quo vadis PD ????

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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paolo11
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da paolo11 »

mariok ha scritto:Gli va riconosciuto, comunque, di essere una persona corretta. Almeno non si è fatto prima eleggere.
Caro mariok.Me lo aspettavo da tempo da parte di Follini.
Una cosa è certa una DC come una volta non può tornare.Almeno con questo Papa.
Ciao
Paolo11
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

Continua I

Inizia così il Discorso di Alcide De Gasperi alla conferenza di pace di Parigi del 10 agosto 1946


Prendo la parola in questo consesso mondiale e sento che tutto tranne la vostra cortesia è contro di me: è soprattutto la mia qualifica di ex nemico, che mi fa considerare come imputato, l'essere arrivato qui dopo che i più influenti di voi hanno già formulato le loro conclusioni in una lunga e faticosa elaborazione.

Non corro io il rischio di apparire come uno spirito angusto e perturbatore, che si fa portavoce di egoismi nazionali e interessi unilaterali?

Signori, è vero, ho il dovere innanzi alla coscienza del mio paese e per difendere la vitalità del mio popolo di parlare come italiano, ma sento la responsabilità e il diritto di parlare anche come democratico antifascista, come rappresentante della nuova Repubblica che, armonizzando in sé le sue aspirazioni umanitarie di Giuseppe Mazzini, le concezioni universalistiche del cristianesimo e le speranze internazionalistiche dei lavoratori, è tutta rivolta verso quella pace duratura e ricostruttiva che voi cercate e verso quella cooperazione fra i popoli che avete il compito di stabilire.

Detto questo, occorre però valutare le due fasi storiche. Quella in cui ha operato De Gasperi e quella attuale.

De Gasperi opera, tra mille difficoltà, in una fase completamente nuova. Il fascismo è alle spalle, molti fascisti stanno nelle patrie galere fino a quando il guardasigilli Togliatti metterà mano all’amnistia. L’Italia è diventata repubblicana, e ha una gran voglia di riscattarsi, di crescere.

Questa fase invece è una lunghissima transizione dalla Seconda alla Terza Repubblica, in cui tutti gli elementi che hanno portato al disfacimento dello Stato e al fallimento dei partiti sono tutti ancora lì presenti e cementificati in modo tale da rendere inutile qualsiasi operazione di reale rinnovamento.

Volendo fare un paragone con l’Italia del primo dopoguerra, è come se antifascisti e fascisti si fossero messi insieme per governare l’Italia.

Un’assurdità per l’Italia del dopoguerra che nessuno avrebbe mai osato minimante prendere in considerazione, dall’antifascista Togliatti, all’antifascista Nenni, all’antifascista De Gasperi.

Ergo, la prima considerazione da farsi è che governare questa fase risulterebbe difficile anche ad un “gigante” come De Gasperi, perché allo statista trentino è stato tutto reso più facile dall’azzeramento del fascismo.

La seconda considerazione è che io di De Gasperi non ne vedo in giro. Vedo tanti nanetti che si agitano ma nessuno all’altezza della situazione.

Continua II
peanuts
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da peanuts »

Oggi uno del pd ha partecipato alla conferenza stampa di Ilaria Cucchi, attaccando tra l'altro le parole ingiuriose, schifose, repellenti pronuncciate a suo tempo da giovanardi (al quale auguro quelle sofferenze moltiplicate per 1000000000000)
Tutto giusto.
Ma...

CHI CI STA AL GOVERNO CON GIOVANARDI, IO?
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

Continua III


Non è un segreto per nessuno la mia valutazione sul possibile premier Bersani. Carta canta, è stata da me espressa più volte sul forum. Niente di personale ma solo una valutazione politica in relazione allo stato dell’arte.

Bersani non era adeguato ad affrontare problemi di questo livello.

Questo anche perché non è mai stato in grado di fissare la barra del Pd e obbligare le 22 tribù a seguirlo.

