Don Andrea Gallo, 1928-2013
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Re: Don Andrea Gallo, 1928-2013
L'omelia del cardinale Angelo Bagnasco alla messa funebre di don Gallo:
http://www.youtube.com/watch?v=iIi0PZPJYpo
L'intervento di don Ciotti:
http://www.youtube.com/watch?v=XY9c6urHvxw
http://www.youtube.com/watch?v=AKZYPymS5TI
http://www.youtube.com/watch?v=iIi0PZPJYpo
L'intervento di don Ciotti:
http://www.youtube.com/watch?v=XY9c6urHvxw
http://www.youtube.com/watch?v=AKZYPymS5TI
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Re: Don Andrea Gallo, 1928-2013
Il papa non ha ancora detto una parola
Mi sa che non la dirà
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"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
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Re: Don Andrea Gallo, 1928-2013
Don Gallo, cronaca del funerale. Quando la vera Chiesa decide di esserci
di Paolo Farinella
| 26 maggio 2013
Commenti (163)
Genova 25 maggio 2013 – Già di prima mattina, come nei giorni precedenti, la chiesa di San Benedetto al Porto in Genova, sede della Comunità, è gremita di folla, accorsa per l’ultimo saluto sulla terra a don Andrea Gallo. Piove, come se gli angeli volessero partecipare al distacco fisico e le loro lacrime scendono dal cielo bagnando tutti. La pioggia è una benedizione che purifica tutti per essere degni di partecipare alla morte di un profeta che ha partecipato alla vita di tutti quelli che lo hanno incontrato e amato. In chiesa, oltre alla folla di gente, vi sono alcuni preti, un paio di Genova e gli altri venuti da tutta Italia: da Cossato (Biella), da Torino, da Antrosano (l’Aquila), da Lucca, da Firenze, da Budrio (Bologna), da Napoli, da Caserta e da altre città.
Parte il corteo da San Benedetto al Porto verso la chiesa di N. S. del Carmine e Sant’Agnese, nella zona della Nunziata, passando per la Stazione di Porta Principe. Un mare di ombrelli copre le strade. Quando il corteo giunge alla Nunziata il colpo d’occhio di via Balbi, che è un solo fitto ombrello, toglie il respiro: Genova non ha mai visto un folla così ai funerali di qualcuno, e pure di un prete. C’era Genova, c’era l’Italia e anche oltre. A intervalli spontanei e non organizzati – non esiste nemmeno la parvenza di servizio d’ordine – scoppia dalla folla «O bella, ciao, ciao, ciao» che è la sola preghiera laica che accomuna tutti nel segno della libertà. Alla Nunziata, don Andrea Gallo è preso a spalle dalla Comunità e dai «Camalli» del porto e ci si avvia per il Carmine, distante poche decine di metri. C’è Vauro, c’è Landini, c’è Dalla Chiesa, c’è don Ciotti. C’è Dio.
Altra folla in attesa che unita a quella che arriva forma un oceano di umanità riunita attorno all’Uomo, al Prete, al Combattente che in tutta la vita ha solo unito tutti, restando rigorosamente Uomo, Prete e Combattente di parte perché non si può stare con tutti come alibi per non stare con nessuno. Come in fisica un corpo non può occupare due spazi, così anche la coscienza umana non può stare dalla parte degli oppressi e anche da quella degli oppressori, dei giusti e degli ingiusti, dei ladri e dei derubati, dei poveri e dei ricchi. Don Gallo stava da una parte ben precisa, ma costringeva tutti all’unità con gli altri, facendo scelte radicali. Fu amato da tutti perché non barò mai e non era irenico a buon mercato. La Pace per lui aveva un cognome puntuale: Giustizia.
I funerali sono presieduti dal cardinale Bagnasco Angelo, vescovo di Genova e presidente della Cei. Egli si sforza fin dall’inizio di mantenere un contegno asettico, istituzionale, neutro, impassibile, anzi impenetrabile. Prigioniero del suo ruolo cultuale non riesce – e forse non si sforza nemmeno o non può – a capire quello che sta succedendo. Non ha visto il mare di persone che affollava non solo la chiesa ma via Brignole De Ferrari, la piazzetta del mercato, Piazza della Nunziata, via Balbi. Bagnasco è «dentro», la gente è «fuori». Egli gestisce un evento straordinario come se fosse un ordinario funerale qualsiasi e non si rende conto che il ritorno di don Gallo al Carmine è una forma di risarcimento postumo, perché da quella Chiesa nel 1969 fu letteralmente cacciato via da un altro cardinale, Giuseppe Siri, campione unico di ottusità maniacale.
