Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
E' molto grande la distanza tra il mio progetto di un centrosinistra di governo capace di convincere gli italiani che vincere si può e l’attuale disastro.
Romano Prodi
Come inizia una guerra civile – 253
La cruna dell’ago – 218
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 218
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 198
Cronaca di un affondamento annunciato - 198
In mezzo alla tempesta - 136
Seduti sopra una polveriera pronta ad esplodere - 3
Berlusconi ha corteggiato in tutti i modi Matteo Renzi. Il Cavaliere ha rischiato di essere tradito dai suoi, compreso Renato Schifani. Alfano voleva mollare il leader Pdl. Le stragi che hanno ucciso Falcone e Borsellino sono state ideate tra Mosca e Roma. Poi i rapporti tra Grillo e i servizi segreti americani. Sono alcune delle verità di Luigi Bisignani nel libro-intervista realizzato con il giornalista Paolo Madron, “L’uomo che sussurra ai potenti” (edito da Chiarelettere, in vendita dal 30 maggio). Come dice il sottotitolo del libro il faccendiere, quello che Berlusconi definì “l’uomo più potente d’Italia”, racconta di “trent’anni di potere in Italia tra miserie, splendori e trame mai confessate”. Bisignani è stato condannato in via definitiva a 2 anni e mezzo per l’inchiesta Enimont e ha patteggiato una pena di un anno e 7 mesi per il processo P4.
I presunti traditori di Berlusconi e la corte a Renzi
Innanzitutto i presunti tradimenti (o tentativi di tradimento) all’interno del centrodestra. “Più che di tradimento vero e proprio – precisa Bisignani – parlerei di piccoli uomini creati da Berlusconi dal nulla e improvvisamente convinti di essere diventati superuomini”. Il faccendiere e ex giornalista parla di “molti Giuda”. “Il primo che mi viene in mente – continua – è Renato Schifani, avvocato di provincia di Palermo, ex presidente del Senato. Con Angelino Alfano, altro siciliano, lavoravano alla costruzione di una nuova alleanza senza Berlusconi”. Nella ricostruzione sui presunti complotti contro Berlusconi all’interno del Pdl, Bisignani assicura che tra chi tramava c’erano “in primis alcuni di An: Gasparri, La Russa, Mantovano e Augello. Certamente non Altero Matteoli che è rimasto sempre leale”. “E tra le donne – aggiunge – la favorita di Angelino, Beatrice Lorenzin, premiata con il ministero della salute”.
Quanto ad Alfano, in particolare, una volta insediato il governo Monti, si mosse per cercare alleanze per abbandonare Berlusconi. “Finché il governo Berlusconi stava in piedi, seppur con una maggioranza risicata, Alfano non si mosse. Cominciò a farlo non appena insediato l’esecutivo Monti, nel momento in cui per Berlusconi iniziava la fase più aspra di un calvario politico giudiziario che sembra non finire mai”. Secondo Bisignani, Alfano cercò la sponda di Casini “il quale in realtà lo ha sempre illuso. E non interrompendo mai un filo sotterraneo con Enrico Letta, all’epoca vicesegretario del Pd”. Il faccendiere ha poi aggiunto che “la sua corte cercò di costruirsela incontrando parlamentari nella casa ai Parioli che Salvatore Ligresti gli aveva fatto avere in affitto. E in più stringendo un asse con Roberto Maroni, che da ex potente ministro dell’Interno, dopo aver fatto fuori Umberto Bossi, preconizzava la morte civile del Cavaliere e l’investitura di Alfano come nuovo leader”.
A Bisignani arriva la risposta secca di Schifani: “Io mi occupo di politica e non di malaffare – dichiara a Porta a Porta – e non ho mai avuto il piacere di incontrare questo faccendiere, e la non veridicità delle sue parole è dimostrata dal fatto che io sono capogruppo del Pdl al Senato e Alfano è vicepremier”.
Ma Berlusconi, secondo Bisignani, guardava altrove. Aveva già un’altra carta da giocare: Matteo Renzi. “Berlusconi lo ha corteggiato in tutti i modi” spiega nell’intervista. “Nei sondaggi riservati – prosegue – Renzi volava, tanto che Berlusconi non si sarebbe mai ributtato nella mischia. Solo Bersani fece finta di non accorgersene, mobilitando tutto l’apparato del partito per batterlo alle primarie. E scavandosi così la fossa”.
“Alfano? Pensava a costruirsi il monumento”
Il tentativo di “eliminare” politicamente Berlusconi partì proprio quando il Cavaliere fece diventare Alfano segretario politico del partito. Ma “una volta incoronato, nell’estate del 2011, contro il parere di tanti – spiega Bisignani nel libro – Alfano ha pensato soprattutto a costruire un monumento a se stesso”. Secondo quanto racconta il faccendiere l’ex ministro della Giusizia “se ne stava chiuso nel suo ufficio bunker in via dell’Umiltà, dove per chiunque era impossibile entrare. Passava più tempo con i giornalisti, su Facebook e Twitter che con i parlamentari e con la base del partito e gli esponenti del mondo imprenditoriale, bancario e culturale che pure avevano desiderio di conoscerlo. Inoltre Alfano ha una vera mania per i giochini sul cellulare, cui non rinuncia nemmeno durante le riunioni. E poi ha la debolezza di consultare sempre l’oroscopo e di regolare le giornate in base a quel che c’è scritto…”. E sui parlamentari del Pdl che definisce “Giuda” perché complottavano contro Berlusconi afferma: “Si montavano a vicenda, senza capire che, quando è ferito, Berlusconi dà il meglio di sé”.
“Monsignor Fisichella lavorava a un dopo Berlusconi”
In molti, insomma, secondo Bisignani, lavoravano a un dopo Berlusconi. Tra questi monsignor Rino Fisichella, a lungo rettore della Pontificia Università Lateranense e attualmente presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. “Con Alfano e il fidatissimo Maurizio Lupi lavorava sodo al dopo Berlusconi anche l’arcivescovo Rino Fisichella” sostiene Bisignani. “Alcuni incontri riservati con Casini e Lorenzo Cesa – ricorda – si svolsero proprio Oltretevere, in un ufficio nella disponibilità di Fisichella, il quale era molto amareggiato per non essere stato fatto cardinale da Joseph Ratzinger”.
“Falcone, Andreotti pensava che c’entrasse il Kgb”
Poi un po’ di sguardi verso il passato. Prima tappa, le stragi del 1992. Giulio Andreotti, ha sempre avuto un convincimento e cioè che i motivi delle stragi di mafia in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino “non si dovessero cercare a Palermo, ma fra Mosca e Roma”. Il sette volte presidente del Consiglio, secondo Bisignani, era convinto che Falcone sarebbe stato eliminato “perché collaborava a una spinosa indagine della magistratura russa sui finanziamenti del Kgb al Partito comunista”. Bisignani ricorda anche che Falcone avrebbe dovuto incontrare, due giorni dopo la strage, il procuratore penale di Mosca Valentin Stepankov: “Andreotti era certo che da lì bisognasse partire per capire meglio la strage, e su questo concordava anche Francesco Cossiga. Il quale era al corrente dell’iniziativa di Falcone”. Secondo il faccendiere “la sinistra ha sempre taciuto ma ora “credo che dovrà fare i conti con Piero Grasso, per anni capo della procura antimafia, ora presidente del Senato”. Dovrà fare i conti con lui “per la sua onestà intellettuale e perché, tra i primi atti, ha chiesto l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulle stragi”.
