Come se ne viene fuori ?

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
Rispondi
Amadeus

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Amadeus »

ROMA, 31 maggio (Reuters) - Il Consiglio dei ministri ha approvato oggi un disegno di legge per abolire gradualmente il finanziamento pubblico ai partiti, sostituendolo con un sistema di incentivazione fiscale per i contributi dei privati cittadini.

Lo ha detto oggi il premier Enrico Letta in un tweet.

L'abrogazione dell'attuale sistema avverrà per gradi, spiega un comunicato di Palazzo Chigi. Il contributo pubblico sarà ridotto al 60% nel primo esercizio successivo a quello dell'entrata in vigore della legge, al 50% nel secondo esercizio e al 40% nel terzo esercizio, per poi cessare del tutto.

A regime - nel 2017, se la legge sarà approvata dal Parlamento entro quest'anno - gli unici canali di finanziamento dei partiti saranno le erogazioni volontarie con detrazioni dall'imposta lorda del 52% per gli importi fra i 50 e i 5.000 euro e del 26% per tutti gli altri fino a un massimo di 20mila euro e la destinazione volontaria del 2 per mille. La contribuzione volontaria partirà dalla dichiarazione dei redditi 2015 relativa all'anno precedente.

Ai partiti sarà conferita una concessione gratuita di spazi televisivi in Rai e servizi.

"Confido che il Parlamento approvi rapidamente il ddl, perché ne va della credibilità della politica", ha detto Letta in una conferenza stampa a palazzo Chigi dopo il cdm.

Sul sito http://www.reuters.it le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su http://www.twitter.com/reuters_italia
erding
Messaggi: 1188
Iscritto il: 21/02/2012, 22:55

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da erding »

Governo Letta: l’imbroglio della nuova legge sul finanziamento ai partiti


di Peter Gomez | 1 giugno 2013

Puntuale come le tasse è arrivato il primo grande imbroglio del governo Letta. I finanziamenti pubblici ai partiti non saranno aboliti. A partire dal 2017, se mai il disegno di legge presentato dall’esecutivo sarà approvato, le forze politiche incasseranno il 2 per mille delle dichiarazioni dei redditi degli italiani. Ma attenzione: il contributo sarà solo apparentemente volontario. Con una trovata bizzantina, presa pari pari dalle norme che regolano l’8 per mille alla chiesa, è infatti stato stabilito che chi non dichiarerà esplicitamente di voler destinare il suo 2 per mille all’erario finirà per foraggiare lo stesso le organizzazioni rappresentate in parlamento.

Sull’esatto ammontare della nuova rapina i pareri divergono. Secondo molti osservatori alla fine il giochetto potrebbe persino permettere ai partiti di incassare il doppio di oggi. Il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello assicura che ci sarà un tetto di 61 milioni di euro. La discussione è interessante, ma in ogni caso non coglie il punto.

Il referendum del ’93 ha già dimostrato che gli elettori non vogliono il finanziamento pubblico. E tutti sanno che se quel referendum fosse riproposto avrebbe un risultato ancora più ampio. Dibattere ancora se sia giusto o sbagliato mantenere la politica con soldi dei contribuenti (magari approfittando della loro distrazione al momento della compilazione dei 730) non ha quindi senso. L’abolizione va semplicemente approvata.

Da questo orecchio, però, sia Pd che Pdl non ci sentono. Solo che i primi, con poche eccezioni, lo dicono esplicitamente (e anche per questo hanno pareggiato le ultime elezioni politiche). Mentre i secondi, più avvezzi alle balle spaziali, in gennaio avevano addirittura fatto firmare a tutti i loro candidati un impegno solenne in cui i futuri parlamentari dichiaravano che avrebbero votato il “dimezzamento degli emolumenti” e “una legge che azzeri il finanziamento pubblico ai partiti” (e anche per questo avevano pareggiato le elezioni).

Il risultato è il disegno di legge definito #leggetruffa su twitter da Beppe Grillo. E basta poco per capire che questa volta il fondatore del Movimento 5 Stelle, dopo giorni di controproducenti e autolesionistiche sparate, ci ha preso.

L’articolato licenziato dal governo non è un provvedimento anti-Casta, ma pro-Casta. Guardate, per esempio, il capitolo delle nuove norme dedicato alla tanto strombazzata trasparenza. Non una riga è dedicata alla fondazioni, diventate come è noto, il canale attraverso cui gli esponenti politici ricevono milioni di euro da aziende e privati nell’opacità più assoluta.

Oggi salvo che le fondazioni non decidano il contrario (e questi casi si contano sulle dita di una mano) l’elenco dei finanziatori è segreto. Per legge. E lo resterà anche se il disegno del governo venisse approvato.

