Come se ne viene fuori ?

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erding
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da erding »

Joblack ha scritto:
erding ha scritto:#TuttiaRoma - Appello agli italiani

Credo che i grillini siano pacifici ma... occhio alle possibili infiltrazioni di violenti e provocatori.

mi sembra una stupidità
Dici??
Diciamo che la destra si sente nella "stanza dei bottoni"

E la destra non tollera la piazza ele manifestazioni di dissenzo, sempre pronta a delegittimare
e far passare per violenti i manifestanti.
pancho
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da pancho »

Joblack ha scritto:Io penso che il PD dalla sua dirigenza a tutti i suoi eletti in parlamento devono dire Uno x Uno i motivi x cui hanno detto no al nome di Rodotà.

Se i motivi non fossero validi gli elettori PD pretendano le dimissioni dei rappresentanti.
Lo hanno sempre detto caro Joblack. Il PD si sarebbe rotto poiche ci sono due linee di pensiero:
1^ cercare in tutti i modo di creare un rapporto con i M5S
l'altra
2^ cercare in tutti i modi un governissimo col PDL e Monti.

Lo ha detto puree un senatore del PD anche questa sera in un'intervista.

Han lasciato fare a Bersani le prime mosse con il M5S avendo pero' la sua controparte che lavorava molto perche' non si raggiungesse all'accordo.

Pur avendo la maggioranza come corrente non ha avuto gli stessi mezzi mediatici della minoranza a cominciare da Repubblica.

Ha fallito e in un certo qualmodo era anche prevedibile perche certe vecchie lobbies ancora legate alla vecchia DC e come pure quelle della Chiesa non hanno permesso questo passo.

Son sicuro che se ne sia accorto ma per la sua testardaggine ha voluto cmq proseguire.

Per questo, gli si potrebbe anche regalare un bel chapeau.Se lo meriterebbe.

Ha vinto la linea dell'inciuco e ora vorrebbero farla passare come l'unica via realistica. Lui non ci sta' e ' si e' dimesso Chapeau!

Speriamo di non cascarci un'altra volta anche noi altrimenti sarebbe piu' giusto che ci sodomizzassero pure. Tanto ormai ci manca solo questo.

Eppure c'e' ancora una gran parte che continua a difenderli e in parte lo noto anche qui. Chapeau anche a voi ma al contrario.

Che fare allora? Sperare che chi ha fatto il danno trovi anche la soluzione?


O illusi....... direbbe qualcuno, credete proprio che la fine del comunismo storico (insisto sullo "storico") abbia posto fine al bisogno e alla sete di giustizia?

La democrazia ha vinto la sfida del comunismo storico, ammettiamolo.

Ma con quali mezzi e con quali ideali si dispone ad affrontare gli stessi problemi da cui era nata la sfida comunista? "
.


E non e' finita qui. Il prossimo venturo ci riservera' cose che noi umani non abbiamo mai visto e allora che potranno dire coloro che sostengono ancora questa "strategia" politica. Potranno ancora giustificarsi che non si poteva fer maglio con la situazione lasciataci ?

Lo han detto tutti e continueranno a raccontarcelo ancora, tanti i merli non finiscono mai in questo paese.

Becchime non manca mai. Purtroppo questa razza prolifera + dei topi. Son batterie che lavorano incessantemente 24h su 24h a bassi costi ma dal profitto enorme.


che devo aggiungere ancora...???

un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
cielo 70
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da cielo 70 »

Amadeus ha scritto:la carica dei 101 porta la firma di D'alema e dei sostenitori di Marini , margherita e popolari.
Ritengo anche Veltroni, del quale non se ne parla. Anche lui è sempre stato uno che voleva dialogare col bandito.
Joblack
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Joblack »

cielo 70 ha scritto:
Amadeus ha scritto:la carica dei 101 porta la firma di D'alema e dei sostenitori di Marini , margherita e popolari.
Ritengo anche Veltroni, del quale non se ne parla. Anche lui è sempre stato uno che voleva dialogare col bandito.
Secondo me è proprio Veltroni la serpe in seno al PD con due degni compari, Violante e D'Alema.
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)

‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Amadeus ha scritto:non è questione di lucidità ma di diversi livelli di percezione ;)

io ci vedo un lapsus :mrgreen: :D che evidentemente tu non vedi ( ma è normale, se lo vedessi non sarebbe più un lapsus).

la cosa di jfk era chiaramente ironica .... 8-)


che :…… compreso l'omicidio di jfk……fosse un iperbole come definisce chiaramente:


Iperbole
Enciclopedia dell'Italiano (2010)
di Dario Corno
iperbole

1. Definizione
L’iperbole (dal gr. yperbolḗ, in lat. superlatio) è una figura retorica che consiste nel portare all’eccesso il significato di un’espressione, amplificando o riducendo il suo riferimento alla realtà per rafforzarne il senso e aumentarne, per contrasto, la credibilità.