“Tangentopoli? Tutti, da Agnelli a De Benedetti, tentarono di bloccare i pm”
Poi la vicenda Tangentopoli: “I protagonisti sotto assedio” del capitalismo italiano, “tutti indistintamente, da Agnelli a De Benedetti, cercarono disperatamente di bloccare il pool dei giudici di Milano”. La “fortezza” in cui si arroccò il capitalismo per respingere l’offensiva giudiziaria contro il sistema delle tangenti fu Mediobanca. “Fu lì – racconta Bisignani – che si tenne una riunione riservata presieduta da Enrico Cuccia, il custode di tutti i segreti. Vi presero parte, oltre all’avvocato Agnelli e a Cesare Romiti, Leopoldo Pirelli accompagnato da Marco Tronchetti Provera, Carlo De Benedetti, Giampiero Pesenti, Carlo Sama per il Gruppo Ferruzzi e ovviamente l’amministratore delegato dell’istituto, Vincenzo Maranghi”.
Proprio Maranghi, dopo una perquisizione della polizia giudiziaria a Piazzetta Cuccia, organizzo nella notte “un pulmino che portò via tutte quelle carte dal contenuto inquietante” che non erano state scoperte. Agli investigatori era infatti sfuggita una parete mobile “celata dietro una libreria in una delle sale del piano nobile dell’istituto – dove si custodivano altri segreti”. Secondo Bisignani, “tutta la storia di Mediobanca è fitta di episodi simili” a quello sul “pulmino” di Maranghi, come il caso dei fondi neri scoperti nella Spafid, la fiduciaria di Mediobanca che “custodiva la contabilità ufficiale e parallela dei grandi gruppi”, fino alle “carte segrete su Gemina” rinvenute in “una botola” dalla Guardia di Finanza.
Tornando alla riunione “anti-pool” in Mediobanca “fu unanimemente decisa la totale chiusura a ogni possibile collaborazione con la Procura di Milano” nonché la “perentoria denuncia dei metodi che stavano destabilizzando il paese e la sua economia”. Cuccia incaricò Romiti di “coordinare ogni iniziativa” e ordinò “a quegli imprenditori che avevano interessi nell’editoria” di supportare la linea “senza tentennamenti”. Il fronte però si sfaldò presto un po’ perché i tg di Berlusconi, che “all’epoca non faceva parte del giro di Mediobanca”, cavalcarono l’onda di Mani Pulite ma soprattutto perché le delle ammissioni di un dirigente Fiat “fecero cambiare radicalmente la strategia decisa” facendo scattare il “tana libera tutti”.
Quando Cossiga mandò i carabinieri al Csm
Un altro retroscena riguarda Cossiga, il “presidente picconatore”. Nel novembre del 1991 l’allora presidente della Repubblica fece intervenire i carabinieri davanti al Csm, rivela Bisignani. “Non fidandosi in quel momento – racconta Bisignani – nonostante fossero suoi amici, dei ministri della Difesa Virginio Rognoni e dell’Interno Vincenzo Scotti, chiamò personalmente al telefono il comandante della legione dei carabinieri di Roma, il colonnello Antonio Ragusa, perché si preparasse a fare irruzione al Csm in piazza Indipendenza”. “In quella riunione – spiega Bisignani – il Csm doveva occuparsi dei rapporti tra i capi degli uffici giudiziari e i loro sostituti. Una materia che, secondo Cossiga, non era di sua pertinenza”. Secondo il racconto di Bisignani, Ragusa mise in stato d’allerta la vicina caserma: “I carabinieri rimasero al loro posto. Ma Ragusa che era in contatto telefonico diretto con Cossiga, entrò da solo negli uffici di piazza Indipendenza e convinse il vicepresidente Giovanni Galloni a togliere dall’ordine del giorno l’argomento incriminato”.
I rapporti tra i servizi segreti Usa e Beppe Grillo
I rapporti dei servizi segreti degli Stati Uniti con Beppe Grillo sono il tema di un capitolo del libro intervista a Bisignani. Oltre a raccontare una vicenda già conosciuta come il pranzo tra Beppe Grillo e alcuni agenti e diplomatici americani e il dispaccio dell’ex ambasciatore Ronald Spogli, aggiunge: “Avendo avuto anch’io il dispaccio in mano, c’è qualcosa che andrebbe approfondito” in quanto sono stati occultati “chirurgicamente quasi tutti i destinatari sensibili” tra cui oltre alla Casa Bianca, al Dipartimento di Stato e alla Cia “c’è da scommetterci ci fosse il Dipartimento dell’energia e la National Secuity Agency, che si occupa soprattutto di terrorismo informatico”. “Agli americani – spiega Bisignani – è noto il rapporto strettissimo che Grillo ha con due loro vecchie conoscenze. Franco Maranzana, un geologo controcorrente di 78 anni, considerato il suo più grande suggeritore su tematiche energetiche e ambientali non politically correct, in contrasto così con la linea ecologica che viene attribuita al movimento. E soprattutto Umberto Rapetto, un ex colonnello della Guardia di finanza”.
Secondo Bisignani l’incontro con Grillo dovrebbe essere avvenuto nel marzo del 2008 in quanto il rapporto dell’ambasciatore Spogli dal titolo “Nessuna speranza. Un’ossessione per la corruzione” reca la data del 7 marzo 2008. Con ogni probabilità, secondo Bisignani, quel documento è finito nelle mani del presidente Obama. Quindi fornisce le conclusioni del rapporto sulle idee di Grillo: “La sua miscela fatta di spumeggiante umorismo, supportata da dati statistici e ricerche, fa di lui un credibile interlocutore per capire dal di fuori il sistema politico italiano”. Inoltre, racconta che dopo le elezioni del febbraio scorso una delegazione di grillini “capeggiata dai due capigruppo in parlamento, Vito Crimi e Roberta Lombardi, è andata a omaggiare l’ambasciatore David Thorne. Lo stesso che, parlando agli studenti, ha pubblicamente lodato il nuovo movimento come motore necessario per le riforme di cui ha bisogno l’Italia”.
“Il Pdl voleva far cadere Monti subito, fu Letta a arrabbiarsi e a scongiurare la crisi”
La crisi del governo Monti poteva arrivare molto prima e non a fine dicembre. “Dopo pochi mesi di governo – riferisce Bisignani – mezzo Pdl voleva far cadere Monti. Ma fu proprio Letta, con voce alterata, a convincere tutti che lo spread sarebbe schizzato alle stelle e che la colpa sarebbe ricaduta tutta sul Cavaliere che a quel governo aveva appena dato appoggio”. Sul ruolo di Gianni Letta, Bisignani ricorda anche che quando Berlusconi e Fini fecero saltare l’accordo sulla Bicamerale, “fece sapere a D’Alema che il Cavaliere aveva commesso un errore”. “Allo stesso modo – ricorda – nel febbraio del 1996 dissentì dal no di Berlusconi a un governo guidato da Antonio Maccanico, grand commis di Stato che avrebbe aperto le porte a una collaborazione tra Forza Italia e la sinistra. La bocciatura di Maccanico segnò la successiva vittoria elettorale dell’Ulivo di Romano Prodi”.
“Scalfari ad ogni scoop mi regalava champagne”
Spazio anche ai ricordi personali nei rapporti con i personaggi più influenti della stampa italiana. Nel libro sono descritti i rapporti con i direttori dei giornali più importanti. Di Eugenio Scalfari ricorda di avergli offerto diverse notizie quando era capo ufficio stampa del ministero del Tesoro Gaetano Stammati. “Ogni volta che lo aiutavo a fare uno scoop – ricorda – mi mandava una bottiglia di champagne. Credo che fosse altrettanto con un’altra sua fonte, Luigi Zanda, portavoce di Francesco Cossiga, al Viminale e poi alla presidenza del consiglio, con il quale credo abbia conservato una forte amicizia”. Sul direttore del Corriere Ferruccio De Bortoli invece dice: “Sempre compassato, dotato di una camaleontica capacità di infilarsi tra le pieghe del tuo discorso e di una grande dialettica, non sufficiente però a nascondere il fatto di non aver quasi mai un’opinione troppo discorde da quella dell’interlocutore: democristiano con i democristiani, giustizialista con i giustizialisti, statalista o liberista a seconda di chi ha davanti”. Bisignani racconta inoltre di aver favorito i suoi rapporti con Geronzi ma non con D’Alema “visto che i due si detestavano cordialmente”. “E durante il governo Berlusconi – ricorda – i motivi di contatto sono stati molteplici”.
