Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Amadeus ha scritto:Raga ...ieri sera, a cena, dico a mio marito :
" ...ma secondo te , Andreotti, li farà venire fuori sti dossier o no ? "
:shock: :shock: :shock:
stamattina mi ha telefonato per darmi la notizia ( e darmi della fattucchiera) ..... tutto il giorno è stato accondiscendente e servizievole ai limiti del mieloso.
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

Legami di parentela con la fattucchiera Amelia??? :mrgreen:
Amadeus

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Amadeus »

camillobenso ha scritto:
Amadeus ha scritto:Raga ...ieri sera, a cena, dico a mio marito :
" ...ma secondo te , Andreotti, li farà venire fuori sti dossier o no ? "
:shock: :shock: :shock:
stamattina mi ha telefonato per darmi la notizia ( e darmi della fattucchiera) ..... tutto il giorno è stato accondiscendente e servizievole ai limiti del mieloso.
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

Legami di parentela con la fattucchiera Amelia??? :mrgreen:
'rca miseria, la più stupita ero io.... :?

stasera parlerò di Berlu a cena.
8-)

hai visto mai.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Amadeus ha scritto:ZIOoooo

vedi che Lettino ti ha ascoltato ??? :mrgreen: :mrgreen:

Oggi tutta la mattina di mafia parlò .... e di lotta alla criminalità

cose turche! :D


The combination is the combination


Come si comportebbero oggi don Camillo e Peppone all’inizio del terzo millennio? L’ho verificato qualche ora fa nel primo pomeriggio.

Capita nella vita ogni tanto di avere questo tipo di esperienze. Attraversato il viale, poco più in là ti si para davanti la figura di un uomo che ti è familiare. Ma non sei proprio sicuro che sia lui, sono passati almeno 15 anni dall’ultima volta che ci siamo visti. I tratti somatici sembrano gli stessi ma il tempo ha fatto la sua parte anche se la postura è indicativa di non poco.

Non rimane altro che osservarlo più da vicino rischiando anche la possibilità dell’errore, e a qualche metro di distanza la conferma. Sì é proprio lui, e allora lo chiamo per nome. Mi guarda attonito e quando ci troviamo vis-à-vis, esclama: <<Mi scusi ma non ricordo>>.

E’ un classico, succede a volte anche a me. Un paio di coordinate e la cataratta della memoria cade di colpo, la memoria è ritornata limpida come non mai.

Dopo i soliti convenevoli di come stai e cosa fai, il discorso cade sull’attualità. Negli anni ’70 per un decennio ci siamo scontrati in tutti i modi. Frizzi, lazzi, battutine, battute salaci, battute velenose, battute al vetriolo, discorsi seri e discorsi semiseri. Lui schierato dalla parte di don Camillo, democristianissimo, io dalla parte di Peppone. Non sapevo ancora della giornata storica della dipartita di Belzebù.

Allora il suo legame con la mafia offriva vaste praterie di scontro.

La prima sorpresa però viene dopo il pronunciamento del fatidico nome di Berlusconi. Scarica una quantità d’informazioni dei suoi legami con la mafia che neppure io ai tempi ero in grado di produrre su Andreotti.

AM, è un piccolo imprenditore edile ancora in pista malgrado sia un over ’70 abbondante. Svolge la sua attività professionale da oltre 40 anni smentendo la teoria del luogo che sostiene che i “terroni” non hanno voglia di lavorare.

Operando in zona in quel settore conosce molto bene l’influenza della Mafia SpA sul territorio.

Parla quindi con cognizione di causa. Ovviamente ci troviamo d’accordo su tutto.

E la seconda sorpresa arriva dal fatto che esplorando il presente e il futuro il pensiero collima alla perfezione. Allora non era così. La Dc ha fatto la fine che ha fatto, il suo erede che voleva propugnare la rivoluzione liberale si è dimostrato solo un cacciaballe in mano alla Mafia SpA, la sinistra rappresentativa non esiste più.

