Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
La fiera degli “Oh Bej! Oh Bej!” - 3
Elezioni 2013, il bestiario trash della campagna elettorale
Dal già storico "Quante volte viene?" all'exploit di Giannino, tutto il peggio di una campagna elettorale passata dal piccolo schermo. E dalle grandi, inutili, polemiche
di Andrea Scanzi | 24 febbraio 2013Commenti (122)
È stata una campagna elettorale bestiale. Nel senso proprio del bestiario.
Un campionario di gaffe, battute grevi, sdoppiamenti di personalità e promesse inattuabili.
Quella più famosa ha travolto Oscar Giannino, che voleva fermare il declino, ma più che altro ha stoppato se stesso.
Il “Grillo dei moderati” ha sbagliato, peraltro, in maniera plateale. E ha pagato, con molta più nettezza di chi ben altri scheletri nell’armadio avrebbe (e ha).
Una raccolta completa è impossibile, un bignami-blob delle Elezioni 2013 si può fare.
“Restituirò l’Imu”. Il concetto di bugia, in Silvio Berlusconi, è aleatorio.
Non è la realtà a essere reale, bensì la sua proiezione immaginifica da Arcore.
L’Italia è il Matrix e non ci sono pasticche magiche (anzi ci sono, ma non servono per aprire gli occhi). “Certo che è possibile restituire l’Imu.
Sono d’accordo con gli svizzeri” (e magari pure coi lanzichenecchi). Quando agli svizzeri hanno riportato le parole di Berlusconi, per la prima volta hanno rimpianto di essere neutrali.
“I pensionati stiano tranquilli. Restituirò tutto”. Dire ai pensionati di stare tranquilli è come consigliare a Crosetto di pettinarsi.
Berlusconi, così facendo, si è inimicato pure le casalinghe di Voghera.
I Caimani non sono più quelli di una volta.
“Grillo non è andato in tivù perché sapeva che le telecamere avrebbero scoperto la sua natura intima di cattivissimo”.
Berlusconi è l’unico che usa ancora la parola “cattivissima”, desueta ormai pure all’asilo.
È verosimile che, quando si arrabbia, Berlusconi pronunci parole come “cribbio” (effettivamente già usata) e “perdincibacco”.
Oppure, in un impeto di furia iconoclasta, strali irricevibili. Tipo “Uffa, perdindirindina”.
“Lei viene? Quante volte viene? Con quale frequenza? Ah ah ah”. In un posto minimamente normale, uno così lo avrebbero internato.
Da noi lo applaudono.
“L’opposizione ha la forfora, le puzza l’alito e non si lava. A me invece piace cantare e scherzare. Rispetto le donne e faccio complimenti veri”.
L’eleganza di Berlusconi non smette mai di accecare.
Ancora. Benvenuti in Italia, anzi bentornati. Ah ah ah.
“Non c’è la ‘ndrangheta in Regione. Non ricordo nessuna sua delibera”.
Memorabile sintesi di Lara Comi a Servizio Pubblico.
Dunque il ragionamento è: “Come ha votato la ‘ndrangheta in Lombardia? Ah, non ha votato? Bene. Quindi non c’è. Quindi siamo puliti. Viva Formigoni”. Genio.
“Non votate con il culo”. Così parlarono due noti intellettuali di Fratelli d’Italia, dimenticando che quella modalità di voto era forse l’unica in grado di eleggerli.
“Aboliamo i sindacati. Aboliamo Equitalia. Aboliamo La7”. E poi l’euro. E poi i partiti. E poi i giornali. E poi quasi tutto.
Il giorno in cui Grillo litigherà con se stesso, si farà un culo così.
“Siamo ecumenici, nessun problema se uno di CasaPound entra con noi”. Non è essere ecumenici, Grillo. È confondere il superamento delle ideologie con la dimenticanza di quel che è stato il fascismo.
“La legge sull’aborto è una sconfitta per tutte le donne”. Serenella Fuksia, candidata grillina nelle Marche. Grillo se la segni: è già una Scilipoti in pectore.
“Fai i bagaji, disfa i bagaji”. Ingroia, quando parla, ha sempre quella grinta sbarazzina di chi – per darsi una botta di vita – si beve una 7Up tutta d’un sorso.
Non si ricordano sue rampogne minimamente memorabili, se non quelle al cloroformio della parodia di Crozza. Il quale, con la sua caricatura, lo ha caratterizzato così bene da eternarlo mediaticamente (rischiando però di demolirlo elettoralmente).
“No no, non mi candido”. Giovanni Favia. Coerente. Sempre.
“La Merkel non vuole il Pd.
Me l’ha detto lei”. La Merkel ha smentito un secondo dopo.
Da quando si è messo a fare (ufficialmente) politica, Monti sembra Milingo quando scoprì il sesso.
Ieri sobrio, oggi infoiato.
Affetto da una sorta di Bunga Bunga elettorale.
Qualcuno lo plachi.
“Il Pd dovrebbe silenziare la sinistra di Vendola”.
E pensare che, secondo molti (di sinistra), Monti era un tipo sobrio. Moderato.
Addirittura tollerante.
“C’è empatia tra me e questo cane”. Macché.
A giudicare dallo sguardo del cane, poi ribattezzato Empy nonostante lo sbigottimento di Greenpeace (e del cane), l’empatia rimane per Monti un Everest insormontabile.
“Il Movimento 5 Stelle è uguale al primo fascismo e non distante da Alba Dorata”.
Piercamillo Falasca, candidato montiano, sciorina una conoscenza spiccata della storia. E della realtà. In effetti Pizzarotti è uguale a Goebbels. Preciso, proprio.
“Siamo l’unica forza nuova”.
L’ha detto Casini.
Qui la battuta neanche serve.
Il discorso più ricordabile di Gianfranco Fini negli ultimi sei mesi.
“Prerogative del genere umano anzi umanizzato, prerogative smarrite nei labirinti dell’individualismo celebrato dalla Lady di quel ferro liberista che ha percosso le nostre comunità di lavoro e di sentimento”.
Non è una frase recente, ma Nichi Vendola continua a esprimersi così. Più che narrare, lui supercazzola. Sempre.
“In Lombardia avete tre bei giaguari da smacchiare. Eh eh”.
Ogni volta che Bersani fa una battuta, una risata muore. Eh eh.
“Vigileremo sui grillini in Parlamento”.
Attento che non avvenga il contrario, Bersani.
“Grillo è un fascista del web.
Populista e antipolitico come Berlusconi. Un pericolo per la democrazia”.
Quindi, Bersani?
“Quindi è un interlocutore prezioso, in Parlamento faremo scouting dei grillini. Eh eh”.
Quel che piace di Bersani, oltre al carisma, è quella sua linearità granitica di pensiero. Eh eh.
“Se ci accostano al Monte dei Paschi, li sbraniamo”. Brrr. Paura, Bersani.
“Eh, oh, non è che noi siam qui, ggghh mggh. Capito?”.
No, Bersani. Non abbiamo capito. E mica solo noi, mi sa.
da il Fatto Quotidiano del 24 febbraio 2013
Elezioni 2013, il bestiario trash della campagna elettorale
Dal già storico "Quante volte viene?" all'exploit di Giannino, tutto il peggio di una campagna elettorale passata dal piccolo schermo. E dalle grandi, inutili, polemiche
di Andrea Scanzi | 24 febbraio 2013Commenti (122)
È stata una campagna elettorale bestiale. Nel senso proprio del bestiario.