Papa Francesco e la riforma dello Ior
In un passaggio del libro Bisignani parla anche delle mosse future di papa Francesco per trasformare lo Ior: “Secondo alcune autorevoli indiscrezioni lo riformerà trasformandolo in una vera banca della solidarietà al servizio dell’evangelizzazione. Uno strumento di aiuto per le chiese povere e per le missioni sparse nel mondo. I centri missionari saranno uno dei punti fondamentali di papa Francesco, secondo la miglior tradizione dei gesuiti”. Secondo Bisignani, la riforma dello Ior avverrà attraverso la riclassificazione di tutti i conti e saranno “autorizzati solo quelli che fanno capo ufficialmente a congregazioni e ordini religiosi. Nessuno potrà più gestire fondi, depositi e titoli se non nell’esclusivo interesse di enti religiosi”. Bisignani ha quindi spiegato che “la Curia conosce bene le sue intenzioni”. “Non fu un caso – ha aggiunto – se nel conclave precedente, per scampare il pericolo della sua salita al soglio pontificio come voleva il suo grande elettore di allora, Carlo Maria Martini, gesuita come lui, gli fu preferito Ratzinger. Meglio conosciuto nei palazzi apostolici e quindi considerato più malleabile”.
Cairo editore di La7? “Facilita future alleanze”
Telecom ha venduto La7 a Urbano Cairo, preferendolo al fondo Clessidra, perché “si dice nell’ambiente che si è scelto il contendente finanziariamente più debole così da facilitare una possibile futura alleanza con Diego Della Valle o con De Benedetti, a seconda di come butterà la politica”. In particolare sull’interesse di De Benedetti per La7, Bisignani sostiene che l’Ingegnere sarebbe stato disponibile all’acquisto “però solo con un’adeguata dote, quella che poi il consiglio Telecom ha concesso proprio a Cairo e non a lui, secondo me facendolo irritare. Vedrà che alla fine rientrerà nella partita”. Infine “ad accelerare la vendita de La7 – racconta – ha contribuito anche lo studio legale Erede con una lettera che nelle ore che precedettero il consiglio d’amministrazione decisivo”. Del legale Bisignani ricorda che “ha assistito Cairo nell’operazione e ha ottimi rapporti con De Benedetti”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05 ... ni/608745/
Romano Prodi
Come inizia una guerra civile – 253
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La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 218
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 198
Cronaca di un affondamento annunciato - 198
In mezzo alla tempesta - 136
Seduti sopra una polveriera pronta ad esplodere - 3
Berlusconi ha corteggiato in tutti i modi Matteo Renzi. Il Cavaliere ha rischiato di essere tradito dai suoi, compreso Renato Schifani. Alfano voleva mollare il leader Pdl. Le stragi che hanno ucciso Falcone e Borsellino sono state ideate tra Mosca e Roma. Poi i rapporti tra Grillo e i servizi segreti americani. Sono alcune delle verità di Luigi Bisignani nel libro-intervista realizzato con il giornalista Paolo Madron, “L’uomo che sussurra ai potenti” (edito da Chiarelettere, in vendita dal 30 maggio). Come dice il sottotitolo del libro il faccendiere, quello che Berlusconi definì “l’uomo più potente d’Italia”, racconta di “trent’anni di potere in Italia tra miserie, splendori e trame mai confessate”. Bisignani è stato condannato in via definitiva a 2 anni e mezzo per l’inchiesta Enimont e ha patteggiato una pena di un anno e 7 mesi per il processo P4.
I presunti traditori di Berlusconi e la corte a Renzi
Innanzitutto i presunti tradimenti (o tentativi di tradimento) all’interno del centrodestra. “Più che di tradimento vero e proprio – precisa Bisignani – parlerei di piccoli uomini creati da Berlusconi dal nulla e improvvisamente convinti di essere diventati superuomini”. Il faccendiere e ex giornalista parla di “molti Giuda”. “Il primo che mi viene in mente – continua – è Renato Schifani, avvocato di provincia di Palermo, ex presidente del Senato. Con Angelino Alfano, altro siciliano, lavoravano alla costruzione di una nuova alleanza senza Berlusconi”. Nella ricostruzione sui presunti complotti contro Berlusconi all’interno del Pdl, Bisignani assicura che tra chi tramava c’erano “in primis alcuni di An: Gasparri, La Russa, Mantovano e Augello. Certamente non Altero Matteoli che è rimasto sempre leale”. “E tra le donne – aggiunge – la favorita di Angelino, Beatrice Lorenzin, premiata con il ministero della salute”.
Quanto ad Alfano, in particolare, una volta insediato il governo Monti, si mosse per cercare alleanze per abbandonare Berlusconi. “Finché il governo Berlusconi stava in piedi, seppur con una maggioranza risicata, Alfano non si mosse. Cominciò a farlo non appena insediato l’esecutivo Monti, nel momento in cui per Berlusconi iniziava la fase più aspra di un calvario politico giudiziario che sembra non finire mai”. Secondo Bisignani, Alfano cercò la sponda di Casini “il quale in realtà lo ha sempre illuso. E non interrompendo mai un filo sotterraneo con Enrico Letta, all’epoca vicesegretario del Pd”. Il faccendiere ha poi aggiunto che “la sua corte cercò di costruirsela incontrando parlamentari nella casa ai Parioli che Salvatore Ligresti gli aveva fatto avere in affitto. E in più stringendo un asse con Roberto Maroni, che da ex potente ministro dell’Interno, dopo aver fatto fuori Umberto Bossi, preconizzava la morte civile del Cavaliere e l’investitura di Alfano come nuovo leader”.
A Bisignani arriva la risposta secca di Schifani: “Io mi occupo di politica e non di malaffare – dichiara a Porta a Porta – e non ho mai avuto il piacere di incontrare questo faccendiere, e la non veridicità delle sue parole è dimostrata dal fatto che io sono capogruppo del Pdl al Senato e Alfano è vicepremier”.
Ma Berlusconi, secondo Bisignani, guardava altrove. Aveva già un’altra carta da giocare: Matteo Renzi. “Berlusconi lo ha corteggiato in tutti i modi” spiega nell’intervista. “Nei sondaggi riservati – prosegue – Renzi volava, tanto che Berlusconi non si sarebbe mai ributtato nella mischia. Solo Bersani fece finta di non accorgersene, mobilitando tutto l’apparato del partito per batterlo alle primarie. E scavandosi così la fossa”.
“Alfano? Pensava a costruirsi il monumento”
Il tentativo di “eliminare” politicamente Berlusconi partì proprio quando il Cavaliere fece diventare Alfano segretario politico del partito. Ma “una volta incoronato, nell’estate del 2011, contro il parere di tanti – spiega Bisignani nel libro – Alfano ha pensato soprattutto a costruire un monumento a se stesso”. Secondo quanto racconta il faccendiere l’ex ministro della Giusizia “se ne stava chiuso nel suo ufficio bunker in via dell’Umiltà, dove per chiunque era impossibile entrare. Passava più tempo con i giornalisti, su Facebook e Twitter che con i parlamentari e con la base del partito e gli esponenti del mondo imprenditoriale, bancario e culturale che pure avevano desiderio di conoscerlo. Inoltre Alfano ha una vera mania per i giochini sul cellulare, cui non rinuncia nemmeno durante le riunioni. E poi ha la debolezza di consultare sempre l’oroscopo e di regolare le giornate in base a quel che c’è scritto…”. E sui parlamentari del Pdl che definisce “Giuda” perché complottavano contro Berlusconi afferma: “Si montavano a vicenda, senza capire che, quando è ferito, Berlusconi dà il meglio di sé”.
