UN PARTITO NUOVO PER UN BUON GOVERNO
Memoria politica dopo 16 mesi di governo
di Fabrizio Barca - Aprile 2013
Il pieno e il vuoto, le cose fatte e quelle apprese della mia azione di governo per la “coesione
territoriale” sono resi manifesti dai materiali raccolti nel sito
http://www.coesioneterritoriale.gov.it e dal
Rapporto di fine mandato (
http://www.coesioneterritoriale.gov.it/ ... iziobarca/). Questa stessa azione, ogni singola esperienza dei miei sedici mesi di lavoro, nel territorio
e a Roma, suscita una secca conclusione politica: senza una “nuova forma partito” non si governa
l’Italia.
Ovunque si pone il problema di una nuova forma partito. In Italia questo obiettivo ha rilievo e
urgenza straordinari di fronte alla sfiducia radicale e al risentimento che circonda i partiti, alla
persistente incapacità di buon governo, alla crisi culturale, prima ancora che economica e sociale,
che il paese attraversa. Queste pagine sono dedicate a sostenere questa conclusione e a
suggerire la funzione e i tratti di una nuova forma partito che permetta il buon governo. Non mi
riferirò a un partito in genere - per il quale, pure, larga parte delle considerazioni che svolgo paiono
adatte - ma a un partito di sinistra, essendo questo ciò che mi preme.
Prima di procedere, sono necessari tre caveat.
Viviamo un momento di grave crisi, internazionale, europea e ancor più italiana. Che richiede un
forte presidio di governo. Non ci sono dubbi. Tuttavia, questo presidio avrà effetto solo se
contemporaneamente sarà avviato il ridisegno dei partiti. Senza esitazioni o l’alibi che altre sono le
urgenze. Si deve cambiare, perché la crisi è figlia anche della crisi dei partiti. È un progetto per il
quale servono molte persone di buona volontà, coese e capaci di lunghi cammini.
In secondo luogo, è evidente che le difficoltà di governare l’Italia derivano anche
dall’incompiutezza e dalle incertezze dell’Unione Europea, dalla sua incapacità di fronteggiare la
seconda più grave crisi della storia del capitalismo, mettendo in discussione i paradigmi errati che
l’hanno indotta e rilanciando il disegno della cittadinanza europea. Al tempo stesso, è altrettanto
evidente che per tornare a dare un contributo politico forte all’Unione, che ne concorra a sbloccare
lo stallo – la miopia o fragilità di altri fondatori mostra quanto ce ne sia bisogno – l’Italia deve
essere ben governata. Senza una nuova forma partito ciò non mi appare possibile.
L’ultimo caveat è che non penso davvero che bastino alcuni anni di militanza giovanile in un partito
e poi i lavori di tecnico, amministratore pubblico e ministro e neppure – anche se conta più del
resto – la vicinanza profonda con un protagonista della migliore politica – mi riferisco a mio padre –
per proporre in modo solitario il programma politico di un partito nuovo. Nel razionalizzare i miei
pensieri di sedici mesi, ho fatto dunque affidamento su alcuni importanti contributi1
le cui idee mi
auguro di aver ben usato, e sulle reazioni e importanti suggerimenti di chi ha pazientemente letto
una prima, rozza versione. E, soprattutto, considero queste pagine solo un passo preliminare, che
cerca il confronto con altri saperi, sentimenti e “memorie”.
In sintesi .......................................................................................................................................... 2
1. Sei passi verso il buon governo ............................................................................................. 7
2. Stato arcaico e partiti Stato-centrici .................................................................................... 10
3. Quale governo della cosa pubblica? ................................................................................... 20
4. Per innovare la macchina pubblica servono i partiti .......................................................... 29
5. Quale partito? Il partito nuovo ............................................................................................. 34
6. Motivazioni per impegnarsi nel partito nuovo e specificità dei giovani ........................... 46
7. Interrogativi su regole e organizzazione ............................................................................. 50
ADDENDUM. Convincimenti di un partito di sinistra: esercizio di scrittura ........................... 53
1
Voglio citare: Ignazi, P. (2012) Forza senza legittimità. Il Vicolo cieco dei partiti, Laterza; Rescigno, G.U. (2008) Corso
di diritto pubblico, Bologna, Zanichelli; la raccolta tematica di saggi su Politica e partiti della rivista “parole Chiave” (n.47,
2012), Revelli, M. (2013), Finale di partito, Torino, Einaudi; oltre che lo straordinario schema analitico di Amartya Sen
(cfr. in particolare Sen, A. (2009) The Idea of Justice, Harvard University Press; Sen, A. (2010) L’idea di Giustizia,
Mondadori) e la visione dello sperimentalismo democratico di Charles Sabel (cfr. le sintesi in Sabel, C.F. e Zeitlin, J.
(2012) “Experimentalist Governance”, in The Oxford Handbook of Governance, Oxford University Press e in Sabel, C.