Un campionario di gaffe, battute grevi, sdoppiamenti di personalità e promesse inattuabili.
Quella più famosa ha travolto Oscar Giannino, che voleva fermare il declino, ma più che altro ha stoppato se stesso.
Il “Grillo dei moderati” ha sbagliato, peraltro, in maniera plateale. E ha pagato, con molta più nettezza di chi ben altri scheletri nell’armadio avrebbe (e ha).
Una raccolta completa è impossibile, un bignami-blob delle Elezioni 2013 si può fare.
“Restituirò l’Imu”. Il concetto di bugia, in Silvio Berlusconi, è aleatorio.
Non è la realtà a essere reale, bensì la sua proiezione immaginifica da Arcore.
L’Italia è il Matrix e non ci sono pasticche magiche (anzi ci sono, ma non servono per aprire gli occhi). “Certo che è possibile restituire l’Imu.
Sono d’accordo con gli svizzeri” (e magari pure coi lanzichenecchi). Quando agli svizzeri hanno riportato le parole di Berlusconi, per la prima volta hanno rimpianto di essere neutrali.
“I pensionati stiano tranquilli. Restituirò tutto”. Dire ai pensionati di stare tranquilli è come consigliare a Crosetto di pettinarsi.
Berlusconi, così facendo, si è inimicato pure le casalinghe di Voghera.
I Caimani non sono più quelli di una volta.
“Grillo non è andato in tivù perché sapeva che le telecamere avrebbero scoperto la sua natura intima di cattivissimo”.
Berlusconi è l’unico che usa ancora la parola “cattivissima”, desueta ormai pure all’asilo.
È verosimile che, quando si arrabbia, Berlusconi pronunci parole come “cribbio” (effettivamente già usata) e “perdincibacco”.
Oppure, in un impeto di furia iconoclasta, strali irricevibili. Tipo “Uffa, perdindirindina”.
“Lei viene? Quante volte viene? Con quale frequenza? Ah ah ah”. In un posto minimamente normale, uno così lo avrebbero internato.
Da noi lo applaudono.
“L’opposizione ha la forfora, le puzza l’alito e non si lava. A me invece piace cantare e scherzare. Rispetto le donne e faccio complimenti veri”.
L’eleganza di Berlusconi non smette mai di accecare.
Ancora. Benvenuti in Italia, anzi bentornati. Ah ah ah.
“Non c’è la ‘ndrangheta in Regione. Non ricordo nessuna sua delibera”.
Memorabile sintesi di Lara Comi a Servizio Pubblico.
Dunque il ragionamento è: “Come ha votato la ‘ndrangheta in Lombardia? Ah, non ha votato? Bene. Quindi non c’è. Quindi siamo puliti. Viva Formigoni”. Genio.
“Non votate con il culo”. Così parlarono due noti intellettuali di Fratelli d’Italia, dimenticando che quella modalità di voto era forse l’unica in grado di eleggerli.
“Aboliamo i sindacati. Aboliamo Equitalia. Aboliamo La7”. E poi l’euro. E poi i partiti. E poi i giornali. E poi quasi tutto.
Il giorno in cui Grillo litigherà con se stesso, si farà un culo così.
“Siamo ecumenici, nessun problema se uno di CasaPound entra con noi”. Non è essere ecumenici, Grillo. È confondere il superamento delle ideologie con la dimenticanza di quel che è stato il fascismo.
“La legge sull’aborto è una sconfitta per tutte le donne”. Serenella Fuksia, candidata grillina nelle Marche. Grillo se la segni: è già una Scilipoti in pectore.
“Fai i bagaji, disfa i bagaji”. Ingroia, quando parla, ha sempre quella grinta sbarazzina di chi – per darsi una botta di vita – si beve una 7Up tutta d’un sorso.
Non si ricordano sue rampogne minimamente memorabili, se non quelle al cloroformio della parodia di Crozza. Il quale, con la sua caricatura, lo ha caratterizzato così bene da eternarlo mediaticamente (rischiando però di demolirlo elettoralmente).
“No no, non mi candido”. Giovanni Favia. Coerente. Sempre.
“La Merkel non vuole il Pd.
Me l’ha detto lei”. La Merkel ha smentito un secondo dopo.
Da quando si è messo a fare (ufficialmente) politica, Monti sembra Milingo quando scoprì il sesso.
Ieri sobrio, oggi infoiato.
Affetto da una sorta di Bunga Bunga elettorale.
Qualcuno lo plachi.
“Il Pd dovrebbe silenziare la sinistra di Vendola”.
E pensare che, secondo molti (di sinistra), Monti era un tipo sobrio. Moderato.
Addirittura tollerante.
“C’è empatia tra me e questo cane”. Macché.
A giudicare dallo sguardo del cane, poi ribattezzato Empy nonostante lo sbigottimento di Greenpeace (e del cane), l’empatia rimane per Monti un Everest insormontabile.
“Il Movimento 5 Stelle è uguale al primo fascismo e non distante da Alba Dorata”.
Piercamillo Falasca, candidato montiano, sciorina una conoscenza spiccata della storia. E della realtà. In effetti Pizzarotti è uguale a Goebbels. Preciso, proprio.
“Siamo l’unica forza nuova”.
L’ha detto Casini.
Qui la battuta neanche serve.
Il discorso più ricordabile di Gianfranco Fini negli ultimi sei mesi.
“Prerogative del genere umano anzi umanizzato, prerogative smarrite nei labirinti dell’individualismo celebrato dalla Lady di quel ferro liberista che ha percosso le nostre comunità di lavoro e di sentimento”.
Non è una frase recente, ma Nichi Vendola continua a esprimersi così. Più che narrare, lui supercazzola. Sempre.
“In Lombardia avete tre bei giaguari da smacchiare. Eh eh”.
Ogni volta che Bersani fa una battuta, una risata muore. Eh eh.
“Vigileremo sui grillini in Parlamento”.
Attento che non avvenga il contrario, Bersani.
“Grillo è un fascista del web.
Populista e antipolitico come Berlusconi. Un pericolo per la democrazia”.
Quindi, Bersani?
“Quindi è un interlocutore prezioso, in Parlamento faremo scouting dei grillini. Eh eh”.
Quel che piace di Bersani, oltre al carisma, è quella sua linearità granitica di pensiero. Eh eh.
“Se ci accostano al Monte dei Paschi, li sbraniamo”. Brrr. Paura, Bersani.
“Eh, oh, non è che noi siam qui, ggghh mggh. Capito?”.
No, Bersani. Non abbiamo capito. E mica solo noi, mi sa.
da il Fatto Quotidiano del 24 febbraio 2013
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Re: Come se ne viene fuori ?
Crisi all’italiana. Albertone Sordi e gli italiani: “Torneranno poveri”
Intervista inedita (doveva uscire su Fortune) e postuma (risale al 1989) in cui Sordi racconta gli italiani "incapaci di governarsi da soli". E destinati alla più dura delle prove: scivolare in un Paese più egoista
di Giorgio Meletti | 24 febbraio 2013Commenti (253)
Il momento più emozionante fu quando il vecchio comico sollevò la bocca dal fiero piatto di salsicce e broccoli e piantò sul giornalista la sua espressione più celebre.
Fronte aggrottata, occhi sbarrati, bocca semiaperta e leggermente digrignata.
