Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

E' molto grande la distanza tra il mio progetto di un centrosinistra di governo capace di convincere gli italiani che vincere si può e l’attuale disastro.
Romano Prodi



Come inizia una guerra civile – 288
La cruna dell’ago – 253
La danza macabra dei nanetti continua senza sosta – 253
La lunga agonia della Repubblica italiana continua inarrestabile. Siamo all’ultimo atto? - 233
Cronaca di un affondamento annunciato - 233
In mezzo alla tempesta - 171



Romanzo criminale – 6



La puntata di Agorà di stamani.
http://www.agora.rai.it/dl/portali/site ... af261.html

Oggi è stata la volta del collegamento con la ACC di Mel, in provincia di Belluno.

Punto
00:03:37
E successivi


Sono ormai molti i collegamenti che la tv fa all’esterno delle fabbriche che hanno chiuso o stanno per chiudere.

Mentre i politici si limitano a:
http://www.youtube.com/watch?v=HweU-Nc__HE
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Repubblica 12.6.13
La messa è finita
di Ilvo Diamanti

VENT’ANNI dopo la Seconda Repubblica è finita. Questo mi sembra il senso “politico” di questa consultazione. Che ha le specificità e i limiti di un voto “locale”, ma assume comunque un significato politico “nazionale”.
Non solo perché ha coinvolto quasi 7 milioni di elettori, in 564 comuni. Tra cui, 16 capoluoghi di provincia e 92 città con oltre 15 mila abitanti. Ma perché, a mio avviso, conferma la svolta dalle elezioni politiche di febbraio. Segna, cioè, la fine della “rivoluzione” partita vent’anni fa, nel 1993, proprio dalle città. Dove, per la prima volta, si era votato “direttamente” per il sindaco. Quando, prima del ballottaggio, Silvio Berlusconi, “sdoganò” i post-fascisti, annunciando che, se, vi avesse risieduto, a Roma avrebbe votato per Gianfranco Fini. Ma la “rivoluzione” si produsse e riprodusse, soprattutto, nel Nord. In particolare, a Milano. La città di Mani Pulite dove Marco Formentini, candidato della Lega, divenne sindaco. Dove Silvio Berlusconi fondò Forza Italia, il suo “partito personale” e “aziendale”. Che l’anno seguente vinse le elezioni politiche. Aggregando Alleanza Nazionale, nel Centro Sud, e la Lega nel Nord. Così Milano conquistò l’Italia. E la “questione settentrionale” divenne “questione nazionale”. Il capitalismo popolare, della piccola impresa, rappresentato dalla Lega, insieme al capitalismo mediatico, finanziario e immobiliare, interpretato da Berlusconi. Conquistarono l’Italia. Complice l’Alleanza Nazionale del Sud.
Vent’anni dopo, quel percorso sembra finito. Il Forza-leghismo (come l’ha definito Edmondo Berselli) ha perduto la sua Bandiera. Il Nord. Il territorio. Il Centrodestra, in queste elezioni, è stato “s-radicato”, proprio dove era più “radicato”. Nei luoghi della Lega. A Treviso, per prima. La città di Gentilini — e del governatore Zaia. Ma la Lega ha perduto anche nelle città vicine a Verona. Feudo del Nuovo leghismo di Tosi.
Tutto il Centrodestra, però, si è “s-radicato”. Ovunque. I dati, al proposito, sono impietosi. Nei 92 comuni maggiori dove si è votato, prima di queste elezioni, il Centrodestra aveva 49 sindaci (di cui 2 la Lega da sola). Nel Nord “padano”, in particolare, amministrava 16 comuni maggiori (compresi i 2 della Lega), sui 28 al voto. Oggi la Lega è scomparsa. E il Centrodestra, guidato dal Pdl, ha “mantenuto” solo 14 città maggiori, in Italia, cioè meno di un terzo. E 3 nel Nord. In pratica: è quasi sparito. In questi giorni ha perduto le roccheforti residue. Da ultima, Imperia – il feudo di Scajola. Per prima – e soprattutto – Roma. La Capitale. Il Centrodestra è affondato anche nel Centrosud e nel Mezzogiorno. Sconfitto a Viterbo, e nei principali capoluoghi siciliani dove si votava. A Messina, Catania, Ragusa, Siracusa. È questa