Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Un antico testo anonimo firmato "il vecchio oligarca" - "La costituzione degli ateniesi" - sosteneva che la democrazia degenera senza avere le energie per autoriformarsi.
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Come inizia una guerra civile – 39

La cruna dell’ago - 6



Debiti Stato, ok sblocco fondi per pagare imprese: “40 miliardi in 24 mesi”
Approvato il decreto per il pagamento della prima tranche di quanto dovuto alle aziende dallo Stato. Grilli: "Pagamenti possibili già da lunedì". Monti: "Critiche al governo arrivate da chi ha generato questa situazione"

di Redazione Il Fatto Quotidiano
| 6 aprile 2013Commenti (199)



Via libera dal Consiglio dei ministri allo sblocco di 40 miliardi per pagare la prima tranche dei debiti della Pubblica amministrazione. Ora la procedura dei pagamenti dovrebbe essere veloce con l’arrivo dei primi pagamenti entro metà maggio. Un assegno totale da 40 miliardi che dovrà però essere “firmato” anche dalla Commissione europea (Grilli sarà a Bruxelles lunedì per incontrare il commissario Olli Rehn). Ma l’Italia, almeno stando all’ultima bozza del decreto di ingresso, si impegna a un controllo serrato. Sia di come verranno spesi i soldi (in termini di rimborsi) sia a fare in modo che il deficit resti fermo sotto il 3%. In caso di sforamento sono previsti dal decreto “interventi d’urgenza” che nel gergo dei conti pubblici vogliono dire “manovra correttiva”. Mario Monti, dal canto suo, esprime ”sorpresa eleggera indignazione per le tante espressioni di severa critica al governo che ha impiegato 3 giorni in più del previsto che provengono da quelle forze politiche che hanno provocato questo fenomeno”.

“Le amministrazioni potranno cominciare a pagare i debiti subito dopo la pubblicazione del decreto, che immagino sarà lunedì” ha detto il ministro dell’Economia Vittorio Grilli, spiegando che entro il 30 aprile saranno resi noti “gli spazi finanziari” e entro il 15 maggio la ripartizione delle risorse rispetto alle richieste”. Oltre questi 40 miliardi arriveranno ulteriori tranche “sia in termini di cassa che per le emissioni” con la Legge di Stabilità per il 2014. “Abbiamo 20 miliardi nel 2013 e 20 nel 2014 – spiega il ministro - ma speriamo che le amministrazioni siano così veloci e tutti i pagamenti siano fatti anche in 3 giorni nel 2014”. Dalla pubblicazione nella gazzetta ufficiale del decreto “il governo garantisce il pagamento di debiti per una cifra non superiore ai 2,3 miliardi” ha precisato il ministro. In particolare per il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni “sono stati allocati ai Comuni 5 miliardi di euro, a cui si aggiungono altri 1,4 miliardi che saranno assegnati alle Regioni, le quali poi li trasferiranno a loro volta ai Comuni”.

La priorità è per le imprese, rispetto alle banche: “Noi chiediamo alle amministrazioni un ordine di priorità” nel pagamento dei debiti e questo ordine è “prima le imprese e dopo le banche; e all’interno di queste categoria devono essere pagati prima i debiti più vecchi” e poi quelli più recenti. Il peso “ormai abnorme” dell’arretrato, dice Grilli, “è uno dei nodi principali che ostacolano la ripresa, con effetti diretti sulla liquidità delle imprese”. Il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione sarà effettuato “senza sforare il vincolo del 3% imposto dal Patto di stabilità che potrebbe mettere a rischio l’Italia di sanzioni europee, come richiesto dalle Risoluzioni adottate dalle due Camere il 2 aprile”.

Grilli ha aggiunto che sarà fatta una “verifica dei crediti certi, liquidi ed esigibili”. Questo servirà a programmare le altre trance di intervento e dare certezza di tempi alle imprese creditrici. ”Possiamo introdurre questo maggiore spazio” concesso dall’Ue “unicamente per pagare spese già effettuate nel passato” è ciò “implica che ogni nuova spesa, deve avere nuove coperture”.

Ma nei debiti della pubblica amministrazione, secondo la Cgia di Mestre, non sono conteggiati quelli spettanti alle piccole e medie imprese che porterebbero a un importo complessivo tra i 120-130 miliardi di euro. La Cgia, dopo aver analizzato la Relazione della Banca d’Italia presentata nei giorni scorsi alla Camera, ha scoperto che i 91 miliardi di euro che l’Istituto ha stimato in questo rapporto sono stati calcolati attraverso un’indagine campionaria condotta solo sulle imprese con più di 20 addetti.

“Ciò vuol dire che le aziende con meno di 20 addetti – segnala Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia – che rappresentano il 98 per cento del totale delle imprese presenti nel nostro Paese, non sono state monitorate. Pertanto, i 91 miliardi di debiti in capo della pubblica amministrazione sono decisamente sottodimensionati, visto che non tengono in considerazione gli importi che le piccole e micro imprese devono incassare dallo Stato centrale e dalle Regioni e gli Enti locali. Nonostante siano centinaia di migliaia i commercianti, gli artigiani e i piccoli imprenditori che forniscono materiali o servizi, eseguono manutenzioni o ristrutturazioni in molti Comuni, nelle scuole o negli ospedali, a queste imprese – spiega – non è riconosciuta nemmeno la dignità statistica”.
mariok

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Mi sembra la stessa storia degli esodati!
camillobenso
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Quei buchi neri da sanare in fretta

(Tito Boeri).
07/04/2013 di triskel182

Sulla carta è la più grande manovra espansiva degli ultimi dieci anni.

