è un pò lungo ma è un bellissimo articolo.
Pd-M5S, perché il modello Sicilia
è finito prima di cominciare...
http://www.unita.it/italia/pd-m5s-e-un- ... 192?page=1
Cartoline dalla Sicilia di Grillo: successi, bluff e incognite per l’Italia. Una guida minima al fenomeno M5S in Sicilia, e al futuro del Paese.
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Il 2013 è iniziato da poco: a chi non sembra che sia già durato troppo? La campagna elettorale e le elezioni sotto la neve; il boom di Grillo, la delusione del Pd, la rimonta del Pdl; la crisi la disoccupazione lo spread; il nuovo Presidente, il nuovo Papa; le visite fiscali a Berlusconi, le manifestazioni contro i giudici. Il 2013 è iniziato da poco: è già durato troppo. E come spesso succede nelle cose della politica è iniziato in Sicilia e con largo anticipo.
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E' un vizio storico dell'isola: saperla lunga. Qui Luigi Sturzo pone le basi per il Partito Popolare (1919, a Caltanissetta); qui comunisti e democristiani si accordano per far eleggere governatore Piersanti Mattarella (1975, tre anni prima del "governo di unità nazionale"); qui si votano direttamente i primi sindaci d'Italia (1991); qui il cuffarismo fa implodere l'Udc; qui il Pdl intuisce lo sfascio senza Berlusconi (regionali 2012).
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Qui il 2013 della politica è iniziato nel novembre 2012: e per molti inaspettatamente. Con il Movimento 5 Stelle che diventa primo partito all'assemblea regionale, Rosario Crocetta del Pd nuovo governatore, il Pdl che si squaglia. Ora che l'ombra siciliana si è allungata su Roma e molti vi guardano come modello, se ne potrebbe cavare un'immagine utile a capire cos'è successo (e sta succedendo) in Sicilia - e cosa può succedere in Italia.
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"L'immagine riguarda particolarmente la Sicilia (...) Ma non per un criterio limitativo, o peggio, di sciovinismo regionalistico: soltanto per l'esigenza di conferire all'immagine quella concentrazione e concretezza che di solito la Sicilia offre per ogni male italiano" (Leonardo Sciascia, “La noia e l'offesa”). Un pessimista è un'ottimista che ha imparato a fare due più due: sotto la crosta dello sciasciano "ogni male italiano", l'ottimista leggerà "ogni bene italiano".
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Angelino Alfano è nato a Sant'Angelo Muxaro, piccolo paese in provincia di Agrigento (il padre ne è stato vicesindaco con la Dc). Eletto deputato regionale a 25 anni, molti compaesani lo accolsero buttandogli petali di rose dai balconi e Il Giornale di Sicilia titolò: “Mamma, vado a fare l’onorevole”. Alle scorse regionali ha visto franare il Pdl dal 33% al 12%. Alle politiche ha cantato vittoria, ma i numeri hanno la malagrazia di rovinare le feste: in Sicilia, rispetto alle scorse politiche (più di 1mln e 300mila voti), il Pdl ha dimezzato i consensi (660 mila voti). Rosario Crocetta è nato a Gela, in provincia di Caltanissetta, ha iniziato a fare politica con il Pci, ha scritto un libro di poesie, è stato messo sotto scorta per minacce mafiose (un killer lituano sarebbe stato pronto a ucciderlo). Del paese natale è diventato sindaco ("il primo sindaco dichiaratamente gay d'Italia", dice l'Arcigay), carica che ha lasciato nel 2009 per l'Europarlamento e poi per Palazzo d'Orléans (novembre 2012). Vista l'impresa di scalzare il centrodestra e divenire il secondo governatore di sinistra nella storia siciliana (il primo, nel 1998, è stato Angelo Capodicasa), il Pd sperava di riguadagnare con lui il 25% su base regionale delle elezioni del 2008: si è fermato al 18%. Beppe Grillo è nato a Genova: nel giro di quattro mesi s'è bevuto la Sicilia.
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L'isola è stata romana bizantina e araba, berbera e normanna, lombarda piemontese austriaca, spagnola e papalina e fascista: fossero arrivati da Marte sarebbe stata marziana, è venuto Beppe Grillo, è diventata grillina.
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Il Movimento 5 Stelle alle regionali del 2012 ottiene il 15% dei voti. Alle politiche conferma il primato di partito più votato e per 4 punti percentuali non strappa al Pdl il premio di maggioranza al Senato. Il Financial Times titola in prima pagina: "Gli elettori in Sicilia danno a un comico l'ultima risata".
