the day after. quali accordi per governare?
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Re: the day after. quali accordi per governare?
Approposito di padrone occulto.
Nella mitologia greca era Cronos a divorare i propri figli.
Il Cronos 2000, fa altrettanto.
Aveva indicato un suo uomo come primo segretario Pd e le sue puttanate lo hanno costretto al ritiro prima di cominciare. Si tratta di Fassino che da forfait.
Poi si è rivolto all’eterno amico/nemico Veltroni, per guidare il Pd ma è stato uno sfracello.
Alla fine ha tirato fuori un altro suo uomo, e adesso la pensa così:
3. IL FLOP ELETTORALE E LA SUCCESSIVA LINEA DI “INSEGUIMENTO A GRILLO” VIENE SEPOLTA DALLE PAROLE DEL MAGO DALEMIX: “QUELLO È MATTO, COSÌ CI PORTA ALLA ROVINA”
1. PASQUA SENZA RESURREZIONE PER BERSANI, UN LEADER CHE NELL’EPOCA DI PALMIRO TOGLIATTI AVREBBE POTUTO A MALAPENA GESTIRE IL BARETTO DELLE FRATTOCCHIE –
2. DOPO PALAZZO CHIGI IL FALLIMENTARE SMACCHIATORE DI GIAGUARI PERDE ANCHE IL PD –
3. IL FLOP ELETTORALE E LA SUCCESSIVA LINEA DI “INSEGUIMENTO A GRILLO” VIENE SEPOLTA DALLE PAROLE DEL MAGO DALEMIX: “QUELLO È MATTO, COSÌ CI PORTA ALLA ROVINA” –
4. LA DISPONIBILITÀ UFFICIALE DEL PD SBERSANIZZATO A DARE I PROPRI VOTI A QUALSIASI GOVERNO SCELTO DA NAPOLITANO PROVOCATA DALLO STESSO CAPO DELLO STATO, CHE DI FRONTE ALL’IMPASSE HA MESSO SUL PIATTO LE PROPRIE IMMEDIATE DIMISSIONI -
1. «QUELLO È MATTO CI PORTA ALLA ROVINA»
Franco Bechis per Libero
Era concitata quella telefonata a voce alta fatta da Massimo D'Alema di primo mattino nella via vicino casa, a pochi passi da piazza Mazzini, cuore del quartiere Prati a Roma. Chissà chi era l'interlocutore che ascoltava il veemente sfogo su Pierluigi Bersani: «Quello è matto, così ci porta alla rovina».
Nelle stesse ore il gruppo dei fedelissimi(ormai una sparuta pattuglia parlamentare dopo l'utilizzo del Ddt contro la corrente nella formazione delle liste) provava a chiedere una riunione qualsiasi - una direzione, un caminetto, almeno un barbecue - prima che Enrico Letta salisse al Quirinale: «Dobbiamo dirgli pure qualcosa. Qui stiamo tornando indietro di 20 anni. Il partito sembra quello che si è rovinato con i girotondi e gli arancioni».
Qualche riunione c'è pure stata. Letta jr e Dario Franceschini si sono trovati nella sede dell'Arel. Ieri sera si era diffusa anche la voce di una presenza di Bersani, e addirittura il retroscena di un incontro simile a quello fatale di Giulio Cesare con Bruto e Cassio. Fantasie, perché Bersani si è tolto di mezzo dal primo mattino facendo sapere di andare a Piacenza.
Lì a dire il vero nessuno l'ha trovato. E l'inviato del Tg La7 che si era precipitato lì su indicazioni del portavoce del segretario Pd, Stefano Di Traglia, ha provato invano a scampanellare. Al citofono ha risposto solo la signora Bersani lanciandosi in un «il segretario non è in casa», che doveva avere sentito all'epoca di PalmiroTogliatti.
Il segretario certo non era alla riunione Arel, ma da lì devono essergli fischiate parecchio le orecchie. C'è chi dice che sia arrivata da Letta una telefonata cortese, ma determinata: «Pier Luigi, non possiamo continuare sulla stesa linea». Dalle fila del segretario traspare invece una soluzione concordata: un cambio di rotta per uscire dall'angolo e ribaltare le difficoltà su chi li aveva messi alle corde.
Chissà quale è la versione più vera. Una cosa sola è certa: ieri il Pd era una maionese impazzita. Il capogruppo al Senato, Luigi Zanda, di primo mattino aveva iniziato sue personali consultazioni con i senatori Pd per sondare un eventuale via libera a un governo guidato da Fabrizio Saccomanni. A metà giornata filtravano indiscrezioni su contatti informali fra il Quirinale e il presidente dell'Anci, Graziano Delrio, per verificare l'eventuale disponibilità di Matteo Renzi.
Si intensificavano anche le voci di un arrivo di Renzi a Roma addirittura per ricevere l'incarico. Nulla veniva confermato, ma tutto questo dava l'idea dell'impazzimento nelle fila del centrosinistra. Bersani una telefonata di sicuro l'ha fatta ed è quella con Nichi Vendola, leader di Sel: «Vai avanti tranquillo, io non mollo un centimetro. O governo del cambiamento con me o si va alle elezioni ».
E infatti Vendola si è immolato su questa linea nemmeno un'ora prima del voltafaccia di Letta jr. Che cosa è accaduto in mezzo per provocare la grande virata di 180 gradi e la disponibilità ufficiale del Pd a dare i propri voti a qualsiasi governo scelto da Napolitano? Secondo i rumors lo stesso presidente della Repubblica, che di fronte all'impasse ha messo sul piatto le proprie immediate dimissioni.
Questa ipotesi è stata sicuramente ventilata nell'incontro con i rappresentanti di Lista civica per Monti, quando Napolitano si è lasciato scappare «a questo punto non sarò più io ad occuparmi di una soluzione alla crisi politica». Secondo le ricostruzioni è stata fatta in modo più deciso durante l'incontro con la delegazione Pd: «Io mi dimetto il 2 aprile». E ancora ieri a tarda sera molti erano convinti che quella non fosse solo una minaccia, ma una decisione ormai presa. E che semmai potrebbe essere addirittura anticipata e comunicata pubblicamente oggi.
