Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Un antico testo anonimo firmato "il vecchio oligarca" - "La costituzione degli ateniesi" - sosteneva che la democrazia degenera senza avere le energie per autoriformarsi.
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Come inizia una guerra civile – 90
La cruna dell’ago - 56



La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 56



La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 35
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Cronaca di un affondamento annunciato - 35


La premiata ditta “Pompe funebri – Becchini & Becchini” – 14
(Per il funerale del Pd niente fiori ma solo opere di bene - bene con la b)




Qualcuno che capisce come stanno le cose sembra che esiste.

Ed è pure giovane, il giovane ricercatore Emanuele Ferragìna, ricercatore Oxford University, intervenuto questa mattina ad Agorà e questa sera a Piazzapulita.

La disuguaglianza economica è uno dei problemi primari del Paese.

Solo che per ripristinarla ci vuole una rivoluzione (parere personale).

Durante il ritorno al governo del Caimano nel 2001-2006, il fenomeno dell’allargamento della forbice tra i ricchi che diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri era diventato evidente e riportato sui principali quotidiani, ad eccezione delle corazzate della destra.

Malgrado l’informazione nazionale, il finto Cs non ha fatto nulla per riportare le cose prima dell’intervento del Caimano ed anche più in là.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

22 APR 18:43
- - HITLERIANI NOSTRANI: A VARESE IL NUOVO ‘LABORATORIO’ NAZI-PIRLA -
Se la Lega tramonta, ecco che il varesotto diventa un laboratorio per gli estremisti di destra - Il 20 aprile maxi-raduno per festeggiare il 124esimo anniversario nella nascita di Hitler con 600 skinhead, proprio nei giorni in cui a Varese sono sotto processo 20 militanti di estrema destra… - -


Paolo Berizzi per "La Repubblica"
Né torte né candeline da spegnere: solo tante braccia tese e cori «Sieg heil!» («Salve vittoria!»). Perché il festeggiato si chiama Adolf Hitler. Per celebrarne la nascita sono arrivati in centinaia. Da tutta Italia e da mezza Europa. Skinheads e altri gruppi di nostalgici nazi, cranio rasato, anfibi e bomber: «perché Varese domani sarà la città più fredda d'Italia», avvertiva un post sul sito degli organizzatori, la Comunità militante dei Dodici raggi, sede a Caidate (Sumirago).

Un sabato notte in onore del Führer. Una stazione dismessa delle Ferrovie Nord, a Malnate, trasformata in un'area per feste e concerti, affittata ai neonazi dall'associazione culturale filoleghista «I nostar radis» ("Le nostre radici"). Centoventiquattro anni dopo la venuta al mondo di Hitler (20 aprile 1889) sotto la tensostruttura allestita accanto ai vagoni e ai binari, l'altra sera è andato in scena uno di quei raduni che non possono passare inosservati.

Un raduno che ha il sapore della doppia sfida: perché proprio a Varese in questi giorni si sta celebrando il processo (per istigazione all'odio razziale e religioso) a una ventina di militanti di estrema destra (tra cui il consigliere comunale Pdl di Busto Arsizio Francesco Lattuada) che nel 2008 diedero vita a una festa simile (all'epoca i fan hitleriani si diedero appuntamento in una birreria di Buguggiate).

Ufficialmente la serata è stata organizzata per celebrare i 20 anni di fondazione della comunità militante skinhead di Varese (1993), ma la data non è stata scelta a caso: e lo hanno dimostrato gli slogan e i rimandi al Terzo Reich che hanno caratterizzato l'evento.

Sul palco si sono esibiti alcuni tra i principali gruppi musicali del genere «Oi!» (definito anche nazirock): Civico 88, Garrota, Legittima Offesa, Linea Ostile. Il pubblico: 600-700 militanti di estrema destra arrivati da tutta Italia (molta Lombardia, e poi gruppi da Siena, Lucca, Pisa, Sassari, Trento, Verona, Roma, Genova, Novara, Torino, Pescara) e da diversi Paesi europei (Spagna, Francia, Svizzera, Austria, Germania, Polonia, Ungheria).

Il tam tam che nei giorni scorsi aveva pubblicizzato il raduno sui siti della galassia «nera» è partito dai militanti della Comunità dei Dodici Raggi («Do. Ra»). Ma il luogo è stato tenuto coperto fino all'ultimo. I neonazi si sono ritrovati all'uscita di Castronno, sull'autostrada A8 Milano-Varese.

