quo vadis PD ????
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Re: quo vadis PD ????
Non sono renziano (non essendo liberista) ma la finocchiaro è improponibile e dovrebbe tapparsi la bocca
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: quo vadis PD ????
Si parla di Renzi.
Io lo critico politicamente essendo che la sua linea e` liberista.
Ma lo critico anche come politico, essendo che e` un opportunista.
Detto questo, il PD oggi non starebe in questa gravissima crisi se:
1. avesse fatto politica e campagna elettorale invece di farsi infinocchiare da Monti, prima nel governo e poi in campagna
2. i suoi stessi elettori de' sinistraaa non avessero votato col pisello disperdendo almeno il 10% di consensi su due noti cialtroni
3. in mezzo a questo casino avesse trovato di meglio che proporre i soliti Amato, Marini & Co per compiacere chi? ma lui: Berlusconi!!!!!
4. e in cambio di che gli regaliamo un presidente compiacente? di 6 mesi di governicchio Bersani!!!!!
Ma non era neanche da pensare.
E invece tutti giu` (a partire da Renzi) a dire che il presidente deve essere gradito anche a Berlusconi.
Ma figuriamoci.
Non sorprendiamoci se ci sara` una scissione.
Questa cosa non puo` reggere.
L'ho scritto piu` e piu` volte.
Pagheremo caro, pagheremo tutto.
Tutti i nostri stramaledetti errori.
Ognuno i suoi, compresi quelli che stanno a casa o votano col pisello.
Ciao.
soloo42000
Io lo critico politicamente essendo che la sua linea e` liberista.
Ma lo critico anche come politico, essendo che e` un opportunista.
Detto questo, il PD oggi non starebe in questa gravissima crisi se:
1. avesse fatto politica e campagna elettorale invece di farsi infinocchiare da Monti, prima nel governo e poi in campagna
2. i suoi stessi elettori de' sinistraaa non avessero votato col pisello disperdendo almeno il 10% di consensi su due noti cialtroni
3. in mezzo a questo casino avesse trovato di meglio che proporre i soliti Amato, Marini & Co per compiacere chi? ma lui: Berlusconi!!!!!
4. e in cambio di che gli regaliamo un presidente compiacente? di 6 mesi di governicchio Bersani!!!!!
Ma non era neanche da pensare.
E invece tutti giu` (a partire da Renzi) a dire che il presidente deve essere gradito anche a Berlusconi.
Ma figuriamoci.
Non sorprendiamoci se ci sara` una scissione.
Questa cosa non puo` reggere.
L'ho scritto piu` e piu` volte.
Pagheremo caro, pagheremo tutto.
Tutti i nostri stramaledetti errori.
Ognuno i suoi, compresi quelli che stanno a casa o votano col pisello.
Ciao.
soloo42000
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Re: quo vadis PD ????
una sola precisazione prima di entrare su questo argomento: credo che ormai sia chiaro che personalmente non è' il mio "tipo" di politico che vorrei come PdR ma detto questo non posso accettare che la politica continui a farsi in questo modo.mariok ha scritto:pancho ha scritto:
Quindi, concludo e basta: Piena solidarieta' alla Finnocchiaro
Con la storia della Ikea, Renzi l'ha trattata bene.
Catania, a giudizio il marito della senatrice Finocchiaro
"Abuso d'ufficio e truffa aggravata"
Melchiorre Fidelbo, marito del presidente dei senatori Pd, guida la Solsamb srl. Secondo la Procura, questa società avrebbe ottenuto l'appalto per l'informatizzazione del Pta di Giarre senza gara pubblica
Catania, 24 ottobre 2012 - C'è anche il marito di Anna Finocchiaro fra i quattro rinviati a giudizio nell’ambito dell’inchiesta sulla procedura amministrativa che avrebbe portato, a Catania, all’affidamento senza gara dell’appalto per l’informatizzazione del Presidio territoriale di assistenza (Pta) di Giarre. Il lavoro fu assegnato alla Solsamb srl, società guidata da Melchiorre Fidelbo, marito del presidente dei senatori del Pd.
Tra i rinviati a giudizio per abuso d'ufficio e truffa aggravata Fidelbo, il manager dell’Asp etnea Antonio Scavone, l’ex direttore amministrativo dell’Azienda sanitaria provinciale di Catania Giuseppe Calaciura, e il direttore amministrativo dell’Asp Giovanni Puglisi. Non luogo a procedere per la responsabile del procedimento, Elisabetta Caponetto. I quattro devono rispondere di abuso d’ufficio e di truffa.
Gli avvisi di chiusura delle indagini preliminari erano stati firmati dal procuratore Michelangelo Patanà e dal sostituto Alessandro La Rosa, e sono stati notificati dalla guardia di finanza.
Al centro dell’inchiesta la stipula della delibera 1719 del 30 luglio del 20101 che autorizzava l’Asp di Catania a stipulare un convenzione con la Solsamb per il Pta di Giarre che, secondo l’accusa, sarebbe stata redatta “senza previo espletamento di una procedura ad evidenza pubblica e comunque in violazione del divieto di affidare incarichi di consulenza esterna”, come prevede la normativa regionale.
L’atto, sostiene la Procura, “avrebbe procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale alle Solsamb, consistito nell’affidamento diretto alla società di una prima anticipazione di 175mila euro”, somma “proveniente dalla quota del co-finanziamento Stato-Regione” previsto dalla Finanziaria del 2007. Per la Procura di Catania, Fidelbo, da amministratore unico della Solsamb, concorreva in qualità di “determinatore” o comunque di “istigatore della condotta del Calaciura e del Puglisi, predisponendo l’atto di convenzione allegato alla delibera e proponendo la stipula all’Asp di Catania”.
http://qn.quotidiano.net/cronaca/2012/1 ... ania.shtml
Se questo e' il nuovo che entra, e' meglio tenersi il vecchio .
Per quanto riguarda le faccende del marito a me poco importa. Devo decidere sulla persona che deve coprire il ruolo di PdR anche se capisco che questo può' dar avvio a dei dubbi sopratutto come spesso vengono associati.
Per il discorso della spesa all'Ikea mi vien un po' da ridere pensando quella volta che è' successo a me quando ho portato la moglie a fare alcune sue spese.
Quando l'ho vista in difficoltà con il carrello alquanto ingombrante, mi son proposto a farle una mano cosa che penso sia successo alla stessa Finocchiero quando gli agenti di scorta si sono trovati nella mia stessa condizione.
Poi se vogliamo di tutto questo farne un caso, facciamo pure . Pensavo che questo modo di far politica fosse patrimonio dei Sallustri, Feltri e compagnia cantante. Mi sbagliavo?
Non voto PD ma se si continua così siete i primi a farlo affondare e non noi, soliti rompiballe.
Un salutone da Juan
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: quo vadis PD ????
l’Unità 15.4.13
Un sintetico compendio di quanto doveva fare BersanI
di Enzo Costa
BERSANI DOVEVA VINCERE LE ELEZIONI, E NON LE HA VINTE. Bersani doveva ottenere la maggioranza assoluta alla Camera e al Senato, e l’ha ottenuta solo alla Camera. Bersani doveva dimettersi, mica come Berlusconi nel ’94, che al Senato la maggioranza non l’aveva ottenuta, ma tutti noi commentatori dicevamo in coro che aveva stravinto. Bersani doveva perdere le elezioni, così commentavamo più contenti. Bersani doveva fare una campagna elettorale più combattiva, più riflessiva, più mediatica, più in piazza, più di sinistra, più vicina a Monti. Bersani doveva fare come non ha fatto, a prescindere di cosa dicevamo in quei giorni, e di come ha fatto. Bersani doveva lasciare il posto a Renzi come candidato premier, così il centrosinistra avrebbe vinto. Bersani, per lasciare il posto a Renzi, non doveva fare le primarie, così avremmo detto che non le faceva perché aveva paura. Bersani doveva fare le primarie e perderle. Bersani dove-
va fare le primarie e vincerle, ma poi dimettersi lo stesso. Bersani doveva evitare di parlare ai Cinquestelle in quell’umiliante diretta streaming. Bersani doveva non piegarsi all’arroganza del MoVimento, così avremmo scritto che incarnava la solita sinistra elitaria, che, come già con la Lega, non ascolta chi porta in Parlamento il disagio degli elettori, e non dialoga con gli avversari perché si considera moralmente superiore. Bersani doveva non pretendere l’incarico da Napolitano: in fondo, fra i leader dei tre partiti più grandi, era solo l’unico candidatosi a premier, l’unico non condannato e non processato, quello del partito più votato, e quello con maggioranza assoluta alla Camera e relativa al Senato: e che sarà mai? Bersani doveva fare in un altro modo, in politica e in generale. Bersani più che altro, in sintesi, non doveva.
Repubblica 15.4.13
Il pericolo è l’autodistruzione
di Claudio Tito
C’È QUALCOSA nello scontro che sta dilaniando il Partito democratico che va ben oltre la battaglia per imporre una linea o una scelta. La verità è che nel duello tra Pierluigi Bersani e Matteo Renzi è in gioco anche – e soprattutto – il destino dei due contendenti. Quel che entrambi faranno da grandi. Perché dopo le elezioni della “non-vittoria” si è riaperta di fatto la corsa a Palazzo Chigi.
Enon importa se il nuovo presidente della Repubblica non sia stato ancora eletto né se le urne non siano state ancora convocate. Ogni singola decisione che in questa fase viene assunta, infatti, favorisce o penalizza gli obiettivi dell’uno o dell’altro. La tattica del segretario e quella del sindaco non possono che essere divaricate.
Bersani coltiva ancora l’idea di poter approdare a Palazzo Chigi facendo valere la forza di numeri: la maggioranza assoluta alla Camera e quella relativa al Senato. E si muove cercando di assecondare un passo alla volta il suo disegno. Nel suo partito sta crescendo il numero di persone che lo accusa di voler agevolare la nomina di un capo dello Stato che possa condividere le sue aspirazioni governative. Il dubbio di molti di loro si concentra su un sospetto ben preciso: la volontà di ricevere l’incarico pieno di formare l’esecutivo anche a rischio di non conquistare la fiducia in Parlamento.
