Circolano in rete...
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Re: Circolano in rete...
La pubblicità sta degenerando.
24 LUG 13:12
Nel caos urbano dove i messaggi promozionali si annullano a vicenda, le agenzie di pubblicità devono inventarsene sempre di nuove - Una di loro allora ha pensato di pagare delle ragazzine per farsi stampare dei marchi sulle cosce, giocando sulla loro civetteria e sull’arrapamento dei maschi…
***
Queste ragazzine fanno la pubblicità al vice sindaco di Firenze con la delega ai boschi.
24 LUG 13:12
Nel caos urbano dove i messaggi promozionali si annullano a vicenda, le agenzie di pubblicità devono inventarsene sempre di nuove - Una di loro allora ha pensato di pagare delle ragazzine per farsi stampare dei marchi sulle cosce, giocando sulla loro civetteria e sull’arrapamento dei maschi…
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Queste ragazzine fanno la pubblicità al vice sindaco di Firenze con la delega ai boschi.
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Re: Circolano in rete...
24 LUG 15:34
NUVOLE O PALLONCINI DEI MARZIANI? IN MICHIGAN L’INQUIETANTE FENOMENO DELLE NUVOLE ‘’MAMMATUS’’
In Michigan si è verificato un fenomeno inquietante (anche nel nome): le nuvole “mammatus” - Diverse persone hanno ripreso e pubblicato sui social network le immagini di una distesa di strane nubi a forma di palloncino - Tutt’intorno c’era una luce gialla che alterava i colori del paesaggio…
Dal "Daily Mail"
http://dailym.ai/1bg27rz
Qualcuno dice che siano simili a quelle che si vedono nei fumetti. E in effetti le strane nubi che si sono addensate sul Michigan hanno l'aspetto di simpatici palloncini, se non fosse che tutte insieme in una luce gialla creino un'atmosfera minacciosa e inquietante.
Alcune persone che assistevano all'incredibile spettacolo hanno scattato foto e ripreso video, per poi pubblicarli sui social network e chiedere agli altri utenti di cosa si trattasse. Molti temevano che le cosiddette nuvole "mammatus" fossero il preludio a un tornado o a un violento temporale, e in effetti non sbagliavano.
Un esperto ha infatti spiegato che queste strane nubi si formano dopo un brusco cambiamento di temperatura o umidità, che spesso porta a temporali o uragani.
Le incredibili immagini, giurano i testimoni, non rendono l'idea di quanto inquietante fosse il fenomeno: "Tutti i colori sembravano più accesi".
IL VIDEO DELLE NUVOLE MAMMEOLARI IN MICHIGAN:
http://www.youtube.com/watch?v=WJFaTISTxnw
Re: Circolano in rete...
E Razzi andò in Corea del Nord
di Wil Nonleggerlo
Il senatore del Pdl, celebre per le continue gaffe in interviste e in Parlamento, vola nel paese asiatico per incontrare il dittatore Kim Jong-Un. Ecco una videoraccolta dei suoi interventi migliori utile per fotografare la caratura internazionale del personaggio(24 luglio 2013)
Ci siamo. Ventiquattro luglio duemilatredici. Il senatore del Popolo della Libertà Antonio Razzi si reca nel cuore della Corea del Nord. Per incontrare il dittatore Kim Jong-Un.
Aspettando l'incontro del secolo, abbiamo pensato di regalarvi una sorta di 'meglio del peggio'.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... 2211711/11
Dopo un lungo lavoro di mediazione con gli ambasciatori delle due Coree - "con loro ho dialogato molto, ora vorrei farli incontrare nella pizzeria Da Mario, a Napoli", disse qualche tempo fa - ora il segretario della commissione Esteri è pronto a scrivere la storia, e riuscire laddove Barack Obama ha fallito. Portare pace e serenità in Corea, scongiurare la "minaccia atomica", "riunificare" la penisola, forte dell'amicizia che lo lega al leader di Pyongyang. Eh già, perché Razzi lo conosce davvero il buon vecchio Kim, o almeno così dice: "parliamo tedesco insieme, lui da giovane ha studiato a Berna, ed io facevo l'operaio proprio lì".
Certo, la preoccupazione è molta - è pur sempre il senatore che scambiò lo "spread" con qualche strana cosa relativa al commercio dei ciuchi (davvero) - ma Razzi ha giurato di essere in ottimi rapporti con l'establishment nordcoreano e, soprattutto, di "sapere tutto della politica internazionale, tutto!".
Oramai il dado è tratto. Il ministro degli Esteri Emma Bonino ed il presidente della commissione Esteri Casini sono al corrente di tutto. I colleghi del senatore, tra uno sganascio e l'altro, lo caricano dicendogli "daje Anto', ti daranno il Nobel per la pace!". Lui ci crede e replica che sì, "forse ci volevo proprio io, Antonio Razzi, per far cadere il 'Muro' coreano".
di Wil Nonleggerlo
Il senatore del Pdl, celebre per le continue gaffe in interviste e in Parlamento, vola nel paese asiatico per incontrare il dittatore Kim Jong-Un. Ecco una videoraccolta dei suoi interventi migliori utile per fotografare la caratura internazionale del personaggio(24 luglio 2013)
Ci siamo. Ventiquattro luglio duemilatredici. Il senatore del Popolo della Libertà Antonio Razzi si reca nel cuore della Corea del Nord. Per incontrare il dittatore Kim Jong-Un.
