. E infatti il Porcellum, che dovrebbe stabilizzare il sistema, ora lo rende precario e ingovernabile. Sarebbe stato meglio, molto meglio, sostituirgli un proporzionale puro, ma con una soglia di sbarramento non impura (5 per cento). Non l'hanno fatto, perché si credono i più furbi del Reame. D'altronde nel 2005 ne era convinto pure Berlusconi. Battezzò il Porcellum, pensando di tirare uno sgambetto a Prodi; se invece si fosse tenuto il Mattarellum, avrebbe vinto lui. Sicché l'alba del 2013 riflette quella del 2006: o una legislatura nata morta, o votata a morte prematura.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Vox populi/Tanto tra un anno si rivota
La Babele ce l'hanno imposta i santoni del mercato. Quelli del : "ce lo chiede l'Europa" alias le lobbies europee. Guardate com'è attiva, e ben sponsorizzata, la LGBT. Ci stanno sfilando da sotto il naso: stato sociale, sanità, diritti e dignità nel mondo del lavoro. In cambio, a costo zero, ci vogliono rifilare matrimoni gays e adozioni gays/lesbo. La famiglia uomo&donna è sempre stata un grande punto di riferimento, anche culturale. Gli Stati Uniti d'Europa, di cui si riempie la bocca Bersani, ci faranno diventare "moderni" schiavi del mercato, alla stregua dei cinesi. Con la benedizione del WTO, FMI e BM. Su tutto il falso ideologico del debito pubblico...
Inviato da deusexmachina il 15 febbraio 2013 alle 20:39
***
Qui l'unica torre è quella mafiosa!!!
Inviato da overhall il 15 febbraio 2013 alle 20:32
***
I sondaggi sono farlocchi, apposta la casta è terrorizzata e si fa sponsorizzare dai padroni tedeschi e statunitensi. Il M5S sarà il primo partito.
Inviato da leuciscus il 15 febbraio 2013 alle 18:32
***
Questi politicanti sono un problema veramente grosso per noi italiani, peccato che il meteorite non sia precipitato sul parlamento quando erano presenti tutti, avremmo ottenuto il ricambio sognato.
Inviato da lufant il 15 febbraio 2013 alle 15:41
La Babele ce l'hanno imposta i santoni del mercato. Quelli del : "ce lo chiede l'Europa" alias le lobbies europee. Guardate com'è attiva, e ben sponsorizzata, la LGBT. Ci stanno sfilando da sotto il naso: stato sociale, sanità, diritti e dignità nel mondo del lavoro. In cambio, a costo zero, ci vogliono rifilare matrimoni gays e adozioni gays/lesbo. La famiglia uomo&donna è sempre stata un grande punto di riferimento, anche culturale. Gli Stati Uniti d'Europa, di cui si riempie la bocca Bersani, ci faranno diventare "moderni" schiavi del mercato, alla stregua dei cinesi. Con la benedizione del WTO, FMI e BM. Su tutto il falso ideologico del debito pubblico...
Inviato da deusexmachina il 15 febbraio 2013 alle 20:39
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Qui l'unica torre è quella mafiosa!!!
Inviato da overhall il 15 febbraio 2013 alle 20:32
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I sondaggi sono farlocchi, apposta la casta è terrorizzata e si fa sponsorizzare dai padroni tedeschi e statunitensi. Il M5S sarà il primo partito.
Inviato da leuciscus il 15 febbraio 2013 alle 18:32
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Questi politicanti sono un problema veramente grosso per noi italiani, peccato che il meteorite non sia precipitato sul parlamento quando erano presenti tutti, avremmo ottenuto il ricambio sognato.
Inviato da lufant il 15 febbraio 2013 alle 15:41
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Re: Come se ne viene fuori ?
SABATO MATTINA
Hacker all'attacco del sito del Tribunale
Al posto della home page appare un'immagine della maschera di «V for Vendetta», usata da Anonymous
Attacco hacker, sabato mattina, al sito del Tribunale di Milano. Il sitohttp://www.tribunale.milano.it/è stato oscurato con un'immagine della maschera di «V per Vendetta», solitamente usata dagli hacker di Anonymous, con i colori della bandiera italiana.
Sotto l'immagine appare un messaggio intitolato «Preparatevi ha inizio l'apocalisse!», firmato «LndTm 2013» (GUARDA).
http://milano.corriere.it/cronache/arti ... lano.shtml
I pirati informatici si definiscono «i giovani del popolo italiano» che «lavorano e sono stufi di essere presi per il culo, derubati, maltrattati da quei delinquenti che ci governano e da tutte le lobby che li supportano». «Da adesso pagheranno per tutto quello che hanno fatto», minaccia il gruppo, inneggiando a una «rivoluzione digitale».
Non si tratta degli stessi hacker che hanno attaccato il sito della polizia lo scorso ottobre. Ed è un attacco di tipo Sqli (Sql injection). Si tratta dunque di un gruppo nuovo di hacker di Anonymous.