Poi da lì hanno raggiunto la vecchia stazione di Malnate-Valle Olona. Criptiche - sullo stile rave party - anche le indicazioni stradali: il percorso era indicato da cartelli col numero «88» (il numero che i neonazisti tedeschi usano per dire «Heil Hitler»). Sul sito di Do. Ra. era stata è diffusa un'immagine di Hitler durante un comizio tratta dal Mein Kampf: il Furher è circondato da 46 soldati delle SA (le Squadre d'assalto naziste) - tra cui un giovanissimo Rudolf Hess - , che il 4 novembre del 1921 respinsero l'assalto di 800 avversari politici. «La forza della volontà», è il titolo.

È stata una delle parole d'ordine della serata. Musica, insulti alla polizia e allo Stato, birra a fiumi, e saluti nazisti. La nuova provocazione dei neonazisti varesotti arriva 15 giorni dopo le perquisizioni della Digos nelle abitazioni dei componenti del gruppo musicale Garrota, collegati a «Do. Ra. « (che compongono il «Sole nero », simbolo dell'ordine esoterico nazista).

Una risposta alle forze dell'ordine e alla procura. Una prova di forza. «Ci siamo limitati a tenere sotto controllo la serata», spiegano dalla Digos di Varese, diretta da Fabio Mondora. Il luogo scelto dai neonazi - un locale privato affittato da un privato per eventi e quindi aperto al pubblico - aveva tutte le autorizzazioni in regola.

Quello che hanno poi fatto i 600 partecipanti all'interno della struttura, è un'altra storia. Ed è una storia che fa pensare. L'area che ha ospitato il raduno è ancora di proprietà di Ferrovie Nord (c'è anche un museo dei treni). La società regionale ha dato in concessione la tensostruttura all'associazione culturale "I nostar radis", vicina alla Lega Nord, presieduta da Leopoldo Macchi, leghista varesotto. Nel cda di Ferrovienord fino a poco tempo fa sedeva Pasquale «Lino» Guaglianone, ex cassiere dei Nar (Nuclei armati rivoluzionari) e proprietario dei locali dell'ex centro sociale milanese di estrema destra «Cuore Nero». Ma questa è solo una coincidenza.

A lanciare l'allarme sulla recrudescenza neonazi in Lombardia, e in particolare nella provincia di Varese, è Gennaro Gatto, dell'Osservatorio democratico delle nuove destre (creato e coordinato da Saverio Ferrari). «Il maxi raduno di Malnate è l'ennesima, triste occasione in cui la tranquilla e indifferente provincia varesotta si trasforma diventando un laboratorio nazionalsocialista. Rivolgiamo un appello alle istituzioni perché in futuro parate come queste siano vietate».
lucameni1
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da lucameni1 »

Ne viene fuori che il programma sulla giustizia dei "saggi" sembra scritto da Dell'Utri. E ovviamente sarà votato dai nostri "riformisti" pieni di senso di responsabilità.
Corrotti e mafiosi ringraziano.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

lucameni1 ha scritto:Ne viene fuori che il programma sulla giustizia dei "saggi" sembra scritto da Dell'Utri. E ovviamente sarà votato dai nostri "riformisti" pieni di senso di responsabilità.
Corrotti e mafiosi ringraziano.

E' il minimo ringraziare.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Un antico testo anonimo firmato "il vecchio oligarca" - "La costituzione degli ateniesi" - sosteneva che la democrazia degenera senza avere le energie per autoriformarsi.
Gustavo Zagrebelsky



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La premiata ditta “Pompe funebri – Becchini & Becchini” – 15
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Pd, Renzi aspetta la leadership dalle mani di D’Alema. Letta, governo più lontano.
22/04/2013 di triskel182

Il sindaco di Firenze sarà incoronato da quelli che hanno silurato nell’urna il suo tentativo di far eleggere Prodi al Quirinale: un asse tra vecchia guardia dalemiana e popolare coi giovani turchi. La sinistra di Fabrizio Barca ha pochi sponsor. Per Palazzo Chigi diminuiscono le possibilità di Enrico Letta, considerato “corresponsabile” del disastro di Bersani. In molti gli preferirebbero “l’esterna” Cancellieri.
A Matteo Renzi la premiership, meglio se passando prima per la leadership del Pd. AMassimo D’Alema, e i pochi maggiorenti non scottati dai sei scrutini per il Quirinale, il ruolo di king maker del nuovo astro fiorentino e magari un posto al sole in collina per coronare la carriera. Questo è quanto si profila sulle macerie del Pd; sempre ammesso che il partito di largo del Nazareno riesca a superare indenne la formazione del governo.