Certo, la svolta nel Pd è sembrata evidente dalle comunicazioni finali di Letta. Ma non è stata colta come tale dagli altri protagonisti. «Quale svolta?», commenta infatti il neosenatore Augusto Minzolini, «hanno detto no al governissimo e sì a un governo di scopo che noi non possiamo certo votare. Sembra solo un trucco per perdere tempo».
Mezza svolta, mezza umiliazione per Bersani. Che ieri però l'ha presa come uno schiaffone. Lui si sentiva ancora premier incaricato. Napolitano invece ha spiegato alle delegazioni che «non c'era alcun bisogno di revoca dell'incarico, visto che aveva un perimetro limitato che è evidentemente finito giovedì». Il segretario Pd non l'ha presa bene, e schiuma rabbia: «Ah, sì? Adesso si divertiranno con il presidente della Repubblica. Faremo eleggere Paolo Flores D'Arcais o anche Margherita Hack, se piace di più ai grillini».
2. IL SEGRETARIO SARÀ "PROCESSATO" DAGLI STESSI CHE L'HANNO ELETTO
Federico Geremicca per La Stampa
Se cominciamo con lui, uomo moderato e alleato leale - dalle primarie fino al deludente voto di febbraio - è solo per render meglio un'idea: l'idea, cioè, di quanto si sia mosso dentro e intorno al Pd nel mese trascorso dalle elezioni a oggi. E quanto, soprattutto, si muoverà da oggi in poi.
Erano giorni che Bruno Tabacci era in sofferenza: e ieri quest'insofferenza ha tracimato.
«L'inseguimento a Grillo non si può fare rimettendo insieme i cocci della sinistra, da Ingroia a Di Pietro ai Comunisti italiani...», ha dettato Tabacci alle agenzie. E poi, raggiunto telefonicamente, ha spiegato: «A Roma, per le elezioni al Campidoglio, stanno rimettendo in piedi proprio una cosa del genere: da far rimpiangere la "gioiosa macchina da guerra" di Achille Occhetto. Ma io avevo capito che la rotta del Pd fosse cambiata. Definitivamente cambiata...».
E invece eccoci qui a fare i conti con l'«inseguimento a Grillo»: che, Tabacci a parte, costituirà il primo capo d'accusa dal quale Pier Luigi Bersani dovrà difendersi, appena il suo tentativo di fare un governo risulterà anche ufficialmente tramontato. Ad aspettarlo al varco c'è ormai una folla: leader al momento defilati, come D'Alema e Veltroni; figure fino a ieri di primo piano - come Bindi, Finocchiaro e Franceschini - sacrificate nell'«inseguimento a Grillo»; gruppi - come i giovani turchi di Orfini, Orlando e Fassina - per i quali «la ruota del cambiamento» ha girato poco o niente; e Matteo Renzi, infine, il leader in sonno, l'asso da calare, la risposta a Grillo e chi più ne ha più ne metta.
Nella sostanza, è la stessa maggioranza che lo elesse segretario ad essersi letteralmente sfarinata: Bersani naturalmente lo sa e da ieri - nella sua Piacenza - ha cominciato a ragionare su come affrontare l'inevitabile resa dei conti che lo attende nel Pd. Tener duro e difendere le scelte fatte? Presentarsi dimissionario alla prima occasione utile? Rimettere al partito la decisione su cosa fare?
Bersani riflette, sapendo però che il cerchio si stringe e nuove alleanze interne si vanno costruendo. Matteo Renzi, in particolare, esercita ormai una sorta di effetto-calamita: non ha bisogno di muovere un dito, perché c'è la fila davanti alla sua porta. Il chiarimento - per usare un eufemismo - resterà sospeso fino alla conclusione (qualunque essa sia) della complicata vicenda del governo: poi - e salvo elezioni a breve - sarà tutto un ribollire fino al Congresso, già programmato per ottobre. Un segretario giovane (Letta? Barca?) e un futuro candidato premier ancor più giovane (Renzi), sembrano l'approdo obbligatorio: ma è difficile immaginare che vi si possa giungere in un clima di solidarietà e concordia...
Molte cose - forse troppe cose - hanno avvelenato il clima nel Pd: e quasi tutte vengono - naturalmente - imputate a Bersani. I capi d'accusa sono numerosi, e non riguardano solo la linea tenuta dopo il voto (l'«inseguimento a Grillo»). Molti, infatti, contestano addirittura i toni e gli argomenti di una campagna elettorale iniziata da vincitori e finita in altro modo.
Altri, i più delusi, puntano l'indice contro quello che, con poca generosità, è stato definito l'«autismo» del segretario: pochissime informazioni al partito su quel che maturava nella crisi, le riunioni continue riservate al solo «tortello magico» (Migliavacca, Errani, Fiammenghi), l'incaponirsi su una linea (riecco l'«inseguimento a Grillo»...) che 48 ore dopo il voto poteva esser tranquillamente abbandonata.
Può essere che abbia una risposta per tutto: e può essere, naturalmente, che quelle risposte vengano archiviate come poco convincenti o addirittura sbagliate. Per esempio: bene l'apertura al nuovo, a Beppe Grillo, subito dopo il voto; ma male incaponirsi su una posizione vanificata (mortificata) dalle porte ripetutamente sbattute in faccia dal comico genovese.
E male, anzi malissimo, aver tarato ogni iniziativa solo in funzione dell'«inseguimento a Grillo»: dagli otto punti di programma ai nuovi presidenti di Camera e Senato (intorno ai quali già si registrano insoddisfazioni e ironie) tutto è stato fatto guardando da una parte sola. Pessimo, infine, il «mai con Berlusconi» ripetuto all'infinito: con il risultato di sbarrare qualunque altra strada al Pd (e al capo dello Stato)...
Acque tempestose, dunque. All'indomani della delusione elettorale, a Bersani fu chiesto se aveva pensato alle dimissioni: «Io non abbandono la nave - rispose, ed era il 26 di febbraio -. Posso starci sopra da capitano o da mozzo, ma non la abbandono». È passato un mese: e nessuno sa come Bersani risponderebbe oggi...
Nella mitologia greca era Cronos a divorare i propri figli.
Il Cronos 2000, fa altrettanto.
Aveva indicato un suo uomo come primo segretario Pd e le sue puttanate lo hanno costretto al ritiro prima di cominciare. Si tratta di Fassino che da forfait.
Poi si è rivolto all’eterno amico/nemico Veltroni, per guidare il Pd ma è stato uno sfracello.