la principale indicazione “politica” di questo voto “ammi-nistrativo”: la sconfitta del Centrodestra. Insieme al declino – simbolico e politico – del territorio. Eppure non è stato sempre così. Cinque anni fa, appena, il centrodestra governava ancora in alcune importanti capitali. A Milano, Palermo, Cagliari. Roma. Ora le ha perdute. Tutte. Cos’è successo, in questi ultimi anni? Ha pesato, sicuramente, il declino dei riferimenti sociali ed economici: l’impresa e gli imprenditori – ma anche i lavoratori – della piccola impresa. Il capitalismo finanziario e speculativo. La crisi globale li ha stremati. E li ha posti reciprocamente in conflitto. Inoltre, l’invenzione del Pdl non ha “coalizzato” Fi e An. Li ha svuotati entrambi. Ne ha fatto un solo, unico contenitore “personale”. La Lega, invece, si è “normalizzata”. È divenuta “romana”. Così, al Centrodestra è rimasta solo l’immagine – peraltro sbiadita – del Capo. Berlusconi. In ambito politico nazionale. Mentre a livello locale non è rimasto praticamente nulla.
La svolta oltre la Seconda Repubblica è sottolineato dal crescente peso dell’astensione, cresciuta notevolmente, rispetto alle elezioni precedenti. A conferma che la messa è finita. In altri termini: il voto non è più una fede. Così, occorrono buone ragioni per votare un partito o un candidato. E, prima ancora, per andare a votare. Negli ultimi vent’anni, il non-voto è stato, in parte, assorbito dal voto di protesta. Intercettato dalla Lega, ma anche da Berlusconi. Canalizzato, alle recenti elezioni politiche, da Grillo e dal M5S. In questo caso non è avvenuto. Al primo e a maggior ragione al secondo turno. Per ragioni fisiologiche – non ci sono preferenze da dare, i candidati si riducono a due, molte sfide appaiono segnate. Ma anche perché “non votare”, in una certa misura, è un modo per votare. E conta molto, visto lo spazio che gli viene dedicato dagli attori e dai commentatori politici.
Alla fine della Seconda Repubblica, così, riemerge il Centrosinistra. E soprattutto il Pd. Considerato in crisi, dopo il voto di febbraio. Ma soprattutto dopo-il-dopo-voto. Fiaccato “da” Berlusconi – regista delle larghe intese. “Da” Grillo e dal M5S – vincitori delle elezioni politiche. In questa occasione, il Pd, insieme al Centrosinistra, ha vinto ovunque. O quasi. In tutte e 16 le città capoluogo. In 21 comuni maggiori del Nord (su 28), 10 (su 12) nelle regioni rosse e in 22 nel Centro-Sud (su 52). Mentre il Pdl si è sciolto e la Lega è scomparsa. Mentre il M5S ha eletto il sindaco a Pomezia — seconda città del MoVimento, per peso demografico, dopo Parma. E va in ballottaggio a Ragusa. In altri termini, “resiste” ed “esiste”, ma non avanza, come nell’ultimo anno.
Un altro segno del cambio d’epoca. Perché se il territorio declina, come bandiera, torna ad essere importante come risorsa politica e organizzativa. E favorisce i “partiti” che ancora dispongono di una struttura e di persone credibili e conosciute, presso i cittadini. In altri termini, il Pd è un partito personalizzato, a livello locale. Ma è diviso e impersonale, a livello nazionale. Gli altri, il Pdl e lo stesso M5S, sono partiti personali in ambito nazionale. Ma senza basi locali. Così la competizione elettorale diventa instabile e fluida, come quel 50% di elettori senza bussola e senza bandiera. Per questo nessuno può né deve sentirsi al sicuro. Non il Pdl, partito personale e senza territorio, gregario di una Persona alle prese con troppi problemi personali. Ma neppure il Pd. Partito personalizzato, sul territorio, ma im-personale, a livello nazionale. La Seconda Repubblica bipolare fondata “dalla” Lega e “su” Berlusconi: è finita. Ma la Prima Repubblica, fondata “dai” e “sui” partiti, non tornerà. Da oggi in poi, ogni elezione sarà un “salto nel voto”.