Il sindaco di Firenze sarà incoronato precisamente da quelli, i 101 franchi tiratori, che hanno silurato nell’urna il suo tentativo di imporsi sul declino di Pierluigi Bersani per far eleggere Romano Prodi al Quirinale: un asse tra vecchia guardia dalemiana e popolare coi giovani turchi e non solo. Il resto, la sinistra di Fabrizio Barca o altrimenti intesa, o si aggrega al carro del sindaco e dei suoi numi tutelari oppure può anche far fagotto; come si è già capito non dispiacerebbe ai reniziani più oltranzisti. Una manovra che passerà per il prossimo congresso del Pd, in calendario per l’autunno, e le successive elezioni politiche. Elezioni che, su esplicita richiesta di Napolitano, i partiti si sarebbero impegnati a svolgere il prossimo anno con una nuova legge, in modo da concedere al presidente di accomiatarsi come desidera, ma che potrebbero facilmente slittare al 2015, considerato che nel giugno del prossimo anno si votano già amministrative e europee – un genere di consultazione capace di rinvigorire istinti di separazione tra socialisti e popolari nel Pd –, all’indomani delle quali l’Italia sarà per 6 mesi alla guida dell’Unione.

DA “ROTTAMATORE” A “RIFONDATORE” – Con una lunga intervista a Repubblica il sindaco “rottamatore” si propone oggi per “rifondare” un Pd versione 2.0, esortando a non “inseguire” Grillo (“Dice delle castronerie incredibili”), per giunta in alternanza col Cavaliere, ma piuttosto a intervenire di petto sul finanziamento pubblico della politica e a ripartire dall’emergenza “lavoro”. Per Renzi il Pd dovrebbe mettere “la faccia” sin dal prossimo governo, che a suo avviso non deve durare più di un anno per mandare poi al voto con una nuova legge elettorale. Quanto poi alla sinistra di Fabrizio Barca, o si aggrega al carro del sindaco e dei suoi redivivi numi tutelari oppure può anche far fagotto; come non dispiacerebbe alla sinistra di Sel, propensa a aggregare una formazione in scia a Barca già in corso di legislatura.

Vigenti le dimissioni dalla segreteria di Pierluigi Bersani “da un minuto dopo” l’elezione diNapolitano alla successione di se stesso, martedì è convocata la direzione del Pd per definire la composizione del comitato cui sarà affidata la “reggenza” del partito, nonché la delegazione incaricata di svolgere le nuove consultazioni per la formazione del governo. La direzione dovrà inoltre stabilire l’indirizzo politico da affidare agli incaricati delle consultazioni, ma si tratterà certamente di un mandato ampio rimesso per intero alla “saggezza” e le determinazioni del presidente.

GOVERNO CANCELLIERI - Per cominciare, però, il Pd deve riuscire a doppiare lo scoglio del governo. Il motivo per cui le proteste per l’elezione di Napolitano hanno visto andare in cenere tessere del partito è legato al sospetto che il capo dello Stato abbia posto come condizione per la propria rielezione anche la formazione di una maggioranza di governo di larghe intese. E, quali che siano i giudizi sulla decisione di Napolitano, le larghe intese vanno di traverso a una gran parte della base democratica. Ma così è. “Chiusa la stagione Monti”, come riconoscono i più, il capo dello stato affiderebbe volentieri il governo a Giuliano Amato; che peraltro vedeva bene anche come proprio successore. Ma sul dottor sottile il Carroccio non sente ragioni, e il Cavaliere non fa un passo senza l’alleato leghista. Berlusconi vorrebbe un governo con esponenti politici di tutti i partiti, a cominciare dal segretario Angelino Alfano. Il Pd, al contrario, ha bisogno ella minore visibilità possibile nell’esecutivo. Anche l’ipotesi che il vicesegretario Enrico Letta possa andare a palazzo Chigi, quindi, non è così scontata. Tanto per cominciare i renziani imputano a Letta di “avere le medesime responsabilità di Bersani”, come osserva da Firenze il fedelissimo Erasmo D’Angelis. E “semmai Letta dovrà prendere la reggenza in qualità di vice”, nota un altro fiorentino, ma dalemiano, come Michele Ventura. La guida del governo potrebbe perciò essere assunta daAnna Maria Cancellieri, che per il Pd è sicuramente la candidatura più indolore. A quel punto i partiti potrebbero essere rappresentati nel governo dai saggi, come Luciano Violante e Gaetano Quagliariello, oppure da altri esponenti lontani da ruoli dirigenti.