Ora, visto che il M5S è l’unica forza ad aver rinunciato da subito a 42 milioni di euro di rimborsi elettorali e ad aver portato a 5000 euro lordi lo stipendio dei suoi parlamentari (diaria e rimborsi esclusi), viene da chiedersi per quale motivo la maggioranza abbia deciso di fornire un assist così chiaro al movimento di Grillo.

Di risposte ve ne sono parecchie. E, oltre a quella scontata e dichiarata da più o meno tutti i tesorieri (“non possiamo fare a meno dei soldi”), ve ne è una che spiega bene quale sia il probabile futuro della legislatura. Pd e Pdl sono convinti di poter governare per 5 anni. E lo sono ancor di più dopo i risultati delle ultime amministrative (a loro delle astensioni non importa nulla).

Silvio Berlusconi si rende infatti conto che far saltare il governo potrebbe non servigli per risolvere i suoi processi e, dati alla mano, teme che una vittoria Pdl non sia poi così certa. Stessi timori (rispetto a nuove elezioni) li ha il Pd. Entrambe i partiti hanno infine paura di Matteo Renzi (considerato dalla nomenklatura democratica un corpo estraneo) e dei sondaggi che a livello nazionale danno ancora molto alti i 5 Stelle.

Questa somma di debolezze, finisce paradossalmente, per rendere più forte l’esecutivo. Il tirare a campare diventa per tutti una parola d’ordine. E per campare bene, si sa, servono i soldi. Tanti soldi. Ai voti e a nuove mirabolanti promesse elettorali, intanto, ci si penserà più avanti.

@petergomezblog
Amadeus

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Amadeus »

è senz'altro migliorabile ma rispetto al rimborso almeno è VOLONTARIO , siamo tutti liberi di non mettere la X.
erding
Messaggi: 1188
Iscritto il: 21/02/2012, 22:55

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da erding »

Amadeus ha scritto:è senz'altro migliorabile ma rispetto al rimborso almeno è VOLONTARIO , siamo tutti liberi di non mettere la X.
Basterà non mettere la X ???

O ci sarà un meccanismo automatico che raccoglierà anche da chi non si espime?

Con questo provvedimento annunciare: "abolizione del finanziamento ai partiti" non è assolutamente corretto si continua a giocare sulle parole... il fatto è che c'è una sfiducia che viene continuamente alimentata da questa comunicazione mistificante e truffaldina.

Comunque l'importante sarebbe la massima trasparenza nella gestione dei soldi e nella rendicondazione rigorosa del loro utilizzo.
Amadeus

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Amadeus »

erding ha scritto:
O ci sarà un meccanismo automatico che raccoglierà anche da chi non si espime?
il microchip che ci mettono alla nascita ? :lol: :lol: :lol: :lol:

il fatto che ci sia sfiducia non significa che dobbiamo vedere la soluzione solo nello "spazzare via i partiti" , dimentichiamo troppo facilmente che sono uno strumento essenziale della democrazia.
dobbiamo spazzare via la disonestà, non i partiti.

un giornalista animato dall'odio razziale ( da casta ) non può proporre molto, per lo più si sfoga.
Amadeus

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Amadeus »

ROMA - Nunzia De Girolamo non ha peccato di catastrofismo quando, uscendo da palazzo Chigi, ha sibilato: «C’è una riserva su tutto». Con la formula del “salvo intese”, Enrico Letta ha dato il via libera a una legge che di fatto deve essere ancora scritta nel dettaglio e che dovrà passare le Forche caudine del Parlamento. Ma il premier conferma: «Se non verrà approvata, farò un decreto». La dead line è l’estate.

DUELLO IN CONSIGLIO
Se mancano i dettagli c’è una ragione. Durante la discussione «molto animata», ci sono stati momenti «ad alta tensione» nella sala del governo. Lo scontro più vivace è esploso quando è stato affrontata la questione dei fondi «inoptati» o «inespressi» del 2 per mille. Da una parte i rappresentanti del Pd e del Pdl, Dario Franceschini, Angelino Alfano, Maurizio Lupi e Flavio Zanonato, determinati a ottenere che quei fondi andassero «comunque» ai partiti. Dall’altra Emma Bonino, Mario Mauro ed Enzo Moavero, decisi a evitare «forme di finanziamento occulto».