Ma il suo impatto sull´economia sarà purtroppo limitato perché è ancora troppo lungo e macchinoso l´iter con cui verranno saldati i debiti della pubblica amministrazione.

E anche perché si guarda solo all´indietro, a come erogare quanto ad oggi dovuto alle imprese, anziché a impedire che nuovo debito occulto si accumuli in futuro.


Per essere più rapidi nel liquidare crediti e per impedire che il problema torni a riproporsi bisognerebbe aggredire le inefficienze della nostra amministrazione pubblica, imporre alla tecnocrazia dei ministeri e degli enti locali di stilare i bilanci secondo quanto previsto dalla legge e abolire il federalismo contabile impostoci dalla Lega, quello che permette ad ogni Regione di stilare un bilancio diverso da quello delle altre Regioni e soprattutto poco trasparente.


Difficile che un esecutivo dimissionario possa far fronte a un compito così gravoso.

Improbabile che se ne vogliano far carico i politici che hanno negli ultimi dieci anni permesso che si accumulasse debito occulto per più di 100 miliardi e che oggi se la prendono con chi sta faticosamente cercando di affrontare il problema.


Ha fatto bene il presidente del Consiglio ieri a denunciare l´ipocrisia di chi, sentendosi in campagna elettorale, invoca quei pagamenti immediati che non ha mai attuato quando era al governo e c´erano le condizioni macroeconomiche per saldare i debiti pregressi accumulati peraltro in buona parte sotto la sua gestione.


Il decreto varato ieri dal Consiglio dei ministri doveva affrontare contemporaneamente tre problemi.


Il primo era quello di mettere in sicurezza i conti pubblici, rassicurando i mercati onde evitare effetti negativi sullo spread.


Molto importante in questo contesto che la Commissione Europea desse un sostegno nei fatti all´operazione, sospendendo la procedura per disavanzo eccessivo nei confronti del nostro Paese.


Il secondo problema era quello di procedere il più rapidamente possibile con la liquidazione dei crediti, per dare impulso all´economia, senza però perdere di vista la necessità di assicurarsi che le amministrazioni pubbliche siano poi in grado di restituire i soldi che lo Stato sta loro prestando.

Il terzo problema era quello di assicurarsi che i soldi arrivino davvero alle imprese e che le amministrazioni pubbliche paghino d´ora in poi i fornitori in maniera trasparente ed entro i 30 giorni previsti dalla direttiva europea.


Le misure adottate ieri sono efficaci sul primo aspetto, molto meno sul secondo e affrontano il terzo solo con riferimento al debito accumulato, invece che preoccuparsi dei flussi futuri di pagamenti. Vediamo perché.



Per beneficiare della sospensione della procedura di disavanzo eccessivo, il nostro Paese deve riportare il rapporto fra deficit pubblico e pil sotto il 3 per cento.


Mentre i 40 miliardi sbloccati ieri andranno tutti ad aumentare il debito pubblico, solo una parte di questi peserà sul deficit: si tratta delle spese in conto capitale (per esempio investimenti in infrastrutture) delle amministrazioni locali, che vengono oggi contabilizzate in termini di cassa e non competenza (ciò che conta per i parametri europei).


Ci sono poi spese che non sono mai state iscritte a bilancio e che ovviamente, se riconosciute, farebbero lievitare il deficit.


Come candidamente confessato ieri dal ministro Grilli, nessuno sa oggi quantificare a quanto ammontino le spese infrastrutturali da liquidare, figuriamoci le poste fuori bilancio.



Il governo però si è impegnato a monitorare tutti crediti liquidati e ad assicurare che nel 2013 non più di 7 miliardi e mezzo vadano a ciò che fa aumentare il disavanzo.



Nel caso si sforasse, a settembre l´esecutivo in carica dovrà comunque trovare un modo per coprire spese al di sopra di questa soglia, in modo tale da non far aumentare il disavanzo più di 7 miliardi e mezzo.


Questa somma è esattamente la cifra che porta il nostro deficit dal 2,4 del pil, stimato dal governo in assenza del provvedimento varato ieri, al 2,9 per cento, dunque appena al di sotto di quanto ci impone la Commissione.



Il prezzo di queste garanzie offerte all´Europa è che qualora si scoprisse che il disavanzo sta aumentando di più, il governo a settembre potrà dilazionare ulteriormente i pagamenti, spostandone una parte sul 2014.


Questo però è in contraddizione con l´intento di dare fin da maggio di quest´anno tempi certi di pagamento a tutti i creditori selezionati come beneficiari dei 40 miliardi, il che ci porta al secondo problema.


Per avere effetti importanti sul rilancio della nostra economia, sarebbe stato importante liquidare i crediti rapidamente.