In realtà si è verificato l’esatto contrario in cui Bersani ha dovuto seguire le imposizioni delle tribù maggioritarie in un’avventura che al verdetto delle urne è stata completamente bocciata.

L’alleanza con Casini, poi Monti e Fini.

Se non aveva il polso per dominare la sua situazione casalinga, non poteva di certo averlo in mare aperto con le pressioni degli altri partiti e una crisi che miete vittime in tutto il mondo Occidentale.

Se fossimo stati nel periodo dell’oro, un giro di giostra anche a Bersani non avrebbe comportato la rovina dell’Italia.

E se Bersani non era all’altezza della situazione meno che meno lo è Renzi.

Bersani è stato presidente di Regione tra il 1993 e il 1996.

E’ stato Ministro dell'Industria, Commercio e Artigianato nei governi Prodi I eD'Alema I, Ministro dei Trasporti e della Navigazione nei governi D'Alema IIe Amato II, Ministro dello Sviluppo Economico nel governo Prodi II.

Questo significa che ha alle spalle un’esperienza ministeriale che dura da 17 anni.

Ora, non esiste, da nessuna parte al mondo, che al miglior classificato di un corso universitario di medicina venga affidato l’incarico di primario in un’unità ospedaliera.

Tutti, come in moltissime altre discipline, si sottopongono alla “gavetta”.

Nessuno affiderebbe mai e poi mai la sala operatoria ad un medico appena laureato anche se a pieni voti.

Eppure da noi, in politica dopo 35 anni dalla caduta dal fascismo si torna tranquillamente alla pratica mussoliniana, dove senza esperienza alcuna e senza “gavetta”, ci si mette a dirigere ducescamente la baracca.

Il primo a ripristinare la pratica mussoliniana e stato San Bettino Craxi martire.

Con zero esperienza ministeriale si è trasformato in duce.

Ovviamente, il secondo mussoliniano, manco a dirlo è Silvio Berlusconi.

Zero esperienza politica, subito presidente del Consiglio. Peggio ancora di Mussolini.

Almeno il suo amico Bettino aveva masticato politica fin dal 1946, guarda caso proprio nella ex Stalingrado d’Italia, inviato dalla federazione di Milano per punizione. Era troppo di destra.

Il terzo adepto mussoliniano manco farlo apposta è il Conte Max.

Anche lui senza esperienza ministeriale anche se con anni di politica alle spalle, diventa primo ministro grazie alle trame di palazzo di Cossiga.

Continua IV
mariok

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da mariok »

POLITICA
07/06/2013 - RETROSCENA

Primarie, regole, tessere
Trappole Pd per Renzi


Ma i suoi avvertono:
“Se gli danno pretesti,
non si candiderà”

CARLO BERTINI

ROMA
Si sa che il diavolo si nasconde nei dettagli e così se è vero che Matteo Renzi ha in animo di candidarsi alla segreteria del Pd, altrettanto vero è che starà ben attento a evitare le «trappole» che il nuovo regolamento congressuale allo studio nelle segrete stanze potrebbe riservargli.

Trappole che potrebbero portare all’elezione di un segretario di fatto «commissariato» dalle varie correnti e che Renzi di sicuro non ingoierà senza colpo ferire.

La prima: il congresso che «parte dalla base», come dice Epifani, cioé nei circoli e nelle federazioni provinciali e regionali, con un confronto sulle «idee e sui temi» slegato dalla lotta dei concorrenti alla segreteria, potrebbe determinare alla fine del percorso una fotografia inedita: un segretario eletto con le primarie nazionali privo però di una «sua» maggioranza nel «parlamentino» di nuovo conio; una sorta di «coabitazione», in cui il leader legittimato dai gazebo potrebbe trovarsi a fare i conti con organismi dirigenti, Direzione e Assemblea nazionale, potenzialmente non «allineati», perché espressione di altri equilibri territoriali. O frutto di patti trasversali e interessati tra le varie tribù.