Aspettando l'incontro del secolo, abbiamo pensato di regalarvi una sorta di 'meglio del peggio'.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... 2211711/11
Dopo un lungo lavoro di mediazione con gli ambasciatori delle due Coree - "con loro ho dialogato molto, ora vorrei farli incontrare nella pizzeria Da Mario, a Napoli", disse qualche tempo fa - ora il segretario della commissione Esteri è pronto a scrivere la storia, e riuscire laddove Barack Obama ha fallito. Portare pace e serenità in Corea, scongiurare la "minaccia atomica", "riunificare" la penisola, forte dell'amicizia che lo lega al leader di Pyongyang. Eh già, perché Razzi lo conosce davvero il buon vecchio Kim, o almeno così dice: "parliamo tedesco insieme, lui da giovane ha studiato a Berna, ed io facevo l'operaio proprio lì".
Certo, la preoccupazione è molta - è pur sempre il senatore che scambiò lo "spread" con qualche strana cosa relativa al commercio dei ciuchi (davvero) - ma Razzi ha giurato di essere in ottimi rapporti con l'establishment nordcoreano e, soprattutto, di "sapere tutto della politica internazionale, tutto!".
Oramai il dado è tratto. Il ministro degli Esteri Emma Bonino ed il presidente della commissione Esteri Casini sono al corrente di tutto. I colleghi del senatore, tra uno sganascio e l'altro, lo caricano dicendogli "daje Anto', ti daranno il Nobel per la pace!". Lui ci crede e replica che sì, "forse ci volevo proprio io, Antonio Razzi, per far cadere il 'Muro' coreano".
Re: Circolano in rete...
Napoli volta le spalle a De Magistris.
"Ma io non mollo, anzi mi ricandido"
Il sindaco conferma la fiducia a due assessori indagati: è bufera. Polemiche per 28 nuove promozioni tra cui il cognato di un assessore. La giunta travolta da scandali e veleni
di CONCHITA SANNINO
NAPOLI - Un Palazzo scosso da veleni interni e da una raffica di inchieste giudiziarie. Una pattuglia di assessori sotto attacco per casi imbarazzanti di favori o parentopoli, e l'incubo del Forum universale delle Culture che, dopo aver bruciato in passato persino l'entusiasmo di Roberto Vecchioni, deve debuttare tra un mese ma ad oggi non dispone né di un sito on line, né di un programma. Eppure lui, l'alfiere della fu rivoluzione arancione Luigi De Magistris, preferisce guardare (molto) oltre e pianificare, con netto anticipo, la più sedentaria delle missioni: rimanere a Palazzo anche dal 2016 al 2021, per il secondo mandato.
"Sì, mi intriga l'idea di ricandidarmi", annuncia, tre anni prima, il sindaco di una Napoli meno svuotata dal ferragosto, e in cui perfino il suo fiore all'occhiello, il cosiddetto "lungomare liberato", appare invaso da disordine e caos, preda di mille neon, di tavolini in plastica piazzati a dozzine tra asfalto ed erba (residua) delle aiuole, e venditori abusivi di ogni provenienza a ridosso delle decantate piste ciclabili. Una città che in parte gli ha già voltato le spalle dopo aver riposto speranze di radicale cambiamento nell'ex pm di punta che aveva chiuso la porta ai partiti e cavalcato il primo vento del grillismo.
Esternazioni, le sue, che sembrano l'ennesimo segno di un profondo isolamento. Il tentativo di rilanciare a dispetto di una progressiva perdita di compattezza amministrativa e di slancio politico. Un indebolimento su cui sono arrivate, come colpi di maglio, le inchieste che affondano nel cuore di Palazzo San Giacomo, spingendo il sindaco a uno scatto di nervi che è anche mezza nemesi per l'ex toga d'assalto: "Non mi faccio condizionare né dalla camorra, né dalla magistratura". Finiscono indagati De Magistris (per la penosa situazione delle buche nelle strade), suo fratello Claudio (singolare sindaco-ombra, a titolo gratuito ospite del Palazzo), il fedelissimo capo di gabinetto Attilio Auricchio per la vicenda degli appalti di Coppa America, e ancora il vice Tommaso Sodano e l'assessore Pina Tommasielli per distinte vicende di presunti abusi.
E ora l'intenzione di andare al bis del mandato, confidata al Mattino, provoca sarcasmo anche nel centrosinistra. Esattamente come l'altra notizia: De Magistris ha deciso di "perdonare" - dice proprio così - e quindi di lasciare accanto a sé gli assessori Tommasielli e Sodano, che in giunta si ritenevano da mesi in bilico. La Tommasielli si sarebbe adoperata per annullare una serie di multe per 700 euro che gravavano su sua sorella e suo cognato; Sodano, per aver affidato una consulenza sospetta ad una docente dell'università di Bergamo. Ma il sindaco non fa in tempo a "salvare" due colleghi che un altro dei suoi amministratori, l'assessore al Personale Franco Moxedano, a capo di una macchina comunale tra le più farraginose e pesanti d'Italia con quasi 9mila dipendenti, finisce al centro di accese polemiche per aver firmato con un blitz di ferragosto 28 nuove promozioni, tra le quali, quella di un cognato elevato al grado di dirigente. Persino alcuni consiglieri comunali solidali con De Magistris hanno deciso di uscire dalla maggioranza.