Repubblica 12.6.13
La paura del popolo
di Barbara Spinelli

DI TANTO in tanto, quando si temono rivoluzioni, o si fanno guerre, oppure nel mezzo di una crisi economica che trasforma le nostre esistenze, torna l’antica paura del
suffragio universale.
Del popolo che partecipa alla vita politica , che licenzia i governi inadempienti e ne sceglie di nuovi, che fa sentire la propria voce. È la paura che le classi alte, colte, ebbero già nella Grecia classica. Aristotele paventava la degenerazione democratica, se sovrano fosse diventato il popolo e non la legge. Ancora più perentorio un libello anonimo (La Costituzione degli Ateniesi, attribuito a Senofonte) uscito nel V secolo aC: «In ogni parte del mondo gli elementi migliori sono avversari della democrazia (...). Nel popolo troviamo grandissima ignoranza e smoderatezza e malvagità. È la povertà soprattutto, che lo spinge ad azioni vergognose ». Il dèmos respinge le persone per bene: «vuole essere libero e comandare, e del malgoverno gliene importa ben poco ». Sotto il suo dominio tutte le procedure si rallentano, ed è il caos che oggi chiamiamo
ingovernabilità.
L’orrore del populismo o dei democratici demagoghi ha queste radici, che Marco D’Eramo illustra con maestria in un saggio uscito il 16 maggio su Micromega. Ma è dopo la Rivoluzione francese, e in special modo quando comincia a estendersi gradualmente il diritto di voto, nella seconda parte dell’800, che fa apparizione un’offensiva ampia, e concitata, contro il suffragio universale. Inorridiscono i democratici stessi. Nei primi anni del ’900, il giurista Gaetano Mosca vede già le plebi e le mafie del Sud distruggere istituzioni e buon governo. È diffusa l’idea che i migliori, e le migliori politiche, saranno travolti e annientati dal popolo elettore. Si formano chiuse oligarchie, con la scusa di tutelare il popolo dai suoi demoni.
È una paura che va a ondate, e non sempre l’oggetto che spaventa è esplicitamente indicato. Quella che oggi torna a dilagare pretende addirittura di salvare la democrazia, imbrigliandola e tagliando le ali estremiste (gli «opposti estremismi», spiega d’Eramo, diventano sinonimi di populismo). Ma gli elementi dell’annosa offensiva contro il suffragio universale sono tutti presenti, sotto traccia. Il popolo smoderato e incolto va vigilato, spiato: o perché chiede troppo, o perché rischia di avere troppi grilli per la testa. Sono aggirate anche le Costituzioni, fatte per proteggere i cittadini dai soprusi delle cerchie dominanti. Ovunque le democrazie sono alle prese con i danni collaterali di questa ferrea legge oligarchica.
Accade proprio in questi giorni in America, dove prosegue una guerra antiterrorista sempre più opaca, condotta senza che il popolo (e neppure gli alleati per la verità) possa dire la sua. Il culmine l’ha raggiunto Obama, che pure aveva criticato la torbida sconfinatezza delle guerre di Bush. Il 6 giugno, viene svelata un’immensa operazione di sorveglianza dei cittadini americani da parte dell’Agenzia di sicurezza nazionale: milioni di numeri telefonici e indirizzi mail, raccolti non in zone belliche ma in patria col consenso segreto di vari provider. Indignato, il New York Times commenta: «Il Presidente ha perso ogni credibilità» (poi per prudenza rettifica: «Ha perso ogni credibilità su tale questione»).
Analogo orrore dei popoli è ravvivato dalla crisi economica, governata com’è da trojke e tecnici separati dai cittadini: anch’essa, come la guerra, va affidata a pochi che sanno (poche persone per bene, pochi migliori, direbbe lo Pseudo-Senofonte). Gli ottimati sapienti stanno come su una zattera, e non a caso il loro nome è «traghettatori ». Sotto la scialuppa ribolle il popolo: forza infernale, miasma imprevedibile e contaminante. Infiltrato da meticci, demagoghi, gente colpevole due volte: sia quand’è sprecona, sia quando non consuma abbastanza. Sono invisi anche gli sradicati, o meglio chi pensa all’interesse generale oltre che locale: se vuoi lusingare un partito, oggi, digli che non è un meteco ma «ha un forte radicamento territoriale». Nei cervelli dei traghettatori s’aggira il fantasma, temuto come la peste dagli anni ’70, dell’esplosione sociale e dell’ingovernabilità.
È in questa cornice che le parole si storcono, sino a dire il contrario di quel che professano. La riforma significava miglioramento delle condizioni dei cittadini, del loro potere di influire sulla politica. Furono grandi riforme il suffragio universale, e subito dopo l’introduzione del Welfare: ambedue malandate. Adesso il riformista escogita strategie per tenere al guinzaglio gli eccessi esigenti dei governati. Il proliferare in Italia di comitati di saggi (per cambiare la Costituzione, per il Presidenzialismo) è sintomo di un crescente scollamento di chi comanda dal popolo, e al tempo stesso dai suoi rappresentanti. Ci si adombra, quando il Parlamento è definito una tomba. Per fortuna non lo è. Ma un Parlamento fatto di nominati più che di veri eletti somiglia parecchio a un sepolcro imbiancato: e così resterà, finché non avremo diritto a una legge elettorale decente.
Tale è la paura del popolo-elettore, che per forza quest’ultimo si ritrae e fugge. Si esprime in vari modi (nei referendum, sul web, attraverso la stampa indipendente) ma ogni volta sbatte la testa contro un muro. Lo Stato ne diffida, al punto di spiare milioni di cittadini come in America. E i nemici peggiori diventano i reporter e le loro fonti, che gettano luce sulle malefatte dei governi. Nel 2010 fu il caso di Wikileaks. Oggi è il turno del Guardiane del Washington Post, che hanno scoperchiato il piano di sorveglianzaspionaggio (nome in codice: Prism) del popolo americano. Non restano che loro, fra lo Stato-Panoptikon che ti tiene d’occhio e i cittadini mal informati. In inglese le gole profonde che narrano i misfatti si chiamano whistleblower: soffiano il fischietto, in presenza di violazioni gravi della legalità, e antepongono il dovere civico alla fedeltà aziendale. Ben più spregiativamente, politici e giornali benpensanti li definiscono spie, se non traditori. «Non chiamateli talpe! », chiede molto opportunamente Stefania Maurizi su Repubblica online di lunedì. Il soldato Bradley Manning, che smascherò tramite Wikileaks i crimini Usa nella guerra in Iraq, è da 3 anni in prigione. Ora è processato, rischia l’ergastolo. Il whistleblower che ha rivelato il piano di sorveglianza voluto da Obama è Edward Snowden, 29 anni, ex assistente della Cia e della Nsa: è rifugiato a Hong Kong, e da lì fa sapere: «L’Agenzia per la sicurezza nazionale (Nsa) ha costruito un’infrastruttura che intercetta praticamente tutto. Con la sua capacità, la vasta maggioranza delle comunicazioni umane è digerita automaticamente, senza definire bersagli chiari. Se volessi vedere le tue email o il telefono di tua moglie, devo solo usare le intercettazioni. Posso ottenere le tue email, password, tabulati telefonici, carte di credito. Non voglio vivere in una società che fa questo genere di cose. Non voglio vivere in un mondo in cui ogni cosa che faccio e dico è registrata. Non è una cosa che intendo appoggiare o tollerare».
Il popolo reagisce ai soprusi e all’indifferenza del potere in vari modi: impegnandosi in associazioni (ricordiamo i referendum italiani sul finanziamento dei partiti e sull’acqua, o il voto contro il Porcellum) ; oppure ritirandosi quando si accorge di non contare nulla. Altre volte smette di credere e diserta le urne, come alle amministrative di questi giorni. Ma sempre potrà sperare di avere, come alleati, i whistleblower che toglieranno il sigillo alle illegalità, alle cose nascoste o sporche della politica. Ecco cosa produce lo sgomento causato dal dèmos. Il popolo stesso s’impaura, entra in secessione. La paura del suffragio universale non è mai finita, sempre ricomincia. Nacque nell’800, ma come nella ballata di Coleridge: «Dopo di allora, ad ora incerta – Quell’agonia ritorna».