Alla fine ha tirato fuori un altro suo uomo, e adesso la pensa così:
3. IL FLOP ELETTORALE E LA SUCCESSIVA LINEA DI “INSEGUIMENTO A GRILLO” VIENE SEPOLTA DALLE PAROLE DEL MAGO DALEMIX: “QUELLO È MATTO, COSÌ CI PORTA ALLA ROVINA”
1. PASQUA SENZA RESURREZIONE PER BERSANI, UN LEADER CHE NELL’EPOCA DI PALMIRO TOGLIATTI AVREBBE POTUTO A MALAPENA GESTIRE IL BARETTO DELLE FRATTOCCHIE –
2. DOPO PALAZZO CHIGI IL FALLIMENTARE SMACCHIATORE DI GIAGUARI PERDE ANCHE IL PD –
3. IL FLOP ELETTORALE E LA SUCCESSIVA LINEA DI “INSEGUIMENTO A GRILLO” VIENE SEPOLTA DALLE PAROLE DEL MAGO DALEMIX: “QUELLO È MATTO, COSÌ CI PORTA ALLA ROVINA” –
4. LA DISPONIBILITÀ UFFICIALE DEL PD SBERSANIZZATO A DARE I PROPRI VOTI A QUALSIASI GOVERNO SCELTO DA NAPOLITANO PROVOCATA DALLO STESSO CAPO DELLO STATO, CHE DI FRONTE ALL’IMPASSE HA MESSO SUL PIATTO LE PROPRIE IMMEDIATE DIMISSIONI -
1. «QUELLO È MATTO CI PORTA ALLA ROVINA»
Franco Bechis per Libero
Era concitata quella telefonata a voce alta fatta da Massimo D'Alema di primo mattino nella via vicino casa, a pochi passi da piazza Mazzini, cuore del quartiere Prati a Roma. Chissà chi era l'interlocutore che ascoltava il veemente sfogo su Pierluigi Bersani: «Quello è matto, così ci porta alla rovina».
Nelle stesse ore il gruppo dei fedelissimi(ormai una sparuta pattuglia parlamentare dopo l'utilizzo del Ddt contro la corrente nella formazione delle liste) provava a chiedere una riunione qualsiasi - una direzione, un caminetto, almeno un barbecue - prima che Enrico Letta salisse al Quirinale: «Dobbiamo dirgli pure qualcosa. Qui stiamo tornando indietro di 20 anni. Il partito sembra quello che si è rovinato con i girotondi e gli arancioni».
Qualche riunione c'è pure stata. Letta jr e Dario Franceschini si sono trovati nella sede dell'Arel. Ieri sera si era diffusa anche la voce di una presenza di Bersani, e addirittura il retroscena di un incontro simile a quello fatale di Giulio Cesare con Bruto e Cassio. Fantasie, perché Bersani si è tolto di mezzo dal primo mattino facendo sapere di andare a Piacenza.
Lì a dire il vero nessuno l'ha trovato. E l'inviato del Tg La7 che si era precipitato lì su indicazioni del portavoce del segretario Pd, Stefano Di Traglia, ha provato invano a scampanellare. Al citofono ha risposto solo la signora Bersani lanciandosi in un «il segretario non è in casa», che doveva avere sentito all'epoca di PalmiroTogliatti.
Il segretario certo non era alla riunione Arel, ma da lì devono essergli fischiate parecchio le orecchie. C'è chi dice che sia arrivata da Letta una telefonata cortese, ma determinata: «Pier Luigi, non possiamo continuare sulla stesa linea». Dalle fila del segretario traspare invece una soluzione concordata: un cambio di rotta per uscire dall'angolo e ribaltare le difficoltà su chi li aveva messi alle corde.
Chissà quale è la versione più vera. Una cosa sola è certa: ieri il Pd era una maionese impazzita. Il capogruppo al Senato, Luigi Zanda, di primo mattino aveva iniziato sue personali consultazioni con i senatori Pd per sondare un eventuale via libera a un governo guidato da Fabrizio Saccomanni. A metà giornata filtravano indiscrezioni su contatti informali fra il Quirinale e il presidente dell'Anci, Graziano Delrio, per verificare l'eventuale disponibilità di Matteo Renzi.
Si intensificavano anche le voci di un arrivo di Renzi a Roma addirittura per ricevere l'incarico. Nulla veniva confermato, ma tutto questo dava l'idea dell'impazzimento nelle fila del centrosinistra. Bersani una telefonata di sicuro l'ha fatta ed è quella con Nichi Vendola, leader di Sel: «Vai avanti tranquillo, io non mollo un centimetro. O governo del cambiamento con me o si va alle elezioni ».
E infatti Vendola si è immolato su questa linea nemmeno un'ora prima del voltafaccia di Letta jr. Che cosa è accaduto in mezzo per provocare la grande virata di 180 gradi e la disponibilità ufficiale del Pd a dare i propri voti a qualsiasi governo scelto da Napolitano? Secondo i rumors lo stesso presidente della Repubblica, che di fronte all'impasse ha messo sul piatto le proprie immediate dimissioni.
Questa ipotesi è stata sicuramente ventilata nell'incontro con i rappresentanti di Lista civica per Monti, quando Napolitano si è lasciato scappare «a questo punto non sarò più io ad occuparmi di una soluzione alla crisi politica». Secondo le ricostruzioni è stata fatta in modo più deciso durante l'incontro con la delegazione Pd: «Io mi dimetto il 2 aprile». E ancora ieri a tarda sera molti erano convinti che quella non fosse solo una minaccia, ma una decisione ormai presa. E che semmai potrebbe essere addirittura anticipata e comunicata pubblicamente oggi.
Certo, la svolta nel Pd è sembrata evidente dalle comunicazioni finali di Letta. Ma non è stata colta come tale dagli altri protagonisti. «Quale svolta?», commenta infatti il neosenatore Augusto Minzolini, «hanno detto no al governissimo e sì a un governo di scopo che noi non possiamo certo votare. Sembra solo un trucco per perdere tempo».