Bagnasco prende i fogli, forse scritti da altri, e comincia a leggere. Incauto, non è capace di dire una parola fuori dal protocollo rituale, «recitato» pedissequamente, anche nelle parti lasciate libere all’iniziativa del celebrante, secondo l’occasione del momento. Al nome di Siri «padre e benefattore», da fuori scoppia un urlo che immediatamente si propaga dentro la chiesa al grido di «Andrea, Andrea». Solo l’intervento di Lilli, la storica segretaria di don Gallo e la mamma della Comunità, riesce a calmare lo sdegno e la contestazione.
Un’occasione perduta per il cardinale e per la chiesa istituzionale, rappresentata da una trentina di preti presenti in chiesa, alcuni, assenti con il cuore e l’anima: sono infastiditi dalle preghiere, da alcune presenze e forse anche dalla presenza stessa di don Gallo. Il cardinale non vedendo e non rendendosi conto che la chiesa è là fuori della balaustra e del tempio, parla come se parlasse a un raduno di preti e manca l’appuntamento con la storia della sua città che sabato 25 maggio 2013, dalle ore 11,30 alle ore 13,30 si era data convegno per celebrare l’Eucaristia con il suo prete, con il Gallo, comandante, sobillatore di coscienze, perturbatore delle quiete, dissacratore del Dio dissacrato da tutte le gerarchie ecclesiastiche che hanno fatto finta di appropriarsene per impedire che la gente della strada, gli ultimi, i perduti, i tartassati dai governi dei tecnici e delle larghe intese, appoggiati dalla Cei e dal Vaticano, potessero accedere al Dio della Giustizia e dell’Amore.
Il cardinale Angelo Bagnasco nel giorno del funerale di don Andrea Gallo, non si presenta come il padre di una chiesa in ricerca, ma come il burocrate del sacro e delle formulette prefabbricate, limitandosi a «recitare un funerale» anonimo. La folla lo percepisce come «nemico», anzi peggio, come «altro». Il funerale del Gallo è l’emblema visibile di due chiese parallele: una di popolo, di sfigati, di gente di carne e di sangue, che sbaglia, ma che ama e l’altra quella rappresentata dal cardinale che vive in un altro mondo, un mondo alieno, senza storia e senza cuore. Una chiesa asfittica, morta. Don Gallo morto è vivo e pimpante. Il cardinale vivente e imbacuccato in paramenti e cappelli, è morto e seppellito. Nel giorno del funerale del Galloabbiamo seppellito una Chiesa, ormai finita e assistito alla risurrezione popolare di un profeta che, autentico, parla anche da morto e fa vibrare i cuori del desiderio di Dio che è lì in quella folla, possente nella sua tenerezza.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05 ... ci/606294/
di Paolo Farinella
| 26 maggio 2013
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Genova 25 maggio 2013 – Già di prima mattina, come nei giorni precedenti, la chiesa di San Benedetto al Porto in Genova, sede della Comunità, è gremita di folla, accorsa per l’ultimo saluto sulla terra a don Andrea Gallo. Piove, come se gli angeli volessero partecipare al distacco fisico e le loro lacrime scendono dal cielo bagnando tutti. La pioggia è una benedizione che purifica tutti per essere degni di partecipare alla morte di un profeta che ha partecipato alla vita di tutti quelli che lo hanno incontrato e amato. In chiesa, oltre alla folla di gente, vi sono alcuni preti, un paio di Genova e gli altri venuti da tutta Italia: da Cossato (Biella), da Torino, da Antrosano (l’Aquila), da Lucca, da Firenze, da Budrio (Bologna), da Napoli, da Caserta e da altre città.
