Boom di poveri: oltre 4 milioni nel 2013.
Ma gli italiani lavorano più dei tedeschi.
Il rapporto di Confcommercio traccia un quadro allarmante per la dinamica del Pil (stime tagliate a -1,7% per il 2013) e dei consumi (quest'anno previsto -2,4%). Raddoppia il disagio sociale tra i cittadini, ogni giorno 615 nuovi poveri. Eppure gli italiani passano più ore sul posto di quanto si faccia in Francia o Germania, ma producono di meno
MILANO - 615 nuovi poveri in più ogni giorno, taglio brusco delle stime sulla crescita dell'economia e dei consumi per il 2103. Disagio sociale raddoppiato. Altissimo numero di ore sul posto di lavoro, ma una produttività che non tiene il passo di quella francese o tedesca. I numeri presentati da Confcommercio dipingono un Paese che fatica ad uscire dalla morsa della crisi e la cui popolazione è sempre più colpita dalla ristrettezza economica. Dal rapporto emergono anche quelli che sono i ritardi ormai storici dell'Italia, quale il deficit di produttività che porta gli italiani a lavorare molto più di altri vicini europei, che restano però distanti in quanto a "efficacia" e - appunto - produttività.
Sempre più povertà. Il primo dato allarmante riguarda la situazione economica delle famiglie. Secondo Confcommercio il numero di persone "assolutamente povere" quest'anno in Italia salirà oltre quota 4 milioni. Alla fine del 2013 verrà ampiamente superata la soglia di 3,5 milioni certificata ufficialmente dall'Istat per il 2011, pari a oltre il 6% della popolazione. Nel 2006 l'incidenza era ferma al 3,9%. Il dato, con una previsione massima di 4,2 milioni di poveri totali, è contenuto nel Misery index Confcommercio (MiC), il nuovo indicatore sociale.
A corollario dei dati presentati a Cernobbio, sul lago di Como, Confcommercio sottolinea che "l'Italia in cinque anni ha prodotto circa 615 nuovi poveri al giorno, con quest'area di disagio grave che è destinata a crescere ancora, e di molto".
Stime economiche tagliate: giù Pil e consumi. Sul fronte macroeconomico, l'Associazione dei commercianti stima che la flessione dei consumi privati sarà del 2,4% nel 2013, mentre il prossimo anno le spese dovrebbero aumentare dello 0,3%. La stima precedente dell'associazione era di una contrazione dei consumi dello 0,9% per l'anno in corso. Alla fine del 2014, rispetto al 2007, la perdita dei consumi reali avrà raggiunto 1.700 euro a testa. Mariano Bella, direttore dell'ufficio studi, ha ricordato che "abbiamo alle spalle il peggiore anno dell'Italia repubblicana in termini di caduta dei consumi", con il -4,3% del 2012. Quanto all'andamento dell'economia, per il 2013 si prevede un calo del Pil dell'1,7% contro un ribasso dello 0,8% indicato cinque mesi fa. Timide speranze per il 2014, anno per il quale la previsione è di un rialzo dell'1%. Ieri il ministro Vittorio Grilli aveva parlato di un calo del Pil dell'1,3% per il 2013.
Imprese, l'allarme di Sangalli. Il netto peggioramento delle previsioni economiche lascia "stimare una perdita netta di altre 90mila imprese del terziario di mercato nel complesso del biennio 2013-2014". Questo l'allarme del numero uno di Confcommercio, Carlo Sangalli, che nel suo intervento a Cernobbio ha correlato i dati economici e quelli sulla povertà, sottolineando come la crisi produttiva sia diventata crisi sociale: "E' come se l'orologio produttivo della nostra economia avesse riportato indietro le lancette di quasi tredici anni". Sul provvedimento annunciato ieri dal governo, che sbloccherà 40 miliardi in due anni per le imprese creditrici della Pa, Sangalli ha chiesto "tempestività, e il provvedimento del consiglio dei ministri di ieri non va in questa logica". Sulla situazione politica il giudizio è netto: "Il ritorno alle urne sarebbe drammatico".
Gli italiani lavorano tanto. Confcommercio sfata infine il "falso" mito degli italiani come popolo di fannulloni. Le analisi parlano chiaro: sia nel caso dei lavoratori dipendenti sia in quello di professionisti e autonomi, nel 2011 hanno lavorato in media 1.774 ore ciascuno. Vale a dire il 20% in più dei francesi e il 26% in più dei tedeschi. I lavoratori indipendenti, autonomi o professionisti, in Italia lavorano quasi il 50% in più del lavoratore dipendente: in cifre, 2.338 ore contro 1.604. E' come dire tre mesi in più, compresi sabati e domeniche. Ma è bene precisare che lo stesso fenomeno si verifica anche negli altri Paesi presi in considerazione dalla ricerca di Confcommercio.
Ma producono poco. Il problema tutto italiano è quello della produttività. In media, ogni lavoratore italiano produce una ricchezza mediamente pari a 36 euro per ogni ora lavorata. Rispetto a noi, i tedeschi producono il 25% in più e i francesi quasi il 40% in più. E mentre negli altri Paesi la produttività oraria è cresciuta nel tempo (tra il 2007 e il 2011, del 20% in Germania, in Francia anche di più, in Spagna dell'11% circa) in Italia questo fenomeno si pè verificato in modo molto marginale (solo il 4% rispetto al 2007). D'altra parte, solo pochi giorni fa era stato Mario Draghi a puntare il problema chiedendo una riforma dei contratti di lavoro.
Codacons. "Se i poveri assoluti per Confcommercio sono oltre 4 milioni, quelli che faticano ad arrivare alla fine del mese, per i quali il reddito non è più sufficiente, e sono quindi costretti a ridurre i consumi, sono ormai i due terzi della popolazione". E' la stima del Codacons che aggiunge: "Difficilmente si potrà tornare ai livelli del Pil precrisi prima del 2019 se non si interverrà finalmente per aumentare la capacità di spesa delle famiglie italiane e del ceto medio". Il prossimo Governo, conclude l'associazione, "sempre che ci sia, dovrebbe come primo provvedimento rinviare l'aumento dell'Iva di luglio che colpirebbe proporzionalmente ricchi e poveri, strangolando definitivamente quelle famiglie che non riescono più a risparmiare".
