quo vadis PD ????

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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shiloh
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da shiloh »

Amadeus ha scritto:Sky intervista D'alema
" Non è che facciamo un congresso perchè le cose vanno male .... "
picciò, tutt'apposto!!! non ce ne sono problemi :mrgreen: e io -pazza- che mi stavo preoccupando.
....
ho visto solo uno spot , più tardi danno l'integrale.

"Il Pd riesce a vincere le elezioni amministrative nonostante tutto perché è un Partito che fa ridere...
E mai come in questo momento gli Italiani hanno bisogno di una iniezione di buonumore..."

Marco Presta - "Il Ruggito del Coniglio"
:P
iospero
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da iospero »

Ieri ho ascoltato Epifani a 8 1/2, per conto mio non gli hanno fatto le domande giuste,e cioè :
lui sostiene , come anche Bersani, che per adesso un premier l'abbiamo già per un governo di scopo.
Io mi chiedo per quale scopo? sembrava che oltre le cose urgenti da sistemare ( IMU,aumento IVA, esodati, lavoro,cassa in deroga) una delle prime fosse una legge elettorale accettabile, perchè non possiamo aspettare le riforme costituzionali.
Invece adesso la legge elettorale scivola chissà dove, forse perchè si teme che una volta fatta si vada subito al voto e Letta perderebbe la poltrona.
Ma si dimentica che questo governo non può fare quelle riforme necessarie per far ripartire l'economia in quanto la patrimoniale, il conflitto di interessi, la lotta all'evasione, la distribuzione della ricchezza non fanno parte del DNA del PDL, e sono solo queste che possono mettere in circolo quella liquidità senza chiedere aiuto all'Europa e rispettando i vincoli che essa ci impone.
Si arriverà al Congresso PD ,speriamo presto ( ma non è chiaro quanto presto perchè Epifani dice entro l'anno e non a settembre), e se tutto dovrebbe andare come si afferma , cioè partire dalla base per avere dei vertici che la rappresentino, questo governo dovrebbe chiudere o comunque forzare il PDL per fare le riforme necessarie anche contro il PDL e con l'aiuto di chi ci sta.
Quindi crisi di governo, o si riesce compattare qlc con il 5 Stelle o si va alle elezioni anche con il porcellum ?
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

Chi ha suicidato il Pd?Da Bersani a Finocchiaro, da D'Alema a Fioroni: un instant book di Alessandro Gilioli sui responsabili della catastrofe democratica, dalle elezioni del 24 febbraio alle 'larghe intese'. Anticipiamo qui la postfazione di Pippo Civati: come scovare i 101 esecutori materiali del delitto(29 maggio 2013)



Si intitola "Chi ha suicidato il Pd" l'ultimo libro del caporedattore dell'Espresso Alessandro Gilioli, in uscita venerdì 31 maggio per Imprimatur. Si raccontano le follie, le ambizioni, i personalismi e i retroscena dei vertici del Pd: il "dream team" che è riuscito a perdere quando aveva già vinto, fino alle surreali elezioni per il Quirinale e al governo delle 'larghe intese' con Berlusconi.

Per gentile concessione dell'editore, anticipiamo qui di seguito la postfazione al libro di Pippo Civati, una piccola guida per scovare i 101 franchi tiratori che del suicidio piddino sono stati gli esecutori materiali.

__________

I 101 non sono 101, sono probabilmente qualcuno in più, perché è quasi certo che sul nome di Prodi sono arrivati altri voti, oltre a quelli del centrosinistra.

E si può legittimamente pensare che Prodi avrebbe potuto essere eletto alla prima votazione in cui era stato presentato, se tutti gli elettori del centrosinistra - che avevano applaudito e votato nella riunione dei gruppi per l'ex premier e Presidente della Commissione Europea - fossero stati sinceri.

Si fa fatica a riconoscerli? Fino a un certo punto.

Non ci vogliono le spie con i baffi finti.

I miei personalissimi consigli per individuarli sono i seguenti.

Chi dice: «che noia questa questione dei 101, guardiamo avanti!» è uno dei 101 o un loro amico.

Chi alzando le spalle dichiara mortificato: «è stato un errore», sa di dire una scemenza, perché se fosse stato un errore vi avremmo riparato la mattina successiva, dopo avere passato la notte a valutarlo, questo presunto errore, a discuterne e a trovare il modo per superarlo.

Chi, quella sera, dopo la quarta votazione, si è precipitato ad affermare che Prodi non c'era più, prima che lo stesso Prodi lo dicesse, o è molto precipitoso o sa chi sono i 101 e ha una qualche relazione con loro.