È un monumento della cultura nazionale quell’espressione sorpresa e già rassegnata, arresa di fronte alla realtà che spiazza e sconfigge, e sovrasta ogni disperata impostura, miserabile dissimulazione, arroganza da due soldi.
Lo sguardo del vigile Otello Celletti quando scopre che sua sorella a Milano non fa propriamente la massaggiatrice.
Lo sguardo di Nando Mericoni quando esce dalla marana e realizza che gli hanno rubato i vestiti.
Con quello stupore che si era fatto icona, Alberto Sordi aveva dipinto l’autoritratto del Dopoguerra italiano.
Adesso invece lo brandiva contro il giovane intervistatore che lo addolorava con una scandalosa inappetenza.
“Che fai? Nun magni ’a sarciccia?”.
Poi la fulminea trasfigurazione sordiana, il cambio di passo: gli occhi azzurri, che avevano appena confessato il rimpianto per il figlio mai nato, presero una piega affettuosa per accompagnare la paterna, impaziente esortazione: “E magnate ’a sarciccia!”.
“Sembra che famo a gara a chi magna de più, trattorie piene di culoni che magnano…”
Correva l’anno 1989, il Muro di Berlino stava per essere abbattuto e l’antico castello Odescalchi di Bassano Romano, vicino a Viterbo, faceva da set per una versione cinematografica de L’avaro di Molière.
La storica addetta stampa Maria Ruhle, giocando sull’argomento del film per aiutarne il lancio, aveva messo a disposizione il protagonista per un’insolita intervista sul denaro con la rivista economica Fortune.
Un fallimento totale: Sordi non aveva nessuna voglia di fingersi sociologo o economista.
La sua analisi verteva su pulsioni elementari (la fame, il rispetto, l’invidia) e la sua scienza economica risultava fondata su quattro unità di conto, quella base, il supplì, e i suoi tre multipli: il piatto di bucatini, l’automobile, la casa. Infine l’esibizionismo indotto dalla tv, che avrebbe distrutto l’Italia.
Una cosmogonia improponibile per gli americani della Time-Warner.
Per questo l’intervista è rimasta quasi completamente inedita per 23 anni, custodita in un nastro.
Alla soglia dei 70 anni, che avrebbe compiuto il 15 giugno 1990, Sordi era ricco e venerato.
Davanti al portone del castello, un’enorme Mercedes scura annunciava la sua presenza.
All’interno aveva per camerino un camerone rinascimentale con uso di cucina.
In pausa pranzo tutta la troupe, compresi i figli dell’avaro, Miguel Bosè e una giovanissima Anna Kanakis, restava buttata nel parco a mangiare il cestino da set, con pasta rinsecchita, fettina ingiallita di formaggio e pera di marmo.
Il capocomico si ritirava nel camerone-camerino, si metteva una giacca da camera coi pomelli e aspettava che la governante cucinasse per lui come a casa.
Salsicce e broccoli, quel giorno.
Mangiava e parlava, e per spiegare l’economia italiana raccontava la sua vita, non per egocentrismo, semplicemente l’autoritratto dell’italiano normotipo non distingueva la patria da se stesso.
Descrivendo l’Italia attraverso Roma e Roma attraverso i suoi occhi, Sordi formulò la sua profezia sulla globalizzazione, la scomparsa del ceto medio, il declino italiano: “Sembra che famo a gara a chi magna de più, ci bombardano di pubblicità televisiva, che io la vieterei, e tutti a consuma’, vedi ’ste trattorie piene di culoni che magnano…
Ma che te magni? Io magno un supplì e me basta.
No, dice, siccome tu sei ricco di supplì ne magni dieci. Ah, sì? Allora guarda, io so’ ricco davero, ma non è che quando entro in trattoria, siccome c’ho i soldi, magno tutto quello che c’è.
Vedi ‘sto goccetto de vino? Mi basta per essere felice. E invece no, dice, siccome sei ricco te bevi tutta ’a botte. Anzi no, te compri la vigna”.
Ecco il consumismo che negli anni 80 ci trascinava verso il gorgo della globalizzazione:
“Importiamo un sacco di carne anche se sappiamo che ci fa male.
Prima la mangiavamo la domenica, ce se faceva il sugo.
Adesso il pupo non mangia lo spezzatino, vuole il filetto, e importiamo il filetto.
E tutti a spendere.
Ma state attenti, non c’è niente di peggio che diventare poveri dopo essere stati ricchi”.
“Agli italiani vorrei dire questo: stiamo attenti, non diamoci alla pazza gioia, che se domani si mette male… Quando andai a prendere la cittadinanza onoraria a Kansas City poi arrivai fino a Hollywood e vidi Ramon Novarro che per campare faceva la comparsa.
Ahò, e Oliver Hardy e Stan Laurel, lo sai? So’ morti in un ospizio per poveri. Tornare poveri è orribile. State attenti, può succedere”.
“Roma si sta distruggendo con le automobili. Il Colosseo crollerà per le vibrazioni”
(Profezia avverata da quanto ha riportato la cronaca la scorsa settimana -- ndt)
“Che dici? Società segmentata? Ma ’ndo l’hai letto? Stamo a diventa’ tutti uguali, ed è colpa dell’automobile. Prima la 600, poi la Millecento, poi la macchina straniera. Tutti con la macchina, tutti uguali, no?
Ahò, hai visto quante automobili?
Roma si sta distruggendo con questo mare d’auto. Ne facciamo un milione l’anno, non sanno più dove metterle.
Io vieterei il parcheggio in tutta la città, salvo pochi tassametri a 20mila lire l’ora.
Pensa le vibrazioni! E dai, non si può far crollare il Colosseo perché il pupo deva anda’ a pija’ il gelato con la macchina!
E annamo!…No, aspetta, tutti uguali te dicevo.
Eh sì, perché prima c’era il nobile, il proletario, il ricco, il povero.
E ognuno aveva la sua felicità. Il povero non soffriva, perché gli bastava un piatto de bucatini a fargli esplodere la gioia.
E le automobili stavano solo nel cortile dei nobili, ma nessuno era invidioso.
No, non avevo detto che è brutto essere poveri. Se nun magni ’a sarciccia pe’ sta’ attento, stai attento: non è brutto esse’ poveri, è brutto diventarlo”.
“Ma sì, hai capito, papà non ce l’aveva fatta, e si era adattato al basso tuba”
“Senti un po’, quand’ero ragazzino non eravamo poveri, nun ce mancava niente, papà faceva l’orchestrale, mamma era maestra.
Però se magnava e ce se vestiva, e basta.
Il mio sogno era la bicicletta, ma papà e mamma non me l’hanno mai potuta fare.
Per la Befana me facevano la palla de gomma, e io ero felice perché rimbalzava, a differenza della palla de stracci.
Poi cercavo di farmi amico il ragazzino privilegiato che c’aveva la macchinina meccanica, così magari una volta me la faceva provare.
Andava bene così, gli strati sociali servono a preservarci dal risentimento.
Per dire, la domenica andavo alla Galleria Colonna (oggi si chiama Galleria Alberto Sordi, ndr), perché c’era l’orchestra che suonava il jazz, lì al caffè Aragno.
Noi ascoltavamo in piedi, ma c’era gente ai tavolini con certe coppe de gelato… Quanto ho desiderato quel gelato!
Non c’era risentimento, solo il desiderio di potermelo un giorno permettere anch’io.
Sì, ammiravo i ricchi, volevo diventare come loro”.