La più dura è stata la leader radicale, che della lotta al finanziamento pubblico ha fatto da anni la sua bandiera: «Se non chiarite questo passaggio, dirò urbi et orbi che sono contraria. E’ una questione di principio, lo Stato non deve più dare soldi ai partiti».
C’è chi, alzando la voce, ha chiamato in causa Gaetano Quagliariello. Chi ha chiesto chiarimenti a Letta. Alla fine è stato deciso che «la norma dovrà essere resa più chiara». Traduzione: i partiti non potranno papparsi la quota del 2 per mille non espressamente assegnata dai contribuenti. «Andrà alla riduzione del debito», ha tagliato corto Fabrizio Saccomanni.

Voci alte a facce arrabbiate anche sulla questione dei tre anni di transizione. La delegazione del Pdl, con qualche sponda tra i ministri Pd, ha chiesto «maggiori dilazioni», «più gradualità»: «I partiti rischiano di chiudere, pensate ai dipendenti senza lavoro...». Ma qui si è opposto Letta: «Non se ne parla, già sono previsti tre anni. Di più non si può concedere».
Copione più o meno identico quando è stato affrontato il nodo del tetto alle contribuzioni volontarie.

IL NODO DEL LIMITE
«Vanno garantite pari condizioni a tutte le forze politiche, non ci possono essere donazioni illimitate», hanno piantato i piedi Giampiero D’Alia e Andrea Orlando, alludendo al “peso economico” di Berlusconi, grande finanziatore del Pdl. Secca la replica di Alfano: «Sono contrario, è sufficiente che venga garantita la trasparenza, sapere chi finanzia chi. Poi ognuno dà ciò che vuole». Letta questa volta ha lasciato correre: «Ora l’importante è affermare il principio che lo Stato non dà più soldi ai partiti. Il resto lo correggerà il Parlamento, se lo riterrà opportuno».
iospero
Messaggi: 2444
Iscritto il: 24/02/2012, 18:16

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da iospero »

Chiaramente 2x 1000 dei milionari e ben diverso del 2 x 1000 dei lavoratori si potrebbe trovare anche una soluzione intermedia 50% va al partito che si sceglie e 50% ad un fondo per finanziare tutti i partiti .
Bisognerebbe però mettere comunque un limite massimo alle spese dei partiti sopra al quale il resto va a diminuire il debito dello Stato, e il 2x1000 di chi non sceglie va sempre a diminuire il Debito dello Stato.
Tutte le entrate e le uscite vanno rese pubbliche.

Ma oltre alle parole , quando vedremo i fatti ?
iospero
Messaggi: 2444
Iscritto il: 24/02/2012, 18:16

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da iospero »

"Poveri" gioiellieri e professionisti
Guadagnano meno dei dipendenti

Ormai non fa più notizia.
erding
Messaggi: 1188
Iscritto il: 21/02/2012, 22:55

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da erding »

Corriere della Sera >
Politica >
Più vantaggi che per la lotta al cancro Gli errori di una scelta insufficiente

Chi aiuterà un politico godrà di un trattamento più favorevole
Più vantaggi che per la lotta al cancro
Gli errori di una scelta insufficiente
Dare 20 mila euro in beneficenza consente di detrarre al massimo 542 euro; a un partito 6.500

Voto in Senato (Eidon)Voto in Senato (Eidon)
ROMA - Chiamatela come meglio credete. Ma non con il nome sbagliato: abolizione del finanziamento pubblico dei partiti. Perché inseguire Beppe Grillo è un conto; raggiungerlo, un altro. I soldi dei contribuenti, e tanti, arrivano alla politica attraverso mille rivoli, moltiplicatisi negli anni come organismi dotati di vita propria. E questa legge non li chiude affatto tutti. Alcuni li allarga persino. Gli sgravi fiscali non sono forse una forma di finanziamento pubblico, sia pure indiretto? Si tratta di denari che lo Stato non incassa consentendo ai partiti di avere donazioni da imprese o privati cittadini. Dunque è come se quei soldi lo Stato li desse alla politica.

FAVOREVOLE - Con un trattamento, per chi decide di aiutare economicamente un partito o un politico, dodici volte più favorevole rispetto a quello cui ha diritto il sostenitore di un'opera benefica. Perché mentre il singolo cittadino che finanzia un'associazione impegnata nella lotta contro una malattia rara può detrarre dalle tasse il 26 per cento del contributo solo fino a un tetto di 2.065 euro, qui parliamo della possibilità di risparmiare il 52 per cento fino a 5 mila euro e il 26 per cento fino a ben 20 mila. La matematica, com'è noto, non è un'opinione. Dare 20 mila euro in beneficenza consente di detrarre al massimo 542 euro, regalare la stessa cifra a un partito ne fa invece risparmiare 6.500. Vero che il vantaggio fiscale per chi finanzia la politica, ancora lo scorso anno, quando la detrazione era sì al 19 per cento ma con un tetto di 103 mila euro, era addirittura più che quadruplo. Ma anche così ci sarebbe da chiedersi se sia giusto privilegiare fiscalmente i partiti più delle organizzazioni che aiutano il prossimo.