Un quadro che suscita giudizi severi: nell'opposizione dove siedono Pd e Sel insieme al Pdl, e tra esponenti dell'Idv, che sono ormai ai ferri corti con l'ex pm che fu vicino a Di Pietro. "Le esternazioni del sindaco appaiono ridicole, pensi a governare meglio", tuona il deputato Pd nonché segretario regionale Enzo Amendola. Per il senatore napoletano di Sel, Peppe De Cristofaro, "la ricandidatura di De Magistris è surreale. Così come la categoria del "perdono" agli assessori".
Commenti duri anche da parte dei gruppi che furono vicini a De Magistris ai tempi della bandana vincente. Era il primo giugno 2011: due anni e due mesi dopo, un'amministrazione gravata anche da un'eredità pesante e dai troppi tagli, deve aderire al decreto pre-dissesto che comporterà tasse elevate per i cittadini. La luna di miele lascia il posto a una delusione trasversale. In mezzo, ci sono state: le defenestrazioni dei suoi uomini, una decina tra consulenti, dirigenti o superassessori, come Raphael Rossi o l'ex pm Giuseppe Narducci; le furibonde polemiche sulle Ztl, prima imposte dal sindaco senza dialogo con il territorio, poi in parte ritirate; le promesse di un nuovo stadio per Napoli, poi archiviate; le illusioni sulla differenziata al 70 per cento, ma è inchiodata sotto il 30. Né sono servite due edizioni di Coppa America. Ora tocca al Forum delle culture: l'ennesimo evento, ancora avvolto nella nebbia.
"Ma io non mollo, anzi mi ricandido"
Il sindaco conferma la fiducia a due assessori indagati: è bufera. Polemiche per 28 nuove promozioni tra cui il cognato di un assessore. La giunta travolta da scandali e veleni
di CONCHITA SANNINO
NAPOLI - Un Palazzo scosso da veleni interni e da una raffica di inchieste giudiziarie. Una pattuglia di assessori sotto attacco per casi imbarazzanti di favori o parentopoli, e l'incubo del Forum universale delle Culture che, dopo aver bruciato in passato persino l'entusiasmo di Roberto Vecchioni, deve debuttare tra un mese ma ad oggi non dispone né di un sito on line, né di un programma. Eppure lui, l'alfiere della fu rivoluzione arancione Luigi De Magistris, preferisce guardare (molto) oltre e pianificare, con netto anticipo, la più sedentaria delle missioni: rimanere a Palazzo anche dal 2016 al 2021, per il secondo mandato.
"Sì, mi intriga l'idea di ricandidarmi", annuncia, tre anni prima, il sindaco di una Napoli meno svuotata dal ferragosto, e in cui perfino il suo fiore all'occhiello, il cosiddetto "lungomare liberato", appare invaso da disordine e caos, preda di mille neon, di tavolini in plastica piazzati a dozzine tra asfalto ed erba (residua) delle aiuole, e venditori abusivi di ogni provenienza a ridosso delle decantate piste ciclabili. Una città che in parte gli ha già voltato le spalle dopo aver riposto speranze di radicale cambiamento nell'ex pm di punta che aveva chiuso la porta ai partiti e cavalcato il primo vento del grillismo.
Esternazioni, le sue, che sembrano l'ennesimo segno di un profondo isolamento. Il tentativo di rilanciare a dispetto di una progressiva perdita di compattezza amministrativa e di slancio politico. Un indebolimento su cui sono arrivate, come colpi di maglio, le inchieste che affondano nel cuore di Palazzo San Giacomo, spingendo il sindaco a uno scatto di nervi che è anche mezza nemesi per l'ex toga d'assalto: "Non mi faccio condizionare né dalla camorra, né dalla magistratura". Finiscono indagati De Magistris (per la penosa situazione delle buche nelle strade), suo fratello Claudio (singolare sindaco-ombra, a titolo gratuito ospite del Palazzo), il fedelissimo capo di gabinetto Attilio Auricchio per la vicenda degli appalti di Coppa America, e ancora il vice Tommaso Sodano e l'assessore Pina Tommasielli per distinte vicende di presunti abusi.
E ora l'intenzione di andare al bis del mandato, confidata al Mattino, provoca sarcasmo anche nel centrosinistra. Esattamente come l'altra notizia: De Magistris ha deciso di "perdonare" - dice proprio così - e quindi di lasciare accanto a sé gli assessori Tommasielli e Sodano, che in giunta si ritenevano da mesi in bilico. La Tommasielli si sarebbe adoperata per annullare una serie di multe per 700 euro che gravavano su sua sorella e suo cognato; Sodano, per aver affidato una consulenza sospetta ad una docente dell'università di Bergamo. Ma il sindaco non fa in tempo a "salvare" due colleghi che un altro dei suoi amministratori, l'assessore al Personale Franco Moxedano, a capo di una macchina comunale tra le più farraginose e pesanti d'Italia con quasi 9mila dipendenti, finisce al centro di accese polemiche per aver firmato con un blitz di ferragosto 28 nuove promozioni, tra le quali, quella di un cognato elevato al grado di dirigente. Persino alcuni consiglieri comunali solidali con De Magistris hanno deciso di uscire dalla maggioranza.
Un quadro che suscita giudizi severi: nell'opposizione dove siedono Pd e Sel insieme al Pdl, e tra esponenti dell'Idv, che sono ormai ai ferri corti con l'ex pm che fu vicino a Di Pietro. "Le esternazioni del sindaco appaiono ridicole, pensi a governare meglio", tuona il deputato Pd nonché segretario regionale Enzo Amendola. Per il senatore napoletano di Sel, Peppe De Cristofaro, "la ricandidatura di De Magistris è surreale. Così come la categoria del "perdono" agli assessori".