DAP - Sempre sabato mattina ci sono stati problemi anche per il sito del Dap, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria nazionale.
Il sito http://www.polizia-penitenziaria.it/dap.aspper alcune ore risultava irraggiungibile per «Network Error». Intorno alle 14 la home page è stata ripristinata.
Giuseppe Guastella e Redazione Milano online16 febbraio 2013 | 14:23© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://milano.corriere.it/milano/notizi ... 0838.shtml
Hacker all'attacco del sito del Tribunale
Al posto della home page appare un'immagine della maschera di «V for Vendetta», usata da Anonymous
Attacco hacker, sabato mattina, al sito del Tribunale di Milano. Il sitohttp://www.tribunale.milano.it/è stato oscurato con un'immagine della maschera di «V per Vendetta», solitamente usata dagli hacker di Anonymous, con i colori della bandiera italiana.
Sotto l'immagine appare un messaggio intitolato «Preparatevi ha inizio l'apocalisse!», firmato «LndTm 2013» (GUARDA).
http://milano.corriere.it/cronache/arti ... lano.shtml
I pirati informatici si definiscono «i giovani del popolo italiano» che «lavorano e sono stufi di essere presi per il culo, derubati, maltrattati da quei delinquenti che ci governano e da tutte le lobby che li supportano». «Da adesso pagheranno per tutto quello che hanno fatto», minaccia il gruppo, inneggiando a una «rivoluzione digitale».
Non si tratta degli stessi hacker che hanno attaccato il sito della polizia lo scorso ottobre. Ed è un attacco di tipo Sqli (Sql injection). Si tratta dunque di un gruppo nuovo di hacker di Anonymous.
DAP - Sempre sabato mattina ci sono stati problemi anche per il sito del Dap, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria nazionale.
Il sito http://www.polizia-penitenziaria.it/dap.aspper alcune ore risultava irraggiungibile per «Network Error». Intorno alle 14 la home page è stata ripristinata.
Giuseppe Guastella e Redazione Milano online16 febbraio 2013 | 14:23© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://milano.corriere.it/milano/notizi ... 0838.shtml
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Re: Come se ne viene fuori ?
Milano: hacker all'attacco del sito del Tribunale
Per la presidente Livia Pomodoro è un «fatto gravissimo» - rcd
http://video.corriere.it/milano-hacker- ... 7507545733
Un gruppo di hacker ha attaccato il sito del Tribunale di Milano, sostituendo all'home page un'immagine con un comunicato in cui si annuncia «la fine per un nuovo inizio»: per risolvere la situazione sono già state attivate le procedure di sicurezza necessarie. (RCD - Corriere Tv)
Per la presidente Livia Pomodoro è un «fatto gravissimo» - rcd
http://video.corriere.it/milano-hacker- ... 7507545733
Un gruppo di hacker ha attaccato il sito del Tribunale di Milano, sostituendo all'home page un'immagine con un comunicato in cui si annuncia «la fine per un nuovo inizio»: per risolvere la situazione sono già state attivate le procedure di sicurezza necessarie. (RCD - Corriere Tv)
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Re: Come se ne viene fuori ?
«Gli italiani stessi forse non se ne rendono conto, .........ma il loro è un Paese chiave per tutto l’Occidente – per certi versi ne definisce l’anima -.......... e il collasso visibilmente in corso è una tragedia che pagheremo tutti, ...............nei decenni e forse nei secoli» Bill Emmott, ex direttore dell’Economist, opinionista de La Stampa
Sotto le macerie – 144
Cronaca di un affondamento - 94
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Il sistema non regge più, è saltato.
1. MA IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PUÒ ANDARE DAL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI A TESSERE LE LODI DI UNO DEI CANDIDATI PREMIER IN CORSA ALLE ELEZIONI POLITICHE, IL CANDIDATO CHE A MALAPENA, FORSE, RACCOGLIERÀ I VOTI NECESSARI AD ENTRARE CON LA SUA COALIZIONE DI CARINI DA UNA PARTE E DI IMPRESENTABILI DALL'ALTRA IN PARLAMENTO?
2. E' COME SE NAPOLITANO AVESSE DETTO A LOR SIGNORI CHE BERSANI E' INADATTO A GOVERNARE E CHE BISOGNA AFFIDARSI ALL'UOMO DEI POTERI FORTI ANCHE SE NON HA VOTI -
3. ANCORA: CON LA SUA UMANA, TROPPO UMANA, VOGLIA DI AVERE IL SIGILLO DELL'ALLEATO AMERICANO AL SUO SETTENNATO, HA FINITO ANCHE PER DIMENTICARE GLI INTERESSI INTERNAZIONALI CHE VOGLIONO ANNULLARE LA CONCORRENZA DI ENI, ENEL E FINMECCANICA NELLE GARE INTERNAZIONALI (MAGARI AIUTATI DAL DISONESTO ITALIANO DI TURNO)? COME SI FA A NON VEDERE COME SI E' MOSSO IN QUESTI GIORNI HOLLANDE IN INDIA? -
DAGOREPORT
Ma il presidente della Repubblica può andare dal Presidente degli Stati Uniti a tessere le lodi di uno dei candidati premier in corsa tra 10 giorni alle elezioni politiche generali, il candidato più debole, quello che a malapena, forse, raccoglierà i voti necessari ad entrare con la sua coalizione di carini da una parte e di impresentabili dall'altra in Parlamento?