questo articolo di Barbara Spinelli fa riferimento all’articolo di Marco d’Eramo “Apologia del populismo”, che appare sul numero in commercio di MicroMega
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Romanzo criminale – 7


E’ già passata la mezzanotte da venti minuti, siamo già nel nuovo giorno quando dopo un fuoco di fila di tre ore di domande a Bisignani Enrico Mentana fa notare che in una serata come quella, si è parlato molto poco di Berlusconi. Poi la domanda diretta su cosa succederà prossimamente.

Bisignani non fa altro che ripetere quanto scritto nel suo libro: “L’uomo che sussurrava ai potenti”.

Il Pdl imploderà e nascerà un nuovo partito.

Subito Mentana fa osservare che qualcosa dietro le quinte si sta già muovendo. Berlusconi sta già proponendo un nuovo partito. Con la contrapposizione di Cicchitto e Alfano, che in questi giorni vogliono dare un’impostazione diversa dal partito personale.

Anche il Pd imploderà, è la previsione di Bisignani, ma si ferma qui, non va oltre.

L’argomento cade poi inevitabilmente sul nuovo, su Renzi.

Bisignani sottolinea che Renzi buca il video, ma si deve sedere a tavolino con economisti ed altro che lo istruiscano, non può bastare Gori che gli detta i tempi televisivi.

E’ in sostanza la valutazione di Freccero. Quella di un Berlusconi 2.0 che emerge nella fase decadente.

Bisignani sottolinea che sua figlia, renziana sfegatata, voleva costringere la nonna ad andare a votare alle primarie perché Renzi è il futuro dell’Italia.

Questo giustifica i sondaggi di Weber in cui nelle preferenze nazionali Renzi ha raggiunto Napolitano al 56 %.

E’ un fenomeno preoccupante che gli italiani valutino così tanto Napolitano perché è indice di superficialità nel giudizio. E in un passaggio storico come questo la superficialità spaventa perché apre le porte a qualsiasi tipo di avventura.