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Il 16 giugno 1938, Leo Longanesi scriveva sul suo diario: "Fra vent'anni nessuno immaginerà i tempi nei quali viviamo. Gli storici futuri leggeranno giornali, libri, consulteranno documenti d'ogni sorta ma nessuno saprà capire quel che ci è accaduto. Come tramandare ai posteri la faccia di F. quando è in divisa di gerarca e scende dall'automobile?". Ho l'impressione che questo è quello che ci stia capitando oggi: come tramandare la faccia di Beppe Grillo mentre zuppo d'acqua emerge dallo Stretto di Sicilia per prendersi un'intera isola?
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Giorgio Vasta è nato a Palermo nel 1970. Con "Il Tempo materiale" è stato finalista allo Strega e uno dei pochi scrittori italiani a essere tradotti negli Stati Uniti. Gli chiedo come si spiega la fascinazione dei siciliani per il comico genovese. "In Grillo riconosco tratti espressivi e comportamentali nei quali una cultura come quella siciliana non può che rispecchiarsi", mi dice. "La sua disponibilità alla retorica messianica, per esempio. L'elettorato siciliano, allevato nei decenni a reagire a figure forti, a parole d'ordine elementari, nel momento in cui compare all'orizzonte un padre salvatore lo prende al volo".
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Lo sbarco di Grillo in Sicilia, lo stupore sul volto di molti e l'impressione che tanti abbiano capito poco, mi ricordano una delle pagine più belle di Vitaliano Brancati. Vi si racconta l'arrivo a Pachino, per mano di un forestiero che tra l'altro l'aveva comprato per caso, ma a cui avevano detto che era un portento, del terzo libro delle Laudi di D'Annunzio - sorpresa, stupore e febbre a mordere i frequentatori della farmacia, specchio di tutta la provincia italiana:
"Ecco", disse il forestiero, e posò sul banco il volume. "L'avete letto?".
Tutti rizzarono il collo (...).
"Le laudi?".
"Eh, eh!", fece il viaggiatore. "Sentite un po'".
Aprì a caso il libro e lesse malamente alcune parole che non capiva. "Che siano delle fesserie?", cominciò a pensare, guardando con la coda dell'occhio coloro che lo avevano ascoltato. Ma si avvide che il suo uditorio alzava le orecchie in un modo particolare. (Vitaliano Brancati, “La Singolare avventura di Giuseppe Maria”)
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"L'isola è abituata a una politica molto personale, al grande mattatore, al fenomeno. Personalità forti, che condiscono i loro discorsi con parole chiave, hanno sempre fatto breccia nell'elettorato siciliano. Vedi Berlusconi, Micciché, Lombardo, Cuffaro, Orlando, lo stesso Crocetta". Gianni Riotta, "palermitano siciliano italiano europeo del West Side di Manhattan newyorkese e americano adoro la mia identità" (così su Twitter qualche tempo fa), è negli Stati Uniti, lo sento al telefono: "Bersani, rispetto ai suoi avversari ha fatto una scelta se vuoi anche dignitosa: ha proposto un progetto invece che un leader. Ma questo in Sicilia, e più in generale nel sud, non ha funzionato. Il sud sta molto male. L'unico vero serbatoio di occupazione era la pubblica amministrazione. Nel momento in cui devi tagliare la spesa pubblica, devi inventarti qualcos'altro".
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I posti di lavoro persi di qua dallo Stretto nel 2012 sono stati 100 mila; il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 18,4% (Fonte: Fondazione Curella). In Grecia, nello stesso periodo di tempo, la percentuale di chi era senza lavoro era di appena 3 punti percentuali in più (Ase 2012).
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Alcamo è un paese in provincia di Trapani. Nel giro di qualche luna è passato dall'essere il comune più democristiano d'Italia (poi feudo Pd) a quello più grillino (il M5S ha fatto registrare il 50% di consensi alle scorse politiche). Christian Rocca, ex corrispondente del Foglio negli Stati Uniti e ora direttore del mensile IL (Sole 24 Ore), ad Alcamo ci è nato. La spiegazione che si dà del successo di Grillo in Sicilia è questa: "Sono finiti i soldi e il clientelismo è entrato in crisi. Nelle regioni dove era più accentuato il voto di scambio, come in Sicilia, il liberi tutti è stato più eclatante. I politici non possono più promettere posti, finanziamenti, aiutini e il popolo - che è stato esso stesso casta, perché ha vissuto di privilegi grandi e piccoli - si è infuriato. Non c'è nessun vento di cambiamento. È solo protesta, ma non protesta per la mala politica, semmai è protesta perché la mala politica non è più in grado di garantire i privilegi che ha elargito in questi decenni".