Mezza svolta, mezza umiliazione per Bersani. Che ieri però l'ha presa come uno schiaffone. Lui si sentiva ancora premier incaricato. Napolitano invece ha spiegato alle delegazioni che «non c'era alcun bisogno di revoca dell'incarico, visto che aveva un perimetro limitato che è evidentemente finito giovedì». Il segretario Pd non l'ha presa bene, e schiuma rabbia: «Ah, sì? Adesso si divertiranno con il presidente della Repubblica. Faremo eleggere Paolo Flores D'Arcais o anche Margherita Hack, se piace di più ai grillini».
2. IL SEGRETARIO SARÀ "PROCESSATO" DAGLI STESSI CHE L'HANNO ELETTO
Federico Geremicca per La Stampa
Se cominciamo con lui, uomo moderato e alleato leale - dalle primarie fino al deludente voto di febbraio - è solo per render meglio un'idea: l'idea, cioè, di quanto si sia mosso dentro e intorno al Pd nel mese trascorso dalle elezioni a oggi. E quanto, soprattutto, si muoverà da oggi in poi.
Erano giorni che Bruno Tabacci era in sofferenza: e ieri quest'insofferenza ha tracimato.
«L'inseguimento a Grillo non si può fare rimettendo insieme i cocci della sinistra, da Ingroia a Di Pietro ai Comunisti italiani...», ha dettato Tabacci alle agenzie. E poi, raggiunto telefonicamente, ha spiegato: «A Roma, per le elezioni al Campidoglio, stanno rimettendo in piedi proprio una cosa del genere: da far rimpiangere la "gioiosa macchina da guerra" di Achille Occhetto. Ma io avevo capito che la rotta del Pd fosse cambiata. Definitivamente cambiata...».
E invece eccoci qui a fare i conti con l'«inseguimento a Grillo»: che, Tabacci a parte, costituirà il primo capo d'accusa dal quale Pier Luigi Bersani dovrà difendersi, appena il suo tentativo di fare un governo risulterà anche ufficialmente tramontato. Ad aspettarlo al varco c'è ormai una folla: leader al momento defilati, come D'Alema e Veltroni; figure fino a ieri di primo piano - come Bindi, Finocchiaro e Franceschini - sacrificate nell'«inseguimento a Grillo»; gruppi - come i giovani turchi di Orfini, Orlando e Fassina - per i quali «la ruota del cambiamento» ha girato poco o niente; e Matteo Renzi, infine, il leader in sonno, l'asso da calare, la risposta a Grillo e chi più ne ha più ne metta.
Nella sostanza, è la stessa maggioranza che lo elesse segretario ad essersi letteralmente sfarinata: Bersani naturalmente lo sa e da ieri - nella sua Piacenza - ha cominciato a ragionare su come affrontare l'inevitabile resa dei conti che lo attende nel Pd. Tener duro e difendere le scelte fatte? Presentarsi dimissionario alla prima occasione utile? Rimettere al partito la decisione su cosa fare?
Bersani riflette, sapendo però che il cerchio si stringe e nuove alleanze interne si vanno costruendo. Matteo Renzi, in particolare, esercita ormai una sorta di effetto-calamita: non ha bisogno di muovere un dito, perché c'è la fila davanti alla sua porta. Il chiarimento - per usare un eufemismo - resterà sospeso fino alla conclusione (qualunque essa sia) della complicata vicenda del governo: poi - e salvo elezioni a breve - sarà tutto un ribollire fino al Congresso, già programmato per ottobre. Un segretario giovane (Letta? Barca?) e un futuro candidato premier ancor più giovane (Renzi), sembrano l'approdo obbligatorio: ma è difficile immaginare che vi si possa giungere in un clima di solidarietà e concordia...
Molte cose - forse troppe cose - hanno avvelenato il clima nel Pd: e quasi tutte vengono - naturalmente - imputate a Bersani. I capi d'accusa sono numerosi, e non riguardano solo la linea tenuta dopo il voto (l'«inseguimento a Grillo»). Molti, infatti, contestano addirittura i toni e gli argomenti di una campagna elettorale iniziata da vincitori e finita in altro modo.
Altri, i più delusi, puntano l'indice contro quello che, con poca generosità, è stato definito l'«autismo» del segretario: pochissime informazioni al partito su quel che maturava nella crisi, le riunioni continue riservate al solo «tortello magico» (Migliavacca, Errani, Fiammenghi), l'incaponirsi su una linea (riecco l'«inseguimento a Grillo»...) che 48 ore dopo il voto poteva esser tranquillamente abbandonata.
Può essere che abbia una risposta per tutto: e può essere, naturalmente, che quelle risposte vengano archiviate come poco convincenti o addirittura sbagliate. Per esempio: bene l'apertura al nuovo, a Beppe Grillo, subito dopo il voto; ma male incaponirsi su una posizione vanificata (mortificata) dalle porte ripetutamente sbattute in faccia dal comico genovese.
E male, anzi malissimo, aver tarato ogni iniziativa solo in funzione dell'«inseguimento a Grillo»: dagli otto punti di programma ai nuovi presidenti di Camera e Senato (intorno ai quali già si registrano insoddisfazioni e ironie) tutto è stato fatto guardando da una parte sola. Pessimo, infine, il «mai con Berlusconi» ripetuto all'infinito: con il risultato di sbarrare qualunque altra strada al Pd (e al capo dello Stato)...
Acque tempestose, dunque. All'indomani della delusione elettorale, a Bersani fu chiesto se aveva pensato alle dimissioni: «Io non abbandono la nave - rispose, ed era il 26 di febbraio -. Posso starci sopra da capitano o da mozzo, ma non la abbandono». È passato un mese: e nessuno sa come Bersani risponderebbe oggi...
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Re: the day after. quali accordi per governare?
Io non ho ben capito chi siano queste personalità dei due gruppi e cosa e fino a quando dovrebbero fare
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: the day after. quali accordi per governare?
peanuts ha scritto:Io non ho ben capito chi siano queste personalità dei due gruppi e cosa e fino a quando dovrebbero fare
Non capisco i riferimenti e quindi, non posso tentare di aiutarti,....sempre che ci riesco....
Re: the day after. quali accordi per governare?
A me sembra onestamente un'idea bislacca.peanuts ha scritto:Io non ho ben capito chi siano queste personalità dei due gruppi e cosa e fino a quando dovrebbero fare
Dopo aver attribuito il potere esecutivo ai tecnici, ora gli diamo anche quello legislativo?
Cos'è, una monarchia illuminata?