Il Pdl ha levato qualche protesta di routine, ma in realtà la vera incazzatura contro Giorgio Napolitano e' quella del Pd. Bersani Pierluigi e' furibondo, e furibonda e' la base del partito contro uno di loro che, dicono, per difendere la scelta di fine 2011 di nominare un tecnico al governo e di non andare alle elezioni finisce per difendere il Monti di oggi, politico improbabile e aspirante Ghino di Tacco proprio nei confronti del Pd.
Non sono teneri al quartier generali del Pd verso il compagno Giorgio, la giudicano un'ingerenza pesantissima: una cosa e' difendere se stessi e la scelta di tentare di sottrarre il paese alle fiamme dello spread, altra cosa e' entrare a gamba tesa nella campagna elettorale, ingenerando confusione tra il Monti tecnico (sul quale oltretutto il giudizio e' pesantemente negativo) e il Monti politico che vorrebbe continuare a governare a spese del Pd.
Dove e' finito, dicono sempre dalle parti del Pd, il rispetto che la nostra Costituzione impone a tutti gli organi, poteri e ordini per la libera determinazione del popolo italiano alla vigilia di delicatissime elezioni politiche generali? E cosa deve pensare il cittadino se anche l'arbitro supremo che siede sul Colle più alto finisce per entrare in campo contro la sua stessa parte politica di provenienza, spogliandosi del ruolo super partes che la Costituzione gli assegna? Si vuole davvero far stravincere Grillo, il quale al dunque risulterà essere molto più affine con Berlusconi Silvio che con chiunque altro?
Ancora: Napolitano Giorgio, per il Pd ex Re Giorgio, con la sua umana, troppo umana, voglia di avere il sigillo dell'alleato americano e dell'uomo più potente del globo al suo settennato, ha finito anche per dimenticare gli interessi internazionali che vogliono limitare il più possibile la libera espressione della volontà popolare, marginalizzandone il ruolo, per lucrare vantaggi nella concorrenza economica.
Come si fa, nel caso italiano, infatti a non ricordarsi che gli interessi americani, tedeschi e francesi sono quelli di annullare la concorrenza di Eni, Enel e Finmeccanica nelle gare internazionali (magari aiutati dal disonesto italiano di turno)? Come si fa a non vedere come si e' mosso in questi giorni Hollande in India?
Mettendo insieme l'aspetto strettamente politico, quello di essere super partes, e le implicazioni economiche internazionali, e' come se Napolitano avesse detto che Bersani Pierluigi e' inadatto a governare e che bisogna affidarsi all'uomo dei poteri forti anche se non ha voti. Un po' troppo, anche per i nervi controllati del marito della farmacista di Bettola.
****
Giacinto Pannella è intervenuto ieri alla “Zanzara” e sembrava che sproloquiando a 360 gradi avesse incluso il Capo dello Stato.
Sembrerebbe che nel caso specifico invece ci avesse colto:
Il politico stronca ancheGiorgio Napolitano. “Dovrebbe fare il garante della Costituzione” – accusa – “e invece è bravo a far finta di esserlo. Ha fatto un colpo di stato con la Costituzione italiana, è un golpista. Gli dò come voto ‘-1′ da 1 a 100″
***
Sara Nicoli ha dato questa interpretazione sugli interessi statunitensi:
Elezioni 2013, Obama “tifa” Monti per avere garanzie sugli investimenti Fiat
L'ANALISI - Dietro l'elogio di Giorgio Napolitano al premier uscente durante il faccia a faccia con il presidente Usa c'è un interesse statunitense: quello di un governo italiano che non imponga "sacrifici" alla casa del Lingotto. E nel Pd esplode il problema. In caso di necessità di larga maggioranza, quale ruolo per il professore nell'esecutivo? Si pensa alla Farnesina
di Sara Nicoli | 16 febbraio 2013
In politica nulla avviene mai per caso. Men che meno quando un uomo come Giorgio Napolitano, nella sua ultima visita ufficiale negli Stati Uniti, si prende la briga di “difendere” oltre Oceano Mario Monti dagli attacchi che riceve, ormai quotidianamente, “da chi prima l’ha appoggiato”. Il Capo dello Stato, in realtà, ha voluto dare questo segnale di apprezzamento nei confronti del premier per un motivo molto preciso: rassicurare anche Obama che Monti avrà un ruolo importante anche nel prossimo governo. Una rassicurazione “in chiave Fiat”.