Chi afferma: «quelli che non hanno votato Marini sono come quelli che non hanno votato Prodi» è fortemente indiziato, perché chi non ha votato Marini lo ha detto, chi non ha votato Prodi no. Nessuno. Ed è un fatto talmente incredibile, sotto il profilo politico, da rendere i 101 unici e pessimi.

Chi si dimostra cauto, invitando a non drammatizzare («non parlate di traditori è un'esagerazione») e in generale chi sostiene che non è poi così grave quello che è successo, o è uno dei 101 o è un loro estimatore.

Chi contrappone Prodi e Rodotà (magari ricorrendo al resistibilissimo argomento per il quale «è tutta colpa di Twitter») lo fa strumentalmente, ben sapendo che la vera contrapposizione in campo era quella tra la soluzione "con" o quella "senza" Pdl, e si colloca sulla scia dei 101.

Chi nei giorni precedenti continuava a ripetere che Prodi non era la soluzione (il "Corriere" parlò di 120 parlamentari del Pd pronti a sottoscrivere una lettera contro la candidatura di Prodi), potrebbe avere ispirato i 101 (e magari se stesso).

Ma soprattutto chi si è precipitato a chiedere l'intervento di Napolitano, chi non ha voluto nemmeno aprire il dibattito sull'elezione mancata di Prodi (che infatti non è mai stato aperto) e chi ha celebrato le larghe intese con molto slancio, è molto probabilmente un centounesimo.

Del resto, dire che i 101 sono al governo è ovviamente un'approssimazione, ma quando chi scrive lo ha affermato, non c'è stata alcuna risposta.

I 101 non parlano, non si manifestano, cercano l'oblio. Preferiscono procedere nascostamente, ben sapendo che il loro voto non dichiarato ha cambiato il corso delle cose. Ed è forse la prima volta che i franchi tiratori decidono non solo l'esito della votazione di un Presidente, ma l'intero corso di una legislatura. L'ingorgo istituzionale ha creato le condizioni perché i prossimi anni (o, forse, solo i prossimi mesi) siano stati indirizzati dal voto segreto per il Quirinale. Un habitat naturale per chi con tutta probabilità non avrebbe avuto la maggioranza per orientare in un dibattito aperto e una votazione palese il consenso del Pd.

http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... pd/2207946
iospero
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da iospero »

I 101 non parlano, non si manifestano, cercano l'oblio. Preferiscono procedere nascostamente, ben sapendo che il loro voto non dichiarato ha cambiato il corso delle cose.

E' duro accettarlo.
Amadeus

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da Amadeus »

alla conquista del selvaggio west :lol: :lol:

Renzi-Briatore, strana coppia a pranzo
Il Rottamatore e l'imprenditore si incontrano a tavola per parlare di politica insieme al manager di Benigni Lucio Presta. «Il sindaco? Lo voterei al 100%»

FIRENZE - Che ci facevano a pranzo insieme Matteo Renzi e Flavio Briatore? Venerdì, a Firenze, il (post) Rottamatore e il manager bon viveur hanno chiacchierato a lungo, gustando pesce in un noto ristorante della città. I due pare non si conoscessero di persona: a organizzare l’incontro ci ha pensato Lucio Presta (anche lui a tavola), manager di Roberto Benigni, in ottimi rapporti con Renzi, che anche quest’estate (dal 20 luglio al 6 agosto) ospiterà il comico toscano in piazza Santa Croce, dove tornerà a cantare la Divina Commedia.

A TAVOLA - Oltre che discutere di politica, non è escluso che il manager si sia offerto di dare una mano (economica) all’attività politica del sindaco-aspirante-premier. Una strana coppia a tavola, proprio nel momento in cui Renzi sta andando a caccia di consensi a sinistra, mentre Briatore dal «rosso» è sempre stato a debita distanza. Però, al fondatore del Billionare, il Rottamatore «piace perché combatte le vecchie mummie». E poi: «Renzi? Finalmente uno che dice cose normali: se si candidasse premier lo voterei al 100%».

Claudio Bozza

:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: ma a mmmPriatore non gliel'ha detto nessuno che LUI STESSO E' una vecchia mummia? non ha specchi a casa?
Amadeus

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da Amadeus »

http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... cks=true/0

Ma il Pd è una palla al piede?di Luca SappinoE' quanto sostengono Debora Serracchiani e Matteo Renzi, secondo cui i buoni risultati alle comunali sono solo merito dei singoli candidati e non del partito. Ma tra i democratici c'è chi si ribella: 'E' una stupidaggine'

«Dire che ci hanno votato nonostante il Pd è un filino supponente. Ci hanno votato perchè i candidati a sindaco, a consigliere comunale e i volontari, che nonostante tutto hanno ascoltato e fatto proposte, sono il Pd». Così Giuditta Pini, neodeputata modenese, una dei più noti nella pattuglia dei Giovani Democratici, risponde d'orgoglio a Debora Serracchiani. A confronto sono due diverse letture dei risultati delle amministrative. «Io e Ignazio Marino vinciamo nonostante il Pd: il mio partito non ha dato una mano ai suoi amministratori», dice infatti la nuova governatrice del Friuli. L'opinione però, è tutt'altro che condivisa, e il Partito non ci sta a farsi liquidare come "bad-company".