E qui don Camillo e Peppone davanti alle macerie fumanti del secondo fallimento dei partiti in meno di 20 anni, scoprono di avere un pensiero unico.

La realtà è quella che e adesso non possiamo raccontarci balle. Il realismo ci porta a vedere nero per il futuro per via delle esperienze professionali di questi ultimi 40 anni.

L’economia è l’economia e non si può scherzare con il fuoco. Il tempo è scaduto da almeno 24 mesi, mentre una masnada di cadaveri poco eccellenti si prodiga ancora in un gioco perverso che definire sadico è soltanto un eufemismo.

Quando una società arriva a questi livelli, dove rasa al suolo non è solo l’economia, ma la tenuta sociale, l’etica, la morale, la fine dei valori, a cui oggi si aggiunge il servizio del Fatto Quotidiano sulle città italiane che crollano per il degrado, portandoci allo stesso punto degli anni ’43, ’44, ‘45, senza che ci siano stati i bombardamenti dell’aviazione alleata, la partita si gioca in un solo modo, quello di giocare a carte scoperte raccontando al Paese la verità dello stato dell’arte e dei problemi che devono interessare tutti quanti, pronunciando lo stesso discorso alla nazione di Sir Wiston Churchill alla Camera dei Comuni il 13 maggio del 1940.

La forza del destino ci ha invece assegnato in sorte un personaggio come primo ministro la cui credibilità sta a zero. Basta passare l’elenco copioso di tutte le sue affermazioni fatte nei gli ultimi tempi. Tutte regolarmente smentite, comprese le ultime fatte durante lo streaming con i rappresentanti del M5S. A cui va aggiunta una particolare affermazione dimenticata dai cultori delle bufale lettiane.

All’inizio della prima settimana del dopo ferragosto del 2012, il prode Enrichetto, senza che nessuno glielo chiedesse , ha rilasciato un’intervista tv, in cui assicurava tutti che per il fine settimana l’accordo sulla nuova legge elettorale era cosa fatta.

In questo disgraziato Paese tutto oramai funziona così. Uno spara tutto quello che gli passa per la mente, senza preoccuparsi delle conseguenze. Tanto nessuno obietta mai niente se sono balle.

Enrichetto stamani a Milano ha parlato di lotta alla Mafia?

La sua credibilità sta a zero, può raccontare tutto quello che gli fa comodo, ma si tratta solo di propaganda dilatoria, in perfetto stile democristiano risorto.

La Mafia Spa è diventata il potere forte dei poteri forti, controlla il Parlamento e non solo e tutti si inginocchiano ai suoi piedi, compreso chi nelle istituzioni ha sotterrato le indagini del rapporto Stato-Mafia.

Chi si è veramente opposto a fatti e non a parole alla Mafia SpA ci ha rimesso la vita.
pancho
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da pancho »

camillobenso ha scritto:
Amadeus ha scritto:Raga ...ieri sera, a cena, dico a mio marito :
" ...ma secondo te , Andreotti, li farà venire fuori sti dossier o no ? "
:shock: :shock: :shock:
stamattina mi ha telefonato per darmi la notizia ( e darmi della fattucchiera) ..... tutto il giorno è stato accondiscendente e servizievole ai limiti del mieloso.
:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:

Legami di parentela con la fattucchiera Amelia??? :mrgreen:
Pace all'anima sua.
Le malelingue dicono che la scatola nera la portava sempre con se?

Ma dove la teneva nascosta?

Non e' che dietro la schiena avesse uno zainetto e non la gobba come credevano noi?