(22 marzo 2013) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/economia/2013/ ... ref=HREA-1
ITALIA-EMERGENZA LAVORO
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Bocciata la riforma Fornero
dal 65% delle piccole imprese.
Sondaggio Ispo-Confartigianato sugli effetti della legge.
Via 1.641 posti al giorno.
Addio assunzioni.
Non si fanno più neanche i contratti atipici:
meno 24% per parasubordinati e intermittenti .
http://www.repubblica.it/economia/2013/ ... ef=HREC1-1
**************************************
fatelo sapere anche a Renzi e a quel coglionazzo di Ichino.
dal 65% delle piccole imprese.
Sondaggio Ispo-Confartigianato sugli effetti della legge.
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Crisi: da Inps dati drammatici, subito più risorse per ammortizzatori sociali
E’ una buona notizia l’annuncio della manifestazione unitaria di Cigl, Cisl e Uil del 16 aprile davanti a Montecitorio sul tema del finanziamento della cassa integrazione in deroga.
Sarà l’occasione per un incontro tra i parlamentari del Pd e i sindacati per affrontare il drammatico problema degli ammortizzatori sociali nel tempo della crisi.
I dati resi noti oggi dall’Inps sulla cassa integrazione del primo trimestre 2013, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, fanno segnare un +12%:
un segnale drammatico che viene dall’economia reale.
Sappiamo inoltre che le risorse finora stanziate dal Governo per la cassa integrazione in deroga copriranno soltanto metà del 2013:
occorre quindi un altro miliardo di euro per tutelare i lavoratori per il restante semestre.
Per non parlare delle risorse che serviranno per risolvere il problema dei lavoratori rimasti senza reddito a causa della riforma pensionistica Monti-Fornero, realizzata senza alcuna gradualità.
Per questi occorrerà rifinanziare il fondo appositamente costituito con la legge di stabilità per tutelare altri lavoratori oltre gli attuali 130 mila salvaguardati: serviranno per questo obiettivo alcuni miliardi di euro.
Bisogna pensarci per tempo.
http://www.cesaredamiano.org/
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Squinzi: "Non c'è tempo da perdere.
L'Italia rischia di mancare la ripresa"
MILANO -
La situazione di stallo nella politica italiana rende ancora più difficile la ripresa economica del Paese.
Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, a margine di una visita alla Fiera di Rho per il Salone del Mobile, ammette che stando così le cose "c'è il rischio di non agganciare la ripresa che ci sarà in Europa nella seconda parte dell'anno.
Ed è un fatto piuttosto grave.
C'è bisogno di uomini di buona volontà che si rendano conto che la situazione economica è drammatica".
Il numero uno degli industriali insiste sul fatto che
"non c'è più tempo da perdere, come dice la pagina che abbiamo pubblicato su tutti i giornali. Il tempo è scaduto".
Squinzi ha poi criticato il decreto legge per il rimborso alle imprese dei debiti della pubblica amministrazione:
"Non è quello Che ci aspettavamo.
Ci aspettavamo un pò più di coraggio.
Se non tiriamo fuori il coraggio, il paese continuerà a essere in grande difficoltà".
http://www.repubblica.it/economia/2013/ ... ref=HREA-1
Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
della serie : sempre meglio che un pugno in faccia. compràti dai francesi meglio che sparire
Gucci unica pretendente: il lusso conquista Richard Ginori
Una sola offerta, decisiva: solo Gucci si è fatta avanti per rilevare Richard Ginori. Il gruppo italiano controllato dalla francese Kering (ex Ppr) acquisirà la storica azienda toscana per 13 milioni di euro. il piano di Gucci, che adesso dovrà ricevere il nullaosta dei sindacati, prevede il reintegro di 235 lavoratori su 305 e il proseguimento della cassa integrazione per gli altri
Lunedì, 22 aprile 2013 - 17:58:00
Una sola offerta, decisiva: solo Gucci si è fatta avanti per rilevare Richard Ginori. Il gruppo italiano controllato dalla francese Kering (ex Ppr) acquisirà la storica azienda toscana per 13 milioni di euro. Nei prossimi giorni ci saranno le consultazioni sindacali, perché l'assegnazione è condizionata all'approvazione delle parti sociali. Il piano di Gucci per la storica manifattura di porcellane di Sesto Fiorentino, prevede il reintegro di 235 lavoratori su 305 e il proseguimento della cassa integrazione per gli altri. "L'offerta d'acquisto di 'Richard Ginori 1735' da parte del gruppo Gucci è una splendida notizia che assicura futuro e investimenti sulla storica manifattura di Sesto Fiorentino" commenta il sindaco di Sesto, Gianni Gianassi. "Adesso - aggiunge - si apre una difficile trattativa tra la proprietà e i sindacati per determinare i livelli occupazionali a partire dal piano industriale e dalle sue esigenze".
L'acquisto di Richard Ginori "conferma lo spirito di attenzione e investimento dell'azienda sul territorio fiorentino" e "l'impegno nel continuare a sostenere la filiera produttiva, quale patrimonio di conoscenze e competenze unico, che va tutelato e valorizzato". Così Gucci in una nota commenta la vittoria della procedura competitiva per il marchio toscano. L'obiettivo dell'operazione è "il rilancio dello storico marchio fiorentino, sinonimo da sempre di qualità, artigianalità e 'made in Italy', gli stessi valori alla base del successo del marchio Gucci".
Alla luce di questi obiettivi strategici Gucci "intende investire in un programma industriale per sostenere i piani produttivi, oltre che supportare Richard Ginori nei processi di innovazione e ricerca e sviluppo e sostenere i valori del 'made in Italy' attraverso la valorizzazione, la formazione e il mantenimento delle qualificate risorse umane gia' presenti in azienda". Oggi Gucci - ricorda una nota - impiega direttamente oltre novemila dipendenti nel mondo, di cui oltre 1.300 a Firenze, e alimenta un indotto complessivo di circa 45 mila persone in Italia. L'offerta per Richard Ginori è "un'ulteriore conferma dell'intenzione dell'azienda di continuare a sostenere la filiera produttiva, quale patrimonio di conoscenze e competenze unico, che va tutelato e valorizzato in una logica di sostenibilità industriale, sociale e ambientale".
