Dell’uso del tradimento in politica.
Se i politici mentono, è o per debolezza, avendo comunque bisogno di garantirsi il consenso elettorale, o per disprezzo, ritenendo utili i voti, ma inutili gli elettori.
Hannah Arendt
Come inizia una guerra civile – 158
La cruna dell’ago – 123
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 123
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 103
Cronaca di un affondamento annunciato - 103
In mezzo alla tempesta - 40
Bentornata Dc del terzo millennio - 2
In hoc signo vinces
Il cuore sanguinante di Fioroni, è generoso come il cuore sanguinante di Gesù. E’ generoso, anzi democristianamente generoso, come ai vecchi tempi.
«È giusto che la guida del partito sia di sinistra» (
Per non fare confusione, non si sa mai, Beppe per sinistra intende la sinistra della nuova Dc,……..cosa avevate capito? )
Il potere l’hanno conquistato quelli della destra, giusto che nella spartizione del potere la guida della nuova Dc tocchi alla sinistra Dc.
l’Unità 6.5.13
Beppe Fioroni
«È giusto che la guida del partito sia di sinistra»
«Soluzione opportuna dopo il governo col Pdl
E basta avere paura dei tweet: se Bersani D’Alema e Veltroni non si incontrano, il Pd implode»
di Maria Zegarelli
ROMA «Siamo arrivati al punto che abbiamo timori a incontrarci perché altrimenti qualcuno ci critica con quattro twitter e qualche e-mail.
Ma un partito, un partito vero, deve avere il coraggio delle proprie azioni e decisioni».
Beppe Fioroni stavolta è arrabbiato davvero, se non come il giorno in cui i Grandi elettori del Pd hanno silurato Franco Marini, candidato al Colle, quasi.
«Se Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema e Walter Veltroni non tornano a parlare tra di loro questo partito implode».
È un fiume in piena, twitta che adesso basta, perché «nello sforzo di trovare il migliore, si bruciano i segretari possibili».
C’è chi rifiuta la logica secondo cui essendoci Letta al governo la guida del Pd debba andare ad un segretario di «sinistra». Lei che ne pensa?
«Guardi lo dico proprio io, che come è noto di sinistra non sono: dopo aver fatto un governo con Berlusconi, perché è con lui che lo abbiamo fatto, non mi sembra sconveniente che alla guida del partito ci sia un segretario, in fondo, in fondo, in fondo, lo ripeto tre volte, di sinistra».
Veltroni dice che si deve uscire da questa logica ex-dc ex ds, pena l’annientamento del Pd.
«Al mio amico Walter voglio dire che il problema non è diventare ex Dc o ex Ds, il rischio è quello di frammentazioni rissose e silenziose, che sono dietro l’angolo.
Il rischio è che si diventi tutti ex Pd.
Invece di parlarci sui giornali cerchiamo di scoprire una grande novità nel modo di fare politica».
Quale? Il dialogo con i territori e la base che vi stanno mollando?
«Anche con loro, ma prima di tutto la vera novità sarebbe quella di ricominciare a parlare tra di noi e con la base senza subire veti incrociati».
Un bel caminetto tra i big per una nuova tregua?
«Per carità... adesso non solo non si può più parlare di caminetti ma neanche di incontri tra dirigenti. Abbiamo tutti paura delle critiche di Civati, Puppato e quant’altri. Ma ci rendiamo conto o no che è in momenti come questo che i dirigenti di un partito devono mettersi intorno ad un tavolo e assumersi la responsabilità proponendo una soluzione?
Il segretario migliore che possiamo votare sabato è quello che unisce perché è autorevole e non perché è sbiadito.
E di un segretario forte anche in questo passaggio di transizione ha bisogno l’attuale presidente del Consiglio.
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Enrico Letta sa come me che il difetto peggiore dei governi della prima Repubblica era di operare per avere partiti deboli.
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Oggi occorre un Pd unito e forte perché altrimenti il rischio vero è che la spina non la stacchi il Pdl ma l’evanescenza e la conflittualità del Pd».
Si fanno i nomi di Gianni Cuperlo, Guglielmo Epifani, Sergio Chiamparino, Vasco Errani...
«No, non ci sto a fare nomi perché ogni nome che facciamo si brucia, come è accaduto con la presidenza della Repubblica. Quello che dico è che a me non spaventa avere un segretario di sinistra, anzi, penso sia la soluzione migliore». (E’ la vecchia logica democristiana della prima Repubblica. Bentornata Dc – ndt)
Bersani parla di un deficit di autonomia del partito.
«Il Pd deve essere un soggetto politico orgoglioso dei propri valori e dei propri progetti. Un soggetto politico che sa decidere e rispettare le decisioni, che non si piega al primo stormir di fronde e non si fa adattabile a qualunque nuovismo; un partito che accetta la sfida delle politiche per gli italiani da realizzare con gli altri partiti, perché ha una “Politica” forte ed autorevole senza la quale tutto diventa evanescente in uno spazio preda di scorribande e di altrui interessi».
E a proposito della norma dello Statuto su leadership e premiership che ne pensa? Devono coincidere oppure no?
«Dobbiamo smetterla di essere una fisarmonica che decide oggi in un modo e domani in un altro. Se su proposta di Renzi abbiamo avuto la norma transitoria perché chiunque potesse candidarsi alla premiership oggi è del tutto evidente che quella norma debba diventare regola. Al contrario sarebbe la dimostrazione che è stata l’ennesima scelta non a favore del Pd ma contro qualcuno».
Secondo molti suoi colleghi, a partire da Veltroni, separare i ruoli potrebbe provocare una diversa linea tra partito e governo.
«Veltroni ha condiviso contrariamente da me con la maggioranza del partito che questo rischio non c’era ieri e non ci sarà domani. Le primarie saranno di coalizione e un Pd forte e serio darà la linea trainante al progetto politico di centrosinistra. Il candidato premier sarà colui che la incarna meglio, per farci vincere, e non quello che la stravolge di più».
Fioroni, il futuro candidato premier del Pd sarà Matteo Renzi. E lei sa che al sindaco di Firenze non interessa che premiership e leadership coincidano. Come non tenerne conto?
«Matteo sa bene che la sua premiership vincente è legata ad un Pd serio e con molti consensi, quindi lavorerà perché il Pd si rafforzi. Non ce lo vedo a fare il premier di una coalizione di centrosinistra in cui il Pd si trasforma in una bed company che ha bisogno di trovare i consensi in altri soggetti. E so che Matteo, come mi auguro, da futuro presidente dell’Anci, darà al governo Letta un sostegno forte perché, seppur figlio di una “scorciatoia”, a questo governo è legata la sopravvivenza dell’Italia e degli italiani».