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Re: the day after. quali accordi per governare?
Quelle di cui ha parlato Napolitano. Cosa saranno, ancora tecnici? Bohcamillobenso ha scritto:peanuts ha scritto:Io non ho ben capito chi siano queste personalità dei due gruppi e cosa e fino a quando dovrebbero fare
Non capisco i riferimenti e quindi, non posso tentare di aiutarti,....sempre che ci riesco....
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
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Re: the day after. quali accordi per governare?
peanuts ha scritto:Quelle di cui ha parlato Napolitano. Cosa saranno, ancora tecnici? Bohcamillobenso ha scritto:peanuts ha scritto:Io non ho ben capito chi siano queste personalità dei due gruppi e cosa e fino a quando dovrebbero fare
Non capisco i riferimenti e quindi, non posso tentare di aiutarti,....sempre che ci riesco....
Ho riletto i 4 articoli riportati qui sotto, ….sarà l’età, non ho individuato il riferimento. In quale dei 4?
Il Pd dichiara la resa, ma Bersani ancora no
(Wanda Marra).
30/03/2013 di triskel182
***
NAPOLITANO IN UN VICOLO CIECO, VUOLE ANDARSENE PRIMA
(Eduardo Di Blasi).
30/03/2013 di triskel182
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1. «QUELLO È MATTO CI PORTA ALLA ROVINA»
Franco Bechis per Libero
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2. IL SEGRETARIO SARÀ "PROCESSATO" DAGLI STESSI CHE L'HANNO ELETTO
Federico Geremicca per La Stampa
Re: the day after. quali accordi per governare?
Io ho capito che Napolitano ha fatto tutto un giro di parole per dire in modo elegante : governo PD + PDL e io rimango presidente così il 15 aprile me ne posso andare .mariok ha scritto:A me sembra onestamente un'idea bislacca.peanuts ha scritto:Io non ho ben capito chi siano queste personalità dei due gruppi e cosa e fino a quando dovrebbero fare
Dopo aver attribuito il potere esecutivo ai tecnici, ora gli diamo anche quello legislativo?
Cos'è, una monarchia illuminata?
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Re: the day after. quali accordi per governare?
1. RE GIORGIO HA TIRATO FUORI DALL'UOVO LA SORPRESA PASQUALE: DUE GRUPPI RISTRETTI DI "COMPETENTI DI DIVERSE CULTURE", UNO POLITICO ISTITUZIONALE E UNO ECONOMICO SOCIALE –
2. IN BREVE, SONO LE DUE SOLITE LOGGE MASSONICHE ANTAGONISTE D'ITALIA: UNA DI ISPIRAZIONE EX FRANCESE-FILOEUROPEA-BILDERBERG E L'ALTRA DI ISPIRAZIONE EX ANGLO AMERICAN-ATLANTICA, LE QUALI, DOPO AVER GIOCATO ALLE ELEZIONI E ALLA FORMAZIONE DEL GOVERNO SENZA ESITO COSTRUTTIVO OGGI, GIUSTAMENTE, RIPRENDONO IN MANO IL BOCCINO E VEDONO CHI “PICCHIA” MEGLIO E FA FILOTTO SUL BILIARDO ITALICO –
3. I BOOKMAKERS ACCETTANO SCOMMESSE SUL TANDEM GIANNI LETTA E GIULIANO AMATO -
1. DAGOREPORT/1
Ha passato una notte insonne Re Giorgio, ha meditato a lungo e quando stava per decidere di dimettersi, di fronte alla difficolta' della situazione e alle pretese di chi avrebbe voluto forzargli la mano, ha avuto un lampo di consapevolezza che ha fatto scomparire tutto lo sconforto, le delusioni e le amarezze dei giorni scorsi: "Resto a bordo, caXXo, non posso abbandonare ora la nave".
E ha tirato fuori dall'uovo la sorpresa pasquale: due gruppi ristretti di "competenti di diverse culture", uno politico istituzionale e uno economico sociale. I nomi dei componenti saranno resi noti oggi pomeriggio e si insedieranno martedì. In poche ore dovranno predisporre un programma limitato e condiviso di cose da fare subito. È presumibile che all'interno di questi due gruppi di lavoro vi sia già il prossimo presidente del Consiglio e parte della stessa lista dei ministri. I tempi: entro la settimana prossima.
Re Giorgio mette così tutti a nudo di fronte alle proprie responsabilità, passando dal metodo al merito dopo che il metodo e' miseramente naufragato tra egoismi di parte, faide interne ai partiti pronte a scatenare Bruto e Cassio ovunque, e sfidandoli di fatto a votare contro un governo siffatto in Parlamento, cosa che si porterebbe dietro un disastro elettorale per le forze politiche che se ne dovessero rendere protagoniste.
Non c'è dubbio che il Presidente della Repubblica si e' schierato dalla parte del Paese di fronte ai miopi tatticismi di tanti improvvisati leader politici che sembrano aver smarrito il senso dello Stato solo per dar corso a piccole vendette e dispettose ritorsioni. E non c'è dubbio che per la politica tutta si tratta di una gravissima sconfitta.
Napolitano, di fronte ai nani politici che ha di fronte, si dimostra sempre di più un gigante e non a caso, ha detto oggi, "continuo ad avere fiducia nella possibilità di responsabile superamento del momento cruciale che l'Italia attraversa e continuerò ad agire così fino all'ultimo giorno del mio mandato come il senso dell'interesse nazionale mi suggerisce e non nascondendo al Paese le difficoltà che sto incontrando".
Ora i politici, vecchi e nuovi, sono davvero tutti nudi davanti al Colle. Anche per Grillo sta per finire la comoda rendita di posizione di dire no a qualunque cosa: di fronte ai cambiamenti veri che l'Agenda Napolitano imporrà al Parlamento nei prossimi giorni attraverso il "suo" governo, anch'egli dovrà trovare il modo di dare una mano positiva al Paese se non vuol correre il rischio di una frantumazione anticipata della sua clamorosa ma anche fragile e contraddittoria creatura politica.
Ancora: Berlusconi non porta a casa gran parte delle sue eccessive pretese, per Bersani svanisce il sogno di essere il primo post comunista a salire a Palazzo Chigi attraverso un percorso elettorale e nel Pd da martedì nulla sarà più come prima. Del resto, la Jena Barenghi lo descrive benissimo su La Stampa di oggi: "se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi, se mi uccidono vendicatemi. Il Pd non ha scelto la terza via".