RUOLO NEL GOVERNO – La questione è all’attenzione delle discussioni più interne a largo del Nazareno, quartier generale del Pd. Per Monti è stato ipotizzato un ruolo di governo oppure la presidenza del Senato, non volendo Bersani commettere l’errore che fu di Prodi nel 2006, che dopo aver vinto le elezioni per una manciata di voti (24mila) si rifiutò di allargare la maggioranza concedendo al centro di Casini la guida di Palazzo Madama. Anche stavolta, in verità, quella poltrona è ambita dallo stesso leader Udc, ma concederla a Monti significherebbe togliere al Professore qualsiasi velleità di partecipazione governativa.
Soprattutto evitare che si possa presentare con richieste “imbarazzanti” come il ministero dell’Economia o – peggio – dello Sviluppo economico. Casomai, si dice al Nazareno, gli si potrebbe concedere la Farnesina, facendo di certo uno sgarbo a D’Alema, ma se non altro lo si terrebbe al riparo da un conclamato “conflitto d’interessi”. Quale? Quello che, in qualche modo, è andato a difendere Napolitano con Obama: il ruolo della Fiat.
TUTELARE LA FIAT – Ebbene, Mario Monti, agli occhi degli americani e dei vertici della casa torinese, è l’uomo giusto per continuare a tutelare Fiat lasciandogli massima libertà di movimento. Un governo con Monti dentro, insomma, difficilmente presserebbe oltre misura la prima fabbrica del Paese costringendola a restare saldamente sul territorio nazionale. E ad investire prevalentemente in Italia come invoca invece la Fiom Cgil. Obama ha un interesse molto preciso in tutto questo gioco, anche se probabilmente non ne ha discusso in questa occasione con Napolitano semplicemente perché non ce n’è bisogno: Fiat, alla fine del 2013, si è impegnata acomprare il 40% di Chrysler. Se il nuovo governo dovesse cambiare rotta costringendo la casa torinese a riprendere in mano il progetto di “Fabbrica Italia”, lungamente sbandierato e mai decollato, per la Fiat diventerebbe impossibile tenere fede completamente agli impegni presi con gli americani. Di qui il nuovo endorsement di Napolitano che non a caso, appena uscito dallo studio Ovale, non ha perso occasione per tessere le lodi di Monti.
Un segnale inequivocabile. Nel Pd masticano amaro, l’esistenza di un problema legato ad un presunto “conflitto d’interesse” di Monti con la Fiat viene sussurrato a mezza bocca, si evitano sapientemente giochi di seggiole e poltrone post elettorali quasi in modo scaramantico. Ma l’evidenza è tale che poi diventa difficile negare che esista un problema. D’altra parte, la “passione” di Monti per la Fiat emerge in modo palese anche dalla composizione della lista di Scelta Civica. Se Luca Cordero di Montezemolo, presidente Ferrari, è il primo sponsor del Professore, tra i candidati ci sono figure come quella del patron della Brembo, Alberto Bombassei, primo fornitore dei freni della Rossa di Maranello e delle ammiraglie della Fiat.
Il dilemma dei democratici, insomma, non è di poco conto. Il professore serve per l’alleanza nel caso in cui il Senato si riveli a rischio maggioranza, ma si esclude di potergli dare un ruolo di governo che metta pesanti ipoteche sulla futura “linea” di gestione economica del nuovo esecutivo.
A partire proprio dal comportamento da tenere con la Fiat. La foto di Monti a Melfi, del resto, è forse la prova più pesante di questo intreccio e questo disturba non poco Bersani. Che ai suoi avrebbe detto, con la sua consueta genuinità contadina, che “prima si pensa a far ripartire l’Italia, poi vediamo di far felici anche gli altri…”. Ma chissà se Napolitano, al momento di dare l’incarico al prossimo premier, non metterà sul piatto interessi storicamente più importanti dei nostri anche sul suolo patrio…
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02 ... at/501847/
****
Napolitano ha risposto così:
Napolitano al Pdl: "Da me nessuna
ingerenza in campagna elettorale"
l presidente della Repubblica respinge le accuse del centrodestra riguardo al suo incontro a Washington con il presidente degli Stati Uniti. "Critiche gratuite e infondate. Obama si è astenuto dal fare qualsiasi apprezzamento"
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02 ... le/502293/
Sotto le macerie – 144
Cronaca di un affondamento - 94
I giorni della follia che precedono il disastro…….ovvero, l’ultima fase della dittatura delle tdc – 72
Perché Bill Emmott ha ragione da vendere - 48
MAY DAY,…….. MAY DAY,…….. MAY DAY - 13
Il sistema non regge più, è saltato.