“Monsignor Fisichella lavorava a un dopo Berlusconi”
In molti, insomma, secondo Bisignani, lavoravano a un dopo Berlusconi. Tra questi monsignor Rino Fisichella, a lungo rettore della Pontificia Università Lateranense e attualmente presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione. “Con Alfano e il fidatissimo Maurizio Lupi lavorava sodo al dopo Berlusconi anche l’arcivescovo Rino Fisichella” sostiene Bisignani. “Alcuni incontri riservati con Casini e Lorenzo Cesa – ricorda – si svolsero proprio Oltretevere, in un ufficio nella disponibilità di Fisichella, il quale era molto amareggiato per non essere stato fatto cardinale da Joseph Ratzinger”.
“Falcone, Andreotti pensava che c’entrasse il Kgb”
Poi un po’ di sguardi verso il passato. Prima tappa, le stragi del 1992. Giulio Andreotti, ha sempre avuto un convincimento e cioè che i motivi delle stragi di mafia in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino “non si dovessero cercare a Palermo, ma fra Mosca e Roma”. Il sette volte presidente del Consiglio, secondo Bisignani, era convinto che Falcone sarebbe stato eliminato “perché collaborava a una spinosa indagine della magistratura russa sui finanziamenti del Kgb al Partito comunista”. Bisignani ricorda anche che Falcone avrebbe dovuto incontrare, due giorni dopo la strage, il procuratore penale di Mosca Valentin Stepankov: “Andreotti era certo che da lì bisognasse partire per capire meglio la strage, e su questo concordava anche Francesco Cossiga. Il quale era al corrente dell’iniziativa di Falcone”. Secondo il faccendiere “la sinistra ha sempre taciuto ma ora “credo che dovrà fare i conti con Piero Grasso, per anni capo della procura antimafia, ora presidente del Senato”. Dovrà fare i conti con lui “per la sua onestà intellettuale e perché, tra i primi atti, ha chiesto l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulle stragi”.
“Tangentopoli? Tutti, da Agnelli a De Benedetti, tentarono di bloccare i pm”
Poi la vicenda Tangentopoli: “I protagonisti sotto assedio” del capitalismo italiano, “tutti indistintamente, da Agnelli a De Benedetti, cercarono disperatamente di bloccare il pool dei giudici di Milano”. La “fortezza” in cui si arroccò il capitalismo per respingere l’offensiva giudiziaria contro il sistema delle tangenti fu Mediobanca. “Fu lì – racconta Bisignani – che si tenne una riunione riservata presieduta da Enrico Cuccia, il custode di tutti i segreti. Vi presero parte, oltre all’avvocato Agnelli e a Cesare Romiti, Leopoldo Pirelli accompagnato da Marco Tronchetti Provera, Carlo De Benedetti, Giampiero Pesenti, Carlo Sama per il Gruppo Ferruzzi e ovviamente l’amministratore delegato dell’istituto, Vincenzo Maranghi”.
Proprio Maranghi, dopo una perquisizione della polizia giudiziaria a Piazzetta Cuccia, organizzo nella notte “un pulmino che portò via tutte quelle carte dal contenuto inquietante” che non erano state scoperte. Agli investigatori era infatti sfuggita una parete mobile “celata dietro una libreria in una delle sale del piano nobile dell’istituto – dove si custodivano altri segreti”. Secondo Bisignani, “tutta la storia di Mediobanca è fitta di episodi simili” a quello sul “pulmino” di Maranghi, come il caso dei fondi neri scoperti nella Spafid, la fiduciaria di Mediobanca che “custodiva la contabilità ufficiale e parallela dei grandi gruppi”, fino alle “carte segrete su Gemina” rinvenute in “una botola” dalla Guardia di Finanza.
Tornando alla riunione “anti-pool” in Mediobanca “fu unanimemente decisa la totale chiusura a ogni possibile collaborazione con la Procura di Milano” nonché la “perentoria denuncia dei metodi che stavano destabilizzando il paese e la sua economia”. Cuccia incaricò Romiti di “coordinare ogni iniziativa” e ordinò “a quegli imprenditori che avevano interessi nell’editoria” di supportare la linea “senza tentennamenti”. Il fronte però si sfaldò presto un po’ perché i tg di Berlusconi, che “all’epoca non faceva parte del giro di Mediobanca”, cavalcarono l’onda di Mani Pulite ma soprattutto perché le delle ammissioni di un dirigente Fiat “fecero cambiare radicalmente la strategia decisa” facendo scattare il “tana libera tutti”.
Quando Cossiga mandò i carabinieri al Csm
Un altro retroscena riguarda Cossiga, il “presidente picconatore”. Nel novembre del 1991 l’allora presidente della Repubblica fece intervenire i carabinieri davanti al Csm, rivela Bisignani. “Non fidandosi in quel momento – racconta Bisignani – nonostante fossero suoi amici, dei ministri della Difesa Virginio Rognoni e dell’Interno Vincenzo Scotti, chiamò personalmente al telefono il comandante della legione dei carabinieri di Roma, il colonnello Antonio Ragusa, perché si preparasse a fare irruzione al Csm in piazza Indipendenza”. “In quella riunione – spiega Bisignani – il Csm doveva occuparsi dei rapporti tra i capi degli uffici giudiziari e i loro sostituti. Una materia che, secondo Cossiga, non era di sua pertinenza”. Secondo il racconto di Bisignani, Ragusa mise in stato d’allerta la vicina caserma: “I carabinieri rimasero al loro posto. Ma Ragusa che era in contatto telefonico diretto con Cossiga, entrò da solo negli uffici di piazza Indipendenza e convinse il vicepresidente Giovanni Galloni a togliere dall’ordine del giorno l’argomento incriminato”.
I rapporti tra i servizi segreti Usa e Beppe Grillo
I rapporti dei servizi segreti degli Stati Uniti con Beppe Grillo sono il tema di un capitolo del libro intervista a Bisignani. Oltre a raccontare una vicenda già conosciuta come il pranzo tra Beppe Grillo e alcuni agenti e diplomatici americani e il dispaccio dell’ex ambasciatore Ronald Spogli, aggiunge: “Avendo avuto anch’io il dispaccio in mano, c’è qualcosa che andrebbe approfondito” in quanto sono stati occultati “chirurgicamente quasi tutti i destinatari sensibili” tra cui oltre alla Casa Bianca, al Dipartimento di Stato e alla Cia “c’è da scommetterci ci fosse il Dipartimento dell’energia e la National Secuity Agency, che si occupa soprattutto di terrorismo informatico”. “Agli americani – spiega Bisignani – è noto il rapporto strettissimo che Grillo ha con due loro vecchie conoscenze. Franco Maranzana, un geologo controcorrente di 78 anni, considerato il suo più grande suggeritore su tematiche energetiche e ambientali non politically correct, in contrasto così con la linea ecologica che viene attribuita al movimento. E soprattutto Umberto Rapetto, un ex colonnello della Guardia di finanza”.
Secondo Bisignani l’incontro con Grillo dovrebbe essere avvenuto nel marzo del 2008 in quanto il rapporto dell’ambasciatore Spogli dal titolo “Nessuna speranza. Un’ossessione per la corruzione” reca la data del 7 marzo 2008. Con ogni probabilità, secondo Bisignani, quel documento è finito nelle mani del presidente Obama. Quindi fornisce le conclusioni del rapporto sulle idee di Grillo: “La sua miscela fatta di spumeggiante umorismo, supportata da dati statistici e ricerche, fa di lui un credibile interlocutore per capire dal di fuori il sistema politico italiano”. Inoltre, racconta che dopo le elezioni del febbraio scorso una delegazione di grillini “capeggiata dai due capigruppo in parlamento, Vito Crimi e Roberta Lombardi, è andata a omaggiare l’ambasciatore David Thorne. Lo stesso che, parlando agli studenti, ha pubblicamente lodato il nuovo movimento come motore necessario per le riforme di cui ha bisogno l’Italia”.