RISCHIO SCISSIONE SULLA FIDUCIA – Non è impossibile che il Pd si divida già sulla fiducia al governo. E’ l’accelerazione che probabilmente si augura anche la sinistra vendoliana di Sel dopo aver sostenuto all’ultimo scrutinio la candidatura di Stefano Rodotà, vagheggiando già in corso di legislatura la formazione di uno spicchio di emiciclo alla sinistra del Pd e aperto al dialogo coi 5 stelle come sul nome di Rodotà. Sennonché il partito si è ricompattato su Napolitano, lasciando solo 10 voti al giurista, per quanto Fabrizio Barca avesse dato voce alle perplessità definendo “incomprensibile” il fatto che il partito non sostenesse Rodotà o Emma Bonino. Le parole del ministro sono risultate intempestive anche agli occhi di chi guardava a lui con l’obiettivo di formare una componente si sinistra interna al partito. Gli unici a compiacersene sono appunto i renziani. “Potrebbe addirittura nascere una formazione di sinistra che unisca Vendola, l’area Ingroia e la parte più grillina della sinistra Pd – si augurano i fedelissimi del sindaco – rendendo così possibile la vera nascita di un Pd riformista e innovatore”. L’idea di separare “i merli con i merli e i passeri con i passeri”, come disse Armando Cossutta annunciando la nascita del Prc, serpeggi già da un po’ nel Pd. E le europee del 2014 potrebbero essere l’occasione perché le famiglie politiche eterogenee che compongono il Pd tornino alle rispettive case socialista e popolare. Tuttavia non è facile come sembra che le politiche si svolgano in concomitanza con le europee. E’ più probabile che la data slitti di un anno. Senza contare che gli ex pci superstiti nel Pd ormai sono i primi in fila per affiliarsi a Renzi.

RENZI SEGRETARIO, D’ALEMA PRESIDENTE? - Lo sganciamento della sinistra è semmai quel che si augura il sindaco di Firenze, convinto da sempre di non poter tentare la scalata a palazzo Chigi a prescindere dal Pd e ora anche dai maggiorenti, come D’Alema e gli ex popolari, che ha cercato di “rottamare” con meno successo di quanto apparso. Perché sono proprio loro che, dopo averlo stoppato coi franchi tiratori, adesso si propongono di portare Renzi alla guida prima del partito e poi del governo. Magari per avere in cambio dopo il voto l’elezione al Quirinale di D’Alema, un laico rispetto al cattolico Renzi, l’unico nome, insieme a Amato, sui cui il sindaco ha detto “non ci sono veti”. L’aveva detto il fedelissimo Matteo Richetti che il siluramento di Prodi fosse “anche un segnale contro Renzi”. E lo confermano tutte le analisi: “I 101 contro Prodi sono stati un voto scientifico contro Matteo Renzi”, calcola il deputato fiorentino Filippo Fossati. Dunque i voti delle componenti ex popolare e ex comunista, dalemiani in primis, che insieme ai giovani turchi e non solo avrebbero così inteso dimostrare al sindaco di Firenze che senza il loro benestare l’ascesa al Pd non ha speranza.

LA REGGENZA E IL CONGRESSO – Adesso la parola passa al congresso. “Da un minuto dopo” la rielezione di Napolitano sono infatti divenute effettive le dimissioni di Bersani. Sulla carta la reggenza passa al vice Letta, al quale si imputano non meno responsabilità che al segretario e che dovrebbe perciò prendere l’onere di reggere il partito anziché l’onore di guidare il governo. Anche la presidente Rosi Bindi è dimissionaria, potrebbe comunque essere convocata l’assemblea di circa 3mila persone per eleggere un segretario provvisorio o affidarsi a Letta per traghettare il partito al congresso, come accadde con Dario Franceschini dopo le dimissioni di Walter Veltroni. A meno che non si decida di chiedere a Bersani di restare fino a ottobre. Ne discuterà una direzione che sarà convocata già martedì, visto che occorrerà discutere anche e sopratutto del governo e della maggioranza. Poi, appunto, il congresso. Le procedure prevedono la convocazione di una direzione che stabilisca la data entro cui chiudere il tesseramento, poi vanno convocati i congressi di circolo per le candidature e si tiene una convenzione che stabilisce la data delle primarie. Da lì occorrono 20 giorni per formare le liste: quelle in cui le diverse componenti – dai dalemiani agli ex popolari ai giovani turchi – sosterranno la candidatura di Renzi alla leadership.

