Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
questa è una bellissima intervista a S.Settis.
Non è che l'abbiate già postata? Tant'è, alla faccia di coloro che interpretano il riformismo come concessione di impunità e spacciano il rispetto della legge per giustizialismo:
"“Governare col Pdl significa tradire la volontà popolare”
BEATRICE BORROMEO
_________________________________________________
Stiamo scivolando verso un governo senza popolo, dove a scegliere non sono i cittadini ma le segreterie di partito. Vedo grossi rischi per la nostra democrazia”. Il professore Salvatore Settis, già direttore della Scuola Normale di Pisa, dopo gli appelli al Partito democratico perché trovasse la forza di dialogare con Grillo e la lungimiranza di convergere sulla candidatura di Stefano Rodotà, riflette sulla scomparsa del protagonista più importante: l’elettorato. “Che non conta più nulla, e quando le decisioni vengono prese ignorando chi vota, il futuro diventa preoccupante. Le conseguenze, potenzialmente, sono molto gravi”.
Professor Settis, mai come oggi l’elettore pare ininfluente, e a gestire i giochi è il capo dello Stato. Ci stiamo trasformando in una Repubblica presidenziale?
Sono convinto che Napolitano non volesse essere rieletto. Ha accettato con riluttanza, pensando che la crisi del Paese andasse affrontata subito. Detto questo, il risultato netto del governo Letta-Letta sarà quello di riconsegnare il Paese a Berlusconi, cioè il contrario della volontà popolare.
Ieri mattina Napolitano ha incontrato il neo premier per due ore. Trova normale che il capo dello Stato, nella scelta dei ministri e nella definizione del panorama politico, abbia tutto questo potere?
La Costituzione, entro certi limiti, lo prevede. Spetta a lui indicare i ministri. Ci sono precedenti famosi in cui le prerogative del presidente permisero di scampare a scelte inaccettabili: penso a Oscar Luigi Scalfaro che impedì a Cesare Previti di diventare ministro della Giustizia. Gli siamo tutti grati per questo. Però concordo con quello che ha scritto Carlo Azeglio Ciampi, cioè che lo spirito della Costituzione, implicitamente, dice che è meglio se il capo dello Stato resta in carica per un solo mandato. Napolitano, ne sono certo, non aveva pianificato tutto questo per accumulare potere, però è successo.
E la responsabilità di questa anomalia è del Pd.
C’è stata una tragica incapacità del Pd e del M5S di dialogare. Era fondamentale, per evitare il ritorno del Cavaliere. Anche Beppe Grillo però ha commesso errori: come quello di non sostenere Romano Prodi, nonostante fosse stato indicato dalle Quirinarie online. Che poi, visti i numeri – hanno votato solo 24 mila persone – non mi pare sia stata un’idea straordinaria.
Pensa che l’intransigenza dei Cinque Stelle sia eccessiva?
Quando non offre alternative, l’intransigenza si chiama movimentismo. Quello di cento anni fa, alla Bernstein: ‘il movimento è tutto, il traguardo nulla’. Non si può procedere così. Bisogna darsi una meta, da individuare nei diritti garantiti dalla Costituzione. E credo che gli elettori di Grillo capirebbero questo ragionamento.
Un’apertura però c’è stata: se il Pd avesse sostenuto Stefano Rodotà, il M5S sarebbe stato disposto a governare insieme.
Vero, in quell’occasione hanno avuto ragione. Infatti mi fa più impressione il modo di procedere del Pd, a zig zag: come si fa a proporre prima Franco Marini e poi Prodi, come se fossero sinonimi ed equivalenti? Per due mesi, poi, hanno ripetuto che non sarebbero mai andati al governo con il Cavaliere. L’elenco di dichiarazioni di Enrico Letta contro Berlusconi che avete pubblicato ieri sembra apocrifo. Il patto di legislatura tra Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola escludeva un accordo con il Pdl: e tradendo quelle promesse hanno perso ogni diritto morale anche al premio di maggioranza, si sono delegittimati di fronte ai cittadini. Alla fine, il bilancio di questa incapacità del Partito democratico e del M5S di venirsi incontro è drammatico.
Cosa succederà ora?
Per evitare proteste troppo forti dovranno contenere i danni del governo tecnico, affrontare il problema della disoccupazione, arginare il fenomeno dei suicidi, la recessione massiccia, il disastro della scuola e il crollo della cultura. Il problema di fondo è che questa legge elettorale è pessima e non la cambieranno mai, perché conviene a tutti. Il primo esperimento di un listino bloccato e senza preferenze l’ha fatto proprio il centrosinistra in Toscana: i partiti non vogliono più sorprese, solo candidati sicuri che poi obbediscono.
Chi ci guadagna, però, è Berlusconi, non la sinistra.
È lui il vero dominus, basta osservare i suoi larghissimi sorrisi in questi giorni. Come ha scritto Barbara Spinelli, sarà lui a condurre i giochi durante questa legislatura: farà cadere il governo quando gli converrà, aspettando qualche altro passo falso del M5S, e poi si farà eleggere al Quirinale. È un quadro agghiacciante, ma non fantasioso.
Soluzioni?
Un pezzo del Pd dovrebbe trovare la forza di staccarsi dalle ‘larghe intese’ e adottare una linea più dura, facendosi interprete della scontentezza degli elettori. E poi non dovremmo più accettare che la nostra politica interna sia dominata da un’idea astratta di Europa, dall’euro e dai mercati. Ci sono altri modi per affrontare la crisi: siamo il terzo Paese al mondo per evasione fiscale. Se la combattessimo davvero avremmo più margini di respiro, e potremmo evitare l’abbraccio mortale con B. "
Ma ormai abbraccio c'è stato. Il disastro.
Non è che l'abbiate già postata? Tant'è, alla faccia di coloro che interpretano il riformismo come concessione di impunità e spacciano il rispetto della legge per giustizialismo:
"“Governare col Pdl significa tradire la volontà popolare”
BEATRICE BORROMEO
_________________________________________________
Stiamo scivolando verso un governo senza popolo, dove a scegliere non sono i cittadini ma le segreterie di partito. Vedo grossi rischi per la nostra democrazia”. Il professore Salvatore Settis, già direttore della Scuola Normale di Pisa, dopo gli appelli al Partito democratico perché trovasse la forza di dialogare con Grillo e la lungimiranza di convergere sulla candidatura di Stefano Rodotà, riflette sulla scomparsa del protagonista più importante: l’elettorato. “Che non conta più nulla, e quando le decisioni vengono prese ignorando chi vota, il futuro diventa preoccupante. Le conseguenze, potenzialmente, sono molto gravi”.
Professor Settis, mai come oggi l’elettore pare ininfluente, e a gestire i giochi è il capo dello Stato. Ci stiamo trasformando in una Repubblica presidenziale?
Sono convinto che Napolitano non volesse essere rieletto. Ha accettato con riluttanza, pensando che la crisi del Paese andasse affrontata subito. Detto questo, il risultato netto del governo Letta-Letta sarà quello di riconsegnare il Paese a Berlusconi, cioè il contrario della volontà popolare.
Ieri mattina Napolitano ha incontrato il neo premier per due ore. Trova normale che il capo dello Stato, nella scelta dei ministri e nella definizione del panorama politico, abbia tutto questo potere?
La Costituzione, entro certi limiti, lo prevede. Spetta a lui indicare i ministri. Ci sono precedenti famosi in cui le prerogative del presidente permisero di scampare a scelte inaccettabili: penso a Oscar Luigi Scalfaro che impedì a Cesare Previti di diventare ministro della Giustizia. Gli siamo tutti grati per questo. Però concordo con quello che ha scritto Carlo Azeglio Ciampi, cioè che lo spirito della Costituzione, implicitamente, dice che è meglio se il capo dello Stato resta in carica per un solo mandato. Napolitano, ne sono certo, non aveva pianificato tutto questo per accumulare potere, però è successo.
E la responsabilità di questa anomalia è del Pd.
C’è stata una tragica incapacità del Pd e del M5S di dialogare. Era fondamentale, per evitare il ritorno del Cavaliere. Anche Beppe Grillo però ha commesso errori: come quello di non sostenere Romano Prodi, nonostante fosse stato indicato dalle Quirinarie online. Che poi, visti i numeri – hanno votato solo 24 mila persone – non mi pare sia stata un’idea straordinaria.
Pensa che l’intransigenza dei Cinque Stelle sia eccessiva?
Quando non offre alternative, l’intransigenza si chiama movimentismo. Quello di cento anni fa, alla Bernstein: ‘il movimento è tutto, il traguardo nulla’. Non si può procedere così. Bisogna darsi una meta, da individuare nei diritti garantiti dalla Costituzione. E credo che gli elettori di Grillo capirebbero questo ragionamento.
Un’apertura però c’è stata: se il Pd avesse sostenuto Stefano Rodotà, il M5S sarebbe stato disposto a governare insieme.
Vero, in quell’occasione hanno avuto ragione. Infatti mi fa più impressione il modo di procedere del Pd, a zig zag: come si fa a proporre prima Franco Marini e poi Prodi, come se fossero sinonimi ed equivalenti? Per due mesi, poi, hanno ripetuto che non sarebbero mai andati al governo con il Cavaliere. L’elenco di dichiarazioni di Enrico Letta contro Berlusconi che avete pubblicato ieri sembra apocrifo. Il patto di legislatura tra Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola escludeva un accordo con il Pdl: e tradendo quelle promesse hanno perso ogni diritto morale anche al premio di maggioranza, si sono delegittimati di fronte ai cittadini. Alla fine, il bilancio di questa incapacità del Partito democratico e del M5S di venirsi incontro è drammatico.
Cosa succederà ora?
Per evitare proteste troppo forti dovranno contenere i danni del governo tecnico, affrontare il problema della disoccupazione, arginare il fenomeno dei suicidi, la recessione massiccia, il disastro della scuola e il crollo della cultura. Il problema di fondo è che questa legge elettorale è pessima e non la cambieranno mai, perché conviene a tutti. Il primo esperimento di un listino bloccato e senza preferenze l’ha fatto proprio il centrosinistra in Toscana: i partiti non vogliono più sorprese, solo candidati sicuri che poi obbediscono.
Chi ci guadagna, però, è Berlusconi, non la sinistra.
È lui il vero dominus, basta osservare i suoi larghissimi sorrisi in questi giorni. Come ha scritto Barbara Spinelli, sarà lui a condurre i giochi durante questa legislatura: farà cadere il governo quando gli converrà, aspettando qualche altro passo falso del M5S, e poi si farà eleggere al Quirinale. È un quadro agghiacciante, ma non fantasioso.
Soluzioni?
Un pezzo del Pd dovrebbe trovare la forza di staccarsi dalle ‘larghe intese’ e adottare una linea più dura, facendosi interprete della scontentezza degli elettori. E poi non dovremmo più accettare che la nostra politica interna sia dominata da un’idea astratta di Europa, dall’euro e dai mercati. Ci sono altri modi per affrontare la crisi: siamo il terzo Paese al mondo per evasione fiscale. Se la combattessimo davvero avremmo più margini di respiro, e potremmo evitare l’abbraccio mortale con B. "
Ma ormai abbraccio c'è stato. Il disastro.
-
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- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Come se ne viene fuori ?
questa è una bellissima intervista a S.Settis.
Non è che l'abbiate già postata?
lucameni1
****
Non è stata postata.
questa è una bellissima intervista a S.Settis.
Vero, e questo ci dice che le intelligenze nel Paese non mancano. Solo che non appartengono al mondo della politica.
E non potrebbe essere diversamente perché mettere in piedi comitati d’affari non ci vuole un’intelligenza super.
****
Osservazioni:
Conviene partire dal fondo.
1) Ma ormai abbraccio c'è stato. Il disastro.
Il disastro ha iniziato a combinarlo il Caimano nella gestione 2001-2006, quando ha allargato la forbice tra ricchi e poveri.
I poveri sono diventati più poveri e ricchi sempre più ricchi.
Il Paese non cresce dall’anno prima, e un imprenditore del tipo “ghe pensi mi” avrebbe dovuto capire al volo che necessitavano interventi immediati.
Solo che lui è un imprenditore dell’effimero è di economia industriale non capisce una mazza.
Quando ha fatto l’imprenditore del mattone è stato solo un prestanome della Mafia SpA che intendeva ripetere gli investimenti nel mattone fatti anni prima a Palermo.
Il Caimano è specializzato in corruzione. Sa che ogni uomo ha un prezzo e lui compra,…compra tutto.
Quando ha avuto la necessità di mettere in campo il lodo Alfano per salvarsi dal processo Mills, non ha esitato a fare cadere il governo Prodi (da capo dell’opposizione non poteva promuovere il Lodo Alfano).
La sua sfortuna, che è diventata subito la nostra, è la crisi mondiale generata dai subprime nel 2008.
Non era in grado di affrontare la situazione e l’ha lasciata degenerare fino al 12 novembre 2011, quando ha alzato bandiera bianca.
La decisione di partecipare per quasi 18 mesi al governo Monti rappresenta la seconda parte del disastro.
La terza parte del disastro è la scelta di salvarsi a tutti i costi radendo al suolo il Paese.
Muoia Sansone e tutti i filistei, soprattutto se “komunisti” secondo la sua ottica taroccata.
Continua
Non è che l'abbiate già postata?
lucameni1
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Non è stata postata.
questa è una bellissima intervista a S.Settis.
Vero, e questo ci dice che le intelligenze nel Paese non mancano. Solo che non appartengono al mondo della politica.
E non potrebbe essere diversamente perché mettere in piedi comitati d’affari non ci vuole un’intelligenza super.
****
Osservazioni:
Conviene partire dal fondo.
1) Ma ormai abbraccio c'è stato. Il disastro.
Il disastro ha iniziato a combinarlo il Caimano nella gestione 2001-2006, quando ha allargato la forbice tra ricchi e poveri.
I poveri sono diventati più poveri e ricchi sempre più ricchi.
Il Paese non cresce dall’anno prima, e un imprenditore del tipo “ghe pensi mi” avrebbe dovuto capire al volo che necessitavano interventi immediati.
Solo che lui è un imprenditore dell’effimero è di economia industriale non capisce una mazza.
Quando ha fatto l’imprenditore del mattone è stato solo un prestanome della Mafia SpA che intendeva ripetere gli investimenti nel mattone fatti anni prima a Palermo.
Il Caimano è specializzato in corruzione. Sa che ogni uomo ha un prezzo e lui compra,…compra tutto.
Quando ha avuto la necessità di mettere in campo il lodo Alfano per salvarsi dal processo Mills, non ha esitato a fare cadere il governo Prodi (da capo dell’opposizione non poteva promuovere il Lodo Alfano).
La sua sfortuna, che è diventata subito la nostra, è la crisi mondiale generata dai subprime nel 2008.
Non era in grado di affrontare la situazione e l’ha lasciata degenerare fino al 12 novembre 2011, quando ha alzato bandiera bianca.
La decisione di partecipare per quasi 18 mesi al governo Monti rappresenta la seconda parte del disastro.
La terza parte del disastro è la scelta di salvarsi a tutti i costi radendo al suolo il Paese.
Muoia Sansone e tutti i filistei, soprattutto se “komunisti” secondo la sua ottica taroccata.
Continua
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Re: Come se ne viene fuori ?
Verissimo.
Molto triste comunque che una parte degli elettori Pd (nn necessariamente i "centristi") si facciano abbindolare dalla stampa di regime e godano di questo governo.
Da una lato c'è un cinismo senza pari, ma da parte di tanti elettori davvero l'incapacità di vedere oltre il proprio naso.
Molto triste comunque che una parte degli elettori Pd (nn necessariamente i "centristi") si facciano abbindolare dalla stampa di regime e godano di questo governo.
Da una lato c'è un cinismo senza pari, ma da parte di tanti elettori davvero l'incapacità di vedere oltre il proprio naso.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Se scrivi soltanto per farci deprimere di più di quanto non lo siamo già ..... ci sei riuscito.
Joblack
Mi aspetto che Jo in giornata, nelle prossime ore scriva la stessa nota per :
A volte ritornano (Giannelli).
29/04/2013 di triskel182
Ha segnalato Jo all’inizio del mese, a seguito del mio post di circa un’ora prima, che pubblico dopo quello di jo:
Inviato: 01/04/2013, 23:38
Joblack
Caro camillobenso,
Non credo nella ricostruzione che hai fatto a tutto vantaggio della mummia cinese.
Non credo che i sondaggi c'azzzecano ... come visto con M5S.
Non credo nell'abilità politica della mummuia tant'è che 6 milioni di elettori li ha persi.
Non credo che si andrà a votare con il porcellum
Non credo che la mummia eviterà la scure giudiziale.
Se scrivi soltanto per farci deprimere di più di quanto non lo siamo già ..... ci sei riuscito.
Bye
*
E’ sempre una questione di tempo, caro Jo, e se non hai la capacità di convincere, ed io non ce l’ho come ce l’hanno i tre pifferai per niente magici, come Berlusconi 1.0, Berlusconi 2.0, e Grillomao, e quelli di categoria inferiore come lo smacchiatore di giaguari di Bettola city, bisogna armarsi di tanta pazienza ed aspettare che gli avvenimenti accadano.
Dopo si spera, che qualcosa di più possa essere compreso.
Questo dicasi per:
1) Il Partito dei defunti. Il Pd era morto tanti anni fa, esattamente 6 mesi dopo la sua costituzione.