Tradizionalmente, l’iperbole coincide con l’esagerazione, cioè col proferire un enunciato in cui il riferimento alla realtà è reso calcolatamente incredibile proprio per intensificare l’espressione di partenza fino a portarla al massimo o al minimo grado, con effetti di varia natura, anche ironici e paradossali



era chiara.


E’ il resto che non è chiaro:

……….se poi volete dare la colpa di tutto a Renzi ,…………………………………………, fate vobis.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Un antico testo anonimo firmato "il vecchio oligarca" - "La costituzione degli ateniesi" - sosteneva che la democrazia degenera senza avere le energie per autoriformarsi.
Gustavo Zagrebelsky



Come inizia una guerra civile – 76
La cruna dell’ago - 42
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 42


La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 21
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY

Cronaca di un affondamento annunciato - 21


*****


Lucia Annunziata
Direttore, L'Huffington Post

L'applauso e le urla. La drammatica elezione di Napolitano sancisce il default del sistema

Pubblicato: 20/04/2013 21:18

L'applauso dentro l'emiciclo di Montecitorio. Le urla nella Piazza di fronte Montecitorio. Rare volte l'aggettivo drammatico è stato usato più appropriatamente per le vicende di questi nostri ultimi anni.

A Giorgio Napolitano va in queste ore il nostro ringraziamento per essersi reso disponibile ad assumere, dopo un settennato così faticoso, un incarico che si presenta ancora più faticoso. Ma la sua rielezione dà poche ragioni per felicitarsi.

Questo secondo mandato, non a caso il primo nella storia della Repubblica, è nella sua eccezionalità il segno sicuro di un default del sistema: i partiti non sono stati in grado di esercitare il loro peso, non hanno avuto né l'abilità politica né la forza numerica di trovare da soli un uomo che li rappresentasse. E sono tornati dal Presidente, l'uomo che ha già risolto a questi partiti tante grane, a chiedergli di essere aiutati, come bambini, o, se preferite, come dei questuanti.

Un default, appunto, tanto più pesante per le istituzioni in quanto è il secondo nel giro di meno di due anni. Nel 2011, di fronte alla gravità della crisi economica nessuno dei due principali partiti, Pdl e Pd, se la sentì né di continuare a governare né di andare alle elezioni: troppa la responsabilità da accollarsi nel varare gravose misure di risanamento, e troppo incerti i risultati delle urne. Anche allora fu il Presidente Napolitano a offrire una soluzione , nominando nel novembre Mario Monti, che alla fine è stato, appunto, massacrato dalla difficoltà del momento.

Ma nei mesi passati da quel Novembre i partiti non hanno evitato l'onda d'urto dello scontento popolare, del desiderio di cambiamento. E' evidente proprio nelle vicende di queste settimane che non hanno ritrovato forza. Ricordiamo che prima della nuova salita al Quirinale dei vari leader politici, abbiamo assistito in rapida sequenza a una serie di mini collassi dell'ordine esistente: un risultato elettorale ingestibile, l'affermarsi del M5S in rappresentanza di un terzo dell'elettorato, la impossibilità di fare un governo, e lo schiantarsi del partito, il Pd, che sia pur di misura aveva vinto nelle urne.

Dunque ora abbiamo un presidente - e dobbiamo esserne contenti, perché il paese è da troppe settimane senza nessuna vera struttura di gestione, mentre nel territorio si moltiplicano le fabbriche chiuse e le famiglie in difficoltà. Ma, come si diceva, c'è poco da festeggiare.