Non solo perché ci sono molte imprese che rischiano altrimenti di chiudere, ma anche perché solo concentrando questa immissione di liquidità nel sistema in un arco di tempo ristretto si possono avere effetti significativi sul rilancio della nostra economia.


Purtroppo non sarà così. Le procedure di erogazione sono state velocizzate rispetto alla bozza che avrebbe dovuto essere approvata nel Consiglio dei ministri di mercoledì scorso.



Ma rimangono comunque complesse. Solo i Comuni che hanno già in cassa le risorse necessarie potranno pagare con una certa celerità, ma essendo le amministrazioni più virtuose spesso le stesse che hanno impegni per infrastrutture anziché spesa corrente, dovranno comunque sottostare al vincolo dei 7 miliardi e mezzo.


Gli altri Comuni dovranno indebitarsi sottoscrivendo contratti con la Cassa Depositi e Prestiti, a tassi elevati (gli attuali rendimenti dei Btp quinquennali). Sono norme che garantiscono lo Stato che presta ai Comuni, piuttosto che le imprese destinatarie dei pagamenti in quanto amministrazioni decentrate avranno scarsi incentivi a indebitarsi con lo Stato, temendo anche di finire nella “lista nera” dei Comuni soggetti a monitoraggio.


In ogni caso, anche nella migliore delle ipotesi, i 40 miliardi verranno interamente liquidati non prima del settembre 2014.


Inoltre per saldare i 50 miliardi e più di debito residuo, si conta di utilizzare le stesse procedure di certificazione che hanno sin qui fallito: meno di un decimo delle amministrazioni locali ha certificato i propri debiti da inizio 2013 anche perché non aveva nessun incentivo a farlo.


Il nodo di fondo che i controlli e le procedure farraginose si impongono perché nessuno oggi sa a quanto ammontino davvero i debiti commerciali della pubblica amministrazione verso le imprese. Si teme così che, aprendo uno spiraglio, ci si infili dentro di tutto.


Per accelerare i pagamenti e per evitare che nuovi debiti si accumulino in futuro bisognerebbe ridurre il disordine amministrativo e contabile delle nostre amministrazioni pubbliche.


La sensazione è che, in non pochi casi, debiti occulti siano stati accumulati sottoscrivendo contratti con privati, specie nella sanità, senza neanche rendersi conto degli impegni di spesa che si finiva per prendere.


E una delle ragioni per cui la certificazione ha fallito è che si scontra con l´incapacità di molte amministrazioni di ricostruire i propri bilanci.


C´è poi l´opacità contabile attivamente ricercata e quella permessa dal federalismo che oggi consente ad ogni Regione di avere un bilancio diverso.
Solo affrontando questi problemi si potrà davvero accelerare non solo sulla carta i pagamenti della Pa, riducendo l´incertezza per chi fa impresa, il peggior nemico degli investimenti.


Per riformare la macchina dello Stato e per imporre un sistema di contabilità locale trasparente, che responsabilizzi agli occhi degli elettori chi gestisce le risorse pubbliche, ci vuole però un governo nel pieno delle sue funzioni.


Bene che ci pensi chi oggi vuole tenere in vita un governo dimissionario mentre a parole sostiene la causa della trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche.
Da La Repubblica del 07/04/2013.
paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da paolo11 »

https://www.youtube.com/watch?v=D8os8TG2hbM
Servizio pubblico.Dal 23,6 Professoressa
Ciao
Paolo11
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Tg3 –ore 19,00

Dovere d’informazione o bollettino di guerra???
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Un Paese al collasso in tutti i sensi

*

Taranto, cimitero fermo per inquinamento: “Vietato seppellire i morti a Tamburi”
Il sindaco Stefano blocca l'attività a San Brunone, area a ridosso dell'Ilva, per la concentrazione di sostanze inquinanti nella terra. In attesa che la società che gestisce il camposanto si doti delle attrezzature adatte, alle famiglie restano le celle frigorifere o "l'emigrazione" verso altri cimiteri. Domani nuova manifestazione dei cittadini
di Francesco Casula | 6 aprile 2013
Commenti (33)



A Taranto l’inquinamento uccide. E impedisce persino di seppellire i morti.

Nella città dei veleni, dove secondo i dati dello studio Sentieri diffusi dal ministero della Salute si muore di più a causa del disastro ambientale, non si può più riposare nella ”nuda terra”. Perché è inquinata. Le analisi richieste dal comune ionico a ottobre 2012 e consegnate da Arpa Puglia a febbraio scorso hanno infatti confermato la presenza di un cocktail letale di agenti nocivi: diossina, benzoapirene, ma anche berillio, mercurio e nichel hanno contaminato i terreni del cimitero san Brunone, situato proprio ai piedi delle ciminiere dell’Ilva e a pochissimi metri dal parco minerali dello stabilimento dal quale ogni anno, secondo le perizie del tribunale, si diffondono in maniera incontroilata circa 700 tonnellate di polveri.