Come in ogni artista geniale, il motore creativo di Alberto Sordi pescava il carburante in chissà quali ripostigli della mente. In uno di questi c’era la figura di suo padre, il professore d’orchestra Pietro Sordi, morto quando Alberto aveva appena 20 anni e rimasto, sempre, “papà”.
“Sono diventato ricco in modo graduale, ordinato. Era tutto previsto.
Sai, io da ragazzo vivevo in un grande ottimismo, malgrado il pessimismo di papà che mi diceva di avere prudenza nelle aspirazioni, diceva: tutti mirano al successo ma solo qualche privilegiato ce la fa, tu puoi intraprendere questa carriera da artista ma devi anche prevedere che potrebbe andarti male.
E io dicevo, papà ma se io mi impegno… e lui diceva, ma sì Albe’, l’impegno è un bello sprone ma poi ci vuole la fortuna…
Ma sì, hai capito, papà non ce l’aveva fatta. Nella sua grande umiltà si era adattato al basso tuba, uno strumento di accompagnamento, e questo ti descrive la sua personalità.
Ammirava gli altri, descriveva gli altri, di sé non parlava mai, e io forse anche per dimostrargli qualcosa ce l’ho messa tutta, ho avuto successo e sono diventato ricco.
Ma sai che cosa vuol dire essere ricco?
Una sola cosa, che ti puoi rilassare, che non hai paura della vecchiaia, perché ti puoi permettere certe infermiere che… altro che moglie!”.
“Però devi essere ricco davvero, come me. Non come questi che hanno uno stipendio di un milione, un milione e mezzo, e fanno i debiti per compra’ questo e quello, perché hanno perso la misura della felicità.
La felicità è ’na sarsiccetta quando ce vo’. La felicità vera della mia vita è stata la scoperta del sesso, ottenere un bacio da una ragazza, quelle sono emozioni…
E poi gli italiani hanno perso la misura del denaro. Accendono la tv, uno chiede chi è l’eroe dei due mondi,quello dice Garibaldi, e bravo, lei ha vinto 20 milioni.
Con una naturalezza! E così non ci resta che l’esibizionismo.
Vogliono andare in televisione, tutti, io l’avevo capito già negli anni 50, ti ricordi quel film, Domenica è sempre domenica? C’era un industriale ricchissimo che non aveva altro per la testa che andare al Musichiere con Mario Riva. Si compra di tutto per esibizionismo, ci si rovina per esibizionismo.
Portare i regazzini a scuola con la macchina, è esibizionismo.
È colpa della tv se la vita è diventata un grande palcoscenico, esibirsi è diventata regola di vita”.
“Sì, bè? Che c’è? Sì, un attore che parla di esibizionismo… Ma io sono un professionista, ho sempre lavorato come un pazzo, 187 film in 35 anni, cinque-sei film all’anno.
Mi esibisco solo davanti alla telecamera, quando esco dal set ho finito de lavora’, non vado in giro a farmi fotografa’ dai paparazzi.
E poi, siccome non mi piacevano le automobili, anziché buttare i soldi nel macchinone americano giravo con una Fiat.
Hanno cominciato a dire, caXXo, con tutti chii sordi, che vita fa? E allora è nata la leggenda che ero avaro.
La verità è che io i miei desideri li ho soddisfatti tutti. Il primo è stato quello di viaggiare: appena avevo una pausa partivo, in Sudamerica, in Asia, in Africa.
Sono stato dappertutto e ho speso un sacco di soldi, aho’, ai miei tempi viaggiare costava un sacco”.
“Fossi stato avaro avrei fatto la pubblicità, ma ho detto no per rispetto del pubblico”
“Il secondo obiettivo è stato la casa: papà e mamma non se la sono mai potuta comprare, stavamo in un appartamento del Demanio, in via San Cosimato, a Trastevere.
Io ci tenevo, ho speso un sacco di soldi per quel terreno davanti alle Terme di Caracalla, e mi sono fatto la casa come piaceva a me, indipendente, con il giardino, comoda, arredata a modo mio, dove tengo tutte le cose che mi piacciono.
Poi basta, devi avere un limite, io in trattoria con la famiglia ci vado una volta al mese, mica de più.
Beneficenza? Quelli so’ affari miei, non ne voglio parla’.
Ma se fossi stato avaro, o avido, avrei fatto la pubblicità, e invece ho sempre detto di no, ho calcolato di aver detto no ad almeno 50 miliardi di lire.
E sai perché? Usare la notorietà regalatami dal mio pubblico per convincere quello stesso pubblico a comprare qualcosa mi sembrava una mancanza di rispetto”.
Sordi si presentava così, professionalmente immerso nei difetti degli italiani, ma attratto da imperativi morali di altre galassie.
Innamorato del popolo ma schiettamente reazionario, avviluppato in una ossessiva e apparentemente incongrua sfida alla mediocrità e all’uguaglianza.
“A me i ricchi mi hanno sempre affascinato. Quando ero ragazzo conobbi Romolo Vaselli, che da muratore era diventato uno dei più importanti costruttori di Roma.
Gli chiesi di poterlo frequentare e andavo nel suo ufficio, mi sedevo su un divanetto e assistevo alle sue contrattazioni su affari da milioni.
Volevo affermarmi e cercavo di imparare l’arte del successo.
La mia generazione i veri ricchi, quelli con il feudo, non li ha mai conosciuti.
Noi abbiamo gli arricchiti, quelli che hanno fatto i soldi con la guerra o con il Dopoguerra.
Non sono esseri superiori, sono italiani come gli altri. Diffidenti, vigliacchi, opportunisti, con momenti di generosità, ma egoisti, pronti ad arrangiarsi chiusi nell’ambito della famiglia, senza interessarsi del rispetto della legge”.
L’arringa per un giornalista mai visto prima né dopo, per ragioni misteriose, non voleva finire.
Entrava il regista Tonino Cervi per un problema di organizzazione del set e lui: “Dopo, dopo…”. Ci provava lo sceneggiatore Cesare Frugoni, e lui lo respingeva: “Aspetta un po’…”. Alla fine una signora decisa si affacciò: “Saremmo pronti per girare”. Il professionista capì: “Ahò, so’ pronti pe’ gira’… Devo anda’. Bè, t’ho fatto un romanzo.
Ma perché non hai voluto magna’ ’a sarciccia?”.
“Bè, è che intervistare Alberto Sordi è emozionante, uno si deve concentrare. Ma non si preoccupi, prima, mentre lei riguardava la sceneggiatura col regista, gli altri attori mi hanno offerto un cestino”.
Il grande attore sfoderò un’altra delle sue espressioni celebri, la delusione manifestata con le palpebre a mezz’asta e un sospiro: “Hai magnato il cestino… Bboono il cestino…”.
Incredulo e scoraggiato si incamminò verso il set, ma sulla porta si voltò per un ultimo chiarimento: “Senti, una cosa non ti ho detto. Ti ho elencato un sacco di difetti degli italiani.
Ma io voglio bene a questi italiani incapaci di governarsi da soli.
Non è colpa loro, ricordatelo.