Solo che la tifoseria non ha mai voluto prenderne atto e diciamo che gli andava bene così. Solo che di tifo si muore.
Si è tappata più volte il naso in presenza dei miasmi della putrefazione appestavano l’aria.
2) Che il Pd ia diventato un partito democristiano. Alla buon’ora Giannelli se ne è accorto il 29 aprile 2013. Ma era oramai evidente da anni che la sinistra del centrosinistra era stata fatta fuori in onore del demo cristianesimo di POLTRONE & FORCHETTE.
Mi rendo perfettamente conto che raccontando la realtà possa indurre a depressione. Ma sarebbe infinitamente peggio far finta che non esista e mettere la testa sotto la sabbia con tanto di paraocchi per non vedere,…per non sentire.
Per fare questo gli italiani degli anni venti e trenta sono andati incontro al fascismo, mentre i tedeschi si sono sorbiti il nazionalsocialismo.
Inviato: 01/04/2013, 22:57
Pagina 283 di questo 3D
Come inizia una guerra civile – 26
La cruna dell’ago - 2
La mummia cinese garantita, scalpita, e dal suo punto di vista ha ragione di scalpitare. Conosce il detto: “Batti il ferro finché è caldo”
Gli ultimi sondaggi Swg del 29 di marzo, che da quelle parti ritengono tra i più affidabili dopo quelli della loro sondaggista preferita, Ghisleri, perché laicamente da mesi raccontavano i dati reali che hanno in mano i partiti riportati con un errore del +/- 2,37 %, danno il Pdl e la coalizione della prima destra in vantaggio.
Pdl…………………= 26,2 %
Coalizione cdx = 32,5 %
**
Pd………………….= 26,0 %
Sel………………….=…2,9 %.............(dimezzato rispetto a 6 mesi fa)
Coalizione csx = 29,6 %
**
Lista civica…….= …6,8 %
Udc……………….= …1,9 %
Coalizione di c. = 8,7 %
**
M5S……………..= 24,8 %
**
Vista da lontano, al di fuori delle tifoserie dei club, nel medio tempo la strategia della mummia è una strategia vincente.
Il recupero del Pdl è un dato di fatto. E a recuperare 10 punti è stata la mummia cinese garantita. Nessun altro. In questo si è sbagliato anche Travaglio, forse perché vede B. come il fumo negli occhi.
Sappiamo molto bene su quale terreno lavora la mummia, quello delle bufale rivolte in prevalenza a persone poco preparate. Ma sfonda anche tra quelle di cultura superiore.
In questo momento è ancora il migliore comunicatore politico su piazza ed inoltre presta molta attenzione, da esperto di marketing, a cosa richiede il mercato.
Possiamo dire che da un certo punto di vista siamo anche stati fortunati, perché alla Camera, con il porcellum, la mummia non ha usufruito del premio di maggioranza per solo uno 0,36 %. Cose da mordersi le dita e non solo, dal suo punto vista.
Se avesse vinto Berlu, saremmo ancora in una posizione peggiore di quella che ci troviamo ora, peggiore al cubo.
Sarebbe toccato a lui formare il governo, anche se non aveva la maggioranza al Senato.
Sapeva di non poter stravincere come nel 2008, e quindi ha applicato la strategia dei due tempi.
Primo tempo, recuperare fino al punto tale che la formazione di csx non avesse la maggioranza al Senato, paralizzando il sistema e obbligando il Pd a trattare.
Secondo tempo, le difficoltà del Pd in caso di nuove e ravvicinate elezioni, gli avrebbero consentito di riottenere la maggioranza per governare senza maggioranze strane ed ingombranti.
Adesso il suo disegno si sta avverando.
La mummia ha costretto Napolitano ad un escamotage fuori ordinanza, ma che in pratica gioca tutto a suo favore.
La commissione dei saggi lavorerà nella direzione di unire nuovamente Pd e Pdl. Per non fare uno sgarbo a Monti, ha chiamato come saggio Mario Mauro, Lista civica ex Pdl.
Si potrebbe ricomporre la formazione che ha sostenuto Monti.
Il settore politico quindi è formato da 4 formidabili inciucisti.
Nel settore “laici”, Napolitano ha scelto Valerio Onida, area Pd, in quanto contrario alla non illegibilità di B.
Avrebbe potuto scegliere Stefano Rodotà, ma il vecchio giurista ha firmato la petizione di Micromega.
Sarebbe stato poi una evidente rogna nella commissione, tutta concorde e disponibile a salvare B.
Malgrado tutto questo, la mummia preme, perché non ha nessun interesse che vengano fissati paletti al suo condizionamento e al prossimo governo.
La strategia di comunicazione usata da subito dopo le elezioni é semplice ma devastante e pericolosa.
La sua grande abilità è stata sempre quella di dosare nei modi opportuni piccole verità e grandi bufale.
Le piccole innegabili verità servono per convincere il merlame che tutto quanto propone sono tutte verità. E’ l’inserimento successivo di grandi bufale che gli consente di ottenere larghi consensi.
Adesso sta usando una grande verità. Il problema numero uno del Paese è “lavoro e occupazione”. I suoi, e non solo, si sono già dimenticati che la crisi versione Bel Paese dipende prevalentemente da lui. Si sono dimenticati che 15 giorni prima di alzare bandiera bianca raccontava la bufala dei ristoranti, degli alberghi, dei luoghi di villeggiatura pieni.
Gli risulterà anche facile, come ha già fatto in campagna elettorale, attribuire la chiusura di molti alberghi nel flop pasquale, alle scelte del governo Monti, come se lui fosse stato su marte in quel periodo.
La sua abilità comunicativa consiste proprio in questo, confondere sempre e comunque le acque.
L’uscita di oggi avrà il suo peso: “La casa brucia,…occorre fare in fretta”.
E chi, onestamente, potrebbe negare che non sia vero?
Dal Corriere.it
GLI ESPERTI NOMINATI DA NAPOLITANO
Pdl all'attacco sui saggi: «La casa brucia, facciano presto e si torni alle consultazioni»
La reazione di Alfano all'indomani della prima riunione delle commissioni. Solo i centristi condividono la scelta del Colle
http://www.corriere.it/politica/13_apri ... e2f1.shtml
**
Da il Giornale.it
Saggi, bocciatura bipartisan
Alfano incalza il Quirinale:
"Riprenda le consultazioni"
Sergio Rame
Il Pdl all'attacco: "Larghe intese o voto". Il Pd è critico: "La solizione non è risolutiva". E Grillo: "Badanti della democrazia". Ma Napolitano tira dritto
http://www.ilgiornale.it/news/interni/g ... 01754.html
**
Da Libero.it
I "DIECI SAGGI"
Cav tentato: far saltare il banco e subito alle elezioni
Silvio scettico sulle commissioni volute da Napolitano: "E' una palude". I tempi si dilatano, e le sentenze incombono
• Dal conclave dei saggi il nome dei prossimi premier e presidente
• Berlusconi non si fida: serve un patto pure sul Quirinale
http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... aggi-.html
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ALFANO: "FARE IN FRETTA, LA CASA BRUCIA"
Convocati
i 10 saggi: "Avranno limiti temporali"
Il Colle chiama le commissioni e rassicura il Pdl: "Tempi limitati". Il giallo: la telefonata tra il Capo dello Stato e il "tutore" Draghi
• Il Pdl avverte i saggi: "Governo in 10 giorni o si torna al voto"
http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... rali-.html
**
Dopo due lunghi anni i dati dei sondaggi gli sono favorevoli, e Berlu vuole sfruttare fino in fondo la situazione.
Continua in:
La cruna dell’ago - 3
Joblack
Mi aspetto che Jo in giornata, nelle prossime ore scriva la stessa nota per :
A volte ritornano (Giannelli).
29/04/2013 di triskel182
Ha segnalato Jo all’inizio del mese, a seguito del mio post di circa un’ora prima, che pubblico dopo quello di jo:
Inviato: 01/04/2013, 23:38
Joblack
Caro camillobenso,
Non credo nella ricostruzione che hai fatto a tutto vantaggio della mummia cinese.
Non credo che i sondaggi c'azzzecano ... come visto con M5S.
Non credo nell'abilità politica della mummuia tant'è che 6 milioni di elettori li ha persi.
Non credo che si andrà a votare con il porcellum
Non credo che la mummia eviterà la scure giudiziale.
Se scrivi soltanto per farci deprimere di più di quanto non lo siamo già ..... ci sei riuscito.
Bye
*
E’ sempre una questione di tempo, caro Jo, e se non hai la capacità di convincere, ed io non ce l’ho come ce l’hanno i tre pifferai per niente magici, come Berlusconi 1.0, Berlusconi 2.0, e Grillomao, e quelli di categoria inferiore come lo smacchiatore di giaguari di Bettola city, bisogna armarsi di tanta pazienza ed aspettare che gli avvenimenti accadano.
Dopo si spera, che qualcosa di più possa essere compreso.
Questo dicasi per:
1) Il Partito dei defunti. Il Pd era morto tanti anni fa, esattamente 6 mesi dopo la sua costituzione.
Solo che la tifoseria non ha mai voluto prenderne atto e diciamo che gli andava bene così. Solo che di tifo si muore.
Si è tappata più volte il naso in presenza dei miasmi della putrefazione appestavano l’aria.
2) Che il Pd ia diventato un partito democristiano. Alla buon’ora Giannelli se ne è accorto il 29 aprile 2013. Ma era oramai evidente da anni che la sinistra del centrosinistra era stata fatta fuori in onore del demo cristianesimo di POLTRONE & FORCHETTE.
Mi rendo perfettamente conto che raccontando la realtà possa indurre a depressione. Ma sarebbe infinitamente peggio far finta che non esista e mettere la testa sotto la sabbia con tanto di paraocchi per non vedere,…per non sentire.
Per fare questo gli italiani degli anni venti e trenta sono andati incontro al fascismo, mentre i tedeschi si sono sorbiti il nazionalsocialismo.
Inviato: 01/04/2013, 22:57
Pagina 283 di questo 3D
Come inizia una guerra civile – 26
La cruna dell’ago - 2
La mummia cinese garantita, scalpita, e dal suo punto di vista ha ragione di scalpitare. Conosce il detto: “Batti il ferro finché è caldo”
Gli ultimi sondaggi Swg del 29 di marzo, che da quelle parti ritengono tra i più affidabili dopo quelli della loro sondaggista preferita, Ghisleri, perché laicamente da mesi raccontavano i dati reali che hanno in mano i partiti riportati con un errore del +/- 2,37 %, danno il Pdl e la coalizione della prima destra in vantaggio.
Pdl…………………= 26,2 %
Coalizione cdx = 32,5 %
**
Pd………………….= 26,0 %
Sel………………….=…2,9 %.............(dimezzato rispetto a 6 mesi fa)
Coalizione csx = 29,6 %
**
Lista civica…….= …6,8 %
Udc……………….= …1,9 %
Coalizione di c. = 8,7 %
**
M5S……………..= 24,8 %
**
Vista da lontano, al di fuori delle tifoserie dei club, nel medio tempo la strategia della mummia è una strategia vincente.
Il recupero del Pdl è un dato di fatto. E a recuperare 10 punti è stata la mummia cinese garantita. Nessun altro. In questo si è sbagliato anche Travaglio, forse perché vede B. come il fumo negli occhi.
Sappiamo molto bene su quale terreno lavora la mummia, quello delle bufale rivolte in prevalenza a persone poco preparate. Ma sfonda anche tra quelle di cultura superiore.
In questo momento è ancora il migliore comunicatore politico su piazza ed inoltre presta molta attenzione, da esperto di marketing, a cosa richiede il mercato.
Possiamo dire che da un certo punto di vista siamo anche stati fortunati, perché alla Camera, con il porcellum, la mummia non ha usufruito del premio di maggioranza per solo uno 0,36 %. Cose da mordersi le dita e non solo, dal suo punto vista.
Se avesse vinto Berlu, saremmo ancora in una posizione peggiore di quella che ci troviamo ora, peggiore al cubo.
Sarebbe toccato a lui formare il governo, anche se non aveva la maggioranza al Senato.
Sapeva di non poter stravincere come nel 2008, e quindi ha applicato la strategia dei due tempi.
Primo tempo, recuperare fino al punto tale che la formazione di csx non avesse la maggioranza al Senato, paralizzando il sistema e obbligando il Pd a trattare.
Secondo tempo, le difficoltà del Pd in caso di nuove e ravvicinate elezioni, gli avrebbero consentito di riottenere la maggioranza per governare senza maggioranze strane ed ingombranti.
Adesso il suo disegno si sta avverando.
La mummia ha costretto Napolitano ad un escamotage fuori ordinanza, ma che in pratica gioca tutto a suo favore.
La commissione dei saggi lavorerà nella direzione di unire nuovamente Pd e Pdl. Per non fare uno sgarbo a Monti, ha chiamato come saggio Mario Mauro, Lista civica ex Pdl.
Si potrebbe ricomporre la formazione che ha sostenuto Monti.
Il settore politico quindi è formato da 4 formidabili inciucisti.
Nel settore “laici”, Napolitano ha scelto Valerio Onida, area Pd, in quanto contrario alla non illegibilità di B.
Avrebbe potuto scegliere Stefano Rodotà, ma il vecchio giurista ha firmato la petizione di Micromega.
Sarebbe stato poi una evidente rogna nella commissione, tutta concorde e disponibile a salvare B.
Malgrado tutto questo, la mummia preme, perché non ha nessun interesse che vengano fissati paletti al suo condizionamento e al prossimo governo.
La strategia di comunicazione usata da subito dopo le elezioni é semplice ma devastante e pericolosa.
La sua grande abilità è stata sempre quella di dosare nei modi opportuni piccole verità e grandi bufale.
Le piccole innegabili verità servono per convincere il merlame che tutto quanto propone sono tutte verità. E’ l’inserimento successivo di grandi bufale che gli consente di ottenere larghi consensi.
Adesso sta usando una grande verità. Il problema numero uno del Paese è “lavoro e occupazione”. I suoi, e non solo, si sono già dimenticati che la crisi versione Bel Paese dipende prevalentemente da lui. Si sono dimenticati che 15 giorni prima di alzare bandiera bianca raccontava la bufala dei ristoranti, degli alberghi, dei luoghi di villeggiatura pieni.
Gli risulterà anche facile, come ha già fatto in campagna elettorale, attribuire la chiusura di molti alberghi nel flop pasquale, alle scelte del governo Monti, come se lui fosse stato su marte in quel periodo.
La sua abilità comunicativa consiste proprio in questo, confondere sempre e comunque le acque.
L’uscita di oggi avrà il suo peso: “La casa brucia,…occorre fare in fretta”.
E chi, onestamente, potrebbe negare che non sia vero?
Dal Corriere.it
GLI ESPERTI NOMINATI DA NAPOLITANO
Pdl all'attacco sui saggi: «La casa brucia, facciano presto e si torni alle consultazioni»
La reazione di Alfano all'indomani della prima riunione delle commissioni. Solo i centristi condividono la scelta del Colle
http://www.corriere.it/politica/13_apri ... e2f1.shtml
**
Da il Giornale.it
Saggi, bocciatura bipartisan
Alfano incalza il Quirinale:
"Riprenda le consultazioni"
Sergio Rame
Il Pdl all'attacco: "Larghe intese o voto". Il Pd è critico: "La solizione non è risolutiva". E Grillo: "Badanti della democrazia". Ma Napolitano tira dritto
http://www.ilgiornale.it/news/interni/g ... 01754.html
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Da Libero.it
I "DIECI SAGGI"
Cav tentato: far saltare il banco e subito alle elezioni
Silvio scettico sulle commissioni volute da Napolitano: "E' una palude". I tempi si dilatano, e le sentenze incombono
• Dal conclave dei saggi il nome dei prossimi premier e presidente
• Berlusconi non si fida: serve un patto pure sul Quirinale
http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... aggi-.html
**
ALFANO: "FARE IN FRETTA, LA CASA BRUCIA"
Convocati
i 10 saggi: "Avranno limiti temporali"
Il Colle chiama le commissioni e rassicura il Pdl: "Tempi limitati". Il giallo: la telefonata tra il Capo dello Stato e il "tutore" Draghi
• Il Pdl avverte i saggi: "Governo in 10 giorni o si torna al voto"
http://www.liberoquotidiano.it/news/pol ... rali-.html
**
Dopo due lunghi anni i dati dei sondaggi gli sono favorevoli, e Berlu vuole sfruttare fino in fondo la situazione.
Continua in:
La cruna dell’ago - 3
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Re: Come se ne viene fuori ?
I partiti di oggi sono COMITATI D’AFFARI
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 128
La cruna dell’ago - 93
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 93
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 73
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 73
In mezzo alla tempesta - 9
Sondaggi Swg - Agorà
Pdl..........=..27,00 %
M5S........=..25,50 %
Pd……………….= 22,00 %
Sondaggio Masia
M5S........=..26,10 %= -3,7
Pdl..........=..26,00 %= -1,1
Pd……………….= 22,70 % = + 2,4
Per Masia per un solo decimale il M5S è ancora il primo partito d’Italia pur perdendo 3,7 punti.
Per la Swg di Trieste è valutato poco meno, solo 0,6 punti percentuali
Per il momento viene smentita la teoria che la mancanza di alleanza/sostegno al Pd, avrebbe fatto affondare il M5S pagando caro il gran rifiuto.
Vedremo cosa succede nel prossimo futuro.
Il Pdl sostanzialmente viene valutato quasi allo stesso modo.