Gucci unica pretendente: il lusso conquista Richard Ginori
Una sola offerta, decisiva: solo Gucci si è fatta avanti per rilevare Richard Ginori. Il gruppo italiano controllato dalla francese Kering (ex Ppr) acquisirà la storica azienda toscana per 13 milioni di euro. il piano di Gucci, che adesso dovrà ricevere il nullaosta dei sindacati, prevede il reintegro di 235 lavoratori su 305 e il proseguimento della cassa integrazione per gli altri
Lunedì, 22 aprile 2013 - 17:58:00
Una sola offerta, decisiva: solo Gucci si è fatta avanti per rilevare Richard Ginori. Il gruppo italiano controllato dalla francese Kering (ex Ppr) acquisirà la storica azienda toscana per 13 milioni di euro. Nei prossimi giorni ci saranno le consultazioni sindacali, perché l'assegnazione è condizionata all'approvazione delle parti sociali. Il piano di Gucci per la storica manifattura di porcellane di Sesto Fiorentino, prevede il reintegro di 235 lavoratori su 305 e il proseguimento della cassa integrazione per gli altri. "L'offerta d'acquisto di 'Richard Ginori 1735' da parte del gruppo Gucci è una splendida notizia che assicura futuro e investimenti sulla storica manifattura di Sesto Fiorentino" commenta il sindaco di Sesto, Gianni Gianassi. "Adesso - aggiunge - si apre una difficile trattativa tra la proprietà e i sindacati per determinare i livelli occupazionali a partire dal piano industriale e dalle sue esigenze".
L'acquisto di Richard Ginori "conferma lo spirito di attenzione e investimento dell'azienda sul territorio fiorentino" e "l'impegno nel continuare a sostenere la filiera produttiva, quale patrimonio di conoscenze e competenze unico, che va tutelato e valorizzato". Così Gucci in una nota commenta la vittoria della procedura competitiva per il marchio toscano. L'obiettivo dell'operazione è "il rilancio dello storico marchio fiorentino, sinonimo da sempre di qualità, artigianalità e 'made in Italy', gli stessi valori alla base del successo del marchio Gucci".
Alla luce di questi obiettivi strategici Gucci "intende investire in un programma industriale per sostenere i piani produttivi, oltre che supportare Richard Ginori nei processi di innovazione e ricerca e sviluppo e sostenere i valori del 'made in Italy' attraverso la valorizzazione, la formazione e il mantenimento delle qualificate risorse umane gia' presenti in azienda". Oggi Gucci - ricorda una nota - impiega direttamente oltre novemila dipendenti nel mondo, di cui oltre 1.300 a Firenze, e alimenta un indotto complessivo di circa 45 mila persone in Italia. L'offerta per Richard Ginori è "un'ulteriore conferma dell'intenzione dell'azienda di continuare a sostenere la filiera produttiva, quale patrimonio di conoscenze e competenze unico, che va tutelato e valorizzato in una logica di sostenibilità industriale, sociale e ambientale".
Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Ma mi chiedo, a chi vanno i 13 milioni di euro per un'azienda praticamente fallita?
Spero non agli ex proprietari.
Spero non agli ex proprietari.
Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
altro pezzo di made in Italy che vola via
Pomellato ceduta ai francesi, Pinault ha firmato
Dopo Bulgari anche l'altra gioielleria leader in Europa va Oltralpe Kering-Ppr possiede gia' Gucci, Bottega Veneta e Brioni
Dopo mesi di trattative, l'accordo e' stato firmato nella notte: la maggioranza di Pomellato, marchio della gioielleria fondato da Pino Rabolini, passa al gruppo del lusso francese Kering (nuovo nome assunto dalla Ppr della famiglia Pinault). Non è stato reso noto il prezzo pagato, ma voci di mercato indicano attorno ai 350 milioni di euro la valutazione della società. L’obiettivo adesso è lo sviluppo internazionale, soprattutto in Asia..
PIGLIATUTTO - E' il secondo gruppo della gioielleria italiana che passa in mani francesi, dopo Bulgari rilevato dall'altro colosso del lusso parigino Lvmh. In Italia Kering-Ppr possiede gia' marchi del calibro di Gucci, Bottega Veneta e Brioni. La stessa Gucci ha acquisito nei giorni scorsi il controllo delle storiche porcellane Richard Ginori. Kering-Ppr acquista il controllo di Pomellato rilevando la Ra.Mo., la holding di Rabolini e nel cui capitale e' presente con il 5 per cento anche l'amministratore delegato di Pomellato Andrea Morante. Morante resterà amministratore delegato della società e manterrà un piccola partecipazione, mentre Rabolini uscirà completamente. L’intesa non riguarda, infine, almeno per il momento, il 18% posseduto in Pomellato dalla famiglia di gioiellieri Damiani.
IL GRUPPO - Pomellato, con un fatturato di 146 milioni di Euro nel 2012, è un gruppo di gioielleria tra i più importanti in Europa e uno dei principali player nel settore a livello internazionale. Il gruppo comprende due marchi con diverso posizionamento, Pomellato e Dodo. La sua rete di distribuzione comprende 86 negozi monomarca, di cui 45 Pomellato e 41 Dodo, oltre a 600 punti vendita in tutto il mondo.
PINAULT - François-Henri Pinault, presidente e amministratore delegato di Kering, ha dichiarato: «Sinonimo di stile italiano, i marchi Pomellato e Dodo rientrano tra i nomi di gioielleria più affascinanti e innovativi del mondo. Sono quindi lieto che il gruppo Pomellato si unisca al nostro prestigioso portafoglio di marchi di lusso. Abbiamo grandi ambizioni per l'azienda e metteremo a disposizione la nostra esperienza e il nostro know-how al fine di intensificarne la crescita e l’espansione geografica, preservando i valori della sua identità italiana». Andrea Morante, amministratore di Pomellato, ha dichiarato: «Per Pomellato e Dodo diventare marchi globali non è più un’opzione ma una vera e propria necessità. Con questa premessa, abbiamo affrontato una lunga e approfondita revisione delle nostre migliori alternative strategiche e siamo giunti alla conclusione che l’ingresso nel gruppo Kering fosse di gran lunga la scelta più favorevole. Primo perché diventeremo immediatamente parte di uno dei più esclusivi gruppi del lusso nel mondo; secondo perché avremo l’opportunità di preservare e accrescere lo sviluppo di Pomellato e Dodo su scala globale».