Sono così perché non hanno mai avuto grandi esempi da seguire e grandi leader di cui fidarsi”.
da il Fatto Quotidiano del 24 febbraio 2013
Intervista inedita (doveva uscire su Fortune) e postuma (risale al 1989) in cui Sordi racconta gli italiani "incapaci di governarsi da soli". E destinati alla più dura delle prove: scivolare in un Paese più egoista
di Giorgio Meletti | 24 febbraio 2013Commenti (253)
Il momento più emozionante fu quando il vecchio comico sollevò la bocca dal fiero piatto di salsicce e broccoli e piantò sul giornalista la sua espressione più celebre.
Fronte aggrottata, occhi sbarrati, bocca semiaperta e leggermente digrignata.
È un monumento della cultura nazionale quell’espressione sorpresa e già rassegnata, arresa di fronte alla realtà che spiazza e sconfigge, e sovrasta ogni disperata impostura, miserabile dissimulazione, arroganza da due soldi.
Lo sguardo del vigile Otello Celletti quando scopre che sua sorella a Milano non fa propriamente la massaggiatrice.
Lo sguardo di Nando Mericoni quando esce dalla marana e realizza che gli hanno rubato i vestiti.
Con quello stupore che si era fatto icona, Alberto Sordi aveva dipinto l’autoritratto del Dopoguerra italiano.
Adesso invece lo brandiva contro il giovane intervistatore che lo addolorava con una scandalosa inappetenza.
“Che fai? Nun magni ’a sarciccia?”.
Poi la fulminea trasfigurazione sordiana, il cambio di passo: gli occhi azzurri, che avevano appena confessato il rimpianto per il figlio mai nato, presero una piega affettuosa per accompagnare la paterna, impaziente esortazione: “E magnate ’a sarciccia!”.
“Sembra che famo a gara a chi magna de più, trattorie piene di culoni che magnano…”
Correva l’anno 1989, il Muro di Berlino stava per essere abbattuto e l’antico castello Odescalchi di Bassano Romano, vicino a Viterbo, faceva da set per una versione cinematografica de L’avaro di Molière.
La storica addetta stampa Maria Ruhle, giocando sull’argomento del film per aiutarne il lancio, aveva messo a disposizione il protagonista per un’insolita intervista sul denaro con la rivista economica Fortune.
Un fallimento totale: Sordi non aveva nessuna voglia di fingersi sociologo o economista.
La sua analisi verteva su pulsioni elementari (la fame, il rispetto, l’invidia) e la sua scienza economica risultava fondata su quattro unità di conto, quella base, il supplì, e i suoi tre multipli: il piatto di bucatini, l’automobile, la casa. Infine l’esibizionismo indotto dalla tv, che avrebbe distrutto l’Italia.
Una cosmogonia improponibile per gli americani della Time-Warner.
Per questo l’intervista è rimasta quasi completamente inedita per 23 anni, custodita in un nastro.
Alla soglia dei 70 anni, che avrebbe compiuto il 15 giugno 1990, Sordi era ricco e venerato.
Davanti al portone del castello, un’enorme Mercedes scura annunciava la sua presenza.
All’interno aveva per camerino un camerone rinascimentale con uso di cucina.
In pausa pranzo tutta la troupe, compresi i figli dell’avaro, Miguel Bosè e una giovanissima Anna Kanakis, restava buttata nel parco a mangiare il cestino da set, con pasta rinsecchita, fettina ingiallita di formaggio e pera di marmo.
Il capocomico si ritirava nel camerone-camerino, si metteva una giacca da camera coi pomelli e aspettava che la governante cucinasse per lui come a casa.
Salsicce e broccoli, quel giorno.
Mangiava e parlava, e per spiegare l’economia italiana raccontava la sua vita, non per egocentrismo, semplicemente l’autoritratto dell’italiano normotipo non distingueva la patria da se stesso.
Descrivendo l’Italia attraverso Roma e Roma attraverso i suoi occhi, Sordi formulò la sua profezia sulla globalizzazione, la scomparsa del ceto medio, il declino italiano: “Sembra che famo a gara a chi magna de più, ci bombardano di pubblicità televisiva, che io la vieterei, e tutti a consuma’, vedi ’ste trattorie piene di culoni che magnano…
Ma che te magni? Io magno un supplì e me basta.
No, dice, siccome tu sei ricco di supplì ne magni dieci. Ah, sì? Allora guarda, io so’ ricco davero, ma non è che quando entro in trattoria, siccome c’ho i soldi, magno tutto quello che c’è.
Vedi ‘sto goccetto de vino? Mi basta per essere felice. E invece no, dice, siccome sei ricco te bevi tutta ’a botte. Anzi no, te compri la vigna”.
Ecco il consumismo che negli anni 80 ci trascinava verso il gorgo della globalizzazione:
“Importiamo un sacco di carne anche se sappiamo che ci fa male.
Prima la mangiavamo la domenica, ce se faceva il sugo.
Adesso il pupo non mangia lo spezzatino, vuole il filetto, e importiamo il filetto.
E tutti a spendere.
Ma state attenti, non c’è niente di peggio che diventare poveri dopo essere stati ricchi”.
“Agli italiani vorrei dire questo: stiamo attenti, non diamoci alla pazza gioia, che se domani si mette male… Quando andai a prendere la cittadinanza onoraria a Kansas City poi arrivai fino a Hollywood e vidi Ramon Novarro che per campare faceva la comparsa.
Ahò, e Oliver Hardy e Stan Laurel, lo sai? So’ morti in un ospizio per poveri. Tornare poveri è orribile. State attenti, può succedere”.
“Roma si sta distruggendo con le automobili. Il Colosseo crollerà per le vibrazioni”
(Profezia avverata da quanto ha riportato la cronaca la scorsa settimana -- ndt)
“Che dici? Società segmentata? Ma ’ndo l’hai letto? Stamo a diventa’ tutti uguali, ed è colpa dell’automobile. Prima la 600, poi la Millecento, poi la macchina straniera. Tutti con la macchina, tutti uguali, no?
Ahò, hai visto quante automobili?
Roma si sta distruggendo con questo mare d’auto. Ne facciamo un milione l’anno, non sanno più dove metterle.
Io vieterei il parcheggio in tutta la città, salvo pochi tassametri a 20mila lire l’ora.
Pensa le vibrazioni! E dai, non si può far crollare il Colosseo perché il pupo deva anda’ a pija’ il gelato con la macchina!
E annamo!…No, aspetta, tutti uguali te dicevo.
Eh sì, perché prima c’era il nobile, il proletario, il ricco, il povero.
E ognuno aveva la sua felicità. Il povero non soffriva, perché gli bastava un piatto de bucatini a fargli esplodere la gioia.
E le automobili stavano solo nel cortile dei nobili, ma nessuno era invidioso.
No, non avevo detto che è brutto essere poveri. Se nun magni ’a sarciccia pe’ sta’ attento, stai attento: non è brutto esse’ poveri, è brutto diventarlo”.
“Ma sì, hai capito, papà non ce l’aveva fatta, e si era adattato al basso tuba”
“Senti un po’, quand’ero ragazzino non eravamo poveri, nun ce mancava niente, papà faceva l’orchestrale, mamma era maestra.
Però se magnava e ce se vestiva, e basta.
Il mio sogno era la bicicletta, ma papà e mamma non me l’hanno mai potuta fare.
Per la Befana me facevano la palla de gomma, e io ero felice perché rimbalzava, a differenza della palla de stracci.
Poi cercavo di farmi amico il ragazzino privilegiato che c’aveva la macchinina meccanica, così magari una volta me la faceva provare.
Andava bene così, gli strati sociali servono a preservarci dal risentimento.