Anche in Pd viene valutato quasi allo stesso modo.
La differenza è che Masia lo fa crescere di 2,4 punti, mentre l’Swg gli attribuisce una perdita di 5 punti.
Con la base in rivolta, con ResetPd e OccupyPd, la bocciatura di Prodi, la risposta del mancato appoggio di Rodotà che fa ridere solo i polli e le polle, e l’elezione del garante di Berlusconi al Colle. Con quelli della Bolognina che dichiarano: “Eravamo comunisti,…adesso siamo democristiani”, non si capisce come possa crescere di 2,4 punti.
Remo Bodei
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Pd……………….= 22,00 %
Sondaggio Masia
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Pdl..........=..26,00 %= -1,1
Pd……………….= 22,70 % = + 2,4
Per Masia per un solo decimale il M5S è ancora il primo partito d’Italia pur perdendo 3,7 punti.
Per la Swg di Trieste è valutato poco meno, solo 0,6 punti percentuali
Per il momento viene smentita la teoria che la mancanza di alleanza/sostegno al Pd, avrebbe fatto affondare il M5S pagando caro il gran rifiuto.
Vedremo cosa succede nel prossimo futuro.
Il Pdl sostanzialmente viene valutato quasi allo stesso modo.
Anche in Pd viene valutato quasi allo stesso modo.
La differenza è che Masia lo fa crescere di 2,4 punti, mentre l’Swg gli attribuisce una perdita di 5 punti.
Con la base in rivolta, con ResetPd e OccupyPd, la bocciatura di Prodi, la risposta del mancato appoggio di Rodotà che fa ridere solo i polli e le polle, e l’elezione del garante di Berlusconi al Colle. Con quelli della Bolognina che dichiarano: “Eravamo comunisti,…adesso siamo democristiani”, non si capisce come possa crescere di 2,4 punti.
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Re: Come se ne viene fuori ?
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Remo Bodei
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In mezzo alla tempesta - 10
il Fatto 29.4.13
La rivolta sul Web
“Avete fatto rinascere la Dc”
La Democrazia Cristiana è rinata, bravi complimenti e addio! ”. Enrico Letta presenta i suoi ministri e sulla pagina Facebook del Pd gli elettori reagiscono così. Il commento “sobrio” ma chiarissimo è di Irene Crobu. Poi c’è qualcuno decisamente meno misurato. “Andatevene affanculo voi e il Pdl”, scrive Antonio Vincenti. “Nell’anniversario della morte di Gramsci.... VERGOGNATEVI! Il mio voto non lo avrete MAI PIÙ! ”, parola di Gabriella Santuliana. “Vergogna”: una sola parola da Gaia Barbara Almiento. Tira le conclusioni Daniele Mocci: “Non rinnoverò la tessera”. Matteo Milani si dedica all’analisi della compagine di governo: “Uno dei peggiori governi della storia repubblicana, con un po’ di cosmesi mascherata da rinnovamento. Bel lavoro della famiglia Letta”. Annamaria Gonella avverte: “Non è per fare questo governo che siete stati votati, ce lo ricorderemo la prossima volta”. Mentre Andrea Portante la mette sull’intelligenza degli elettori: “Ma pensate veramente che siamo tutti pirla? Ma pensate di prendere ancora i nostri voti al prossimo giro? Non mi importa se vi vergognate o no. Non avrete MAI più il mio voto, a cominciare dalle comunali a ROMA”. Passa mezza giornata, arriva la sparatoria. I toni si fanno meno aspri. Ma la condanna resta. Maurizio Ferrari: “Mi dispiace per i carabinieri che sono persone che lavorano, ma se doveva suicidarsi non aveva più niente da perdere queste condizioni le hanno create i nostri politici non nominati dal popolo (sovrano) ”. E Uccio Pino Maria Cupeta: “Dai, cogliete la palla al balzo per giustificare l’inciucio, sciacalli! ”. Daniele Casciani ribadisce: “Traditori del mio voto!!! Vergogna!!! ”. Fa una considerazione sul futuro Hamilton Moura Filho Desivel: “Il Pd è morto dobbiamo creare un nuovo partito Letta è di destra caz....! “. Tutt’altra musica sulla pagina Facebook di Enrico Letta. Background diverso, attese pure. E si vede. Per tutti, Pietro Carella: “Auguri presidente che sia un esempio della buona politica in questo momento così difficile”.
Intanto, sulla sua pagina Facebook Pier Luigi Bersani scrive: “Questo governo ha freschezza e solidità. Saprà affrontare le difficoltà e le sfide che il Paese ha di fronte”. “Alfano me lo chiami freschezza? ”, replica pronto Ciccio Di Stefano. “Il pudore del silenzio, grazie”, chiosa Gianfranco Cozzobue.
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 129
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Intanto, sulla sua pagina Facebook Pier Luigi Bersani scrive: “Questo governo ha freschezza e solidità. Saprà affrontare le difficoltà e le sfide che il Paese ha di fronte”. “Alfano me lo chiami freschezza? ”, replica pronto Ciccio Di Stefano. “Il pudore del silenzio, grazie”, chiosa Gianfranco Cozzobue.
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Re: Come se ne viene fuori ?
I partiti di oggi sono COMITATI D’AFFARI
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 130
La cruna dell’ago - 95
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 95
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Repubblica 29.4.13
Diventeremo tutti berlusconiani?
di Ilvo Diamanti
DIVENTEREMO tutti berlusconiani? Difficile non chiederselo, mentre assistiamo all’avvio del nuovo governo, che oggi otterrà la fiducia. Berlusconi non ne fa parte. Ma la sua presenza è visibile. Attraverso i ministri della sua “parte”. Per primo, il fedele Angelino Alfano. D’altronde, questo governo rispecchia la prospettiva che egli stesso aveva auspicato e perseguito, fin dai giorni successivi al voto.
Una maggioranza di “larghe intese”, che istituzionalizzasse l’alleanza costruita da Napolitano intorno a Monti e ai tecnici, nel novembre 2011. Oggi quella maggioranza si ripropone, per iniziativa, ancora, del Presidente. Ma si tratta di un governo “politico”, per quanto spinto (come nel 2011) dall’emergenza. Alla guida di Enrico Letta, leader del Pd. Con il sostegno determinante del Pdl. Oggi, di nuovo il primo partito in Italia, secondo i sondaggi. Mentre il Pd è in caduta. Sceso al di sotto del 25% (secondo Ipsos). Se si votasse presto, il centrodestra “rischierebbe” di conquistare la maggioranza in entrambe le Camere, anche con questa orribile legge elettorale.
Berlusconi, dunque, incombe di nuovo, sulla politica italiana. Come avviene da vent’anni. Eppure sei mesi fa, appena, tutti davano la sua avventura politica praticamente conclusa. I suoi stessi leader (si fa per dire, perché nel centrodestra il leader è uno solo) l’avevano abbandonato. Invocavano le primarie del centrodestra. E si guardavano intorno, alla ricerca di una via di fuga. Io stesso consideravo il “berlusconismo”, il modello politico e culturale imposto da Berlusconi, in declino. Non ho cambiato idea. Il berlusconismo interpreta il mito dell’imprenditore del Nord che si è fatto da sé. La promessa del successo possibile per tutti. Narrata attraverso i media e la “sua” televisione. È il “sogno italiano” negli anni della crescita e del benessere. Che egli ha rappresentato anche mentre declinava, negli anni Duemila. Quell’epoca è finita. Arcore e le sue ville in Sardegna non possono più disegnare l’ambiente della sua fiction. E l’immagine degli imprenditori, oggi, non è più associata al “miracolo” economico degli anni Ottanta e Novanta. Ma al dramma del suicidio per disperazione.
Anche il “partito personale”, l’invenzione del Cavaliere: da Forza Italia al Pdl, dopo il 2008 ha iniziato a perdere consensi. Dieci anni, o quasi, di governo e di declino economico e sociale ne hanno ridimensionato il consenso. Così alle elezioni recenti il Pdl ha perduto circa 6.300.000 elettori. E si è ridotto a circa metà, rispetto al 2008.
Eppure Berlusconi non è finito. È sopravvissuto al berlusconismo. Meglio dei suoi stessi antagonisti. Oggi in profonda crisi, assai più di lui.
Com’è avvenuto? E perché?
Quanto al “come”, direi che Berlusconi ha perso le elezioni ma ha vinto il dopo-elezioni. Perché il Pd, guidato da Bersani, il vincitore predestinato con largo anticipo, in effetti, non ha vinto. Ma ha cercato di agire da vincitore. Come se avesse vinto. Per quasi un mese, ha inseguito il progetto di un governo improbabile. Insieme al M5S, di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. I quali non possono governare con i “nemici”. I principali partiti della Seconda Repubblica. Dopo aver condotto una campagna elettorale contro di loro. Il Pdl e il Pd senza “l”. Non possono. Perché un terzo dei loro elettori provengono da centrodestra e un terzo da centrosinistra. Qualunque scelta, per il M5S, sarebbe lacerante. Per cui ha condotto, sin qui, una guerra di logoramento. Avvicinandosi al Pd, per poi respingerlo. In diretta streaming. Visto che il suo governo ideale è proprio questo. Le “larghe intese” fra i “nemici”. Contro cui mobilitarsi. Dentro e fuori il Parlamento. Almeno per ora. Fino a quando, cioè, una parte dei suoi elettori non comincerà a interrogarsi circa l’utilità del proprio voto. Com’è avvenuto in Friuli Venezia Giulia, alle recenti elezioni regionali.
Così Berlusconi, è divenuto, di giorno in giorno, più ineludibile. Impossibile cancellarlo dall’orizzonte politico, per il Pd. Il non-vincitore costretto ad agire “come se” lo fosse. “Come se” potesse decidere con chi governare. Mentre, di giorno in giorno, il ruolo di Berlusconi cresceva. Mentre Berlusconi poteva permettersi atteggiamenti da leader responsabile. Pronto a fare la propria parte. Fino al punto di concedere alla “sinistra” tutte le presidenze. Della Camera e del Senato. Perfino la presidenza della Repubblica (Napolitano non ha mica una storia di destra…). E, infine, la presidenza del Consiglio.b Per il Bene del Paese.
Così Berlusconi ha vinto il dopo-elezioni. E il centrosinistra l’ha perso. Anche se ha ottenuto tutte le cariche più importanti. Perché ha dovuto “arrendersi” al suo avversario storico. Il Pd: per la prima volta, ha formato una maggioranza “politica” con gli uomini del Pdl. Cioè, di Berlusconi. Certo, Enrico Letta ha scelto ministri giovani. Molte donne. Un po’ di tecnici di valore. Un po’ di politici di nuova generazione. Ma, insomma, lui, Silvio: incombe. E per il Pd conta quanto – e forse più – che per il Pdl. Perché Berlusconi è, ancora oggi, il leader verso cui gli elettori del Pd nutrono maggiore sfiducia: 94%.
La sfiducia verso Berlusconi, l’anti-berlusconismo: sono un marchio impresso nell’identità del centrosinistra fin dalle origini della Seconda Repubblica. Il centrosinistra. Condannato, da Berlusconi, a rimanere comunista. Dopo la caduta del muro e la fine del comunismo. Condannato a restare antiberlusconiano, anche dopo la fine del berlusconismo. Oggi sembra incapace di liberarsi da questa eredità.
Anche e soprattutto perché il Pd non è mai riuscito ad affermare una propria, specifica, identità. È un partito né-né. Né socialdemocratico né popolare. Semmai post. Dove coabitano, senza amore, postcomunisti e postdemocristiani (di sinistra). Un partito im-personale. Che utilizza le primarie per selezionare leader poco carismatici e lasciar fuori quelli più pop (olari). Un “partito ipotetico”, ha scritto Eddy Berselli nel 2008. Rassegnato a perdere, anche quando vince – o quasi. Perché coltiva il mito della sconfitta– e dell’opposizione. In fondo, anche Berlusconi, per il Pd e la Sinistra, è un mito. Negativo, ma non importa. Perché i miti, si sa, non muoiono. Per non morire berlusconiani, dunque, non c’è alternativa. Occorre costruire un’alternativa: “senza” Berlusconi. “Oltre” Berlusconi. Solo a questa condizione è possibile sopravvivere a Berlusconi. Il Pd, per questo, deve cambiare in fretta. Individuare e comunicare una propria, specifica identità. Con poche parole e una leadership forte. Prima delle prossime elezioni. Non gli resta molto tempo.
Remo Bodei
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Repubblica 29.4.13
Diventeremo tutti berlusconiani?
di Ilvo Diamanti
DIVENTEREMO tutti berlusconiani? Difficile non chiederselo, mentre assistiamo all’avvio del nuovo governo, che oggi otterrà la fiducia. Berlusconi non ne fa parte. Ma la sua presenza è visibile. Attraverso i ministri della sua “parte”. Per primo, il fedele Angelino Alfano. D’altronde, questo governo rispecchia la prospettiva che egli stesso aveva auspicato e perseguito, fin dai giorni successivi al voto.
Una maggioranza di “larghe intese”, che istituzionalizzasse l’alleanza costruita da Napolitano intorno a Monti e ai tecnici, nel novembre 2011. Oggi quella maggioranza si ripropone, per iniziativa, ancora, del Presidente. Ma si tratta di un governo “politico”, per quanto spinto (come nel 2011) dall’emergenza. Alla guida di Enrico Letta, leader del Pd. Con il sostegno determinante del Pdl. Oggi, di nuovo il primo partito in Italia, secondo i sondaggi. Mentre il Pd è in caduta. Sceso al di sotto del 25% (secondo Ipsos). Se si votasse presto, il centrodestra “rischierebbe” di conquistare la maggioranza in entrambe le Camere, anche con questa orribile legge elettorale.
Berlusconi, dunque, incombe di nuovo, sulla politica italiana. Come avviene da vent’anni. Eppure sei mesi fa, appena, tutti davano la sua avventura politica praticamente conclusa. I suoi stessi leader (si fa per dire, perché nel centrodestra il leader è uno solo) l’avevano abbandonato. Invocavano le primarie del centrodestra. E si guardavano intorno, alla ricerca di una via di fuga. Io stesso consideravo il “berlusconismo”, il modello politico e culturale imposto da Berlusconi, in declino. Non ho cambiato idea. Il berlusconismo interpreta il mito dell’imprenditore del Nord che si è fatto da sé. La promessa del successo possibile per tutti. Narrata attraverso i media e la “sua” televisione. È il “sogno italiano” negli anni della crescita e del benessere. Che egli ha rappresentato anche mentre declinava, negli anni Duemila. Quell’epoca è finita. Arcore e le sue ville in Sardegna non possono più disegnare l’ambiente della sua fiction. E l’immagine degli imprenditori, oggi, non è più associata al “miracolo” economico degli anni Ottanta e Novanta. Ma al dramma del suicidio per disperazione.
Anche il “partito personale”, l’invenzione del Cavaliere: da Forza Italia al Pdl, dopo il 2008 ha iniziato a perdere consensi. Dieci anni, o quasi, di governo e di declino economico e sociale ne hanno ridimensionato il consenso. Così alle elezioni recenti il Pdl ha perduto circa 6.300.000 elettori. E si è ridotto a circa metà, rispetto al 2008.
Eppure Berlusconi non è finito. È sopravvissuto al berlusconismo. Meglio dei suoi stessi antagonisti. Oggi in profonda crisi, assai più di lui.
Com’è avvenuto? E perché?
Quanto al “come”, direi che Berlusconi ha perso le elezioni ma ha vinto il dopo-elezioni. Perché il Pd, guidato da Bersani, il vincitore predestinato con largo anticipo, in effetti, non ha vinto. Ma ha cercato di agire da vincitore. Come se avesse vinto. Per quasi un mese, ha inseguito il progetto di un governo improbabile. Insieme al M5S, di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. I quali non possono governare con i “nemici”. I principali partiti della Seconda Repubblica. Dopo aver condotto una campagna elettorale contro di loro. Il Pdl e il Pd senza “l”. Non possono. Perché un terzo dei loro elettori provengono da centrodestra e un terzo da centrosinistra. Qualunque scelta, per il M5S, sarebbe lacerante. Per cui ha condotto, sin qui, una guerra di logoramento. Avvicinandosi al Pd, per poi respingerlo. In diretta streaming. Visto che il suo governo ideale è proprio questo. Le “larghe intese” fra i “nemici”. Contro cui mobilitarsi. Dentro e fuori il Parlamento. Almeno per ora. Fino a quando, cioè, una parte dei suoi elettori non comincerà a interrogarsi circa l’utilità del proprio voto. Com’è avvenuto in Friuli Venezia Giulia, alle recenti elezioni regionali.
Così Berlusconi, è divenuto, di giorno in giorno, più ineludibile. Impossibile cancellarlo dall’orizzonte politico, per il Pd. Il non-vincitore costretto ad agire “come se” lo fosse. “Come se” potesse decidere con chi governare. Mentre, di giorno in giorno, il ruolo di Berlusconi cresceva. Mentre Berlusconi poteva permettersi atteggiamenti da leader responsabile. Pronto a fare la propria parte. Fino al punto di concedere alla “sinistra” tutte le presidenze. Della Camera e del Senato. Perfino la presidenza della Repubblica (Napolitano non ha mica una storia di destra…). E, infine, la presidenza del Consiglio.b Per il Bene del Paese.