Non si può infatti ignorare che questa soluzione è stata accolta anche dal rifiuto di alcune migliaia di persone riunite a Piazza Montecitorio. Non era mai successo, a nostra memoria, un fatto del genere. E anche se gli applausi dell'emiciclo alla nomina di Napolitano hanno superato il rumore delle grida fuori, non ne hanno certo cancellato l'esistenza. Davanti al Parlamento c'erano cittadini mobilitati da varie organizzazioni, c'era il nome di un uomo, Stefano Rodotà (certo non descrivibile come un rivoluzionario antisistema), c'erano i parlamentari di due dei partiti che in Parlamento siedono, il M5S e Sel, nonché l'adesione di uomini e sindacalisti come Barca, Cofferati, Landini,anche loro parte da anni della storia della sinistra.

A tutti loro si possono muovere critiche, perché questo è parte della democrazia. A Beppe Grillo è stato rimproverato (Rodotà ne ha preso le distanze) il suo arrivo a Roma, che evoca memorie terribili. Ma non si può cancellare il fatto che nel paese c'è una grande richiesta di cambiamento. Né si può negare che la rielezione di un Presidente è tutto meno che una trasformazione verso il nuovo.

Napolitano è uomo di esperienza e attenzione. Saprà tenere conto anche di questo prepotente domanda di cambiamento? Lo vedremo presto, nel tipo di governo che indicherà. Attendiamo dunque il nome del premier incaricato. E attendiamo di sapere quanti e quali saranno i ministri..

Una richiesta precisa al Presidente però va fatta subito: che questo nuovo governo formuli con chiarezza la sua missione, e che risponda con altrettanto chiarezza a ogni suo fallimento. Nessuno in Italia, nel clima di incertezza e paura che segna il paese, accetterà più governi tirati per le orecchie, governi stirati nel tempo pur di non morire, governicchi e pasticci politici che sopravvivono giusto per durare.

http://www.huffingtonpost.it/lucia-annu ... _ref=italy
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

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Il termine usato da Lucia Annunziata, default del sistema, è inappropriato nel voler definire quanto accaduto nelle ultime ore, in quanto come riferisce la Treccani.it , “Quando si dice di default non si intende niente di negativo”, mentre il termine appropriato è crash, che dall’inglese corrisponde a schianto, a scontro.

Mentre in informatica crash significa: blocco o improvvisa chiusura, non richiesta, di un programma o dell'intero sistema operativo.

**

DEFAULT

Quando si dice di default non si intende niente di negativo. La locuzione, piuttosto diffusa anche nel parlato colloquiale delle persone colte o che hanno una certa pratica col linguaggio dei computer, è attestata nell’italiano scritto per la prima volta nel 2006 e significa ‘in modo automatico, come di consuetudine’:le prime venti flessioni le faccio di default, poi devo concentrarmi seriamente, tanto per fare un esempio. La pura neutralità della locuzione figurata è figlia della pura neutralità del vocabolo da cui la locuzione deriva, l’inglese default , letteralmente ‘mancanza, assenza, difetto’ ma, nel linguaggio dell’informatica inglese (e dal 1991 in italiano), «condizione operativa automaticamente selezionata da un programma o da un sistema informatico in mancanza di una istruzione specifica da parte dell’operatore», secondo la definizione fornita dal Vocabolario Treccani.it.

http://www.treccani.it/magazine/lingua_ ... fault.html


**

Qui siamo di fronte ad “un blocco del sistema operativo”.

Mentre è giusta l’osservazione che è il secondo crash in meno di 2 anni.

Durante il primo crash del “computer” Italia, il Capo dello Stato ha affidato la riparazione ad un capo tecnico e ad una squadra di tecnici non all’altezza del compito. Ha riparato alcune schede, permettendo però che la scheda madre si danneggiasse in modo irreversibile tanto da risultare non più riparabile.

I danni provocati da Monti, come responsabile del suo governo, hanno prodotto i risultati indotti del 26 febbraio, che a loro volta hanno generato questo secondo crash, in cui un vecchio presidente che aveva ribadito in tutti i modi possibili la sua indisponibilità assoluta a rimanere al Colle, viene costretto a rimanere al suo posto perché la casta fallita già nel novembre 2011 non è in grado neppure di eleggere il presidente della Repubblica, figuriamoci a governare una situazione di emergenza che neppure Alcide De Gasperi e Luigi Einaudi non saprebbero come fare.

I falliti che mirano all’inciucio si sono rivolti a Napolitano e hanno tirato il fiato quando ha accettato.

Non hanno però calcolato quale sono i riflessi internazionali di questa decisione.