1. MA IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA PUÒ ANDARE DAL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI A TESSERE LE LODI DI UNO DEI CANDIDATI PREMIER IN CORSA ALLE ELEZIONI POLITICHE, IL CANDIDATO CHE A MALAPENA, FORSE, RACCOGLIERÀ I VOTI NECESSARI AD ENTRARE CON LA SUA COALIZIONE DI CARINI DA UNA PARTE E DI IMPRESENTABILI DALL'ALTRA IN PARLAMENTO?
2. E' COME SE NAPOLITANO AVESSE DETTO A LOR SIGNORI CHE BERSANI E' INADATTO A GOVERNARE E CHE BISOGNA AFFIDARSI ALL'UOMO DEI POTERI FORTI ANCHE SE NON HA VOTI -
3. ANCORA: CON LA SUA UMANA, TROPPO UMANA, VOGLIA DI AVERE IL SIGILLO DELL'ALLEATO AMERICANO AL SUO SETTENNATO, HA FINITO ANCHE PER DIMENTICARE GLI INTERESSI INTERNAZIONALI CHE VOGLIONO ANNULLARE LA CONCORRENZA DI ENI, ENEL E FINMECCANICA NELLE GARE INTERNAZIONALI (MAGARI AIUTATI DAL DISONESTO ITALIANO DI TURNO)? COME SI FA A NON VEDERE COME SI E' MOSSO IN QUESTI GIORNI HOLLANDE IN INDIA? -
DAGOREPORT
Ma il presidente della Repubblica può andare dal Presidente degli Stati Uniti a tessere le lodi di uno dei candidati premier in corsa tra 10 giorni alle elezioni politiche generali, il candidato più debole, quello che a malapena, forse, raccoglierà i voti necessari ad entrare con la sua coalizione di carini da una parte e di impresentabili dall'altra in Parlamento?
Il Pdl ha levato qualche protesta di routine, ma in realtà la vera incazzatura contro Giorgio Napolitano e' quella del Pd. Bersani Pierluigi e' furibondo, e furibonda e' la base del partito contro uno di loro che, dicono, per difendere la scelta di fine 2011 di nominare un tecnico al governo e di non andare alle elezioni finisce per difendere il Monti di oggi, politico improbabile e aspirante Ghino di Tacco proprio nei confronti del Pd.
Non sono teneri al quartier generali del Pd verso il compagno Giorgio, la giudicano un'ingerenza pesantissima: una cosa e' difendere se stessi e la scelta di tentare di sottrarre il paese alle fiamme dello spread, altra cosa e' entrare a gamba tesa nella campagna elettorale, ingenerando confusione tra il Monti tecnico (sul quale oltretutto il giudizio e' pesantemente negativo) e il Monti politico che vorrebbe continuare a governare a spese del Pd.
Dove e' finito, dicono sempre dalle parti del Pd, il rispetto che la nostra Costituzione impone a tutti gli organi, poteri e ordini per la libera determinazione del popolo italiano alla vigilia di delicatissime elezioni politiche generali? E cosa deve pensare il cittadino se anche l'arbitro supremo che siede sul Colle più alto finisce per entrare in campo contro la sua stessa parte politica di provenienza, spogliandosi del ruolo super partes che la Costituzione gli assegna? Si vuole davvero far stravincere Grillo, il quale al dunque risulterà essere molto più affine con Berlusconi Silvio che con chiunque altro?
Ancora: Napolitano Giorgio, per il Pd ex Re Giorgio, con la sua umana, troppo umana, voglia di avere il sigillo dell'alleato americano e dell'uomo più potente del globo al suo settennato, ha finito anche per dimenticare gli interessi internazionali che vogliono limitare il più possibile la libera espressione della volontà popolare, marginalizzandone il ruolo, per lucrare vantaggi nella concorrenza economica.
Come si fa, nel caso italiano, infatti a non ricordarsi che gli interessi americani, tedeschi e francesi sono quelli di annullare la concorrenza di Eni, Enel e Finmeccanica nelle gare internazionali (magari aiutati dal disonesto italiano di turno)? Come si fa a non vedere come si e' mosso in questi giorni Hollande in India?
Mettendo insieme l'aspetto strettamente politico, quello di essere super partes, e le implicazioni economiche internazionali, e' come se Napolitano avesse detto che Bersani Pierluigi e' inadatto a governare e che bisogna affidarsi all'uomo dei poteri forti anche se non ha voti. Un po' troppo, anche per i nervi controllati del marito della farmacista di Bettola.
****
Giacinto Pannella è intervenuto ieri alla “Zanzara” e sembrava che sproloquiando a 360 gradi avesse incluso il Capo dello Stato.