Ma la questione ben più spinosa, sulla quale il rottamatore (che domani vedrà Letta a quattr’occhi prima dell’incontro pubblico a Palazzo Vecchio) non cederà facilmente, è quella delle primarie, «perché se gli danno pretesti per fargli dire no grazie, Matteo saluta baracca e burattini», assicurano i suoi deputati. «Lui è in campo solo se possono votare tutti i cittadini, altrimenti tanti saluti, continua a fare il battitore libero»; e invece le primarie per l’elezione del segretario potrebbero essere riservate solo ai vecchi e nuovi iscritti, con la creazione di un albo degli elettori del Pd chiuso due settimane prima dell’apertura dei gazebo.

In quel caso si ripresenterebbe per il «rottamatore» uno scoglio analogo a quello vissuto nella disfida con Bersani, ma diverso nei termini. Anche stavolta non potrebbe contare sul voto di quelli che decidono la mattina della domenica di andare ai gazebo, ma in aggiunta potrebbe subire pure gli effetti di un tesseramento, come lo definisce un «giovane turco», «gonfiato» dalle nomenklature interessate a far iscrivere alle primarie più gente possibile con un obolo di 15 euro ciascuno (anche per rinforzare le casse del partito).

Cambiando le regole con cui si sfidarono Bersani e Franceschini nel 2009 si strozzerebbe la partecipazione spontanea scendendo ben al di sotto del milione di votanti, «ma si avrebbe la certezza che sono tutti del Pd», dicono i sostenitori di questa modifica. Di questo si discute tra i membri della commissione congresso, soprattutto tra bersaniani e dalemiani tanto per capirsi. I quali fanno notare che una volta sancito il principio della separazione tra segretario e candidato premier, a maggior ragione la platea che elegge il capo del Pd dovrà essere di militanti e sostenitori. Certo così facendo la partita si complicherebbe assai per Renzi, «in effetti sarebbe molto insidiosa per lui», ammettono con un mezzo sorriso. Facendo notare che il rischio di gestire il Pd con un’assemblea non allineata è «farsi logorare per due anni, ci deve pensare bene».

Epifani ammette che gli organismi dirigenti del Pd sono troppo vasti, 250 persone per la direzione e 1000 per l’assemblea nazionale sono troppe; e conferma che il processo di riscrittura delle regole culminerà a metà luglio in un’assemblea nazionale che voterà le modifiche allo statuto concordate collegialmente. E gli oppositori più strenui a «primarie chiuse» per il segretario dovrebbero essere anche «i giovani turchi», che contano ben tre membri in commissione congresso, che non ne vogliono sapere di farsi sparare addosso «dalla rete»; e che in questa partita si divideranno dai dalemiani, anche loro in forza nell’organismo che decide, mentre a Renzi è stato assegnato solo un rappresentante...

http://www.lastampa.it/2013/06/07/itali ... agina.html
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

Continua IV


Il quarto adepto mussoliniano è, diversamente dagli altri, ancora in itinere.

Ci sta tentando da oltre un anno nel cercare di sfondare. Ha ritenuto che il momento giusto per calare le carte fossero le primarie del Pd del 2012, le ha perse, ma non desiste. E’ Matteo Renzi.

E’ anche per questa caratteristica di mirare al bersaglio grosso senza alcuna esperienza che è identico a Berlusconi.

Con zero esperienza ministeriale, Renzi si propone da oltre un anno come il nuovo GHE PENSI MI’.

Però più sgiovane, l’altro l’è ammuffito tanto che somiglia ad una mummia cinese.

“Se lo ha fatto Mussolini, se lo ha fatto Craxi, se lo ha fatto Berlusconi, se lo ha fatto Dalemoni, perché non posso farlo anch’io. Mi basta l’esperienza di Presidente della Provincia e quella di sindaco e tutto è posto”, è questo quello che pensa il sindaco di Firenze.