Così Berlusconi ha vinto il dopo-elezioni. E il centrosinistra l’ha perso. Anche se ha ottenuto tutte le cariche più importanti. Perché ha dovuto “arrendersi” al suo avversario storico. Il Pd: per la prima volta, ha formato una maggioranza “politica” con gli uomini del Pdl. Cioè, di Berlusconi. Certo, Enrico Letta ha scelto ministri giovani. Molte donne. Un po’ di tecnici di valore. Un po’ di politici di nuova generazione. Ma, insomma, lui, Silvio: incombe. E per il Pd conta quanto – e forse più – che per il Pdl. Perché Berlusconi è, ancora oggi, il leader verso cui gli elettori del Pd nutrono maggiore sfiducia: 94%.
La sfiducia verso Berlusconi, l’anti-berlusconismo: sono un marchio impresso nell’identità del centrosinistra fin dalle origini della Seconda Repubblica. Il centrosinistra. Condannato, da Berlusconi, a rimanere comunista. Dopo la caduta del muro e la fine del comunismo. Condannato a restare antiberlusconiano, anche dopo la fine del berlusconismo. Oggi sembra incapace di liberarsi da questa eredità.
Anche e soprattutto perché il Pd non è mai riuscito ad affermare una propria, specifica, identità. È un partito né-né. Né socialdemocratico né popolare. Semmai post. Dove coabitano, senza amore, postcomunisti e postdemocristiani (di sinistra). Un partito im-personale. Che utilizza le primarie per selezionare leader poco carismatici e lasciar fuori quelli più pop (olari). Un “partito ipotetico”, ha scritto Eddy Berselli nel 2008. Rassegnato a perdere, anche quando vince – o quasi. Perché coltiva il mito della sconfitta– e dell’opposizione. In fondo, anche Berlusconi, per il Pd e la Sinistra, è un mito. Negativo, ma non importa. Perché i miti, si sa, non muoiono. Per non morire berlusconiani, dunque, non c’è alternativa. Occorre costruire un’alternativa: “senza” Berlusconi. “Oltre” Berlusconi. Solo a questa condizione è possibile sopravvivere a Berlusconi. Il Pd, per questo, deve cambiare in fretta. Individuare e comunicare una propria, specifica identità. Con poche parole e una leadership forte. Prima delle prossime elezioni. Non gli resta molto tempo.
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Re: Come se ne viene fuori ?
I partiti di oggi sono COMITATI D’AFFARI
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 131
La cruna dell’ago - 96
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 96
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il Fatto 29.4.13
Ad personam
Amnistia e indulto, grimaldelli per salvare B.
di Marco Palombi
Il governo è fatto, la fiducia in Parlamento quasi una formalità, resta sempre quel problemino. Quale? I processi di Silvio Berlusconi, attualmente statista. Tralasciando quello per le intercettazioni Unipol (condanna a un anno in primo grado), a preoccupare davvero il Cavaliere sono due procedimenti: quello sulla compravendita di diritti tv (anche qui primo grado chiuso “in svantaggio” di quattro anni) e quello per concussione aggravata e “altro” nell’affaire Ruby, non lontano dalla sentenza. LA FACCENDA non è tanto il rischio di andare effettivamente in prigione - nel breve periodo quasi inesistente tra indulto del 2006 e veneranda età dell’interessato (vedi legge ex Cirielli) - quanto quella brutta abitudine dei magistrati di comminare pene accessorie, in particolare l’interdizione dai pubblici uffici: per i diritti tv già gli hanno dato cinque anni, di cui tre indultati, che rischiano di diventare definitivi ad inizio 2014 e impedire all’ex premier di candidarsi in caso di elezioni. Ovviamente non tutti si sono distratti in queste settimane e l’ostacolo che si frappone tra il Belpaese e le sue magnifiche sorti, e progressive, è ben presente a più di qualcuno. Ieri, per dire, Giuliano Ferrara ha dimostrato di ricordarselo pubblicando una sorta di arringa finale su Il Giornale. Titolo: “Ora i giudici devono deporre le armi”. Svolgimento: “Una condanna risulterebbe ad un numero impressionante di cittadini semplicemente ingiusta, il timbro finale di una storia accanita di eccessi legalistici e di tentativi maldestri di mascariamento”, “un modo per prolungare l’intenibile guerricciola civile contro persone simbolo”. Conclusione: “Assolvete dunque, in nome e per conto dell’etica della responsabilità”. Purtroppo per il Cavaliere, però, infinite cantonate sui tentativi di appeasement con la magistratura tramite i buoni uffici di quel presidente della Repubblica o vicepresidente del Csm o Guardasigilli hanno dimostrato che questa strada non sempre funziona: basti ricordare il Berlusconi che rinfacciava al Quirinale la garanzia sulla non bocciatura del lodo Alfano da parte della Consulta. E allora? I migliori avvocati del nostro, come si sa, stanno nelle commissioni Giustizia, e non in Tribunale, e potrebbero sfruttare il nuovo clima di concordia per risolvere (di nuovo) il problema con una bella legge. E ce n’è una sola, data l’eterogeneità delle accuse a Berlusconi, che possa funzionare: concessione di amnistia e indulto. Questa via, peraltro, ha il pregio di permettere ai berluscones di mimetizzarsi nella sacrosanta battaglia di quei parlamentari - tutti di estrazione radicale o comunque vicini al partito del neoministro Bonino – che fanno una sacrosanta battaglia sulle condizioni carcerarie nel nostro paese: 139,7 detenuti ogni 100 posti, oltre 65mila il numero totale, il 30% tossicodipendenti, il 40% in attesa di giudizio definitivo.
IN PARLAMENTO, peraltro, ci sono già due ddl sul tema: uno del prodiano Sandro Gozi alla Camera, uno in Senato firmato da Luigi Manconi del Pd e Luigi Compagna del Pdl (in prestito al minigruppo sudista), l’uomo che la scorsa legislatura tentò di restaurare l’immunità parlamentare con un altro ddl bipartisan. Del primo ddl ancora non è disponibile il testo, del secondo sì e la soluzione sarebbe davvero radicale: amnistia per i reati commessi fino al 14 marzo 2013 (esclusi alcuni, ma non quelli che riguardano Berlusconi), più un indulto di quattro anni con automatica cancellazione “per intero per le pene accessorie temporanee”. Insomma, dovessero condannarlo nel frattempo (e quindi l’amnistia va a vuoto), arriva la seconda lama dell’indulto. C’è un problema. Amnistia e indulto, da Costituzione, si approvano coi due terzi dei voti nelle due Camere: per un ddl senza il Cavaliere dentro i numeri probabilmente ci sono, in questa formulazione “corretta” col famoso salvacondotto è assai difficile.
il Fatto 29.4.13
Il ricatto del Pdl
L’acrobata Letta sospeso sul filo dell’Imu
di Giorgio Meletti
L'unica spiegazione ragionevole, o se preferite l'unica attenuante per la guerra dell'Imu, è la battaglia in corso per la spartizione di una quarantina di poltrone da viceministro e sottosegretario. I più agguerriti sparano salve di cannone per posizionarsi, per alzare il prezzo. Il più rumoroso come sempre è Renato Brunetta. L'economista veneziano, rimasto fuori del governo perché sta talmente sulle scatole a tutti che con lui Enrico Letta rischiava di andare sotto nel voto di fiducia, ieri di prima mattina ha dato il suo avvertimento, dotato di un certo peso visto che è a capo del grppo Pdl alla Camera: "Cancellazione dell’Imu sulla prima casa e sui terreni agricoli, nonchè restituzione di quanto pagato lo scorso anno sono fondamentali. O ci sarà questo preciso impegno da parte del presidente del Consiglio, o non voteremo la fiducia al governo”.
DALLO STAFF del premier arrivano segnali di prudenza: l'argomento Imu difficilmente potrà essere ignorato nel discorso sulla fiducia di questa mattina, ma sarà sicuramente l'ultimo a essere limato da Enrico Letta, la cui abilità sarà messa a dura prova dallo sforzo di tenere in equilibrio una cosa assai complicata.
LE CIFRE sono chiare: il nuovo governo deve trovare alla svelta almeno 1,5 miliardi per gli ammortizzatori sociali che hanno esaurito le dotazioni finanziarie, un altro paio di miliardi per bloccare l'aumento dell'Iva dal 21 al 22 per cento previsto per il 1 luglio prossimo. Poi c'è l'appuntamento con l'altra stangata fiscale innescata dal governo Monti, la Tares: per disinnescarla e almeno rinviarla bisogna trovare subito un miliardo. Poi servono un paio di miliardi per non mandare a casa i precari della Pubblica amministrazione che scadono a giugno. Poi resta sempre da risolvere il problema degli esodati, su cui è complicato fare cifre.
In queste condizioni per Letta sarà molto difficile assumere impegni precisi per l'Imu prima casa. Vale 4 miliardi, e per abolirla e al contempo rimborsare quella del 2012, come promesso da Silvio Berlusconi in campagna elettorale, servirebbero 8 miliardi. Non se ne parla proprio. Il punto di mediazione che Letta può tentare è quello di rilanciare un pezzo della proposta avanzata in campagna elettorale da Pierluigi Bersani. Il Pd voleva dare una franchigia di 500 euro (contro gli attuali 200), in modo tale che chi aveva da pagare un'Imu prima casa entro quella cifra ne veniva automaticamente esentato, mentre chi stava sopra aveva comunque uno sconto di 500 euro.
Con questa misura verrebbero a mancare, secondo i calcoli Pd 2,5 dei 4 miliardi di gettito, in parte compensabili da un inasprimento dell'imposta sui grandi patrimoni, quelli con valore catastale superiore ai 1500 euro. Questa ipotesi di recupero è per un verso ottimistica, per un altro verso indigesta per il partito di Berlusconi e Brunetta. Si parla invece delle misure di recupero avanzate in campagna elettorale da B., come le maggiori imposte su gioco d'azzardo, alcolici e sigarette, per un paio di miliardi di euro. Qui c'è però da fare i conti con un fenomeno ormai noto, le maggiori imposte frenano i consumi, e quindi anche il gettito non sarebbe quello sperato.
LETTA NON PUÒ d'altra parte esordire in Parlamento annunciando all'Europa e ai mercati finanziari la ferma intenzione di aprire una nuova voragine nei conti pubblici per fare contenti Berlusconi e Brunetta.
Verosimilmente sarà costretto a scegliere una posizione di attesa, rinviando le scelte nette a un momento successivo in cui gli sconti sull'Imu vengano annegati in una più complessiva manovra di rilancio dell'economia fatta anche di sollievo fiscale. Il drammatico calo dei consumi, diventato elemento centrale della recessione, dovrà essere affrontato con qualche cosa che somigli al reddito di cittadinanza reclamato a gran voce dal Movimento 5 Stelle ma sul quale anche il nuovo ministro del Lavoro Enrico Giovanninini ha mostrato qualche apertura.
Rimane dunque il vero, drammatico punto di caduta su cui il nuovo premier sarà misurato: se tutto ciò di cui ha bisogno il Paese si traduce in minori entrate fiscali o maggiori spese, l'unica soluzione sarà un taglio della spesa pubblica drastico ma che non colpisca gli strati più deboli. Proprio ciò su cui il governo di Mario Monti e il mitico tagliatore Enrico Bondi hanno fallito su tutta la linea.
il Fatto 29.4.13
Sottosegretari
Poltrone, la carica dei trombati
Adesso tutti a dire che un sottosegretario abile e furbo “vale più di un ministro di peso”, ma è solo un modo per stemperare una delusione cocente, che solo in alcuni casi (pochi, pochissimi a sentire le indiscrezioni dell’ultim’ora) potranno essere temperate da una nomina a sottosegretario. O a viceministro. E poi bisognerà vedere pure quale. Chi non se ne riesce a fare una ragione della trombatura arrivata quasi sulla salita del Quirinale, è Renato Brunetta. Il Cavaliere ha difeso con il suo corpo la nomina dell’ex ministro a responsabile del dicastero dell’Economia, ma Napolitano è stato spietato; niente ex ministri politici. Lasciata in un angolo anche Daniela Santanchè. Che l’ha presa male. Vada pure il vedersi superare da Nunzia De Girolamo, che sicuramente non sa nulla di Agricoltura ma è moglie di Francesco Boccia, il primo cavaliere di Enrico Letta, però la Lorenzin è stato un duro colpo. Un “affronto” che potrebbe essere compensato da un sottosegretariato “di spessore”. Berlusconi la vorrebbe viceministro allo Sviluppo Economico, per blindare i suoi interessi da uno spaesato Zanonato che poco capisce, soprattutto di tv. Un ruolo di primo piano, dunque, per la prima delle “amazzoni”, così come il Pdl ambirebbe a tenere sotto controllo l’azione di Anna Maria Cancellieri alla Giustizia infilando a via Arenula uno come l’ex ministro Nitto Palma. Ma se lui dovesse cadere per l’ennesimo veto sugli ex ministri, allora da Palazzo Grazioli proporrebbero Augusta Iannini, moglie di Vespa, ex capo di gabinetto del ministero e ora all’Authority per la Privacy. Chissà se Letta potrebbe accettare. Qualcosa, poi, dovranno trovare per Mara Carfagna e Anna Maria Bernini, quest’ultima caduta ad un passo dalla meta e con poca, pochissima voglia di lasciar correre.
CERTO, PERÒ, Enrico Letta di problemi ne avrà soprattutto a sistemare i tanti delusi del suo partito. O di quel che ne resta. Ci sono ancora diversi “lettiani”, come Marco Meloni, Alessia Mosca e Paola De Micheli, da sistemare, ma quel che più teme – forse – il neo premier, è di subire l’assalto da parte di quelle correnti Pd lasciate a secco. Stefano Fassina, per dirne uno. Si sentiva già ministro del Lavoro e poi ecco sbucare (quasi) dal nulla un “tecnico” come Giovannini. Forse il sottosegretariato al ministero di via Veneto glielo daranno. E con lui i “turchi” potrebbero essere sistemati. Che fare, però, dei “dissidenti” tipo Zoggia e Puppato che, alla fine, hanno deciso di votare la fiducia al governo? Sono ore frenetiche per gli aspiranti numeri due: per uno strapuntino di successo fanno di nuovo capolino vecchie conoscenze come Giorgio Merlo, ex parlamentare di lungo corso piddino non più ricandidato, ma uomo macchina di Franco Marini. Non disdegnerebbe la promozione Giacomo Portas che, da leader dei Moderati, afferma ogni due per tre la propria granitica fedeltà alla coalizione. Stessa musica per Riccardo Nencini, leader dei Socialisti, trombato sulla soglia del ministero dell’Ambiente. L’Agricoltura è poi l’ambito sul quale ha puntato gli occhi Massimo Fiorio, astigiano, tre legislature sul groppone, che potrebbe però subire la concorrenza di un concittadino illustre, il dietologo-nutrizionista Giorgio Calabrese. Non ha mai smesso del tutto di pensare a un suo ritorno ministeriale anche Gianfranco Morgando, ex sottosegretario a Industria (con D’Alema) e Tesoro (nell’Amato II), mentre è data quasi per certa Ilaria Borletti Buitoni alla Cultura. Chi coltiva poi il sogno di un vice-ministero allo Sviluppo economico (o, in subordine alle infrastrutture) e’ il neo parlamentare di Scelta Civica Paolo Vitelli. Il patron dell’Azimut non fa mistero che nelle condizioni d’ingaggio, da parte dell’ex premier Mario Monti, ci fosse proprio la promessa di un incarico di primo piano. I bocconi amari per Letta junior, par di capire, non sono affatto finiti…
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 131
La cruna dell’ago - 96
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 96
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 76
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 76
In mezzo alla tempesta - 12
il Fatto 29.4.13
Ad personam
Amnistia e indulto, grimaldelli per salvare B.
di Marco Palombi
Il governo è fatto, la fiducia in Parlamento quasi una formalità, resta sempre quel problemino. Quale? I processi di Silvio Berlusconi, attualmente statista. Tralasciando quello per le intercettazioni Unipol (condanna a un anno in primo grado), a preoccupare davvero il Cavaliere sono due procedimenti: quello sulla compravendita di diritti tv (anche qui primo grado chiuso “in svantaggio” di quattro anni) e quello per concussione aggravata e “altro” nell’affaire Ruby, non lontano dalla sentenza. LA FACCENDA non è tanto il rischio di andare effettivamente in prigione - nel breve periodo quasi inesistente tra indulto del 2006 e veneranda età dell’interessato (vedi legge ex Cirielli) - quanto quella brutta abitudine dei magistrati di comminare pene accessorie, in particolare l’interdizione dai pubblici uffici: per i diritti tv già gli hanno dato cinque anni, di cui tre indultati, che rischiano di diventare definitivi ad inizio 2014 e impedire all’ex premier di candidarsi in caso di elezioni. Ovviamente non tutti si sono distratti in queste settimane e l’ostacolo che si frappone tra il Belpaese e le sue magnifiche sorti, e progressive, è ben presente a più di qualcuno. Ieri, per dire, Giuliano Ferrara ha dimostrato di ricordarselo pubblicando una sorta di arringa finale su Il Giornale. Titolo: “Ora i giudici devono deporre le armi”. Svolgimento: “Una condanna risulterebbe ad un numero impressionante di cittadini semplicemente ingiusta, il timbro finale di una storia accanita di eccessi legalistici e di tentativi maldestri di mascariamento”, “un modo per prolungare l’intenibile guerricciola civile contro persone simbolo”. Conclusione: “Assolvete dunque, in nome e per conto dell’etica della responsabilità”. Purtroppo per il Cavaliere, però, infinite cantonate sui tentativi di appeasement con la magistratura tramite i buoni uffici di quel presidente della Repubblica o vicepresidente del Csm o Guardasigilli hanno dimostrato che questa strada non sempre funziona: basti ricordare il Berlusconi che rinfacciava al Quirinale la garanzia sulla non bocciatura del lodo Alfano da parte della Consulta. E allora? I migliori avvocati del nostro, come si sa, stanno nelle commissioni Giustizia, e non in Tribunale, e potrebbero sfruttare il nuovo clima di concordia per risolvere (di nuovo) il problema con una bella legge. E ce n’è una sola, data l’eterogeneità delle accuse a Berlusconi, che possa funzionare: concessione di amnistia e indulto. Questa via, peraltro, ha il pregio di permettere ai berluscones di mimetizzarsi nella sacrosanta battaglia di quei parlamentari - tutti di estrazione radicale o comunque vicini al partito del neoministro Bonino – che fanno una sacrosanta battaglia sulle condizioni carcerarie nel nostro paese: 139,7 detenuti ogni 100 posti, oltre 65mila il numero totale, il 30% tossicodipendenti, il 40% in attesa di giudizio definitivo.