Per dire, la domenica andavo alla Galleria Colonna (oggi si chiama Galleria Alberto Sordi, ndr), perché c’era l’orchestra che suonava il jazz, lì al caffè Aragno.
Noi ascoltavamo in piedi, ma c’era gente ai tavolini con certe coppe de gelato… Quanto ho desiderato quel gelato!
Non c’era risentimento, solo il desiderio di potermelo un giorno permettere anch’io.
Sì, ammiravo i ricchi, volevo diventare come loro”.
Come in ogni artista geniale, il motore creativo di Alberto Sordi pescava il carburante in chissà quali ripostigli della mente. In uno di questi c’era la figura di suo padre, il professore d’orchestra Pietro Sordi, morto quando Alberto aveva appena 20 anni e rimasto, sempre, “papà”.
“Sono diventato ricco in modo graduale, ordinato. Era tutto previsto.
Sai, io da ragazzo vivevo in un grande ottimismo, malgrado il pessimismo di papà che mi diceva di avere prudenza nelle aspirazioni, diceva: tutti mirano al successo ma solo qualche privilegiato ce la fa, tu puoi intraprendere questa carriera da artista ma devi anche prevedere che potrebbe andarti male.
E io dicevo, papà ma se io mi impegno… e lui diceva, ma sì Albe’, l’impegno è un bello sprone ma poi ci vuole la fortuna…
Ma sì, hai capito, papà non ce l’aveva fatta. Nella sua grande umiltà si era adattato al basso tuba, uno strumento di accompagnamento, e questo ti descrive la sua personalità.
Ammirava gli altri, descriveva gli altri, di sé non parlava mai, e io forse anche per dimostrargli qualcosa ce l’ho messa tutta, ho avuto successo e sono diventato ricco.
Ma sai che cosa vuol dire essere ricco?
Una sola cosa, che ti puoi rilassare, che non hai paura della vecchiaia, perché ti puoi permettere certe infermiere che… altro che moglie!”.
“Però devi essere ricco davvero, come me. Non come questi che hanno uno stipendio di un milione, un milione e mezzo, e fanno i debiti per compra’ questo e quello, perché hanno perso la misura della felicità.
La felicità è ’na sarsiccetta quando ce vo’. La felicità vera della mia vita è stata la scoperta del sesso, ottenere un bacio da una ragazza, quelle sono emozioni…
E poi gli italiani hanno perso la misura del denaro. Accendono la tv, uno chiede chi è l’eroe dei due mondi,quello dice Garibaldi, e bravo, lei ha vinto 20 milioni.
Con una naturalezza! E così non ci resta che l’esibizionismo.
Vogliono andare in televisione, tutti, io l’avevo capito già negli anni 50, ti ricordi quel film, Domenica è sempre domenica? C’era un industriale ricchissimo che non aveva altro per la testa che andare al Musichiere con Mario Riva. Si compra di tutto per esibizionismo, ci si rovina per esibizionismo.
Portare i regazzini a scuola con la macchina, è esibizionismo.
È colpa della tv se la vita è diventata un grande palcoscenico, esibirsi è diventata regola di vita”.
“Sì, bè? Che c’è? Sì, un attore che parla di esibizionismo… Ma io sono un professionista, ho sempre lavorato come un pazzo, 187 film in 35 anni, cinque-sei film all’anno.
Mi esibisco solo davanti alla telecamera, quando esco dal set ho finito de lavora’, non vado in giro a farmi fotografa’ dai paparazzi.
E poi, siccome non mi piacevano le automobili, anziché buttare i soldi nel macchinone americano giravo con una Fiat.
Hanno cominciato a dire, caXXo, con tutti chii sordi, che vita fa? E allora è nata la leggenda che ero avaro.
La verità è che io i miei desideri li ho soddisfatti tutti. Il primo è stato quello di viaggiare: appena avevo una pausa partivo, in Sudamerica, in Asia, in Africa.
Sono stato dappertutto e ho speso un sacco di soldi, aho’, ai miei tempi viaggiare costava un sacco”.
“Fossi stato avaro avrei fatto la pubblicità, ma ho detto no per rispetto del pubblico”
“Il secondo obiettivo è stato la casa: papà e mamma non se la sono mai potuta comprare, stavamo in un appartamento del Demanio, in via San Cosimato, a Trastevere.
Io ci tenevo, ho speso un sacco di soldi per quel terreno davanti alle Terme di Caracalla, e mi sono fatto la casa come piaceva a me, indipendente, con il giardino, comoda, arredata a modo mio, dove tengo tutte le cose che mi piacciono.
Poi basta, devi avere un limite, io in trattoria con la famiglia ci vado una volta al mese, mica de più.
Beneficenza? Quelli so’ affari miei, non ne voglio parla’.
Ma se fossi stato avaro, o avido, avrei fatto la pubblicità, e invece ho sempre detto di no, ho calcolato di aver detto no ad almeno 50 miliardi di lire.
E sai perché? Usare la notorietà regalatami dal mio pubblico per convincere quello stesso pubblico a comprare qualcosa mi sembrava una mancanza di rispetto”.
Sordi si presentava così, professionalmente immerso nei difetti degli italiani, ma attratto da imperativi morali di altre galassie.
Innamorato del popolo ma schiettamente reazionario, avviluppato in una ossessiva e apparentemente incongrua sfida alla mediocrità e all’uguaglianza.
“A me i ricchi mi hanno sempre affascinato. Quando ero ragazzo conobbi Romolo Vaselli, che da muratore era diventato uno dei più importanti costruttori di Roma.
Gli chiesi di poterlo frequentare e andavo nel suo ufficio, mi sedevo su un divanetto e assistevo alle sue contrattazioni su affari da milioni.
Volevo affermarmi e cercavo di imparare l’arte del successo.
La mia generazione i veri ricchi, quelli con il feudo, non li ha mai conosciuti.
Noi abbiamo gli arricchiti, quelli che hanno fatto i soldi con la guerra o con il Dopoguerra.
Non sono esseri superiori, sono italiani come gli altri. Diffidenti, vigliacchi, opportunisti, con momenti di generosità, ma egoisti, pronti ad arrangiarsi chiusi nell’ambito della famiglia, senza interessarsi del rispetto della legge”.
L’arringa per un giornalista mai visto prima né dopo, per ragioni misteriose, non voleva finire.
Entrava il regista Tonino Cervi per un problema di organizzazione del set e lui: “Dopo, dopo…”. Ci provava lo sceneggiatore Cesare Frugoni, e lui lo respingeva: “Aspetta un po’…”. Alla fine una signora decisa si affacciò: “Saremmo pronti per girare”. Il professionista capì: “Ahò, so’ pronti pe’ gira’… Devo anda’. Bè, t’ho fatto un romanzo.
Ma perché non hai voluto magna’ ’a sarciccia?”.
“Bè, è che intervistare Alberto Sordi è emozionante, uno si deve concentrare. Ma non si preoccupi, prima, mentre lei riguardava la sceneggiatura col regista, gli altri attori mi hanno offerto un cestino”.
Il grande attore sfoderò un’altra delle sue espressioni celebri, la delusione manifestata con le palpebre a mezz’asta e un sospiro: “Hai magnato il cestino… Bboono il cestino…”.
Incredulo e scoraggiato si incamminò verso il set, ma sulla porta si voltò per un ultimo chiarimento: “Senti, una cosa non ti ho detto. Ti ho elencato un sacco di difetti degli italiani.