Siamo quindi nell’ambito della sezione “Eterni Padreterni”.

Poi di Berslusconi ha adottato la modalità di ricerca del consenso.

Quello che per lui conta in assoluto è portare a casa consenso. Come, poi, non ha nessuna importanza. Basta acchiappare, soprattutto a destra, continua ad insistere, dimenticando che qualcuno potrebbe anche conoscere cosa sono “le affinità elettive in politica”.

Quindi, come Berlusconi parla alla pancia della gente.

Ascolta quali sono le doglianze in generale degli italiani e poi le cavalca tutte quante,….le fa sue.

Non è del tutto casuale la sua apparizione ad Amici in versione Fonzie. Tutto sempre con l’obiettivo mirato e strategico di accaparrare voti. Vanno bene anche quelli degli scienziati della politica di “Amici”.

E’ come per la pecunia,…..non olet.

Poi, proprio come Berlusconi, in versione vittimistica da Asilo Mariuccia, ci propina, fermamente convinto che siamo tutti scemi: “Dalla De Filippi ci sono stati anche Don Ciotti e Gino Strada ma non ha detto niente nessuno”

Ma bischero, forse che Don Ciotti e Gino Strada ci sono andati per raccattare consensi per diventare premier ed anche loro si sono vestiti da Fonzie per apparire uno di loro e tentare di sedurli?

Renzi pensava che fatto fuori Bersani gli si aprisse un’autostrada. Non aveva previsto Letta.

Tutte le sollecitazioni e gli appunti al governo Letta, fatte dal sindaco di Firenze negli ultimi 20 giorni, non sono stati fatti nell’interesse degli italiani, ma nel suo esclusivo interesse personale. Sono finalizzate alla sua lotta di potere all’interno del Pd.

Dal punto di vista della comunicazione spicciola significano tutte: “Se ci fossi io al vostro posto si che saprei fare girare la baracca, non voi state solo perdendo tempo”.

La lotta di potere nel Pd ora è tutta democristiana tra Renzi e Letta.

Infatti, Letta ieri risponde che vedrebbe molto bene la segreteria del Pd in mano a Renzi. Un modo come un’altro per relegare l’avversario di Palazzo Chigi nelle maglie del partito senza disturbare il manovratore.

E’ il ritorno al passato democristiano che si è cibato a lungo di queste lotte di potere interne nel dopo De Gasperi. I democristiani sono dei maestri assoluti in queste cose.

E’ per questo motivo che l’Ulivo e poi il Pd non sono mai diventati qualcosa di diverso dai partiti d’origine, come era in principio il disegno prodiano, ma sono diventati tutti appassionatamente scudocrociati (anche gli ex Pci di buona speranza).

Renzi, anche se cerca di nasconderlo, è fortemente assetato di potere. Quindi niente di nuovo sotto il sole. Si tratta del solito giovane nel fisico, con appetiti superiori a quelli dei suo colleghi anziani che ha cercato di Rottamare. Vai via di lì che mi ci metto io.

Soprattutto in questi mesi sfruttando la situazione che gioca decisamente a suo favore.

Dopo Craxi, D’Alema, Berlusconi, Renzi tenta la fortuna in questa direzione. Fare il salto della quaglia che lo porti direttamente a Palazzo Chigi.

Letta & Co, invece cercano di piazzarlo alla segreteria perché sanno che verrebbe stritolato dalle correnti.

Su questa strategia, da vecchi democristiani consumati non hanno tutti i torti. Nel partito democristiano le correnti prevalgono abbondantemente sul segretario.

Renzi invece ha sempre in mente il ruolo esclusivo di GHE PENSI MI a Palazzo Chigi.

“Vi fò vedere io chillè il Renzi”

Il terzo elemento che rende simili Renzi e Berlusconi è la furbizia innata che entrambi cercano di celare, ma che hanno in sovrabbondanza.