Secondo una buona parte del Pd, quel passaggio costituirebbe formalmente una sconfitta e potrebbe essere la premessa per reclamare una seconda chance per la premiership. Il segretario, in sostanza, farebbe valere il suo ruolo di presidente del Consiglio dimissionario per condurre la nuova campagna elettorale. E cogliere forse l’ultima occasione – per una questione generazionale – di portare un ex comunista alla guida di un governo.
Le mosse di Renzi si muovono in senso diamentralmente opposto. Il sindaco fiorentino vuole accelerare per andare a votare il prima possibile. Sicuro di potere essere il nuovo sfidante di Silvio Berlusconi. Convinto di poter sconfiggere l’avversario storico del centrosinistra nella fase declinante della sua parabola politica e di poter approfittare della oggettiva contrazione dei consensi a favore del Movimento 5Stelle. Anche perché i grillini hanno mostrato limiti consistenti nel personale politico approdato in Parlamento e nella capacità di elaborare una linea politica non solo produttiva per il Paese ma semplicemente condivisa dagli oltre 150 deputati e senatori eletti. Per questo, Renzi è pronto anche a spaccare il suo partito pur di ritrovarsi al Quirinale un uomo che – a suo dire – non si faccia condizionare dall’attuale vertice dei democratici. Un “garante” non solo delle Istituzioni e del Paese, ma anche della contesa in corso nel Pd. Il suo cannone puntato contro Marini e contro la Finocchiaro rappresenta la prima mossa di una campagna elettorale già avviata e che per lui non può che avere come caposaldo il rinnovamento della politica. O più semplicemente la “rottamazione” della precedente classe dirigente. Il primo tassello, dunque, di una “corsa” in cui i nemici sono due: il Cavaliere e l’antipolitica di Beppe Grillo.
Ma il punto è proprio questo: la “guerra democratica” contiene al suo interno un rischio che entrambi sembrano sottovalutare. Ossia la distruzione dello stesso centrosinistra. E anche la fiches giocata in questi giorni da Fabrizio Barca sembra in primo luogo
il modo, per il gruppo che più si sente legato alle radici dell’ex Pci, di fermare l’avanzare del sindaco di Firenze. Bersani e Renzi non si parlano, sempre più pronti a guardarsi come nemici. Un errore. Nemmeno la Dc delle molteplici correnti ha mai anteposto lo scontro personale alle sorti del partito. Ieri il “rottamatore” si è sfogato con alcuni esponenti del Pd dichiarandosi pronto a fare un definitivo passo indietro: «Se volete Barca, se pensate che lui possa battere Berlusconi io mi faccio da parte in buon ordine. Ma mi sono stancato di essere trattato come un appestato». Ovviamente si tratta solo di un modo per tenere alta l’asticella della trattativa. Ma lo strappo tra Bersani e Renzi con il passare del tempo sembra sempre più dilatato e quasi incomponibile. Si avvicinano alla battaglia finale – che comunque nel giro di un anno ci sarà – esponendo il lato più debole del centrosinistra. Quello che potrebbe restituire a Berlusconi la settima chance di vincere le elezioni.
Repubblica 15.4.13
“Non basta la fede per salire al Colle”
di Matteo Renzi
“Non basta essere cattolici per il Colle serve un garante per tutti gli italiani”
CARO direttore, nel delicato puzzle che i partiti stanno componendo per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica torna in queste ore prepotentemente in voga l’espressione: “Ci vuole un Presidente cattolico”. In particolar modo questa espressione viene richiamata dai sostenitori, bipartisan, di Franco Marini che provano a giustificare così la candidatura del proprio beniamino.
NON è questa la sede per pronunciarsi sulla possibile scelta. Se la politica non avesse perso i legami con il territorio basterebbe una banalità: due mesi fa Marini si è candidato al Senato della Repubblica dopo aver chiesto (e ahimè ottenuto) l’ennesima deroga allo Statuto del Pd. Ma clamorosamente non è stato eletto. Difficile, a mio avviso, giustificare un ripescaggio di lusso, chiamando a garante dell’unità nazionale un signore appena bocciato dai cittadini d’Abruzzo. Dunque, non è il no a Marini — già candidato quattordici anni fa — che mi spinge a riflettere sulla frase “Ci vuole un Presidente cattolico”.
Mi sembra invece gravissimo e strumentale il desiderio di poggiare sulla fede religiosa le ragioni di una candidatura a custode della Costituzione e rappresentante del Paese. Faccio outing: sono cattolico, orgoglioso di esserlo e non mi vergogno del mio battesimo. Cerco, per quanto possibile, di vivere la fedeltà al messaggio e ai valori di Cristo e — peccatore come tutti, più di tutti — vivo la mia fede davanti alla coscienza. Nell’esperienza da Sindaco, naturalmente, agisco laicamente: ho giurato sulla Costituzione, non sul Vangelo. Rappresento la città, tutta intera, non solo quelli con cui vado alla Messa la domenica. E sono tuttavia convinto che l’ispirazione religiosa, non solo cattolica non solo cristiana, possa essere molto utile alla società.
In queste ultime settimane la Chiesa Cattolica ha scelto (in tempi decisamente più rapidi della politica, ma questa è un’altra storia) una guida profondamente innovativa. Papa Bergoglio sta rendendo ragione della speranza cristiana con gesti di altissimo valore simbolico e di rara bellezza. Muove e commuove il pontefice argentino, parlando al cuore dell’uomo del nostro tempo, con uno stile che regala emozione e suscita pensieri. Francesco parla anche alle altre confessioni, ai non credenti, agli agnostici: si pone come portatore di entusiasmo e di gioia di vita. Questo, del resto, dovrebbe essere il Vangelo, la Buona Notizia.
I politici che si richiamano alla tradizione cattolica, invece, sono spesso propensi a porsi come custodi di una visione etica molto rigida. Non c’è peggior rischio di incrociare il cammino con i moralisti, specie quelli senza morale. Personalmente dubito di chi riduce il cristianesimo a insieme di precetti, norme etiche alle quali cercare di obbedire e che il buon cristiano dovrebbe difendere dalle insidie della contemporaneità. Questo atteggiamento, così frequente in larga parte del mondo politico cattolico, è a mio giudizio perdente. Ma ancora più in basso si colloca chi utilizza la propria fede per chiedere posti. Per pretendere posti. Per reclamare posti non in virtù delle proprie idee, ma della propria confessione.
Proprio ieri il Vangelo della domenica riportava l’entusiasmo di Pietro
sulla barca incontro al suo Signore. Quanta bellezza, quanta umanità, quanto impeto. Poi ti capita di tornare alla politique politicienne
e trovi il candidato che si presenta in quanto cattolico, riducendo il messaggio di fede a un semplice chiavistello per entrare nelle stanze dei bottoni.
Mi vergogno, da cattolico ma prima ancora da cittadino, di una così bieca strumentalizzazione. Non mi interessa che il prossimo presidente sia cattolico. Per me può essere cristiano, ebreo, buddista, musulmano, agnostico, ateo. Mi interessa che rappresenti l’Italia. Che sappia parlare all’estero. Che sia custode dell’unità in un tempo di grandi divisioni. Che parli nelle scuole ai ragazzi. Che spieghi il senso dell’identità in un mondo globale. Che non sia lì per accontentare qualcuno. Mi interessa che sia il Presidente applaudito per le strade come è stato quel galantuomo di Giorgio Napolitano. E che sappia dialogare, ascoltare, rispettare. Che sia al di sopra di ogni sospetto e al di là di ogni paura. Mi interessa che sia il Presidente di tutti, non solo il Presidente dei cattolici.
Chi rivendica spazio in nome della confessione religiosa tradisce se stesso. E strumentalizza la propria fede. Tanti, forse troppi anni di vita nei palazzi, hanno cancellato una piccola verità: non si è cattolici perché si vuole essere eletti, ma perché si vuole essere felici. C’è di mezzo la vita, che vale più della politica. E il Quirinale non potrà mai essere la casa di una parte, ma di tutti gli italiani.
Repubblica 15.4.13
Stefano Fassina: lui non dà patenti
“Delirio di onnipotenza la maggioranza del Pd non vuole stare con lui”
ROMA — Renzi ha dato l’altolà alle candidature di Finocchiaro e Marini al Quirinale e attacca Bersani “alzo zero”. Nel Pd, volano gli stracci, Fassina?
«Renzi continua a fare prevalere le sue pur legittime aspirazioni personali rispetto agli interessi del paese e mi sembra irresponsabile. Ormai è evidente che i sondaggi creino deliri di onnipotenza... non si capisce a quale titolo il sindaco di Firenze dia patenti per l’accesso o meno al Quirinale».
L’unico metodo per scegliere un nome per il Colle è solo quello della condivisione, secondo lei?
«Se l’obiettivo è quello di uscire dalla Seconda Repubblica l’unica strada è un consenso largo, una condivisione».
Una condivisione che spacca i Democratici, però
«Ritengo che nel Pd, che guarda agli interessi del paese, la stragrande maggioranza sia per questa linea. Andiamo avanti lungo la via intrapresa di ricerca di un nome in comune con le altre forze politiche. Se vogliamo affrontare le nuove sfide e andare verso la Terza Repubblica, la rotta è questa».
Il Pd dice “no” a Prodi, che è il “padre” fondatore del partito?
«Prodi è una delle personalità più autorevoli e di prestigio internazionale che l’Italia abbia. Ma prima di tutto viene il mandato che al segretario Bersani hanno dato i gruppi parlamentari e la direzione del partito».
Quale è il mandato?
«Noi riteniamo che per il Colle sia necessaria, come del resto prevede la Costituzione, una figura in grado di avere un riconoscimento ampio delle forze politiche. Oltre a essere garante della Carta, deve rappresentare l’unità nazionale».
L’intesa sul Quirinale sembra a questo punto, a tre giorni dal voto, ancora lontana?