SGRAVI - Altra domanda: siamo sicuri che una volta imboccata questa strada non si debba stabilire indipendentemente dagli sgravi anche un tetto massimo di contribuzione oltre il quale un solo privato o una singola impresa non possa andare, per impedire i condizionamenti da parte di determinati interessi? Magari fissando pure il principio adottato dalla Germania che impone la pubblicazione immediata via web dei contributi superiori a 50 mila euro. Vedremo.

RIMBORSI - Intanto prendiamo atto della decisione di rinunciare sia pure gradualmente in tre anni a quello che era rimasto dei ricchi «rimborsi» elettorali: una droga pesante che aveva gonfiato gli apparati di personale trasformando i partiti in macchine per ingoiare denaro. Ed era chiaro che l'unico modo per tamponare il taglio del finanziamento diretto sarebbe stato quello di agire sul finanziamento indiretto. Anche se questo, oltre a farci risparmiare un po' di quattrini non potrà scongiurare una salutare cura dimagrante.

2 PER MILLE - Finanziamento indiretto è pure il 2 per mille delle tasse: altre entrate cui lo Stato rinuncia a favore della politica. Sempre che ci si possa fare affidamento, visti i precedenti. Negli anni Novanta si provò con il 4 per mille. All'inizio fu corrisposto ai partiti un anticipo di 160 miliardi di lire, con l'impegno a conguagliare quella cifra, in più o in meno, quando il ministero delle Finanze avesse fatto i calcoli dei denari effettivamente destinati dai contribuenti alla politica. Peccato che il conto non sia mai stato reso noto. Elementare la ragione: i partiti avrebbero dovuto restituire tanti denari che avevano già speso. La legge del 4 per mille finì in soffitta e si cominciarono a gonfiare in un modo indecente i «rimborsi». A quanto ammonterà questo finanziamento indiretto è difficile dire. Il 2 per mille è una incognita assoluta. Mentre gli sgravi fiscali erano finora stimabili in una decina di milioni l'anno, somma adesso inevitabilmente destinata a crescere.

ESENZIONI - Poi però ci sono gli altri rivoli. L'esenzione dell'Imu per le sedi politiche, per dirne una. I contributi pubblici alla stampa di partito, circa un miliardo di euro dal 1990 a oggi. Oppure le agevolazioni postali per il materiale elettorale, una disposizione introdotta con la legge che ha fatto seguito al referendum del 1993, che si somma curiosamente ai rimborsi delle spese elettorali. Per dare un'idea delle dimensioni di questo rivolo, i 9 milioni di lettere spedite agli italiani da Silvio Berlusconi con la promessa di restituire l'Imu potrebbero essere costate allo Stato 2 milioni 160 mila euro di francobolli. Ovviamente oltre ai famosi «rimborsi».

CONTRIBUTI REGIONALI - Ma è niente al confronto del torrente più grosso che continuerà certo ad alimentare il finanziamento pubblico. Stavolta non più indiretto: denaro sonante. Sono i contributi ai gruppi parlamentari e dei Consigli regionali. Quanti soldi? Anche qui non è facile dirlo, ma si parla sempre di un centinaio di milioni l'anno, pur dopo il giro di vite imposto in varie Regioni. Nel solo Lazio dello scandalo Batman si distribuivano ai gruppi 14 milioni l'anno. I contributi ai gruppi di Camera e Senato spuntano nella legge sul finanziamento pubblico approvata nel 1974 da tutti i partiti (tranne i liberali) durante la bufera dello scandalo petroli. E sono proprio quelli che il referendum radicale del 1993 aveva abrogato. In barba al voto di 34 milioni di italiani sono stati invece mantenuti: non più per legge, bensì per autonoma iniziativa del Parlamento. La loro abolizione non è mai stata all'ordine del giorno.

MAI MORTO - Il finanziamento pubblico dunque non è morto, a dispetto dell'epitaffio scolpito venerdì dal governo di Enrico Letta. Chi credeva davvero che alla politica non sarebbe più arrivato un euro statale si metta l'anima in pace. Pur eliminando l'autentico sconcio dei «rimborsi» elettorali l'Italia non diventerà come la Svizzera: unico Paese europeo dove non sono previsti sotto alcuna forma contributi per i partiti. Va detto chiaramente che i rubinetti pubblici resteranno aperti, pur assumendo in qualche caso forme più evolute e moderne. Una di queste è il libero accesso a spazi pubblicitari sulle reti televisive, o l'erogazione gratuita di alcuni servizi, come accade in Svezia.
E se è fondamentale il vincolo della massima trasparenza per ottenere i benefici fiscali, ancora di più lo è l'obbligo di dotarsi di «requisiti minimi idonei a garantire la democrazia interna».