Ma quello che spaventa ancora di più, è il ritorno di fiamma tipico degli italiani, quello di farsi incantare dal pifferaio magico di turno.

Con grande amarezza si deve constatare che il vaccino contro il mussolinismo è durato solo poco più di trent’anni.

Infatti nessun leader della Dc, del Pci, e degli altri partiti minori poteva essere paragonato a Mussolini.

Il mito invece si ripropone con San Bettino Martire. La sua impostazione ducesca ha attratto molti che non erano socialisti. Saranno poi quelli che successivamente verranno attratti allo stesso modo da Berlusconi.

Ad una buona parte degli italiani piace il tratto dell’uomo decisionista, dell’uomo solo al comando, quello che ragiona per loro.

Questa amara realtà l’ha sottolineata con grande efficacia e maestria Andrea Camilleri nella sua recente intervista al Fatto Quotidiano, quando evidenzia:

In Come la penso tratteggia una sorta di ritratto “genetico” dell’italiano: impietoso.

C’è un modo di pensare, nell’italiano, che è ancora fascista: piace la prevaricazione, la sopraffazione. È un virus mutante, come quello dell’influenza. Si fa il vaccino e già il virus è cambiato. Noi italiani, è sgradevole dirlo, non amiamo i politici che ragionano e agiscono onestamente. Ferruccio Parri, un uomo mite, onesto, era appena stato nominato presidente del Consiglio e già tutta l’Italia lo chiama “Fessuccio”. Non piacciono, all’italiano, le persone dimesse: bello il luccicore delle divise, bella la parola tonante. Berlusconi no, non è un fascista. Ma ha un modo di proporsi, da gerarca, che piace molto perché è speculare a una certa mentalità italiana. I giudici scrivono: “Anche da presidente del Consiglio gestì una colossale evasione fiscale”. In un Paese normale, questo avrebbe annullato Berlusconi; in Italia gli fa guadagnare voti.


Infatti dopo Craxi, gli italiani vengono attratti in massa da Berlusconi.

Fini è stato costretto ad ammettere che i suoi in Berlusconi hanno rivisto il Duce.

Berlusconi ha attratto molte donne, che inspiegabilmente lo hanno ritenuto “bello” e affascinante.

E nel momento in cui il “bello” inizia la parabola discendente dopo 19 anni di disastri, due nuovi pifferai si affacciano sulla scena politica italiana.

Beppe Grillo e Matteo Renzi.

Beppe Grillo sfonda nell’arco di 18 mesi raggiungendo il top a febbraio. Adesso anche lui è in fase calante per sua stessa scelta.

Gli italiani adesso puntano su Renzi, per il 55 %. Le mamme ci vedono il figlio e i nonni il nipote.

Non ha nessunissima importanza se è politicamente vuoto come una campana, l’importante è che buchi il video, che riesca a dargli un’emozione, come la dava Mussolini, Craxi, Berlusconi, Grillo.

Come sostiene Camilleri, non c’è posto per i Ferruccio Parri. E io aggiungo anche per i De Gasperi.

Di De Gasperi si poteva dire tutto, ma non che fosse un bell’uomo oppure attraente.

Il super pifferaio è ancora in campo e già altri gli fanno concorrenza.

Nella Bibbia si parla di 7 anni di vacche grasse e 7 anni di vacche magre.

Qui gli anni delle vacche magre non finiscono mai.

Il futuro di questo Paese è a tinte fosche.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Scheda 2) I fallimenti

2 – 1) – Aggiornata al 06 giugno 2013
2 - 2 ) - Aggiornata al 12 giugno 2013
2 - 3 ) - Aggiornata al 13 giugno 2013




=======================================================================================

2 – 3 ) – Aggiornata al 13 giugno 2013 – Fonte Il Sole 24 Ore

Il contatore della crisi
Fallimenti al giorno………………...………= 00074
Fallimenti dall’inizio da inizio anno = 06914


2 – 2 ) – Aggiornata al 12 giugno 2013 – Fonte Il Sole 24 Ore

Il contatore della crisi
Fallimenti al giorno……..………….………= 00073
Fallimenti dall’inizio da inizio anno = 06840
----------------------------------------------------------
+ 193 rispetto a 6 giorni fa


2 – 1) – Aggiornata al 06 giugno 2013 – Fonte Il Sole 24 Ore

Il contatore della crisi
Fallimenti al giorno……… ……….………= 00073
Fallimenti dall’inizio da inizio anno = 06647
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Come inizia una guerra civile – 290
La cruna dell’ago – 255
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Cronaca di un affondamento annunciato - 235
In mezzo alla tempesta - 173


La guerra civile è già partita. - 1


Per il momento è a bassa intensità.