Commenti duri anche da parte dei gruppi che furono vicini a De Magistris ai tempi della bandana vincente. Era il primo giugno 2011: due anni e due mesi dopo, un'amministrazione gravata anche da un'eredità pesante e dai troppi tagli, deve aderire al decreto pre-dissesto che comporterà tasse elevate per i cittadini. La luna di miele lascia il posto a una delusione trasversale. In mezzo, ci sono state: le defenestrazioni dei suoi uomini, una decina tra consulenti, dirigenti o superassessori, come Raphael Rossi o l'ex pm Giuseppe Narducci; le furibonde polemiche sulle Ztl, prima imposte dal sindaco senza dialogo con il territorio, poi in parte ritirate; le promesse di un nuovo stadio per Napoli, poi archiviate; le illusioni sulla differenziata al 70 per cento, ma è inchiodata sotto il 30. Né sono servite due edizioni di Coppa America. Ora tocca al Forum delle culture: l'ennesimo evento, ancora avvolto nella nebbia.
Re: Circolano in rete...
Rimini, al Meeting appare il Duce
di Giulio Finotti
All'incontro annuale di Cl quest'anno c'è una novità: cuscini e tazze con il volto di Mussolini in vendita in uno stand del padiglione A. Accanto agli angioletti e alle cartoline di papa Francesco
(20 agosto 2013)
Sicuramente gli organizzatori non ne erano al corrente: e forse, visto questo articolo, provvederanno a rimediare. Ma quest'anno al Meeting di Rimini è arrivato un ospite a sorpresa: il Duce.
Nel bar tabacchi del padiglione A, a sinistra appena entrati, sugli scaffali si vede chiaramente il volto di Benito Mussolini: su un cuscino e sulle tazze tricolori sottostanti, appena sopra un paio di simpatici angioletti in offerta a 25 euro, forse più coerenti con lo spirito dell'incontro.
Sia sul cuscino sia sulle tazze, campeggia anche lo slogan 'Credere, obbedire, combattere', già motto della Gioventù Italiana del Littorio, successivamente usato da tutta la propaganda fascista. Sulla banda rossa delle tazze, la firma 'Benito Mussolini'.
Il bar-tabaccheria in questione, il primo che si trova appena superati i tornelli, è molto frequentato in questi giorni. Oltre ai gadget che si vedono in questa immagine, vende cartoline e altre icone di papa Francesco.
Sempre a Rimini, ma in altro contesto che non ha a che vedere con il Meeting di CL, pochi giorni fa due turisti norvegesi avevano denunciato come in un negozio venissero vendute bottiglie di vino con l'immagine di Hitler come souvenir.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... ce/2213418
di Giulio Finotti
All'incontro annuale di Cl quest'anno c'è una novità: cuscini e tazze con il volto di Mussolini in vendita in uno stand del padiglione A. Accanto agli angioletti e alle cartoline di papa Francesco
(20 agosto 2013)
Sicuramente gli organizzatori non ne erano al corrente: e forse, visto questo articolo, provvederanno a rimediare. Ma quest'anno al Meeting di Rimini è arrivato un ospite a sorpresa: il Duce.
Nel bar tabacchi del padiglione A, a sinistra appena entrati, sugli scaffali si vede chiaramente il volto di Benito Mussolini: su un cuscino e sulle tazze tricolori sottostanti, appena sopra un paio di simpatici angioletti in offerta a 25 euro, forse più coerenti con lo spirito dell'incontro.
Sia sul cuscino sia sulle tazze, campeggia anche lo slogan 'Credere, obbedire, combattere', già motto della Gioventù Italiana del Littorio, successivamente usato da tutta la propaganda fascista. Sulla banda rossa delle tazze, la firma 'Benito Mussolini'.
Il bar-tabaccheria in questione, il primo che si trova appena superati i tornelli, è molto frequentato in questi giorni. Oltre ai gadget che si vedono in questa immagine, vende cartoline e altre icone di papa Francesco.
Sempre a Rimini, ma in altro contesto che non ha a che vedere con il Meeting di CL, pochi giorni fa due turisti norvegesi avevano denunciato come in un negozio venissero vendute bottiglie di vino con l'immagine di Hitler come souvenir.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... ce/2213418
Re: Circolano in rete...
http://www.ilpost.it/2013/08/20/nitto-p ... lla-droga/
leggetevi i commenti ( col filmato di Natasha )
altro che vox populi del FQ
leggetevi i commenti ( col filmato di Natasha )
altro che vox populi del FQ
Re: Circolano in rete...
SCOPRIRE FASSINO E BAZOLI IN BARCA IN GRECIA
Consuelo Canducci per http://contronotizia.altervista.org/
Se per mare scoprite Fassino e Bazoli ospiti in uno yacht di lusso, cosa vi viene da pensare?
Immaginate un luogo lontano, come può essere un'isoletta della Grecia non battuta dal turismo di massa. Un'isola dove ci sono solamente un piccolo porticciolo, qualche casetta aggrappata al pendio di una collina brulla, due taverne dove mangiare e Maria, la capretta mascotte. Numero di abitanti, trentacinque.