Non fanno nulla che non rappresenti solo ed esclusivamente il proprio tornaconto personale.

E’ del tutto casuale che il “prezzemolo” Renzi sia per il semipresidenzialismo?

E’ certamente nel suo preciso interesse che il presidente della Repubblica non sia più un arbitro ma un capo politico.

E’ il rafforzamento del suo sogno di potere.

Visto il transitorio storico che stiamo attraversando, da un certo punto di vista Renzi è ancora più pericoloso di Berlusconi.

Berlusconi è stato convinto da Craxi a scendere in politica perché il CAF non era più in grado di garantirgli protezione.

Doveva farlo per forza se voleva difendere le sue aziende che marcavano un passivo di 7mila e passa miliardi di vecchie lire e se voleva difendersi dalla magistratura (quello che la criminalità organizzata di stampo politico farà passare per persecuzione della magistratura).

Renzi invece non è costretto né dalla magistratura, né da immenso disavanzo del patrimonio.

E’ mosso solo dalla necessità di soddisfare una forte e sfrenata ambizione di potere fine a se stesso.

Dopo vent’anni di berlusconismo che è stato in grado di conglobare l’opposizione rossa, mandando a scatafascio l’intero Paese, proporre agli italiani altri anni di berlusconismo camuffato da renzismo, è un augurio sadico nei confronti del popolo italiano.

Anche se, osservando i sondaggi di Weber di stamani, questa settimana gli italiani hanno piazzato al primo posto Renzi alla pari con Napolitano nelle loro preferenze (55 %)

Se vogliono fare la fine del topo cadendo dalla padella nella brace non puoi opporti. Avanti c’è posto, basta che si attrezzino di fruste varie e vestiti di pellame come indicato da Leopold von Sacher-Masoch.

Il popolo dei devoti di St. Thomas, oggi diventato così numeroso ha bisogno di toccare con mano per credere.

Sembra che sia molto difficile capire prima come stanno le cose. E questo spaventa non poco pensando alla sorte di questo Paese.

E’ già successo lo stesso fenomeno con Monti 18 mesi fa.

Prima lo adoravano come salvatore della Patria dandogli un consenso al 71 % (ben superiore a quello odierno per Renzi – 55%).

Oggi però non si ricordano neppure chi sia.

Sinistri di queste parti mi hanno sottoposto per mesi ad una dura ed esasperante battaglia in cui stravedevano per Monti ed erano certissimi del suo valore e del risanamento della società italiana.

Poi verso ottobre dello sorso anno quando il vento è cambiato, si sono scagliati contro il Monti traditore, con una violenza inusitata come solo sono use fare le fidanzate e le mogli tradite, rivolgendogli epiteti che neppure io da avversario dichiarato mi ero mai permesso di rivolgergli.

Cercavo solo all’epoca di spiegargli da subito che era inadeguato per le scelte messe in campo.

Tra le fidanzate tradite abbiamo letto che ci si è messo pure Eugenio Scalfari.

Anche lui ha dovuto toccare con mano per credere e capire. Ma le sue prediche settimanali a favore di Monti reiterate per mesi e mesi mi hanno indotto a cessare l’acquisto quotidiano La Repubblica per sfinimento e rottura di balls.
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

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La Stampa 7.6.13
Civati: Matteo teme Letta e di restare in mezzo al guado
“Era contrario ai doppi incarichi, ma spesso cambia idea”
«Io sono radicalmente alternativo al centrodestra, così voglio il nostro futuro»
di A. Mala.