IN PARLAMENTO, peraltro, ci sono già due ddl sul tema: uno del prodiano Sandro Gozi alla Camera, uno in Senato firmato da Luigi Manconi del Pd e Luigi Compagna del Pdl (in prestito al minigruppo sudista), l’uomo che la scorsa legislatura tentò di restaurare l’immunità parlamentare con un altro ddl bipartisan. Del primo ddl ancora non è disponibile il testo, del secondo sì e la soluzione sarebbe davvero radicale: amnistia per i reati commessi fino al 14 marzo 2013 (esclusi alcuni, ma non quelli che riguardano Berlusconi), più un indulto di quattro anni con automatica cancellazione “per intero per le pene accessorie temporanee”. Insomma, dovessero condannarlo nel frattempo (e quindi l’amnistia va a vuoto), arriva la seconda lama dell’indulto. C’è un problema. Amnistia e indulto, da Costituzione, si approvano coi due terzi dei voti nelle due Camere: per un ddl senza il Cavaliere dentro i numeri probabilmente ci sono, in questa formulazione “corretta” col famoso salvacondotto è assai difficile.
il Fatto 29.4.13
Il ricatto del Pdl
L’acrobata Letta sospeso sul filo dell’Imu
di Giorgio Meletti
L'unica spiegazione ragionevole, o se preferite l'unica attenuante per la guerra dell'Imu, è la battaglia in corso per la spartizione di una quarantina di poltrone da viceministro e sottosegretario. I più agguerriti sparano salve di cannone per posizionarsi, per alzare il prezzo. Il più rumoroso come sempre è Renato Brunetta. L'economista veneziano, rimasto fuori del governo perché sta talmente sulle scatole a tutti che con lui Enrico Letta rischiava di andare sotto nel voto di fiducia, ieri di prima mattina ha dato il suo avvertimento, dotato di un certo peso visto che è a capo del grppo Pdl alla Camera: "Cancellazione dell’Imu sulla prima casa e sui terreni agricoli, nonchè restituzione di quanto pagato lo scorso anno sono fondamentali. O ci sarà questo preciso impegno da parte del presidente del Consiglio, o non voteremo la fiducia al governo”.
DALLO STAFF del premier arrivano segnali di prudenza: l'argomento Imu difficilmente potrà essere ignorato nel discorso sulla fiducia di questa mattina, ma sarà sicuramente l'ultimo a essere limato da Enrico Letta, la cui abilità sarà messa a dura prova dallo sforzo di tenere in equilibrio una cosa assai complicata.
LE CIFRE sono chiare: il nuovo governo deve trovare alla svelta almeno 1,5 miliardi per gli ammortizzatori sociali che hanno esaurito le dotazioni finanziarie, un altro paio di miliardi per bloccare l'aumento dell'Iva dal 21 al 22 per cento previsto per il 1 luglio prossimo. Poi c'è l'appuntamento con l'altra stangata fiscale innescata dal governo Monti, la Tares: per disinnescarla e almeno rinviarla bisogna trovare subito un miliardo. Poi servono un paio di miliardi per non mandare a casa i precari della Pubblica amministrazione che scadono a giugno. Poi resta sempre da risolvere il problema degli esodati, su cui è complicato fare cifre.
In queste condizioni per Letta sarà molto difficile assumere impegni precisi per l'Imu prima casa. Vale 4 miliardi, e per abolirla e al contempo rimborsare quella del 2012, come promesso da Silvio Berlusconi in campagna elettorale, servirebbero 8 miliardi. Non se ne parla proprio. Il punto di mediazione che Letta può tentare è quello di rilanciare un pezzo della proposta avanzata in campagna elettorale da Pierluigi Bersani. Il Pd voleva dare una franchigia di 500 euro (contro gli attuali 200), in modo tale che chi aveva da pagare un'Imu prima casa entro quella cifra ne veniva automaticamente esentato, mentre chi stava sopra aveva comunque uno sconto di 500 euro.
Con questa misura verrebbero a mancare, secondo i calcoli Pd 2,5 dei 4 miliardi di gettito, in parte compensabili da un inasprimento dell'imposta sui grandi patrimoni, quelli con valore catastale superiore ai 1500 euro. Questa ipotesi di recupero è per un verso ottimistica, per un altro verso indigesta per il partito di Berlusconi e Brunetta. Si parla invece delle misure di recupero avanzate in campagna elettorale da B., come le maggiori imposte su gioco d'azzardo, alcolici e sigarette, per un paio di miliardi di euro. Qui c'è però da fare i conti con un fenomeno ormai noto, le maggiori imposte frenano i consumi, e quindi anche il gettito non sarebbe quello sperato.
LETTA NON PUÒ d'altra parte esordire in Parlamento annunciando all'Europa e ai mercati finanziari la ferma intenzione di aprire una nuova voragine nei conti pubblici per fare contenti Berlusconi e Brunetta.
Verosimilmente sarà costretto a scegliere una posizione di attesa, rinviando le scelte nette a un momento successivo in cui gli sconti sull'Imu vengano annegati in una più complessiva manovra di rilancio dell'economia fatta anche di sollievo fiscale. Il drammatico calo dei consumi, diventato elemento centrale della recessione, dovrà essere affrontato con qualche cosa che somigli al reddito di cittadinanza reclamato a gran voce dal Movimento 5 Stelle ma sul quale anche il nuovo ministro del Lavoro Enrico Giovanninini ha mostrato qualche apertura.
Rimane dunque il vero, drammatico punto di caduta su cui il nuovo premier sarà misurato: se tutto ciò di cui ha bisogno il Paese si traduce in minori entrate fiscali o maggiori spese, l'unica soluzione sarà un taglio della spesa pubblica drastico ma che non colpisca gli strati più deboli. Proprio ciò su cui il governo di Mario Monti e il mitico tagliatore Enrico Bondi hanno fallito su tutta la linea.
il Fatto 29.4.13
Sottosegretari
Poltrone, la carica dei trombati
Adesso tutti a dire che un sottosegretario abile e furbo “vale più di un ministro di peso”, ma è solo un modo per stemperare una delusione cocente, che solo in alcuni casi (pochi, pochissimi a sentire le indiscrezioni dell’ultim’ora) potranno essere temperate da una nomina a sottosegretario. O a viceministro. E poi bisognerà vedere pure quale. Chi non se ne riesce a fare una ragione della trombatura arrivata quasi sulla salita del Quirinale, è Renato Brunetta. Il Cavaliere ha difeso con il suo corpo la nomina dell’ex ministro a responsabile del dicastero dell’Economia, ma Napolitano è stato spietato; niente ex ministri politici. Lasciata in un angolo anche Daniela Santanchè. Che l’ha presa male. Vada pure il vedersi superare da Nunzia De Girolamo, che sicuramente non sa nulla di Agricoltura ma è moglie di Francesco Boccia, il primo cavaliere di Enrico Letta, però la Lorenzin è stato un duro colpo. Un “affronto” che potrebbe essere compensato da un sottosegretariato “di spessore”. Berlusconi la vorrebbe viceministro allo Sviluppo Economico, per blindare i suoi interessi da uno spaesato Zanonato che poco capisce, soprattutto di tv. Un ruolo di primo piano, dunque, per la prima delle “amazzoni”, così come il Pdl ambirebbe a tenere sotto controllo l’azione di Anna Maria Cancellieri alla Giustizia infilando a via Arenula uno come l’ex ministro Nitto Palma. Ma se lui dovesse cadere per l’ennesimo veto sugli ex ministri, allora da Palazzo Grazioli proporrebbero Augusta Iannini, moglie di Vespa, ex capo di gabinetto del ministero e ora all’Authority per la Privacy. Chissà se Letta potrebbe accettare. Qualcosa, poi, dovranno trovare per Mara Carfagna e Anna Maria Bernini, quest’ultima caduta ad un passo dalla meta e con poca, pochissima voglia di lasciar correre.
CERTO, PERÒ, Enrico Letta di problemi ne avrà soprattutto a sistemare i tanti delusi del suo partito. O di quel che ne resta. Ci sono ancora diversi “lettiani”, come Marco Meloni, Alessia Mosca e Paola De Micheli, da sistemare, ma quel che più teme – forse – il neo premier, è di subire l’assalto da parte di quelle correnti Pd lasciate a secco. Stefano Fassina, per dirne uno. Si sentiva già ministro del Lavoro e poi ecco sbucare (quasi) dal nulla un “tecnico” come Giovannini. Forse il sottosegretariato al ministero di via Veneto glielo daranno. E con lui i “turchi” potrebbero essere sistemati. Che fare, però, dei “dissidenti” tipo Zoggia e Puppato che, alla fine, hanno deciso di votare la fiducia al governo? Sono ore frenetiche per gli aspiranti numeri due: per uno strapuntino di successo fanno di nuovo capolino vecchie conoscenze come Giorgio Merlo, ex parlamentare di lungo corso piddino non più ricandidato, ma uomo macchina di Franco Marini. Non disdegnerebbe la promozione Giacomo Portas che, da leader dei Moderati, afferma ogni due per tre la propria granitica fedeltà alla coalizione. Stessa musica per Riccardo Nencini, leader dei Socialisti, trombato sulla soglia del ministero dell’Ambiente. L’Agricoltura è poi l’ambito sul quale ha puntato gli occhi Massimo Fiorio, astigiano, tre legislature sul groppone, che potrebbe però subire la concorrenza di un concittadino illustre, il dietologo-nutrizionista Giorgio Calabrese. Non ha mai smesso del tutto di pensare a un suo ritorno ministeriale anche Gianfranco Morgando, ex sottosegretario a Industria (con D’Alema) e Tesoro (nell’Amato II), mentre è data quasi per certa Ilaria Borletti Buitoni alla Cultura. Chi coltiva poi il sogno di un vice-ministero allo Sviluppo economico (o, in subordine alle infrastrutture) e’ il neo parlamentare di Scelta Civica Paolo Vitelli. Il patron dell’Azimut non fa mistero che nelle condizioni d’ingaggio, da parte dell’ex premier Mario Monti, ci fosse proprio la promessa di un incarico di primo piano. I bocconi amari per Letta junior, par di capire, non sono affatto finiti…
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Re: Come se ne viene fuori ?
I partiti di oggi sono COMITATI D’AFFARI
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 131
La cruna dell’ago - 96
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 96
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 76
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 76
In mezzo alla tempesta - 12
“Il Pd ha tradito le urne riabilitando Berlusconi”
(Caterina Perniconi).
29/04/2013 di triskel182
Nichi Vendola.
Ha il cellulare in mano Nichi Vendola e mentre legge i commenti alla sparatoria davanti a Palazzo Chigi si imbatte in quello di Gianni Alemanno, che demonizza chi critica le istituzioni. Ci mette un attimo a scrivere un tweet: “Un disperato o pazzo spara ed è tutta colpa di chi dissente, di chi non si piega all’inciucio. Non sentite puzzetta di regime?”.
Vendola, è nato un governo di regime?
Il giornalismo “embedded”, arruolato, è la dimostrazione dell’efficacia di un tentativo propagandistico come quello messo in piedi intorno all’esecutivo di Enrico Letta. Dovevamo seppellire la seconda Repubblica, e invece…
E invece?
Il centrosinistra ha avuto paura di confrontarsi con il cambiamento e si è infilato nella macchina del tempo tornando alla prima Repubblica, evocando addirittura il compromesso storico.
C’era un’altra strada?
Certo che c’era. Non è vero che ci siamo fatti umiliare da Grillo. Per carità, lui è colpevole di fissità politica, e ora farà i conti con chi lo vede come complice di quel che è successo. Ma dovevamo sfruttare il segnale offerto dal Movimento 5 stelle con i dieci candidati al Quirinale tutti provenienti da una cultura di centrosinistra. Se Letta con uno sforzo di fantasia ha reso spendibili alcune facce nuove del suo governo, noi eravamo nelle condizioni di spendere persone molto più forti e credibili per formare un esecutivo.
Tipo?
Società civile diversa da banchieri, imprenditori e filantropi. Se Pd e Grillo si fossero accordati su uno dei due nomi da votare al Quirinale, Prodi o Rodotà, ora le cose sarebbero molto diverse.
Camionate di senno di poi, direbbe Bersani.
Ma come si fa a fare un governo con chi ha fatto la riforma Gelmini? Come si fa a riabilitare Berlusconi che ora passa per un leader responsabile?
Mi spieghi anche come si fa a invertire la rotta di un partito di 360 gradi.
Basta essere un partito irrisolto. Il Pd non è mai nato, ci sono troppe linee politiche, è un congresso permanente dei partiti precedenti. Sul voto per il Capo dello Stato mi sembrava che fosse la vendetta delle sorti dei congressi del Pci e della Dc.
Ora stanno tradendo lo spirito del patto fatto con gli elettori?
Peggio, stanno riabilitando Berlusconi e il berlusconismo, un cancro che è entrato in tutti noi, nel tessuto sociale, con la crisi dell’istruzione e l’esaltazione della televisione e della redistribuzione verso l’alto di poteri e ricchezze.
Ma lei, violando il patto fatto con la carta d’intenti del centrosinistra di seguire le decisioni votate a maggioranza, non ha fatto lo stesso?
Io non ho tradito nulla. L’impegno di Sel è vincolato dentro l’impianto del centrosinistra e non neghiamo la nostra natura contraria alla destra perché il Pd decide di farci un governo insieme.
Ma avevate già votato Rodotà.
Abbiamo votato Prodi. E ci siamo dovuti difendere dalle accuse di aver tradito. Ma non siamo noi quelli che cambiano idea, ci mettiamo la faccia sulle scelte. Quando in campagna elettorale ho parlato delle mie questioni personali, non era per strumentalizzarle. Ma posso sapere perché devo guardare agli Obama e agli Hollande come modelli lontani e non sperare di potermi sposare con il mio compagno anche in Italia? Nel suo ultimo libro Rodotà spiega perché si ha diritto ai diritti, io volevo lui come presidente della Repubblica.
Invece ha avuto Napolitano e il programma dei saggi.
La tecnica dei tecnici e la saggezza dei saggi sono stati la formula per commissariare la politica, considerata una cosa immonda. Con la campagna sulla casta hanno messo tutti sullo stesso piano togliendo dal banco degli imputati l’oligarchia politico finanziaria. Ma i politici sono solo i maggiordomi della vera casta.
Ha in programma una serie di iniziative per aprire un nuovo cantiere della sinistra. Sicuro che ci siano ancora segni di vita?
La sinistra è maggioranza nel Paese. 27 milioni di persone hanno detto no alla privatizzazione dei beni pubblici, come l’acqua, il territorio e la giustizia. Subito dopo alle primarie nei Comuni chiave hanno vinto i Pisapia, i De Magistris, i Rossi Doria, gli Zedda. Queste vittorie erano una minaccia.
Per chi?
Per il centrosinistra che come dice il protagonista del film “Viva la libertà” ha paura di vincere. E per i poteri forti che lo hanno capito subito, stoppando l’uscita a sinistra dalla crisi del berlusconismo.
Ha letto il documento di Fabrizio Barca? Assomiglia più al suo programma che a quello dei democratici.
Siamo in due luoghi differenti ma impegnati sullo stesso cammino. Io però non voglio lucrare sugli altri. Spero di avere forza costruttiva, di incalzare il governo sul merito.
Quindi non proporrete una legge sul conflitto d’interessi per non spaccare il Pd?
La proporremo quanto prima. Voglio sperare che mantengano una libertà di movimento e non trasformino l’Italia nell’anomalia planetaria di destra e sinistra che si sciolgono l’una nell’altra.
Da Il Fatto Quotidiano del 29/04/2013.
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 131
La cruna dell’ago - 96
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 96
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 76
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 76
In mezzo alla tempesta - 12
“Il Pd ha tradito le urne riabilitando Berlusconi”
(Caterina Perniconi).
29/04/2013 di triskel182
Nichi Vendola.
Ha il cellulare in mano Nichi Vendola e mentre legge i commenti alla sparatoria davanti a Palazzo Chigi si imbatte in quello di Gianni Alemanno, che demonizza chi critica le istituzioni. Ci mette un attimo a scrivere un tweet: “Un disperato o pazzo spara ed è tutta colpa di chi dissente, di chi non si piega all’inciucio. Non sentite puzzetta di regime?”.