Il secondo turno delle amministrative, con quasi ovunque i candidati di centrosinistra avanti e spesso convinti della vittoria, potrebbe confermare quella che ormai è una tendenza: il centrosinistra e il Pd vincono quando il candidato è estraneo alle burocrazie romane, al Partito, e più progressista. O almeno quando come tale è vissuto. E' stato così ai tempi dei sindaci arancioni, Emiliano, Pisapia e Zedda. E' stato così per Debora Serracchiani. E ora sembra che così sarà per Ignazio Marino e per i candidati di questa tornata. La teoria vuole che questa dirigenza diffusa e insofferente possa riscattare il Pd, perché dal Pd dei palazzi romani e delle larghe intese sono cosa assai diversa. E' così?

Sì, almeno secondo Matteo Renzi: «I sindaci salveranno il partito democratico», dice a La7, il sindaco di Firenze, facendo finta di non parlare anche di se. «Non è stato il Pd ad eleggere i sindaci» spiega, perché «fare il sindaco significa sistemare le buche, tenere aperte le scuole, lavorare concretamente: quando mettiamo facce credibili, i sindaci danno una mano». Poi però Renzi aggiunge, per spegnere l'ultimo entusiasmo: «noi abbiamo fatto il sorpasso in retromarcia, perché è calata l'affluenza». Diciamo quindi che, nonostante i sindaci salvatori (spesso - si intende - renziani), «abbiamo perso meno degli altri». Merito della goodcompany, che a Roma, ad esempio, per Angelo Rughetti, renziano di Rieti, conferma che «una politica positiva, slegata dai pasticci che combina il Pd a livello nazionale, e che ha il suo riferimento nel lavoro di Nicola Zingaretti alla Regione Lazio», porta «un risultato importantissimo».

Non solo i sindaci, dunque, ma anche e soprattutto i partiti locali, che quindi scaricano le colpe su «un partito nazionale», a questo punto non si capisce bene delegato da chi. E se Giuditta Pini fa notare che dietro le vittorie dei sindaci ci sono i militanti e quel Pd tanto maltrattato, Enzo Lattuca, anche lui neo deputato, il più giovane di tutti, dice appunto che così è, ma solo nei territori: «Non è vero quello che dice la Serracchiani - secondo Lattuca - perché il Pd che vince non è il suo né quello di altri, ma è il Pd dei territori, che vince, unito, perché è cosa assai diversa dal Pd romano». Diverso e migliore, si intende, «perché chi fa politica nei territori è ancora al contatto con la realtà», cosa che a chi sta a Roma, e comanda il partito, evidentemente non riesce.

Nico Stumpo è uno di loro, forse il simbolo, quando era responsabile dell'organizzazione del Pd, con Bersani segretario. «Non c'è nessuna badcompany», dice. E il motivo è semplice: «Il voto dato al Pd è un voto dato al Pd», perché di Pd ne esiste uno, anche se complesso, che soprattutto «vince in virtù delle scelte politiche che fa». Per Stumpo è indiscutibile il valore aggiunto portato dai candidati, «che è il risultato anche di un sistema elettorale che li mette al centro dell'attenzione e della coalizione». Senza la ditta, però, andrebbero poco lontano: «anche il migliore dei candidati - dice Stumpo - se si candida altrove non prende certo i voti del Pd».

Altro uomo simbolo è il tesoriere Misiani che - prima di difendere il finanziamento pubblico, paventando la cassa integrazione per i quasi duecento dipendenti del partito - twitta: «E' una stupidaggine dire che vinciamo nonostante il Pd». Anzi, «il Pd è stato determinante per il buon risultato del centrosinistra in queste amministrative». In perfetta linea col segretario
Epifani, che (prima di dire che il suo è un compito a tempo: «Non potevo e non volevo sottrarmi al compito di aiutare il partito anche in questa fase di amministrative. Il mio impegno parte in quel giorno e finisce con il congresso») dice: «Non posso parlare di me e della mia segreteria, ma il voto incoraggia il mio lavoro e credo sia incoraggiante per tutto il Pd che è un partito forte e radicato». Ed è certamente una verità. Retwitta un pensiero affettuoso, Chiara Geloni, la direttrice di Youdem, per molti icona della burocrazia del partito romano: «Un pensiero commosso a tutti coloro che davano il PD per morto e sepolto». Il tema è però per quanto lo sarà ancora, se ovunque è in discesa, se ovunque la coalizione viene trainata dai candidati, se a Roma - ad esempio - il Pd ha perso il 48% dei voti rispetto alle precedenti comunali. Dato che non ha esentato dall'esultare il deputato Enrico Gasbarra, già presidente della provincia di Roma e coordinatore regionale del Partito: «Siamo il primo partito della città e abbiamo contribuito largamente al risultato di Ignazio».
;) ;)


il messaggio di Stumpo :
da -polvere di stelle- Vitti_Sordi
http://www.youtube.com/watch?v=GuwigKsxa3E
mariok