«Non siamo vicini, è vero, ma neppure così lontani».
(g.c.)
Repubblica 15.4.13
Beppe Fioroni: il suo veto è miope
“Matteo deve smetterla sta diventando offensivo e fa implodere il partito”
ROMA - «Così Matteo Renzi continua a mettere costantemente sotto tensione il Pd. Il mio invito è di fermarsi, perché il punto di rottura dell’equilibrio è vicino. E se si raggiunge, non è di scissione che si tratterà, ma di implosione. Non ne soffrirà insomma solo il partito, ma tutto il paese».
Onorevole Fioroni, è la bocciatura a Marino e alla Finocchiaro che mette a rischio l’unità?
«Questa sorta di veto è un modo offensivo e miope di considerare la storia di personalità che tanto hanno fatto per la democrazia italiana. Ma è solo l’ultimo episodio. Il vero leader è chi rinuncia a qualcosa oggi, per il bene di tutti domani».
Tira e tira, la corda rischia di spezzarsi.
«Renzi è una risorsa, ma deve smetterla di fare il gioco delle tre carte. Capisco la sua smania legittima di scendere in campo, e che per chi aspetta il tempo non passa mai. Si è proclamato alfiere del rinnovamento, ma il vero cambiamento è eleggere un capo dello Stato con la convergenza più larga possibile e mandare un soffitta la politica del nemico da abbattere».
Che cosa rimprovera al sindaco di Firenze?
«Gli consiglierei di non tirare in ballo una volta il governissimo, un’altra l’elezione di un presidente della Repubblica che divide, visto che appunto boccia nomi che invece possono unire. Il tutto per arrivare magari al suo obiettivo: quello di andare a votare subito, e a questo punto con il Porcellum che pure per il sindaco di Firenze è una legge orribile».
Ha lanciato la sua Opa sul Pd, con gli attacchi a Bersani?
«Lo inviterei a non tentare di mutare geneticamente il Pd, trasfor-mandolo in una contrapposizione fra lui e Barca, in un soggetto di sinistra contendibile solo o una sinistra socialdemocratica o da una sinistra liberal. Di fatto, così, rimuovendo un elemento fondante quale il cattolicesimo democratico e popolare'.
(u.r.)
Repubblica 15.4.13
“Renzi vuole le urne, da lui veti inaccettabili”
Pd spaccato, bersaniani in trincea. Cresce il fronte che tifa per Prodi al Quirinale
di Giovanna Casadio
ROMA — «Ormai è chiarissimo: Renzi lavora per le elezioni anticipate e ha deciso di andare avanti come una ruspa». C’è irritazione e sconcerto tra i bersaniani. Bersani non vuole commentare il veto del sindaco “rottamatore” a Franco Marini e Anna Finocchiaro, ma fa sapere di trovare insopportabili quelle parole così irrispettose. «Inammissibili, i veti sono inammissibili, in questo caso anche i toni», avverte Luigi Zanda. L’altolà di Renzi piomba sulla domenica di “sondaggio” che i capigruppo del Pd Roberto Speranza (con la vice Paola De Micheli) e Zanda stanno conducendo tra i parlamentari. Una sorta di “quirinarie” democratiche, per telefono o con faccia a faccia. Il caos di dissensi si amplifica. Franco Marini, preso di mira da Renzi, replica con una frecciata: «Non è mica la prima volta che mi attacca, rispetto ai problemi aperti nel paese, non mi pare determinante la posizione di Renzi. Sulla mia “bocciatura” alle ultime elezioni, ricordo che Enrico Letta mi ringraziò per avere lasciato il posto di capolista in Abruzzo a una donna, avendo ritenuto personalmente che andava valorizzata la presenza femminile». Insomma, liquida il “rottamatore”.
Il Pd è in pieno maremoto. L’uscita di Renzi al Tg5, in cui ricorda la bocciatura nelle urne di Marini e la spesa con scorta all’Ikea di Finocchiaro, è un messaggio diretto al segretario. Marini è stato presidente del Senato nella difficile e breve legislatura prodiana; è un politico di lungo corso, un ex sindacalista che non si scompone davanti agli attacchi. Ha dalla sua parte i Popolari di Fioroni, e Areadem di Franceschini. Una fetta di partito che pesa. Però i Democratici rischiano di avvitarsi e le scosse orami diventano un sisma. Stasera i bersaniani Migliavacca, Errani e Zoggia hanno convocato una riunione di corrente allargata ai dalemiani e ai “giovani turchi”.
Obiettivo è fare quadrato attorno a Bersani in trincea. «La nostra stella polare è raggiungere la massima condivisione per il Quirinale. Mi chiedo con quale senso
di responsabilità si facciano nomi e classifiche», attacca Zoggia.
Bersani continua a puntare sulla strategia della massima condivisione tra tutte le forze politiche, e in particolare con il Pdl. È convinto che questa strada sarà anche il viatico per la nascita di un governo. E il governo a cui pensa il segretario - in questo sempre meno seguito - è «il governo del cambiamento», un governo di minoranza. Questa soluzione passa attraverso l’esclusione di Prodi, fumo negli occhi per Berlusconi. A Bologna, a casa di Romano Prodi, ieri Sandra Zampa leggeva sms e mail di incoraggiamento e di sostegno al Prof. «Un ragazzo mi ha scritto: “Un Pd che disconosce il proprio padre, è un partito che non merita” », racconta Zampa, per la quale è impensabile che «Pierluigi non si renda conto che accantonare Prodi sarebbe un’ombra per sempre sul partito». Così la pensa Sandro Gozi. Il fronte prodiano si salda con i renziani. Non solo. Rosy Bindi è una prodiana di ferro. E anche Enrico Letta, il vice segretario, se si andasse al muro contro muro con il Pdl, voterebbe Prodi. Letta di Prodi è stato sottosegretario ed è legato da amicizia e stima personale con il Professore. Lo ha ribadito nei giorni scorsi in una riunione di corrente: «Se si va a un muro contro muro si torna ai punti di riferimento naturali», ovvero a Prodi.
I “giovani turchi” masticano amaro. «A Renzi consiglierei di non distruggere e di fare qualche proposta, con la consapevolezza che Prodi spacca», ripete Matteo Orfini. Rincara Pippo Civati: «Bene Prodi, non è vero che spacca il Pd». Bersani quindi è tra due fuochi anche nella partita Quirinale, che si trascina quella politica: da un lato l’offensiva di Renzi (che punta alle elezioni) e si salda con i malumori nei suoi confronti; dall’altro le offerte di Berlusconi. Daniele Marantelli lavora a mantenere i contatti con Maroni e con la Lega. Ammette che la cifra prevalente nel Pd in questo momento è quella della confusione. Chiara Geloni, direttore di Youdem, bersaniana, reagisce alle bordate di Renzi: «Le reazioni di Matteo mi fanno grande tristezza. Può darsi che sia eletto un presidente della Repubblica a lui non gradito. Se ne faccia una ragione, io voterei volentieri Prodi, ma capisco che l’argomento per cui per una metà del paese Prodi è una scelta divisiva». Il Pd rischia di votare per il Quirinale in ordine sparso, e lo spettro della scissione è evocato da tanti.
Un sintetico compendio di quanto doveva fare BersanI
di Enzo Costa
BERSANI DOVEVA VINCERE LE ELEZIONI, E NON LE HA VINTE. Bersani doveva ottenere la maggioranza assoluta alla Camera e al Senato, e l’ha ottenuta solo alla Camera. Bersani doveva dimettersi, mica come Berlusconi nel ’94, che al Senato la maggioranza non l’aveva ottenuta, ma tutti noi commentatori dicevamo in coro che aveva stravinto. Bersani doveva perdere le elezioni, così commentavamo più contenti. Bersani doveva fare una campagna elettorale più combattiva, più riflessiva, più mediatica, più in piazza, più di sinistra, più vicina a Monti. Bersani doveva fare come non ha fatto, a prescindere di cosa dicevamo in quei giorni, e di come ha fatto. Bersani doveva lasciare il posto a Renzi come candidato premier, così il centrosinistra avrebbe vinto. Bersani, per lasciare il posto a Renzi, non doveva fare le primarie, così avremmo detto che non le faceva perché aveva paura. Bersani doveva fare le primarie e perderle. Bersani dove-
va fare le primarie e vincerle, ma poi dimettersi lo stesso. Bersani doveva evitare di parlare ai Cinquestelle in quell’umiliante diretta streaming. Bersani doveva non piegarsi all’arroganza del MoVimento, così avremmo scritto che incarnava la solita sinistra elitaria, che, come già con la Lega, non ascolta chi porta in Parlamento il disagio degli elettori, e non dialoga con gli avversari perché si considera moralmente superiore. Bersani doveva non pretendere l’incarico da Napolitano: in fondo, fra i leader dei tre partiti più grandi, era solo l’unico candidatosi a premier, l’unico non condannato e non processato, quello del partito più votato, e quello con maggioranza assoluta alla Camera e relativa al Senato: e che sarà mai? Bersani doveva fare in un altro modo, in politica e in generale. Bersani più che altro, in sintesi, non doveva.
Repubblica 15.4.13
Il pericolo è l’autodistruzione
di Claudio Tito
C’È QUALCOSA nello scontro che sta dilaniando il Partito democratico che va ben oltre la battaglia per imporre una linea o una scelta. La verità è che nel duello tra Pierluigi Bersani e Matteo Renzi è in gioco anche – e soprattutto – il destino dei due contendenti. Quel che entrambi faranno da grandi. Perché dopo le elezioni della “non-vittoria” si è riaperta di fatto la corsa a Palazzo Chigi.
Enon importa se il nuovo presidente della Repubblica non sia stato ancora eletto né se le urne non siano state ancora convocate. Ogni singola decisione che in questa fase viene assunta, infatti, favorisce o penalizza gli obiettivi dell’uno o dell’altro. La tattica del segretario e quella del sindaco non possono che essere divaricate.