Il Comune, quindi, ha cercato di correre ai ripari. In attesa delle bonifche che ora sono di stretta competenza del Commissario straordinario nominato dal Governo, Alfio Pini, e delle quali al momento non sembra esserci alcuna traccia, l’ente amministrato dal sindaco Ippazio Stefano ha dovuto rinviare le riesumazioni in attesa che il personale della società cooperativa “L’ancora” che si occupa dei servizi cimiteriali, si doti dei dispositivi di sicurezza. Il comune ha già sollecitato l’azienda affinché vengano forniti ai necrofori abbigliamento e altri strumenti di sicurezza capaci di impedire qualunque contatto con il terreno. Un’operazione, tuttavia, che la cooperativa non sembra in grado di realizzare in tempi brevi. Ma nel frattempo cosa accade a quanti hanno chiesto di riposare sottoterra? Le possibilità sono due: aspettare in una cella frigorifera al costo di sei euro al giorno oppure “emigrare” – al Sud non capita solo ai vivi – verso un altro camposanto. ”Il comune – spiega al fattoquotidiano.it l’assessore all’ambiente Vincenzo Baio – ha fatto tutto ciò che poteva fare. Tenga presente che nella stessa relazione Arpa erano contenuti i dati dei giardini della scuola Deledda e anche lì abbiamo fatto transennare i terreni e siamo intervenuti per garantire la sicurezza dei bambini”.


Ma l’interdizione dei terreni del cimitero è solo l’ultima misura di sicurezza al quartiere Tamburi. Il sindaco Stefano, infatti, aveva già vietato con due ordinanze del 2010 e del 2012 l’accesso alle aree verdi “non pavimentate” dell’intero rione. Una decisione presa, anche allora, dopo una serie di indagini dell’Arpa che il sindaco definì all’epoca “un atto di prevenzione per dimostrare che i controlli a tutela dei cittadini sono costanti”. La città intanto si prepara alla nuova manifestazione ambientalista fissata per domani.


Dopo i circa quindicimila manifestanti scesi in piazza il 15 dicembre scorso, i movimenti contro l’inquinamento sperano ora in un secondo successo numerico. Un’iniziativa organizzata per sostenere la magistratura ionica nella sua inchiesta contro i vertici aziendali dalla cosiddetta legge “salva Ilva” varata dal Governo Monti e su cui il prossimo 9 aprile si dovrà esprimere la Corte costituzionale. Una norma ritenuta dai magistrati incostituzionale perché oltre a concedere all’azienda della famiglia Riva la possibilità di commercializzare prodotti sequestrati, annienterebbe completamente il diritto alla salute concendendo all’Ilva una cappa di 36 mesi di ‘impunità’ dalle norme penali e processuali.
Il prossimo 14 aprile l’intera cittadinanza sarà chiamata ad esprimere attraverso un referendum consultivo il proprio parere sulla chiusura parziale o totale della fabbrica Ilva dalla quale, secondo i periti del gip Patrizia Todisco, “si diffondono malattia e morte”. Un referendum che spaventa e divide ancora di più una città già inesorabilmente lacerata tra salute e lavoro.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Questi sono i dati che contano



Lavoro, nel 2012 oltre 1 milione di licenziamenti: aumento del 14%
I dati del ministero del Lavoro: nel solo ultimo trimestre i rapporti di lavoro interrotti sono stati oltre 329mila con un incremento del 15%. Nello stesso periodo le nuove assunzioni sono state poco più di 2,2 milioni con un calo del 5,8%
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 7 aprile 2013
Commenti (455)

Oltre un milione di licenziamenti nell’arco del 2012. Sono cifre del sistema delle comunicazioni obbligatorie del ministero del lavoro. I licenziamenti durante l’anno scorso hanno raggiunto quota 1.027.462, con un aumento del 13,9% rispetto al 2011 (quando sono stati 901.796). Nel solo ultimo trimestre sono stati 329.259 in un aumento del 15,1% sullo stesso periodo 2011. Nell’intero 2012 sono stati attivati circa 10,2 milioni di rapporti di lavoro a fronte di quasi 10,4 milioni cessati, nel complesso, tra dimissioni, pensionamenti, scadenze di contratti e licenziamenti. I licenziamenti registrati nel periodo riguardano sia quelli collettivi, sia quelli individuali (per giusta causa, per giustificato motivo oggettivo o soggettivo).

Tornando al quarto trimestre del 2012, le nuove assunzioni (in termini di rapporti di lavoro attivati, dipendenti o parasubordinati) sono state oltre 2,2 milioni (2.269.764), con un calo del 5,8% rispetto allo stesso trimestre del 2011. Assunzioni che corrispondono a poco più di 1,6 milioni (1.610.779) di lavoratori interessati, in ampio decremento: l’8,2% in meno rispetto al quarto trimestre del 2011, con valori negativi maggiori tra i giovani (-13,9% e -10,9% rispettivamente tra i 15-24enni e i 25-34enni). I lavoratori over-55, tra i 55 e i 64 anni registrano un leggero incremento (+0,4%), mentre più sostenuto è l’aumento, sempre rispetto allo stesso periodo dell’anno prima, degli ultrasessantacinquenni interessati da un nuovo rapporto di lavoro (+7,6%). Infine, sempre nel quarto trimestre del 2012, in totale i rapporti di lavoro cessati sono stati poco più di 3,2 milioni (3.205.753), con una leggera diminuzione (-0,2%) rispetto al quarto trimestre 2011.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04 ... 14/554327/
paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da paolo11 »