Da ilfattoquotidiano.it del 22/04/2013.
Maucat
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Maucat »

camillobenso ha scritto:Un antico testo anonimo firmato "il vecchio oligarca" - "La costituzione degli ateniesi" - sosteneva che la democrazia degenera senza avere le energie per autoriformarsi.
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(Per il funerale del Pd niente fiori ma solo opere di bene - bene con la b)




Qualcuno che capisce come stanno le cose sembra che esiste.

Ed è pure giovane, il giovane ricercatore Emanuele Ferragìna, ricercatore Oxford University, intervenuto questa mattina ad Agorà e questa sera a Piazzapulita.

La disuguaglianza economica è uno dei problemi primari del Paese.

Solo che per ripristinarla ci vuole una rivoluzione (parere personale).

Durante il ritorno al governo del Caimano nel 2001-2006, il fenomeno dell’allargamento della forbice tra i ricchi che diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri era diventato evidente e riportato sui principali quotidiani, ad eccezione delle corazzate della destra.

Malgrado l’informazione nazionale, il finto Cs non ha fatto nulla per riportare le cose prima dell’intervento del Caimano ed anche più in là.
L'ho sentito anch'io e condivido l'analisi il problema è come riuscire a invertire il trend senza arrivare alla rivoluzione che temi tu.
Ci vorrebbe un governo serio e di vera sinistra capace di attuare un po' di riequilibrio togliendo qualcosa a chi ha goduto negli ultimi vent'anni del bengodi per ridarlo a chi ha sofferto e soffrirà sempre di più ma non in forma di assistenzialismo ma creando lavoro giustamente retribuito e non precario e con slari da fame ...
Sarà possibile? No allora i forconi inizieranno a far capolino nelle strade perché la storia ce lo insegna il popolo affamato non si ferma e quando capirà che suicidarsi non è la strada per risolvere il problema allora saranno volatili per diabetici... 8-)
iospero
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da iospero »

Maucat scrive
Sarà possibile? No allora i forconi inizieranno a far capolino nelle strade perché la storia ce lo insegna il popolo affamato non si ferma e quando capirà che suicidarsi non è la strada per risolvere il problema allora saranno volatili per diabetici...
Diciamolo a quei politici che si lamentano per essere stati insultati e additati come i colpevoli della situazione, non c'è stata ancora violenza fisica , ma solo verbale.
Io a quei politici ho scritto che mi sembra molto peggio il comportamento di quei 101 traditori che hanno impallinato Prodi e la responsabilità è anche in parte di tutti loro che , durante l'assemblea dei grandi elettori, hanno visto una parte indifferente durante l'applauso della maggiorparte e non hanno sentito il bisogno di capire e di approfondire se qualcuno dissentiva e il perchè della loro contrarietà.
Maucat
Messaggi: 1079
Iscritto il: 19/04/2012, 12:04

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Maucat »

La crisi non è uguale per tutti...

Dal Fatto Quotidiano di oggi:

Quasi 100 milioni di euro. Tanto hanno complessivamente incassato nel 2012 amministratori, sindaci e dirigenti con responsabilità strategiche delle prime cinque banche italiane. Per la precisione, i vertici di Intesa Sanpaolo, Unicredit,Monte dei Paschi di Siena, Ubi e Banco Popolare lo scorso anno sono costati agli istituti di credito un totale di 96.201.224 euro. Cioè 4,4 milioni in più rispetto del 2011.

A fare la parte del leone, come spesso accade, sono stati i manager di Intesa Sanpaolo, dove il consigliere delegato Enrico Cucchiani con i suoi 3,037 milioni è il banchiere più pagato d’Italia. La cifra si compone di 2,3 milioni di compensi fissi, 377mila euro di benefici non monetari e 360mila euro di bonus e parte degli 1,8 milioni di euro della componente variabile della retribuzione maturata nel 2012, ma che verrà incassata per lo più in forma differita. Il totale maturato dal banchiere per l’anno scorso è di 4,47 milioni.