FAMIGLIA - Dopo aver passato la mano ai manager già diversi anni fa, Rabolini, che oggi ha 77 anni, ha deciso nei mesi scorsi di cedere anche il controllo dell’azienda in modo da garantirne la continuità, non avendo in famiglia chi volesse seguirne le orme. Per questo Rabolini e Morante hanno provato a sondare imprenditori italiani, ma senza risultato.
Oltre a Kering-Ppr anche l’altro colosso del lusso francese, Lvmh, aveva avanzato un’offerta, ma alla fine è stato scelto Kering-Ppr.
Maria Silvia Sacchi
24 aprile 2013 | 19:11
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Pomellato ceduta ai francesi, Pinault ha firmato
Dopo Bulgari anche l'altra gioielleria leader in Europa va Oltralpe Kering-Ppr possiede gia' Gucci, Bottega Veneta e Brioni
Dopo mesi di trattative, l'accordo e' stato firmato nella notte: la maggioranza di Pomellato, marchio della gioielleria fondato da Pino Rabolini, passa al gruppo del lusso francese Kering (nuovo nome assunto dalla Ppr della famiglia Pinault). Non è stato reso noto il prezzo pagato, ma voci di mercato indicano attorno ai 350 milioni di euro la valutazione della società. L’obiettivo adesso è lo sviluppo internazionale, soprattutto in Asia..
PIGLIATUTTO - E' il secondo gruppo della gioielleria italiana che passa in mani francesi, dopo Bulgari rilevato dall'altro colosso del lusso parigino Lvmh. In Italia Kering-Ppr possiede gia' marchi del calibro di Gucci, Bottega Veneta e Brioni. La stessa Gucci ha acquisito nei giorni scorsi il controllo delle storiche porcellane Richard Ginori. Kering-Ppr acquista il controllo di Pomellato rilevando la Ra.Mo., la holding di Rabolini e nel cui capitale e' presente con il 5 per cento anche l'amministratore delegato di Pomellato Andrea Morante. Morante resterà amministratore delegato della società e manterrà un piccola partecipazione, mentre Rabolini uscirà completamente. L’intesa non riguarda, infine, almeno per il momento, il 18% posseduto in Pomellato dalla famiglia di gioiellieri Damiani.
IL GRUPPO - Pomellato, con un fatturato di 146 milioni di Euro nel 2012, è un gruppo di gioielleria tra i più importanti in Europa e uno dei principali player nel settore a livello internazionale. Il gruppo comprende due marchi con diverso posizionamento, Pomellato e Dodo. La sua rete di distribuzione comprende 86 negozi monomarca, di cui 45 Pomellato e 41 Dodo, oltre a 600 punti vendita in tutto il mondo.
PINAULT - François-Henri Pinault, presidente e amministratore delegato di Kering, ha dichiarato: «Sinonimo di stile italiano, i marchi Pomellato e Dodo rientrano tra i nomi di gioielleria più affascinanti e innovativi del mondo. Sono quindi lieto che il gruppo Pomellato si unisca al nostro prestigioso portafoglio di marchi di lusso. Abbiamo grandi ambizioni per l'azienda e metteremo a disposizione la nostra esperienza e il nostro know-how al fine di intensificarne la crescita e l’espansione geografica, preservando i valori della sua identità italiana». Andrea Morante, amministratore di Pomellato, ha dichiarato: «Per Pomellato e Dodo diventare marchi globali non è più un’opzione ma una vera e propria necessità. Con questa premessa, abbiamo affrontato una lunga e approfondita revisione delle nostre migliori alternative strategiche e siamo giunti alla conclusione che l’ingresso nel gruppo Kering fosse di gran lunga la scelta più favorevole. Primo perché diventeremo immediatamente parte di uno dei più esclusivi gruppi del lusso nel mondo; secondo perché avremo l’opportunità di preservare e accrescere lo sviluppo di Pomellato e Dodo su scala globale».
FAMIGLIA - Dopo aver passato la mano ai manager già diversi anni fa, Rabolini, che oggi ha 77 anni, ha deciso nei mesi scorsi di cedere anche il controllo dell’azienda in modo da garantirne la continuità, non avendo in famiglia chi volesse seguirne le orme. Per questo Rabolini e Morante hanno provato a sondare imprenditori italiani, ma senza risultato.
Oltre a Kering-Ppr anche l’altro colosso del lusso francese, Lvmh, aveva avanzato un’offerta, ma alla fine è stato scelto Kering-Ppr.
Maria Silvia Sacchi
24 aprile 2013 | 19:11
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Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
Pensioni Inps a rischio: colpa della fusione con l'Inpdap e dello Stato che non paga i contributi
Un buco di oltre 23 miliardi quello ereditato dall'Inps dall'accorpamento dell'ente di previdenza dei dipendenti pubblici. Che mette a rischio le pensioni di tutti
Pubblicato il 17/04/13 in Soldi| TAGS: pensioni, inps, inpdap, enpals, contributi
lo strumento
pensioniSpeciale pensioni: regole e calcoli
Prenderemo di meno di prima e andremo in pensione sempre più tardi. Calcola la tua pensione
La previdenza pubblica fa affondare quella privata. Sembra questo il risultato della fusione dell'Inpdap, l'ente previdenziale dei dipendenti pubblici, con l'Inps, avvenuta con la manovra salva-Italia del 2011. Pare che l'ente dei lavoratori privati abbia ereditato dalla gestione pubblica un buco di 23 miliardi di euro dovuto al fatto che lo Stato non ha pagato i contributi previdenziali per i suoi dipendenti. Come il titolare di un'impresa familiare qualunque (con tutto il rispetto per le imprese familiari che i contributi li versano regolarmente). Il rischio è quello di non poter più pagare le pensioni a tutti i lavoratori.