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da mariok »

“C’era l’accordo con Bersani, poi è saltato tutto”
Pubblicato il 3 giugno 2013 da Francesco Di Matteo

“C’era l’accordo con Bersani, poi è saltato tutto”. Nuove indiscrezioni sulle trattative tra grillini scontenti e il PD nei giorni post-voto

Non è tutto oro ciò che luccica, e non fanno eccezione le dorate stelle del MoVimento di Beppe Grillo. Nuove indiscrezioni, rivelate dal giornalista de ‘Il Fatto Quotidiano’ Loris Mazzetti, rivelano un MoVimento tutt’altro che unito, che però rimane silente per le paure dei dissidenti.


“Pierluigi aveva attaccato il telefono, pensando ad un vostro scherzo”. A raccontarlo è Loris Mazzetti, giornalista de ‘Il Fatto Quotidiano’, ai microfoni della famosa trasmissione radiofonica ‘La Zanzara’. Il giornalista racconta dei giorni precedenti alla definitiva resa dell’ex segretario del PD Pierluigi Bersani, quando una frangia di grillini, in aperto contrasto con le direttive di Grillo e Casaleggio, volevano appoggiare un governo a guida Bersani pur di non favorire l’attuazione delle grandi intese, come poi è stato, con Berlusconi e Monti. Una trentina tra sentori e deputati, come racconta il giornalista, aveva avuto contatti con l’europarlamentare Sonia Alfano, da sempre vicina alle istanze dei grillini, tramite cui volevano arrivare a trattare con Bersani un appoggio esterno al governo. Il piano era quello di fuoriuscire dal MoVimento, creare gruppi autonomi e appoggiare esternamente il governo. In cambio, si vocifera, pretendevano solo una protezione mediatica dagli attacchi di Grillo e Casaleggio e l’inserimento nel programma di governo di alcune riforme a cui i grillini tenevano particolarmente. All’inizio Bersani non ci credeva, come racconta Mazzetti, ma poi “io e Sonia abbiamo contattato il portavoce Di Traglia per spiegargli che non era uno scherzo”. E così, secondo il racconto del giornalista, i grillini hanno incontrato in Sicilia, terra nativa di Sonia Alfano, il senatore Miguel Gotor, visto che Bersani era già impegnato in un incontro con Berlusconi. Ma qualcosa evidentemente va storto, e quindi salta tutto.
Questo nuovo retroscena potrebbe spiegare la decisione di Bersani di provare fino all’ultimo a parlare con i portavoce dei grillini, Lombardi e Crimi, senza però riuscirci vista la totale chiusura in diretta streaming degli stessi. Domande ovviamente si aprono anche sul fronte del Partito Democratico visto che, magari, non erano solo i grillini ad avere dei dubbi, considerando che sono stati questi a contattare il PD. Forse, come scritto anche sulle pagine di ‘Libero’, una parte del Partito Democratico, impaziente di archiviare l’esperienza Bersani e di avviare le larghe intese con Monti e Berlusconi, ci ha ripensato rigettando dalle braccia di Barca e Vendola, che già sognavano una nuova sinistra, i grillini.

Queste nuove rivelazioni, di cui si era solo sussurrato durante le settimane cruciali post-voto, portano nuove nubi sul MoVimento di Grillo e Casaleggio. Infatti sempre maggiori sono le voci di frange di sanculotti che mal vedono la dittatura politica dei capi del MoVimento. E sempre maggiori sono le voci di scontri interni, anche se queste sono state categoricamente smentite da Roberto Fico ieri su La 7, ospite di Lucia Annunziata. Il motivo del malumore dei malpancisti sono la non condivisione della decisione di restare all’opposizione e dare all’Italia l’ennesimo inciucio, invece di collaborare con un governo riformista che, secondo le assicurazioni del PD, era anche molto vicino programmaticamente a quello dei grillini. Ci sono scontenti, scontenti che ritengono non mantenute le promesse fatte ai cittadini e accusano i capi di non aver voluto realmente cambiare il Paese. Ci sono scontenti, e questi scontenti potrebbero fare rumore.

http://www.termometropolitico.it/51195_ ... -voto.html
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

La seconda pagina de IFQ di ieri si completa con questo articolo:


il Fatto 3.6.13

Miguel Gotor
“Mi dissero di 13 senatori pronti a seguirci”

di Eduardo Di Blasi


Da storico navigato ha conservato il biglietto aereo: “Le posso dire che volai a Palermo per incontrare Sonia Alfano lunedì 8 aprile”, conferma il senatore democratico Miguel Gotor, nella cerchia più vicina all’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani che in quei giorni riteneva ancora possibile la difficile ascesa verso Palazzo Chigi.