Parte il corteo da San Benedetto al Porto verso la chiesa di N. S. del Carmine e Sant’Agnese, nella zona della Nunziata, passando per la Stazione di Porta Principe. Un mare di ombrelli copre le strade. Quando il corteo giunge alla Nunziata il colpo d’occhio di via Balbi, che è un solo fitto ombrello, toglie il respiro: Genova non ha mai visto un folla così ai funerali di qualcuno, e pure di un prete. C’era Genova, c’era l’Italia e anche oltre. A intervalli spontanei e non organizzati – non esiste nemmeno la parvenza di servizio d’ordine – scoppia dalla folla «O bella, ciao, ciao, ciao» che è la sola preghiera laica che accomuna tutti nel segno della libertà. Alla Nunziata, don Andrea Gallo è preso a spalle dalla Comunità e dai «Camalli» del porto e ci si avvia per il Carmine, distante poche decine di metri. C’è Vauro, c’è Landini, c’è Dalla Chiesa, c’è don Ciotti. C’è Dio.
Altra folla in attesa che unita a quella che arriva forma un oceano di umanità riunita attorno all’Uomo, al Prete, al Combattente che in tutta la vita ha solo unito tutti, restando rigorosamente Uomo, Prete e Combattente di parte perché non si può stare con tutti come alibi per non stare con nessuno. Come in fisica un corpo non può occupare due spazi, così anche la coscienza umana non può stare dalla parte degli oppressi e anche da quella degli oppressori, dei giusti e degli ingiusti, dei ladri e dei derubati, dei poveri e dei ricchi. Don Gallo stava da una parte ben precisa, ma costringeva tutti all’unità con gli altri, facendo scelte radicali. Fu amato da tutti perché non barò mai e non era irenico a buon mercato. La Pace per lui aveva un cognome puntuale: Giustizia.
I funerali sono presieduti dal cardinale Bagnasco Angelo, vescovo di Genova e presidente della Cei. Egli si sforza fin dall’inizio di mantenere un contegno asettico, istituzionale, neutro, impassibile, anzi impenetrabile. Prigioniero del suo ruolo cultuale non riesce – e forse non si sforza nemmeno o non può – a capire quello che sta succedendo. Non ha visto il mare di persone che affollava non solo la chiesa ma via Brignole De Ferrari, la piazzetta del mercato, Piazza della Nunziata, via Balbi. Bagnasco è «dentro», la gente è «fuori». Egli gestisce un evento straordinario come se fosse un ordinario funerale qualsiasi e non si rende conto che il ritorno di don Gallo al Carmine è una forma di risarcimento postumo, perché da quella Chiesa nel 1969 fu letteralmente cacciato via da un altro cardinale, Giuseppe Siri, campione unico di ottusità maniacale.
Bagnasco prende i fogli, forse scritti da altri, e comincia a leggere. Incauto, non è capace di dire una parola fuori dal protocollo rituale, «recitato» pedissequamente, anche nelle parti lasciate libere all’iniziativa del celebrante, secondo l’occasione del momento. Al nome di Siri «padre e benefattore», da fuori scoppia un urlo che immediatamente si propaga dentro la chiesa al grido di «Andrea, Andrea». Solo l’intervento di Lilli, la storica segretaria di don Gallo e la mamma della Comunità, riesce a calmare lo sdegno e la contestazione.
Un’occasione perduta per il cardinale e per la chiesa istituzionale, rappresentata da una trentina di preti presenti in chiesa, alcuni, assenti con il cuore e l’anima: sono infastiditi dalle preghiere, da alcune presenze e forse anche dalla presenza stessa di don Gallo. Il cardinale non vedendo e non rendendosi conto che la chiesa è là fuori della balaustra e del tempio, parla come se parlasse a un raduno di preti e manca l’appuntamento con la storia della sua città che sabato 25 maggio 2013, dalle ore 11,30 alle ore 13,30 si era data convegno per celebrare l’Eucaristia con il suo prete, con il Gallo, comandante, sobillatore di coscienze, perturbatore delle quiete, dissacratore del Dio dissacrato da tutte le gerarchie ecclesiastiche che hanno fatto finta di appropriarsene per impedire che la gente della strada, gli ultimi, i perduti, i tartassati dai governi dei tecnici e delle larghe intese, appoggiati dalla Cei e dal Vaticano, potessero accedere al Dio della Giustizia e dell’Amore.