Beppe Grillo procede procede a zig zag, con una serie di chiaroscuri. Mescola profonde verità a immani cazzate.

L’ultima dell’altro ieri è però un dato di fatto. Quasi certamente nel suo enunciato ci sta della propaganda ne tentativo di recuperare consenso, ma i dati economici confermano quanto afferma.

L’Italia sta crollando. Non è una previsione, è una certezza. Chiunque sia stato colpito dal morbo della disoccupazione, dello sfratto, della chiusura della sua azienda lo sa.

Questa volta il guru genovese è supportato anche da Confindustria.

Le manovre economico finanziarie che partono dal governo Monti, compreso l’immobilismo del governo Letta, portano tutte alla distruzione del sistema produttivo e commerciale.

Il governo Berlusconi non possiamo prenderlo in considerazione perché avendo accettato passivamente sotto varie forme che la presenza dell’imprenditore brianzolo in politica era funzionale solo e soltanto alla salvezza delle sue aziende e alla sua salvezza personale dai procedimenti della magistratura, non si poteva pretendere che sviluppasse una politica industriale, che è l’asse portante del Paese.

Diventa quindi inevitabile chiedersi se dietro queste scelte scriteriate ci sia un disegno preordinato per distruggere l’Italia.

Il Corriere.it riporta in questo momento come prima notizia sulla sua hp:

SULL'IMU: «MI ASPETTO UNA RIMODULAZIONE»
Zanonato: «L'aumento dell'Iva? Inevitabile»
Il ministro dello Sviluppo Economico replica a Brunetta che l'aveva criticato: «Non si possono fare i miracoli»

http://www.corriere.it/politica/13_giug ... 64c6.shtml

***

13 giugno 2013
ECONOMIA & LOBBY
Iva, Pdl contro il ministro Zanonato
"Va messo in condizioni di non nuocere"
Il responsabile dello Sviluppo economico dice che l'aumento dell'imposta è "impossibile" da evitare
Cicchitto parte all'attacco. Brunetta: "E' in contrasto con Letta". Nelle larghe intese è di nuovo caos

Il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato e l’imminente aumento dell’Iva dal 21 al 22% finiscono al centro del nuovo, scivolosissimo, scontro tra le forze politiche e rischiano di fare la fine del più classico capro espiatorio in pieno risveglio di Forza Italia. ”Le continue esternazioni del ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, si commentano da sole. In contraddizione con gli impegni programmatici del presidente del Consiglio, Enrico Letta, sui quali il governo ha ottenuto la fiducia", attacca Renato Brunetta. Cicchitto: "Nuoce a se stesso e agli altri"

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06 ... ni/625795/

Le aziende italiane sono sottoposte all’effetto domino per via della mancanza di lavoro sul mercato interno.

La causa la conoscono tutti senza scomodare Krugman.

Se non ci sono soldi nella tasche degli italiani l’effetto conseguente naturale è il crollo dei consumi e di conseguenza dell’intero sistema che produce beni da consumo.

Le scelte del governo Monti, sostenuto anche lui dalla Banda Larga, portavano inevitabilmente ad una avvitamento senza via di scampo della situazione.

Per tamponare la situazione in un’emergenza di questo genere bisognerebbe pompare denaro nelle tasche degli italiani.

Paradossalmente, ma l’intenzione non è questa, la restituzione dell’Imu proposta dal Caimano è una modalità di tamponamento, anche se poco egualitaria perché si rivolge solo ai proprietari di case.

Mentre i soldi vanno messi in mano a chi non ne ha più.

Il governicchio Letta, invece continua nell’opera sistematica di distruzione del tessuto produttivo italiano, mentre al merlame del reame l’altro ieri raccontato:

<<Senza lavoro l’Italia non ce la fa>>

Perché allora si muove in senso contrario???

Mentre Saccomanni gli dice: <<A Enriché di soldi non ce ne sono>>, viene avallato l’acquisto di altri sette F 35.

Le premesse per fare scoppiare la rivolta sono ottime e abbondanti. Dove e come finirà la rivolta non lo sappiamo.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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I dati della crisi

Scheda 5) Il commercio

5 - 1) – Aggiornata al 14 giugno 2013




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5 - 1 ) – Aggiornata al 14 giugno 2013 – Fonte Il Corriere.it

La trincea dei negozi in crisi
Promozioni anche via sms|Scrivi
di Annachiara Sacchi

MILANO - Messaggio invitante. «Gentile cliente, la informiamo che dal 15 giugno nella nostra boutique si terrà una vendita privata con uno sconto speciale sulle nostre collezioni. La aspettiamo!». Furbi (o disperati), i negozianti milanesi. Si guardano bene dall'usare il termine incriminato - e cioè «saldi» - ma di quello stanno parlando. Aggirano la legge che blocca le promozioni nel mese che precede le offerte e propongono sessioni di shopping per (dicono) pochi. L'anno scorso non erano necessari certi giochetti: in Lombardia il divieto era stato fermato in nome della deregulation .

http://www.corriere.it/economia/13_giug ... 2214.shtml
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Re: Come se ne viene fuori ?