Pochi giorni fa ero lì, ad Arki, il paradiso del velista solitario, il regno degli amanti del silenzio e della semplicità. Una delle isole più piccole e meno popolate dell'intera Grecia, completamente pedonale, che si esplora solo percorrendo piccole stradine di terra. Il porticciolo è l'unico vero centro dell'isola. Avevamo attraccato in rada perché il piccolo porto era già pieno e l'unico posto libero non poteva accogliere il nostro caicco. Tanto meglio.
Seduta ad un tavolo della taverna, mentre sorseggiavamo un ouzo e l'oste puliva i pesci appena pescati, ecco arrivare Electa, un gioiello del mare di circa 40 metri, che ha cercato per mezz'ora di farsi largo tra le piccole barche a vela, per occupare quell'unico posticino ancora libero. Una manovra che mi ha ricordato un po' quelle delle signore Suv-dotate che, dopo aver accompagnato i figli a scuola, cercano il parcheggio perfetto di fronte al parrucchiere. E inevitabilmente usano la strategia "una botta davanti e una dietro" per infilarsi nei posti più stretti.
Electa ha ormeggiato così, una botta a destra, un'altra a sinistra. A quel punto è partito il commento del velista (italiano) solitario seduto vicino a noi: "eccolo là, il cafone del mare. Ma chi si crede quello lì, solo perchè c'ha il Perini?" Già, ho pensato, esattamente quello che dico io delle Suv-dotate. Capirete bene che a quel punto era salita la curiosità. Chi sarebbe sceso dallo yacht?
I primi sono stati gli uomini dell'equipaggio, in livrea, efficientissimi. E come i re magi hanno portato olio, vino e una torta. Hanno richiesto un tavolo da sei (vicino al nostro, peraltro) che hanno velocemente addobbato con candele e quant'altro dovesse servire all'importante ospite.
Si davano un gran daffare, sembravano formichine operose, parlottavano con l'oste greco, si raccomandavano con la cameriera, raddrizzavano le posate e, dulcis in fundo, hanno fatto spostare il tavolo più lontano, in modo da posizionarlo nel centro della piccola piazzetta. Forse nel timore che i bimbi del nostro tavolo potessero disturbare.
Finchè, dall'oscurità, sono apparse tre figure che avanzavano piano, un po' claudicanti. Quando hanno raggiunto il cono di luce della taverna il mistero è stato svelato. Si trattava di Piero Fassino, Giovanni Bazoli, banchiere che non abbisogna di presentazioni e di un terzo individuo, presumibilmente l'armatore ospitante l'allegra combriccola. Con tanto di signore al seguito elegantemente vestite.
Il quadretto che mi si è presentato di fronte, così tremendamente fuori luogo, anacronistico e decontestualizzato, mi ha fatto, per un attimo, tremare. Mica perché un orgoglioso erede di Antonio Gramsci come Piero Fassino potesse viaggiare su uno yacht di quel calibro ed in compagnia di un miliardario. No, no. Ma perché mi ha fatto ripiombare tristemente nel piccolo provincialismo ostentato e per giunta arrogante, di casa nostra. Che mi ero illusa di riuscire, almeno in posti così remoti, di lasciarmi alle spalle.
Consuelo Canducci per http://contronotizia.altervista.org/
Se per mare scoprite Fassino e Bazoli ospiti in uno yacht di lusso, cosa vi viene da pensare?
Immaginate un luogo lontano, come può essere un'isoletta della Grecia non battuta dal turismo di massa. Un'isola dove ci sono solamente un piccolo porticciolo, qualche casetta aggrappata al pendio di una collina brulla, due taverne dove mangiare e Maria, la capretta mascotte. Numero di abitanti, trentacinque.
Pochi giorni fa ero lì, ad Arki, il paradiso del velista solitario, il regno degli amanti del silenzio e della semplicità. Una delle isole più piccole e meno popolate dell'intera Grecia, completamente pedonale, che si esplora solo percorrendo piccole stradine di terra. Il porticciolo è l'unico vero centro dell'isola. Avevamo attraccato in rada perché il piccolo porto era già pieno e l'unico posto libero non poteva accogliere il nostro caicco. Tanto meglio.
Seduta ad un tavolo della taverna, mentre sorseggiavamo un ouzo e l'oste puliva i pesci appena pescati, ecco arrivare Electa, un gioiello del mare di circa 40 metri, che ha cercato per mezz'ora di farsi largo tra le piccole barche a vela, per occupare quell'unico posticino ancora libero. Una manovra che mi ha ricordato un po' quelle delle signore Suv-dotate che, dopo aver accompagnato i figli a scuola, cercano il parcheggio perfetto di fronte al parrucchiere. E inevitabilmente usano la strategia "una botta davanti e una dietro" per infilarsi nei posti più stretti.
Electa ha ormeggiato così, una botta a destra, un'altra a sinistra. A quel punto è partito il commento del velista (italiano) solitario seduto vicino a noi: "eccolo là, il cafone del mare. Ma chi si crede quello lì, solo perchè c'ha il Perini?" Già, ho pensato, esattamente quello che dico io delle Suv-dotate. Capirete bene che a quel punto era salita la curiosità. Chi sarebbe sceso dallo yacht?
I primi sono stati gli uomini dell'equipaggio, in livrea, efficientissimi. E come i re magi hanno portato olio, vino e una torta. Hanno richiesto un tavolo da sei (vicino al nostro, peraltro) che hanno velocemente addobbato con candele e quant'altro dovesse servire all'importante ospite.