Per le imprese nuova scure: la “tassa” sui licenziamenti
L’Inps ha inviato la circolare: 483 euro all’anno per ogni dipendente “cassato” Mobilità per 1560 nel 2012, quest’anno 1000 apprendisti non confermati
Mentre i dipendenti perdono il lavoro, e le imprese perdono lavoro, dipendenti e ditta, arriva con effetto retroattivo da gennaio quella che già è stata soprannominata “la tassa sul licenziamento”.
Con la nuova “legge Fornero” il datore di lavoro che licenzia (anche per crisi) è obbligato a versare all’Inps il 41% della nuova assicurazione per disoccupati Aspi, che sostituirà la cassa integrazione. Un freno ai licenziamenti facili. Ma in tempi di crisi una mazzata.
La legge fa base su uno stipendio di 1180 euro. La contribuzione Aspi per un lavoratore a tempo indeterminato, che ha lavorato per molti anni nell’azienda, non può superare i 3 anni, ma nemmeno essere inferiore. Quindi il datore di lavoro per ogni licenziato da gennaio in qua dovrà pagare 483 euro se il suo dipendente ha lavorato per un anno, o 1451 euro se il rapporto di lavoro era di lunga durata (tre anni o più).
L’Inps il 22 marzo ha spedito la circolare esplicativa, la numero 44. I datori di lavoro sono obbligati a pagare. Ma quanto? Per quanti? Le statistiche sul lavoro sono molteplici, su tutta la selva oscura dei contratti in cui ci si dibatte con tanto affanno. Ma quanti siano i “licenziati” non lo sa esattamente nessuno (c’è il dato nazionale: + 8,8%, pari a oltre 18 mila persone, nel terzo trimestre 2012 rispetto al corrispondente periodo 2011).
Adriano Sincovich, segretario provinciale Cgil, il conto però lo fa molto presto: «Nel 2012 a Trieste ci sono state 1561 “mobilità”, e queste equivalgono a licenziamenti, sommando tutte le altre tipologie arriviamo a 2500-2600 licenziamenti». Enrico Eva, segretario generale di Confartigianato, ricorda i «300 licenziati per chiusura di imprese edili da ottobre 2012 a gennaio 2013».
Dunque non c’è solo il problema dei licenziati, ma anche dei datori di lavoro, che nel fragile tessuto della media e minima impresa triestina sono già alla disperazione, tra mancati pagamenti e banche. Dice Eva: «Il provvedimento riguarda anche circa 1000 apprendisti a Trieste che nel 2013 non sono stati confermati, per difficoltà economica, a tempo indeterminato. Anche per loro le aziende dovranno pagare 483 euro per ogni anno di servizio». E qui ci sono dunque altri 483 mila euro da versare allo Stato, anzi di più: l’apprendistato dura anche 3-4 anni. E in più la beffa: «L’apprendista non ha diritto all’Aspi, ma il datore deve pagare questa contribuzione lo stesso. I nostri iscritti credono di non aver capito bene... E invece è proprio così». Lo sconforto dilaga.
Infine non è stato confermato, come pareva, che i licenziati da azienda con meno di 15 dipendenti hanno diritto alla mobilità, e di conseguenza chi assume attingendo a quelle liste ha uno sconto sui contributi. Retroattivamente, è stato detto che non era così. «Pertanto - dice Eva - chi ha appena assunto con certe aspettative, ora dovrà pagare i contributi interi e pure gli arretrati da gennaio, e certo non potrà licenziare, anche perché altrimenti gli toccherebbe di pagare il 41% dell’Aspi... Mettiamo uno stipendio medio di un metalmeccanico artigiano di quarto livello (specializzato), il suo lordo mensile è di 1100 euro. Se assunto dalle liste di mobilità, il contributo per il datore di lavoro è di 120 euro al mese, se invece è intero passa a 296, più del doppio». Il ministro Fornero ha appena emesso una circolare: a parziale sanatoria, 190 euro al mese al datore di lavoro in questa situazione, fino alla fine del fondo stanziato, che per tutta Italia è di 20 milioni di euro.
http://ilpiccolo.gelocal.it/cronaca/201 ... -1.6789344
.................................................................................................................................................................
Ciao
Paolo11
camillobenso
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La mano (fallimentare) della politica.
07/04/2013 di triskel182


Un’inchiesta giornalistica è la paziente fatica di portare alla luce i fatti, di mostrarli nella loro forza incoercibile e nella loro durezza. Il buon giornalismo sa che i fatti non sono mai al sicuro nelle mani del potere e se ne fa custode nell’interesse dell’opinione pubblica.

Giuseppe D’Avanzo



Torna Report, e torna in un momento delicato della storia delle nostre istituzioni.

Non abbiamo un governo, anzi, quello che c’è è dimissionario e non vede l’ora di andarsene.

Il nuovo parlamento, nuovo come elezioni e come rinnovamento degli eletti, è fermo nell’attesa di un governo che non si riesce a vedere all’orizzonte.