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I dati della crisi

Scheda 9) Il debito pubblico



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9 – 1) – Aggiornata al 14 aprile 2013


Il debito aggiorna il record: ad aprile 2.041 mld.
Salgono gli acquisti esteri, crescono le entrate
Gli investitori stranieri hanno in mano il 35% dell'indebitamento italiano, che allunga la sua 'vita media' a sette anni. Il fabbisogno delle Pa cresce di mezzo miliardo nei primi quattro mesi dell'anno rispetto al 2012. Entrate tributarie su dell'1,5% a 115 miliardi. Anche in Spagna è record

http://www.repubblica.it/economia/2013/ ... -61062960/
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Re: Come se ne viene fuori ?

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I dati della crisi

Scheda 10) I suicidi



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Questa scheda è dedicata anche a tutti coloro che non ce l’hanno fatta negli ultimi 2 anni.

La premessa è doverosa, in osservanza dell’ordinamento dello Stato italiano.

Art. 580 Codice Penale. Istigazione o aiuto al suicidio.
580. Istigazione o aiuto al suicidio.
Chiunque determina altrui al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima [c.p. 29, 32, 50, 583].
Le pene sono aumentate [c.p. 64] se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1 e 2 dell'articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d'intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio [c.p.p. 575, 576, 577] (1).
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Chiunque determina altrui al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito

Quel “chiunque” è onnicomprensivo, senza distinzione alcuna, …quindi anche lo Stato e le sue istituzioni.


10 – 1) – Aggiornata al 14 aprile 2013

Milano, operaio licenziato si da fuoco
davanti all'azienda. E' in gravi condizioni

L'uomo, un senegalese di 51 anni, era stato licenziato dalla ditta almeno 5 mesi fa. Ora è ricoverato all'Ospedale Niguarda di Milano con ustioni sul 40 per cento del corpo. I medici non si sbilanciano sulla prognosi

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06 ... da/626475/

http://milano.corriere.it/milano/notizi ... 2380.shtml
camillobenso
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Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

I dati della crisi

Scheda 5) Il commercio

5 - 1) – Aggiornata al 14 giugno 2013
5 - 2) – Aggiornata al 15 giugno 2013




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5 - 2 ) – Aggiornata al 15 giugno 2013 – Fonte Il Corriere.it

Confesercenti: «Chiudono bar e negozi La crisi desertifica le città italiane»

Oltre 17mila attività in meno rispetto a fine dicembre 2012. Studio Cgia: alle imprese la burocrazia costa 31 miliardi

Immagine

http://www.corriere.it/economia/13_giug ... 5bec.shtml



5 - 1 ) – Aggiornata al 14 giugno 2013 – Fonte Il Corriere.it

La trincea dei negozi in crisi
Promozioni anche via sms|Scrivi
di Annachiara Sacchi

MILANO - Messaggio invitante. «Gentile cliente, la informiamo che dal 15 giugno nella nostra boutique si terrà una vendita privata con uno sconto speciale sulle nostre collezioni. La aspettiamo!». Furbi (o disperati), i negozianti milanesi. Si guardano bene dall'usare il termine incriminato - e cioè «saldi» - ma di quello stanno parlando. Aggirano la legge che blocca le promozioni nel mese che precede le offerte e propongono sessioni di shopping per (dicono) pochi. L'anno scorso non erano necessari certi giochetti: in Lombardia il divieto era stato fermato in nome della deregulation .

http://www.corriere.it/economia/13_giug ... 2214.shtml
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

Piattaforma comune di Francia, Italia e Spagna per il rilancio di tutta l’Europa


Il vertice a tre. La piattaforma europea per creare occupazione

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 9 giugno 2013

Da ormai troppi anni l’economia europea è paralizzata e l’economia italiana è in caduta libera e, almeno per ora, non vi è all’orizzonte alcuna prospettiva di miglioramento. Per anni la sola ricetta raccomandata dai massimi centri decisionali dell’economia mondiale ed europea è stata l’austerità. In poche parole tagli alla spesa, seguiti da altri tagli e poi ancora tagli.

