Se l’incostituzionalità della “Severino” fa guadagnare tempo
Pubblicato il 22 agosto 2013 da Gabriele Maestri
La strategia del Pdl contro l’ipotesi che Silvio Berlusconi sia dichiarato prima decaduto e poi incandidabile sembra essere mutata un’altra volta: l’attenzione ora è tutta per le norme della cosiddetta “legge Severino”.
Messa da parte, per ora, la questione della grazia (che non sarebbe risolutiva anche se concessa dal Capo dello Stato) e aumentata la pressione sui senatori del Pd perché non votino a favore della decadenza di Berlusconi (pena conseguenze sulla stabilità del governo), ora nel Pdl si concentrano sulle norme che, prevedendo l’incandidabilità, rappresentano la minaccia maggiore alla cd. “agibilità politica” del loro leader.
Non stupisce dunque che in questi giorni siano state accolte con interesse dallo stesso partito le opinioni di alcuni giuristi – a partire dai costituzionalisti Giovanni Guzzetta e Paolo Armaroli – che ritengono che tanto la legge Severino (una legge delega) quanto il decreto legislativo che la attua (fonte che contiene la norma che interessa qui) siano applicabili solo ai nuovi reati: ciò sarebbe valido perché si tratterebbe di norme penali e afflittive per il soggetto, dunque non potrebbero in alcun modo essere retroattive.
L’opinione, in effetti, non è condivisa da tutti i giuristi: l’ex presidente della Consulta Valerio Onida, per esempio, è convinto che la legge Severino non preveda alcuna sanzione aggiuntiva, ma semplicemente un criterio “su cui si fonda l’eleggibilità di un cittadino”, dunque non avrebbe alcun senso parlare di irretroattività della norma.
In ogni caso, questi dubbi interessano al Pdl perché avrebbero una conseguenza quasi ovvia, almeno per quella parte politica. All’interno della Giunta i senatori solleverebbero il problema che sarebbe inevitabilmente dibattuto: mancando l’accordo tra le parti, è possibile che la Giunta – in quel caso nella veste di organo giurisdizionale – decida di sollevare una questione di legittimità costituzionale da sottoporre alla Corte, che a questo punto dovrebbe pronunciarsi sul quesito.
Più che l’esito finale del giudizio di costituzionalità, però, al Pdl interesserebbe la sospensione “forzata” in cui incorrerebbe il procedimento sulla decadenza di Berlusconi: non si potrebbe infatti arrivare ad alcun voto fino a quando la Corte costituzionale non avesse sciolto il nodo della legittimità costituzionale della norma sull’incandidabilità (o meglio, dell’interpretazione che la ritiene applicabile anche a condanne per fatti avvenuti prima della sua entrata in vigore).
Questo significherebbe inevitabilmente dover attendere vari mesi, prima che quelle norme possano avere qualunque effetto. Un esito ovviamente gradito a Berlusconi e ai suoi compagni di partito, anche se nel frattempo si sarà già dovuta affrontare la questione sull’esecuzione della pena detentiva a carico del Cavaliere.
Resterebbe in ballo un solo dubbio, nemmeno tanto piccolo (e del tutto legittimo, in assenza di precedenti): anche la scelta di sollevare la questione di costituzionalità dovrebbe essere decisa, a quanto sembra di capire, a maggioranza. Maggioranza che teoricamente il Pdl ora non ha.
Anche ieri il Pd ha confermato la sua intenzione di votare a favore della decadenza; il voto sulla scelta di investire la Corte costituzionale, però, sarebbe un’altra cosa…
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