Del resto, non poteva pretendere di fare governicchi inseguendo per di più i grillini che non vedevano l'ora di umiliarlo dopo che qualcuno lo ha illuso che un gruppo di senatori a 5 Stelle al Senato sarebbero confluiti nel gruppo misto per poterlo votare la fiducia. Ne' va sottaciuta la grave responsabilità dei cosiddetti giovani turchi, Orfini e Orlando in testa, che con saccenza e arroganza lo hanno spinto nel vicolo cieco.
Anche Berlusconi deve capire che nessuno può garantirgli nulla, non esiste nel nostro ordinamento questa possibilità. Ed invece le sue "tutele" può trovarle in un quadro di riforme e di cambiamento che un governo "terzo" come quello che si profila sarà in grado di fare, soprattutto se (come pare) insieme alla legge elettorale si pone l'obiettivo del superamento del bicameralismo, tema questo largamente condiviso. Dando così al "governo del Presidente" un orizzonte temporale da qui alle elezioni europee nella tarda primavera del 2014, con risultati tangibili per il Paese.
2. DAGOREPORT/2 - "SO' DDU' LOGGE"
"Non c'è dubbio - si legge su un'Agenzia stampa di Trivandrum, Kerala. India - il Presidente Napolitano ha chiarissimo il suo ruolo di armonizzatore degli apparenti opposti. Un vero Guru. Abbiamo visto: un signore con molti anni e molta esperienza, ex comunista - ex neoliberista - (tra poco) ex presidente ... abbiamo visto la sua deflezione oculare e l'abbiamo sentito parlare. Un discorso degno di Ermete Trismegisto, di Yogy Ramacharaka ... ispirato alla visione di un Nuovo Ordine Mondiale, chiarissimo". "Rimetto tutto nelle mani di Yin e Yang. Si confrontino, come fanno da millenni e se la sbrighino loro".
Resta da capire chi è Yin e chi è Yang. Secondo alcuni osservatori di Sri Lanka sono le due Logge massoniche antagoniste d'Italia: una di ispirazione ex francese-filoeuropea-Bilderberg e l'altra di ispirazione ex anglo american-atlantica, le quali, dopo aver giocato alle Elezioni e alla formazione del Governo senza esito costruttivo oggi - giustamente - riprendono in mano il boccino e vedono chi "picchia" meglio e fa filotto sul biliardo italico.
Secondo altri, osservatori più tradizionali: No! Non è così! I due gruppi che verranno incaricati dal Presidente, di cui è chiara solo che "hanno personalità", sono il vecchio centrodestra e il vecchio centro sinistra, incarnati nei loro ipotetici condottieri ancora non rivelati. I bookmakers inglesi accettano scommesse sul tandem Gianni Letta e Giuliano Amato.
Allora c'abbiamo ragione noi dicono gli osservatori di Sri Lanka: "so' ddu' Logge". Secondo altri ancora si tratta invece di Shiva e Visnù, chiamati a pronunciarsi in quel breve periodo in cui ancora il Presidente può fare Brahma.
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Re: the day after. quali accordi per governare?
Napolitano: “Non mi dimetto. Proposte programmatiche da due gruppi ristretti”
Dopo lo stallo delle consultazioni tra i partiti, il presidente della Repubblica lancia due commissioni di saggi per proposte "condivise" che contribuiscano alla nascita di un nuovo governo, così come avvenuto nei mesi scorsi in Olanda, dove l'esecutivo è nato dopo 44 giorni di confronti tra i partiti. A breve i nomi. E il capo dello Stato ricorda: "Il governo Monti è operativo"
di Redazione Il Fatto Quotidiano
| 30 marzo 2013Commenti (2123)
Giorgio Napolitano ha scelto la terza via, quella che nessuno si aspettava e che ha spiazzato i partiti. Non si è dimesso in anticipo. Non ha affidato l’incarico di formare un governo del presidente. Ha affidato a due gruppi ristretti di saggi, invece, il compito di trovare proposte programmatiche condivise dai partiti attorno a cui fare nascere il nuovo esecutivo. I due gruppi, formati da “personalità tra loro diverse per collocazione e competenze”, lavoreranno autonomamente in due direzioni: una economica-sociale, l’altra politico istituzionale.
Il loro compito sarà quello di redigere un programma di cose da fare con urgenza da sottoporre successivamente o all’attuale capo dello Stato oppure al suo successore. Una mossa, quella di Napolitano, che gli è stata suggerita da Scelta Civica di Monti, ma che non è un unicum a livello europeo. Il presidente della Repubblica, infatti, sembra aver mutuato la sua decisione da quanto successo in Olanda, dove il governo è nato dopo 44 giorni dalle elezioni (senza vincitori) e a seguito di confronti tra gli sherpa politici dei vari partiti su un programma snello, quasi ‘di scopo’. Una sorta di esecutivo di larghe intese, quindi, che si baserebbe non sulla fiducia politica espressa dai partiti, ma dal loro imprimatur su una serie di urgenze imprescindibili per il Paese, ancora alle prese con una crisi che ne mette in ginocchio l’economia.
E sono state proprio le difficoltà economiche, a quanto pare, ad aver spinto Napolitano verso il colpo di scena. Le altre due ipotesi sul tavolo, del resto, presentavano controindicazioni non di poco conto. Il governo del presidente sarebbe presto diventato un governo di nessuno, visto che tra 15 giorni inizieranno le elezioni per il successore dell’attuale capo dello Stato. E Napolitano questo lo sa benissimo. Come sa benissimo che una sua uscita di scena anticipata avrebbe provocato la reazione nefasta dei mercati. Una eventualità che ha terrorizzato Napolitano e che lo ha portato a scegliere la terza via, quella olandese, non prima di aver rassicurato tutti sottolineando la perfetta funzionalità del governo Monti ancora in carica.