Il presidente del consiglio di sorveglianza dell’istituto, l’ottantenne Giovanni Bazoli fresco di riconferma sulle “pressanti insistenze dei principali azionisti e del Ceo”, ma pronto “a passare la mano ad altri al primo segno di difficoltà”, ha invece preso “solo” 1,080 milioni. Secondo il professore bresciano la “teoria della rottamazione che oggi va tanto di moda porterebbe a privarsi di persone essenziali per la società civile, politica e religiosa”. Intanto il totale speso dall’istituto che ha chiuso il 2012 con utili per 1,605 miliardi forte dell’attività di trading alimentata anche dal basso costo del denaro prestato dalla Bce, ammonta a 32,699 milioni.

Segue a ruota Unicredit con 20,7 milioni di euro, 2 milioni in più del 2011 nonostante i primi otto manager e l’amministratore delegato del gruppo abbiano rinunciato alla parte variabile della retribuzione. La banca che nel 2012 ha realizzato 865 milioni di utili, spinti come per Intesa dalla forte attività di trading sostenuto dai prestiti della Bce, ha versato all’amministratore delegato Federico Ghizzoni 1,949 milioni di euro, mentre al direttore generale Roberto Nicastro sono andati 1,769 milioni. Il presidente Giuseppe Vita, in carica dall’11 maggio 2012, ha invece preso 998mila euro in linea col suo predecessore Dieter Rampl, che per i primi quattro mesi dell’anno ha incassato 525mila euro, mentre i vicepresidenti Fabrizio Palenzona e Luca di Montezemolo hanno rispettivamente percepito “solo” 355mila e 134mila euro.

Al terzo posto c’è il Banco Popolare che, ancora gravato dall’eredità Fiorani-Faenza e quindi dai crediti incagliati dei “furbetti” Zunino e Coppola, ha chiuso il 2012 con un rosso di 627 milioni e ha versato ad amministratori, sindaci e dirigenti la stessa somma dell’anno prima: 18,25 milioni di euro, 1,708 dei quali per l’amministratore delegato Pierfrancesco Saviotti. Invariati rispetto al 2011 anche gli emolumenti dei vertici del gruppo Ubi pari a 13,7 milioni, dei quali 1,505 milioni sono andati al consigliere delegato Victor Massiah. L’ultimamente battagliero polo delle popolari lombarde proprio nel 2012 ha raggiunto un accordo sindacale, che, tra l’altro, prevede l’uscita di 736 persone (di cui 600 già a gennaio 2013 di quest’anno e le rimanenti attese entro aprile.

Insomma, va a finire che per una volta la figura migliore la fa il Monte dei Paschi di Siena, con i suoi 10 milioni di euro che si confrontano con i 13,2 milioni del 201. Ad alleggerire i conti ha senz’altro contributo la rinuncia all’emolumento da parte del presidente Alessandro Profumo, che ha percepito solo la quota-parte prevista come amministratore, 62mila euro. Molto di più è andato al suo predecessore, Giuseppe Mussari, che per i primi quattro mesi del 2012 ha incassato oltre 234mila euro, mentre il suo ex direttore generale, Antonio Vigni, destinatario di una buonuscita da 4 milioni, ha incassato 46mila euro per soli 12 giorni. Sul capo di entrambi, però, pendono sia le sanzioni della Banca d’Italia (oltre 5 milioni complessivi a carico di tutti gli ex vertici) sia la richiesta di risarcimento danni per circa 1,2 milioni che i soci della banca toscana si apprestano ad approvare. E intanto l’istituto fresco di aiuti di Stato per oltre 4 miliardi e di un rosso da 3,7 miliardi, paga il nuovo amministratore delegato Fabrizio Viola 1,59 milioni di euro, somma che poteva arrivare fino a 2 milioni se il banchiere non avesse rinunciato all’indennità di 400mila euro.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

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La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 37
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22 APR 13:39
J’ACCUSE DI CIVATI: “ORA I TRADITORI FARANNO I MINISTRI” (MA SE TUTTI HANNO TRADITO TUTTI, CHI SONO I TRADITORI?)
(E' l'osservazione più banale che si può fare - ndt)

L’ex rottamatore (che non ha votato per Napolitano) contro le vecchie volpi del Nazareno alla vigilia della direzione: “Mi chiedo perché tutti parlino di Amato, il Cav. sia in un brodo di giuggiole e i nostri filo-governissimo così scatenati. Curioso, no?” – Ma nessuno molla il Pd…


Da repubblica.it



Pippo Civati va all'attacco. Il leader dei giovani parlamentari Pd spara alzo zero nei confronti dei seniores di Largo del Nazareno. E li accusa senza mezzi termini di essere parte del piano che ha sabotato la candidatura di Romano Prodi. Ora, spiega, i traditori potranno fare i ministri.