Bersani coltiva ancora l’idea di poter approdare a Palazzo Chigi facendo valere la forza di numeri: la maggioranza assoluta alla Camera e quella relativa al Senato. E si muove cercando di assecondare un passo alla volta il suo disegno. Nel suo partito sta crescendo il numero di persone che lo accusa di voler agevolare la nomina di un capo dello Stato che possa condividere le sue aspirazioni governative. Il dubbio di molti di loro si concentra su un sospetto ben preciso: la volontà di ricevere l’incarico pieno di formare l’esecutivo anche a rischio di non conquistare la fiducia in Parlamento.
Secondo una buona parte del Pd, quel passaggio costituirebbe formalmente una sconfitta e potrebbe essere la premessa per reclamare una seconda chance per la premiership. Il segretario, in sostanza, farebbe valere il suo ruolo di presidente del Consiglio dimissionario per condurre la nuova campagna elettorale. E cogliere forse l’ultima occasione – per una questione generazionale – di portare un ex comunista alla guida di un governo.
Le mosse di Renzi si muovono in senso diamentralmente opposto. Il sindaco fiorentino vuole accelerare per andare a votare il prima possibile. Sicuro di potere essere il nuovo sfidante di Silvio Berlusconi. Convinto di poter sconfiggere l’avversario storico del centrosinistra nella fase declinante della sua parabola politica e di poter approfittare della oggettiva contrazione dei consensi a favore del Movimento 5Stelle. Anche perché i grillini hanno mostrato limiti consistenti nel personale politico approdato in Parlamento e nella capacità di elaborare una linea politica non solo produttiva per il Paese ma semplicemente condivisa dagli oltre 150 deputati e senatori eletti. Per questo, Renzi è pronto anche a spaccare il suo partito pur di ritrovarsi al Quirinale un uomo che – a suo dire – non si faccia condizionare dall’attuale vertice dei democratici. Un “garante” non solo delle Istituzioni e del Paese, ma anche della contesa in corso nel Pd. Il suo cannone puntato contro Marini e contro la Finocchiaro rappresenta la prima mossa di una campagna elettorale già avviata e che per lui non può che avere come caposaldo il rinnovamento della politica. O più semplicemente la “rottamazione” della precedente classe dirigente. Il primo tassello, dunque, di una “corsa” in cui i nemici sono due: il Cavaliere e l’antipolitica di Beppe Grillo.
Ma il punto è proprio questo: la “guerra democratica” contiene al suo interno un rischio che entrambi sembrano sottovalutare. Ossia la distruzione dello stesso centrosinistra. E anche la fiches giocata in questi giorni da Fabrizio Barca sembra in primo luogo
il modo, per il gruppo che più si sente legato alle radici dell’ex Pci, di fermare l’avanzare del sindaco di Firenze. Bersani e Renzi non si parlano, sempre più pronti a guardarsi come nemici. Un errore. Nemmeno la Dc delle molteplici correnti ha mai anteposto lo scontro personale alle sorti del partito. Ieri il “rottamatore” si è sfogato con alcuni esponenti del Pd dichiarandosi pronto a fare un definitivo passo indietro: «Se volete Barca, se pensate che lui possa battere Berlusconi io mi faccio da parte in buon ordine. Ma mi sono stancato di essere trattato come un appestato». Ovviamente si tratta solo di un modo per tenere alta l’asticella della trattativa. Ma lo strappo tra Bersani e Renzi con il passare del tempo sembra sempre più dilatato e quasi incomponibile. Si avvicinano alla battaglia finale – che comunque nel giro di un anno ci sarà – esponendo il lato più debole del centrosinistra. Quello che potrebbe restituire a Berlusconi la settima chance di vincere le elezioni.
Repubblica 15.4.13
“Non basta la fede per salire al Colle”
di Matteo Renzi
“Non basta essere cattolici per il Colle serve un garante per tutti gli italiani”
CARO direttore, nel delicato puzzle che i partiti stanno componendo per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica torna in queste ore prepotentemente in voga l’espressione: “Ci vuole un Presidente cattolico”. In particolar modo questa espressione viene richiamata dai sostenitori, bipartisan, di Franco Marini che provano a giustificare così la candidatura del proprio beniamino.
NON è questa la sede per pronunciarsi sulla possibile scelta. Se la politica non avesse perso i legami con il territorio basterebbe una banalità: due mesi fa Marini si è candidato al Senato della Repubblica dopo aver chiesto (e ahimè ottenuto) l’ennesima deroga allo Statuto del Pd. Ma clamorosamente non è stato eletto. Difficile, a mio avviso, giustificare un ripescaggio di lusso, chiamando a garante dell’unità nazionale un signore appena bocciato dai cittadini d’Abruzzo. Dunque, non è il no a Marini — già candidato quattordici anni fa — che mi spinge a riflettere sulla frase “Ci vuole un Presidente cattolico”.
Mi sembra invece gravissimo e strumentale il desiderio di poggiare sulla fede religiosa le ragioni di una candidatura a custode della Costituzione e rappresentante del Paese. Faccio outing: sono cattolico, orgoglioso di esserlo e non mi vergogno del mio battesimo. Cerco, per quanto possibile, di vivere la fedeltà al messaggio e ai valori di Cristo e — peccatore come tutti, più di tutti — vivo la mia fede davanti alla coscienza. Nell’esperienza da Sindaco, naturalmente, agisco laicamente: ho giurato sulla Costituzione, non sul Vangelo. Rappresento la città, tutta intera, non solo quelli con cui vado alla Messa la domenica. E sono tuttavia convinto che l’ispirazione religiosa, non solo cattolica non solo cristiana, possa essere molto utile alla società.
In queste ultime settimane la Chiesa Cattolica ha scelto (in tempi decisamente più rapidi della politica, ma questa è un’altra storia) una guida profondamente innovativa. Papa Bergoglio sta rendendo ragione della speranza cristiana con gesti di altissimo valore simbolico e di rara bellezza. Muove e commuove il pontefice argentino, parlando al cuore dell’uomo del nostro tempo, con uno stile che regala emozione e suscita pensieri. Francesco parla anche alle altre confessioni, ai non credenti, agli agnostici: si pone come portatore di entusiasmo e di gioia di vita. Questo, del resto, dovrebbe essere il Vangelo, la Buona Notizia.
I politici che si richiamano alla tradizione cattolica, invece, sono spesso propensi a porsi come custodi di una visione etica molto rigida. Non c’è peggior rischio di incrociare il cammino con i moralisti, specie quelli senza morale. Personalmente dubito di chi riduce il cristianesimo a insieme di precetti, norme etiche alle quali cercare di obbedire e che il buon cristiano dovrebbe difendere dalle insidie della contemporaneità. Questo atteggiamento, così frequente in larga parte del mondo politico cattolico, è a mio giudizio perdente. Ma ancora più in basso si colloca chi utilizza la propria fede per chiedere posti. Per pretendere posti. Per reclamare posti non in virtù delle proprie idee, ma della propria confessione.
Proprio ieri il Vangelo della domenica riportava l’entusiasmo di Pietro
sulla barca incontro al suo Signore. Quanta bellezza, quanta umanità, quanto impeto. Poi ti capita di tornare alla politique politicienne
e trovi il candidato che si presenta in quanto cattolico, riducendo il messaggio di fede a un semplice chiavistello per entrare nelle stanze dei bottoni.
Mi vergogno, da cattolico ma prima ancora da cittadino, di una così bieca strumentalizzazione. Non mi interessa che il prossimo presidente sia cattolico. Per me può essere cristiano, ebreo, buddista, musulmano, agnostico, ateo. Mi interessa che rappresenti l’Italia. Che sappia parlare all’estero. Che sia custode dell’unità in un tempo di grandi divisioni. Che parli nelle scuole ai ragazzi. Che spieghi il senso dell’identità in un mondo globale. Che non sia lì per accontentare qualcuno. Mi interessa che sia il Presidente applaudito per le strade come è stato quel galantuomo di Giorgio Napolitano. E che sappia dialogare, ascoltare, rispettare. Che sia al di sopra di ogni sospetto e al di là di ogni paura. Mi interessa che sia il Presidente di tutti, non solo il Presidente dei cattolici.
Chi rivendica spazio in nome della confessione religiosa tradisce se stesso. E strumentalizza la propria fede. Tanti, forse troppi anni di vita nei palazzi, hanno cancellato una piccola verità: non si è cattolici perché si vuole essere eletti, ma perché si vuole essere felici. C’è di mezzo la vita, che vale più della politica. E il Quirinale non potrà mai essere la casa di una parte, ma di tutti gli italiani.
Repubblica 15.4.13
Stefano Fassina: lui non dà patenti
“Delirio di onnipotenza la maggioranza del Pd non vuole stare con lui”
ROMA — Renzi ha dato l’altolà alle candidature di Finocchiaro e Marini al Quirinale e attacca Bersani “alzo zero”. Nel Pd, volano gli stracci, Fassina?
«Renzi continua a fare prevalere le sue pur legittime aspirazioni personali rispetto agli interessi del paese e mi sembra irresponsabile. Ormai è evidente che i sondaggi creino deliri di onnipotenza... non si capisce a quale titolo il sindaco di Firenze dia patenti per l’accesso o meno al Quirinale».
L’unico metodo per scegliere un nome per il Colle è solo quello della condivisione, secondo lei?
«Se l’obiettivo è quello di uscire dalla Seconda Repubblica l’unica strada è un consenso largo, una condivisione».
Una condivisione che spacca i Democratici, però
«Ritengo che nel Pd, che guarda agli interessi del paese, la stragrande maggioranza sia per questa linea. Andiamo avanti lungo la via intrapresa di ricerca di un nome in comune con le altre forze politiche. Se vogliamo affrontare le nuove sfide e andare verso la Terza Repubblica, la rotta è questa».
Il Pd dice “no” a Prodi, che è il “padre” fondatore del partito?
«Prodi è una delle personalità più autorevoli e di prestigio internazionale che l’Italia abbia. Ma prima di tutto viene il mandato che al segretario Bersani hanno dato i gruppi parlamentari e la direzione del partito».
Quale è il mandato?