O forse.......? Ma dai..impossibile :o

Paragrafando una sua frase famosa:A pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca

Si...daccordo: Ho peccato :oops:


un salutone da Juan
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Dell’uso del tradimento in politica.
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt




Come inizia una guerra civile – 156
La cruna dell’ago – 121
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 121
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 101
Cronaca di un affondamento annunciato - 101

In mezzo alla tempesta - 38


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Ghino di Tacco
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

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Ghinotto di Tacco, detto Ghino (La Fratta, XIII secolo – Toscana, circa 1320), è stato un brigante italiano.
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Nacque a La Fratta nella seconda metà del XIII secolo, oggi nel comune di Sinalunga (SI). Figlio del nobile ghibellino Tacco di Ugolino e fratello di Turino, era un rampollo della famiglia Cacciaconti Monacheschi Pecorai, ed insieme al padre, al fratello e uno zio commetteva furti e rapine, nonostante la caccia che gli veniva data dalla Repubblica di Siena. Una volta catturati, i membri maggiorenni della banda vennero giustiziati nella Piazza del Campo di Siena, mentre Ghino e il fratello si salvarono in virtù della minore età.

Rifugiandosi a Radicofani (SI), una rocca sulla Via Cassia, al confine tra la Repubblica di Siena e lo Stato Pontificio, Ghino continuò la sua carriera di bandito, ma in forma di gentiluomo, lasciando ai malcapitati sempre qualcosa di che vivere. Boccaccio, infatti lo dipinge come brigante buono nel suo Decamerone parlando del sequestro dell'abate di Cluny, nella II novella del X giorno:

Ghino di Tacco piglia l'abate di Clignì e medicalo del male dello stomaco e poi il lascia quale, tornato in corte di Roma, lui riconcilia con Bonifazio papa e fallo friere dello Spedale.

Dante, invece, gli concede un posto tra i personaggi citati nel sesto canto del Purgatorio della sua Divina Commedia, quando parla del giurista Benincasa da Laterina (l'Aretin), giureconsulto a Bologna, poi giudice del podestà di Siena, ucciso da un fiero Ghino di Tacco.

« Quiv'era l'Aretin che da le braccia
fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte »
(Dante, Purgatorio VI, vv. 13-14)
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Dell’uso del tradimento in politica.
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt




Come inizia una guerra civile – 157
La cruna dell’ago – 122
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In mezzo alla tempesta - 39


Cazzoni & Cazzoni ( C & C )
Banditi & Banditi ( B & B ) - 1



0.…- 16 novembre 2011 - Insediamento governo Monti
1….- 16 dicembre 2011
2….- 16 gennaio 2012
3….- 16 febbraio 2012
4….- 16 marzo 2012
5….- 16 aprile 2012
6….- 16 maggio 2012
7….- 16 giugno 2012
8….- 16 luglio 2012
9….- 16 agosto 2012
10..- 16 settembre 2012
11..- 16 ottobre 2012
12..- 16 novembre 2012
13..- 16 dicembre 2012
14..- 16 gennaio 2013
15..- 16 febbraio 2013
16..- 16 marzo 2013
17..- 16 aprile 2013
18..- 16 maggio 2013 (tra 9 giorni)


Sono passati 18 mesi da quando si è insediato il governo Monti composto da tecnici/professori su suggerimento di Giorgio I e II, Re et Imperatore, con il supporto dei partiti falliti:

dal 16 novembre 2011, al 28 aprile 2013

Pd
Pdl
Udc
Fli

dal 28 aprile 2013 al 6 aprile 2013

Pd
Pdl
LC
Udc


Dopo quasi 18 mesi, per la prima volta in pubblico viene specificato dove andare a prendere i soldi.

Lo ha fatto questa sera a Piazzapulita un ex andreottiano democristiano fino al midollo come Cirino Pomicino.

Un chiarimento che doveva essere fatto subito nel novembre 2011, rifiutato in toto da un gruppo di briganti e masnadieri peggiori di Ghino di Tacco.

Ha dichiarato Pomicino:

<<I soldi si vanno a prendere dove ci sono>>

Un ragionamento semplice semplice da casalinga di Voghera.