Transatlantico, divanetto rosso, Pippo Civati è circondato da un po’ di colleghi. Discutono della pancia agitata dello strano condominio di centrosinistra in cui si trovano. Lui, Civati, è appena tornato da un incontro con Stefano Rodotà. Si sentono spesso col Professore. Idee comuni. Immaginano un partito che stia più vicino agli elettori. Soprattutto che stia più a sinistra. «Rispetto a questo è facile no? ». Gioca. Ma neanche troppo. E diventa immediatamente serio quando il discorso scivola su Matteo Renzi, che una volta era suo amico - parlavano lo stesso linguaggio rottamatorio e che oggi è diventato concorrenza diretta. Chi lo guida il partito domani? Il rivale è strafavorito. Eppure.
Civati, Renzi vuole fare il segretario.
«Due settimane fa era pieno di dubbi. Non sapeva come muoversi. Adesso dice che la carica non sarebbe incompatibile con quella di sindaco di Firenze. Sostiene spesso cose molto diverse tra loro. Un tempo, ad esempio, era molto preoccupato dall’idea dei doppi incarichi».
Perché oggi non lo è più?
«Pensa alla premiership. E ha paura che Letta allunghi il passo. In questo caso la sua corsa diventerebbe più complicata. Era la grande speranza, adesso ha paura di rimanere in mezzo al guado».
Come sarebbe il partito di Renzi?
«Boh. A me interessa immaginare come sarebbe il partito di Civati».
Dica.
«Alternativo al centrodestra. Ma in modo netto. E’ uno dei motivi per cui oggi io ho qualche problema nel Pd. Un partito di cui Renzi non sembrava volersi occupare. E’ anche per questo che ci allontanammo».
Il presidente della Regione Lazio, Zingaretti, sostiene che Epifani non avrebbe potuto scegliere diversamente il nuovo gruppo dirigente, ma che è arrivato il momento di finirla con le conventicole.
«Benvenuto tra di noi. E’ bello che se ne accorga adesso. Le scelte che fa Epifani sono esattamente in linea con quelle che ha fatto il partito negli ultimi due mesi. Il problema politico è sul tappeto da un pezzo».
Vero. Ma il problema politico riguarda anche lei. Perché sulla proposta Giachetti di riforma elettorale prima ha detto sì e poi si è adeguato alle direttive del gruppo?
«Per mostrare anche plasticamente le contraddizioni quasi irrisolvibili che ci sono al nostro interno. Una situazione che si è cristallizzata dopo l’intervento del Capo dello Stato alla Camera».
Anche lei èconvinto che Napolitano faccia il capo del governo oltre che il Presidente della Repubblica?
«Mi pare che nessuno possa negare l’influenza fortissima che il Presidente esercita sul governo e sul Parlamento».
Le riesce la fusione a freddo con un pezzo di M5S?
«Non ho mai fatto scouting. Non comincerò ora. La parte dialogante del Movimento è piena di ingenuità. E la parte più aggressiva del gruppo, a cominciare da Grillo, attaccando tutti finisce poi per non attaccare nessuno. Hanno avuto un’occasione storica. E l’hanno sprecata».
iospero
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da iospero »

CIVATI pIPPO, Fabrizio Barca, Renato Soru, Walter Tocci e molti altri

a REGGIO EMILIA PER LA TRE GIORNI 5, 6 e 7 luglio 2013

POLITICAMP CON GIUSEPPE CIVATI
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

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Cose di casa Diccì - 1


lunedì 10 giugno 2013
Due successive Direzioni del Partito avevano escluso (all’unanimità) qualsiasi possibilità di una alleanza con Berlusconi e che il Partito su questa linea - e non su un’altra! - aveva ottenuto i nostri voti alle politiche di Febbraio. Ma secondo Macaluso se il Pd adesso sta con Berlusconi non si tratta di "tradimento"...


l’Unità 10.6.13
Il gioco sporco di chi accusa il Pd di tradimento

di Emanuele Macaluso


Non è certo la prima volta che in Italia il sistema politico si inceppa e non è in grado di esprimere governi che corrispondano alle attese popolari e alla stessa nazionalità politica. Oggi il Paese si trova in uno di questi momenti.