«Noi riteniamo che per il Colle sia necessaria, come del resto prevede la Costituzione, una figura in grado di avere un riconoscimento ampio delle forze politiche. Oltre a essere garante della Carta, deve rappresentare l’unità nazionale».
L’intesa sul Quirinale sembra a questo punto, a tre giorni dal voto, ancora lontana?
«Non siamo vicini, è vero, ma neppure così lontani».
(g.c.)
Repubblica 15.4.13
Beppe Fioroni: il suo veto è miope
“Matteo deve smetterla sta diventando offensivo e fa implodere il partito”
ROMA - «Così Matteo Renzi continua a mettere costantemente sotto tensione il Pd. Il mio invito è di fermarsi, perché il punto di rottura dell’equilibrio è vicino. E se si raggiunge, non è di scissione che si tratterà, ma di implosione. Non ne soffrirà insomma solo il partito, ma tutto il paese».
Onorevole Fioroni, è la bocciatura a Marino e alla Finocchiaro che mette a rischio l’unità?
«Questa sorta di veto è un modo offensivo e miope di considerare la storia di personalità che tanto hanno fatto per la democrazia italiana. Ma è solo l’ultimo episodio. Il vero leader è chi rinuncia a qualcosa oggi, per il bene di tutti domani».
Tira e tira, la corda rischia di spezzarsi.
«Renzi è una risorsa, ma deve smetterla di fare il gioco delle tre carte. Capisco la sua smania legittima di scendere in campo, e che per chi aspetta il tempo non passa mai. Si è proclamato alfiere del rinnovamento, ma il vero cambiamento è eleggere un capo dello Stato con la convergenza più larga possibile e mandare un soffitta la politica del nemico da abbattere».
Che cosa rimprovera al sindaco di Firenze?
«Gli consiglierei di non tirare in ballo una volta il governissimo, un’altra l’elezione di un presidente della Repubblica che divide, visto che appunto boccia nomi che invece possono unire. Il tutto per arrivare magari al suo obiettivo: quello di andare a votare subito, e a questo punto con il Porcellum che pure per il sindaco di Firenze è una legge orribile».
Ha lanciato la sua Opa sul Pd, con gli attacchi a Bersani?
«Lo inviterei a non tentare di mutare geneticamente il Pd, trasfor-mandolo in una contrapposizione fra lui e Barca, in un soggetto di sinistra contendibile solo o una sinistra socialdemocratica o da una sinistra liberal. Di fatto, così, rimuovendo un elemento fondante quale il cattolicesimo democratico e popolare'.
(u.r.)
Repubblica 15.4.13
“Renzi vuole le urne, da lui veti inaccettabili”
Pd spaccato, bersaniani in trincea. Cresce il fronte che tifa per Prodi al Quirinale
di Giovanna Casadio
ROMA — «Ormai è chiarissimo: Renzi lavora per le elezioni anticipate e ha deciso di andare avanti come una ruspa». C’è irritazione e sconcerto tra i bersaniani. Bersani non vuole commentare il veto del sindaco “rottamatore” a Franco Marini e Anna Finocchiaro, ma fa sapere di trovare insopportabili quelle parole così irrispettose. «Inammissibili, i veti sono inammissibili, in questo caso anche i toni», avverte Luigi Zanda. L’altolà di Renzi piomba sulla domenica di “sondaggio” che i capigruppo del Pd Roberto Speranza (con la vice Paola De Micheli) e Zanda stanno conducendo tra i parlamentari. Una sorta di “quirinarie” democratiche, per telefono o con faccia a faccia. Il caos di dissensi si amplifica. Franco Marini, preso di mira da Renzi, replica con una frecciata: «Non è mica la prima volta che mi attacca, rispetto ai problemi aperti nel paese, non mi pare determinante la posizione di Renzi. Sulla mia “bocciatura” alle ultime elezioni, ricordo che Enrico Letta mi ringraziò per avere lasciato il posto di capolista in Abruzzo a una donna, avendo ritenuto personalmente che andava valorizzata la presenza femminile». Insomma, liquida il “rottamatore”.
Il Pd è in pieno maremoto. L’uscita di Renzi al Tg5, in cui ricorda la bocciatura nelle urne di Marini e la spesa con scorta all’Ikea di Finocchiaro, è un messaggio diretto al segretario. Marini è stato presidente del Senato nella difficile e breve legislatura prodiana; è un politico di lungo corso, un ex sindacalista che non si scompone davanti agli attacchi. Ha dalla sua parte i Popolari di Fioroni, e Areadem di Franceschini. Una fetta di partito che pesa. Però i Democratici rischiano di avvitarsi e le scosse orami diventano un sisma. Stasera i bersaniani Migliavacca, Errani e Zoggia hanno convocato una riunione di corrente allargata ai dalemiani e ai “giovani turchi”.
Obiettivo è fare quadrato attorno a Bersani in trincea. «La nostra stella polare è raggiungere la massima condivisione per il Quirinale. Mi chiedo con quale senso
di responsabilità si facciano nomi e classifiche», attacca Zoggia.
Bersani continua a puntare sulla strategia della massima condivisione tra tutte le forze politiche, e in particolare con il Pdl. È convinto che questa strada sarà anche il viatico per la nascita di un governo. E il governo a cui pensa il segretario - in questo sempre meno seguito - è «il governo del cambiamento», un governo di minoranza. Questa soluzione passa attraverso l’esclusione di Prodi, fumo negli occhi per Berlusconi. A Bologna, a casa di Romano Prodi, ieri Sandra Zampa leggeva sms e mail di incoraggiamento e di sostegno al Prof. «Un ragazzo mi ha scritto: “Un Pd che disconosce il proprio padre, è un partito che non merita” », racconta Zampa, per la quale è impensabile che «Pierluigi non si renda conto che accantonare Prodi sarebbe un’ombra per sempre sul partito». Così la pensa Sandro Gozi. Il fronte prodiano si salda con i renziani. Non solo. Rosy Bindi è una prodiana di ferro. E anche Enrico Letta, il vice segretario, se si andasse al muro contro muro con il Pdl, voterebbe Prodi. Letta di Prodi è stato sottosegretario ed è legato da amicizia e stima personale con il Professore. Lo ha ribadito nei giorni scorsi in una riunione di corrente: «Se si va a un muro contro muro si torna ai punti di riferimento naturali», ovvero a Prodi.
I “giovani turchi” masticano amaro. «A Renzi consiglierei di non distruggere e di fare qualche proposta, con la consapevolezza che Prodi spacca», ripete Matteo Orfini. Rincara Pippo Civati: «Bene Prodi, non è vero che spacca il Pd». Bersani quindi è tra due fuochi anche nella partita Quirinale, che si trascina quella politica: da un lato l’offensiva di Renzi (che punta alle elezioni) e si salda con i malumori nei suoi confronti; dall’altro le offerte di Berlusconi. Daniele Marantelli lavora a mantenere i contatti con Maroni e con la Lega. Ammette che la cifra prevalente nel Pd in questo momento è quella della confusione. Chiara Geloni, direttore di Youdem, bersaniana, reagisce alle bordate di Renzi: «Le reazioni di Matteo mi fanno grande tristezza. Può darsi che sia eletto un presidente della Repubblica a lui non gradito. Se ne faccia una ragione, io voterei volentieri Prodi, ma capisco che l’argomento per cui per una metà del paese Prodi è una scelta divisiva». Il Pd rischia di votare per il Quirinale in ordine sparso, e lo spettro della scissione è evocato da tanti.
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Re: quo vadis PD ????
lunedì 15 aprile 2013
l’Unità 15.4.13
Quirinale, i giorni dei veti
Pd-Sel: inaccettabile il veto su Prodi
Lo strappo di Renzi: no a Marini e Finocchiaro
La consultazione dei parlamentari democratici: cercare l’intesa per l’elezione al primo voto
di Ninni Andriolo
Apochi giorni dall’elezione del Capo dello Stato Berlusconi gioca sui veti, ma cambia tattica e gioco. E dopo aver sbarrato la strada a ipotesi diverse da quelle del governissimo, affida a Bondi il compito di indicare altre strade. «Se dovesse persistere l’indisponibilità del Pd a far nascere un governo politico sottolinea il coordinatore del Pdl l’unica soluzione seria che resterebbe è quella di un governo del presidente o di scopo». Dopo aver arringato la folla di Bari ripetendo lo slogan “governissimo o voto” il leader Pdl rende ufficiale la posizione che traspariva nelle sue dichiarazioni della scorsa settimana. La disponibilità, cioè, a individuare variabili all’esecutivo delle larghe intese, costretto a prendere atto della indisponibilità del Partito democratico.
La dichiarazione di Bondi conferma che il Cavaliere, al di là della propaganda, considera le elezioni una extrema ratio da utilizzare come «arma di pressione». La conversione al governo di scopo non rappresenta «uno scivolo» verso il governo di cambiamento che propone Bersani. Ma sussurrano dal Pdl un modo per creare «difficoltà» al segretario democratico. L’ipotesi di uscire dallo stallo con un governo di scopo o del presidente riscontra consensi anche dentro il Pd e il Cavaliere prova a incunearsi nel dibattito interno al partito, se non addirittura ad anticipare scelte che potrebbero rivelarsi obbligate dopo l’elezione del Capo dello Stato. La richiesta Pdl di una soluzione “condivisa” per il Colle è stata accompagnata sabato scorso dal perentorio veto di Berlusconi contro Romano Prodi.
Bruciano ancora le ferite delle sconfitte elettorali che il Professore ha inferto al Cavaliere: «Se sarà eletto presidente andremo tutti all’estero», ha avvertito da Bari. «Non vorrei che si creasse un problema di emigrazione di massa questa la replica l’ex presidente della Commissione Ue Nella cosiddetta corsa per il Quirinale non ci si iscrive e non ci si deve nemmeno pensare». L’attacco del leader Pdl al padre fondatore del Pd crea malumore nel partito di Bersani. «È assurdo parlare dell’ex premier come di una figura che divide», spiega il deputato democratico Sandro Gozi. «In una democrazia parlamentare i veti sono inaccettabili sottolinea Luigi Zanda, presidente dei senatori Pd E lo sono in modo particolare se sono diretti contro personalità politiche che hanno dato molto all’Italia».