Specifica poi Pomicino:

<< I soldi occorre chiederli a quel 10 % che detiene il 47 % del patrimonio italiano. Un patrimonio valutabile intorno i 4 e i 5 miliardi di euro.

Un prelievo che non cambia la vita ai detentori dei grandi patrimoni.


Avendo anticipato da mesi questo tipo di provvedimento economico, non posso che essere d’accordo e dire:

ALLA BUONORA dopo 18 mesi quando ormai l’economia è alle corde, o meglio………alla canna del gas.


Però nello stesso tempo faccio fatica a comprendere perché a fronte dell’unica via percorribile, non si riesca mai e poi mai a fare un discorso completo. Perché si debba fare una riflessione giusta, ma sempre a metà.

A quando l’altra metà? Tra altri 18 mesi?????????????

Non si può andare a chiedere un contributo straordinario a quella categoria di persone se prima non si danno garanzie totali che quei soldi andranno a buon fine.

Questo significa che prima di chiedere quei soldi, deve essere varata a tempo di record, una legge che preveda pene altissime nei confronti di chi potrebbe essere intenzionato a rubare quei soldi. ( Qualcuno ha avuto il coraggio di dichiararlo in tv qualche mese fa. Non è tanto il problema dell'evasione fiscale che ci assilla, perché più soldi entrano e più la tentazione di rubare è grande. E' come un secchio senza fondo. Puoi buttarci dentro tutti i soldi che vuoi, ma se non ripari il fondo non lo riempi mai)

Con questa garanzia è più facile chiedere un contributo straordinario a chi detiene grandi capitali.

Non ha assolutamente senso fare della beneficienza ai ladri quando gli italiani muoiono di stenti.

E’ impensabile che venga versato un contributo extra con tanta facilità sapendo che quei soldi andranno nelle tasche dei ladri e non per risollevare il Paese.

Mucchetti, giornalista economico del Corriere della Sera, ora Pd, ha dichiarato nell’autunno del 2011 che si potevano recuperare dalla patrimoniale circa 300 miliardi.

Però non ha specificato qual’era il livello a cui rivolgersi. Solite imprecisioni di fondo all’italiana.


Inoltre, il secondo difetto della riflessione Pomicino, è quello di omettere che già nei primi giorni del governo Monti era intervenuto direttamente il Caimano, minacciando di fare cadere immediatamente il governo se Monti avesse azzardato di andare nella direzione della patrimoniale.

Questa minaccia è stata poi ripetuta nel tempo e Monti ha prodotto il disastro che è sotto gli occhi di tutti.


Cirino Pomicino ha poi fatto un passo in avanti facendo una proposta da segretario del Sel o dell’Idv. Una proposta che i democristiani doc e quelli di nuovo conio provenienti dall’ex Pci del partito dei defunti non hanno mai osato fare. (Quali reconditi interessi si nascondono dietro questa ostinazione? Non dimentichiamo mai che la politica è interesse e convenienza)

Francia e Germania non partecipano come noi alle missioni all’estero. Occorre ritirarle.

Sono proposte avanzate sempre dalla sinistra e regolarmente bocciate dal partito democristiano.


A questo devo aggiungere che quando si è impossibilitati da situazioni contingenti a poter andare avanti si può tranquillamente ammettere la difficoltà economica.

Ergo, agli Usa si può tranquillamente notificare che date le evidenti difficoltà economiche, l’acquisto degli F35, viene traslato di 5 anni, in attesa di ritrovare quelle condizioni economiche tali per permetterci l’acquisto dei caccia.


Perché questa soluzione viene osteggiata????

Perché quasi sicuramente le mazzette alla classe politica italiana sono già state anticipate da anni.

Non bisogna dimenticare che l’ordine degli F35 è stato effettuato sotto il governo Prodi.

Ma in questi casi, le mazzette vengono spartite tra tutti i partiti in modo che nessuno si permetta di ricattare chi ha firmato l’ordine.