Vendola, è nato un governo di regime?
Il giornalismo “embedded”, arruolato, è la dimostrazione dell’efficacia di un tentativo propagandistico come quello messo in piedi intorno all’esecutivo di Enrico Letta. Dovevamo seppellire la seconda Repubblica, e invece…
E invece?
Il centrosinistra ha avuto paura di confrontarsi con il cambiamento e si è infilato nella macchina del tempo tornando alla prima Repubblica, evocando addirittura il compromesso storico.
C’era un’altra strada?
Certo che c’era. Non è vero che ci siamo fatti umiliare da Grillo. Per carità, lui è colpevole di fissità politica, e ora farà i conti con chi lo vede come complice di quel che è successo. Ma dovevamo sfruttare il segnale offerto dal Movimento 5 stelle con i dieci candidati al Quirinale tutti provenienti da una cultura di centrosinistra. Se Letta con uno sforzo di fantasia ha reso spendibili alcune facce nuove del suo governo, noi eravamo nelle condizioni di spendere persone molto più forti e credibili per formare un esecutivo.
Tipo?
Società civile diversa da banchieri, imprenditori e filantropi. Se Pd e Grillo si fossero accordati su uno dei due nomi da votare al Quirinale, Prodi o Rodotà, ora le cose sarebbero molto diverse.
Camionate di senno di poi, direbbe Bersani.
Ma come si fa a fare un governo con chi ha fatto la riforma Gelmini? Come si fa a riabilitare Berlusconi che ora passa per un leader responsabile?
Mi spieghi anche come si fa a invertire la rotta di un partito di 360 gradi.
Basta essere un partito irrisolto. Il Pd non è mai nato, ci sono troppe linee politiche, è un congresso permanente dei partiti precedenti. Sul voto per il Capo dello Stato mi sembrava che fosse la vendetta delle sorti dei congressi del Pci e della Dc.
Ora stanno tradendo lo spirito del patto fatto con gli elettori?
Peggio, stanno riabilitando Berlusconi e il berlusconismo, un cancro che è entrato in tutti noi, nel tessuto sociale, con la crisi dell’istruzione e l’esaltazione della televisione e della redistribuzione verso l’alto di poteri e ricchezze.
Ma lei, violando il patto fatto con la carta d’intenti del centrosinistra di seguire le decisioni votate a maggioranza, non ha fatto lo stesso?
Io non ho tradito nulla. L’impegno di Sel è vincolato dentro l’impianto del centrosinistra e non neghiamo la nostra natura contraria alla destra perché il Pd decide di farci un governo insieme.
Ma avevate già votato Rodotà.
Abbiamo votato Prodi. E ci siamo dovuti difendere dalle accuse di aver tradito. Ma non siamo noi quelli che cambiano idea, ci mettiamo la faccia sulle scelte. Quando in campagna elettorale ho parlato delle mie questioni personali, non era per strumentalizzarle. Ma posso sapere perché devo guardare agli Obama e agli Hollande come modelli lontani e non sperare di potermi sposare con il mio compagno anche in Italia? Nel suo ultimo libro Rodotà spiega perché si ha diritto ai diritti, io volevo lui come presidente della Repubblica.
Invece ha avuto Napolitano e il programma dei saggi.
La tecnica dei tecnici e la saggezza dei saggi sono stati la formula per commissariare la politica, considerata una cosa immonda. Con la campagna sulla casta hanno messo tutti sullo stesso piano togliendo dal banco degli imputati l’oligarchia politico finanziaria. Ma i politici sono solo i maggiordomi della vera casta.
Ha in programma una serie di iniziative per aprire un nuovo cantiere della sinistra. Sicuro che ci siano ancora segni di vita?
La sinistra è maggioranza nel Paese. 27 milioni di persone hanno detto no alla privatizzazione dei beni pubblici, come l’acqua, il territorio e la giustizia. Subito dopo alle primarie nei Comuni chiave hanno vinto i Pisapia, i De Magistris, i Rossi Doria, gli Zedda. Queste vittorie erano una minaccia.
Per chi?
Per il centrosinistra che come dice il protagonista del film “Viva la libertà” ha paura di vincere. E per i poteri forti che lo hanno capito subito, stoppando l’uscita a sinistra dalla crisi del berlusconismo.
Ha letto il documento di Fabrizio Barca? Assomiglia più al suo programma che a quello dei democratici.
Siamo in due luoghi differenti ma impegnati sullo stesso cammino. Io però non voglio lucrare sugli altri. Spero di avere forza costruttiva, di incalzare il governo sul merito.
Quindi non proporrete una legge sul conflitto d’interessi per non spaccare il Pd?
La proporremo quanto prima. Voglio sperare che mantengano una libertà di movimento e non trasformino l’Italia nell’anomalia planetaria di destra e sinistra che si sciolgono l’una nell’altra.
Da Il Fatto Quotidiano del 29/04/2013.
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Re: Come se ne viene fuori ?
I partiti di oggi sono COMITATI D’AFFARI
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 132
La cruna dell’ago – 97
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 97
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 77
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 77
In mezzo alla tempesta - 13
il Fatto 29.4.13
Gli uomini del presidente
Conflitti d’interesse: governissimo da record
di Davide Vecchi
Milano Giovani, donne e conflitti d'interesse. Il neonato governo Letta ha diversi record. Due legati ad anagrafe e genere, un terzo per essere riuscito a esprimere ministri che rappresentano interessi altrui, ciascuno decisamente in conflitto con le deleghe ottenute. Da Angelino Alfano a Flavio Zanonato, in rigoroso ordine alfabetico.
IL VICEPREMIER e ministro dell’Interno, si sa, è fidatissimo uomo di Silvio Berlusconi a cui deve la sua ascesa politica. Da ministro della Giustizia concentrò i suoi sforzi, assieme a Niccolò Ghedini, nel tentativo (poi fallito) di cucire addosso all’allora premier il Lodo Alfano e il legittimo impedimento. Ora che siede al Viminale ha un potere d’intervento diretto sulla sicurezza. Dalla lotta all’immigrazione a quella alla criminalità organizzata. Lui che, siciliano, da giovane deputato dell’Ars e pupillo di Gianfranco Micciché, nel 1996 baciò Croce Napoli (capomafia di Palma di Montechiaro) al matrimonio della figlia. E quando nel 2009 presa una posizione netta contro Cosa Nostra dicendo “la mafia fa schifo”, scatenò la protesta dei picciotti in carcere. Lo ha raccontato, nel processo a Totò Cuffaro, il pentito Ignazio Gagliardo. “Abbiamo visto Alfano parlare in tv e dire che la mafia fa schifo. Ciccio Mormina, Pasquale Fanara, Limblici e Vella Francesco dissero che era un pezzo di merda. A questo punto Giovanni Alongi, rappresentante della famiglia di Aragona, disse: 'Il padre di Angelino mi ha chiesto voti per Angelino”. Accuse di pentiti, per carità. E il Viminale, fra l’altro, gestisce il programma di protezione. I poteri del ministero dell’Interno sono molteplici. A lui, per dire, rispondono i commissari prefettizi che lui stesso nomina. A breve sul tavolo di Alfano arriverà la relazione conclusiva di Enrico Laudanna, il commissario prefettizio nominato al Comune di Siena dopo lo scandalo Mps. In quei documenti sarà ricostruito il legame tra la banca e la politica cittadina.
Altro devoto al Re di Arcore è Maurizio Lupi che si è visto affidare il ministero delle infrastrutture e trasporti. Dicastero ora fondamentale per il Nord, in particolare per Milano e la Lombardia in attesa di numerosi via libera alle autostrade per l’Expo e per la nuova pista di Malpensa. Ma soprattutto è stato affidato a un esponente di Comunione e Liberazione, rimasta orfana nei Palazzi a seguito dell’addio di Roberto Formigoni, dopo 17 anni, dal Pirellone. Il movimento fondato da Don Giussani ha anche un altro ministro: Mario Mauro alla Difesa. Cl, in pratica, ha un ministro in meno di quanti ne ha espressi Scelta Civica e la metà della componente tecnica: 3 dicasteri e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Qui è seduto Filippo Patroni Griffi, che oltre a essersi guadagnato a pieno titolo l’ingresso nella Casta, comprandosi una casa vista Colosseo a prezzo agevolato, è anche considerato rappresentante dei “poteri di Stato”. Magistrato, Uomo di fiducia del Capo dello Stato, è cresciuto nel Palazzo. Capo dell’Ufficio legislativo del ministero della funzione pubblica dal governo tecnico Ciampi del 1993 ha ricoperto lo stesso incarico in diversi dicasteri fino al quarto esecutivo Berlusconi, terminato nel 2011.
ALTRO TECNICO è Fabrizio Saccomanni, titolare dell’Economia, legittimo erede del banchiere Corrado Passera. Anche Saccomanni, del resto, arriva dai palazzi della finanza. Direttore generale di Bankitalia, ha avuto incarichi, fra gli altri, alla Bce, al fondo monetario internazionale. Anche lui stimato da Napolitano. Così come Carlo Trigilia, esperto meridionalista, nel governo in quota Pd come ministro della Coesione territoriale è molto legato a Giuliano Amato e da Massimo D’Alema. A quest’ultimo è legato nell’esperienza della Fondazione Italianieuropei, di cui è membro. Del Pd è anche Flavio Zanonato, ministro allo sviluppo economico. Inciampato anni fa in un’inchiesta per tangenti della cooperativa rossa Cles. Diventato sindaco a Padova, nel 2006 costruì il “muro di via Anelli” per isolare un quartiere problematico della città. La recinzione è ancora lì, lui è diventato ministro.
Corriere 29.4.13
Fassina: capisco la scelta di tenermi fuori
Ha prevalso la continuità con Monti
di Monica Guerzoni
ROMA — «Sono preoccupato».
Il governo Letta non le piace, onorevole Stefano Fassina?
«È un buon compromesso per avviare la Terza Repubblica. Il frutto politico più rilevante potrebbe essere la legittimazione reciproca tra parti che si sono contrapposte negli ultimi vent'anni, con il contributo di una generazione più giovane».
Lei era in corsa, perché il suo nome è stato depennato dalla lista dei ministri?
«Cosa sia successo non lo so, ma ho dormito lo stesso. C'è un enorme lavoro da fare anche sul versante del partito, mi concentrerò su quello».
Davvero non è deluso?
«Non voglio sottrarmi, ma penso che Enrico Letta abbia dovuto comporre un puzzle difficilissimo e che il risultato sia un buon compromesso. Ci sono tante donne...».
Non penserà che siano troppe, vero?
«Al contrario, ritengo che bisognerà arrivare al cinquanta per cento. Nella situazione data Letta ha fatto un lavoro straordinario. Dopodiché la squadra economico-sociale è un elemento che mi preoccupa molto».
Direbbe così anche se ne facesse parte?
«Non ne faccio parte perché credo sia prevalso un segno di continuità col governo Monti, che una figura come la mia non poteva garantire. Il mio profilo non sarebbe stato coerente con quel team economico-sociale. Capisco la scelta di tenermi fuori».
Saccomanni non le ispira fiducia?
«Non voglio fare nomi. È una percezione, vedo un rischio... Spero che sin dai primi atti, in particolare dalla necessaria nota di aggiornamento al Def, i rischi di continuità sulle politiche di austerità e lavoro siano fugati. E spero che in Europa vada un ministro del Tesoro profondamente convinto della necessità di cambiare rotta».
Insomma, lei vede poco Pd e poca sinistra.
«Vedo poca rappresentanza di quel cambiamento di rotta sulla politica economica che abbiamo portato avanti in questi anni, prima in solitudine e oggi con tanti compagni di strada in Europa. Quella linea non è adeguatamente rappresentata».
Cosa teme?
«Se volessimo raggiungere il pareggio di bilancio nei tempi previsti ci sarebbero altre manovre pesanti da fare, altri disastri sociali e il debito pubblico salirebbe ancora. Se non vogliamo fare ulteriori danni all'economia bisogna rinegoziare a Bruxelles i nostri obiettivi di deficit».
Darà battaglia sui provvedimenti?
«Si presenteranno degli ostacoli, a cominciare dalla restituzione dell'Imu. Le divergenze con il Pdl sono tante, non è stato un capriccio puntare al governo di cambiamento. Non ci sono state le condizioni e sosterremo Letta, con lealtà e convinzione. Però rimaniamo una Repubblica parlamentare e col gruppo del Pd contribuiremo a definire misure utili a risolvere le emergenze».
Se Letta la chiamasse come viceministro o sottosegretario?
«Voglio concentrarmi sulla ricostruzione morale e intellettuale del Pd. Per me è questa la priorità».
Da reggente? O da segretario eletto con le primarie?
«Discussione prematura. Non ho in mente nulla, sono uno che fa sempre gioco di squadra anche quando altri non lo fanno. L'assemblea nazionale deciderà le soluzioni e i tempi del congresso. L'importante è che il percorso si avvii sui binari giusti, poi la parte dei singoli è secondaria».
Orlando è ministro, lei e Orfini no... Che succederà nei «giovani turchi»?
«Il gruppo, inopportunamente definito così, è stato un'esperienza importante per dare visibilità a un punto di vista sull'agenda Monti. Ma ora siamo in un'altra fase».
Vuol dire che è ora di superare le correnti?
«Dopo le dolorosissime vicende che hanno portato alla caduta di Marini e Prodi ritengo necessario da parte di tutti superare le appartenenze e misurarsi coi problemi profondissimi del Pd. Il correntismo storico, al quale si sono aggiunti ultimamente altri pezzi, è la causa principale di quello che è avvenuto».
il Fatto 29.4.13
T’adoriam Letta divino
Giornali & proiettili: la stampa di Letta e di governo
di Marco Travaglio
Hanno ragione il presidente ridens Piero Grasso e i noti moderati Alemanno, La Russa, Storace, Barani, Maroni, Prestigiacomo, Sallusti, Gasparri e la sua signora Gasbarra: serpeggia, anzi tracima in Italia un eccesso di opposizione che può armare la mano di qualche testa calda. Basta aprire un giornale o un tg a caso per imbattersi in orde di giornalisti ipercritici, addirittura feroci contro il governo Napoletta e i partiti che lo compongono. Un coro pressochè unanime di attacchi forsennati che è francamente difficile distinguere dalle pallottole. Tanto da far sospettare che lo sciagurato attentatore, ieri mattina, prima di aprire il fuoco sul Parlamento fosse passato in edicola o almeno reduce da una full immersion negli speciali televisivi degli ultimi giorni. Ne pubblichiamo qui una piccola antologia, sempre ribadendo il monito del Capo Supremo affinchè la stampa smetta di “rinfocolare” e inizi a “cooperare”. Letterman Show. “Il governissimo delle facce nuove”, “Napolitano, missione compiuta”, “Letta, 77 ore per disinnescare la guerra civile Pd-Pdl”, “Saccomanni, il tecnico che non fa sconti alla finanza mondiale”, “La missione di Giovannini: rilanciare l'occupazione”, “Farnesina in festa per l'arrivo della Bonino” (La Stampa). “Governo Letta: record di donne, supertecnici e quarantenni” (il Messaggero). “Più donne e giovani, la squadra di Letta”, “Letta è premier: donne e giovani. Provo una sobria soddisfazione”, “Ritorno alla realtà”, “Sul governo il sigillo del Colle. E si apre il cantiere delle riforme”, “Campane a festa per D'Alia” (Corriere). “Governo giovane e in rosa”, ”Straordinari doveri”, “Quagliariello: ‘E ora pacificazione’”, “Su Interni e Giustizia la mossa decisiva” (Avvenire). “La nuova generazione”, “Le signore della competenza”, “Ecco il governo Letta, giovani e donne” (Repubblica). Ancora nessuna notizia dei bambini.
Pigi Lettista. “I due partiti maggiori che si accingono a formare un governo presieduto da Letta stanno compiendo un atto coraggioso. Sanno che per loro questa è l'ultima chiamata. Sanno che non possono fallire” (Pierluigi Battista, Corriere, 25-4). Combattenti di terra, di mare e dell'aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del regno d'Albania! Ascoltate! Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L'ora delle decisioni irrevocabili. La parola d'ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all'Oceano Indiano: vincere!
Stefano Menichetta. “In questi giorni si sconta l’antica cessione di autonomia in favore di un ceto intellettuale che del radicalismo tendente al giustizialismo fa la propria ragion d’essere. I Travaglio, i Padellaro, i Flores che... annullano la persona di Enrico Letta perché ‘nipote’ sono personaggi che fanno orrore. Il loro linguaggio suscita repulsione. Il loro livore di sconfitti mette i brividi. Ma in condizioni normali il loro posto dovrebbe essere ai margini, in quell’angolo della società e del dibattito pubblico dove sempre si collocano gli odiatori di professione. Solo qui capita che da quell’angolo si riesca a condizionare gli umori della sinistra italiana che... ha sempre cercato di parlare e di ragionare di politica, lasciando ai neofascisti la necrofilia e l’intimidazione. Ha problemi grossi da risolvere, Letta. Ma sembrano inezie se paragonati alla guerra contro i battaglioni della morte che dobbiamo vincere noi” (Stefano Menichini, Europa, 26-4). E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all'Italia, all'Europa, al mondo.