Ma io voglio bene a questi italiani incapaci di governarsi da soli.
Non è colpa loro, ricordatelo.
Sono così perché non hanno mai avuto grandi esempi da seguire e grandi leader di cui fidarsi”.
da il Fatto Quotidiano del 24 febbraio 2013
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Re: Come se ne viene fuori ?
-LE ULTIME PAROLE FAMOSE DI UN POLITICO LUNGIMIRANTE
– MENTANA TWITTA IL LINK SU YOUTUBE DI FASSINO CHE NEL 2009 INVITA GRILLO A FARSI UN PARTITO, DOPO CHE IL COMICO AVEVA LANCIATO LA SUA CANDIDATURA ALLA SEGRETERIA DEL PD
- “GRILLO FONDI UN PARTITO, METTA IN PIEDI UN’ORGANIZZAZIONI, SI PRESENTI ALLE ELEZIONI E VEDIAMO QUANTO PRENDE…”
VIDEO FASSINO - http://www.youtube.com/watch?v=cUmfcJjQ ... ata_player
DAGOREPORT
Mentana ha twittato questo link di Fassino che nel 2009 invita Grillo a farsi un partito.
Luglio 2009: dichiarazioni relative alla candidatura di Grillo alla segreteria del PD: "Grillo fondi un partito, metta in piedi un'organizzazioni, si presenti alle elezioni e vediamo quanto prende...". Ultime parole famose di un politico lungimirante...
– MENTANA TWITTA IL LINK SU YOUTUBE DI FASSINO CHE NEL 2009 INVITA GRILLO A FARSI UN PARTITO, DOPO CHE IL COMICO AVEVA LANCIATO LA SUA CANDIDATURA ALLA SEGRETERIA DEL PD
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Mentana ha twittato questo link di Fassino che nel 2009 invita Grillo a farsi un partito.
Luglio 2009: dichiarazioni relative alla candidatura di Grillo alla segreteria del PD: "Grillo fondi un partito, metta in piedi un'organizzazioni, si presenti alle elezioni e vediamo quanto prende...". Ultime parole famose di un politico lungimirante...
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Re: Come se ne viene fuori ?
Nel Paese dell’Acchiappacitrulli
“Quando siamo arrivati noio, le casse erano vuote e non c’erano neppure i soldi per pagare gli stipendi della PA”
Perché adesso SIIIIIIIIIIIIII???????
*****
Precari della scuola, in 75mila senza stipendio
da tre mesi: "Buco nel sistema informatico"
E' questa l'ultima offesa ai supplenti. In 25mila hanno firmato un contratto annuale. Altri hanno lavorato per pochi giorni o poche ore. Nessuno di loro ha ricevuto un solo euro: "Mandiamo mail al Miur, ma non riceviamo risposte"
di Daina e Mackinson
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02 ... si/509284/
“Quando siamo arrivati noio, le casse erano vuote e non c’erano neppure i soldi per pagare gli stipendi della PA”
Perché adesso SIIIIIIIIIIIIII???????
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E' questa l'ultima offesa ai supplenti. In 25mila hanno firmato un contratto annuale. Altri hanno lavorato per pochi giorni o poche ore. Nessuno di loro ha ricevuto un solo euro: "Mandiamo mail al Miur, ma non riceviamo risposte"
di Daina e Mackinson
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02 ... si/509284/
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Re: Come se ne viene fuori ?
"Precari della scuola, in 75mila senza stipendio
da tre mesi: "Buco nel sistema informatico"
Il sospetto, a volte viene, che la disorganizzazione sia... organizzata.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Più di quanto si potesse credere all'origine della battuta.camillobenso ha scritto:-LE ULTIME PAROLE FAMOSE DI UN POLITICO LUNGIMIRANTE
– MENTANA TWITTA IL LINK SU YOUTUBE DI FASSINO CHE NEL 2009 INVITA GRILLO A FARSI UN PARTITO, DOPO CHE IL COMICO AVEVA LANCIATO LA SUA CANDIDATURA ALLA SEGRETERIA DEL PD
- “GRILLO FONDI UN PARTITO, METTA IN PIEDI UN’ORGANIZZAZIONI, SI PRESENTI ALLE ELEZIONI E VEDIAMO QUANTO PRENDE…”
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Mentana ha twittato questo link di Fassino che nel 2009 invita Grillo a farsi un partito.
Luglio 2009: dichiarazioni relative alla candidatura di Grillo alla segreteria del PD: "Grillo fondi un partito, metta in piedi un'organizzazioni, si presenti alle elezioni e vediamo quanto prende...". Ultime parole famose di un politico lungimirante...
Se la vedi a 360° .... e toccando ferro, va a finire che Grillo ha fatto vincere la sinistra !
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Re: Come se ne viene fuori ?
Stratos58 ha scritto:Più di quanto si potesse credere all'origine della battuta.camillobenso ha scritto:-LE ULTIME PAROLE FAMOSE DI UN POLITICO LUNGIMIRANTE
– MENTANA TWITTA IL LINK SU YOUTUBE DI FASSINO CHE NEL 2009 INVITA GRILLO A FARSI UN PARTITO, DOPO CHE IL COMICO AVEVA LANCIATO LA SUA CANDIDATURA ALLA SEGRETERIA DEL PD
- “GRILLO FONDI UN PARTITO, METTA IN PIEDI UN’ORGANIZZAZIONI, SI PRESENTI ALLE ELEZIONI E VEDIAMO QUANTO PRENDE…”
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Mentana ha twittato questo link di Fassino che nel 2009 invita Grillo a farsi un partito.
Luglio 2009: dichiarazioni relative alla candidatura di Grillo alla segreteria del PD: "Grillo fondi un partito, metta in piedi un'organizzazioni, si presenti alle elezioni e vediamo quanto prende...". Ultime parole famose di un politico lungimirante...
Se la vedi a 360° .... e toccando ferro, va a finire che Grillo ha fatto vincere la sinistra !
Chiamala battuta.......
Poi, non riesco a vedere i 360 gradi.
Concita De Gregorio si è sorbita 6 ore di Piazza San Giovanni e quello che ha raccontato a "Zeta", di Gad Lerner è un'ulteriore capitolo del suo recente libro "Io vi maledico", un reportage sulle condizioni di vita degli italiani.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Aspettiamo la serata ... se quanto sta pian piano emergendo sarà confermato, quella "battuta" avrà avuto il merito di sconfiggere Berlusconi.
Inconsapevolmente. ma è così.
Inconsapevolmente. ma è così.
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- Iscritto il: 21/02/2012, 22:55
Re: Come se ne viene fuori ?
Stratos58 ha scritto:Aspettiamo la serata ... se quanto sta pian piano emergendo sarà confermato, quella "battuta" avrà avuto il merito di sconfiggere Berlusconi.
Inconsapevolmente. ma è così.
Ammesso e non concesso che sia vero ciò che dici,
quella battuta rimane pessima ed indica il grado di convinzione democratica di chi l'ha detta.
Non è questione di "gradi", è questione di democrazia.
Il problema è che, nei partiti, c'è chi si sente e si comporta come padrone.