E’ la certificazione ufficiale che l’Italia è un Paese inaffidabile.

Il sistema della vecchia casta dei morti viventi non si rassegna ad appendere le scarpe al chiodo e questo porterà alla completa rovina del sistema Paese.

Il dramma nel dramma è che non esiste una classe dirigente di ricambio. I giovani danno in continuazione segnali di essere come i vecchi, se non in certi casi peggiori.

Sembra quasi impossibile credere che su 47 milioni di adulti non ci sia una nuova classe dirigente. Per il momento, se esiste, si è celata al mondo della politica.

La segnalazione avanzata da Zagrebelsky :

Un antico testo anonimo firmato "il vecchio oligarca" - "La costituzione degli ateniesi" - sosteneva che la democrazia degenera senza avere le energie per autoriformarsi.

diventa ogni giorno più evidente.
erding
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da erding »

RIELEZIONE DI NAPOLITANO: IL CETO POLITICO OCCUPA E CANCELLA LA DEMOCRAZIA

La rielezione di Napolitano, fatto mai avvenuto nella storia della repubblica italiana, è un altro drastico passo verso un presidenzialismo privo di contrappesi che trae alimento velenoso dalla crisi stessa dei partiti.
La scelta potenzialmente eversiva del nuovo Presidente della Repubblica è uno schiaffo in faccia all'unica evidenza emersa dalle recenti elezioni: che la maggioranza del Paese ritiene questo ceto politico corresponsabile di un'occupazione della nostra democrazia. Di tutto ciò Napolitano si è reso garante. La sua rielezione serve a ribadire che il contratto sociale si è rovesciato: vale quello stipulato tra ceto politico e poteri forti, e non tra poteri istituzionali e cittadini.
Il delirio di questi giorni ha smascherato l'incapacità dei partiti di elaborare il lutto per la loro stessa morte; per una mutazione dei rapporti sociali che è ormai nelle cose. Il reale ha una sua necessità, ed esso vira necessariamente verso il cambiamento.
Questi giorni, accanto alla psicosi dei partiti, hanno mostrato come frammenti di paese si stanno avvicinando e stanno facendo fronte, sotto il segno di una battaglia comune contro le squilibrate politiche di austerità, per la giustizia ambientale e sociale, per la difesa dei beni comuni e, in questo caso, sotto un nome la cui autorevolezza indica una direzione di marcia per tutti. Mentre i partiti si frammentano e si dissolvono, c'è un mondo che si scopre sempre più unito nella necessità di cambiare le cose. Nel disorientamento della politica, sappiamo da che parte stare e verso dove andare. ALBA farà la sua parte, insieme.

ALBA- Comitato Operativo Nazionale

_______________________________________________
Newsletter nazionale di ALBA - Soggettopolitico Nuovo
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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Un antico testo anonimo firmato "il vecchio oligarca" - "La costituzione degli ateniesi" - sosteneva che la democrazia degenera senza avere le energie per autoriformarsi.
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Come inizia una guerra civile – 78
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La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 44
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 23
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La premiata ditta “Pompe funebri – Becchini & Becchini” - 1
(Per il funerale del Pd niente fiori ma opere di bene - bene con la b)

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Se Berlusconi ride e Pierluigi piange (Concita De Gregorio).
21/04/2013 di triskel182

IL BIS DI NAPOLITANO AL QUIRINALE PRIMO PRESIDENTE RIELETTO ACCETTA DOPO IL PRESSING DI PD E PDL.
Le resistenze del Partito Democratico su Rodotà e i vecchi rancori del ‘92 Per molti il voto di ieri ha segnato la fine della democrazia parlamentare.

SONO le sei e dieci di sabato pomeriggio quando Berlusconi e Bersani rientrano in aula per essere lì nel momento in cui Laura Boldrini leggerà per la cinquecentoquattresima volta il nome di Napolitano, confine numerico della rielezione.

BERLUSCONI ride, giù in basso a destra. Bersani piange, in alto a sinistra. Applaudono, entrambi felici di essere stati riportati in vita dalla concessione del vecchio Presidente: va bene, se non trovate altro, se proprio non c’è altro modo allora accetto. Alle mie condizioni: per un tempo limitato e con un consenso ampio.


Berlusconi esulta circondato dalle sue ragazze elette in Parlamento, perché se fossero passati Prodi o Rodotà sarebbe stato fuori dai giochi, dal governo prossimo venturo, da tutto.