Beppe Lettergnini. “L'incarico a Letta non ha ancora 48 ore e già si sentono i soliti commenti bellicosi, le consuete dichiarazioni stentoree... Questa è l'ultima spiaggia della Penisola: più in là c'è solo il mare in tempesta e un azzardo pericoloso. I saggi nominati dal presidente Napolitano si sono rivelati concreti. In poco tempo hanno prodotto poche pagine di buone idee: nel Paese pleonastico, una piccola rivoluzione... L'Italia ha voglia di novità. È primavera: bisogna cambiare aria nelle stanze e nel cervello... Enrico Letta è un uomo competente, calmo e relativamente giovane” (Beppe Severgnini, Corriere, 26-4). Ma anche marito premuroso, padre esemplare e soprattutto nipote.
Aldo Cazzulletta. “Non ha citato Kennedy – ‘la fiaccola è stata consegnata a una nuova generazione... ’ - ma ha detto più o meno le stesse cose, Napolitano. Le ha dette mentre affidava l'incarico di formare il ‘suo’ governo a un uomo di cui potrebbe essere il nonno”. Il posto di zio era già impegnato. “L'Italia, paese considerato gerontocratico, fa un salto in avanti inatteso e si colloca all'avanguardia in Europa... A Palazzo Chigi arriva il ragazzo che amava il Drive In e gli U2” (Aldo Cazzullo, Corriere, 25-4). Largo ai giovani, pancia in dentro e petto in fuori.
Alessandro Salletta. “Complimenti Gina, al secolo Gianna Fregonara (giornalista del Corriere, ndr), candidata first sciura del Paese. Per l'incarico al marito, ovvio, ma soprattutto perchè sono certo che se oggi Enrico Letta è sulla soglia di Palazzo Chigi dietro c'è lo zampino della moglie, la Gina appunto. E senza presunzione, mi prendo un piccolo, assolutamente casuale merito per averla spinta con qualche sotterfugio a Roma tra le braccia del suo futuro marito che all'epoca dei fatti né io né lei conoscevamo... Tornava sempre con la notizia giusta e si aprì la strada con le sue capacità. Anni dopo non tornò più, aveva trovato la notizia del fidanzato giusto. Tale Enrico Letta. E dopo non poca sofferenza, come nelle favole, vissero felici e contenti e con tre figli. Brava Gina, non ci deludi mai” (Alessandro Sallusti, il Giornale, 25-4). Anche il povero Sallusti, negli ultimi giorni, ha passato notevoli sofferenze, soprattutto alla lingua: molto capiente, ma non abbastanza per abbracciare, oltre al Pdl e al suo padrone, anche tutto il Pd e persino Monti e i suoi. Come fare? Alla fine ha optato per un trapianto di lingua, e ora ne ha due. L'articolo sopra citato è stato scritto con la seconda (il finale della fiaba è custodito nell'apposito dossier “Fregonara” e sarà divulgato se, Dio non voglia, il marito non facesse il bravo).
L'Epifania. “Il Pd ritrovi coraggio” (Guglielmo Epifani, l'Unità, 23-4). “Il Pd ritrovi la sua funzione” (Guglielmo Epifani, l'Unità, 28-4). Ogni cinque giorni, Guglielmo Epifani occupa uno spazietto in basso a sinistra sulla prima pagina dell'Unità per rammentare al Pd qualche oggetto smarrito da ritrovare. Prossime puntate: “Il Pd ritrovi le chiavi di casa”, “Il Pd ritrovi il calzino sinistro”, “Il Pd ritrovi l'auto posteggiata in doppia fila e rimossa dai vigili”. Seguirà, con comodo, “Il Pd ritrovi i suoi elettori”.
Antonio Socciletta. “L'arte del compromesso ci salverà dai moralisti. In un'omelia del 1981 Ratzinger elogiava la mediazione come strumento della politica. Contro le ideologie che esaltano lo Stato assoluto. Oggi tre politici cattolici, Enrico Letta, Angelino Alfano e Mario Mauro, portano avanti i valori di dialogo e razionalità che furono di De Gasperi... Un nuovo umanesimo e un nuovo rinascimento potrebbero essere l'orizzonte e l'ambizione di questa pacificazione nazionale. Se non fallisce e non viene sabotata” (Antonio Socci, Libero, 27-4). Dio lo vuole. E anche Ratzinger. E De Gasperi. Ma pure Lorenzo il Magnifico.
Claudio Sardoletta. Prima della cura: “Continuiamo a pensare che le larghe intese costituiscano un pericolo, che la riproposizione di uno schema simil-Monti abbia troppe controindicazioni dopo quanto è successo, che la frattura politica apertasi nella società richieda una competizione trasparente e differenze leggibili tra destra e sinistra” (Claudio Sardo, l'Unità, 23-4). Dopo la cura: “Il governo di Enrico Letta nasce da uno stato di necessità e da una grave sofferenza politica... Il governo Letta, così nuovo e così difficile, è un'opportunità per la sinistra” (Claudio Sardo, l'Unità, 28-4). Che s'ha da fa' per campa'.
Claudio Sardomuto. “Nel suo governo non ci sono i protagonisti del conflitto politico di questi anni... Letta è riuscito a mettere insieme una squadra di ministri giovani e a sottrarsi ai veti di Berlusconi, promuovendo un rinnovamento generazionale che, magari, potrà aiutare persino l'evoluzione democratica del partito della destra” (C. Sardo, 28-4). Alfano, Lupi, Quagliariello e De Girolamo, tutti aderenti alla celebre mozione parlamentare “Ruby nipote di Mubarak”, sono notoriamente estranei al conflitto politico di questi anni. E comunque, vivaddio, sono così giovani. Giovinetta, giovinetta, primavera di belletta.
M'hai detto un Prospero. “D'Alema è temuto dalla destra, che lo indica come il simbolo del nemico irriducibile, che è meglio tenere alla larga perchè richiama una storia, rievoca una tradizione, risveglia delle memorie che è preferibile spegnere per sempre. Eppure un politico dell'esperienza internazionale di D'Alema avrebbe potuto contribuire all'azione incisiva di un governo che non può rinunciare a definire dei momenti di svolta nelle politiche prevalenti nello scacchiere europeo. Un ponte solido verso la sinistra europea” (Michele Prospero, l'Unità, 28-4). “La squadra ha perso qualcosa in competenza e valore aggiunto rinunciando a un ministro degli Esteri come Massimo D'Alema” (C. Sardo, l'Unità, 28-4). Ecco l’unico difetto nel governo Letta: manca D'Alema. Il Lettaggero. Il direttore del Messaggero Virman Cusenza, giornalista ma soprattutto sarto, confeziona per il nuovo governo un abitino su misura. Titolo: “Un cambio di stagione”. Svolgimento: “Non c'è commento migliore al governo appena nato della foto che ritrae Giorgio Napolitano mentre stringe le mani di Enrico Letta. Ed è difficile capire dove cominci la stretta del primo e finisca la presa del secondo, come padre e figlio sinergicamente s'affidano l'un l'altro prima delle navigazioni impegnative della vita”. Corbezzoli, gliele ha cantate chiare. Del resto, di fronte a quelle mani di fata, la prima domanda che si ponevano pensosi tutti gl'italiani era appunto questa: chissà dove comincia la stretta del primo e finisce la presa del secondo? Ah saperlo. Ma anche: va bene il padre, va bene il figlio, ma dove sarà mai lo zio? A pag. 3 Alberto Gentili colma anche questa la-cuna: lo zio non c'è, ma c'era fino a qualche minuto prima a reggere la coda al Cainano, poi gli ha telefonato: “Sei stato bravo, Enrico, e sei molto maturato”. Ecco, a 47 anni il pupo ha messo su i primi dentini e sta per smettere di gattonare. Per il resto, avverte il Cusenza, “il richiamo al 1946 non è casuale”: “Il nuovo governo Letta è chiamato” a “una piccola grande rifondazione del concetto di buon governo perchè almeno generazionalmente sono venuti meno io muri e gli steccati che hanno avvelenato gli ultimi decenni, con la violenza e l'odio e la loro interminabile scia di sangue”. Insomma quella di De Gasperi che nel '46 governò con Togliatti è “un'impresa simile (al netto del conflitto mondiale) ” a quella di Alfano che governa con Letta (al netto dei processi a B.). Lo dice anche Letta al Messaggero: “Oggi si chiude la guerra dei vent'anni. Ora siamo all'armistizio. La speranza è che scoppi la pace”. Amnistia, si chiama amnistia. Eugenio Lettari. Scalfari è il più entusiasta, fin dal titolo dell'editoriale: “Un medico per l'Italia”. Non si sa a chi si riferisca, ma si sa a chi non si riferisce: Alfano, che essendo soltanto il ministro dell'Interno e il vicepresidente del Consiglio, non merita neppure una citazione. “Nelle circostanze date è un buon governo. Enrico Letta aveva promesso competenza, freschezza, nomi non divisivi. Il risultato corrisponde pienamente all'impegno preso, con un'aggiunta in più: una presenza femminile quale prima d'ora non si era mai verificata... Se i fatti corrisponderanno alle parole molte sofferenze saranno lenite e molte speranze riaccese”. Rimosso Alfano - ma anche Lupi, De Girolamo, Lorenzin e Quagliariello, la banda fresca e non divisiva della nipote di Mubarak - Scalfari ammira molto la “competenza” dell'avvocato De Girolamo in tema di agricoltura, o della signora Lorenzin (maturità classica) in materia di Sanità, o di Andrea Orlando (maturità scientifica, ex responsabile giustizia del Pd) in fatto di Ambiente. Però non ne cita nessuno, per precauzione. preferisce citare “Camillo Prampolini” (non è uno scherzo, davvero, anche se nessuno capisce che diavolo c'entri). Poi tributa il consueto omaggio a Sua Castità Napolitano: Suo malgrado, ha dovuto restare al Quirinale. Suo malgrado, ma per fortuna del Paese”. Egli, ça va sans dire, “conosce benissimo i limiti e i doveri che la Costituzione li prescrive”: infatti li ha violati tutti nel giro di qualche giorno. A questo punto, Scalfari elenca i “molti precedenti” del governo Napoletta nella storia della Repubblica. Che poi sono due. Il primo è primo il patto Moro-Berlinguer per la non sfiducia ad Andreotti a metà anni 70, che però non c'entra nulla, visto che il Pci non aveva ministri, nemmeno quando nel ‘78 votò per qualche mese la fiducia. Il secondo è il governo Badoglio del 1944, dove sì c'erano nello stesso governo ministri comunisti e democristiani: ma nemmeno quello è un precedente, perchè l'Italia era ancora una monarchia, oltre a essere ancora in guerra. Insomma, i “molti precedenti” non esistono. Meglio tornare a Re Giorgio, “un presidente al di sopra delle parti” che, “salvo Ciampi, non è mai esistito” perchè “garantisce tutti, ma garantisce soprattutto il Paese”. Ma garantisce soprattutto B. Giuliano Lettara. “Ora i giudici devono deporre le armi” (Giuliano Ferrara, il Giornale, 28-4). Wow, era ora! Ferrara, sempre così informato, ci farà sapere quanto dura l'armistizio, e soprattutto la decorrenza e la scadenza. Insomma, da quando a quando c’è licenza di delinquere. Così magari, prima che i giudici riprendano le armi, gli sfiliamo il portafogli o gli svaligiamo la casa.
Remo Bodei
Come inizia una guerra civile – 132
La cruna dell’ago – 97
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 97
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 77
http://www.youtube.com/watch?v=7kVbnAR4CUY
Cronaca di un affondamento annunciato - 77
In mezzo alla tempesta - 13
il Fatto 29.4.13
Gli uomini del presidente
Conflitti d’interesse: governissimo da record
di Davide Vecchi
Milano Giovani, donne e conflitti d'interesse. Il neonato governo Letta ha diversi record. Due legati ad anagrafe e genere, un terzo per essere riuscito a esprimere ministri che rappresentano interessi altrui, ciascuno decisamente in conflitto con le deleghe ottenute. Da Angelino Alfano a Flavio Zanonato, in rigoroso ordine alfabetico.
IL VICEPREMIER e ministro dell’Interno, si sa, è fidatissimo uomo di Silvio Berlusconi a cui deve la sua ascesa politica. Da ministro della Giustizia concentrò i suoi sforzi, assieme a Niccolò Ghedini, nel tentativo (poi fallito) di cucire addosso all’allora premier il Lodo Alfano e il legittimo impedimento. Ora che siede al Viminale ha un potere d’intervento diretto sulla sicurezza. Dalla lotta all’immigrazione a quella alla criminalità organizzata. Lui che, siciliano, da giovane deputato dell’Ars e pupillo di Gianfranco Micciché, nel 1996 baciò Croce Napoli (capomafia di Palma di Montechiaro) al matrimonio della figlia. E quando nel 2009 presa una posizione netta contro Cosa Nostra dicendo “la mafia fa schifo”, scatenò la protesta dei picciotti in carcere. Lo ha raccontato, nel processo a Totò Cuffaro, il pentito Ignazio Gagliardo. “Abbiamo visto Alfano parlare in tv e dire che la mafia fa schifo. Ciccio Mormina, Pasquale Fanara, Limblici e Vella Francesco dissero che era un pezzo di merda. A questo punto Giovanni Alongi, rappresentante della famiglia di Aragona, disse: 'Il padre di Angelino mi ha chiesto voti per Angelino”. Accuse di pentiti, per carità. E il Viminale, fra l’altro, gestisce il programma di protezione. I poteri del ministero dell’Interno sono molteplici. A lui, per dire, rispondono i commissari prefettizi che lui stesso nomina. A breve sul tavolo di Alfano arriverà la relazione conclusiva di Enrico Laudanna, il commissario prefettizio nominato al Comune di Siena dopo lo scandalo Mps. In quei documenti sarà ricostruito il legame tra la banca e la politica cittadina.
Altro devoto al Re di Arcore è Maurizio Lupi che si è visto affidare il ministero delle infrastrutture e trasporti. Dicastero ora fondamentale per il Nord, in particolare per Milano e la Lombardia in attesa di numerosi via libera alle autostrade per l’Expo e per la nuova pista di Malpensa. Ma soprattutto è stato affidato a un esponente di Comunione e Liberazione, rimasta orfana nei Palazzi a seguito dell’addio di Roberto Formigoni, dopo 17 anni, dal Pirellone. Il movimento fondato da Don Giussani ha anche un altro ministro: Mario Mauro alla Difesa. Cl, in pratica, ha un ministro in meno di quanti ne ha espressi Scelta Civica e la metà della componente tecnica: 3 dicasteri e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Qui è seduto Filippo Patroni Griffi, che oltre a essersi guadagnato a pieno titolo l’ingresso nella Casta, comprandosi una casa vista Colosseo a prezzo agevolato, è anche considerato rappresentante dei “poteri di Stato”. Magistrato, Uomo di fiducia del Capo dello Stato, è cresciuto nel Palazzo. Capo dell’Ufficio legislativo del ministero della funzione pubblica dal governo tecnico Ciampi del 1993 ha ricoperto lo stesso incarico in diversi dicasteri fino al quarto esecutivo Berlusconi, terminato nel 2011.
ALTRO TECNICO è Fabrizio Saccomanni, titolare dell’Economia, legittimo erede del banchiere Corrado Passera. Anche Saccomanni, del resto, arriva dai palazzi della finanza. Direttore generale di Bankitalia, ha avuto incarichi, fra gli altri, alla Bce, al fondo monetario internazionale. Anche lui stimato da Napolitano. Così come Carlo Trigilia, esperto meridionalista, nel governo in quota Pd come ministro della Coesione territoriale è molto legato a Giuliano Amato e da Massimo D’Alema. A quest’ultimo è legato nell’esperienza della Fondazione Italianieuropei, di cui è membro. Del Pd è anche Flavio Zanonato, ministro allo sviluppo economico. Inciampato anni fa in un’inchiesta per tangenti della cooperativa rossa Cles. Diventato sindaco a Padova, nel 2006 costruì il “muro di via Anelli” per isolare un quartiere problematico della città. La recinzione è ancora lì, lui è diventato ministro.
Corriere 29.4.13
Fassina: capisco la scelta di tenermi fuori
Ha prevalso la continuità con Monti
di Monica Guerzoni
ROMA — «Sono preoccupato».
Il governo Letta non le piace, onorevole Stefano Fassina?
«È un buon compromesso per avviare la Terza Repubblica. Il frutto politico più rilevante potrebbe essere la legittimazione reciproca tra parti che si sono contrapposte negli ultimi vent'anni, con il contributo di una generazione più giovane».
Lei era in corsa, perché il suo nome è stato depennato dalla lista dei ministri?
«Cosa sia successo non lo so, ma ho dormito lo stesso. C'è un enorme lavoro da fare anche sul versante del partito, mi concentrerò su quello».
Davvero non è deluso?
«Non voglio sottrarmi, ma penso che Enrico Letta abbia dovuto comporre un puzzle difficilissimo e che il risultato sia un buon compromesso. Ci sono tante donne...».
Non penserà che siano troppe, vero?
«Al contrario, ritengo che bisognerà arrivare al cinquanta per cento. Nella situazione data Letta ha fatto un lavoro straordinario. Dopodiché la squadra economico-sociale è un elemento che mi preoccupa molto».
Direbbe così anche se ne facesse parte?
«Non ne faccio parte perché credo sia prevalso un segno di continuità col governo Monti, che una figura come la mia non poteva garantire. Il mio profilo non sarebbe stato coerente con quel team economico-sociale. Capisco la scelta di tenermi fuori».
Saccomanni non le ispira fiducia?