Il presidente della Repubblica è a fine mandato e, per prendere tempo (visto l’insuccesso del mandato esplorativo a Bersani), ha nominato due comitati di saggi, per delle proposte in ambito economico e istituzionale.


Siamo in crisi, lo sappiamo tutti.

Calo dei consumi, disoccupazione, desertificazione industriale, fuga dei cervelli, tasse in crescita e stipendi al palo.

Una burocrazia rimasta agli anni ’80 in un mondo dove la gente prende le notizie su Facebook.


Un sistema di gerontocrati che, quando parlano, non si riescono a capire. Anzi, parlano solo a loro stessi e ai loro pari, in difesa dei loro interessi e delle loro poltrone .




Più o meno tutti, se siamo onesti intellettualmente, sappiamo cosa si dovrebbe fare.





Rendere trasparenti i bilanci di tutte le amministrazioni; togliere dalla politica le nomine dentro le partecipate e le controllate pubbliche, la sanità.

Rendere trasparenti gli atti degli appalti ed eliminare (per una questione di opportunità) i casi di conflitto di interesse.

Tagliare i costi della politica, che non vuol dire solo gli stipendi: sono le auto blu, i vitalizi e i benefit, le pensioni d’oro e gli stipendi d’oro, i rimborsi elettorali e i fondi ai gruppi di partiti nelle regioni.

Far diventare i partiti degli enti privati con un bilancio da presentare e far validare ogni anni.



Report è una delle trasmissioni che, meglio di altre, ha saputo fare luce sui problemi del nostro paese: le banche (MPS, BPM..), i giornali, i costi della politica, le aziende di stato (il caso Eni, che ha portato ad una richiesta di risarcimento da parte dell’azienda per danno di immagine), le authority, la sanità privata (e il ruolo di Cl nella sanità lombarda) …



Sarebbe stato sufficiente che la politica, anziché mettere mano alle cause civili, avesse preso spunto dalle inchieste, per le loro scelte.




Altro che saggi, commissioni speciali, tecnici che chiamano altri tecnici per capire come tagliare i costi della politica.



Speriamo che questa stagione di Report porti buoni consigli a chi di dovere, perché alla fine, siamo noi cittadini che paghiamo per questa mala gestione.


Dice il neo procuratore antimafia, all’incontro di Barletta, riferendosi al governo dei tecnici (appoggiato dalla strana maggioranza) “invece di tagliare i costi della corruzione e dell’evasione – che ci costano 180 miliardi di euro l’anno – taglia i costi dello stato sociale, che viene smantellato con le privatizzazioni all’italiana, cioè un’altra declinazione della legalità possibile in Italia: svendere sottocosto, a cordate di privati industriali, che poi rivendono con plusvalenze miliardarie, o socializzando le perdite e privatizzando i profitti, come nel caso Alitalia”.

È un caso che un procuratore come Scarpinato, che diversamente da altri, mette in luce il rapporto tra criminalità (organizzata, politica, economica) e crisi sia sotto accusa per le sue affermazioni?
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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@mariok



mariok
Oggetto del messaggio: Re: Grillo è un COMICO ...certo! Ma... gli ALTRI?
Inviato: 03/04/2013, 15:04

camillobenso ha scritto:
Quando il forum diventa solo e mero sfogatoio.


Qualunque opinione, analisi, citazione, può essere definita uno sfogo.

Anche il richiamo continuo ad un'improbabile guerra civile può esserlo.


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Sto vedendo Piazzapulita, con il collasso in corso del sistema produttivo.

Tutto è iniziato molto prima dal 13 novembre 2008,


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gi.bo.
Oggetto del messaggio: ..... e quando le fabbriche chiuderanno ......
Inviato: gio nov 13, 2008 22:13 pm

LA crisi avanza

E’ alle porte una recessione: che fare?

TORINO: MICHELIN 600 A CASA. A fine 2009 la Michelin di corso Romania chiuderà la produzione di pneumatici per auto: seicento addetti senza lavoro. La Michelin assicura che nessun lavoratore finirà in mezzo alla strada ma l'ansia è tanta.

La crisi reale nel torinese è fatta di cassa integrazione (Fiat in testa) e fabbriche che chiudono una dopo l'altra. La crisi produce ansia per il futuro, perdite di produzione. Tanti sacrifici di questi operai, turni massacranti per venire incontro alle esigenze aziendali e salvare il posto di lavoro. Per millecento-milleduecento euro con gli straordinari. Ora la speranza si è spenta.

Fabbriche che chiudono
Fabbriche che chiudono. Il declino del settore tessile nella Piana Rotaliana. ... provincia di Treviso, dopo una brutta crisi, da qualche anno si presenta ...

Renault chiude «quasi» tutte le fabbriche per una o due settimane ...

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Sito del Sindacato dei Lavoratori intercategoriale - Francia ...
Chiude anche la sola fabbrica Ford in francia: cassa integrazione dal 24 ottobre al 5 ... avesse anticipato l’entità della crisi, che da finanziaria sta ...

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Francia, chiudono le fabbriche. Chiudono le fabbriche. Renault, Peugeot e Ford fermano tutti gli impianti per due settimane. Licenziati a pioggia La crisi ...

E Laura Ashley in crisi chiude due fabbriche
E Laura Ashley in crisi chiude due fabbriche ....