Il cardinale Angelo Bagnasco nel giorno del funerale di don Andrea Gallo, non si presenta come il padre di una chiesa in ricerca, ma come il burocrate del sacro e delle formulette prefabbricate, limitandosi a «recitare un funerale» anonimo. La folla lo percepisce come «nemico», anzi peggio, come «altro». Il funerale del Gallo è l’emblema visibile di due chiese parallele: una di popolo, di sfigati, di gente di carne e di sangue, che sbaglia, ma che ama e l’altra quella rappresentata dal cardinale che vive in un altro mondo, un mondo alieno, senza storia e senza cuore. Una chiesa asfittica, morta. Don Gallo morto è vivo e pimpante. Il cardinale vivente e imbacuccato in paramenti e cappelli, è morto e seppellito. Nel giorno del funerale del Galloabbiamo seppellito una Chiesa, ormai finita e assistito alla risurrezione popolare di un profeta che, autentico, parla anche da morto e fa vibrare i cuori del desiderio di Dio che è lì in quella folla, possente nella sua tenerezza.
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Re: Don Andrea Gallo, 1928-2013
Don Puglisi e don Gallo, due pesi due misure
di Elisabetta Reguitti | 26 maggio 2013
Commenti (106)
Più informazioni su: Don Gallo, Luigi Ciotti, Padre Pino Puglisi, Papa Francesco.
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Perché Papa Francesco stamattina nel tuo Angelus non ti sei ricordato anche di don Gallo? Le tue parole di condanna contro gli sfruttatori, le mafiose e i mafiosi, contro quanti rendono schiavi donne e uomini di questo tempo mi avevano fatto sperare. Il ricordo di don Puglisi ucciso dalla mafia nel 1993 e da ieri Beato, come un esempio da seguire. Tu stesso visitando la parrocchia romana dei santi Elisabetta e Zaccaria hai sottolineato con la tua autenticità come: “La realtà si capisce meglio dalle periferie” proprio come aveva scelto di fare don Andrea Gallo che così come don Puglisi ha vissuto immerso nella realtà di chi sfrutta con violenza animale ogni debolezza o fragilità umana.
Don Ciotti riferendosi al prete della minuscola chiesa di San Benedetto al Porto ha affermato: “Andrea ha incarnato la Chiesa che non dimentica la dottrina”. E ancora: “Era innamorato di Dio, era innamorato dei poveri e saldava la terra con il cielo. Ha sempre inteso saldare la dimensione spirituale con l’impegno civile”. Proprio come ripeti sempre tu, Papa Francesco: “No ai cristiani da salotto”. Don Gallo era uno di questi, sono certa ti sarebbe piaciuto. Sarebbe stato bello sentirti ricordarlo nella tua preghiera domenicale.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05 ... re/606536/
di Elisabetta Reguitti | 26 maggio 2013
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Più informazioni su: Don Gallo, Luigi Ciotti, Padre Pino Puglisi, Papa Francesco.
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Perché Papa Francesco stamattina nel tuo Angelus non ti sei ricordato anche di don Gallo? Le tue parole di condanna contro gli sfruttatori, le mafiose e i mafiosi, contro quanti rendono schiavi donne e uomini di questo tempo mi avevano fatto sperare. Il ricordo di don Puglisi ucciso dalla mafia nel 1993 e da ieri Beato, come un esempio da seguire. Tu stesso visitando la parrocchia romana dei santi Elisabetta e Zaccaria hai sottolineato con la tua autenticità come: “La realtà si capisce meglio dalle periferie” proprio come aveva scelto di fare don Andrea Gallo che così come don Puglisi ha vissuto immerso nella realtà di chi sfrutta con violenza animale ogni debolezza o fragilità umana.
Don Ciotti riferendosi al prete della minuscola chiesa di San Benedetto al Porto ha affermato: “Andrea ha incarnato la Chiesa che non dimentica la dottrina”. E ancora: “Era innamorato di Dio, era innamorato dei poveri e saldava la terra con il cielo. Ha sempre inteso saldare la dimensione spirituale con l’impegno civile”. Proprio come ripeti sempre tu, Papa Francesco: “No ai cristiani da salotto”. Don Gallo era uno di questi, sono certa ti sarebbe piaciuto. Sarebbe stato bello sentirti ricordarlo nella tua preghiera domenicale.