Si davano un gran daffare, sembravano formichine operose, parlottavano con l'oste greco, si raccomandavano con la cameriera, raddrizzavano le posate e, dulcis in fundo, hanno fatto spostare il tavolo più lontano, in modo da posizionarlo nel centro della piccola piazzetta. Forse nel timore che i bimbi del nostro tavolo potessero disturbare.
Finchè, dall'oscurità, sono apparse tre figure che avanzavano piano, un po' claudicanti. Quando hanno raggiunto il cono di luce della taverna il mistero è stato svelato. Si trattava di Piero Fassino, Giovanni Bazoli, banchiere che non abbisogna di presentazioni e di un terzo individuo, presumibilmente l'armatore ospitante l'allegra combriccola. Con tanto di signore al seguito elegantemente vestite.
Il quadretto che mi si è presentato di fronte, così tremendamente fuori luogo, anacronistico e decontestualizzato, mi ha fatto, per un attimo, tremare. Mica perché un orgoglioso erede di Antonio Gramsci come Piero Fassino potesse viaggiare su uno yacht di quel calibro ed in compagnia di un miliardario. No, no. Ma perché mi ha fatto ripiombare tristemente nel piccolo provincialismo ostentato e per giunta arrogante, di casa nostra. Che mi ero illusa di riuscire, almeno in posti così remoti, di lasciarmi alle spalle.
Re: Circolano in rete...
Luca Sofri
Truman show
Pubblicato il 24 agosto 2013 da Luca
Al Post ci orientiamo sulle notizie e cose che accadono nel mondo seguendo molte fonti differenti, tra le quali ci sono ovviamente anche i maggiori quotidiani di ciascun paese. Quando più di un quotidiano di uno stesso paese apre la prima pagina con una storia, mettiamo in conto che quella storia sia laggiù importante e ce ne informiamo per capirne di più rilievo, solidità e implicazioni e se valga la pena raccontarla.
A volte capita che in un altro paese il governo sia a rischio di crisi: le prime pagine lo dicono, lo spiegano, e con l’aiuto di un po’ di verifiche si riesce a capire la dimensione di questo rischio. Di solito è fondata, e la crisi arriva davvero; qualche volta – come con le accuse in Spagna contro Rajoy di un paio di mesi fa – ci sono confronti istituzionali e la crisi rientra, ma in ogni caso una nuova storia da raccontare c’era, qualcosa è successo.
Oggi abbiamo provato a immaginarci redattori di un Post fatto, che so – in Germania, in Belgio, in Delaware – che scorrano le prime pagine italiane per capire cosa succede alla politica italiana. Se usassimo lo stesso criterio e lo stesso giudizio, concluderemmo che sta per cadere o il governo, o il rischio è serio. Lo avremmo concluso tre mesi fa, e due mesi fa, e un mese fa, e una settimana fa, e sei giorni fa, e cinque, e quattro, tre, due, e ieri e oggi. E domani, naturalmente.
Invece no: a un certo punto ci saremmo resi conto che il metro adottato con i media degli altri paesi – se una possibilità è sostenuta con molta forza, ci sono buone probabilità che si realizzi, o che qualcosa sia successo – in Italia non vale. E probabilmente se ne sono resi conto davvero, in Germania, in Belgio, in Delaware: infatti l’imminente caduta del governo italiano non trova spazio da nessuna parte sui giornali locali. Hanno scritto della condanna di Berlusconi e poi sono entrati – come diciamo di certe notizie al Post – in modalità “chiamateci quando avete finito”. Ci hanno preso le misure.
Per questo, vorrei aggiungere alla normalità della Germania, del Belgio, del Delaware, quella dell’Abruzzo, e creare qui un monumento al titolista ignoto, l’unico normale in un paese che funziona secondo regole assurde ma accettate da tutti, titolista che giovedì – come il bambino che dice il re è nudo – sul Centro ha scelto il giudizio più esatto e sfinito sulla
situazione politica (e mediatica).
per vedere la foto della pagina del Centro
http://www.wittgenstein.it/2013/08/24/truman-show/
Truman show
Pubblicato il 24 agosto 2013 da Luca
Al Post ci orientiamo sulle notizie e cose che accadono nel mondo seguendo molte fonti differenti, tra le quali ci sono ovviamente anche i maggiori quotidiani di ciascun paese. Quando più di un quotidiano di uno stesso paese apre la prima pagina con una storia, mettiamo in conto che quella storia sia laggiù importante e ce ne informiamo per capirne di più rilievo, solidità e implicazioni e se valga la pena raccontarla.
A volte capita che in un altro paese il governo sia a rischio di crisi: le prime pagine lo dicono, lo spiegano, e con l’aiuto di un po’ di verifiche si riesce a capire la dimensione di questo rischio. Di solito è fondata, e la crisi arriva davvero; qualche volta – come con le accuse in Spagna contro Rajoy di un paio di mesi fa – ci sono confronti istituzionali e la crisi rientra, ma in ogni caso una nuova storia da raccontare c’era, qualcosa è successo.
Oggi abbiamo provato a immaginarci redattori di un Post fatto, che so – in Germania, in Belgio, in Delaware – che scorrano le prime pagine italiane per capire cosa succede alla politica italiana. Se usassimo lo stesso criterio e lo stesso giudizio, concluderemmo che sta per cadere o il governo, o il rischio è serio. Lo avremmo concluso tre mesi fa, e due mesi fa, e un mese fa, e una settimana fa, e sei giorni fa, e cinque, e quattro, tre, due, e ieri e oggi. E domani, naturalmente.