(2012), “Dewey, Democracy and Democratic Experimentalism”, Contemporary Pragmatism, Vol. 9, No. 2). 2
In sintesi
L’esperienza di sedici mesi di governo e le considerazioni svolte in questa memoria
suggeriscono che per “concorrere con metodo democratico a determinare la politica
nazionale” e assicurare un buon governo, è necessario che i partiti, ai quali la nostra
Costituzione affida questa funzione, si separino dallo Stato con cui si sono in Italia
perversamente affratellati, fino al “catoblepismo”, per divenire rete materiale e
immateriale di mobilitazione di conoscenze e di confronto pubblico, informato, acceso,
ragionevole e aperto di idee e soluzioni con cui incalzare lo Stato. Solo così lo Stato
potrà rinnovarsi.
L’aggravante peculiare della crisi italiana, con la prolungata assenza di buon governo,
sta nel concorrere di una macchina dello Stato arcaica e autoreferenziale e di partiti
Stato-centrici, ai quali hanno contribuito le regole del finanziamento pubblico e la deriva
culturale del paese. Al deterioramento di tutte le fasi del processo di costruzione
dell’azione pubblica si sono così accompagnati: il perseguimento crescente di beni
particolari anziché del bene pubblico; comportamenti abusivi di tale gravità da creare
un solco profondo tra cittadini e “politici”; il blocco dei normali meccanismi di
rinnovamento delle classi dirigenti, con lo scatenamento di insensati conflitti
generazionali; una perdita di fiducia nei nostri stessi mezzi.
Se e quale nuova forma dare ai partiti, più in particolare a un partito di sinistra,
comunque lo si voglia chiamare quello che corrisponde ai miei convincimenti, discende
dal giudizio che diamo sul metodo di governo della cosa pubblica che può rinnovare e
rilanciare il paese.
Lo sperimentalismo democratico
In linea con un crescente corpo di esperienze in tutto il mondo e con la prassi della mia
esperienza di amministratore, suggerisco che tale metodo debba essere quello dello
“sperimentalismo democratico”. Esso supera l’errore che la soluzione “minimalista” – o
liberista, magna pars della crisi internazionale che viviamo – condivide con molte
applicazioni concrete della soluzione “socialdemocratica”, ossia l’ipotesi che alcuni,
pochi individui, gli esperti, i tecnocrati, dispongano della conoscenza per prendere le
decisioni necessarie al pubblico interesse, indipendentemente dai contesti. Ed evita 3
l’altro, nuovo errore della nostra epoca, quello di pensare che la “folla” possa esprimere
quelle decisioni in modo spontaneo, attraverso la Rete. In presenza di incertezza
elevata, tecnologia mutevole, istruzione di massa e preferenze degli individui assai
differenziate e influenzate dai contesti, la macchina pubblica deve piuttosto costruire un
processo che promuova in ogni luogo il confronto acceso e aperto fra le conoscenze
parziali detenute da una moltitudine di individui, favorisca l’innovazione e consenta
decisioni sottoposte a una continua verifica degli esiti, sfruttando le potenzialità nuove
della Rete e dando continuamente forma alle preferenze e alle scelte nazionali.
Costruire in Italia questo metodo di governo della cosa pubblica richiede un “passo del
cavallo”, che, in una mossa sola, adegui finalmente la macchina pubblica ad alcuni
metodi e prassi che la soluzione socialdemocratica e la soluzione minimalista ci hanno
da tempo consegnato, e realizzi i requisiti propri dello sperimentalismo.
Il partito palestra
A questo fine, per realizzare i profondi cambiamenti che la procedura deliberativa
aperta richiede e superare le dure resistenze che il rinnovamento incontrerà in coloro
che dalla perversa fratellanza fra parti e Stato hanno tratto guadagno e potere, sono
necessari un aperto e governato conflitto sociale e la coesione attorno ad alcuni
convincimenti generali che parlino ai nostri sentimenti.
Serve allora un partito di sinistra saldamente radicato nel territorio che, richiamandosi
con forza ad alcuni convincimenti generali, solleciti e dia esiti operativi e ragionevoli a
questo conflitto. Serve un “partito palestra” che, essendo animato dalla partecipazione
e dal volontariato, praticando volontariato e traendo da ciò la propria legittimazione e
dagli iscritti e simpatizzanti una parte determinante del proprio finanziamento, sia
capace di promuovere la ricerca continua e faticosa di soluzioni per l’uso efficace e
giusto del pubblico denaro. Serve un partito che torni, come nei partiti di massa, a
essere non solo strumento di selezione dei componenti degli organi costituzionali e di
governo dello Stato, ma anche “sfidante dello Stato stesso” attraverso l’elaborazione e
la rivendicazione di soluzioni per l’azione pubblica. Serve un partito che realizzi questi
obiettivi sviluppando un tratto che nei partiti di massa tendeva a rimanere circoscritto
alle “avanguardie”, ossia realizzando una diffusa “mobilitazione cognitiva”. 4
Il partito di sinistra che serve al paese non è, dunque, il partito scuola di vita (e di lotta),
il partito di massa dove si ascoltano bisogni e si insegna “la linea” per ottenere
soddisfazione di quei bisogni e costruire il nuovo “avvenire” prefigurato dalla cultura di
partenenza. Non è certo il partito di occupazione dello Stato, dove si vende e si compra
di tutto: prebende, ruoli, pensioni, appalti, concessioni, ma anche regole, visioni, idee.