Sembrerebbe che nel caso specifico invece ci avesse colto:
Il politico stronca ancheGiorgio Napolitano. “Dovrebbe fare il garante della Costituzione” – accusa – “e invece è bravo a far finta di esserlo. Ha fatto un colpo di stato con la Costituzione italiana, è un golpista. Gli dò come voto ‘-1′ da 1 a 100″
***
Sara Nicoli ha dato questa interpretazione sugli interessi statunitensi:
Elezioni 2013, Obama “tifa” Monti per avere garanzie sugli investimenti Fiat
L'ANALISI - Dietro l'elogio di Giorgio Napolitano al premier uscente durante il faccia a faccia con il presidente Usa c'è un interesse statunitense: quello di un governo italiano che non imponga "sacrifici" alla casa del Lingotto. E nel Pd esplode il problema. In caso di necessità di larga maggioranza, quale ruolo per il professore nell'esecutivo? Si pensa alla Farnesina
di Sara Nicoli | 16 febbraio 2013
In politica nulla avviene mai per caso. Men che meno quando un uomo come Giorgio Napolitano, nella sua ultima visita ufficiale negli Stati Uniti, si prende la briga di “difendere” oltre Oceano Mario Monti dagli attacchi che riceve, ormai quotidianamente, “da chi prima l’ha appoggiato”. Il Capo dello Stato, in realtà, ha voluto dare questo segnale di apprezzamento nei confronti del premier per un motivo molto preciso: rassicurare anche Obama che Monti avrà un ruolo importante anche nel prossimo governo. Una rassicurazione “in chiave Fiat”.
RUOLO NEL GOVERNO – La questione è all’attenzione delle discussioni più interne a largo del Nazareno, quartier generale del Pd. Per Monti è stato ipotizzato un ruolo di governo oppure la presidenza del Senato, non volendo Bersani commettere l’errore che fu di Prodi nel 2006, che dopo aver vinto le elezioni per una manciata di voti (24mila) si rifiutò di allargare la maggioranza concedendo al centro di Casini la guida di Palazzo Madama. Anche stavolta, in verità, quella poltrona è ambita dallo stesso leader Udc, ma concederla a Monti significherebbe togliere al Professore qualsiasi velleità di partecipazione governativa.
Soprattutto evitare che si possa presentare con richieste “imbarazzanti” come il ministero dell’Economia o – peggio – dello Sviluppo economico. Casomai, si dice al Nazareno, gli si potrebbe concedere la Farnesina, facendo di certo uno sgarbo a D’Alema, ma se non altro lo si terrebbe al riparo da un conclamato “conflitto d’interessi”. Quale? Quello che, in qualche modo, è andato a difendere Napolitano con Obama: il ruolo della Fiat.
TUTELARE LA FIAT – Ebbene, Mario Monti, agli occhi degli americani e dei vertici della casa torinese, è l’uomo giusto per continuare a tutelare Fiat lasciandogli massima libertà di movimento. Un governo con Monti dentro, insomma, difficilmente presserebbe oltre misura la prima fabbrica del Paese costringendola a restare saldamente sul territorio nazionale. E ad investire prevalentemente in Italia come invoca invece la Fiom Cgil. Obama ha un interesse molto preciso in tutto questo gioco, anche se probabilmente non ne ha discusso in questa occasione con Napolitano semplicemente perché non ce n’è bisogno: Fiat, alla fine del 2013, si è impegnata acomprare il 40% di Chrysler. Se il nuovo governo dovesse cambiare rotta costringendo la casa torinese a riprendere in mano il progetto di “Fabbrica Italia”, lungamente sbandierato e mai decollato, per la Fiat diventerebbe impossibile tenere fede completamente agli impegni presi con gli americani. Di qui il nuovo endorsement di Napolitano che non a caso, appena uscito dallo studio Ovale, non ha perso occasione per tessere le lodi di Monti.
Un segnale inequivocabile. Nel Pd masticano amaro, l’esistenza di un problema legato ad un presunto “conflitto d’interesse” di Monti con la Fiat viene sussurrato a mezza bocca, si evitano sapientemente giochi di seggiole e poltrone post elettorali quasi in modo scaramantico. Ma l’evidenza è tale che poi diventa difficile negare che esista un problema. D’altra parte, la “passione” di Monti per la Fiat emerge in modo palese anche dalla composizione della lista di Scelta Civica. Se Luca Cordero di Montezemolo, presidente Ferrari, è il primo sponsor del Professore, tra i candidati ci sono figure come quella del patron della Brembo, Alberto Bombassei, primo fornitore dei freni della Rossa di Maranello e delle ammiraglie della Fiat.
Il dilemma dei democratici, insomma, non è di poco conto. Il professore serve per l’alleanza nel caso in cui il Senato si riveli a rischio maggioranza, ma si esclude di potergli dare un ruolo di governo che metta pesanti ipoteche sulla futura “linea” di gestione economica del nuovo esecutivo.