E’ più che ovvio che la banda attuale non si muoverà mai in questa direzione perché va contro ai propri interessi.

Per contro, non operando in questa direzione il Paese è destinato ad un crack rapido.

La manovra doveva essere fatta 17 mesi fa, ma è stata bloccata perché dovevano essere salvaguardati particolari interessi.

Con la presenza del Caimano è ben difficile che si possa andare in questa direzione. Di conseguenza, ora come 17 mesi fa, la responsabilità politica ricade sul Pd, perché continua a rendersi complice del brigante di Hardcore.
paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da paolo11 »

L'Italia che cresce all'estero
Marco FortisCronologia articolo15 gennaio 2013
I dati della produzione industriale sempre meno esprimono la vera capacità della manifattura italiana di crescere, svilupparsi, internazionalizzarsi. La produzione complessiva sta calando fortemente non per una generica mancanza di competitività delle nostre aziende ma perché il rigore finanziario a senso unico e il calo dei consumi e degli investimenti interni stanno mettendo in ginocchio le imprese che non esportano o che hanno il mercato domestico come meta principale delle proprie vendite. Chi vende soprattutto all'estero, invece, miete risultati positivi. E c'è tutta un'Italia manifatturiera, non solo come si potrebbe pensare nei tradizionali prodotti della moda, dell'arredo o dell'alimentare, ma anche nella metallurgia, nella meccanica e nei mezzi di trasporto, che batte regolarmente persino la super-competitiva Germania sui mercati internazionali, facendo registrare in molti prodotti appartenenti anche a questi altri settori avanzi commerciali ben superiori a quelli delle aziende tedesche.
Chi vende oltrefrontiera
Nel 2011 l'Italia ha surclassato la Germania per attivo con l'estero nelle macchine per imballaggio, nella refrigerazione commerciale, nella rubinetteria, in varie tipologie di pompe, nelle macchine industriali per i prodotti da forno e la pasta, nelle macchine per la lavorazione del legno, della carta, dei metalli, delle ceramiche e delle pelli, negli yacht, negli elicotteri e nei satelliti aerospaziali, nella grande caldareria, nei laminatoi per metalli, nelle turbine a gas, nonché in numerosi prodotti della siderurgia e dell'industria del l'alluminio.
Il successo del "made in Italy" metalmeccanico ha ragioni non molto diverse da quelle che spiegano la leadership dei nostri leader della moda, del mobile o dell'alimentare. L'industria meccanica italiana è una meccanica fatta su misura per il cliente, nel vero senso della parola, dalla progettazione alla realizzazione fino al servizio post-vendita: una manifattura di nicchia (si fa per dire, perché si parla pur sempre di miliardi o di centinaia di milioni di euro di export) e di altissima gamma, che non teme la concorrenza dei Paesi emergenti sul basso costo del lavoro. Gruppo Seragnoli, Ima, Sacmi, Marchesini, Tmc e le altre imprese della packaging valley bolognese-emiliana realizzano macchine per imballaggio disegnate appositamente per i loro clienti mondiali dell'industria alimentare, delle bevande, della farmaceutica o della carta igienica. Lo stesso fanno imprese come Epta Group ed altre nel campo dei banconi frigoriferi per supermercati servendo i gruppi francesi, americani, tedeschi ed inglesi della grande distribuzione, o gruppi del valvolame e dell'impiantistica idrotermosanitaria come Caleffi, Cimberio, Far, Pettinaroli, Itap ed altri quando sviluppano sistemi complessi. Anche la nostra industria meccanica ha dunque i suoi Brunello Cucinelli e sono centinaia, anche se meno noti.
Chi produce in altri Paesi