I partiti, come confermato al fattoquotidiano.it da alcuni parlamentari di entrambi gli schieramenti, non si aspettavano minimamente una soluzione del genere. E per alcuni quello di Napolitano è solo un tentativo di prendere ulteriore tempo. Sui nomi dei due gruppi ristretti di saggi, del resto, vige il più stretto riserbo. Si tratta di personalità individuate direttamente dal Presidente della Repubblica, visto che, assicurano fonti interne al Pd, nelle consultazioni di ieri nessuno ha fatto nomi graditi da far rientrare nelle scelte del Quirinale. Anche sull’area politica di provenienza degli “sherpa di Napolitano” si sa poco o nulla, ma a quanto pare non farebbero riferimento all’area grillina. “Nel pomeriggio tutto verrà reso noto” hanno fatto sapere dal Colle.
E in attesa di conoscere le liste delle personalità scelte dal capo dello Stato, sul tavolo rimangono le parole pronunciate nella sala stampa del Quirinale dal presidente. “Continuo a esercitare fino all’ultimo il mio mandato – ha detto Napolitano – non nascondendo al Paese le difficoltà che sto ancora incontrando e ribadendo la mia fiducia nella possibilità di un responsabile superamento della situazione che l’Italia attraversa”. Nel frattempo, ha sottolineato il capo dello Stato, continua a rimanere in carica il governo Monti.
Nel pomeriggio, come detto, verranno resi noti i nomi dei ”gruppi ristretti di personalità” citate dal presidente della Repubblica, figure di diversa estrazione che andranno a costituire due commissioni di saggi. Napolitano chiederà loro di formulare su temi istituzionali ed economico-sociali “precise proposte programmatiche oggetto di condivisione” da parte delle forze politiche, in vista di un possibile governo. Secondo fonti del Quirinale, i nomi delle personalità che lavoreranno per facilitare la soluzione della crisi saranno scelti dal capo dello Stato “in piena autonomia” e non è stata indicata una scadenza per il termine del loro lavoro. I gruppi di lavoro potrebbero essere insediati martedì prossimo. L’esito del loro impegno sarà un rapporto che verrà presentato allo stesso Napolitano o al suo successore e il loro lavoro potrà anche essere una sorta di base programmatica per il nuovo governo.
Napolitano ha quindi deciso di non dimettersi, un’ipotesi che in mattinata era data come una delle probabili, dopo lo stallo politico a cui si era arrivati dopo il fallito tentativo di formare un governo di Pier Luigi Bersani. Stallo che il rapido giro di consultazioni di ieri al Quirinale non aveva risolto. ”Sono giunto alla conclusione – ha spiegato Napolitano – che, pur essendo ormai limitate le mie possibilità di un’ulteriore iniziativa sul tema della formazione del governo, posso fino all’ultimo giorno concorrere almeno a creare le condizioni più favorevoli allo scopo di sbloccare posizioni irrigidite e tra loro inconciliabili. Continuerò a esercitare fino all’ultimo giorno il mio mandato, come il senso dell’interesse nazionale mi suggerisce, non nascondendo al paese le difficoltà che sto ancora incontrando”.
Il capo dello Stato ha poi sottolineato che il governo Monti è attualmente ancora in carica: non può infatti sfuggire, ha detto, “che un elemento di concreta certezza della situazione del nostro Paese è rappresentato dalla operatività del nostro governo tutt’ora in carica e non sfiduciato dal Parlamento”. Secondo Napolitano, ”Il governo sta per adottare provvedimenti urgenti per l’economia, d’intesa con la Ue e con l’essenziale contributo del nuovo Parlamento attraverso i lavori della commissione speciale presieduta dall’onorevole Giorgetti”.
Napolitano, infine, è giunto alle sue decisioni dopo avere verificato la “persistenza di posizioni nettamente diverse rispetto alle soluzioni possibili”. E considerata la “gravità e urgenza dei problemi del Paese“, ha sollecitato tutti i soggetti politici ad assumere “un accentuato senso di responsabilità, al fine di rendere possibile la costituzione di un valido governo in tempi che non si prolunghino insostenibilmente, essendo ormai trascorso un mese dalle elezioni del nuovo Parlamento“.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03 ... ti/547219/
Dopo lo stallo delle consultazioni tra i partiti, il presidente della Repubblica lancia due commissioni di saggi per proposte "condivise" che contribuiscano alla nascita di un nuovo governo, così come avvenuto nei mesi scorsi in Olanda, dove l'esecutivo è nato dopo 44 giorni di confronti tra i partiti. A breve i nomi. E il capo dello Stato ricorda: "Il governo Monti è operativo"
di Redazione Il Fatto Quotidiano
| 30 marzo 2013Commenti (2123)
Giorgio Napolitano ha scelto la terza via, quella che nessuno si aspettava e che ha spiazzato i partiti. Non si è dimesso in anticipo. Non ha affidato l’incarico di formare un governo del presidente. Ha affidato a due gruppi ristretti di saggi, invece, il compito di trovare proposte programmatiche condivise dai partiti attorno a cui fare nascere il nuovo esecutivo. I due gruppi, formati da “personalità tra loro diverse per collocazione e competenze”, lavoreranno autonomamente in due direzioni: una economica-sociale, l’altra politico istituzionale.
Il loro compito sarà quello di redigere un programma di cose da fare con urgenza da sottoporre successivamente o all’attuale capo dello Stato oppure al suo successore. Una mossa, quella di Napolitano, che gli è stata suggerita da Scelta Civica di Monti, ma che non è un unicum a livello europeo. Il presidente della Repubblica, infatti, sembra aver mutuato la sua decisione da quanto successo in Olanda, dove il governo è nato dopo 44 giorni dalle elezioni (senza vincitori) e a seguito di confronti tra gli sherpa politici dei vari partiti su un programma snello, quasi ‘di scopo’. Una sorta di esecutivo di larghe intese, quindi, che si baserebbe non sulla fiducia politica espressa dai partiti, ma dal loro imprimatur su una serie di urgenze imprescindibili per il Paese, ancora alle prese con una crisi che ne mette in ginocchio l’economia.
E sono state proprio le difficoltà economiche, a quanto pare, ad aver spinto Napolitano verso il colpo di scena. Le altre due ipotesi sul tavolo, del resto, presentavano controindicazioni non di poco conto. Il governo del presidente sarebbe presto diventato un governo di nessuno, visto che tra 15 giorni inizieranno le elezioni per il successore dell’attuale capo dello Stato. E Napolitano questo lo sa benissimo. Come sa benissimo che una sua uscita di scena anticipata avrebbe provocato la reazione nefasta dei mercati. Una eventualità che ha terrorizzato Napolitano e che lo ha portato a scegliere la terza via, quella olandese, non prima di aver rassicurato tutti sottolineando la perfetta funzionalità del governo Monti ancora in carica.