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Re: Don Andrea Gallo, 1928-2013
Don Gallo e le ragioni tracotanti di Bagnasco
di Pierfranco Pellizzetti | 27 maggio 2013Commenti (124)
Con don Gallo – dopo Fabrizio De André – scompare la seconda icona a largo spettro mediatico della genovesità-contro, che si è fatta corazza della propria ostentata fragilità. Un “contro” largamente metabolizzabile da parte di una vasta audience alla ricerca di miti rassicuranti, in quanto purificato dalle asprezze dei riferimenti specifici; dunque, con notevole presa ecumenica proprio perché genericamente condivisibile.
De André non era Luigi Tenco, come si direbbe oggi irrimediabilmente “divisivo”, e neppure il suo inarrivabile modello degli inizi: Georges Brassens, lui sì davvero anarchico, non il figlio del presidente di Eridania Zuccheri cresciuto nella villa cinquecentesca sull’esclusiva collina di Albaro. Don Gallo non è mai stato sfiorato dal pensiero che le sue rotture verbali avrebbero dovuto comportare l’immediato abbandono dell’abito da prete, seppure “di strada”. Quell’abito che trasformava in spettacolo affermazioni del tipo “dio è antifascista” o “Gesù vota Rifondazione Comunista”, che altrimenti sarebbero restate parole come altre, innocue e ben poco notiziabili.
In effetti don Gallo strumentalizzava il politainment (nel tempo in cui quello che conta è apparire) e ne era strumentalizzato (da tutti quelli che lo consideravano un’utile pezza
d’appoggio per le loro polemiche anticlericali). Fermo restando che la massima strumentalizzazione nei suoi confronti (alla faccia degli anticlericali “entristi”, alla ricerca di un’ipotetica “altra” Chiesa) fu sempre messa in atto proprio da parte di quella gerarchia con cui manteneva un rapporto ambivalente: di critica e – al tempo stesso – di sottomissione.
Quella gerarchia che, nella sua storia, è sempre stata abile nel coltivare figure di confine che ne accreditassero l’ipotetico pluralismo, senza dover concedere nulla di effettivo a questa istanza incompatibile con la Chiesa reale, che è ciò che è: un’agenzia di consolazione del dolore su cui pone le proprie fondamenta bimillenarie l’istituzione di potere. Che per svolgere al meglio l’opera di colonizzazione delle menti ha bisogno dei don Andrea come ne ebbe dei san Francesco: il “poverello d’Assisi” a lungo sospettato di eresia e poi utilizzato nella lotta di sterminio rivolta contro i veri eretici. Un’altra figura non divisiva in quanto innocua per gli equilibri dati, sicché tutti possono farla propria (e
magari piangerla lacrime bipartisan, laico/clericali).
Per questo Bagnasco, nella sua tracotante impoliticità, alle esequie del “prete degli ultimi” si è fatto scappare il riferimento scandaloso alla buonanima (?) del cardinale arcivescovo Giuseppe Siri, espressione per buona parte del Novecento del pensiero reazionario clericale (e anche delle sue pulsioni affaristico-immobiliari).
Mossa infelice quanto sincera: la vera chiesa è quella lì, il resto sono solo operazioni d’immagine.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05 ... co/606858/
di Pierfranco Pellizzetti | 27 maggio 2013Commenti (124)
Con don Gallo – dopo Fabrizio De André – scompare la seconda icona a largo spettro mediatico della genovesità-contro, che si è fatta corazza della propria ostentata fragilità. Un “contro” largamente metabolizzabile da parte di una vasta audience alla ricerca di miti rassicuranti, in quanto purificato dalle asprezze dei riferimenti specifici; dunque, con notevole presa ecumenica proprio perché genericamente condivisibile.
De André non era Luigi Tenco, come si direbbe oggi irrimediabilmente “divisivo”, e neppure il suo inarrivabile modello degli inizi: Georges Brassens, lui sì davvero anarchico, non il figlio del presidente di Eridania Zuccheri cresciuto nella villa cinquecentesca sull’esclusiva collina di Albaro. Don Gallo non è mai stato sfiorato dal pensiero che le sue rotture verbali avrebbero dovuto comportare l’immediato abbandono dell’abito da prete, seppure “di strada”. Quell’abito che trasformava in spettacolo affermazioni del tipo “dio è antifascista” o “Gesù vota Rifondazione Comunista”, che altrimenti sarebbero restate parole come altre, innocue e ben poco notiziabili.