E' la “casta “ che si autolegittima e si auto assolve.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Sembrerebbe, da questa tua riflessione che il duca conte Dalemoni, Pierloden Bersande e il clan dei notabili delle 25 tribù (correnti, già pubblicate sul forum, ma fai prima a trovarle digitando da Google : Correnti Partito Democratico, e poi scegliere –> Wikipedia) piddine, l’abbiano spuntata ancora una volta di più. E’ la loro ennesima vittoria.Stratos58 ha scritto:Aspettiamo la serata ... se quanto sta pian piano emergendo sarà confermato, quella "battuta" avrà avuto il merito di sconfiggere Berlusconi.
Inconsapevolmente. ma è così.
Hanno tirato a campare per 19 anni in questo modo, rifiutandosi di fare politica e di limitarsi soltanto ad associare i partiti per conquistare la stanza dei bottoni e dei bottini.
E’ probabile che la distanza di 16.000 km che hai messo con l’Italia, non ti abbia consentito di seguire le intenzioni del centro sinistro nell’ultimo anno e mezzo.
Ancora nelle ultime battute elettorali, il clan Bersande al gran completo, ci ha tenuto a sottolineare che loro non governeranno con il 51 %, ma si affideranno all’alleanza dei “moderati”.
Ergo, la strada è tracciata già dal settembre 2011. La nuova Dc cercherà di riunirsi nella prossima legislatura con la destra liberista. I piddini hanno fatto il patto con Casini & Affini, e adesso però si trovano Mari.o Monti perché così hanno deciso i poteri forti. Vedremo gli sviluppi nelle prossime ore
Regolarmente, il caimano è servito prima ai Ds e poi al Pd come un utile idiota per spaventare gli elettori del centro sinistro chiamati a fare costantemente da argine ad ogni tornata elettorale all’uomo nero.
“Vota noi se no arriva l’uomo nero.”
Niente di meno che come si fa con i bambini: “Mangia,…se no arriva l’uomo nero”. Oppure, “Non fare i capricci se no arriva l’uomo nero”.
Tutto regolare. La teoria del caimano applicata al centro sinistro.
Anche in questa campagna elettorale il nemico da battere per la sesta volta è stato indicato nell’uomo nero di Hardcore, come proposto dai notabili del Nazareno, e non certo in Monti, l’uomo dei poteri forti che è della stessa razza ma porta il loden. Anche se chiede di fare fuori Fassina, Vendola, e la CGIL. (Gli altri sindacati sono addomesticati da tempo). Gli ultimi globuli del Piddì democristianizzato.
Quando hanno scelto il nome del nuovo partito sono stati accorti:
Partito democristiano, era troppo smaccato. Allora hanno ripiegato su:
Partito democratico (il cristiano è sottinteso).
E poi, l’ex capo dei rossi era entrato a far parte dell’organizzazione un anno prima, quindi era il garante.
http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-conte ... jpg?47e3a5
La situazione economica peggiora di giorno in giorno in maniera drammatica ed irreversibile,…..e il problema è Berlusconi??????????????
Suvvia, non scherziamo.
Basta vedere a quale tipo di campagna elettorale si è affidato il caimano, per comprendere quale sia il suo terreno preferito di gioco.
La bufala continua elevata all’ennesima potenza.
I commentatori politici d’accordo all’unanimità, hanno dichiarato che B. oggi sia ancora il miglior venditore di bufale (sceme per lo più) su piazza.
La lepre ancora una volta l’ha fatta lui, e gli altri a corrergli dietro.
Tanto è vero che la riduzione delle tasse parte da lui. E gli altri a dietro…..
La cancellazione e la restituzione dell’Imu sulla prima casa è una sua proposta. Gli altri a inseguire con varianti personalizzate.
Anche Bersande si è piegato al gioco del “Vu cumprà” che è impazzato in tutta la campagna elettorale, sparando giovedì scorso una ipotetica cancellazione del Ticket. “Una tassa ingiusta”, ha sostenuto il grande capo delle 25 tribù democristiane.
Persone con la testa sulle spalle, ed use alla pratica del realismo, non avendo vincoli del “Vu cumprà la bufala”, hanno fatto presente ripetutamente in questi giorni che l’agenda prossima ventura è già stata scritta dalla Ue con il “Pareggio di bilancio”.
Quindi, i 160 miliardi di regalie, offerti dal gotha dei pataccari nostrani in cerca del ticket per un posto al sole nella prossima legislatura,…gli italiani se li possono scordare con tutta tranquillità.
D’altra parte questo non sarebbe il Paese degli Acchiappacitrulli (G.A. Stella) se venisse meno una delle due parti. In questo caso gli elettori. I politici professionisti ci tentano sempre. Ovvio, è il loro mestiere.
Non è colpa di certo di B. se c’è stato chi si è recato a ritirare il rimborso dell’Imu sulla base della sua lettera. Funziona così da sempre. Il pescatore butta l’amo, poi sta al pesce scegliere di abboccare o meno.
E già che ci siamo, evitiamo di fare gli ingenui perenni sul perché siamo in queste condizioni, partendo dal perché non è stata varata la legge sul conflitto d’interessi che avrebbe messo fuori gioco innanzi tempo per sempre il caimano, risparmiando al popolo italiano la sofferenza di un declino inarrestabile e difficilmente recuperabile nel medio periodo.
Quel signore di Hardcore ha stortato, come si dice in gergo, …o se piace di più, corrotto con denaro alcuni uomini dell’allora Pds, affinché gli concedessero il salvacondotto politico per lui e per le sue aziende.
Per 19 anni hanno governato insieme mettendo in scena la solita sceneggiata del teatro dei burattini che si scambiano reciproche randellate, ad uso e consumo dei citrulli tricolori.
Nel 1994, B. sapeva benissimo com’era la composizione del merlame tricolore, invitando i suoi a rivolgersi agli elettori come se fossero dei ragazzini della terza media non tanto intelligenti.
Ha funzionato. E ha funzionato anche nella ex sinistra.
La conferma l’abbiamo in questi giorni nella pubblicazione del linguista Tullio De Mauro, postata da mariok la settimana scorsa in questo 3D.
“Più della metà degli italiani ha difficoltà a comprendere l’informazione scritta e molti anche quella parlata”. Il quadro delineato dal linguista Tullio De Mauro sull’analfabetismo di ritorno della nostra popolazione ha influenze negative anche sul grado di consapevolezza con cui gli elettori si recheranno alle urne fra qualche giorno: “Molti sono spinti a votare più con la pancia che con la testa”. Inevitabili le conseguenze negative per la democrazia, visto che le difficoltà di comprensione, secondo De Mauro, non consentono di sviluppare in modo adeguato gli strumenti di controllo dell’operato delle classi dirigenti."
I giochi con la presenza di Verdini all’interno del Mps, e la vice presidenza di Caltagirone, sono chiaramente i giochi della spartitocrazia nei confronti degli elettori italiani che godono un mondo a fare la parte dei merli.
Berlusconi è sempre stato battibilissimo sul piano della politica.
Ma non poteva farlo di certo chi ha fatto accordi con lui nel 1994.
Tre giorni fa, Flores d’Arcais a chiesto a Bersani di dichiarare ufficialmente Berlusconi ineleggile.
Ma siamo matti??? Il giaguaro da smacchiare ci potrebbe servire tra 6 mesi se si rivota,…se no che nemico tiriamo in ballo???????????
Tutti e due, Pdl e Pd, hanno preferito mandare insieme a ramengo il Paese.
Tanto i soldi per campare alla grande da qualche parte fuori dall’Italia, li hanno piazzati in posti sicuri.
Chi c’è in linea
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