Nichi Vendola, intervistato da Lucia Annunziata, trova «intollerabile che si possa pensare all’esclusione di Prodi» per il Quirinale. Vendola auspica il metodo Boldrini-Grasso anche per l’elezione del Capo dello Stato sollevando dal Pdl un coro di polemiche contro la sinistra che «vuole occupare anche il Quirinale». Berlusconi mette le mani avanti e non si fida, pur sapendo che Bersani ricerca «con onestà» una soluzione condivisa da far decollare il 18 aprile, giorno delle prime votazioni. Il Pd farà di tutto per battere questa strada. Segretario e capigruppo alla Camera e al Senato proseguono le consultazioni con le altre forze politiche avviate la scorsa settimana. Zanda e Speranza incontreranno domani il M5S, Bersani dovrebbe rivedere Berlusconi nelle prossime ore.
Le presidenze Pd a Montecitorio e Palazzo Madama sondano i parlamentari ai quali, prima di giovedì, Bersani avanzerà la proposta definitiva per il Colle. «Una parte molto ampia dei senatori democratici, anzi la quasi totalità spiega Zanda è favorevole a una scelta largamente condivisa che possa portare a eleggere il nuovo presidente nelle primissime votazioni». Marini, Amato, Finocchiaro: questa la rosa delle candidature più probabili che verrebbe avanzata alle altre forze tenendo conto della necessità di ricercare figure di alto profilo politico-istituzionale per un settennato che si preannuncia difficile.
Dopo aver detto «no» a Franco Marini, Matteo Renzi ieri ha aggiunto al suo personale elenco di bocciati anche il nome di Anna Finocchiaro. «Sarebbe bello un presidente donna, ma leggo nomi sui giornali che sono improbabili ha affermato il sindaco di Firenze Finocchiaro la ricordiamo per la splendida spesa all’Ikea con il carrello umano».
Un attacco senza sconti all’ex capogruppo al Senato che ricorda la stagione delle primarie e della rottamazione. Veti ad esponenti di primo piano del Pd, dal Pdl ma anche dallo stesso del Partito democratico. Senza un vasto accordo parlamentare, anche con il partito di Berlusconi, alla quarta votazione è certo che tornerà in campo anche il nome di Prodi, emerso tra l’altro dal referendum on line del M5S (che oggi indicherà la candidatura definitiva). Nel Pd c’è molto fermento in queste ore. Tra i parlamentari non solo renziani c’è chi annuncia battaglia perché «la ricerca di una figura d’alto profilo non va sacrificata sull’altare di una candidatura condivisa ad ogni costo».
Dal Nazareno, però, assicurano che le scelte per il Colle non saranno «al ribasso» e che la condivisione, anche con il Pdl, verrà perseguita «fino a prova contraria». Il Pd «sta lavorando affinché il presidente della Repubblica sia individuato a larghissima maggioranza, visto che deve rappresentare l’unità della nazione chiarisce Davide Zoggia, deputato del Pd. I giudizi superficiali letti in queste ore sulle persone servono non a individuare un nome rispondente alle caratteristiche auspicate, ma solo a creare confusione e divisioni».
l’Unità 15.4.13
Fassina: «Eleggere subito un presidente di garanzia»
«Inaccettabili le sortite di chi dice no a questo o quel nome: si antepone l’ambizione personale all’interesse generale del Paese»
intervista di Maria Zegarelli
«Il nostro obiettivo deve essere quello di eleggere il nuovo presidente della Repubblica giovedì stesso». Stefano Fassina, responsabile Economia del Nazareno, teme che il paziente lavoro di questi ultimi giorni per trovare l’intesa con il Pdl e con le altre forze politiche in Parlamento, Grillo permettendo, possa saltare. «Un’ipotesi da scongiurare perché sarebbe un messaggio davvero brutto per il Paese», commenta.
Fassina, il rischio è che ci arriviate voi del Pd spaccati. Gli ex popolari vorrebbero Marini, Renzi lo ha già bocciato, come ha bocciato Finocchiaro. Non mi sembra un buon inizio.
«Vorrei ricordare a tutti che abbiamo dato un mandato all’unanimità al segretario, prima in direzione e poi nei gruppi parlamentari, per cercare una soluzione in grado di raccogliere un’ampia convergenza sul presidente della Repubblica. Una figura di garanzia per la Costituzione e che raccolga il consenso di un ampio schieramento politico. Non capisco, dunque, le continue sortite di singoli parlamentario o di Renzi che dicono sì o no a questo o quel nome. A che titolo parlano e come si collocano rispetto al mandato che abbiamo dato a Bersani? Forse i sondaggi iniziano a dare alla testa anche nel nostro partito».
Ammetterà che quello è lo snodo cruciale.
«A me sembra che chi fa questo gioco continua ad anteporre ambizioni personali all’interesse generale del Paese». Da Sel Vendola sostiene intollerabili i veti su Romano Prodi. Il punto è che il veto più grande lo ha posto Berlusconi. Come ne esce il Pd?
«I veti non vanno messi nei confronti di alcuno, tantomeno nei confronti di una personalità autorevole e del rango di Prodi. Dopodiché ritorno al nostro obiettivo, quello che il Pd si è dato: la ricerca di una soluzione autorevole, riconosciuta dai cittadini e da un ampio arco di forze politiche. Non possiamo permetterci di sbagliare su questo per un’uscita concordata dalla seconda Repubblica».
Crede che alla fine i gruppi parlamentari terranno sul nome che il segretario vi proporrà o ci saranno franchi tiratori?
«In un partito si discute nelle sedi previste, in questo caso i gruppi parlamentari, seguendo i criteri che ci si dà. Se è necessario si può anche votare a maggioranza sulla decisione finale, ma da quel momento in poi si rispetta la maggioranza e non esistono franchi tiratori».
Malgrado Bersani dica che si tratta di due partite distinte è evidente che chi punta ad andare al voto non ha alcun interesse a che si arrivi ad un presidente largamente condiviso.
«Non c’è dubbio che c’è, a partire da Berlusconi, chi vorrebbe fare uno scambio tra presidente della Repubblica e governo. Questo è inaccettabile, il principio di corresponsabilità si declina in modo diverso sul versante della riscrittura delle regole e del Presidente della Repubblica da un lato e dall’altro per il governo. Sul primo versante la corresponsabilità deve essere piena, sul secondo deve prevalere la coerenza rispetto al programma di governo».
Ma al governo di cambiamento sono sempre di meno quello che ci credono nel suo partito. Da Veltroni allo stesso D’Alema, sono sempre di più quelli che lo ritengono di difficile realizzazione. «Qualunque altro governo, diverso da quello di cambiamento proposto da Bersani, sarebbe un governo di piccolo cabotaggio, di continui compromessi al ribasso, che amplierebbe il divario tra istituzioni e cittadini. La determinazione a perseguire un governo di cambiamento non è un capriccio di Bersani ma la convinzione che il Paese ha bisogno di misure incisive, forti, soprattutto in tema di economia, welfare, lavoro e moralità nella vita pubblica».
Le ripeto: nel suo partito c’è chi non ci crede. Perché con il nuovo presidente della Repubblica dovrebbe essere possibile ciò che finora non lo è stato? «Perché cambierebbe il clima, ci sarebbe minore conflittualità tra le forze politiche dopo aver condiviso la scelta di un presidente della Repubblica. Un presidente che, nel pieno dei propri poteri, potrebbe anche sciogliere le Camere. Sinceramente non capisco quanti fin da ora si rassegnano rinunciando a fare un tentativo, che invece ritengo necessario, per dare al Paese un governo di cambiamento vero».
Nel Pd intanto si è già aperta la fase congressuale. Gli ex popolari non gradiscono l’idea di un partito con Sel e il Manifesto di Barca. Tutta questa carne al fuoco non rischia di far bruciare il Pd? «Queste mi sembrano discussioni premature, sarebbe meglio concentrarci tutti sulla stretta attualità. È una discussione insopportabilmente politicista. La Memoria di Barca è la Memoria di Barca, non il manifesto di una parte del Pd. Il congresso si dovrà fare in modo serio, ripensando profondamente al Paese e all’Europa, le risposte alle nuove sfide un partito non può darle aggiungendo pezzi alla sua sinistra o alla sua destra. C’è bisogno di una visione all’altezza del tornante storico nel quale siamo interloquendo anche con quella parte di pensiero cattolico critico verso il liberismo e che parla di crisi antropologica. A chi teme uno spostamento a sinistra del Pd dico che dobbiamo confrontarci nell’analisi della fase e nella visione per affrontare le sfide inedite che abbiamo di fronte per contribuire a riportare l’Ue verso obiettivi di progresso. Nessuno vuole tornare indietro a modelli inservibili».
l’Unità 15.4.13
Quirinale, i giorni dei veti
Pd-Sel: inaccettabile il veto su Prodi
Lo strappo di Renzi: no a Marini e Finocchiaro
La consultazione dei parlamentari democratici: cercare l’intesa per l’elezione al primo voto
di Ninni Andriolo
Apochi giorni dall’elezione del Capo dello Stato Berlusconi gioca sui veti, ma cambia tattica e gioco. E dopo aver sbarrato la strada a ipotesi diverse da quelle del governissimo, affida a Bondi il compito di indicare altre strade. «Se dovesse persistere l’indisponibilità del Pd a far nascere un governo politico sottolinea il coordinatore del Pdl l’unica soluzione seria che resterebbe è quella di un governo del presidente o di scopo». Dopo aver arringato la folla di Bari ripetendo lo slogan “governissimo o voto” il leader Pdl rende ufficiale la posizione che traspariva nelle sue dichiarazioni della scorsa settimana. La disponibilità, cioè, a individuare variabili all’esecutivo delle larghe intese, costretto a prendere atto della indisponibilità del Partito democratico.