A partire proprio dal comportamento da tenere con la Fiat. La foto di Monti a Melfi, del resto, è forse la prova più pesante di questo intreccio e questo disturba non poco Bersani. Che ai suoi avrebbe detto, con la sua consueta genuinità contadina, che “prima si pensa a far ripartire l’Italia, poi vediamo di far felici anche gli altri…”. Ma chissà se Napolitano, al momento di dare l’incarico al prossimo premier, non metterà sul piatto interessi storicamente più importanti dei nostri anche sul suolo patrio…
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02 ... at/501847/
****
Napolitano ha risposto così:
Napolitano al Pdl: "Da me nessuna
ingerenza in campagna elettorale"
l presidente della Repubblica respinge le accuse del centrodestra riguardo al suo incontro a Washington con il presidente degli Stati Uniti. "Critiche gratuite e infondate. Obama si è astenuto dal fare qualsiasi apprezzamento"
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02 ... le/502293/
Re: Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Don Luigi Ciotti: l'appello per Riparte il futuro
http://firma.100gg.it/12NvgoM
"Firmare è un atto di democrazia" l'appello di don Luigi Ciotti perché tutti, elettori e candidati, si mettano in gioco contro la corruzione ora!
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http://www.facebook.com/photo.php?v=102 ... =2&theater
più siamo a firmare questa petizione,
più i candidati dovranno ascoltare le nostre richieste.
Dillo ai tuoi amici
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Re: Come se ne viene fuori ?
Elezioni e legalità. Noi siamo i mandanti
di Antonello Caporale
| 17 febbraio 2013Commenti (12)
Noi siamo i mandanti, spettatori ignavi dell’omicidio della legalità in Italia, o persino collusi con personaggi che hanno ridotto a brandelli le Istituzioni issando la bandiera italiana sulle loro case ridotte a covo di mignotte.
E’ stato Bisio, un comico, a dirlo ieri. E dal palco di Sanremo, il luogo in cui la parola si fa più potente e pervasiva, l’esatto centro delle nostre attenzioni.
Un comico, non un politico. Per chi è in campagna elettorale è pericoloso prendersela con gli elettori, specialmente se lo ascoltano plaudenti, osannanti.
Gli elettori, cioè noi, hanno sempre ragione.
Siamo tutti torturati dal fisco, malmenati dai potenti, estromessi nelle classifiche del merito. Noi siamo coloro che patiscono, loro coloro che infieriscono.
Noi indichiamo coll’indice il bene e il male: noi di qua (il bene), loro di là (il male). Non è così purtroppo e non ci sazierà un voto di protesta, espresso con ardore e anche con ferocia.
Non salverà la nostra anima, non porrà riparo alla nostra responsabilità di aver ridotto il Parlamento in un letamaio.
Noi chi, direte? Parla per te. Se parlassi solo per me potrei affermare di sentirmi innocente: ho scritto libri dal titolo non equivoco (Impuniti, per esempio) e articoli. Ho consumato per anni inchiostro e parole.
E se ciascuno di voi parlasse solo per se stesso troverebbe ugualmente motivi di conforto al proprio comportamento, e di estraneità a quello collettivo.
Eppure la colpa non si pesa in etti né si divide: i colpevoli sono molto più degli innocenti, nessuno si senta assolto.
Per esempio ieri, nella folla torinese debordante di piazza Castello, quanti hanno applaudito Grillo senza aver memoria di come hanno votato due anni fa, cinque anni fa, dieci anni fa, quindici anni fa?
Loro non ricordano e Grillo non aiuta a ricordare: siete tutti innocenti, dice.
Tutti tartatassati, tutti vittime, tutti poveracci. Ricordo il suo sbarco in Sicilia, la sua nuotata dello Stretto, e la sua accusa: la mafia l’hanno portata gli americani.
I mafiosi sono parsi dei marziani, gente che ha prosciugato la Sicilia mentre i siciliani lottavano per la sopravvivenza. Non una parola contro una fetta importante e ahimè maggioritaria di una società spesso connivente.
Distratta nella gioia di assistere a uno sperpero infinito. Siciliani, votatevi voi. Ha detto così. E ha fatto bene.
Ma doveva aggiungere: Siciliani, ricordatevi delle facce che finora avete sostenuto, di quei volti inguardabili, indigeribili.
Ricordate della melma che avete contribuito a far avanzare, delle brutte pratiche a cui avete aderito.
Non l’ha detto lui, figurarsi se lo dice Bersani.
Quanta responsabilità ha il Pd, e i suoi antenati (Ds, Pds fino al Pci) per aver avallato, anche qui colpevolmente, prassi di governo ingiustificabili.
Ma quanta responsabilità abbiamo avuto noi, elettori di quei partiti, a non aver censurato il loro comportamento, a non averli sopraffatti con la protesta e il non voto quando tacevano di fronte al più incredibile e maestoso conflitto di interessi? Abbiamo votato sempre, a testa china, convinti del voto utile. Ed eccoci qua.