In effetti don Gallo strumentalizzava il politainment (nel tempo in cui quello che conta è apparire) e ne era strumentalizzato (da tutti quelli che lo consideravano un’utile pezza
d’appoggio per le loro polemiche anticlericali). Fermo restando che la massima strumentalizzazione nei suoi confronti (alla faccia degli anticlericali “entristi”, alla ricerca di un’ipotetica “altra” Chiesa) fu sempre messa in atto proprio da parte di quella gerarchia con cui manteneva un rapporto ambivalente: di critica e – al tempo stesso – di sottomissione.
Quella gerarchia che, nella sua storia, è sempre stata abile nel coltivare figure di confine che ne accreditassero l’ipotetico pluralismo, senza dover concedere nulla di effettivo a questa istanza incompatibile con la Chiesa reale, che è ciò che è: un’agenzia di consolazione del dolore su cui pone le proprie fondamenta bimillenarie l’istituzione di potere. Che per svolgere al meglio l’opera di colonizzazione delle menti ha bisogno dei don Andrea come ne ebbe dei san Francesco: il “poverello d’Assisi” a lungo sospettato di eresia e poi utilizzato nella lotta di sterminio rivolta contro i veri eretici. Un’altra figura non divisiva in quanto innocua per gli equilibri dati, sicché tutti possono farla propria (e
magari piangerla lacrime bipartisan, laico/clericali).
Per questo Bagnasco, nella sua tracotante impoliticità, alle esequie del “prete degli ultimi” si è fatto scappare il riferimento scandaloso alla buonanima (?) del cardinale arcivescovo Giuseppe Siri, espressione per buona parte del Novecento del pensiero reazionario clericale (e anche delle sue pulsioni affaristico-immobiliari).
Mossa infelice quanto sincera: la vera chiesa è quella lì, il resto sono solo operazioni d’immagine.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05 ... co/606858/
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Re: Don Andrea Gallo, 1928-2013
Don Gallo e la rovina del Pd
di Lorenzo Fazio
| 27 maggio 2013Commenti (66)
Adesso ho capito, quelle 6000 persone che erano a Genova e le molte altre che da lontano hanno salutato per l’ultima volta Don Gallo non c’entrano nulla col Pd.
Ecco il dramma della sinistra in Italia.
Un patrimonio umano, ideale, politico immenso e ricchissimo che una volta trovava espressione nel Pci di Enrico Berlinguer, ora è rimasto solo, senza che nessun partito riesca veramente a rappresentarlo.
Il presidente della Regione Burlando era presente ma non ha parlato, nessuno del partito ha detto qualcosa, quella società, quelle persone che hanno un’anima, un sentimento, dei valori in cui credono e che si chiamano giustizia sociale, verità, onestà, libertà sembrano lontani dalla cultura politica del Pd, anzi la cosidetta società civile fa paura, è pericolosa, a D’Alema addirittura “fa orrore”.
D’altra parte potreste immaginare un D’Alema al funerale di don Gallo? Spesso don Gallo si è trovato il Pd dall’altra parte delle barricate: contro il Tav in Val di Susa, contro l’insediamento militare americano a Vicenza, contro il finanziamento delle cosidette guerre umanitarie, contro l’acquisto dei caccia bombardieri, contro il G8 di Genova (l’allora capo della polizia De Gennaro è sempre stato difeso dal Pd), a favore del referendum per mantenere l’acqua pubblica (il Pd ha cambiato posizione all’ultimo), a favore dei lavoratori della Fiom contro Marchionne, e l’elenco potrebbe continuare.
Non entro nel merito delle singole questioni, non stiamo parlando di errori, ma di scelte.
Il Pd ha scelto di stare dalla parte del denaro, di chi ha i soldi, di chi ha il potere, è vestito bene, parla bene, sta bene, mangia bene, veste bene, non grida, non dà fastidio.
Scusate la brutalità ma è così.
Alla tavola dei poveri il Pd non si siede da decenni.
Dispiace vedere camminare il sindaco di Torino Fassino per il Salone del libro circondato dalla scorta, mentre fa piacere vedere il sindaco di Genova, Marco Doria, alla veglia per Gallo, cittadino tra altri cittadini.
