Caro direttore,
nell'articolo domenicale di Eugenio Scalfari, insieme con tante considerazioni che mi trovano d'accordo, c'è un passaggio che mi offre l'occasione di una precisazione. Scalfari scrive:
"Non condivido la tenacia con cui Bersani ripropone la sua candidatura".
L'osservazione è inserita, al solito, in un contesto amichevole e rispettoso di cui ringrazio Scalfari.
Devo registrare tuttavia che una valutazione simile si fa sentire anche in contesti ben meno amichevoli.
Nelle critiche aggressive e talvolta oltraggiose di questi giorni, nelle inesauribili e stupefacenti dietrologie, e perfino nelle analisi psicologiche di chi si è avventurosamente inoltrato nei miei stati d'animo, non è mai mancata la denuncia verso una sorta di puntiglio bersaniano.
Ecco dunque l'occasione per precisare.
La proposta che ho avanzato assieme al mio partito (governo di cambiamento, convenzione per le riforme) non è proprietà di Bersani.
Ripeto quello che ho sempre detto:
io ci sono, se sono utile.
Non intendo certo essere di intralcio.
Esistono altre proposte che, in un Paese in tumulto, non contraddicano l'esigenza di cambiamento e che prescindano dalla mia persona?
Nessuna difficoltà a sostenerle!
Me lo si lasci dire:
per chi crede nella dignità della politica e conserva un minimo di autostima, queste sono ovvietà!
È forse meno ovvio ribadire una mia convinzione profonda, cui farei fatica a rinunciare.
Il nostro Paese è davvero nei guai.
Si moltiplicano le condizioni di disagio estremo e si aggrava una radicale caduta di fiducia.
Ci vuole un governo, certamente.
Ma un governo che possa agire univocamente, che possa rischiare qualcosa, che possa farsi percepire nella dimensione reale, nella vita comune dei cittadini.
Non un governo che viva di equilibrismi, di precarie composizioni di forze contrastanti, di un cabotaggio giocato solo nel circuito politico-mediatico.
In questo caso, predisporremmo solo il calendario di giorni peggiori.
http://www.repubblica.it/politica/2013/ ... ref=HREA-1