“Il Pdl voleva far cadere Monti subito, fu Letta a arrabbiarsi e a scongiurare la crisi”
La crisi del governo Monti poteva arrivare molto prima e non a fine dicembre. “Dopo pochi mesi di governo – riferisce Bisignani – mezzo Pdl voleva far cadere Monti. Ma fu proprio Letta, con voce alterata, a convincere tutti che lo spread sarebbe schizzato alle stelle e che la colpa sarebbe ricaduta tutta sul Cavaliere che a quel governo aveva appena dato appoggio”. Sul ruolo di Gianni Letta, Bisignani ricorda anche che quando Berlusconi e Fini fecero saltare l’accordo sulla Bicamerale, “fece sapere a D’Alema che il Cavaliere aveva commesso un errore”. “Allo stesso modo – ricorda – nel febbraio del 1996 dissentì dal no di Berlusconi a un governo guidato da Antonio Maccanico, grand commis di Stato che avrebbe aperto le porte a una collaborazione tra Forza Italia e la sinistra. La bocciatura di Maccanico segnò la successiva vittoria elettorale dell’Ulivo di Romano Prodi”.
“Scalfari ad ogni scoop mi regalava champagne”
Spazio anche ai ricordi personali nei rapporti con i personaggi più influenti della stampa italiana. Nel libro sono descritti i rapporti con i direttori dei giornali più importanti. Di Eugenio Scalfari ricorda di avergli offerto diverse notizie quando era capo ufficio stampa del ministero del Tesoro Gaetano Stammati. “Ogni volta che lo aiutavo a fare uno scoop – ricorda – mi mandava una bottiglia di champagne. Credo che fosse altrettanto con un’altra sua fonte, Luigi Zanda, portavoce di Francesco Cossiga, al Viminale e poi alla presidenza del consiglio, con il quale credo abbia conservato una forte amicizia”. Sul direttore del Corriere Ferruccio De Bortoli invece dice: “Sempre compassato, dotato di una camaleontica capacità di infilarsi tra le pieghe del tuo discorso e di una grande dialettica, non sufficiente però a nascondere il fatto di non aver quasi mai un’opinione troppo discorde da quella dell’interlocutore: democristiano con i democristiani, giustizialista con i giustizialisti, statalista o liberista a seconda di chi ha davanti”. Bisignani racconta inoltre di aver favorito i suoi rapporti con Geronzi ma non con D’Alema “visto che i due si detestavano cordialmente”. “E durante il governo Berlusconi – ricorda – i motivi di contatto sono stati molteplici”.
Papa Francesco e la riforma dello Ior
In un passaggio del libro Bisignani parla anche delle mosse future di papa Francesco per trasformare lo Ior: “Secondo alcune autorevoli indiscrezioni lo riformerà trasformandolo in una vera banca della solidarietà al servizio dell’evangelizzazione. Uno strumento di aiuto per le chiese povere e per le missioni sparse nel mondo. I centri missionari saranno uno dei punti fondamentali di papa Francesco, secondo la miglior tradizione dei gesuiti”. Secondo Bisignani, la riforma dello Ior avverrà attraverso la riclassificazione di tutti i conti e saranno “autorizzati solo quelli che fanno capo ufficialmente a congregazioni e ordini religiosi. Nessuno potrà più gestire fondi, depositi e titoli se non nell’esclusivo interesse di enti religiosi”. Bisignani ha quindi spiegato che “la Curia conosce bene le sue intenzioni”. “Non fu un caso – ha aggiunto – se nel conclave precedente, per scampare il pericolo della sua salita al soglio pontificio come voleva il suo grande elettore di allora, Carlo Maria Martini, gesuita come lui, gli fu preferito Ratzinger. Meglio conosciuto nei palazzi apostolici e quindi considerato più malleabile”.
Cairo editore di La7? “Facilita future alleanze”
Telecom ha venduto La7 a Urbano Cairo, preferendolo al fondo Clessidra, perché “si dice nell’ambiente che si è scelto il contendente finanziariamente più debole così da facilitare una possibile futura alleanza con Diego Della Valle o con De Benedetti, a seconda di come butterà la politica”. In particolare sull’interesse di De Benedetti per La7, Bisignani sostiene che l’Ingegnere sarebbe stato disponibile all’acquisto “però solo con un’adeguata dote, quella che poi il consiglio Telecom ha concesso proprio a Cairo e non a lui, secondo me facendolo irritare. Vedrà che alla fine rientrerà nella partita”. Infine “ad accelerare la vendita de La7 – racconta – ha contribuito anche lo studio legale Erede con una lettera che nelle ore che precedettero il consiglio d’amministrazione decisivo”. Del legale Bisignani ricorda che “ha assistito Cairo nell’operazione e ha ottimi rapporti con De Benedetti”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05 ... ni/608745/
Re: Come se ne viene fuori ?
ma chi se li compra sti BEEP di libri ?
tra poco Veltroni vs Barca dalla GRuber
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Re: Come se ne viene fuori ?
Amadeus ha scritto:ma chi se li compra sti BEEP di libri ?
tra poco Veltroni vs Barca dalla GRuber
Nella tecnica del mix che attiene al depistaggio, l'obiettivo è già stato raggiunto.
L'interessamento dei media che comporta un'automatica divulgazione nelle fasce degli elettori interessati che trasmetteranno la notizia in modalità stellare.
Che arrivi di striscio alla massa che si occupa di Milan e Inter o di Grandi Fratelli e Grandi Sorelle,.......come dicono a Roma,...gliene pò ffregà dde meno.
Nello stesso tempo gli avvertimenti vari di stampo mafioso sono stati recepiti dai diretti interessati.
Se Bisignani non venderà nessuna copia, non interessa pure allo stesso autore, perché è già stato lautamente rimborsato dal "committente".
Chi è il "committente" in questo caso????????????????????
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Re: Come se ne viene fuori ?
E' molto grande la distanza tra il mio progetto di un centrosinistra di governo capace di convincere gli italiani che vincere si può e l’attuale disastro.
Romano Prodi
Come inizia una guerra civile – 254
La cruna dell’ago – 219
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 219
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 199
Cronaca di un affondamento annunciato - 199
In mezzo alla tempesta - 137
Seduti sopra una polveriera pronta ad esplodere - 4
Come al solito l'emergenza numero uno, l'economia viene trascurata.
Dopo tre mesi di palle continue da parte delle caterinette e dei corsari berluscones, a conti fatti le priorità propagandate non emergono.
Il governo Berlusconi, guidato dai due camerieri Letta nipote e Alfano parlano del sesso degli angeli.
Sempre più in basso.
29/05/2013 di triskel182
Le riforme istituzionali sono una delle «più importanti riforme strutturali che l’Italia può fare» aggiunge, perché attualmente il Paese «non ha istituzioni che lo rendono capace di decidere» ed essere «capaci di decidere è il primo tema all’ordine del giorno». (Letta).
Dunque una classe dirigente che ha portato l’Italia sul baratro, che non è più rappresentativa degli italiani (vista l’alta astensione alle elezioni), ha deciso che la priorità sono le riforme della Costituzione.
Per rendersi ancora più distanti dagli elettori, immagino. Per rendersi ancora più intoccabili.
Non la corruzione, i conflitti di interesse, l’evasione, una giustizia e una pubblica amministrazione informatizzata, la tutela del territorio e le tante belle cose che servirebbero.
Per intenderci, a fare la legge sull’indulto, sul lodo Alfano, la legge Fornero sulle pensioni, ci han messo un lampo.