Aveva ricevuto il mandato dal presidente Giorgio Napolitano il 22 di marzo, Bersani. Aveva iniziato delle difficili consultazioni definite poi “non risolutive”. Era infine stato “congelato” il giorno 28 di quel mese e sostituito da un gruppo di saggi di nomina quirinalizia. Eppure, come conferma lo stesso Gotor “ancora riteneva di poter essere inviato alle Camere, semmai dal successore di Giorgio Napolitano”.

Perchè lei andò a Palermo?
Sonia Alfano, che da giorni lanciava “avvisi di chiamata” sui giornali, era riuscita a contattare il segretario. Aveva spiegato che c’era un gruppo di esponenti del Movimento Cinque Stelle che sarebbe stato interessato a discutere con noi...

Su cosa?
I temi del confronto erano quelli emersi anche dall’elezione di Pietro Grasso alla Presidenza del Senato: anticorruzione, legalità e lotta alla mafia. Io, per ovvie ragioni, ero interessato a comprendere quanti senatori fossero propensi a questo dibattito con noi. E potessero eventualmente consentire l’avvio di un governo a guida Bersani.

E quanti erano?
La Alfano mi spiegò che a Palazzo Madama erano circa tredici, quindi qualcuno in più dei sette che avevano votato in coscienza Grasso alla Presidenza del Senato. Per noi, con questi numeri, la pista diventava interessante.
Anche alla Camera c’erano grillini “tiepidi” pronti a far nascere un vostro governo...
Avevamo avuto dei segnali tramite Pippo Civati. Io mi occupavo fondamentalmente del Senato, dove non avevamo la maggioranza numerica per varare il governo.
Quei senatori non avrebbero votato il vostro governo...
Questo no. Avrebbero però consentito che partisse.

In quel viaggio in Sicilia incontrò anche esponenti dei Cinque Stelle?
Ebbi un solo incontro, in un ristorante, con l’europarlamentare Alfano, eletta da indipendente nelle fila dell’Italia dei Valori. Lei mi spiegò come stavano le cose. Quello che mi riferì mi risultò credibile. Tornai a Roma nella stessa giornata.

Perchè questa possibile intesa alla fine non è riuscita a concretizzarsi?
Le dò il mio parere: perchè bisognava attendere l’elezione del nuovo presidente della Repubblica.
All’operazione non fu dato alcun risalto...
Fu tenuta riservata, certo. Si riteneva di poterla rilanciare dopo l’elezione del Capo dello Stato. Ma quella partita finì come sappiamo.
iospero
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da iospero »

Verso il congresso: Fabrizio Barca a Montebelluna il 14 giugno
"Per un'altra idea di PD" è il titolo dell'incontro tra Fabrizio Barca e Laura Puppato che si terrà a Montebelluna, presso l'Auditorium della Biblioteca comunale, il 14 giugno con inizio alle ore 20.30 e con la partecipazione di Concita De Gregorio. Per una riflessione condivisa, dopo il Manifesto "Il partito nuovo per un buon governo", di Fabrizio Barca e il documento di Laura Puppato "Il Partito Democratico che meritiamo. Appunti di viaggio verso il congresso".
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