Pensioni sicure solo per tre anni
L'allarme viene dal presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua, che ha scritto un messaggio ai ministri Grilli e Fornero perché si prendano provvedimenti urgenti prima che la situazione giunga al collasso. "Il patrimonio netto (…) è sufficiente a sostenere una perdita per non oltre tre esercizi", scrive Mastrapasqua, secondo quanto riportato da il Fatto Quotidiano. In pratica fino al 2015, se non ci sono interventi radicali.
"Ulteriori problemi di liquidità" potrebbero incidere "sulla stessa correntezza delle prestazioni”. Cioè a dire: sul pagamento delle pensioni. Solo sei mesi fa lo stesso presidente dell'Inps cercava di rassicurare i lavoratori privati dichiarando: "l'Inpdap non devasterà l'Inps".
Lo Stato, un evasore contributivo
Questa situazione è frutto dell'azione congiunta di diversi fattori. Uno è sicuramente la crisi economica e il drastico calo dell'occupazione (e di conseguenza della contribuzione). Le riserve dell'Inps che all'inizio del 2011 ammontavano a 41 miliardi di euro si sono ridotte a 15 miliardi, il 64% in meno in due anni.
Ma un altro motivo - il più paradossale - è l'inadempimento di molte amministrazioni pubbliche che negli ultimi anni non hanno pagato i contributi previdenziali per il loro dipendenti. Con l'accorpamento avvenuto nel 2012, l'Inps ha ereditato dall'Ipdap un buco di bilancio spaventoso: 23,7 miliardi di euro di disavanzo. Una bomba a orologeria - già denunciata dall'Unione sindacale di base - che se esplodesse potrebbe far crollare l'intero sistema previdenziale italiano. (A.D.M.)
http://economia.virgilio.it/soldi/pensi ... ibuti.html
......................................................................
E poi dicono vari esperti che sono i padri che mangiano le pensioni ai figli
Ciao
Paolo11
Un buco di oltre 23 miliardi quello ereditato dall'Inps dall'accorpamento dell'ente di previdenza dei dipendenti pubblici. Che mette a rischio le pensioni di tutti
Pubblicato il 17/04/13 in Soldi| TAGS: pensioni, inps, inpdap, enpals, contributi
lo strumento
pensioniSpeciale pensioni: regole e calcoli
Prenderemo di meno di prima e andremo in pensione sempre più tardi. Calcola la tua pensione
La previdenza pubblica fa affondare quella privata. Sembra questo il risultato della fusione dell'Inpdap, l'ente previdenziale dei dipendenti pubblici, con l'Inps, avvenuta con la manovra salva-Italia del 2011. Pare che l'ente dei lavoratori privati abbia ereditato dalla gestione pubblica un buco di 23 miliardi di euro dovuto al fatto che lo Stato non ha pagato i contributi previdenziali per i suoi dipendenti. Come il titolare di un'impresa familiare qualunque (con tutto il rispetto per le imprese familiari che i contributi li versano regolarmente). Il rischio è quello di non poter più pagare le pensioni a tutti i lavoratori.
Pensioni sicure solo per tre anni
L'allarme viene dal presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua, che ha scritto un messaggio ai ministri Grilli e Fornero perché si prendano provvedimenti urgenti prima che la situazione giunga al collasso. "Il patrimonio netto (…) è sufficiente a sostenere una perdita per non oltre tre esercizi", scrive Mastrapasqua, secondo quanto riportato da il Fatto Quotidiano. In pratica fino al 2015, se non ci sono interventi radicali.
"Ulteriori problemi di liquidità" potrebbero incidere "sulla stessa correntezza delle prestazioni”. Cioè a dire: sul pagamento delle pensioni. Solo sei mesi fa lo stesso presidente dell'Inps cercava di rassicurare i lavoratori privati dichiarando: "l'Inpdap non devasterà l'Inps".
Lo Stato, un evasore contributivo
Questa situazione è frutto dell'azione congiunta di diversi fattori. Uno è sicuramente la crisi economica e il drastico calo dell'occupazione (e di conseguenza della contribuzione). Le riserve dell'Inps che all'inizio del 2011 ammontavano a 41 miliardi di euro si sono ridotte a 15 miliardi, il 64% in meno in due anni.
Ma un altro motivo - il più paradossale - è l'inadempimento di molte amministrazioni pubbliche che negli ultimi anni non hanno pagato i contributi previdenziali per il loro dipendenti. Con l'accorpamento avvenuto nel 2012, l'Inps ha ereditato dall'Ipdap un buco di bilancio spaventoso: 23,7 miliardi di euro di disavanzo. Una bomba a orologeria - già denunciata dall'Unione sindacale di base - che se esplodesse potrebbe far crollare l'intero sistema previdenziale italiano. (A.D.M.)
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E poi dicono vari esperti che sono i padri che mangiano le pensioni ai figli
Ciao
Paolo11
Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
L'OPERAZIONE «STIVE PULITE È DURATA UN ANNO E HA COINVOLTO 400 UOMINI DELLA POLIZIA
Furti nei bagagli in aeroporto, 30 arresti
In manette anche 19 dipendenti Alitalia. Obbligo di firma per una sessantina di dipendenti di otto aeroporti nazionali
Una vasta operazione di polizia ha sgominato la «banda della valigia»: dipendenti di società aeroportuali dediti al furto di oggetti contenuti nei bagagli dai nastri di trasporto degli aeroporti e addirittura dalle stive degli aerei. L'operazione «Stive Pulite», che ha visto impegnati circa 400 uomini della Polizia di Stato e frutto di un anno di indagini, è culminata con l'arresto dei presunti responsabili. Le misure cautelari sono 86 (29 arresti domiciliari e 57 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria) e riguardano operatori aeroportuali di diversi scali nazionali. Fra questi anche 19 dipendenti dell'Alitalia addetti alle operazioni di handling, mentre ad altri 30 operai è stato notificato l'obbligo di firma. Le indagini, condotte dall'ufficio polizia di frontiera aerea di Lamezia Terme, hanno riguardato oltre 100 episodi di furto, tentato furto e danneggiamento e sono durate oltre un anno.