"Si parla molto di 'traditori' ma state attenti: perché i soliti protagonisti della politica italiana che ora chiamate così poi potreste ritrovarvi, tra qualche ora, a chiamarli 'ministri'. Tutti insieme. Appassionatamente", dice Civati. E spiega che i traditori-ministri hanno "un argomento formidabile: dopo che abbiamo ridotto il centrosinistra così, non vorrete mica andare a votare? Affidate le cose a noi, sappiamo come si fa".

Sul suo blog, Civati fa notare "che se avessimo votato Prodi o Rodotà, non saremmo andati a votare, come le vecchie volpi della politica hanno ripetuto (altro che Twitter) a tutti i giovani deputati. No, semplicemente avremmo fatto un governo del presidente. Con un presidente, un governo e una maggioranza molto diversi da quella che vedremo tra qualche ora. Spero sia chiaro a tutti. Anche a quelli che, come me, in questi giorni hanno perduto".



Quanto al possibile governo di larghe intese, il leader dei giovani Pd osserva che "ieri Napolitano ha annunciato che oggi dirà quali sono le condizioni che gli hanno fatto accettare il secondo mandato.


Condizioni di cui nessuno ha parlato ufficialmente e che certo il Pd non ha valutato. Anzi - sottolinea Civati - Bersani ha spiegato ripetutamente che non c'erano, quelle condizioni. Personalmente, voglio fidarmi: mi chiedo però perché tutti parlino di Amato, Berlusconi sia in un brodo di giuggiole e i nostri filo-governissimo così scatenati. Curioso, no?".

Civati, che non ha votato la riconferma di Napolitano, viene indicato come uno dei parlamentari che potrebbero lasciare il Pd per approdare ad una nuova formazione più chiaramente di sinistra. Insieme a lui le voci riguardano anche Ignazio Marino e Laura Puppato.



"Come immaginavo, oggi sulla stampa sono iniziate le ipotesi di scissioni e correnti. E mi ritrovo tirato per la giacchetta da una parte e dall'altra. Forse non hanno capito che voglio liberare questa città da cinque anni di scandali e parentopoli. Il mio partito è Roma", scrive su Facebook il candidato sindaco di Roma.

Smentisce possibili uscite anche la parlamentare veneta. "In merito a quanto scritto oggi sul Corriere della Sera e su Repubblica, smentisco categoricamente di aver lasciato il Pd per essere approdata a Sel", afferma. "Il Pd - aggiunge - è e resta il mio partito e continuerò al lavorare al suo interno per superare questo difficile momento".



2. IL PARADOSSO DEI PARADOSSI
Dal blog di Giuseppe Civati

Che più le cose andranno male in Friuli (che già stanno andando male, visto che hanno votato in pochissimi), più ci chiederanno di formare un governo. E di farlo a qualsiasi costo (del resto il voto larghissimo a Napolitano lo sottintende) e senza porre condizioni. Oppure ci presenteranno due alternative: governo tipo-Monti o Pd-Pdl. Segue dibattito in politichese.

Lo potranno fare gli stessi che si sono augurati fin dall'inizio questa soluzione, e che hanno voluto archiviare la strada Prodi o Rodotà (come chiarisce oggi lo stesso Rodotà, non erano in contraddizione), perché ci diranno: come fai a tornare a votare ora?
Dal produttore (dei guai) al consumatore (magari con un ministero): tutti in tv, in queste ore, a spiegare che era ingenuo pensare che ci sarebbe stata un'altra soluzione. E invece sarebbe bastato votare Prodi. Perché non votare Prodi è una quisquilia, mentre rivotare Napolitano un imperativo categorico.



Per quanto mi riguarda, se ho scelto una certa via, era proprio perché lo sapevo. Sapevo benissimo che avremmo rischiato di finire in questa situazione. Sapevo che sarebbe stato difficilissimo provare un confronto con il M5S, soprattutto senza rinunciare alla premiership (come non abbiamo mai fatto).

Sapevo perfettamente che molti non se lo auguravano, perché avremmo dovuto fare un governo di cambiamento che la prima cosa in assoluto che avrebbe cambiato erano proprio i protagonisti della vicenda politica italiana.