I partiti, come confermato al fattoquotidiano.it da alcuni parlamentari di entrambi gli schieramenti, non si aspettavano minimamente una soluzione del genere. E per alcuni quello di Napolitano è solo un tentativo di prendere ulteriore tempo. Sui nomi dei due gruppi ristretti di saggi, del resto, vige il più stretto riserbo. Si tratta di personalità individuate direttamente dal Presidente della Repubblica, visto che, assicurano fonti interne al Pd, nelle consultazioni di ieri nessuno ha fatto nomi graditi da far rientrare nelle scelte del Quirinale. Anche sull’area politica di provenienza degli “sherpa di Napolitano” si sa poco o nulla, ma a quanto pare non farebbero riferimento all’area grillina. “Nel pomeriggio tutto verrà reso noto” hanno fatto sapere dal Colle.
E in attesa di conoscere le liste delle personalità scelte dal capo dello Stato, sul tavolo rimangono le parole pronunciate nella sala stampa del Quirinale dal presidente. “Continuo a esercitare fino all’ultimo il mio mandato – ha detto Napolitano – non nascondendo al Paese le difficoltà che sto ancora incontrando e ribadendo la mia fiducia nella possibilità di un responsabile superamento della situazione che l’Italia attraversa”. Nel frattempo, ha sottolineato il capo dello Stato, continua a rimanere in carica il governo Monti.
Nel pomeriggio, come detto, verranno resi noti i nomi dei ”gruppi ristretti di personalità” citate dal presidente della Repubblica, figure di diversa estrazione che andranno a costituire due commissioni di saggi. Napolitano chiederà loro di formulare su temi istituzionali ed economico-sociali “precise proposte programmatiche oggetto di condivisione” da parte delle forze politiche, in vista di un possibile governo. Secondo fonti del Quirinale, i nomi delle personalità che lavoreranno per facilitare la soluzione della crisi saranno scelti dal capo dello Stato “in piena autonomia” e non è stata indicata una scadenza per il termine del loro lavoro. I gruppi di lavoro potrebbero essere insediati martedì prossimo. L’esito del loro impegno sarà un rapporto che verrà presentato allo stesso Napolitano o al suo successore e il loro lavoro potrà anche essere una sorta di base programmatica per il nuovo governo.
Napolitano ha quindi deciso di non dimettersi, un’ipotesi che in mattinata era data come una delle probabili, dopo lo stallo politico a cui si era arrivati dopo il fallito tentativo di formare un governo di Pier Luigi Bersani. Stallo che il rapido giro di consultazioni di ieri al Quirinale non aveva risolto. ”Sono giunto alla conclusione – ha spiegato Napolitano – che, pur essendo ormai limitate le mie possibilità di un’ulteriore iniziativa sul tema della formazione del governo, posso fino all’ultimo giorno concorrere almeno a creare le condizioni più favorevoli allo scopo di sbloccare posizioni irrigidite e tra loro inconciliabili. Continuerò a esercitare fino all’ultimo giorno il mio mandato, come il senso dell’interesse nazionale mi suggerisce, non nascondendo al paese le difficoltà che sto ancora incontrando”.
Il capo dello Stato ha poi sottolineato che il governo Monti è attualmente ancora in carica: non può infatti sfuggire, ha detto, “che un elemento di concreta certezza della situazione del nostro Paese è rappresentato dalla operatività del nostro governo tutt’ora in carica e non sfiduciato dal Parlamento”. Secondo Napolitano, ”Il governo sta per adottare provvedimenti urgenti per l’economia, d’intesa con la Ue e con l’essenziale contributo del nuovo Parlamento attraverso i lavori della commissione speciale presieduta dall’onorevole Giorgetti”.
Napolitano, infine, è giunto alle sue decisioni dopo avere verificato la “persistenza di posizioni nettamente diverse rispetto alle soluzioni possibili”. E considerata la “gravità e urgenza dei problemi del Paese“, ha sollecitato tutti i soggetti politici ad assumere “un accentuato senso di responsabilità, al fine di rendere possibile la costituzione di un valido governo in tempi che non si prolunghino insostenibilmente, essendo ormai trascorso un mese dalle elezioni del nuovo Parlamento“.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03 ... ti/547219/
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Re: the day after. quali accordi per governare?
Amadeus ha scritto:Io ho capito che Napolitano ha fatto tutto un giro di parole per dire in modo elegante : governo PD + PDL e io rimango presidente così il 15 aprile me ne posso andare .mariok ha scritto:A me sembra onestamente un'idea bislacca.peanuts ha scritto:Io non ho ben capito chi siano queste personalità dei due gruppi e cosa e fino a quando dovrebbero fare
Dopo aver attribuito il potere esecutivo ai tecnici, ora gli diamo anche quello legislativo?
Cos'è, una monarchia illuminata?
se non mi sfugge qualcosa,
credo che per ridare l'incarico al governo Monti,
(come mi pare di aver capito...)
si debba passare per un nuovo voto di fiducia alle camere.
la vicenda di Bersani si e' chiusa il giorno delle elezioni.
ora la sua missione e' tenere insieme il Partito e spianare la strada a Renzi...così chi a sinistra ha voltato le spalle a PiGi...è servito.
naturalmente questa e' l'ora degli sciacalli e delle iene,
da Fioroni a Veltroni passando per Letta e Gentiloni,
del codardo oltraggio da parte degli specialisti del servo encomio e del pizzino che indivuadono in Bersani l'unico colpevole.
ma il tempo e' galantuomo e sono sicuro che molti lo rimpiangeranno.
se Bersani non avesse chiesto con tanta insistenza al M5silvio di fare un governo, non avrebbe esposto ai merli che li hanno votati la loro totale inadeguatezza e questo è l'ultimo, suo grande dono ,al PD e alla sinistra tutta.
se oggi il M5silvio e' in crisi e sta perdendo molto consenso e' solo per merito suo.
io ,per fine aprile spero di vedere Prodi sul colle e per fine estate la mummia cinese cecata che si becca qualche condanna giusto per regolare i conti aperti il giorno della mortadella in parlamento...
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