UN PARTITO NUOVO PER UN BUON GOVERNO

Memoria politica dopo 16 mesi di governo

di Fabrizio Barca - Aprile 2013


Il pieno e il vuoto, le cose fatte e quelle apprese della mia azione di governo per la “coesione
territoriale” sono resi manifesti dai materiali raccolti nel sito http://www.coesioneterritoriale.gov.it e dal
Rapporto di fine mandato (http://www.coesioneterritoriale.gov.it/ ... iziobarca/). Questa stessa azione, ogni singola esperienza dei miei sedici mesi di lavoro, nel territorio
e a Roma, suscita una secca conclusione politica: senza una “nuova forma partito” non si governa
l’Italia.
Ovunque si pone il problema di una nuova forma partito. In Italia questo obiettivo ha rilievo e
urgenza straordinari di fronte alla sfiducia radicale e al risentimento che circonda i partiti, alla
persistente incapacità di buon governo, alla crisi culturale, prima ancora che economica e sociale,
che il paese attraversa. Queste pagine sono dedicate a sostenere questa conclusione e a
suggerire la funzione e i tratti di una nuova forma partito che permetta il buon governo. Non mi
riferirò a un partito in genere - per il quale, pure, larga parte delle considerazioni che svolgo paiono
adatte - ma a un partito di sinistra, essendo questo ciò che mi preme.
Prima di procedere, sono necessari tre caveat.
Viviamo un momento di grave crisi, internazionale, europea e ancor più italiana. Che richiede un
forte presidio di governo. Non ci sono dubbi. Tuttavia, questo presidio avrà effetto solo se
contemporaneamente sarà avviato il ridisegno dei partiti. Senza esitazioni o l’alibi che altre sono le
urgenze. Si deve cambiare, perché la crisi è figlia anche della crisi dei partiti. È un progetto per il
quale servono molte persone di buona volontà, coese e capaci di lunghi cammini.
In secondo luogo, è evidente che le difficoltà di governare l’Italia derivano anche
dall’incompiutezza e dalle incertezze dell’Unione Europea, dalla sua incapacità di fronteggiare la
seconda più grave crisi della storia del capitalismo, mettendo in discussione i paradigmi errati che
l’hanno indotta e rilanciando il disegno della cittadinanza europea. Al tempo stesso, è altrettanto
evidente che per tornare a dare un contributo politico forte all’Unione, che ne concorra a sbloccare
lo stallo – la miopia o fragilità di altri fondatori mostra quanto ce ne sia bisogno – l’Italia deve
essere ben governata. Senza una nuova forma partito ciò non mi appare possibile.
L’ultimo caveat è che non penso davvero che bastino alcuni anni di militanza giovanile in un partito
e poi i lavori di tecnico, amministratore pubblico e ministro e neppure – anche se conta più del
resto – la vicinanza profonda con un protagonista della migliore politica – mi riferisco a mio padre –
per proporre in modo solitario il programma politico di un partito nuovo. Nel razionalizzare i miei
pensieri di sedici mesi, ho fatto dunque affidamento su alcuni importanti contributi1
le cui idee mi
auguro di aver ben usato, e sulle reazioni e importanti suggerimenti di chi ha pazientemente letto
una prima, rozza versione. E, soprattutto, considero queste pagine solo un passo preliminare, che
cerca il confronto con altri saperi, sentimenti e “memorie”.
In sintesi .......................................................................................................................................... 2
1. Sei passi verso il buon governo ............................................................................................. 7
2. Stato arcaico e partiti Stato-centrici .................................................................................... 10
3. Quale governo della cosa pubblica? ................................................................................... 20
4. Per innovare la macchina pubblica servono i partiti .......................................................... 29
5. Quale partito? Il partito nuovo ............................................................................................. 34
6. Motivazioni per impegnarsi nel partito nuovo e specificità dei giovani ........................... 46
7. Interrogativi su regole e organizzazione ............................................................................. 50
ADDENDUM. Convincimenti di un partito di sinistra: esercizio di scrittura ........................... 53
1
Voglio citare: Ignazi, P. (2012) Forza senza legittimità. Il Vicolo cieco dei partiti, Laterza; Rescigno, G.U. (2008) Corso
di diritto pubblico, Bologna, Zanichelli; la raccolta tematica di saggi su Politica e partiti della rivista “parole Chiave” (n.47,
2012), Revelli, M. (2013), Finale di partito, Torino, Einaudi; oltre che lo straordinario schema analitico di Amartya Sen
(cfr. in particolare Sen, A. (2009) The Idea of Justice, Harvard University Press; Sen, A. (2010) L’idea di Giustizia,
Mondadori) e la visione dello sperimentalismo democratico di Charles Sabel (cfr. le sintesi in Sabel, C.F. e Zeitlin, J.
(2012) “Experimentalist Governance”, in The Oxford Handbook of Governance, Oxford University Press e in Sabel, C.
(2012), “Dewey, Democracy and Democratic Experimentalism”, Contemporary Pragmatism, Vol. 9, No. 2). 2