INTERCETTAZIONI VIDEO - L'operazione ha consentito di ricostruire le responsabilità per i furti avvenuti a bordo degli aeromobili durante le operazioni di carico e scarico bagagli negli aeroporti di Lamezia Terme, Bari, Bologna, Milano Linate, Napoli, Palermo, Roma Fiumicino e Verona. Per la prima volta sono state effettuate attività di intercettazioni audiovisive a bordo degli aeromobili che hanno consentito l'identificazione degli autori dei numerosi reati nella fase di carico e scarico dalle stive. Sono state utilizzate telecamere particolari, a zero emissioni, per non rischiare interferenze con la strumentazione di bordo dei velivoli e non mettere in pregiudizio la sicurezza del volo.
«COLLABORAZIONE» - In relazione alla vicenda, in una nota Alitalia - che si dice parte lesa, in quanto «a causa di dipendenti infedeli, ogni volta ha dovuto rimborsare i passeggeri che hanno subito furti» - sottolinea di aver «attivamente collaborato con la polizia». «La Direzione Sicurezza di Alitalia, nel corso del 2012, ha collaborato con la Polizia di frontiera di Fiumicino e di Lamezia Terme nello studio, nello sviluppo e nella conduzione di un'articolata attività investigativa avente come obiettivo l'individuazione dei responsabili di numerosi furti che, in forma sempre più invasiva, si sono registrati sui bagagli dei passeggeri Alitalia». «Inizialmente - sostiene la compagnia - la tratta Roma Fiumicino-Lamezia Terme era risultata la più colpita da questo fenomeno che successivamente si è esteso anche ad altri scali nazionali che, seppur in forma minore, sono stati interessati dalla stessa problematica».
AI DOMICILIARI - «Le misure cautelari - viene spiegato - sono state predisposte al fine di evitare la reiterazione dei reati contestati, ovvero i delitti di tentato furto e furto consumato aggravati, nonchè di danneggiamento, commessi in danno degli ignari clienti della compagnia di bandiera». Gli autori dei furti rischiano pene fino a 6 anni di reclusione, oltre che la perdita del posto di lavoro. L'attività di indagine ha permesso di assicurare alla giustizia altri 37 dipendenti infedeli di altre società di handling di cui si avvale Alitalia in altri scali per analoghi reati commessi in diversi aeroporti nazionali (Lamezia Terme, Bari, Bologna, Milano Linate, Napoli, Palermo, Roma Fiumicino e Verona).
CODACONS - Intanto in una nota il Codacons esprime il suo disappunto: «È vergognoso che dopo lo scandalo verificatosi nel 2002, a oltre dieci anni di distanza, non sia stata ancora fatta pulizia e che non siano stati ancora predisposti strumenti idonei ad impedire questi furti». «È dall'agosto del 2002, infatti, dopo i furti verificatesi a Malpensa - spiega l'associazione consumatori - ha abbiamo chiesto di fare accertamenti a tappeto in tutti gli aeroporti italiani. Questi furti, invece, continuano a ripetersi ciclicamente: 2002, 2004, 2005, 2007, 2012. Nulla è stato fatto da allora per rivedere i criteri di selezione del personale responsabile della custodia dei bagagli, evidentemente troppo blandi e generici per un lavoro che richiede invece particolari requisiti di onestà». Il Codacons ricorda che i passeggeri in questi casi hanno diritto non solo al rimborso dei danni patrimoniali subiti, ma anche ad un risarcimento per i danni non patrimoniali. Nel caso non fossero già stati a suo tempo risarciti dalle compagnie aeree, potranno decidere di rivalersi costituendosi parte civile nell'eventuale procedimento penale. Anche i datori di lavoro di queste persone arrestate sono responsabili, ai sensi dell'art. 2.049 del codice civile, per i danni arrecati dal fatto illecito commessi dai lavoratori nell'esercizio delle incombenza a cui sono adibiti.
Redazione Online
3 maggio 2013 (modifica il 4 maggio 2013)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ma figurati ....nessuno è mai stato licenziato ci sarà sempre un sindacato che difende e giudice del lavoro che reintegra questo tipo di lavoratori, altro che art. 18, altro che investimenti stranieri in Italia...
Furti nei bagagli in aeroporto, 30 arresti
In manette anche 19 dipendenti Alitalia. Obbligo di firma per una sessantina di dipendenti di otto aeroporti nazionali
Una vasta operazione di polizia ha sgominato la «banda della valigia»: dipendenti di società aeroportuali dediti al furto di oggetti contenuti nei bagagli dai nastri di trasporto degli aeroporti e addirittura dalle stive degli aerei. L'operazione «Stive Pulite», che ha visto impegnati circa 400 uomini della Polizia di Stato e frutto di un anno di indagini, è culminata con l'arresto dei presunti responsabili. Le misure cautelari sono 86 (29 arresti domiciliari e 57 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria) e riguardano operatori aeroportuali di diversi scali nazionali. Fra questi anche 19 dipendenti dell'Alitalia addetti alle operazioni di handling, mentre ad altri 30 operai è stato notificato l'obbligo di firma. Le indagini, condotte dall'ufficio polizia di frontiera aerea di Lamezia Terme, hanno riguardato oltre 100 episodi di furto, tentato furto e danneggiamento e sono durate oltre un anno.
INTERCETTAZIONI VIDEO - L'operazione ha consentito di ricostruire le responsabilità per i furti avvenuti a bordo degli aeromobili durante le operazioni di carico e scarico bagagli negli aeroporti di Lamezia Terme, Bari, Bologna, Milano Linate, Napoli, Palermo, Roma Fiumicino e Verona. Per la prima volta sono state effettuate attività di intercettazioni audiovisive a bordo degli aeromobili che hanno consentito l'identificazione degli autori dei numerosi reati nella fase di carico e scarico dalle stive. Sono state utilizzate telecamere particolari, a zero emissioni, per non rischiare interferenze con la strumentazione di bordo dei velivoli e non mettere in pregiudizio la sicurezza del volo.