La trans Valentina ha detto molto giustamente, con un sorprendente rovesciamento di prospettiva, che adesso chi va aiutato è chi sta in alto perché chi è in alto è solo, senza sentimenti e l’unica forza che ha è quella del potere (si riferiva anche al cardinale Bagnasco che avrebbe dovuto l’indomani darle la comunione).
Pensate. Se gli scorsi decenni il Pd avesse fatto una politica di sinistra vera, cioè si fosse battuto allora per l’ineggibilità di Berlusconi (ora è fuori tempo massimo), contro il libero mercato, contro la crescita senza qualità, contro la corruzione e i costi della politica, contro la rovina dell’ambiente, e per un’economia a misura d’uomo, ora avrebbe praterie davanti a disposizione.
Ora che anche i capitalisti più testardi hanno capito che il modello che hanno difeso per decenni fa acqua da tutte le parti.
Ci sarebbe in Italia un’alternativa forte, credibile, temprata da anni di battaglie e democratica, estremista non nei comportamenti ma nelle idee, quindi spendibile anche all’estero.
Invece no.
E la colpa non è solo del Pd ma anche di tanti intellettuali, giornalisti, accademici, professionisti che dopo anni di battaglie e di delusioni (il terrorismo ha azzerato la spinta ideale degli anni settanta) hanno preferito chiudersi e mettere in soffitta sentimenti e principi.
Tutto in nome del mercato e del potere.
Come è stata possibile questa distrazione generalizzata?
La Boccassini non sta processando Ruby e Berlusconi ma lo sputtanamento di una intera classe dirigente che si è venduto al migliore offerente.
Il Pd in quanto partito di sinistra non c’è e non c’entra nulla coi principi ispiratori del vecchio Pci che invece permangono in una parte della società, la stessa che era a Genova ai funerali di don Gallo e che in lui si riconosce.
Una riserva ideale buttata via e che imbarazza il Pd perché rappresenta proprio quello che una volta era il partito di Berlinguer: la coscienza civile del paese (di questo ribaltamento di valori se ne ha conferma nel libro di Fassino, Per passione, scritto quando il sindaco, allora segretario dei Ds, fece l’elogio di Craxi prendendo le distanze da Berlinguer) e, inaspettamente, anche una riserva di voti che oggi sarebbero decisivi per dare un’impronta diversa al paese.
Se questa non c’è stata non possiamo imputarlo a Berlusconi ma proprio al Pd.
La responsabilità storica dei Veltroni , D’Alema, Fassino, Violante, Bersani è enorme.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05 ... pd/607939/
di Lorenzo Fazio
| 27 maggio 2013Commenti (66)
Adesso ho capito, quelle 6000 persone che erano a Genova e le molte altre che da lontano hanno salutato per l’ultima volta Don Gallo non c’entrano nulla col Pd.
Ecco il dramma della sinistra in Italia.
Un patrimonio umano, ideale, politico immenso e ricchissimo che una volta trovava espressione nel Pci di Enrico Berlinguer, ora è rimasto solo, senza che nessun partito riesca veramente a rappresentarlo.
Il presidente della Regione Burlando era presente ma non ha parlato, nessuno del partito ha detto qualcosa, quella società, quelle persone che hanno un’anima, un sentimento, dei valori in cui credono e che si chiamano giustizia sociale, verità, onestà, libertà sembrano lontani dalla cultura politica del Pd, anzi la cosidetta società civile fa paura, è pericolosa, a D’Alema addirittura “fa orrore”.
D’altra parte potreste immaginare un D’Alema al funerale di don Gallo? Spesso don Gallo si è trovato il Pd dall’altra parte delle barricate: contro il Tav in Val di Susa, contro l’insediamento militare americano a Vicenza, contro il finanziamento delle cosidette guerre umanitarie, contro l’acquisto dei caccia bombardieri, contro il G8 di Genova (l’allora capo della polizia De Gennaro è sempre stato difeso dal Pd), a favore del referendum per mantenere l’acqua pubblica (il Pd ha cambiato posizione all’ultimo), a favore dei lavoratori della Fiom contro Marchionne, e l’elenco potrebbe continuare.