Così invece si farà un governo all’antica maniera, che sia del presidente o politico non importa: quello che importa è che Berlusconi sarà lì, protagonista di nuovo, resuscitato ancora.


Sarà molto pesante, per giunta, nel nuovo governo perché senza l’appoggio di Sel la delegazione Pdl-Lega avrà anche alla Camera la maggioranza, rispetto al Pd. Amato premier Alfano vice, si dice. O forse Letta-Letta, zio e nipote, coi “saggi” dentro.

Il Pdl conterà e deciderà parecchio. Bersani piange di commozione attorniato dai suoi Speranza e Gotor, da Stumpo e da tutto il gruppo dirigente di un partito dissolto in un rivolo di correnti assetate l’una del sangue dell’altra, morto nel minuto esatto di venerdì 19 in cui il fondatore Romano Prodi è stato affondato, dopo essere stato acclamato, da 101 voti occulti in dissenso.

Per spregio, per vendetta, per antichi rancori personali e politici.

Un segretario e un gruppo dirigente dimissionari, responsabili di una clamorosa serie di fallimenti che hanno lasciato sul selciato di questa corsa al Colle i nomi di anziani e rispettabili leader come Marini, Prodi, indirettamente Rodotà che sarebbe stato presidente se il Pd non avesse deciso di escluderlo per una ripicca ancora oggi inspiegata: doveva telefonare lui per primo, doveva dichiarare di essere uomo del Pd e non solo di Grillo, si sente dire come fosse la storia di un’amicizia contesa tra adolescenti e non invece una vecchia resa dei conti politica che ha origine nel ’92, come vedremo, e che ha sbarrato la strada ad un’alternativa di campo tutta a sinistra: Rodotà, spiega bene Vendola che da oggi con Fabrizio Barca diventa il perno dello spazio a sinistra lasciato sgombro dal Pd, avrebbe «cambiato schema di gioco, avrebbe consentito di fare un governo con le forze di questo Parlamento, avrebbe tagliato fuori Berlusconi.



Hanno avuto paura, sono tornati indietro invece di andare avanti. Siamo fermi a metà del 900, una restaurazione. Preferiscono governare con Alfano pur di restare vivi. Ma è un’illusione. E’ solo una proroga dell’agonia ».



Una restaurazione. Una proroga. Una scena anni Novanta che si ripete qui, in aula, oggi, mentre nel mondo fuori i circoli del Pd sono in rivolta e le piazze in ebollizione.



Una foto in bianco e nero, un fermo immagine con Berlusconi e Bersani nascosti dietro la sagoma grande di Napolitano, chiamato a colmare il vuoto della politica. Nascosti dietro una figura inattaccabile, richiamata in servizio alla soglia dei 90 anni facendo leva sul suo amore per l’Italia: che ha bisogno di stabilità, di un governo, di un credito internazionale.


E, ipocritamente, nascosti dietro al fatto che nessuno potrà osare dire una sola parola contro di lui, il Presidente, non una di quelle che avrebbero detto contro di loro.


Come i bambini dietro al fratello grande.


Salvo che si tratta appunto «di una sconfitta della politica, questo è chiaro», dice Anna Finocchiaro. Di un’ammissione di impotenza. Di un certificato di morte di partiti che non sono stati in grado di dar vita a una maggioranza parlamentare capace di esprimere un presidente prima e un governo poi. Si celebra dunque la fine della democrazia parlamentare, oggi.


Dopo il funerale del Pd, le esequie di un sistema «che non rappresenta più né il Paese né se stesso – dice Roberto Morassut, pd – e si va diritti verso il presidenzialismo, sperando almeno che sia fatto con buone regole.


L’elezione diretta del capo dello Stato, in effetti, ha ormai solo bisogno di norme che la sottraggano al web».



Il Parlamento è impotente, paralizzato, barricato dentro le sue mura.



Sono le sei e dieci del pomeriggio, e i Cinquestelle sono i soli che restano seduti e non applaudono. Vergognatevi, alzatevi, gli gridano da destra – a destra sono in effetti i più entusiasti.



Non si vergognano né si alzano. Pippo Civati, che ha votato scheda bianca e che per settimane ha fatto la spola fra i dirigenti Pd e i cinquestelle, dice: «Mi hanno mandato da loro a trattare e poi mi hanno lasciato lì come il soldato Ryan. Nessuno voleva avere notizie. A nessuno interessava niente, dei cinquestelle, in realtà. Volevano solo l’eterno ritorno dell’uguale».