Sulle ragioni per cui è in carica un «governo di necessità» come l'ha definito il direttore di Repubblica, si è discusso e polemizzato, a destra e a sinistra. Soprattutto a sinistra. Tuttavia, la cosa che più colpisce in queste polemiche è la posizione di chi contesta radicalmente l’operazione politica che ha indotto il Pd a formare il governo con il Pdl e Scelta civica, presieduto da Enrico Letta, senza mai dire se c’era un’alternativa.

Ieri, Furio Colombo ha risposto a un lettore de il Fatto che chiedeva di riavere indietro il voto dato al Pd dopo che questo partito è al governo «insieme al peggiore avversario che avevamo».

Colombo risponde: «Ha ragione l’autore della lettera. Non avevamo votato per uno scherzo incomprensibile agli italiani, o almeno ai dieci milioni che hanno creduto di votare a sinistra». Anche lui vuole restituito il voto. Non capisco però, perché Colombo parli a nome di dieci milioni di elettori del Pd!

E anche lui, che non è uno sprovveduto, non dice quale era l’alternativa che aveva il Pd, partito di cui è stato parlamentare per molti anni e quindi ne conosce anche i limiti.
Nel momento in cui si fece il governo non c’erano altre alternative.

I tentativi fatti da Bersani per fare un governo con il sostegno dei parlamentari di Grillo e Casaleggio sono registrati in un video che rivela il degrado della politica incarnata proprio da chi urla contro la politica. C’è chi pensa che l’errore del Pd sia rintracciabile nel fatto che, esaurita la partita del governo con il sostegno di pezzi del gruppo dei grillini e aperta la partita della presidenza della Repubblica, Bersani e i suoi non sostennero la candidatura di Stefano Rodotà.

È il cavallo di battaglia di Vendola e de il Fatto, di alcuni pezzi grossi e piccoli di Repubblica e di qualche parlamentare del Pd. Bersani e i dirigenti di quel partito fecero errori seri nella vicenda politica apertasi dopo il deludente risultato elettorale, ma la sua ostinazione nel ricercare un rapporto con i grillini era anche condizionato dalle posizioni di Sel e di giornali come Repubblica e il Fatto. Pensare che il Pd potesse votare Rodotà è una balla che non riguarda il professore, degnissima persona, ma il fatto che Grillo usava solo strumentalmente il giurista facendo di tutto per non trovare una convergenza.

La quale era possibile solo se il movimento Cinque Stelle avesse fatto un passo politico verso il Pd, al quale, invece, continuava a sputacchiare.

Nel 1955, in piena guerra fredda, il Pci votò Gronchi alla presidenza della Repubblica, il quale incontrò Di Vittorio e gli anticipò il discorso che avrebbe fatto che poi fece sul ruolo del mondo del lavoro, rompendo i vecchi schemi centristi.

Nel 1964 il Pci votò Saragat e il suo partito firmò un documento (siglato da Natta e da me) con cui chiedeva i nostri voti. Tutti i presidenti eletti con il voto del Pci o del Pds sono stati concordati con le altre forze politiche. Ma c'è di più. Nei gruppi parlamentari del Pd, dopo gli esiti disastrosi delle candidature di Marini e Prodi (il quale era nella rosa di Grillo), se fosse stato messo in votazione Rodotà, i franchi tiratori sarebbero stati duecentocinquanta e il Pd non ci sarebbe più. Io potrei dire: l’avevo detto! Ma sarebbe da irresponsabile. Cosa restava nel centrosinistra? Nulla.

Insomma, non dovrebbe essere difficile capire che nel corso delle elezioni del Capo dello Stato si manifestò una crisi politica e istituzionale senza precedenti: non c’era un governo, il presidente non poteva sciogliere il Parlamento, i gruppi parlamentari erano paralizzati, non in grado di trovare una convergenza su un candidato.