L'argomento non è: «bisognava capirlo subito». Perché subito lo avevamo capito tutti. «Bisognava non volerlo fare», questo, per me, è l'argomento.



Si parla molto di «traditori», ma state attenti: perché i soliti protagonisti della politica italiana che ora chiamate così poi potreste ritrovarvi, tra qualche ora, a chiamarli «ministri». Tutti insieme. Appassionatamente. Con un argomento formidabile: dopo che abbiamo ridotto il centrosinistra così, non vorrete mica andare a votare? Affidate le cose a noi, sappiamo come si fa.

P.S.: in cauda, faccio notare che se avessimo votato Prodi o Rodotà, non saremmo andati a votare, come le vecchie volpi della politica hanno ripetuto (altro che Twitter) a tutti i giovani deputati. No, semplicemente avremmo fatto un governo del Presidente. Con un Presidente, un governo e una maggioranza molto diversi da quella che vedremo tra qualche ora. Spero sia chiaro a tutti. Anche a quelli che, come me, in questi giorni hanno perduto.

P.S./2: ieri Napolitano ha annunciato che oggi dirà quali sono le condizioni che gli hanno fatto accettare il secondo mandato. Condizioni di cui nessuno ha parlato ufficialmente e che certo il Pd non ha valutato. Anzi, Bersani ha spiegato ripetutamente che non c'erano, quelle condizioni. Personalmente, voglio fidarmi: mi chiedo però perché tutti parlino di Amato, Berlusconi sia in un brodo di giuggiole e i nostri filo-governissimo così scatenati. Curioso, no?

P.S./3: ovviamente mi dispiace molto per Debora. E faccio gli scongiuri.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Un antico testo anonimo firmato "il vecchio oligarca" - "La costituzione degli ateniesi" - sosteneva che la democrazia degenera senza avere le energie per autoriformarsi.
Gustavo Zagrebelsky



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(Per il funerale del Pd niente fiori ma solo opere di bene - bene con la b)




Ma nel Pd la scissione c’è già stata.
23/04/2013 di triskel182



Quindi, succede questo: in tutta Italia, i circoli del Pd vengono pacificamente occupati dagli iscritti – soprattutto i giovani.


Qualcuno pensava che la cosa si sarebbe fermata dopo la mancata elezione di Franco Marini, invece ora sta dilagando, contro l’ipotesi di fare un governo con il Pdl.



A rigor di verifica scientifica, non si sa né si può sapere se gli occupanti rappresentano – nella loro istanza di non abbracciare il Caimano – la maggioranza dei militanti o dei votanti alle primarie o semplicemente degli elettori.

Non si sa, a rigor di verifica scientifica, ma è abbastanza intuibile da chi non abbia delle ciclopiche fette di salame sugli occhi, senza nemmeno stare a scomodare le 500 mila mail o la protesta di massa sui social network.

Non si sa, del resto, per il semplice fatto che in merito a una decisione tanto importante il Pd non ha ritenuto di consultare la sua base, in alcun modo, virtuale o fisico che sia: altrimenti avrebbe scoperto che chi ha votato Pd lo ha fatto per mandare via Berlusconi, non per spartirsi con lui il governo.

Il che, peraltro, era quello che il segretario e candidato premier Bersani aveva promesso in campagna elettorale, con le sue note metafore. Quindi quello per cui, appunto, era stato votato da chi l’ha fatto.

Non si sa, insomma, solo perché i vertici preferiscono fingere di non saperlo.

In compenso si sa benissimo non solo che i vertici del Pd si stanno avviando verso questa scelta, ma anche che «se qualche parlamentare deciderà di non assecondarla con il suo voto sarà fuori dal partito», come ha sancito Dario Franceschini.

In altre parole, vanno cacciati dal Pd i rappresentanti che esprimono il pensiero e la volontà della base, non quelli che tale pensiero e tale volontà tradiscono.

Bel rovesciamento del più elementare principio democratico, non c’è che dire: specie per un partito che porta quell’aggettivo nel nome.

Insomma, inutile che stiamo qui a parlare tanto di scissione: Franceschini e i suoi sodali la scissione l’hanno già fatta. Da chi li ha eletti e da chi spende il suo tempo e le sue energie per il Pd.

Da PIOVONO RANE di Alessandro Gilioli del 23/04/2013.
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