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22 ott 2008 ... Renault chiude «quasi» tutte le fabbriche per una o due settimane ... Golf VI, l 'auto che Volkswagen non può sbagliare ...

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5 nov 2008 ...Fabbriche che chiudono | Liquida share this
Altri post: Fabbriche in crisi, “il 2009 sarà durissimo”, LE FABBRICHE ... piemonte.indymedia.org Fabbriche che chiudono provincia di torino...

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28 ott 2008 ... Whirlpool licenzia, ma non chiude nessuna fabbrica ... Non si pensi a una crisi momentanea che rientrerà in pochi mesi. Ne avremo almeno per ...

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Chiude fabbrica di giocattoli, 6500 senza stipendio ... il "nuovo miracolo italiano", che fine hanno fatto il milione di posti di lavoro e meno tasse per. ...

risis - Il Forum • View topic - VITA REALE
Se senti il tiggì regionale, ogni sera c'è una fabbrica che chiude, o mette in cassa, o per lo meno è in crisi. Non di dimensioni così grandi da finire sui ...

Crisi, in Toscana è peggio che dopo l'1 1 settembre
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30 ott 2008 ... Leggendo i quotidiani locali scopro che un'altra fabbrica chiude. Ieri un'altra aveva annunicato la mobilità per tutti i suoi lavoratori. ...

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9 ott 2008 ... Una decisione improvvisa, ma subito motivata dal Gruppo dalla ristrutturazione prevista per la storica fabbrica delle Guzzi che ha ...

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15 ott 2008 ... Quel che vuol sapere è se la crisi ha davvero toccato il fondo, ... negozi vuoti , uffici e fabbriche che chiudono, povertà visibile, ...

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22 set 2006 ... nuova crisi Steilmann in-. globando sia la forza lavo-. ro che i rappresentanti. In- ... per l’uso dei «muletti» nelle fabbriche ...

Le imprese coreane fuggono dalla Cina
Seoul interviene per evitare una crisi diplomatica. Chiudono anche migliaia di ... che chiudono le fabbriche in Cina senza pagare dipendenti, né fornitori. ...

Motorola, Fiat, Dayco, Michelin, Bertone, Pininfarina: i nomi ...
6 nov 2008 ... Ci sono i francesi della Michelin, la multinazionale delle gomme, che chiude a Torino per, almeno, ricollocare a Cuneo ed Alessandria. ...

Chiude la Mivar del "vecchietto". - Crisis
Mivar è una azienda vecchissima e in crisi da anni e Vichi è un conservatore che non ha mai innovato. Capisco la simpatia per un personaggio strano ma ...

Positanonews Il quotidiano di Positano della Costiera Amalfitana e ...
Il calo degli occupati ha toccato le fabbriche, che hanno perso 51.000 posti ... crisi Immobiliare alla crisi finanziaria passando per la Globalizzazione

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Dalla Oli.it alla Finmek, passando per Delverde. Le imprese chiudono e 8 .... salotti sembra in crisi, con il picco di 15 fabbriche che hanno dovuto ...

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7 set 2007 ... Sono costretti a vendere le loro braccia ad un padrone che per .... una fabbrica con quasi 400 operai che nel giro di pochi mesi chiude per ...

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Dopo aver diviso il sindacato, come pensa affrontare Silvio I questi problemi? e quelli che si presenteranno nel prossimo fututo?

Piu' che mai ora si aveva bisogno di unita' sindacale.

Piu' che mai ora si doveva aver bisogno di concertazione.

Credo che questa scelta non giovera' per niente allo stesso governo.

Avrei piacere,a questo punto sentire l'opinione anche dell'Infiltrato come pure dal suo amico "di merende". Per capici, dall'Angioletto.


un salutone....da incazzato


Ultima modifica di Ospite il ven nov 14, 2008 01:58 am, modificato 3 volte in totale.

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UncleT

Oggetto del messaggio:
Inviato: gio nov 13, 2008 23:14 pm


Le aziende che sono saltate al 31 ottobre 2008 sono 337.000.

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^^^^Ho posto più volte, in questo ultimo mese, la domanda su come potranno campare le famiglie dei prossimi licenziandi.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
^^^^

Un milione, secondo Tremonti.

Come potranno fare per sopravvivere?

1) Andranno a rubare

2) Spacceranno droga

3) Si dedicheranno alla prostituzione

4) Si dedicheranno ai sequestri di persona


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camillobenso
Oggetto del messaggio: Re: La Questione Monti
Inviato: 13/04/2012, 21:40

Ultima spiaggia.


Nino Manfredi vedeva nudo nel film di Dino Risi del 1969. Io invece vedo nero da undici anni, da quando è ritornato al governo l’omino di Hardcore.

Il tempo è galantuomo e adesso, a meno di quel 24,9 % dello zoccolo duro del Pdl, il resto dell’Italia vede nero.

Da LeG annunciano: Il momento è grave.