In sintesi
L’esperienza di sedici mesi di governo e le considerazioni svolte in questa memoria
suggeriscono che per “concorrere con metodo democratico a determinare la politica
nazionale” e assicurare un buon governo, è necessario che i partiti, ai quali la nostra
Costituzione affida questa funzione, si separino dallo Stato con cui si sono in Italia
perversamente affratellati, fino al “catoblepismo”, per divenire rete materiale e
immateriale di mobilitazione di conoscenze e di confronto pubblico, informato, acceso,
ragionevole e aperto di idee e soluzioni con cui incalzare lo Stato. Solo così lo Stato
potrà rinnovarsi.
L’aggravante peculiare della crisi italiana, con la prolungata assenza di buon governo,
sta nel concorrere di una macchina dello Stato arcaica e autoreferenziale e di partiti
Stato-centrici, ai quali hanno contribuito le regole del finanziamento pubblico e la deriva
culturale del paese. Al deterioramento di tutte le fasi del processo di costruzione
dell’azione pubblica si sono così accompagnati: il perseguimento crescente di beni
particolari anziché del bene pubblico; comportamenti abusivi di tale gravità da creare
un solco profondo tra cittadini e “politici”; il blocco dei normali meccanismi di
rinnovamento delle classi dirigenti, con lo scatenamento di insensati conflitti
generazionali; una perdita di fiducia nei nostri stessi mezzi.
Se e quale nuova forma dare ai partiti, più in particolare a un partito di sinistra,
comunque lo si voglia chiamare quello che corrisponde ai miei convincimenti, discende
dal giudizio che diamo sul metodo di governo della cosa pubblica che può rinnovare e
rilanciare il paese.
Lo sperimentalismo democratico
In linea con un crescente corpo di esperienze in tutto il mondo e con la prassi della mia
esperienza di amministratore, suggerisco che tale metodo debba essere quello dello
“sperimentalismo democratico”. Esso supera l’errore che la soluzione “minimalista” – o
liberista, magna pars della crisi internazionale che viviamo – condivide con molte
applicazioni concrete della soluzione “socialdemocratica”, ossia l’ipotesi che alcuni,
pochi individui, gli esperti, i tecnocrati, dispongano della conoscenza per prendere le
decisioni necessarie al pubblico interesse, indipendentemente dai contesti. Ed evita 3
l’altro, nuovo errore della nostra epoca, quello di pensare che la “folla” possa esprimere
quelle decisioni in modo spontaneo, attraverso la Rete. In presenza di incertezza
elevata, tecnologia mutevole, istruzione di massa e preferenze degli individui assai
differenziate e influenzate dai contesti, la macchina pubblica deve piuttosto costruire un
processo che promuova in ogni luogo il confronto acceso e aperto fra le conoscenze
parziali detenute da una moltitudine di individui, favorisca l’innovazione e consenta
decisioni sottoposte a una continua verifica degli esiti, sfruttando le potenzialità nuove
della Rete e dando continuamente forma alle preferenze e alle scelte nazionali.
Costruire in Italia questo metodo di governo della cosa pubblica richiede un “passo del
cavallo”, che, in una mossa sola, adegui finalmente la macchina pubblica ad alcuni
metodi e prassi che la soluzione socialdemocratica e la soluzione minimalista ci hanno
da tempo consegnato, e realizzi i requisiti propri dello sperimentalismo.
Il partito palestra
A questo fine, per realizzare i profondi cambiamenti che la procedura deliberativa
aperta richiede e superare le dure resistenze che il rinnovamento incontrerà in coloro
che dalla perversa fratellanza fra parti e Stato hanno tratto guadagno e potere, sono
necessari un aperto e governato conflitto sociale e la coesione attorno ad alcuni
convincimenti generali che parlino ai nostri sentimenti.
Serve allora un partito di sinistra saldamente radicato nel territorio che, richiamandosi
con forza ad alcuni convincimenti generali, solleciti e dia esiti operativi e ragionevoli a
questo conflitto. Serve un “partito palestra” che, essendo animato dalla partecipazione
e dal volontariato, praticando volontariato e traendo da ciò la propria legittimazione e
dagli iscritti e simpatizzanti una parte determinante del proprio finanziamento, sia
capace di promuovere la ricerca continua e faticosa di soluzioni per l’uso efficace e
giusto del pubblico denaro. Serve un partito che torni, come nei partiti di massa, a
essere non solo strumento di selezione dei componenti degli organi costituzionali e di
governo dello Stato, ma anche “sfidante dello Stato stesso” attraverso l’elaborazione e
la rivendicazione di soluzioni per l’azione pubblica. Serve un partito che realizzi questi
obiettivi sviluppando un tratto che nei partiti di massa tendeva a rimanere circoscritto
alle “avanguardie”, ossia realizzando una diffusa “mobilitazione cognitiva”. 4
Il partito di sinistra che serve al paese non è, dunque, il partito scuola di vita (e di lotta),
il partito di massa dove si ascoltano bisogni e si insegna “la linea” per ottenere
soddisfazione di quei bisogni e costruire il nuovo “avvenire” prefigurato dalla cultura di