FORMA GIURIDICA - Il che tira in ballo la legge sulla forma giuridica dei partiti con la quale si dovrebbe attuare l'articolo 49 della Costituzione, mai riempito di contenuti da ben 65 anni. Un anno fa quel provvedimento, per quanto lacunoso, sembrava in dirittura d'arrivo. Poi è rimasto nei cassetti di Montecitorio. Ma ogni riforma del finanziamento della politica non può risultare credibile, senza le regole che dicano che cosa sono i partiti, quali sono i loro obiettivi, come devono essere organizzati. Vanno scritte subito, avendo tuttavia sempre presente che è soltanto un primo passo. Al punto in cui si è arrivati, per provare a riconciliarsi con gli italiani i partiti devono fare ben altro: a cominciare da una legge elettorale che restituisca ai cittadini il potere di scegliere. Quella che ora improvvisamente non è più urgente per nessuno.

Sergio Rizzo1 giugno 2013 | 8:20

http://www.corriere.it/politica/13_giug ... 9e2d.shtml
Amadeus

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Amadeus »

http://www.huffingtonpost.it/2013/06/01 ... _ref=italy



Vatti a fidare degli amici. E pure dei trattati di amicizia. I libici, per esempio. La grande autostrada di duemila chilometri lungo tutta la costa del Paese, che il dittatore libico Muhammar Gheddafi voleva costruire, rischia di rivivere la storia della Salerno Reggio Calabria. Del resto la costruzione dovrebbe essere finanziata proprio dall'Italia, una compensazione per i danni dell'occupazione militare. Per pagare la mastodontica opera, Roma aveva stanziato ben 3,5 miliardi di euro su un orizzonte temporale di venti anni con la legge numero 7 del 2009. I soldi il governo (Berlusconi) li aveva trovati alla solita maniera: aumentando le tasse. Nello specifico un'addizionale del 4% sull'Ires pagata dall'Eni, società a controllo pubblico che in Libia estrae gas e petrolio.

Per celebrare il trattato Gheddafi volò a Roma con le sue amazzoni, atterrò in uniforme militare con al petto la foto dell'eroe della resistenza libica anti-italiana Omar al-Mukhtar, suscitando perplessità e proteste. Occupò con la sua tenda villa Phampili dove ricevette politici e vertici dell'industria made in Italy. Poi c'è stata la primavera araba. Il trattato di Bengasi tra Italia e Libia è caduto nel dimenticatoio. Peccato però, che i soldi stanziati ci siano ancora. Meglio utilizzarli, avrà pensato il governo Letta, per altri scopi.

Come per esempio per finanziare il bonus per l'acquisto dei mobili e quello energetico. Dal trattato di Bengasi saranno drenati, da qui al 2023, ben 350 milioni di euro. I soldi, in teoria, saranno restituiti ai libici nel 2024. Ma con le finanze ballerine dell'Italia, meglio non farci troppo affidamento. Il punto è che il trattato di Bengasi sta diventando un altro piccolo Bancomat per Letta e il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni. Anche 100 milioni del rifinanziamento della Cassa in deroga sono stati pescati da quel calderone. Qualche dubbio che soldi di un trattato internazionale si possano prelevare così a cuor leggero, lo ha sollevato il Servizio del Bilancio del Senato. Si tratta, hanno spiegato i tecnici, "di una dequalificazione della spesa" tra l'altro fatta a scapito di investimenti infrastrutturali destinati ad un altro paese.

Il punto è che la coperta è corta. Per finanziare gli eco incentivi, i bonus alle ristrutturazioni e quelli ai mobili, il governo ha dovuto raschiare il fondo del barile. Ha dovuto portare dal 4% al 10% l'Iva sui gadget allegati ai giornali e quella degli snack e delle bibite dei distributori automatici. Ha dovuto prelevare una quota dell'8 per mille dalla parte destinata allo Stato e persino tagliare di 41 milioni i fondi di riserva del ministero dell'Ambiente.



8-) come rossella o hara, quando si è fatta l'abito elegante, per sedurre il riccone, con le tende verdi del salotto.
Rispondi

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Semrush [Bot] e 3 ospiti