Ha scritto Bruno Tinti:

Tutto questo, a mio parere, significa che il governo deve avere più coraggio e smetterla di correre dietro a presunti veti incrociati. Tanto, come dicevo, sono chiacchiere. L’asta delle frequenze, la riforma della giustizia, i tagli alla politica (finanziamenti ai partiti, stipendi ai politici, abolizione di Province, accorpamento di Comuni) sono tutte cose che il governo Monti può fare benissimo; tanto lo sanno tutti che quando spiumi un pollo questo strilla. Ma poi lo spiumi lo stesso.

Tinti tratta solo una minima parte di quello che Monti avrebbe dovuto fare.

Negli ultimi quattro mesi sto chiedendo a tutti coloro che si occupano di politica, anche di striscio, “come se ne viene fuori da questa situazione”.

Nessuno è in grado di dirlo, vedono tutti nero.

Se poi gli fai l’elenco delle cose che dovevano essere fatte concordano, ma aggiungono subito che non si può fare perché si toccano determinati interessi (La paraculata di ABC sul finanziamento pubblico dei partiti docet).

Però Tinti sostiene il contrario.

E’ stato Massimo Riva, lo storico giornalista economico de La Repubblica, l’altro giorno, ad ipotizzare che probabilmente Monti si è mangiato la manovra di dicembre non avendo provveduto a far partire i provvedimenti per l’economia.

Diciamo che è la scoperta dell’acqua calda perché Monti ha sbagliato completamente la manovra.

Sempre Riva sostiene che Monti ha scelto di agire per piccoli passi, prima l’austerità poi la crescita.

A questo punto sorge un grossen dubbien. Ma Monti è veramente all’altezza della situazione, oppure in molti gli hanno tappato la bocca imponendogli di agire e di limitarsi solo ad intervenire in determinati settori?

Qualunque sia la motivazione il risultato non cambia,….. la situazione è grave.

I dati economici del 2012 tutti con il segno meno non devono stupire nessuno, è la diretta conseguenza del “teorema Tinti”.

Ciò che stupisce, allarma e preoccupa, è l’affermazione del premier in Estremo Oriente.

<<La crisi è superata,..ora possiamo rilassarci>>

Superata la crisi????? Ma cosa gli ha preso a Monti ??? E’ affetto dal morbo di Berluskausen che prima di una settimana dal suo allontanamento da Palazzo Chigi raccontava ancora in pubblico che in Italia si stava bene, che alberghi, ristoranti, luoghi di villeggiatura erano pieni e che occorreva prenotare per poter usufruire del trasporto aereo?

Dieci giorni dopo quando si trovava in Egitto è stato completamente smentito dagli eventi.

La crisi economica peggiora e lo spread, il termometro attuale per misurare la febbre degli stati, segnala che tutto sta tornando ai livelli di quale mese fa. Tutto da rifare.

Il Prof. Monti cercando una via difensiva d’uscita ci fa sapere che lo spread è una cosa complessa che dipende da vari fattori.

Alla buonora, ha ragione, ma questo deve valere sempre e non solo quando si devono mettere a tacere i merli per ragioni di comodo.

Sostanzialmente lo spread è condizionato da :

1) Stato dell’arte di una singola nazione
2) Stato dell’arte di un singolo continente (nel nostro caso da quanto succede in Europa, vedi Spagna, Portogallo, Grecia.)
3) Da eventi economico-finanziari (Il balzo improvviso dell’altro giorno era dovuto alle difficoltà economico-finanziare di Usa e Cina)

Sui punti 2) e 3) non possiamo farci assolutamente nulla, sul punto 1) si.

Occorre poi chiarire una volta per tutte cosa pretendono gli investitori.

Chi intende investire comprando il nostro fabbisogno lo fa con la speranza – certezza che alla scadenza dei titoli possa riportare a casa quanto investito più l’interesse.

Diventa quindi evidente che i titoli a medio termine di tre anni, o quelli di lungo termine di cinque e dieci anni sono classificati titoli ad alto rischio.

Lo spread tra i bond italìoti e i bund tedeschi è salito da quota 200 del mese di settembre del 2011 a 580 del mese di dicembre, solo e soltanto perché i provvedimenti economico-finanziari dei due Bibì & Bibò della politica italiana, Berlusconi e Tremonti, non sono stati in grado di prendere quei provvedimenti di risanamento tali da non fare fallire l’Italia.

I mercati che a queste cose sono attentissimi, hanno bocciato in continuazione tutti i provvedimenti della strana coppia, anche quelli da 56 miliardi di tasse e 27 miliardi di taglio spesa.

Lo spread è salito vertiginosamente solo per questo motivo.


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Da espansione
L’essenza delle cose
(rivista mensile)
N° 4 aprile 2013


Credit crunch

Il grido delle imprese in agonia : << Banche sempre più tiranne: questione di mesi e sarà la catastrofe>>.

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Questa è la realtà descritta in questi anni.

La puntata di Piazzapulita ha raccontato la fine del percorso di quasi 5 anni.

Se non l’hai vista, caro mariok, domani quando sarà disponibile in rete la pubblicherò, perché è uno degli ultimi segnali prima del crollo finale.


Pensi che citare che il possibile crollo con la conseguenza di una guerra civile possa essere uno sfogo?

Qualunque opinione, analisi, citazione, può essere definita uno sfogo.

Anche il richiamo continuo ad un'improbabile guerra civile può esserlo.
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