«Non voglio fare nomi. È una percezione, vedo un rischio... Spero che sin dai primi atti, in particolare dalla necessaria nota di aggiornamento al Def, i rischi di continuità sulle politiche di austerità e lavoro siano fugati. E spero che in Europa vada un ministro del Tesoro profondamente convinto della necessità di cambiare rotta».
Insomma, lei vede poco Pd e poca sinistra.
«Vedo poca rappresentanza di quel cambiamento di rotta sulla politica economica che abbiamo portato avanti in questi anni, prima in solitudine e oggi con tanti compagni di strada in Europa. Quella linea non è adeguatamente rappresentata».
Cosa teme?
«Se volessimo raggiungere il pareggio di bilancio nei tempi previsti ci sarebbero altre manovre pesanti da fare, altri disastri sociali e il debito pubblico salirebbe ancora. Se non vogliamo fare ulteriori danni all'economia bisogna rinegoziare a Bruxelles i nostri obiettivi di deficit».
Darà battaglia sui provvedimenti?
«Si presenteranno degli ostacoli, a cominciare dalla restituzione dell'Imu. Le divergenze con il Pdl sono tante, non è stato un capriccio puntare al governo di cambiamento. Non ci sono state le condizioni e sosterremo Letta, con lealtà e convinzione. Però rimaniamo una Repubblica parlamentare e col gruppo del Pd contribuiremo a definire misure utili a risolvere le emergenze».
Se Letta la chiamasse come viceministro o sottosegretario?
«Voglio concentrarmi sulla ricostruzione morale e intellettuale del Pd. Per me è questa la priorità».
Da reggente? O da segretario eletto con le primarie?
«Discussione prematura. Non ho in mente nulla, sono uno che fa sempre gioco di squadra anche quando altri non lo fanno. L'assemblea nazionale deciderà le soluzioni e i tempi del congresso. L'importante è che il percorso si avvii sui binari giusti, poi la parte dei singoli è secondaria».
Orlando è ministro, lei e Orfini no... Che succederà nei «giovani turchi»?
«Il gruppo, inopportunamente definito così, è stato un'esperienza importante per dare visibilità a un punto di vista sull'agenda Monti. Ma ora siamo in un'altra fase».
Vuol dire che è ora di superare le correnti?
«Dopo le dolorosissime vicende che hanno portato alla caduta di Marini e Prodi ritengo necessario da parte di tutti superare le appartenenze e misurarsi coi problemi profondissimi del Pd. Il correntismo storico, al quale si sono aggiunti ultimamente altri pezzi, è la causa principale di quello che è avvenuto».
il Fatto 29.4.13
T’adoriam Letta divino
Giornali & proiettili: la stampa di Letta e di governo
di Marco Travaglio
Hanno ragione il presidente ridens Piero Grasso e i noti moderati Alemanno, La Russa, Storace, Barani, Maroni, Prestigiacomo, Sallusti, Gasparri e la sua signora Gasbarra: serpeggia, anzi tracima in Italia un eccesso di opposizione che può armare la mano di qualche testa calda. Basta aprire un giornale o un tg a caso per imbattersi in orde di giornalisti ipercritici, addirittura feroci contro il governo Napoletta e i partiti che lo compongono. Un coro pressochè unanime di attacchi forsennati che è francamente difficile distinguere dalle pallottole. Tanto da far sospettare che lo sciagurato attentatore, ieri mattina, prima di aprire il fuoco sul Parlamento fosse passato in edicola o almeno reduce da una full immersion negli speciali televisivi degli ultimi giorni. Ne pubblichiamo qui una piccola antologia, sempre ribadendo il monito del Capo Supremo affinchè la stampa smetta di “rinfocolare” e inizi a “cooperare”. Letterman Show. “Il governissimo delle facce nuove”, “Napolitano, missione compiuta”, “Letta, 77 ore per disinnescare la guerra civile Pd-Pdl”, “Saccomanni, il tecnico che non fa sconti alla finanza mondiale”, “La missione di Giovannini: rilanciare l'occupazione”, “Farnesina in festa per l'arrivo della Bonino” (La Stampa). “Governo Letta: record di donne, supertecnici e quarantenni” (il Messaggero). “Più donne e giovani, la squadra di Letta”, “Letta è premier: donne e giovani. Provo una sobria soddisfazione”, “Ritorno alla realtà”, “Sul governo il sigillo del Colle. E si apre il cantiere delle riforme”, “Campane a festa per D'Alia” (Corriere). “Governo giovane e in rosa”, ”Straordinari doveri”, “Quagliariello: ‘E ora pacificazione’”, “Su Interni e Giustizia la mossa decisiva” (Avvenire). “La nuova generazione”, “Le signore della competenza”, “Ecco il governo Letta, giovani e donne” (Repubblica). Ancora nessuna notizia dei bambini.
Pigi Lettista. “I due partiti maggiori che si accingono a formare un governo presieduto da Letta stanno compiendo un atto coraggioso. Sanno che per loro questa è l'ultima chiamata. Sanno che non possono fallire” (Pierluigi Battista, Corriere, 25-4). Combattenti di terra, di mare e dell'aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del regno d'Albania! Ascoltate! Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L'ora delle decisioni irrevocabili. La parola d'ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all'Oceano Indiano: vincere!
Stefano Menichetta. “In questi giorni si sconta l’antica cessione di autonomia in favore di un ceto intellettuale che del radicalismo tendente al giustizialismo fa la propria ragion d’essere. I Travaglio, i Padellaro, i Flores che... annullano la persona di Enrico Letta perché ‘nipote’ sono personaggi che fanno orrore. Il loro linguaggio suscita repulsione. Il loro livore di sconfitti mette i brividi. Ma in condizioni normali il loro posto dovrebbe essere ai margini, in quell’angolo della società e del dibattito pubblico dove sempre si collocano gli odiatori di professione. Solo qui capita che da quell’angolo si riesca a condizionare gli umori della sinistra italiana che... ha sempre cercato di parlare e di ragionare di politica, lasciando ai neofascisti la necrofilia e l’intimidazione. Ha problemi grossi da risolvere, Letta. Ma sembrano inezie se paragonati alla guerra contro i battaglioni della morte che dobbiamo vincere noi” (Stefano Menichini, Europa, 26-4). E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all'Italia, all'Europa, al mondo.
Beppe Lettergnini. “L'incarico a Letta non ha ancora 48 ore e già si sentono i soliti commenti bellicosi, le consuete dichiarazioni stentoree... Questa è l'ultima spiaggia della Penisola: più in là c'è solo il mare in tempesta e un azzardo pericoloso. I saggi nominati dal presidente Napolitano si sono rivelati concreti. In poco tempo hanno prodotto poche pagine di buone idee: nel Paese pleonastico, una piccola rivoluzione... L'Italia ha voglia di novità. È primavera: bisogna cambiare aria nelle stanze e nel cervello... Enrico Letta è un uomo competente, calmo e relativamente giovane” (Beppe Severgnini, Corriere, 26-4). Ma anche marito premuroso, padre esemplare e soprattutto nipote.
Aldo Cazzulletta. “Non ha citato Kennedy – ‘la fiaccola è stata consegnata a una nuova generazione... ’ - ma ha detto più o meno le stesse cose, Napolitano. Le ha dette mentre affidava l'incarico di formare il ‘suo’ governo a un uomo di cui potrebbe essere il nonno”. Il posto di zio era già impegnato. “L'Italia, paese considerato gerontocratico, fa un salto in avanti inatteso e si colloca all'avanguardia in Europa... A Palazzo Chigi arriva il ragazzo che amava il Drive In e gli U2” (Aldo Cazzullo, Corriere, 25-4). Largo ai giovani, pancia in dentro e petto in fuori.
Alessandro Salletta. “Complimenti Gina, al secolo Gianna Fregonara (giornalista del Corriere, ndr), candidata first sciura del Paese. Per l'incarico al marito, ovvio, ma soprattutto perchè sono certo che se oggi Enrico Letta è sulla soglia di Palazzo Chigi dietro c'è lo zampino della moglie, la Gina appunto. E senza presunzione, mi prendo un piccolo, assolutamente casuale merito per averla spinta con qualche sotterfugio a Roma tra le braccia del suo futuro marito che all'epoca dei fatti né io né lei conoscevamo... Tornava sempre con la notizia giusta e si aprì la strada con le sue capacità. Anni dopo non tornò più, aveva trovato la notizia del fidanzato giusto. Tale Enrico Letta. E dopo non poca sofferenza, come nelle favole, vissero felici e contenti e con tre figli. Brava Gina, non ci deludi mai” (Alessandro Sallusti, il Giornale, 25-4). Anche il povero Sallusti, negli ultimi giorni, ha passato notevoli sofferenze, soprattutto alla lingua: molto capiente, ma non abbastanza per abbracciare, oltre al Pdl e al suo padrone, anche tutto il Pd e persino Monti e i suoi. Come fare? Alla fine ha optato per un trapianto di lingua, e ora ne ha due. L'articolo sopra citato è stato scritto con la seconda (il finale della fiaba è custodito nell'apposito dossier “Fregonara” e sarà divulgato se, Dio non voglia, il marito non facesse il bravo).
L'Epifania. “Il Pd ritrovi coraggio” (Guglielmo Epifani, l'Unità, 23-4). “Il Pd ritrovi la sua funzione” (Guglielmo Epifani, l'Unità, 28-4). Ogni cinque giorni, Guglielmo Epifani occupa uno spazietto in basso a sinistra sulla prima pagina dell'Unità per rammentare al Pd qualche oggetto smarrito da ritrovare. Prossime puntate: “Il Pd ritrovi le chiavi di casa”, “Il Pd ritrovi il calzino sinistro”, “Il Pd ritrovi l'auto posteggiata in doppia fila e rimossa dai vigili”. Seguirà, con comodo, “Il Pd ritrovi i suoi elettori”.
Antonio Socciletta. “L'arte del compromesso ci salverà dai moralisti. In un'omelia del 1981 Ratzinger elogiava la mediazione come strumento della politica. Contro le ideologie che esaltano lo Stato assoluto. Oggi tre politici cattolici, Enrico Letta, Angelino Alfano e Mario Mauro, portano avanti i valori di dialogo e razionalità che furono di De Gasperi... Un nuovo umanesimo e un nuovo rinascimento potrebbero essere l'orizzonte e l'ambizione di questa pacificazione nazionale. Se non fallisce e non viene sabotata” (Antonio Socci, Libero, 27-4). Dio lo vuole. E anche Ratzinger. E De Gasperi. Ma pure Lorenzo il Magnifico.
Claudio Sardoletta. Prima della cura: “Continuiamo a pensare che le larghe intese costituiscano un pericolo, che la riproposizione di uno schema simil-Monti abbia troppe controindicazioni dopo quanto è successo, che la frattura politica apertasi nella società richieda una competizione trasparente e differenze leggibili tra destra e sinistra” (Claudio Sardo, l'Unità, 23-4). Dopo la cura: “Il governo di Enrico Letta nasce da uno stato di necessità e da una grave sofferenza politica... Il governo Letta, così nuovo e così difficile, è un'opportunità per la sinistra” (Claudio Sardo, l'Unità, 28-4). Che s'ha da fa' per campa'.
Claudio Sardomuto. “Nel suo governo non ci sono i protagonisti del conflitto politico di questi anni... Letta è riuscito a mettere insieme una squadra di ministri giovani e a sottrarsi ai veti di Berlusconi, promuovendo un rinnovamento generazionale che, magari, potrà aiutare persino l'evoluzione democratica del partito della destra” (C. Sardo, 28-4). Alfano, Lupi, Quagliariello e De Girolamo, tutti aderenti alla celebre mozione parlamentare “Ruby nipote di Mubarak”, sono notoriamente estranei al conflitto politico di questi anni. E comunque, vivaddio, sono così giovani. Giovinetta, giovinetta, primavera di belletta.
M'hai detto un Prospero. “D'Alema è temuto dalla destra, che lo indica come il simbolo del nemico irriducibile, che è meglio tenere alla larga perchè richiama una storia, rievoca una tradizione, risveglia delle memorie che è preferibile spegnere per sempre. Eppure un politico dell'esperienza internazionale di D'Alema avrebbe potuto contribuire all'azione incisiva di un governo che non può rinunciare a definire dei momenti di svolta nelle politiche prevalenti nello scacchiere europeo. Un ponte solido verso la sinistra europea” (Michele Prospero, l'Unità, 28-4). “La squadra ha perso qualcosa in competenza e valore aggiunto rinunciando a un ministro degli Esteri come Massimo D'Alema” (C. Sardo, l'Unità, 28-4). Ecco l’unico difetto nel governo Letta: manca D'Alema. Il Lettaggero. Il direttore del Messaggero Virman Cusenza, giornalista ma soprattutto sarto, confeziona per il nuovo governo un abitino su misura. Titolo: “Un cambio di stagione”. Svolgimento: “Non c'è commento migliore al governo appena nato della foto che ritrae Giorgio Napolitano mentre stringe le mani di Enrico Letta. Ed è difficile capire dove cominci la stretta del primo e finisca la presa del secondo, come padre e figlio sinergicamente s'affidano l'un l'altro prima delle navigazioni impegnative della vita”. Corbezzoli, gliele ha cantate chiare. Del resto, di fronte a quelle mani di fata, la prima domanda che si ponevano pensosi tutti gl'italiani era appunto questa: chissà dove comincia la stretta del primo e finisce la presa del secondo? Ah saperlo. Ma anche: va bene il padre, va bene il figlio, ma dove sarà mai lo zio? A pag. 3 Alberto Gentili colma anche questa la-cuna: lo zio non c'è, ma c'era fino a qualche minuto prima a reggere la coda al Cainano, poi gli ha telefonato: “Sei stato bravo, Enrico, e sei molto maturato”. Ecco, a 47 anni il pupo ha messo su i primi dentini e sta per smettere di gattonare. Per il resto, avverte il Cusenza, “il richiamo al 1946 non è casuale”: “Il nuovo governo Letta è chiamato” a “una piccola grande rifondazione del concetto di buon governo perchè almeno generazionalmente sono venuti meno io muri e gli steccati che hanno avvelenato gli ultimi decenni, con la violenza e l'odio e la loro interminabile scia di sangue”. Insomma quella di De Gasperi che nel '46 governò con Togliatti è “un'impresa simile (al netto del conflitto mondiale) ” a quella di Alfano che governa con Letta (al netto dei processi a B.). Lo dice anche Letta al Messaggero: “Oggi si chiude la guerra dei vent'anni. Ora siamo all'armistizio. La speranza è che scoppi la pace”. Amnistia, si chiama amnistia. Eugenio Lettari. Scalfari è il più entusiasta, fin dal titolo dell'editoriale: “Un medico per l'Italia”. Non si sa a chi si riferisca, ma si sa a chi non si riferisce: Alfano, che essendo soltanto il ministro dell'Interno e il vicepresidente del Consiglio, non merita neppure una citazione. “Nelle circostanze date è un buon governo. Enrico Letta aveva promesso competenza, freschezza, nomi non divisivi. Il risultato corrisponde pienamente all'impegno preso, con un'aggiunta in più: una presenza femminile quale prima d'ora non si era mai verificata... Se i fatti corrisponderanno alle parole molte sofferenze saranno lenite e molte speranze riaccese”. Rimosso Alfano - ma anche Lupi, De Girolamo, Lorenzin e Quagliariello, la banda fresca e non divisiva della nipote di Mubarak - Scalfari ammira molto la “competenza” dell'avvocato De Girolamo in tema di agricoltura, o della signora Lorenzin (maturità classica) in materia di Sanità, o di Andrea Orlando (maturità scientifica, ex responsabile giustizia del Pd) in fatto di Ambiente. Però non ne cita nessuno, per precauzione. preferisce citare “Camillo Prampolini” (non è uno scherzo, davvero, anche se nessuno capisce che diavolo c'entri). Poi tributa il consueto omaggio a Sua Castità Napolitano: Suo malgrado, ha dovuto restare al Quirinale. Suo malgrado, ma per fortuna del Paese”. Egli, ça va sans dire, “conosce benissimo i limiti e i doveri che la Costituzione li prescrive”: infatti li ha violati tutti nel giro di qualche giorno. A questo punto, Scalfari elenca i “molti precedenti” del governo Napoletta nella storia della Repubblica. Che poi sono due. Il primo è primo il patto Moro-Berlinguer per la non sfiducia ad Andreotti a metà anni 70, che però non c'entra nulla, visto che il Pci non aveva ministri, nemmeno quando nel ‘78 votò per qualche mese la fiducia. Il secondo è il governo Badoglio del 1944, dove sì c'erano nello stesso governo ministri comunisti e democristiani: ma nemmeno quello è un precedente, perchè l'Italia era ancora una monarchia, oltre a essere ancora in guerra. Insomma, i “molti precedenti” non esistono. Meglio tornare a Re Giorgio, “un presidente al di sopra delle parti” che, “salvo Ciampi, non è mai esistito” perchè “garantisce tutti, ma garantisce soprattutto il Paese”. Ma garantisce soprattutto B. Giuliano Lettara. “Ora i giudici devono deporre le armi” (Giuliano Ferrara, il Giornale, 28-4). Wow, era ora! Ferrara, sempre così informato, ci farà sapere quanto dura l'armistizio, e soprattutto la decorrenza e la scadenza. Insomma, da quando a quando c’è licenza di delinquere. Così magari, prima che i giudici riprendano le armi, gli sfiliamo il portafogli o gli svaligiamo la casa.
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