Da unoenessuno.blogspot.it
Romano Prodi
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Seduti sopra una polveriera pronta ad esplodere - 4
Come al solito l'emergenza numero uno, l'economia viene trascurata.
Dopo tre mesi di palle continue da parte delle caterinette e dei corsari berluscones, a conti fatti le priorità propagandate non emergono.
Il governo Berlusconi, guidato dai due camerieri Letta nipote e Alfano parlano del sesso degli angeli.
Sempre più in basso.
29/05/2013 di triskel182
Le riforme istituzionali sono una delle «più importanti riforme strutturali che l’Italia può fare» aggiunge, perché attualmente il Paese «non ha istituzioni che lo rendono capace di decidere» ed essere «capaci di decidere è il primo tema all’ordine del giorno». (Letta).
Dunque una classe dirigente che ha portato l’Italia sul baratro, che non è più rappresentativa degli italiani (vista l’alta astensione alle elezioni), ha deciso che la priorità sono le riforme della Costituzione.
Per rendersi ancora più distanti dagli elettori, immagino. Per rendersi ancora più intoccabili.
Non la corruzione, i conflitti di interesse, l’evasione, una giustizia e una pubblica amministrazione informatizzata, la tutela del territorio e le tante belle cose che servirebbero.
Per intenderci, a fare la legge sull’indulto, sul lodo Alfano, la legge Fornero sulle pensioni, ci han messo un lampo.
Da unoenessuno.blogspot.it
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Re: Come se ne viene fuori ?
E' molto grande la distanza tra il mio progetto di un centrosinistra di governo capace di convincere gli italiani che vincere si può e l’attuale disastro.
Romano Prodi
Come inizia una guerra civile – 255
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Cronaca di un affondamento annunciato - 200
In mezzo alla tempesta - 138
The house of the dead living - 1
Nelle ultime battute dell’intervista a Bisignani Gianluigi Nuzzi gli chiede cosa prevede per il futuro.
Pd e Pdl imploderanno.
I dati sembrano dargli ragione.
Repubblica 30.5.13
Quei 100 parlamentari contro il governo, il Pd tra veleni e accordi trasversali “No all’inciucio”. “Ma così colpite Letta”
E alla fine sulla mozione Giachetti ritiro tattico dei renziani
di Tommaso Ciriaco
ROMA — Il termometro della febbre che fiacca il Pd ce l’ha in mano Stefano Fassina.
«La mozione Giachetti? I renziani? Così colpiscono il governo.
Hanno una concezione originale del partito — ragiona in Transatlantico — ed è un problema profondo da affrontare al congresso».
Trentaquattro deputati hanno appena votato in assemblea contro il volere della maggioranza.
In Aula, poco dopo, si tireranno indietro.
Salvando l’unità del gruppo, ma lasciando comunque intatto il senso dell’ennesima giornata di passione dei democratici. E delle sue litigiose correnti.
I deputati dem che firmano la mozione Giachetti sono una settantina.
Renziani e veltroniani, soprattutto. Prodiani come Sandro Gozi, qualche ex popolare.
Ci sono anche parecchi parlamentari che non militano in una componente. E c’è l’ex bersaniana Alessandra Moretti.
Reclamano il ritorno al Mattarellum. Nella riunione del gruppo i veltroniani scelgono di astenersi, mentre i renziani tirano dritto e sostengono Giachetti.
Quasi fino in fondo, perché alla fine in Aula — dopo infiniti capannelli e qualche chiamata sulla linea Roma-Firenze — lasciano da solo l’ideatore della mozione e consumano una ritirata tattica.
A sera, come se non bastasse, quarantatre parlamentari del Pd escono allo scoperto con un altro documento critico.
Contestano la mozione di maggioranza appena sostenuta in Parlamento.
Fra i firmatari ci sono Rosy Bindi e Pippo Civati, Vannino Chiti e Walter Tocci, Laura Puppato e Sandra Zampa.
Insieme, «preoccupati», lanciano l’allarme: «Si rischia la stabilizzazione del Porcellum».
Sommati agli altri malpancisti, un centinaio sono pronti a denunciare eventuali “inciuci” consumati in nome della difesa dell’attuale sistema.
Per descrivere il clima è utile ascoltare uno sconsolato Ivan Scalfarotto.
Agitato, spiega in Transatlantico: «Mi adeguo per disciplina partito. Ma è un errore. Però non voglio dare l’idea di una guerra tra correnti».
Sforzi inutili, perché l’idea sembra esattamente
quella.
Non lo nasconde Sandro Gozi, altro firmatario della mozione: «Più che una forzatura, è un segno di debolezza del governo delle larghe intese.
E passa il segnale che vogliamo tenerci il Porcellum».
Che è poi l’incubo di un altro renziano, Ernesto Carbone: «Il mio voto in assemblea è stato un atto politico contro una legge elettorale che, lo ricordado visto che nessuno ci fa più caso, si chiama Por-cel-lum!».
Proprio sulla riforma elettorale si gioca la partita interna al Pd.
Il gruppone dei malpancisti cresce giorno dopo giorno.
E l’epicentro è proprio alla Camera.
Giacomo Portas è convinto che sia solo l’inizio: «Perché — scherza — siamo un partito di “Letta e di governo” ».
L’accusa rivolta ai “dissidenti” del Mattarellum è proprio quella di minare il percorso governativo.
«Noi danneggiamo Letta? Chi danneggia, piuttosto — sibila il renziano Paolo Gentiloni — sono quelli che hanno affossato la riforma elettorale!».
Ogni corrente ha un obiettivo prediletto.
Un “giovane turco” come Matteo Orfini, in competizione “generazionale” con i renziani, sceglie l’arma dell’ironia per bastonarli: «Questa mozione, a dieci giorni dal ballottaggio della Capitale, può sembrare un agguato. Ora, vabbe’ che loro sono toscani — dice indicando un capannello di renziani — ma Roberto è pure de Roma...».
Gianni Cuperlo, invece, spende solo una parola per bocciare Giachetti: «Inopportuno».
Mentre Epifani, ecumenico: «Spaccature? No, opinioni diverse...».
La verità è che il puzzle democratico conta ormai una moltitudine di tessere.
Antonello Giacomelli, fedelissimo di Franceschini, sembra quasi rassegnato mentre esclama: «Abbiamo portato a casa la fine della procedura d’infrazione e l’avvio del percorso delle riforme. Ma si parlerà della spaccatura del Pd. Siamo degli artisti».
A sera, Giachetti resta solo a difendere la mozione.
Almeno tra i democratici, perché invece dopo una giravolta gli oltre cento grillini e una trentina di deputati di Sel sostengono il testo.
Pippo Civati lo avverte per sms un minuto prima del voto: «I grillini dicono sì!».
Un minuto dopo è invece il capogruppo Roberto Speranza a esultare.
Sempre per sms: «La mozione Giachetti l’ha votata solo Giachetti!».
Un’inchiesta di Enrico Deaglio sui 101 parlamentari pd che hanno tradito Romano Prodi: domani in edicola sul Venerdì
Romano Prodi
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In mezzo alla tempesta - 138
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Nelle ultime battute dell’intervista a Bisignani Gianluigi Nuzzi gli chiede cosa prevede per il futuro.
Pd e Pdl imploderanno.
I dati sembrano dargli ragione.
Repubblica 30.5.13
Quei 100 parlamentari contro il governo, il Pd tra veleni e accordi trasversali “No all’inciucio”. “Ma così colpite Letta”
E alla fine sulla mozione Giachetti ritiro tattico dei renziani
di Tommaso Ciriaco
ROMA — Il termometro della febbre che fiacca il Pd ce l’ha in mano Stefano Fassina.
«La mozione Giachetti? I renziani? Così colpiscono il governo.