partenenza. Non è certo il partito di occupazione dello Stato, dove si vende e si compra
di tutto: prebende, ruoli, pensioni, appalti, concessioni, ma anche regole, visioni, idee.
Non è neppure il partito liquido, quello della crisi della politica, vetrina dove sono in
mostra manichini e prodotti dell’“offerta politica”, nefasta influenza dell’economia sulla
politica. È un partito palestra che offre lo spazio per la mobilitazione cognitiva, per
confrontare molteplici e limitate conoscenze, imparare ognuno qualcosa, confrontare
errori, cambiare posizione, costruire assieme soluzioni innovative per stare meglio e gli
strumenti e le idee per farle vincere; e permettere così anche che dal confronto
collettivo si profili e vada emergendo un avvenire più bello per i nostri pronipoti con
tratti che oggi non possiamo anticipare.
Se la sinistra costruirà questo partito, muovendo dai partiti che esistono, segnatamente
dal Partito democratico, dalle esperienze in corso, dalle strutture territoriali che tentano
già oggi di operare nel nuovo modo, le forze politiche che si raccolgono attorno a
culture e convincimenti diversi saranno spinte a rinnovarsi anche esse, dando vita a
una sfida alta, necessaria al rilancio del paese.
Né corpi intermedi della società rappresentativi di interessi del lavoro, o dell’impegno
civile, pur fondamentali, né la Rete (il web, internet), pure piattaforma potente dello
sperimentalismo democratico, possono sostituire i partiti come interfaccia fra società e
governo della cosa pubblica. Sono le idee e le soluzioni innovative maturate dal
confronto, necessariamente teso e problematico, di individui con interessi, conoscenze
e valori diversi che possono alimentare e sospingere la macchina dello Stato nella
direzione richiesta dallo sperimentalismo.
Partito che muova i sentimenti e si separi dallo Stato
Il partito nuovo di sinistra disegnato su queste basi deve prima di tutto contare su
alcuni convincimenti generali condivisi e su una visione di lungo periodo per l’Italia e
per l’Europa: per la forza attrattiva e la carica simbolica che ne derivano e per disporre
di un linguaggio e di criteri con cui assumere decisioni all’interno e dialogare con
l’esterno. Cosa intenda per quei convincimenti, in tema di giustizia, diritti e doveri, 5
cultura, lavoro, beni pubblici e governo dell’economia, mi arrischio a renderlo esplicito
nell’esercizio di scrittura dell’Addendum. Su queste basi, il partito potrà mobilitare e
produrre conoscenze sulle azioni pubbliche che sono necessarie per soddisfare i
bisogni e le aspirazioni di noi cittadini, costruendo uno spazio avvincente di confronto
pubblico informato, acceso e ragionevole. Che sia interessante per, e aperto al
contributo di, individui e associazioni genuinamente e testardamente indipendenti. E
che risponda così a una domanda di impegno per obiettivi collettivi che non trova oggi
adeguata soddisfazione.
Il partito nuovo sarà rigorosamente separato dallo Stato, sia in termini finanziari,
riducendo ancora il finanziamento pubblico e soprattutto cambiandone e rendendone
trasparente metodo di raccolta e impiego, sia prevedendo l’assoluta separazione fra
funzionari e quadri del partito ed eletti o nominati in organi di governo, sia
organizzandosi in modo da attrarre il contributo di lavoro (volontario o remunerato) di
persone di buona volontà per periodi limitati di tempo, sia stabilendo regole severe per
scongiurare ogni influenza del partito sulle nomine di qualsivoglia pubblico ente. Sono
queste le condizioni affinché il partito sia di effettivo sprone per lo Stato, chiunque lo
governi, e affinché iscritti e simpatizzanti nonché dirigenti locali da quelli scelti, abbiano
l’incentivo a impegnarsi nella mobilitazione cognitiva e tornino a essere determinanti
per la selezione della dirigenza nazionale.
In questo partito i sentimenti dell’egoismo e dello spirito pubblico, da una parte, e
dell’indipendenza e dell’imitazione dall’altra, trovano modo di manifestarsi come sprone
all’impegno cognitivo, soprattutto per i giovani. Nel modo stesso di operare del partito
nuovo e nello sperimentalismo che esso sollecita nella macchina pubblica trova
progressivo superamento lo scarto tra democrazia e tecnocrazia, tra principio di
competenza e principio di maggioranza.
Affinché l’ipotesi di partito nuovo preliminarmente abbozzata in queste pagine divenga
un programma politico è indispensabile disegnare regole, incentivi, sanzioni, schemi
organizzativi adatti alla forma descritta. Ed è necessario costruire un percorso,
graduale o brusco, con cui raggiungere l’assetto desiderato, muovendo dai partiti di
sinistra che esistono, segnatamente dal Partito democratico, dalle sperimentazioni
importanti che essi hanno realizzato, dal capitale di impegno, passione e intelligenza 6
che hanno raccolto e dispiegato, dai circoli e unità territoriali in cui sono articolati. Se
questa mia memoria solleverà l’interesse che mi auguro e se i contributi e le critiche
che verranno daranno forma a una compiuta e condivisa ipotesi di partito nuovo, questi
due decisivi passi potranno essere compiuti.
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