«COLLABORAZIONE» - In relazione alla vicenda, in una nota Alitalia - che si dice parte lesa, in quanto «a causa di dipendenti infedeli, ogni volta ha dovuto rimborsare i passeggeri che hanno subito furti» - sottolinea di aver «attivamente collaborato con la polizia». «La Direzione Sicurezza di Alitalia, nel corso del 2012, ha collaborato con la Polizia di frontiera di Fiumicino e di Lamezia Terme nello studio, nello sviluppo e nella conduzione di un'articolata attività investigativa avente come obiettivo l'individuazione dei responsabili di numerosi furti che, in forma sempre più invasiva, si sono registrati sui bagagli dei passeggeri Alitalia». «Inizialmente - sostiene la compagnia - la tratta Roma Fiumicino-Lamezia Terme era risultata la più colpita da questo fenomeno che successivamente si è esteso anche ad altri scali nazionali che, seppur in forma minore, sono stati interessati dalla stessa problematica».
AI DOMICILIARI - «Le misure cautelari - viene spiegato - sono state predisposte al fine di evitare la reiterazione dei reati contestati, ovvero i delitti di tentato furto e furto consumato aggravati, nonchè di danneggiamento, commessi in danno degli ignari clienti della compagnia di bandiera». Gli autori dei furti rischiano pene fino a 6 anni di reclusione, oltre che la perdita del posto di lavoro. L'attività di indagine ha permesso di assicurare alla giustizia altri 37 dipendenti infedeli di altre società di handling di cui si avvale Alitalia in altri scali per analoghi reati commessi in diversi aeroporti nazionali (Lamezia Terme, Bari, Bologna, Milano Linate, Napoli, Palermo, Roma Fiumicino e Verona).
CODACONS - Intanto in una nota il Codacons esprime il suo disappunto: «È vergognoso che dopo lo scandalo verificatosi nel 2002, a oltre dieci anni di distanza, non sia stata ancora fatta pulizia e che non siano stati ancora predisposti strumenti idonei ad impedire questi furti». «È dall'agosto del 2002, infatti, dopo i furti verificatesi a Malpensa - spiega l'associazione consumatori - ha abbiamo chiesto di fare accertamenti a tappeto in tutti gli aeroporti italiani. Questi furti, invece, continuano a ripetersi ciclicamente: 2002, 2004, 2005, 2007, 2012. Nulla è stato fatto da allora per rivedere i criteri di selezione del personale responsabile della custodia dei bagagli, evidentemente troppo blandi e generici per un lavoro che richiede invece particolari requisiti di onestà». Il Codacons ricorda che i passeggeri in questi casi hanno diritto non solo al rimborso dei danni patrimoniali subiti, ma anche ad un risarcimento per i danni non patrimoniali. Nel caso non fossero già stati a suo tempo risarciti dalle compagnie aeree, potranno decidere di rivalersi costituendosi parte civile nell'eventuale procedimento penale. Anche i datori di lavoro di queste persone arrestate sono responsabili, ai sensi dell'art. 2.049 del codice civile, per i danni arrecati dal fatto illecito commessi dai lavoratori nell'esercizio delle incombenza a cui sono adibiti.
Redazione Online
3 maggio 2013 (modifica il 4 maggio 2013)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ma figurati ....nessuno è mai stato licenziato ci sarà sempre un sindacato che difende e giudice del lavoro che reintegra questo tipo di lavoratori, altro che art. 18, altro che investimenti stranieri in Italia...
Re: ITALIA-EMERGENZA LAVORO
prepariamoci al peggio.... mi sembra che i dipendenti ilva siano circa 40000 ....
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Taranto, 25 mag. - (Adnkronos/Ign) - Si terrà lunedì, nel pomeriggio, un primo incontro tra il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato e l'amministratore delegato dell'Ilva Enrico Bondi. E' quanto apprende l'Adnkronos. Il ministro Zanonato ha invitato all'incontro il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola che ha sentito telefonicamente. Secondo quanto si apprende da fonti governative, il ministro ha intenzione di incontrare nei prossimi giorni anche i sindacati sul dossier Ilva.
Sul fronte dell'Ilva è stata una giornata convulsa. Il consiglio d'amministrazione ha rassegnato le dimissioni. Lo ha reso noto la stessa azienda, dopo una riunione di circa tre ore a Milano, precisando che le dimissioni avranno effetto dalla data dell'assemblea dei soci che il consiglio ha convocato per il "giorno 5 giugno alle ore 9". ''Vista la gravità della situazione - si legge in una nota - e incidendo il provvedimento di sequestro anche sulla partecipazione di controllo di Ilva, detenuta da Riva Fire, i Consiglieri Bruno Ferrante, Enrico Bondi e Giuseppe De Iure hanno presentato le dimissioni dalle rispettive cariche con effetto dalla data dell'Assemblea dei Soci, che il Consiglio ha convocato per il giorno 5 giugno ore 9, ponendo all'ordine del giorno la nomina del nuovo Consiglio di Amministrazione''.
L'azienda ha annunciato che impugnerà il sequestro. "Il consiglio di amministrazione di Ilva ha esaminato oggi il provvedimento del gip di Taranto del 22 maggio corrente e ha dato mandato ai propri legali di impugnarlo nelle sedi competenti". "L'ordinanza dell'autorità giudiziaria colpisce i beni di pertinenza di Riva Fire e in via residuale gli immobili di Ilva che non siano strettamente indispensabili all'esercizio dell'attività produttiva nello stabilimento di Taranto - prosegue l'azienda -. Per tali motivi il provvedimento ha effetti oggettivamente negativi per Ilva, i cui beni sono tutti strettamente indispensabili all'attività industriale e per questo tutelati dalla legge n.231 del 2012, dichiarata legittima dalla Corte Costituzionale".
Per il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato è importante "evitare che si creino condizioni che rendano ''impossibile'' la realizzazione degli investimenti necessari a dare attuazione all'Aia". Il ministro rileva che ''il Governo è impegnato a far sì che i due diritti fondamentali alla salute e al lavoro, tutelati dalla Costituzione possano essere ambedue garantiti ai cittadini e ai lavoratori di Taranto e degli altri siti produttivi Ilva. Per questo nei rispettivi ruoli tutte le istituzioni, nessuna esclusa, e la stessa direzione dell'Ilva sono chiamate in questo momento a una forte assunzione di responsabilità verso il Paese".