Eccoci qua a vedere il Berlusconi ancora con noi, Caimano urlante tra folle plaudenti. E invece di scaricargli addosso quintali di pernacchie per aver contribuito a ridurre così questo Stato, ascoltiamo con pazienza e tentiamo di confutare persino il suo pensiero. Il pensiero? E quale? Persino tra noi c’è chi vota e voterà lui, il Cavaliere benefattore. Applausi.
Se dunque volessimo tenere la lista delle nostre responsabilità, tragicamente ci troveremmo a figurare davanti ai nostri figli come mandanti esclusivi di questo disastro.
L’ha dovuto dire un comico, Claudio Bisio. Voleva farci piangere e ci è riuscito.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02 ... ti/503034/
di Antonello Caporale
| 17 febbraio 2013Commenti (12)
Noi siamo i mandanti, spettatori ignavi dell’omicidio della legalità in Italia, o persino collusi con personaggi che hanno ridotto a brandelli le Istituzioni issando la bandiera italiana sulle loro case ridotte a covo di mignotte.
E’ stato Bisio, un comico, a dirlo ieri. E dal palco di Sanremo, il luogo in cui la parola si fa più potente e pervasiva, l’esatto centro delle nostre attenzioni.
Un comico, non un politico. Per chi è in campagna elettorale è pericoloso prendersela con gli elettori, specialmente se lo ascoltano plaudenti, osannanti.
Gli elettori, cioè noi, hanno sempre ragione.
Siamo tutti torturati dal fisco, malmenati dai potenti, estromessi nelle classifiche del merito. Noi siamo coloro che patiscono, loro coloro che infieriscono.
Noi indichiamo coll’indice il bene e il male: noi di qua (il bene), loro di là (il male). Non è così purtroppo e non ci sazierà un voto di protesta, espresso con ardore e anche con ferocia.
Non salverà la nostra anima, non porrà riparo alla nostra responsabilità di aver ridotto il Parlamento in un letamaio.
Noi chi, direte? Parla per te. Se parlassi solo per me potrei affermare di sentirmi innocente: ho scritto libri dal titolo non equivoco (Impuniti, per esempio) e articoli. Ho consumato per anni inchiostro e parole.
E se ciascuno di voi parlasse solo per se stesso troverebbe ugualmente motivi di conforto al proprio comportamento, e di estraneità a quello collettivo.
Eppure la colpa non si pesa in etti né si divide: i colpevoli sono molto più degli innocenti, nessuno si senta assolto.
Per esempio ieri, nella folla torinese debordante di piazza Castello, quanti hanno applaudito Grillo senza aver memoria di come hanno votato due anni fa, cinque anni fa, dieci anni fa, quindici anni fa?
Loro non ricordano e Grillo non aiuta a ricordare: siete tutti innocenti, dice.
Tutti tartatassati, tutti vittime, tutti poveracci. Ricordo il suo sbarco in Sicilia, la sua nuotata dello Stretto, e la sua accusa: la mafia l’hanno portata gli americani.
I mafiosi sono parsi dei marziani, gente che ha prosciugato la Sicilia mentre i siciliani lottavano per la sopravvivenza. Non una parola contro una fetta importante e ahimè maggioritaria di una società spesso connivente.
Distratta nella gioia di assistere a uno sperpero infinito. Siciliani, votatevi voi. Ha detto così. E ha fatto bene.
Ma doveva aggiungere: Siciliani, ricordatevi delle facce che finora avete sostenuto, di quei volti inguardabili, indigeribili.
Ricordate della melma che avete contribuito a far avanzare, delle brutte pratiche a cui avete aderito.
Non l’ha detto lui, figurarsi se lo dice Bersani.
Quanta responsabilità ha il Pd, e i suoi antenati (Ds, Pds fino al Pci) per aver avallato, anche qui colpevolmente, prassi di governo ingiustificabili.
Ma quanta responsabilità abbiamo avuto noi, elettori di quei partiti, a non aver censurato il loro comportamento, a non averli sopraffatti con la protesta e il non voto quando tacevano di fronte al più incredibile e maestoso conflitto di interessi? Abbiamo votato sempre, a testa china, convinti del voto utile. Ed eccoci qua.
Eccoci qua a vedere il Berlusconi ancora con noi, Caimano urlante tra folle plaudenti. E invece di scaricargli addosso quintali di pernacchie per aver contribuito a ridurre così questo Stato, ascoltiamo con pazienza e tentiamo di confutare persino il suo pensiero. Il pensiero? E quale? Persino tra noi c’è chi vota e voterà lui, il Cavaliere benefattore. Applausi.
Se dunque volessimo tenere la lista delle nostre responsabilità, tragicamente ci troveremmo a figurare davanti ai nostri figli come mandanti esclusivi di questo disastro.
L’ha dovuto dire un comico, Claudio Bisio. Voleva farci piangere e ci è riuscito.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02 ... ti/503034/
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