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Esempio numero uno di malapolitica. Nel palermitano Parco d'Orléans, tre ettari di piante e fiori e impiegati a carico della Regione, dal 1954 a oggi svolazzano uccelli di tutto il mondo - e di molti si può ipotizzare che ormai ci siano i nipoti, di sicuro i figli. Per questi uccelli i siciliani hanno pagato un “affitto” tra i 300 mila e i 500 mila euro all'anno, con punte di un milione nei periodi di grassa. Piccioli che sono andati a un "certo signor Lauricella", dice Crocetta. Il "certo signor Lauricella", che tutto è fuorché "certo", visto che di lui si sa poco, ne rivendica la potestà, sopra tutto quella patria: vuole i piccioli, altrimenti si porta via gli uccelli. Esempio numero due di malapolitica. Tanto si è brigato per ottenere la restituzione della Venere di Morgantina dal Getty Museum di Los Angeles. L'accordo prevede però l'allestimento in Sicilia di una mostra con opere provenienti dall'estero. "Siamo rovinati - dice Sergio Gelardi, direttore generale dei Beni culturali -. Ho fatto dei calcoli: per allestirla ci vogliono 5 milioni". Antonio Condorelli di "S" ne ha fatti altri, di calcoli, e prevede che in base allo sbigliettamento del museo e dell'area archeologica negli ultimi due anni in cui c'è stata la Venere, ci vorranno altri 50 anni per ripagare questa mostra.
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Quando si parla di queste cose, e delle cose che girano intorno a queste cose, le cose che chiamiamo Cultura, a Roberto Speziale, pare di capire, viene il nervoso. Con Giuseppe Schifani e Andrea Libero Carbone ha fondato a Palermo la casa editrice indipendente :duepunti, che qualche anno fa ha battuto tutti sul tempo e ha acquistato i diritti di Le Clézio poco prima che gli fosse assegnato il Nobel. Gli chiedo se il nuovo corso siciliano lo rassicura o preoccupa, mi risponde così: "Non abbiamo mai vissuto la politica elettorale come un momento di alta politica. In quest’ultimo periodo le cose non sono cambiate. Come imprenditori culturali indipendenti ci stiamo sottoponendo a un regime di disintossicazione dalle regole che hanno contribuito alla crisi attuale, non soltanto cattiva o inesistente politica culturale, ma anche retorica e reale crisi di idee". E Grillo? "Per il momento ci propone soltanto una specie di palingenesi, una millenaristica resa dei conti".
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"I siciliani sono politicamente lungimiranti, senza bisogno di scomodare il gattopardo. Sanno in anticipo chi vince, e saltano per primi sul carro del vincitore. Ti dico tutto questo, ovviamente, con infinita tenerezza". Ottavio Cappellani è romanziere dalla penna feroce e allegra - come solo chi cresce a Catania può avere. Sul New York Times lo scrittore David Leavitt s'è preso una paginata per battezzarlo erede di Pietro Germi. Nel suo ultimo romanzo, L'isola prigione, la Sicilia, da sogno della ragione si fa sonno e poi incubo, sbranata (letteralmente) da casi di cannibalismo. Gli chiedo cosa ne sarà nel prossimo futuro, mi risponde con un paradosso che contiene l'ironia e l'amarezza che l'asciuga: "Come negli anni Novanta Berlusconi seppe parlare a coloro che si sentivano esclusi dalla politica, adesso Grillo sta riuscendo a parlare a tutti coloro che si sentono esclusi dalla televisione. Scomponendo la precedente frase potete farvi un'idea della verità. Ma a un Grillo se ne sostituirà un altro. Attendo che scendano in campo le vere forze della rete. Io immagino un partito Apple, o un partito Microsoft".
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Un altro paradosso. A un amico dico che sto incontrando sempre più gente che mi racconta di una Sicilia trasformata in un mostro di depressione. Un ragazzo che lavora per un importante marchio di moda italiano comprato dai cinesi è appena andato a Catania a chiudere due negozi - e a Palermo non va meglio. Mi dice: "Manco i cinesi ci capiscono più niente". Il taxista quarantenne agrigentino mi dice che si deve vergognare. E perché? "Mio suocero mi vuole lasciare le terre, due anni che gli dico no. Siamo la prima generazione a rinunciare alle terre. Ma se me le piglio io già lo so: mi carico di debiti e depressione". L'amico sardo: "Perché non mollate tutto e andate a vivere a Parigi? Non ci aspetta niente di buono in questo Paese. Io forse vado a vivere al Quadraro e mi metto a fare casette di ceramica. Voglio fare solo quello".