Hanno una concezione originale del partito — ragiona in Transatlantico — ed è un problema profondo da affrontare al congresso».
Trentaquattro deputati hanno appena votato in assemblea contro il volere della maggioranza.
In Aula, poco dopo, si tireranno indietro.
Salvando l’unità del gruppo, ma lasciando comunque intatto il senso dell’ennesima giornata di passione dei democratici. E delle sue litigiose correnti.
I deputati dem che firmano la mozione Giachetti sono una settantina.
Renziani e veltroniani, soprattutto. Prodiani come Sandro Gozi, qualche ex popolare.
Ci sono anche parecchi parlamentari che non militano in una componente. E c’è l’ex bersaniana Alessandra Moretti.
Reclamano il ritorno al Mattarellum. Nella riunione del gruppo i veltroniani scelgono di astenersi, mentre i renziani tirano dritto e sostengono Giachetti.
Quasi fino in fondo, perché alla fine in Aula — dopo infiniti capannelli e qualche chiamata sulla linea Roma-Firenze — lasciano da solo l’ideatore della mozione e consumano una ritirata tattica.
A sera, come se non bastasse, quarantatre parlamentari del Pd escono allo scoperto con un altro documento critico.
Contestano la mozione di maggioranza appena sostenuta in Parlamento.
Fra i firmatari ci sono Rosy Bindi e Pippo Civati, Vannino Chiti e Walter Tocci, Laura Puppato e Sandra Zampa.
Insieme, «preoccupati», lanciano l’allarme: «Si rischia la stabilizzazione del Porcellum».
Sommati agli altri malpancisti, un centinaio sono pronti a denunciare eventuali “inciuci” consumati in nome della difesa dell’attuale sistema.
Per descrivere il clima è utile ascoltare uno sconsolato Ivan Scalfarotto.
Agitato, spiega in Transatlantico: «Mi adeguo per disciplina partito. Ma è un errore. Però non voglio dare l’idea di una guerra tra correnti».
Sforzi inutili, perché l’idea sembra esattamente
quella.
Non lo nasconde Sandro Gozi, altro firmatario della mozione: «Più che una forzatura, è un segno di debolezza del governo delle larghe intese.
E passa il segnale che vogliamo tenerci il Porcellum».
Che è poi l’incubo di un altro renziano, Ernesto Carbone: «Il mio voto in assemblea è stato un atto politico contro una legge elettorale che, lo ricordado visto che nessuno ci fa più caso, si chiama Por-cel-lum!».
Proprio sulla riforma elettorale si gioca la partita interna al Pd.
Il gruppone dei malpancisti cresce giorno dopo giorno.
E l’epicentro è proprio alla Camera.
Giacomo Portas è convinto che sia solo l’inizio: «Perché — scherza — siamo un partito di “Letta e di governo” ».
L’accusa rivolta ai “dissidenti” del Mattarellum è proprio quella di minare il percorso governativo.
«Noi danneggiamo Letta? Chi danneggia, piuttosto — sibila il renziano Paolo Gentiloni — sono quelli che hanno affossato la riforma elettorale!».
Ogni corrente ha un obiettivo prediletto.
Un “giovane turco” come Matteo Orfini, in competizione “generazionale” con i renziani, sceglie l’arma dell’ironia per bastonarli: «Questa mozione, a dieci giorni dal ballottaggio della Capitale, può sembrare un agguato. Ora, vabbe’ che loro sono toscani — dice indicando un capannello di renziani — ma Roberto è pure de Roma...».
Gianni Cuperlo, invece, spende solo una parola per bocciare Giachetti: «Inopportuno».
Mentre Epifani, ecumenico: «Spaccature? No, opinioni diverse...».
La verità è che il puzzle democratico conta ormai una moltitudine di tessere.
Antonello Giacomelli, fedelissimo di Franceschini, sembra quasi rassegnato mentre esclama: «Abbiamo portato a casa la fine della procedura d’infrazione e l’avvio del percorso delle riforme. Ma si parlerà della spaccatura del Pd. Siamo degli artisti».
A sera, Giachetti resta solo a difendere la mozione.
Almeno tra i democratici, perché invece dopo una giravolta gli oltre cento grillini e una trentina di deputati di Sel sostengono il testo.
Pippo Civati lo avverte per sms un minuto prima del voto: «I grillini dicono sì!».
Un minuto dopo è invece il capogruppo Roberto Speranza a esultare.
Sempre per sms: «La mozione Giachetti l’ha votata solo Giachetti!».
Un’inchiesta di Enrico Deaglio sui 101 parlamentari pd che hanno tradito Romano Prodi: domani in edicola sul Venerdì
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Re: Come se ne viene fuori ?
E' molto grande la distanza tra il mio progetto di un centrosinistra di governo capace di convincere gli italiani che vincere si può e l’attuale disastro.
Romano Prodi
Come inizia una guerra civile – 256
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Cronaca di un affondamento annunciato - 201
In mezzo alla tempesta - 139
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E BERSANI ATTACCA: MATTEO È CONFUSO TRA LEADERSHIP E «UOMO SOLO AL COMANDO»
Renzi a Letta: «Riforme, non vivacchiare»
Il sindaco: «Abolire il Senato,altrimenti non ci salva neanche Rambo». Poi dice: «Io contro di lui? Una barzelletta»
Della sfida già si vociferava nei rispettivi entourage , nei retrobottega della politica, ora, il duello Renzi-Letta diventa pubblico.
Il sindaco di Firenze sfida il premier: «Abolite il Senato e fate la riforma elettorale, oppure vuol dire che vivacchiate.
E così non ci salva neanche Rambo».
Nel dibattito interviene anche Bersani c che, a Renzi manda a dire: «Non saper distinguere fra leadership democratica e "uomo solo al comando" mi sembra un bel problema.
È come confondere la medicina con la malattia.
Sarà meglio discutere sul serio», ha aggiunto l'ex segretario del Pd».
«ABOLIRE IL SENATO»- L'occasione è stata la presentazione del suo libro «Oltre la rottamazione», dove Renzi ha spiegato che «bisogna fare anche delle battaglie d'immagine.
E la prima che mi viene è quella di un tacchino, che non è quello sul tetto.
Sono i tacchini che devono anticipare il Natale.
Fuor di metafora: la prima vera cosa da fare, che richiede il tempo di una riforma costituzionale, è quella di abolire il Senato come Camera che dà la fiducia».
http://www.corriere.it/politica/13_magg ... 5c16.shtml
«NON SI VIVACCHIA»- Per Renzi, i tacchini-senatori devono varare la Camera delle autonomie. «È una scommessa. Se siamo coraggiosi lo facciamo.
Se non siamo pronti poi non ci lamentiamo della legge elettorale più brutta possibile».
Quindi Renzi ha chiarito: «Io non sto mettendo furia al governo perchè voglio accelerare. Macché accelelare. Ma un governo è serio se fa le cose non se vivacchia. Si abbia il coraggio di fare la riforma costituzionale eliminando il Senato», ha ribadito Renzi. Lo stesso discorso vale per la legge elettorale: «O il Pd si dà una mossa o perde. E a quel punto non ci salva neanche Rambo».
«IO CONTRO DI LUI? UNA BARZELLETTA»- Poi il sindaco ha buttato (un po') d'acqua sul fuoco: «Siamo alle barzellette...
Ieri è successa una cosa molto semplice: la cosa che chiedono gli italiani è che si facciano riforme.
Se saranno fatte torneranno a parlare lo stesso linguaggio la società politica e quella reale.
Se non avverrà si sarà persa un'occasione». E ha ribadito che «il dibattito su quanto dura il governo, come dura e cosa vuole fare Renzi è stancante.
Per uno che ha rinunciato a stare in Parlamento per fare il sindaco, essere accusato quasi di tutto comincia a essere quasi divertente. Prima mi arrabbiavo, ora mi diverto».