Invece no: a un certo punto ci saremmo resi conto che il metro adottato con i media degli altri paesi – se una possibilità è sostenuta con molta forza, ci sono buone probabilità che si realizzi, o che qualcosa sia successo – in Italia non vale. E probabilmente se ne sono resi conto davvero, in Germania, in Belgio, in Delaware: infatti l’imminente caduta del governo italiano non trova spazio da nessuna parte sui giornali locali. Hanno scritto della condanna di Berlusconi e poi sono entrati – come diciamo di certe notizie al Post – in modalità “chiamateci quando avete finito”. Ci hanno preso le misure.
Per questo, vorrei aggiungere alla normalità della Germania, del Belgio, del Delaware, quella dell’Abruzzo, e creare qui un monumento al titolista ignoto, l’unico normale in un paese che funziona secondo regole assurde ma accettate da tutti, titolista che giovedì – come il bambino che dice il re è nudo – sul Centro ha scelto il giudizio più esatto e sfinito sulla
situazione politica (e mediatica).
per vedere la foto della pagina del Centro
http://www.wittgenstein.it/2013/08/24/truman-show/
Re: Circolano in rete...
I politicamente scorretti che insultano la Kyenge (Michele Serra).
26/08/2013 di triskel182
INSULTARE Cecile Kyenge è diventato una forma di neoconformismo. Bastano una buona dose di razzismo volontario o involontario; una notevole mancanza di fantasia; e una pagina Facebook. Di suo il vicesindaco di Diano Marina, signor Cristiano Za Garibaldi (Pdl) ci ha messo un sovrappiù così surreale da risultare quasi divertente: scusandosi, ha spiegato di averlo fatto perché era stressato dalle tasse.
A ben vedere, nella sua caotica autodifesa il vicesindaco dice anche qualcosa di più: è irritato perché il ministro Kyenge ha accennato (solo accennato) alla possibilità di usare qualche alloggio vuoto e inutilizzato per i senza tetto e per i nomadi. Si capisce che in una terra come la Liguria, scempiata dalle seconde case, buona parte delle quali sfitte e in vendita, l’argomento non sia molto popolare. Anche perché costringe gli amministratori liguri, compreso il vicesindaco Za Garibaldi, a riflettere sulla pluridecennale svendita del loro territorio, massacrato dal cemento.
Ma sono, questi, solo dettagli, minime variazioni di un ritornello davvero monotono, quello che ha fatto del primo ministro afroitaliano il bersaglio di ogni sconcezza e di ogni sberleffo.
È già stato detto e scritto molte volte, in circostanze identiche a questa, che il bersaglio finale di queste esternazioni è il politicamente corretto, cioè quell’insieme di consuetudini e di inibizioni linguistiche utili a non offendere le minoranze razziali e non solo. Nato non per caso negli Stati Uniti, Paese che prima e più di ogni altro ha dovuto fare i conti con una composizione sociale multietnica e multireligiosa, una colossale immigrazione, le difficili convivenze che ne conseguono, le incomprensioni, gli scontri di sensibilità. Per quanto ipocrita, e spesso foriero di neologismi davvero goffi, il politicamente corretto discende da un’intenzione virtuosa, che è quella di far convivere le diversità, di renderle governabili. È esattamente per questo — non certo per scrupoli lessicali ai quali in genere non sono aduse — che le destre populiste di mezzo mondo, quella italiana in primo luogo, lo odiano. Perché lo vedono come il sintomo più evidente di una volontà di convivenza che non condividono e non vogliono. E così come per Bossi chiamare gli africani “bingo bongo” non era solamente una manifestazione del suo razzismo privato, ma anche un modo per far sapere ai suoi elettori terrorizzati dall’immigrazione e dal “mondialismo” che finalmente in Italia si poteva dare libero sfogo a qualunque fobia sociale, e anzi farne uno strumento di consenso e di governo; allo stesso modo l’avvento sulla scena politica di Kyenge è stata un’occasione imperdibile per chiarire una volta per sempre che no, un ministro nero non fa parte delle cose tollerabili.
Più in generale, insieme al fragile tappo del politicamente corretto made in Italy, saltato ormai da tempo, sono le buone maniere nel loro insieme a risultare di impiccio alla destra populista. Come molte delle regole in vigore, sono imputate di imbrigliare i cosiddetti “umori popolari”. Rifarsi alla orgogliosa maleducazione fascista, turpiloquente e manganellatrice, è probabilmente congruo ma rimanda troppo indietro nel tempo. Bastino, come esempio corrente, le interruzioni e le urla nei talk-show, il sorriso di scherno e lo scuotimento della testa mentre parla l’avversario, la totale mancanza di contraddittorio politico nel ventennale (e rudimentale) soliloquio berlusconiano, la titolazione incredibilmente becera e aggressiva dei due principali quotidiani di destra, l’odio di classe per “gli intellettuali” che parlano difficile, per la cultura “che non dà da mangiare”, nonché (cito dalla pagina Facebook del vicesindaco di Diano Marina) per “i benpensanti”.