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Uno che se n'è andato dalla Sicilia con una certa rabbia, portandosi dietro le spine. Davide Enia, drammaturgo e attore molto premiato, l'anno scorso ha pubblicato un romanzo, Così in terra, venduto in 16 paesi prima dell'uscita in Italia. La prima spina: "Io voto in Sicilia, e l'unico dato incontrovertibile è il pessimo lavoro che la sinistra ha fatto in questi decenni sul territorio, in ultimo il suicida accordo con l'MPA che ha lacerato la base e fatto espatriare consensi". La seconda: "Perché l'ascesa dei 5 Stelle? Perché, fuori di retorica, i cristiani hanno -con merito- i cugghiùna vùnci". La terza: "A oggi la Regione Sicilia si candida a modello, ma, seriamente, cosa è stato fatto di così eclatante? Servono le boffe, non soltanto i sacrosanti tagli alla spesa pubblica. Serve un progetto che dimostri un piano che abbia prospettiva. Tu lo vedi? Io no, con assoluto rammarico. E, in questo, la cultura è assente".
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Parlo di cultura anche con Roberta Torre, siciliana di Milano (ovvero milanese col mal di Sicilia). Regista cinematografica e teatrale, ha deciso di tornare nell'isola dopo anni in giro per l’Italia: e regie e laboratori e film (l'ultimo girato a Catania, “I baci mai dati”) e malespine anche per lei: "Per me la Sicilia è terra di eterno ritorno, ma le difficoltà di questo momento le ho verificate sulla mia pelle". Le chiedo se la politica ha fatto qualcosa per limarle, e lei: "Le istituzioni arrancano, faticano, e a farne le spese sono gli artisti che scelgono di lavorare qui. Spesso sono abbandonati a se stessi. Io questo senso di abbandono lo sento costantemente. Sono un'innamorata e un'amante assoluta della Sicilia, ma non so per quanto potrò ancora scegliere di restare se le cose non cambieranno, è il mio dolore costante".
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"Il quadro della mediocrità che si riscontra anche nel peggio dà l'idea di un paese anchilosato. E la Sicilia è l'esasperazione dell'Italia intera". Roberto Alajmo da anni racconta l'isola in articoli e saggi e romanzi (leggetevi “L'arte di annacarsi”, non ve ne pentirete). Quando gli chiedo della situazione attuale, fa una cosa, cerca un altro baricentro, lo trova nella criminalità organizzata: "Nelle situazioni fluide come queste si fa strada l'intraprendenza. Sia nel bene sia nel male. Ma non mi pare che nemmeno nel peggio mafioso stiano emergendo eccellenze, e meno male. Ma la perdurante assenza (eufemismo) dello Stato crea dei vuoti che qualcuno periodicamente può tentare di colmare". Che fare? "Assumere la posizione d'emergenza, testa fra le braccia, togliere le scarpe e prepararsi all'impatto. Chi sopravvivrà vivrà meglio. Come in tutti i dopoguerra".
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Un giudice nisseno che incontro sull'aero Fiumicino-Palermo: ci vorrebbe un nuovo Sciascia per spiegare cos'è diventata oggi la mafia. Un sindaco agrigentino inquisito per concorso esterno e poi prosciolto: ci vorrebbe un nuovo Sciascia per spiegare cos'è diventata oggi l'antimafia.
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Federico Urciullo è la voce più giovane tra quelle che sento per venire a capo di questa matassa. E' un cantautore, nei manifesti non troverete il suo nome ma quello di Colapesce, essere che nella mitologia siciliana regge l'isola da millenni per non farla affondare. L'anno scorso ha vinto il Premio Tenco con l'album d'esordio "Un meraviglioso declino". Ha girato e gira molto, l'isola e la penisola, e perciò gli chiedo di raccontarmi di cosa parla con i ragazzi che vanno ai suoi concerti - e sono molti. "Le storie sono tutte uguali: insoddisfazione, evaporazione del desiderio, scarsa fiducia nel governo. Oggi si parla molto d'individualità e i social ne sono lo specchio, ma la sensazione è che si tratta di un'individualità standardizzata. Siamo un popolo d'individualisti che usa il filtro Kelvin di instagram". Critica il Pd ("fratello minore che fa la voce grossa dal bagno con la porta chiusa a chiave") e di Grillo dice: "E' nato politicamente dal blog e domani potrebbe nascere un leader X da un tweet. Questo un po' mi spaventa, non si può fare resistenza da un tablet".
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Questa cosa della resistenza via tablet, una cosa che assomiglia alla smania della rivoluzione con un clic che è nella testa di molti italiani, per ora, una cosa che i siciliani conoscono bene, per via del fatto che l'isola ha il vizio della rivolta (e il vizietto della restaurazione), questa cosa qui, mi sembra, è la cosa che più di ogni altra nasconda la realtà che sta alla base del cosiddetto "modello siciliano". Modello siciliano, brutalmente significa questo: più di un elettore su tre ha deciso di non dare il voto ad alcun partito, e tra quelli che sono andati a votare più di uno su tre li ha nuovamente bocciati, scegliendo il M5S. Un buco enorme di rappresentanza: e tanto più grande, tanti più ragni da cavarvi.