Non è neppure il partito liquido, quello della crisi della politica, vetrina dove sono in
mostra manichini e prodotti dell’“offerta politica”, nefasta influenza dell’economia sulla
politica. È un partito palestra che offre lo spazio per la mobilitazione cognitiva, per
confrontare molteplici e limitate conoscenze, imparare ognuno qualcosa, confrontare
errori, cambiare posizione, costruire assieme soluzioni innovative per stare meglio e gli
strumenti e le idee per farle vincere; e permettere così anche che dal confronto
collettivo si profili e vada emergendo un avvenire più bello per i nostri pronipoti con
tratti che oggi non possiamo anticipare.
Se la sinistra costruirà questo partito, muovendo dai partiti che esistono, segnatamente
dal Partito democratico, dalle esperienze in corso, dalle strutture territoriali che tentano
già oggi di operare nel nuovo modo, le forze politiche che si raccolgono attorno a
culture e convincimenti diversi saranno spinte a rinnovarsi anche esse, dando vita a
una sfida alta, necessaria al rilancio del paese.
Né corpi intermedi della società rappresentativi di interessi del lavoro, o dell’impegno
civile, pur fondamentali, né la Rete (il web, internet), pure piattaforma potente dello
sperimentalismo democratico, possono sostituire i partiti come interfaccia fra società e
governo della cosa pubblica. Sono le idee e le soluzioni innovative maturate dal
confronto, necessariamente teso e problematico, di individui con interessi, conoscenze
e valori diversi che possono alimentare e sospingere la macchina dello Stato nella
direzione richiesta dallo sperimentalismo.
Partito che muova i sentimenti e si separi dallo Stato
Il partito nuovo di sinistra disegnato su queste basi deve prima di tutto contare su
alcuni convincimenti generali condivisi e su una visione di lungo periodo per l’Italia e
per l’Europa: per la forza attrattiva e la carica simbolica che ne derivano e per disporre
di un linguaggio e di criteri con cui assumere decisioni all’interno e dialogare con
l’esterno. Cosa intenda per quei convincimenti, in tema di giustizia, diritti e doveri, 5
cultura, lavoro, beni pubblici e governo dell’economia, mi arrischio a renderlo esplicito
nell’esercizio di scrittura dell’Addendum. Su queste basi, il partito potrà mobilitare e
produrre conoscenze sulle azioni pubbliche che sono necessarie per soddisfare i
bisogni e le aspirazioni di noi cittadini, costruendo uno spazio avvincente di confronto
pubblico informato, acceso e ragionevole. Che sia interessante per, e aperto al
contributo di, individui e associazioni genuinamente e testardamente indipendenti. E
che risponda così a una domanda di impegno per obiettivi collettivi che non trova oggi
adeguata soddisfazione.
Il partito nuovo sarà rigorosamente separato dallo Stato, sia in termini finanziari,
riducendo ancora il finanziamento pubblico e soprattutto cambiandone e rendendone
trasparente metodo di raccolta e impiego, sia prevedendo l’assoluta separazione fra
funzionari e quadri del partito ed eletti o nominati in organi di governo, sia
organizzandosi in modo da attrarre il contributo di lavoro (volontario o remunerato) di
persone di buona volontà per periodi limitati di tempo, sia stabilendo regole severe per
scongiurare ogni influenza del partito sulle nomine di qualsivoglia pubblico ente. Sono
queste le condizioni affinché il partito sia di effettivo sprone per lo Stato, chiunque lo
governi, e affinché iscritti e simpatizzanti nonché dirigenti locali da quelli scelti, abbiano
l’incentivo a impegnarsi nella mobilitazione cognitiva e tornino a essere determinanti
per la selezione della dirigenza nazionale.
In questo partito i sentimenti dell’egoismo e dello spirito pubblico, da una parte, e
dell’indipendenza e dell’imitazione dall’altra, trovano modo di manifestarsi come sprone
all’impegno cognitivo, soprattutto per i giovani. Nel modo stesso di operare del partito
nuovo e nello sperimentalismo che esso sollecita nella macchina pubblica trova
progressivo superamento lo scarto tra democrazia e tecnocrazia, tra principio di
competenza e principio di maggioranza.
Affinché l’ipotesi di partito nuovo preliminarmente abbozzata in queste pagine divenga
un programma politico è indispensabile disegnare regole, incentivi, sanzioni, schemi
organizzativi adatti alla forma descritta. Ed è necessario costruire un percorso,
graduale o brusco, con cui raggiungere l’assetto desiderato, muovendo dai partiti di
sinistra che esistono, segnatamente dal Partito democratico, dalle sperimentazioni
importanti che essi hanno realizzato, dal capitale di impegno, passione e intelligenza 6
che hanno raccolto e dispiegato, dai circoli e unità territoriali in cui sono articolati. Se
questa mia memoria solleverà l’interesse che mi auguro e se i contributi e le critiche
che verranno daranno forma a una compiuta e condivisa ipotesi di partito nuovo, questi
due decisivi passi potranno essere compiuti.