La dichiarazione di Bondi conferma che il Cavaliere, al di là della propaganda, considera le elezioni una extrema ratio da utilizzare come «arma di pressione». La conversione al governo di scopo non rappresenta «uno scivolo» verso il governo di cambiamento che propone Bersani. Ma sussurrano dal Pdl un modo per creare «difficoltà» al segretario democratico. L’ipotesi di uscire dallo stallo con un governo di scopo o del presidente riscontra consensi anche dentro il Pd e il Cavaliere prova a incunearsi nel dibattito interno al partito, se non addirittura ad anticipare scelte che potrebbero rivelarsi obbligate dopo l’elezione del Capo dello Stato. La richiesta Pdl di una soluzione “condivisa” per il Colle è stata accompagnata sabato scorso dal perentorio veto di Berlusconi contro Romano Prodi.
Bruciano ancora le ferite delle sconfitte elettorali che il Professore ha inferto al Cavaliere: «Se sarà eletto presidente andremo tutti all’estero», ha avvertito da Bari. «Non vorrei che si creasse un problema di emigrazione di massa questa la replica l’ex presidente della Commissione Ue Nella cosiddetta corsa per il Quirinale non ci si iscrive e non ci si deve nemmeno pensare». L’attacco del leader Pdl al padre fondatore del Pd crea malumore nel partito di Bersani. «È assurdo parlare dell’ex premier come di una figura che divide», spiega il deputato democratico Sandro Gozi. «In una democrazia parlamentare i veti sono inaccettabili sottolinea Luigi Zanda, presidente dei senatori Pd E lo sono in modo particolare se sono diretti contro personalità politiche che hanno dato molto all’Italia».
Nichi Vendola, intervistato da Lucia Annunziata, trova «intollerabile che si possa pensare all’esclusione di Prodi» per il Quirinale. Vendola auspica il metodo Boldrini-Grasso anche per l’elezione del Capo dello Stato sollevando dal Pdl un coro di polemiche contro la sinistra che «vuole occupare anche il Quirinale». Berlusconi mette le mani avanti e non si fida, pur sapendo che Bersani ricerca «con onestà» una soluzione condivisa da far decollare il 18 aprile, giorno delle prime votazioni. Il Pd farà di tutto per battere questa strada. Segretario e capigruppo alla Camera e al Senato proseguono le consultazioni con le altre forze politiche avviate la scorsa settimana. Zanda e Speranza incontreranno domani il M5S, Bersani dovrebbe rivedere Berlusconi nelle prossime ore.
Le presidenze Pd a Montecitorio e Palazzo Madama sondano i parlamentari ai quali, prima di giovedì, Bersani avanzerà la proposta definitiva per il Colle. «Una parte molto ampia dei senatori democratici, anzi la quasi totalità spiega Zanda è favorevole a una scelta largamente condivisa che possa portare a eleggere il nuovo presidente nelle primissime votazioni». Marini, Amato, Finocchiaro: questa la rosa delle candidature più probabili che verrebbe avanzata alle altre forze tenendo conto della necessità di ricercare figure di alto profilo politico-istituzionale per un settennato che si preannuncia difficile.
Dopo aver detto «no» a Franco Marini, Matteo Renzi ieri ha aggiunto al suo personale elenco di bocciati anche il nome di Anna Finocchiaro. «Sarebbe bello un presidente donna, ma leggo nomi sui giornali che sono improbabili ha affermato il sindaco di Firenze Finocchiaro la ricordiamo per la splendida spesa all’Ikea con il carrello umano».
Un attacco senza sconti all’ex capogruppo al Senato che ricorda la stagione delle primarie e della rottamazione. Veti ad esponenti di primo piano del Pd, dal Pdl ma anche dallo stesso del Partito democratico. Senza un vasto accordo parlamentare, anche con il partito di Berlusconi, alla quarta votazione è certo che tornerà in campo anche il nome di Prodi, emerso tra l’altro dal referendum on line del M5S (che oggi indicherà la candidatura definitiva). Nel Pd c’è molto fermento in queste ore. Tra i parlamentari non solo renziani c’è chi annuncia battaglia perché «la ricerca di una figura d’alto profilo non va sacrificata sull’altare di una candidatura condivisa ad ogni costo».
Dal Nazareno, però, assicurano che le scelte per il Colle non saranno «al ribasso» e che la condivisione, anche con il Pdl, verrà perseguita «fino a prova contraria». Il Pd «sta lavorando affinché il presidente della Repubblica sia individuato a larghissima maggioranza, visto che deve rappresentare l’unità della nazione chiarisce Davide Zoggia, deputato del Pd. I giudizi superficiali letti in queste ore sulle persone servono non a individuare un nome rispondente alle caratteristiche auspicate, ma solo a creare confusione e divisioni».
l’Unità 15.4.13
Fassina: «Eleggere subito un presidente di garanzia»
«Inaccettabili le sortite di chi dice no a questo o quel nome: si antepone l’ambizione personale all’interesse generale del Paese»
intervista di Maria Zegarelli
«Il nostro obiettivo deve essere quello di eleggere il nuovo presidente della Repubblica giovedì stesso». Stefano Fassina, responsabile Economia del Nazareno, teme che il paziente lavoro di questi ultimi giorni per trovare l’intesa con il Pdl e con le altre forze politiche in Parlamento, Grillo permettendo, possa saltare. «Un’ipotesi da scongiurare perché sarebbe un messaggio davvero brutto per il Paese», commenta.
Fassina, il rischio è che ci arriviate voi del Pd spaccati. Gli ex popolari vorrebbero Marini, Renzi lo ha già bocciato, come ha bocciato Finocchiaro. Non mi sembra un buon inizio.
«Vorrei ricordare a tutti che abbiamo dato un mandato all’unanimità al segretario, prima in direzione e poi nei gruppi parlamentari, per cercare una soluzione in grado di raccogliere un’ampia convergenza sul presidente della Repubblica. Una figura di garanzia per la Costituzione e che raccolga il consenso di un ampio schieramento politico. Non capisco, dunque, le continue sortite di singoli parlamentario o di Renzi che dicono sì o no a questo o quel nome. A che titolo parlano e come si collocano rispetto al mandato che abbiamo dato a Bersani? Forse i sondaggi iniziano a dare alla testa anche nel nostro partito».
Ammetterà che quello è lo snodo cruciale.
«A me sembra che chi fa questo gioco continua ad anteporre ambizioni personali all’interesse generale del Paese». Da Sel Vendola sostiene intollerabili i veti su Romano Prodi. Il punto è che il veto più grande lo ha posto Berlusconi. Come ne esce il Pd?
«I veti non vanno messi nei confronti di alcuno, tantomeno nei confronti di una personalità autorevole e del rango di Prodi. Dopodiché ritorno al nostro obiettivo, quello che il Pd si è dato: la ricerca di una soluzione autorevole, riconosciuta dai cittadini e da un ampio arco di forze politiche. Non possiamo permetterci di sbagliare su questo per un’uscita concordata dalla seconda Repubblica».
Crede che alla fine i gruppi parlamentari terranno sul nome che il segretario vi proporrà o ci saranno franchi tiratori?
«In un partito si discute nelle sedi previste, in questo caso i gruppi parlamentari, seguendo i criteri che ci si dà. Se è necessario si può anche votare a maggioranza sulla decisione finale, ma da quel momento in poi si rispetta la maggioranza e non esistono franchi tiratori».
Malgrado Bersani dica che si tratta di due partite distinte è evidente che chi punta ad andare al voto non ha alcun interesse a che si arrivi ad un presidente largamente condiviso.
«Non c’è dubbio che c’è, a partire da Berlusconi, chi vorrebbe fare uno scambio tra presidente della Repubblica e governo. Questo è inaccettabile, il principio di corresponsabilità si declina in modo diverso sul versante della riscrittura delle regole e del Presidente della Repubblica da un lato e dall’altro per il governo. Sul primo versante la corresponsabilità deve essere piena, sul secondo deve prevalere la coerenza rispetto al programma di governo».
Ma al governo di cambiamento sono sempre di meno quello che ci credono nel suo partito. Da Veltroni allo stesso D’Alema, sono sempre di più quelli che lo ritengono di difficile realizzazione. «Qualunque altro governo, diverso da quello di cambiamento proposto da Bersani, sarebbe un governo di piccolo cabotaggio, di continui compromessi al ribasso, che amplierebbe il divario tra istituzioni e cittadini. La determinazione a perseguire un governo di cambiamento non è un capriccio di Bersani ma la convinzione che il Paese ha bisogno di misure incisive, forti, soprattutto in tema di economia, welfare, lavoro e moralità nella vita pubblica».
Le ripeto: nel suo partito c’è chi non ci crede. Perché con il nuovo presidente della Repubblica dovrebbe essere possibile ciò che finora non lo è stato? «Perché cambierebbe il clima, ci sarebbe minore conflittualità tra le forze politiche dopo aver condiviso la scelta di un presidente della Repubblica. Un presidente che, nel pieno dei propri poteri, potrebbe anche sciogliere le Camere. Sinceramente non capisco quanti fin da ora si rassegnano rinunciando a fare un tentativo, che invece ritengo necessario, per dare al Paese un governo di cambiamento vero».
Nel Pd intanto si è già aperta la fase congressuale. Gli ex popolari non gradiscono l’idea di un partito con Sel e il Manifesto di Barca. Tutta questa carne al fuoco non rischia di far bruciare il Pd? «Queste mi sembrano discussioni premature, sarebbe meglio concentrarci tutti sulla stretta attualità. È una discussione insopportabilmente politicista. La Memoria di Barca è la Memoria di Barca, non il manifesto di una parte del Pd. Il congresso si dovrà fare in modo serio, ripensando profondamente al Paese e all’Europa, le risposte alle nuove sfide un partito non può darle aggiungendo pezzi alla sua sinistra o alla sua destra. C’è bisogno di una visione all’altezza del tornante storico nel quale siamo interloquendo anche con quella parte di pensiero cattolico critico verso il liberismo e che parla di crisi antropologica. A chi teme uno spostamento a sinistra del Pd dico che dobbiamo confrontarci nell’analisi della fase e nella visione per affrontare le sfide inedite che abbiamo di fronte per contribuire a riportare l’Ue verso obiettivi di progresso. Nessuno vuole tornare indietro a modelli inservibili».