C'è poi una gran parte della manifattura italiana che ormai produce stabilmente all'estero. Ciò dimostra che non è vero che siamo poi tanto in ritardo in questo tipo di internazionalizzazione. Secondo le statistiche Istat sulle multinazionali italiane all'estero, infatti, nel 2010 le affiliate estere di imprese industriali italiane presentavano un'occupazione totale di quasi 915 mila addetti realizzando quasi 214 miliardi di euro di fatturato, di cui oltre 64 miliardi al netto degli acquisti di beni e servizi. Tutto questo fenomeno non è chiaramente rilevato dagli indici di produzione industriale: anche noi siamo forti all'estero nell'industria, certamente non come i tedeschi ma neanche stiamo solo a guardare. Secondo l'Istat la presenza italiana all'estero in attività industriali risulta particolarmente rilevante nella fabbricazione di macchinari ed apparecchiature (1.239 imprese che impiegano quasi 114 mila addetti, con un fatturato di 24,6 miliardi di euro di cui 5,5 al netto degli acquisti di beni e servizi), nelle industrie tessili e confezione di articoli di abbigliamento, di articoli in pelle e pelliccia (663 imprese, oltre 95 mila addetti, 5,4 miliardi di fatturato di cui 1,6 al netto degli acquisti di beni e servizi) e nella fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (215 imprese, oltre 87 mila addetti con un fatturato di 29,8 miliardi di cui 5,4 al netto degli acquisti di beni e servizi). Sarebbe interessante sapere quanto Pil manifatturiero si è spostato all'estero negli ultimi anni per avere un'idea più chiara della reale performance della nostra industria, che non può più essere misurata solo col valore aggiunto realizzato in patria.
Tutto bene, dunque? No. Se c'è una fetta della nostra industria che vive e cresce, navigando in mare aperto nel mondo, un'altra sta rischiando di soffocare entro i nostri confini. Se vi fosse nel nostro Paese una vera politica industriale, saprebbe dare risposte efficaci anche a un fenomeno abnorme come l'attuale caduta verticale della domanda interna. Avere una politica industriale significa non solo scegliere "a tavolino", secondo gli stereotipi superati del passato, se rimanere o uscire dalla chimica o dall'elettronica, ma anche impostare azioni temporanee, di "tampone", per fronteggiare crisi del mercato domestico che non hanno nulla a che vedere con la competitività delle imprese ma che dipendono da fenomeni collaterali, come le politiche di austerità delle finanze pubbliche e l'aumento della tassazione sui consumatori. Queste fasi, se troppo prolungate nel tempo, possono portare alla chiusura irreversibile di migliaia di imprese e alla creazione di un gran numero di nuovi disoccupati. In momenti come questi servono deduzioni o incentivi fiscali mirati e più efficaci per sostenere l'edilizia e i consumi di prodotti come i mobili, "social card" che abbiano una quota fissa dedicata ad acquisti di scarpe e vestiti del made in Italy. Nel 2009 la Germania sostenne vigorosamente e senza tentennamenti il proprio mercato interno dell'auto, durante la crisi dell'export.
http://www.ilsole24ore.com/art/impresa- ... zZCQKH&p=2
........................................................................................
Molte industrie chiudono non essendo Italiane.Ritornano a produrre nel paese natio, per dare una mano all'occupazione del proprio paese.
I nostri capitani d'industria se volessero bene a questo paese dovrebbero fare lo stesso, chiudere le aziende all'estero e riaprirle qui in Italia.
Con agevolazioni dallo stato per ritornare.La disoccupazione in parte verrebbe assorbita.
Ciao
Paolo11
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