Una notizia, quella delle dimissioni del Cda, definita "preoccupante" dal segretario della Cgil, Susanna Camusso che chiede sia garantita "la continuità di direzione degli stabilimenti e la continuità produttiva".
'Con le dimissioni del Cda dell'Ilva, dichiara il segretario nazionale della Fim Cisl Marco Bentivogli, la situazione che riguarda il gruppo industriale rischia di finire allo sbando totale''.
Da Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, arriva l'appello al governo perché si assuma "direttamente la responsabilità della gestione dello stabilimento Ilva di Taranto e di tutti gli altri siti del gruppo siderurgico''.
Il presidente della commissione Lavoro del Senato Maurizio Sacconi evidenzia come "il clima di persistente pregiudizio ideologico nei confronti dell' impresa nel quale sono ricorrenti le azioni giudiziarie" crei "danni certi e immediati - a fronte di esiti incerti - all'intera economia e società nazionale''.
Per il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero, dopo le dimissioni del Cda, "la sola strada possibile è l'esproprio e la nazionalizzazione dell'azienda", mentre a Letta si rivolge ancora il presidente della regione Puglia, e leader di Sel, Nichi Vendola che chiede venga convocato già lunedì prossimo "un incontro a palazzo Chigi di tutti i protagonisti sociali e istituzionali della vertenza Ilva".
Le dimissioni del Consiglio d'amministrazione dell'Ilva, fa notare infine il presidente dei Verdi Angelo Bonelli, dimostrano che non c'è mai stata la reale volontà di investire le risorse adeguate per affrontare uno dei maggiori disastri ambientali del Paese e d'Europa".
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Taranto, 25 mag. - (Adnkronos/Ign) - Si terrà lunedì, nel pomeriggio, un primo incontro tra il ministro dello Sviluppo Economico Flavio Zanonato e l'amministratore delegato dell'Ilva Enrico Bondi. E' quanto apprende l'Adnkronos. Il ministro Zanonato ha invitato all'incontro il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola che ha sentito telefonicamente. Secondo quanto si apprende da fonti governative, il ministro ha intenzione di incontrare nei prossimi giorni anche i sindacati sul dossier Ilva.
Sul fronte dell'Ilva è stata una giornata convulsa. Il consiglio d'amministrazione ha rassegnato le dimissioni. Lo ha reso noto la stessa azienda, dopo una riunione di circa tre ore a Milano, precisando che le dimissioni avranno effetto dalla data dell'assemblea dei soci che il consiglio ha convocato per il "giorno 5 giugno alle ore 9". ''Vista la gravità della situazione - si legge in una nota - e incidendo il provvedimento di sequestro anche sulla partecipazione di controllo di Ilva, detenuta da Riva Fire, i Consiglieri Bruno Ferrante, Enrico Bondi e Giuseppe De Iure hanno presentato le dimissioni dalle rispettive cariche con effetto dalla data dell'Assemblea dei Soci, che il Consiglio ha convocato per il giorno 5 giugno ore 9, ponendo all'ordine del giorno la nomina del nuovo Consiglio di Amministrazione''.
L'azienda ha annunciato che impugnerà il sequestro. "Il consiglio di amministrazione di Ilva ha esaminato oggi il provvedimento del gip di Taranto del 22 maggio corrente e ha dato mandato ai propri legali di impugnarlo nelle sedi competenti". "L'ordinanza dell'autorità giudiziaria colpisce i beni di pertinenza di Riva Fire e in via residuale gli immobili di Ilva che non siano strettamente indispensabili all'esercizio dell'attività produttiva nello stabilimento di Taranto - prosegue l'azienda -. Per tali motivi il provvedimento ha effetti oggettivamente negativi per Ilva, i cui beni sono tutti strettamente indispensabili all'attività industriale e per questo tutelati dalla legge n.231 del 2012, dichiarata legittima dalla Corte Costituzionale".
Per il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato è importante "evitare che si creino condizioni che rendano ''impossibile'' la realizzazione degli investimenti necessari a dare attuazione all'Aia". Il ministro rileva che ''il Governo è impegnato a far sì che i due diritti fondamentali alla salute e al lavoro, tutelati dalla Costituzione possano essere ambedue garantiti ai cittadini e ai lavoratori di Taranto e degli altri siti produttivi Ilva. Per questo nei rispettivi ruoli tutte le istituzioni, nessuna esclusa, e la stessa direzione dell'Ilva sono chiamate in questo momento a una forte assunzione di responsabilità verso il Paese".
Una notizia, quella delle dimissioni del Cda, definita "preoccupante" dal segretario della Cgil, Susanna Camusso che chiede sia garantita "la continuità di direzione degli stabilimenti e la continuità produttiva".
'Con le dimissioni del Cda dell'Ilva, dichiara il segretario nazionale della Fim Cisl Marco Bentivogli, la situazione che riguarda il gruppo industriale rischia di finire allo sbando totale''.
Da Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, arriva l'appello al governo perché si assuma "direttamente la responsabilità della gestione dello stabilimento Ilva di Taranto e di tutti gli altri siti del gruppo siderurgico''.
Il presidente della commissione Lavoro del Senato Maurizio Sacconi evidenzia come "il clima di persistente pregiudizio ideologico nei confronti dell' impresa nel quale sono ricorrenti le azioni giudiziarie" crei "danni certi e immediati - a fronte di esiti incerti - all'intera economia e società nazionale''.
Per il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero, dopo le dimissioni del Cda, "la sola strada possibile è l'esproprio e la nazionalizzazione dell'azienda", mentre a Letta si rivolge ancora il presidente della regione Puglia, e leader di Sel, Nichi Vendola che chiede venga convocato già lunedì prossimo "un incontro a palazzo Chigi di tutti i protagonisti sociali e istituzionali della vertenza Ilva".
Le dimissioni del Consiglio d'amministrazione dell'Ilva, fa notare infine il presidente dei Verdi Angelo Bonelli, dimostrano che non c'è mai stata la reale volontà di investire le risorse adeguate per affrontare uno dei maggiori disastri ambientali del Paese e d'Europa".
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