Alessia Rotta, neoeletta pd di Verona, dice che «i vecchi del pd hanno fatto come le murene dietro gli scogli, hanno affossato Prodi per i loro calcoli, non hanno voluto Rodotà per la loro sopravvivenza e poi hanno provato a dare la colpa a noi, dicendo che sono i giovani incontrollabili che danno retta al web, quelli eletti dalle primarie, ad aver tradito.



Ma non è così, non è vero. Io ho votato Prodi, e poi Napolitano: la resa dei conti è tutta roba loro». Altre schede bianche, nel voto a Napolitano, sono arrivate da Tocci, da Antonio Decaro deputato barese che ha proprio scritto “Bianca”, il nome di sua figlia.


Corradino Mineo aveva votato contro già nella riunione mattutina del gruppo, unico no.


Civati era un ragazzino, dice che se lo ricorda di quando nel ’92 Rodotà scrisse un testo durissimo contro la corruzione a Milano, contro i miglioristi del Pci lombardo.


Si ricorda che poi, subito dopo, gliela fecero pagare eleggendo alla presidenza della Camera un migliorista del Pci, appunto, e non lui: l’eletto era Giorgio Napolitano.


Hanno la memoria lunga, gli eredi del Pci.

Racconta Laura Puppato che venerdì mattina è andata nella stanza di Bersani, al piano terra di Montecitorio, a dirgli: per quel che sento dai cinquestelle si può provare a chiedere a Rodotà di ritirarsi di fronte alla candidatura Prodi, lo vuoi chiamare tu, segretario?


Bersani ha risposto no, io non lo chiamo, parlaci tu.


E così nessuno degli anziani compagni di partito ha chiamato Rodotà, hanno mandato avanti la neoeletta Puppato.




«Doveva essere lui a chiederci i voti», dice il “giovane turco” Matteo Orfini.




Chiami tu, chiamo io, no chiama lui. Una candidatura naufragata così, le vere ragioni occultate dalle presunte buone maniere.


Una rielezione, questa di Napolitano, che nasce – dice Walter Verini, veltroniano – «dalla Capaci della politica come quella di Scalfaro nel ’92 fu determinata dalla morte di Falcone.

Solo che oggi la voragine è qui dentro».

Tutta la manfrina sui nomi “divisivi” non era altro che un modo per occultare – male, tra l’altro – l’incapacità dei tre blocchi usciti dalle elezioni di allearsi alla luce del sole: Pd-Pdl era un inciucio, e così è morto Marini, Pd-Cinquestelle era una resa, e così è morto Rodotà.


Prodi è stato ucciso invece per mano del Pd, che ha fatto al tempo stesso harakiri. Si torna ora alle case madri, come da anni invoca D’Alema: un partito nettamente di sinistra che vedrà protagonisti Vendola e Barca, quest’ultimo ieri tardivamente intervenuto a sostegno di Rodotà. E poi il sindaco Emiliano, e i tanti altri che dal Pd in tutta Italia hanno chiesto invano un cambio di passo.


«Chiederemo di entrare nell’internazionale socialista», ha detto Vendola.

Chiarissimo: saremo la sinistra in Europa.

Dall’altra un partito di centro con una lieve propensione a sinistra, con Renzi alla guida.



La scissione è ormai alle porte.


Chi ieri ha votato “Francesco Guccini”, nell’urna, dice che «non si può andare avanti guardando all’indietro».

Dice anche che quando cadono gli equilibristi, al circo, entrano in scena i clown.

Ma non c’è niente da ridere, perchè «siamo come funamboli che camminano sulla fune, in bilico sul baratro, e l’idea di restare immobili fermando il film di Napolitano non può funzionare a lungo».

Perché, come tutti sanno, quando si è sulla fune a restare immobili si cade.

La paura paralizza, poi uccide.

Da La Repubblica del 21/04/2013.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Ieri sera Scalfarotto a In onda :

Scalfarotto : lo sa che lei è coraggioso a camminare da solo…..

“Ladri, ladri, ladri”, urla la folla….


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Franceschini contestato al ristorante

http://www.youtube.com/watch?v=ihorhmNMv5A
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