paolo11 ha scritto: Molte industrie chiudono non essendo Italiane.Ritornano a produrre nel paese natio, per dare una mano all'occupazione del proprio paese.
I nostri capitani d'industria se volessero bene a questo paese dovrebbero fare lo stesso, chiudere le aziende all'estero e riaprirle qui in Italia.
Con agevolazioni dallo stato per ritornare.La disoccupazione in parte verrebbe assorbita.
Ciao
Paolo11
Non ci credo che le aziende se ne vadano dall'Italia per dare una mano all'occupazione del proprio paese.

Stento a credere che ci siano imprenditori "patrioti".

Evidentemente i motivi sono altri, ma quello che colpisce è la latitanza di istituzioni e sindacati e soprattutto una mancanza di idee sulle cause e quindi sui possibili rimedi.

E' quello che si dice essere una "mancanza di politica industriale", con cui in molti si riempiono la bocca, ma che in pochi mostrano di sapere di cosa si tratti.
camillobenso
Messaggi: 17353
Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Dell’uso del tradimento in politica.
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt




Come inizia una guerra civile – 158
La cruna dell’ago – 123
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La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 103
Cronaca di un affondamento annunciato - 103
In mezzo alla tempesta - 40


Bentornata Dc del terzo millennio - 2



In hoc signo vinces

Immagine



Il cuore sanguinante di Fioroni, è generoso come il cuore sanguinante di Gesù. E’ generoso, anzi democristianamente generoso, come ai vecchi tempi.


«È giusto che la guida del partito sia di sinistra» ( Per non fare confusione, non si sa mai, Beppe per sinistra intende la sinistra della nuova Dc,……..cosa avevate capito? )

Il potere l’hanno conquistato quelli della destra, giusto che nella spartizione del potere la guida della nuova Dc tocchi alla sinistra Dc.


l’Unità 6.5.13

Beppe Fioroni
«È giusto che la guida del partito sia di sinistra»
«Soluzione opportuna dopo il governo col Pdl
E basta avere paura dei tweet: se Bersani D’Alema e Veltroni non si incontrano, il Pd implode»

di Maria Zegarelli


ROMA «Siamo arrivati al punto che abbiamo timori a incontrarci perché altrimenti qualcuno ci critica con quattro twitter e qualche e-mail.

Ma un partito, un partito vero, deve avere il coraggio delle proprie azioni e decisioni».

Beppe Fioroni stavolta è arrabbiato davvero, se non come il giorno in cui i Grandi elettori del Pd hanno silurato Franco Marini, candidato al Colle, quasi.

«Se Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema e Walter Veltroni non tornano a parlare tra di loro questo partito implode».

È un fiume in piena, twitta che adesso basta, perché «nello sforzo di trovare il migliore, si bruciano i segretari possibili».

C’è chi rifiuta la logica secondo cui essendoci Letta al governo la guida del Pd debba andare ad un segretario di «sinistra». Lei che ne pensa?
«Guardi lo dico proprio io, che come è noto di sinistra non sono: dopo aver fatto un governo con Berlusconi, perché è con lui che lo abbiamo fatto, non mi sembra sconveniente che alla guida del partito ci sia un segretario, in fondo, in fondo, in fondo, lo ripeto tre volte, di sinistra».

Veltroni dice che si deve uscire da questa logica ex-dc ex ds, pena l’annientamento del Pd.

«Al mio amico Walter voglio dire che il problema non è diventare ex Dc o ex Ds, il rischio è quello di frammentazioni rissose e silenziose, che sono dietro l’angolo.

Il rischio è che si diventi tutti ex Pd.

Invece di parlarci sui giornali cerchiamo di scoprire una grande novità nel modo di fare politica».

Quale? Il dialogo con i territori e la base che vi stanno mollando?
«Anche con loro, ma prima di tutto la vera novità sarebbe quella di ricominciare a parlare tra di noi e con la base senza subire veti incrociati».

Un bel caminetto tra i big per una nuova tregua?
«Per carità... adesso non solo non si può più parlare di caminetti ma neanche di incontri tra dirigenti. Abbiamo tutti paura delle critiche di Civati, Puppato e quant’altri. Ma ci rendiamo conto o no che è in momenti come questo che i dirigenti di un partito devono mettersi intorno ad un tavolo e assumersi la responsabilità proponendo una soluzione?

Il segretario migliore che possiamo votare sabato è quello che unisce perché è autorevole e non perché è sbiadito.