Non entro nel merito delle singole questioni, non stiamo parlando di errori, ma di scelte.
Il Pd ha scelto di stare dalla parte del denaro, di chi ha i soldi, di chi ha il potere, è vestito bene, parla bene, sta bene, mangia bene, veste bene, non grida, non dà fastidio.
Scusate la brutalità ma è così.
Alla tavola dei poveri il Pd non si siede da decenni.
Dispiace vedere camminare il sindaco di Torino Fassino per il Salone del libro circondato dalla scorta, mentre fa piacere vedere il sindaco di Genova, Marco Doria, alla veglia per Gallo, cittadino tra altri cittadini.
La trans Valentina ha detto molto giustamente, con un sorprendente rovesciamento di prospettiva, che adesso chi va aiutato è chi sta in alto perché chi è in alto è solo, senza sentimenti e l’unica forza che ha è quella del potere (si riferiva anche al cardinale Bagnasco che avrebbe dovuto l’indomani darle la comunione).
Pensate. Se gli scorsi decenni il Pd avesse fatto una politica di sinistra vera, cioè si fosse battuto allora per l’ineggibilità di Berlusconi (ora è fuori tempo massimo), contro il libero mercato, contro la crescita senza qualità, contro la corruzione e i costi della politica, contro la rovina dell’ambiente, e per un’economia a misura d’uomo, ora avrebbe praterie davanti a disposizione.
Ora che anche i capitalisti più testardi hanno capito che il modello che hanno difeso per decenni fa acqua da tutte le parti.
Ci sarebbe in Italia un’alternativa forte, credibile, temprata da anni di battaglie e democratica, estremista non nei comportamenti ma nelle idee, quindi spendibile anche all’estero.
Invece no.
E la colpa non è solo del Pd ma anche di tanti intellettuali, giornalisti, accademici, professionisti che dopo anni di battaglie e di delusioni (il terrorismo ha azzerato la spinta ideale degli anni settanta) hanno preferito chiudersi e mettere in soffitta sentimenti e principi.
Tutto in nome del mercato e del potere.
Come è stata possibile questa distrazione generalizzata?
La Boccassini non sta processando Ruby e Berlusconi ma lo sputtanamento di una intera classe dirigente che si è venduto al migliore offerente.
Il Pd in quanto partito di sinistra non c’è e non c’entra nulla coi principi ispiratori del vecchio Pci che invece permangono in una parte della società, la stessa che era a Genova ai funerali di don Gallo e che in lui si riconosce.
Una riserva ideale buttata via e che imbarazza il Pd perché rappresenta proprio quello che una volta era il partito di Berlinguer: la coscienza civile del paese (di questo ribaltamento di valori se ne ha conferma nel libro di Fassino, Per passione, scritto quando il sindaco, allora segretario dei Ds, fece l’elogio di Craxi prendendo le distanze da Berlinguer) e, inaspettamente, anche una riserva di voti che oggi sarebbero decisivi per dare un’impronta diversa al paese.
Se questa non c’è stata non possiamo imputarlo a Berlusconi ma proprio al Pd.
La responsabilità storica dei Veltroni , D’Alema, Fassino, Violante, Bersani è enorme.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05 ... pd/607939/
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Re: Don Andrea Gallo, 1928-2013
Anche oggi il papa non ha detto niente
Non smetterò di rompere le palle su questo per un bel po'
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"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Don Andrea Gallo, 1928-2013
maggio 2013.
un mese terribile.
se ne sono andate due persone stupende, irripetibili, straordinarie, orgogliosamente di parte.
la parte degli ultimi.
se ne vanno due pilastri della mia formazione culturale.
ma il prodotto della loro operosa vita resterà per sempre.
il mio mondo non sarà piu' lo stesso senza di voi.
ciao gallo, ciao franca.
grazie di tutto quello che mi avete insegnato.
sarete sempre nel mio cuore e nei miei pensieri.
ciao, compagni.
un mese terribile.
se ne sono andate due persone stupende, irripetibili, straordinarie, orgogliosamente di parte.
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Re: Don Andrea Gallo, 1928-2013
Credo che non lo conosca neanche.peanuts ha scritto:Anche oggi il papa non ha detto niente
Non smetterò di rompere le palle su questo per un bel po'
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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