A questo punto per salvare il salvabile fu chiesto a Napolitano di restare al Quirinale, per evitare una crisi istituzionale senza sbocco. Non riconoscere il sacrificio personale e il senso del dovere verso la Repubblica che indussero Napolitano a restare al suo posto, la dice tutta sul carattere della campagna che in unità d’intenti, conducono Cinque Stelle e il quotidiano diretto da Antonio Padellaro.

Il fatto che i Grillo e i Travaglio giochino con le istituzioni non stupisce. Abbiamo visto cosa pensa il padrone del movimento Cinque Stelle del ruolo del Parlamento. Stupisce, invece, che persone come Furio Colombo e Barbara Spinelli, con la loro storia di democratici moderati, giochino a cambiare le carte in tavola.

E con loro Vendola che ha una storia di comunista radicale. Un governo di necessità tra Pd Pdl Scelta civica è indicata da questi oppositori come una scelta libera e strategica del Pd, come un tradimento, non facendo il governo che era possibile fare. Io non so quanto durerà questo governo. So che Berlusconi, tra i suoi interessi personali e quelli del Paese, privilegia i primi; so quindi che può rovesciare il tavolo.

Ma il Paese aveva e ha bisogno di un governo per tentare di dare risposte a chi soffre la crisi. E dunque la sfida dato che di una sfida si tratta andava raccolta. Per tentare di creare un terreno nuovo alle sfide del futuro che vedranno contrapposte la sinistra e la destra è giusto.

Spero che il congresso del Pd affronti i nodi veri che rendono debole e vulnerabile questo partito.
camillobenso
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Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

Cose di casa Diccì - 2



l Fatto 11.6.13
Corazzieri e aiutanti di campo
Scusaci, Macaluso, se noi siamo liberi



Infastidito dall’esistenza di un giornale libero che impedisce all’inciucio Pdl-Pdl patrocinato dal suo santo protettore Napolitano di avere il 100% della stampa ai suoi piedi, Emanuele Macaluso accusa il Fatto, sulla fu Unità, di fare “il gioco sporco”.

L’aiutante di campo ad honorem di Re Giorgio ce l’ha con Furio Colombo (che ha chiesto indietro il suo voto al Pd) e Barbara Spinelli (che osa farsi intervistare dal Fatto).

Non capisce “perché Colombo parli a nome di 10 milioni di elettori del Pd” (forse perché i 10 milioni di elettori del Pd han votato contro B., sennò votavano Pdl).

E non è stupito dal “fatto che i Grillo e i Travaglio giochino con le istituzioni. Stupisce invece che, con la loro storia di democratici moderati, giochino a cambiare le carte in tavola”.

In realtà l’unica Carta cambiata è quella costituzionale, stravolta dall’idolo di Macaluso.

Che, lui sì, gioca con le istituzioni per patrocinare l’inciucio salva-Silvio.

Ma Macaluso vuole farci credere che Napolitano è rimasto sul Colle contro lo spirito e la prassi costituzionale per “sacrificio personale e senso del dovere”, per “salvare il salvabile”.

E il governo Pdl-Pd non aveva “altre alternative” (sic) perché i 5Stelle han bocciato l’appetitosa offerta di un governo Bersani “col sostegno di pezzi del gruppo dei grillini”.

Ecco: il Pd chiede ai 5Stelle che hanno appena vinto le elezioni se abbiano niente in contrario ad andare in “pezzi” e scilipotizzarsi per sostenere il monocolore di chi le elezioni le ha perse, e quelli non si eccitano neanche un po’. Che strana gente.

Naturalmente Macaluso sa benissimo che l’alternativa c’era eccome. Specie con la candidatura Rodotà al Quirinale: bastava che il Pd lo votasse, e il governo sarebbe nato l’indomani, come dissero Grillo e la Lombardi.

Ma per Macaluso “è una balla” perché “i franchi tiratori del Pd sarebbero stati 250”. E di chi è la colpa se il partito di centrosinistra non vuol saperne di votare un presidente di centrosinistra? Del Fatto.
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