Parola che, usata in quel contesto, e da una persona che ha appena insultato Cecile Kyenge, colpisce molto. Il termine “benpensanti” tanti anni fa serviva per indicare i borghesucci timorati e baciapile, quelli che votavano per la Dc e per i suoi alleati, e che oggi probabilmente votano per il vicesindaco di Diano Marina, il Pdl e la Lega. Oggi la parola viene torta al punto da indicare quelli che non ritengono normale né giusto insultare “i negri”, e ancora si sforzano di chiamarli “neri” o “africani” o “afroitaliani” (è il caso della signora Kyenge). Vedi come mutano i tempi: l’antirazzismo è nato rivoluzionario e per tanti versi lo è ancora, dovendo risalire una potente corrente contraria. Ma oggi i suoi nemici di destra, per deriderlo, per liberarsene, per non farci i conti, lo liquidano come “benpensante”.
Da La Repubblica del 26/08/2013.
26/08/2013 di triskel182
INSULTARE Cecile Kyenge è diventato una forma di neoconformismo. Bastano una buona dose di razzismo volontario o involontario; una notevole mancanza di fantasia; e una pagina Facebook. Di suo il vicesindaco di Diano Marina, signor Cristiano Za Garibaldi (Pdl) ci ha messo un sovrappiù così surreale da risultare quasi divertente: scusandosi, ha spiegato di averlo fatto perché era stressato dalle tasse.
A ben vedere, nella sua caotica autodifesa il vicesindaco dice anche qualcosa di più: è irritato perché il ministro Kyenge ha accennato (solo accennato) alla possibilità di usare qualche alloggio vuoto e inutilizzato per i senza tetto e per i nomadi. Si capisce che in una terra come la Liguria, scempiata dalle seconde case, buona parte delle quali sfitte e in vendita, l’argomento non sia molto popolare. Anche perché costringe gli amministratori liguri, compreso il vicesindaco Za Garibaldi, a riflettere sulla pluridecennale svendita del loro territorio, massacrato dal cemento.
Ma sono, questi, solo dettagli, minime variazioni di un ritornello davvero monotono, quello che ha fatto del primo ministro afroitaliano il bersaglio di ogni sconcezza e di ogni sberleffo.
È già stato detto e scritto molte volte, in circostanze identiche a questa, che il bersaglio finale di queste esternazioni è il politicamente corretto, cioè quell’insieme di consuetudini e di inibizioni linguistiche utili a non offendere le minoranze razziali e non solo. Nato non per caso negli Stati Uniti, Paese che prima e più di ogni altro ha dovuto fare i conti con una composizione sociale multietnica e multireligiosa, una colossale immigrazione, le difficili convivenze che ne conseguono, le incomprensioni, gli scontri di sensibilità. Per quanto ipocrita, e spesso foriero di neologismi davvero goffi, il politicamente corretto discende da un’intenzione virtuosa, che è quella di far convivere le diversità, di renderle governabili. È esattamente per questo — non certo per scrupoli lessicali ai quali in genere non sono aduse — che le destre populiste di mezzo mondo, quella italiana in primo luogo, lo odiano. Perché lo vedono come il sintomo più evidente di una volontà di convivenza che non condividono e non vogliono. E così come per Bossi chiamare gli africani “bingo bongo” non era solamente una manifestazione del suo razzismo privato, ma anche un modo per far sapere ai suoi elettori terrorizzati dall’immigrazione e dal “mondialismo” che finalmente in Italia si poteva dare libero sfogo a qualunque fobia sociale, e anzi farne uno strumento di consenso e di governo; allo stesso modo l’avvento sulla scena politica di Kyenge è stata un’occasione imperdibile per chiarire una volta per sempre che no, un ministro nero non fa parte delle cose tollerabili.
Più in generale, insieme al fragile tappo del politicamente corretto made in Italy, saltato ormai da tempo, sono le buone maniere nel loro insieme a risultare di impiccio alla destra populista. Come molte delle regole in vigore, sono imputate di imbrigliare i cosiddetti “umori popolari”. Rifarsi alla orgogliosa maleducazione fascista, turpiloquente e manganellatrice, è probabilmente congruo ma rimanda troppo indietro nel tempo. Bastino, come esempio corrente, le interruzioni e le urla nei talk-show, il sorriso di scherno e lo scuotimento della testa mentre parla l’avversario, la totale mancanza di contraddittorio politico nel ventennale (e rudimentale) soliloquio berlusconiano, la titolazione incredibilmente becera e aggressiva dei due principali quotidiani di destra, l’odio di classe per “gli intellettuali” che parlano difficile, per la cultura “che non dà da mangiare”, nonché (cito dalla pagina Facebook del vicesindaco di Diano Marina) per “i benpensanti”.
Parola che, usata in quel contesto, e da una persona che ha appena insultato Cecile Kyenge, colpisce molto. Il termine “benpensanti” tanti anni fa serviva per indicare i borghesucci timorati e baciapile, quelli che votavano per la Dc e per i suoi alleati, e che oggi probabilmente votano per il vicesindaco di Diano Marina, il Pdl e la Lega. Oggi la parola viene torta al punto da indicare quelli che non ritengono normale né giusto insultare “i negri”, e ancora si sforzano di chiamarli “neri” o “africani” o “afroitaliani” (è il caso della signora Kyenge). Vedi come mutano i tempi: l’antirazzismo è nato rivoluzionario e per tanti versi lo è ancora, dovendo risalire una potente corrente contraria. Ma oggi i suoi nemici di destra, per deriderlo, per liberarsene, per non farci i conti, lo liquidano come “benpensante”.
Da La Repubblica del 26/08/2013.
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