Re: quo vadis PD ????
E certo che ci sarà una scissione ... i toni sono troppo alti , come può pensare Renzi di essere appoggiato , domani, da quelli che oggi sta prendendo a bastonate.soloo42000 ha scritto:Si parla di Renzi.
Io lo critico politicamente essendo che la sua linea e` liberista.
Ma lo critico anche come politico, essendo che e` un opportunista.
Detto questo, il PD oggi non starebe in questa gravissima crisi se:
1. avesse fatto politica e campagna elettorale invece di farsi infinocchiare da Monti, prima nel governo e poi in campagna
2. i suoi stessi elettori de' sinistraaa non avessero votato col pisello disperdendo almeno il 10% di consensi su due noti cialtroni
3. in mezzo a questo casino avesse trovato di meglio che proporre i soliti Amato, Marini & Co per compiacere chi? ma lui: Berlusconi!!!!!
4. e in cambio di che gli regaliamo un presidente compiacente? di 6 mesi di governicchio Bersani!!!!!
Ma non era neanche da pensare.
E invece tutti giu` (a partire da Renzi) a dire che il presidente deve essere gradito anche a Berlusconi.
Ma figuriamoci.
Non sorprendiamoci se ci sara` una scissione.
Questa cosa non puo` reggere.
L'ho scritto piu` e piu` volte.
Pagheremo caro, pagheremo tutto.
Tutti i nostri stramaledetti errori.
Ognuno i suoi, compresi quelli che stanno a casa o votano col pisello.
Ciao.
soloo42000
A me l'unica cosa che non mi torna è l'incontro con baffino, che quando si mette in mezzo lui le macchinazioni sono garantite.
Vogliono fare una bad company e affondarla?
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Re: quo vadis PD ????
Amadeus ha scritto:E certo che ci sarà una scissione ... i toni sono troppo alti , come può pensare Renzi di essere appoggiato , domani, da quelli che oggi sta prendendo a bastonate.soloo42000 ha scritto:Si parla di Renzi.
Io lo critico politicamente essendo che la sua linea e` liberista.
Ma lo critico anche come politico, essendo che e` un opportunista.
Detto questo, il PD oggi non starebe in questa gravissima crisi se:
1. avesse fatto politica e campagna elettorale invece di farsi infinocchiare da Monti, prima nel governo e poi in campagna
2. i suoi stessi elettori de' sinistraaa non avessero votato col pisello disperdendo almeno il 10% di consensi su due noti cialtroni
3. in mezzo a questo casino avesse trovato di meglio che proporre i soliti Amato, Marini & Co per compiacere chi? ma lui: Berlusconi!!!!!
4. e in cambio di che gli regaliamo un presidente compiacente? di 6 mesi di governicchio Bersani!!!!!
Ma non era neanche da pensare.
E invece tutti giu` (a partire da Renzi) a dire che il presidente deve essere gradito anche a Berlusconi.
Ma figuriamoci.
Non sorprendiamoci se ci sara` una scissione.
Questa cosa non puo` reggere.
L'ho scritto piu` e piu` volte.
Pagheremo caro, pagheremo tutto.
Tutti i nostri stramaledetti errori.
Ognuno i suoi, compresi quelli che stanno a casa o votano col pisello.
Ciao.
soloo42000
A me l'unica cosa che non mi torna è l'incontro con baffino, che quando si mette in mezzo lui le macchinazioni sono garantite.
Vogliono fare una bad company e affondarla?
Non sorprendiamoci se ci sara` una scissione.
Questa cosa non puo` reggere.
L'ho scritto piu` e piu` volte.
Pagheremo caro, pagheremo tutto.
Tutti i nostri stramaledetti errori.
Ognuno i suoi, compresi quelli che stanno a casa o votano col pisello.
Non puoi continuamente a scaricare i tuoi di errori proiettandoli su “presunti” errori di altri.
Se altri (3,5 milioni di persone, quasi un terzo, quindi non bruscolini) hanno preferito altre soluzioni non puoi definirli che ha votato col pisello solo perché non hanno la tua stessa visione. Compresi quelli che stanno a casa, dove poi arrivi anche tu alla stessa conclusione.
Gli errori li hanno commessi coloro che hanno confidato che facendo fessi ancora una volta di più gli elettori vendendo pezzi di vetro spacciati per diamanti in cambio di oro, come facevano i furbetti bianchi con i pellerossa, potevano campare in eterno all’interno della cittadella dorata della casta.
Per il momento solo 3,5 milioni su 12 milioni del 2008 si sono accorti delle bufale che vendono. Più il tempo passa e altre persone apriranno gli occhi, con le debite conseguenze.
Se continui a vendere prodotti avariati come facevano i vecchi magliari in Germania, prima o poi qualcuno se ne accorge.
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Re: quo vadis PD ????
Non puoi continuamente a scaricare i tuoi di errori proiettandoli su “presunti” errori di altri.
Se altri (3,5 milioni di persone, quasi un terzo, quindi non bruscolini) hanno preferito altre soluzioni non puoi definirli che ha votato col pisello solo perché non hanno la tua stessa visione. Compresi quelli che stanno a casa, dove poi arrivi anche tu alla stessa conclusione.
Gli "orrori politici" non sono affatto PRESUNTI.
L'alternativa c'era.
Si chiamava SEL.
Li il tuo voto di CSX sarebbe stato relativamente al sicuro da macchinazioni.
Invece 3.5M hanno votato col pisello.
Perche` Vendola, ex comunista, ex rifondazione, il "cattolico gay con l'orecchino"
dileggiato dalla destra e osteggiato dalla Chiesa, impegnato nella campagna per
i beni pubblici, ottimo presidente della regione Puglia, l'avete considerato
troppo "democristiano".
Peggio per voi.
Peggio per tutti.
Ci vedremo nel deserto.
Ciao.
soloo42000
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Re: quo vadis PD ????
@mariok
hai commentato, con appoggio di articolo, che renzi ha trattato bene la Finocchiaro. è una tua posizione che rispetto ma non condivido.
Adesso aspetto che commenti la frase ultra populista di renzi: "dico quello che pensano milioni di italiani".
Io e molti di noi in questo forum non siamo i quei milioni di italiani a cui renzi si riferisce, quindi è abbastanza evidente che egli si riferisca ai milioni di italiani che votano pdl.
renzi, in una fase cruciale per la elezioni del PdR, va a parlare un'ora con la mummia cinese. a che titolo?
è evidente a tutti che renzi sta lavorando per di distruggere il PD.
Si è visto nella trasmissione Gazebo di Diego Bianchi in arte Zoro (Rai3) che la manifestazione "a porte chiuse" del PD di Bersani a Roma sulla povertà era male organizzata, piccolo auditorium, niente striscioni, niente manifesti di informazione nella città, ergo niente soldi spesi perchè obiettivamente il PD in questa fase ha solo debiti, il tutto confrontato con una manifestazione a Bari del PDL con soldi spesi a profusione, pullman, bandiere,striscioni, magliette, cappellini, palco e diplay giganti, ecc. ecc. Qui il consenso se lo comprano eccome!
Indubbiamente Bersani ed il suo PD, i bersaniani intendo, stanno portando avanti una strategia perdente sul nuovo pdr per cui mi aspetto un colpo di coda, come venne fatto per i due presidenti delle camere, cioè che si elegga un presidente di alto profilo istituzionale, tipo Rodotà o Zagrebelsky.
Io spero in questo, altrimenti il PD va verso la scissione e la scomparsa della scena politica.
hai commentato, con appoggio di articolo, che renzi ha trattato bene la Finocchiaro. è una tua posizione che rispetto ma non condivido.
Adesso aspetto che commenti la frase ultra populista di renzi: "dico quello che pensano milioni di italiani".
Io e molti di noi in questo forum non siamo i quei milioni di italiani a cui renzi si riferisce, quindi è abbastanza evidente che egli si riferisca ai milioni di italiani che votano pdl.
renzi, in una fase cruciale per la elezioni del PdR, va a parlare un'ora con la mummia cinese. a che titolo?
è evidente a tutti che renzi sta lavorando per di distruggere il PD.
Si è visto nella trasmissione Gazebo di Diego Bianchi in arte Zoro (Rai3) che la manifestazione "a porte chiuse" del PD di Bersani a Roma sulla povertà era male organizzata, piccolo auditorium, niente striscioni, niente manifesti di informazione nella città, ergo niente soldi spesi perchè obiettivamente il PD in questa fase ha solo debiti, il tutto confrontato con una manifestazione a Bari del PDL con soldi spesi a profusione, pullman, bandiere,striscioni, magliette, cappellini, palco e diplay giganti, ecc. ecc. Qui il consenso se lo comprano eccome!
Indubbiamente Bersani ed il suo PD, i bersaniani intendo, stanno portando avanti una strategia perdente sul nuovo pdr per cui mi aspetto un colpo di coda, come venne fatto per i due presidenti delle camere, cioè che si elegga un presidente di alto profilo istituzionale, tipo Rodotà o Zagrebelsky.
Io spero in questo, altrimenti il PD va verso la scissione e la scomparsa della scena politica.
Ultima modifica di Joblack il 16/04/2013, 11:07, modificato 1 volta in totale.
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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Re: quo vadis PD ????
Era GIA' evidente quando girava col camper con su scritto adesso SENZA le insegne del PD.è evidente a tutti che renzi sta lavorando per di distruggere il PD.
...purtroppo non mi appassiona neanche la Finocchiaro.
E' la stessa mia speranza ma resterà solo una speranza di difficile realizzazione.che si elegga un presidente di alto profilo istituzionale, tipo Rodotà o Zagrebelsky.
La scissione è già di fatto, su quanti voti PD può contare Bersani? Il 50%?...altrimenti il PD va verso la scissione e la scomparsa della scena politica.
un saluto erding
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