E di un segretario forte anche in questo passaggio di transizione ha bisogno l’attuale presidente del Consiglio.

==============================================
Enrico Letta sa come me che il difetto peggiore dei governi della prima Repubblica era di operare per avere partiti deboli.
==============================================

Oggi occorre un Pd unito e forte perché altrimenti il rischio vero è che la spina non la stacchi il Pdl ma l’evanescenza e la conflittualità del Pd».

Si fanno i nomi di Gianni Cuperlo, Guglielmo Epifani, Sergio Chiamparino, Vasco Errani...
«No, non ci sto a fare nomi perché ogni nome che facciamo si brucia, come è accaduto con la presidenza della Repubblica. Quello che dico è che a me non spaventa avere un segretario di sinistra, anzi, penso sia la soluzione migliore». (E’ la vecchia logica democristiana della prima Repubblica. Bentornata Dc – ndt)

Bersani parla di un deficit di autonomia del partito.
«Il Pd deve essere un soggetto politico orgoglioso dei propri valori e dei propri progetti. Un soggetto politico che sa decidere e rispettare le decisioni, che non si piega al primo stormir di fronde e non si fa adattabile a qualunque nuovismo; un partito che accetta la sfida delle politiche per gli italiani da realizzare con gli altri partiti, perché ha una “Politica” forte ed autorevole senza la quale tutto diventa evanescente in uno spazio preda di scorribande e di altrui interessi».

E a proposito della norma dello Statuto su leadership e premiership che ne pensa? Devono coincidere oppure no?
«Dobbiamo smetterla di essere una fisarmonica che decide oggi in un modo e domani in un altro. Se su proposta di Renzi abbiamo avuto la norma transitoria perché chiunque potesse candidarsi alla premiership oggi è del tutto evidente che quella norma debba diventare regola. Al contrario sarebbe la dimostrazione che è stata l’ennesima scelta non a favore del Pd ma contro qualcuno».
Secondo molti suoi colleghi, a partire da Veltroni, separare i ruoli potrebbe provocare una diversa linea tra partito e governo.
«Veltroni ha condiviso contrariamente da me con la maggioranza del partito che questo rischio non c’era ieri e non ci sarà domani. Le primarie saranno di coalizione e un Pd forte e serio darà la linea trainante al progetto politico di centrosinistra. Il candidato premier sarà colui che la incarna meglio, per farci vincere, e non quello che la stravolge di più».

Fioroni, il futuro candidato premier del Pd sarà Matteo Renzi. E lei sa che al sindaco di Firenze non interessa che premiership e leadership coincidano. Come non tenerne conto?
«Matteo sa bene che la sua premiership vincente è legata ad un Pd serio e con molti consensi, quindi lavorerà perché il Pd si rafforzi. Non ce lo vedo a fare il premier di una coalizione di centrosinistra in cui il Pd si trasforma in una bed company che ha bisogno di trovare i consensi in altri soggetti. E so che Matteo, come mi auguro, da futuro presidente dell’Anci, darà al governo Letta un sostegno forte perché, seppur figlio di una “scorciatoia”, a questo governo è legata la sopravvivenza dell’Italia e degli italiani».
camillobenso
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Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Dell’uso del tradimento in politica.
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt




Come inizia una guerra civile – 159
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I dati della crisi

Scheda 8) L’ordine pubblico

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8 – 1) – Aggiornata al 7 maggio 2013



Milano, studenti occupano un'aula dell'Università Statale

http://video.corriere.it/milano-student ... 00d48981dc


Milano | 06 maggio 2013

È di sei feriti lievi il bilancio dei tafferugli registrati nel pomeriggio all'Università Statale di Milano. Tutto è iniziato quando le forze dell'ordine, una cinquantina di poliziotti, hanno sgomberato un'aula occupata da collettivi studenteschi, la «libreria Cuem». La situazione è però degenerata fuori dall'aula, nel chiostro e all'ingresso dell'Università.
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