Che fosse necessario mettere in ordine i bilanci pubblici ne eravamo e ne siamo tutti coscienti. Non eravamo e non siamo tuttavia convinti che tutto questo dovesse essere messo in atto violentemente e in modo contemporaneo in tutti i paesi di una stessa area economica. In parole semplici, anche se è sensato che ogni governo si sforzi per ridurre il proprio debito, se tutti i paesi dell’Unione, che sono tra di loro profondamente intrecciati nei rapporti commerciali, tagliano simultaneamente e in modo drastico le proprie spese, il risultato non può che essere una progressiva caduta del reddito dell’intera area. Di conseguenza abbiamo dovuto assistere ad un continuo aumento del famoso rapporto debito-Pil, cresciuto visibilmente non solo in Grecia, Portogallo e Irlanda ma, soprattutto negli ultimi due anni, anche in Italia. A partire dal luglio scorso il Fondo Monetario Internazionale ha cominciato a mettere in dubbio le sue precedenti tesi fino ad arrivare, negli scorsi giorni, a pentirsi in modo esplicito della durezza dei vincoli imposti alla Grecia. In poche parole il Fondo Monetario ha riconosciuto che la violenta rapidità dei tempi di aggiustamento ai quali si è dovuta assoggettare la Grecia, aveva pesantemente peggiorato le condizioni del paese.

L’Italia è ben lontana dalla situazione della Grecia dove, solo negli ultimi tre anni, il Pil è crollato del 17% ma il collasso della nostra economia è ugualmente vistoso, per cui ci troviamo con un Pil inferiore dell’8% e una disoccupazione doppia rispetto all’inizio della crisi, per non parlare delle decine di migliaia di imprese che sono scomparse e delle migliaia che chiuderanno le porte nei prossimi mesi. La distruzione del 15% della base industriale, messa in luce dal Presidente della Confindustria, non si ricostruisce in un poco tempo: questo è un patrimonio perduto per sempre.

Per non parlare dell’ancora più grave perdita delle decine di migliaia di giovani specializzati che sono costretti ad emigrare e che, se le cose continuano così, hanno ben poche prospettive di ritornare e di contribuire così ad un nostro futuro sviluppo.

Per affrontare il problema dell’occupazione ( soprattutto di quella giovanile) il Presidente del Consiglio Letta ha opportunamente convocato a Roma i ministri dell’Economia e del Lavoro di Francia, Spagna , Germania e Italia. Un’iniziativa lodevole e utile per proporre miglioramenti comuni al funzionamento del mercato del lavoro, un’iniziativa dalla quale ci si può anche aspettare una spinta per mobilitare in questa direzione nuovi fondi europei.

Tuttavia, in questo quadro di una depressione ormai senza fine, nessun incentivo al mercato del lavoro potrà servire se non arriva un impulso alla domanda globale. Questo può avvenire in piccola parte utilizzando i maggiori gradi di libertà che abbiamo acquisito dopo che siamo usciti dal “libro dei cattivi” dell’unione europea ma deve essere chiaro che solo una ripresa della domanda globale può dare respiro alle economie europee in un periodo di tempo sufficientemente rapido. Così hanno fatto gli Stati Uniti, così ha fatto la Cina per combattere con maggior successo la crisi.

Quest’inversione della politica economica europea può avvenire solo con un’iniziativa tedesca. Un paese con crescita zero, con inflazione quasi zero e con un enorme surplus nella bilancia commerciale ha tutto lo spazio per imprimere maggiore velocità al proprio motore, giovando prima a se stessa e poi a tutti gli altri partner europei.

Non mi sento certo di dare consigli ai ministri ai quali spetta un compito così gravoso ma credo che non sia certo sprecato il tempo che i rappresentanti di Italia, Francia e Spagna spenderanno per tentare di convincere i propri colleghi tedeschi ad assumersi la responsabilità che grava su di loro in conseguenza del ruolo ormai preponderante che la loro economia ha assunto in Europa e degli enormi vantaggi che l’Unione Europea e l’Euro hanno portato alla Germania. Non si chiede alcun sacrificio alla Germania stessa: le si chiede solo di usare, a proprio e a nostro vantaggio, i maggiori gradi di libertà che tutte le Istituzioni economiche internazionali hanno riconosciuto dovere essere necessari per uscire dalla crisi.

Si mettano quindi d’accordo i ministri di Francia, Italia e Spagna per presentare una comune piattaforma per la ripresa, non contro i tedeschi ma per il bene di tutta l’Europa. Una presentazione comune da parti di questi tre grandi paesi (che sarebbe seguita da molti altri) la renderebbe forte e credibile ed anche più accettabile dal governo e dall’elettorato tedesco.

Romano Prodi
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