Redazione Online
30 maggio 2013 | 15:39
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/13_magg ... 5c16.shtml
Romano Prodi
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La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 221
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 201
Cronaca di un affondamento annunciato - 201
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E BERSANI ATTACCA: MATTEO È CONFUSO TRA LEADERSHIP E «UOMO SOLO AL COMANDO»
Renzi a Letta: «Riforme, non vivacchiare»
Il sindaco: «Abolire il Senato,altrimenti non ci salva neanche Rambo». Poi dice: «Io contro di lui? Una barzelletta»
Della sfida già si vociferava nei rispettivi entourage , nei retrobottega della politica, ora, il duello Renzi-Letta diventa pubblico.
Il sindaco di Firenze sfida il premier: «Abolite il Senato e fate la riforma elettorale, oppure vuol dire che vivacchiate.
E così non ci salva neanche Rambo».
Nel dibattito interviene anche Bersani c che, a Renzi manda a dire: «Non saper distinguere fra leadership democratica e "uomo solo al comando" mi sembra un bel problema.
È come confondere la medicina con la malattia.
Sarà meglio discutere sul serio», ha aggiunto l'ex segretario del Pd».
«ABOLIRE IL SENATO»- L'occasione è stata la presentazione del suo libro «Oltre la rottamazione», dove Renzi ha spiegato che «bisogna fare anche delle battaglie d'immagine.
E la prima che mi viene è quella di un tacchino, che non è quello sul tetto.
Sono i tacchini che devono anticipare il Natale.
Fuor di metafora: la prima vera cosa da fare, che richiede il tempo di una riforma costituzionale, è quella di abolire il Senato come Camera che dà la fiducia».
http://www.corriere.it/politica/13_magg ... 5c16.shtml
«NON SI VIVACCHIA»- Per Renzi, i tacchini-senatori devono varare la Camera delle autonomie. «È una scommessa. Se siamo coraggiosi lo facciamo.
Se non siamo pronti poi non ci lamentiamo della legge elettorale più brutta possibile».
Quindi Renzi ha chiarito: «Io non sto mettendo furia al governo perchè voglio accelerare. Macché accelelare. Ma un governo è serio se fa le cose non se vivacchia. Si abbia il coraggio di fare la riforma costituzionale eliminando il Senato», ha ribadito Renzi. Lo stesso discorso vale per la legge elettorale: «O il Pd si dà una mossa o perde. E a quel punto non ci salva neanche Rambo».
«IO CONTRO DI LUI? UNA BARZELLETTA»- Poi il sindaco ha buttato (un po') d'acqua sul fuoco: «Siamo alle barzellette...
Ieri è successa una cosa molto semplice: la cosa che chiedono gli italiani è che si facciano riforme.
Se saranno fatte torneranno a parlare lo stesso linguaggio la società politica e quella reale.
Se non avverrà si sarà persa un'occasione». E ha ribadito che «il dibattito su quanto dura il governo, come dura e cosa vuole fare Renzi è stancante.
Per uno che ha rinunciato a stare in Parlamento per fare il sindaco, essere accusato quasi di tutto comincia a essere quasi divertente. Prima mi arrabbiavo, ora mi diverto».
Redazione Online
30 maggio 2013 | 15:39
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http://www.corriere.it/politica/13_magg ... 5c16.shtml
Re: Come se ne viene fuori ?
Repubblica spinge sempre l'acceleratore sulla spaccatura del pd , vuole a tutti i costi la divisione identitaria, centro ululì , sinistra ululà.
la classe dirigente però non ne vuole sapere di divisioni, il film " dopo silvio tocca a noi " se lo vogliono vedere , figurati, sono anni che aspettano.
negare negare negare e tirare a campare.
pdl e pd imploderanno, ma dopo silvio ( il che può essere dopo la sentenza, ma anche no).
pd avrà un futuro, pdl non credo.
la classe dirigente però non ne vuole sapere di divisioni, il film " dopo silvio tocca a noi " se lo vogliono vedere , figurati, sono anni che aspettano.
negare negare negare e tirare a campare.
pdl e pd imploderanno, ma dopo silvio ( il che può essere dopo la sentenza, ma anche no).
pd avrà un futuro, pdl non credo.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Amadeus ha scritto:Repubblica spinge sempre l'acceleratore sulla spaccatura del pd , vuole a tutti i costi la divisione identitaria, centro ululì , sinistra ululà.
la classe dirigente però non ne vuole sapere di divisioni, il film " dopo silvio tocca a noi " se lo vogliono vedere , figurati, sono anni che aspettano.
negare negare negare e tirare a campare.
pdl e pd imploderanno, ma dopo silvio ( il che può essere dopo la sentenza, ma anche no).
pd avrà un futuro, pdl non credo.
Di Repubblica ho un’altra visione per averla letta quotidianamente dal primo giorno che è comparsa in edicola fino ad un anno fa, quando una serie di sermoni domenicali del santo fondatore a totale sostegno dell’appoggio a Monti mi ha fatto girare i “balls”.
Anche perché poi, durante la settimana intervenivano a supporto del santo fondatore Galli, e Miguel Gotor.
Una serie di slinguate insopportabili.
Miguel Gotor verrà poi chiamato da Bersani come consigliere. Sappiamo tutti come è andata a finire.
Da sempre, dai tempi di Craxi, Repubblica ha sempre avuto la vocazione di giornale partito. Ai tempi sosteneva Giriago De Mida.
Non è mai stato un giornale di sinistra ma della sinistra democristiana.
Ha appoggiato il cs che in realtà era una riedizione della sinistra democristiana.
Il santo fondatore e chi per esso non può non essersi reso conto di cosa è successo negli ultimi 2 anni e cosa significava l’appoggio a Monti in prospettiva.
Dopo il disastro montiano, nell’autunno del 2012 Scalfari dichiarerà ufficialmente di essere stato deluso da Monti.
Ma và??? Un altro devoto di St. Thomas??????????
Anch’io verifico una delusione dopo l’altra nei vari politici, ma non mi sono mai impegnato a fondo per fare una propaganda smisurata per poi dichiarami deluso.
Neppure per Romano Prodi che considero il miglior politico di Cs di quel livello negli ultimi 17 anni.
In ordine di tempo l’ultima delusione si chiama Epifani.
Mi era sembrato un tipo non disprezzabile quando guidava la CGIL, e quando interveniva politicamente a Ballarò.
Si è dimostrato, dal mio punto di vista, un’autentica frana da quando ha iniziato la guida di “ The house of the dead living”
Il cazzeggio quotidiano è diventata una regola di vita.
Non credo che intenda spaccare il Pd anche perché con il Corriere, La Stampa, Il Messaggero. Il Sole 24 Ore, fa parte della propaganda del sistema.
*****
pd avrà un futuro
Cinematrograficamente sì.
Nella serie:
Zombie 1
Zombie 2
Zombie 3
Zombie 4
Zombie 5
Re: Come se ne viene fuori ?
Zombie 1
Zombie 2
Zombie 3
Zombie 4
Zombie 5
guarda che i film sui vampiri sono in grande auge.
robert pattinson e kristen stewart sono richiestissimi e lei, quella patata lessa, è l'attrice più pagata a hollywood ,
ergo, anche il pd ce la può fare.
-
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Re: Come se ne viene fuori ?
Amadeus ha scritto:Zombie 1
Zombie 2
Zombie 3
Zombie 4
Zombie 5
guarda che i film sui vampiri sono in grande auge.
robert pattinson e kristen stewart sono richiestissimi e lei, quella patata lessa, è l'attrice più pagata a hollywood ,
ergo, anche il pd ce la può fare.
Quindi il Pd si trasferisce a Hollywood?????
E la parte di patata lessa a chi la dai?
Alla Mosca, alla Moretti, alla Pinotti?
Chi c’è in linea
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