Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
Gli ultimi giorni di Salò - 97
L’Italia di nuovo nel caos - 33
La guerra civile simulata - 31
Corriere 31.8.13
Patto segreto tra le colombe per allungare i tempi
di Tommaso Labate
L’obiettivo di rinviare la scelta della Giunta in attesa della Corte d’appello di Milano
ROMA — «Care amiche, cari amici, care compagne, cari compagni. (...) Come a tutti noto, il 9 settembre la Giunta per le elezioni del Senato inizia a dibattere sulla questione della decadenza di Silvio Berlusconi. (...) Il Pd voterà la decadenza» ma — si legge qualche riga più tardi — «non si possono certo ignorare una serie di problematiche tecnico-giuridiche sulle quali è in corso un ampio dibattito che coinvolge autorevoli giuristi e costituzionalisti. Particolarmente rilevanti sono state le questioni sollevate da Luciano Violante in un’intervista al Corriere ...».
In cima alla lettera c’è il logo del Senato. E, come si capisce dall’incipit, i firmatari sono del Partito democratico. Di più, sono tutti i senatori del Pd eletti in Piemonte con l’esclusione del renziano Stefano Lepri, che non l’ha condivisa. C’è la firma di Stefano Esposito, che l’ha promossa. E, a seguire, quelle di Federico Fornaro, Vannino Chiti e dei loro colleghi Borioli, Ferrara, Fissore, Favero, Manassero, Zanoni, nonché quella del socialista Enrico Buemi, che è anche membro della giunta che deciderà sulla decadenza del Cavaliere.
È una lettera in difesa di Violante, che è stato invitato per domani pomeriggio a discutere del suo «lodo», che riguardava il possibile rinvio del «caso Berlusconi» alla Consulta, in un incontro pubblico nella sede del Pd di Torino. Ma è anche, implicitamente, «l’apertura» di un pezzo del Pd a un possibile allungamento dei tempi nella giunta. Soprattutto se riguardano un tema, come quello del possibile esame alla Consulta del tema della decadenza, «peraltro condiviso — si legge nel testo — da giuristi non certo imputabili di berlusconismo».
Accelerare verso il voto su Berlusconi oppure no? «Questo è un tema troppo serio per essere ignorato. E il Pd è una comunità che su queste cose ha il dovere di discutere», spiega Esposito. Che aggiunge: «A me non frega nulla che Civati o altri attacchino Violante su Twitter. Visto che sulla vicenda di Berlusconi è in corso una contesa su cui il fior fiore dei costituzionalisti sta dibattendo, io con Violante mi voglio confrontare...».
Sembra un piccolo tassello di un ingranaggio più sofisticato. E può anche essere il viatico per portare al vero obiettivo su cui una task force di «governisti» di Pdl e Pd sta lavorando da settimane. L’obiettivo è lo stesso su cui anche i ministri berlusconiani si sono soffermati nei loro colloqui riservati. E cioè evitare che la Giunta del Senato arrivi a votare la decadenza di Berlusconi prima dell’intervento della Corte d’appello di Milano, a cui la Cassazione ha rinviato la definizione della pena accessoria per il Cavaliere. Lo schema è molto semplice. Se i giudici di Milano definiscono l’interdizione dai pubblici uffici per l’ex premier prima che Palazzo Madama voti per la decadenza, a quel punto nessuno — nemmeno i falchi del Pdl — potrà minacciare rappresaglie sul Pd. Perché a decidere della perdita del titolo di senatore da parte del leader del centrodestra saranno stati i magistrati, non il Pd.
Di modi per guadagnare tempo ce ne sono. Alcuni, come il voto negativo rispetto alla relazione che il pidiellino Andrea Augello leggerà in Giunta il 9 settembre, sono addirittura automatici (anche perché, in caso di voto contrario, la Giunta deve nominare un nuovo relatore scelto tra i membri che avranno votato contro). Altri, come la «ricusazione» (virgolette d’obbligo) del presidente Dario Stefano, presuppongono lo scenario di una «guerra» a colpi di regolamento in cui il Pd non potrebbe far altro che affiancare Sel e Cinque Stelle. Per questo è il dibattito sul «lodo Violante» la strada migliore per prendere tempo. E Berlusconi deve essersene convinto se è vero, com’è vero, che dopo Ferragosto sembrava escludere la presentazione di memorie difensive che invece sono state annunciate.
Perché gliel’hanno detto o fatto capire in tanti, a Berlusconi. «Difenditi in Senato e non dal Senato». Alcuni di loro, casualmente, ieri erano in Val d’Aosta, a Cogne, al Gran Paradiso Film Festival. Come il ministro Gaetano Quagliariello, sicuro che i dubbi normativi sulla decadenza del Cavaliere «ci sono anche a sinistra». E come Luciano Violante, che ha sottolineato di «non sentirsi sotto processo» per l’idea del coinvolgimento della Consulta su cui è d’accordo anche un ex presidente della Corte come Valerio Onida, anch’egli ieri atteso a Cogne. I governisti trattengono il fiato ascoltando le ultime bordate del Cavaliere. C’è una clessidra in movimento. Se supera il 15 ottobre, si chiuderà l’ultima finestra elettorale. E se la Corte d’appello di Milano chiudesse la pratica della decadenza di Berlusconi prima che lo faccia il Senato, la maggioranza sarebbe ancora più al sicuro.
L’Italia di nuovo nel caos - 33
La guerra civile simulata - 31
Corriere 31.8.13
Patto segreto tra le colombe per allungare i tempi
di Tommaso Labate
L’obiettivo di rinviare la scelta della Giunta in attesa della Corte d’appello di Milano
ROMA — «Care amiche, cari amici, care compagne, cari compagni. (...) Come a tutti noto, il 9 settembre la Giunta per le elezioni del Senato inizia a dibattere sulla questione della decadenza di Silvio Berlusconi. (...) Il Pd voterà la decadenza» ma — si legge qualche riga più tardi — «non si possono certo ignorare una serie di problematiche tecnico-giuridiche sulle quali è in corso un ampio dibattito che coinvolge autorevoli giuristi e costituzionalisti. Particolarmente rilevanti sono state le questioni sollevate da Luciano Violante in un’intervista al Corriere ...».
In cima alla lettera c’è il logo del Senato. E, come si capisce dall’incipit, i firmatari sono del Partito democratico. Di più, sono tutti i senatori del Pd eletti in Piemonte con l’esclusione del renziano Stefano Lepri, che non l’ha condivisa. C’è la firma di Stefano Esposito, che l’ha promossa. E, a seguire, quelle di Federico Fornaro, Vannino Chiti e dei loro colleghi Borioli, Ferrara, Fissore, Favero, Manassero, Zanoni, nonché quella del socialista Enrico Buemi, che è anche membro della giunta che deciderà sulla decadenza del Cavaliere.
È una lettera in difesa di Violante, che è stato invitato per domani pomeriggio a discutere del suo «lodo», che riguardava il possibile rinvio del «caso Berlusconi» alla Consulta, in un incontro pubblico nella sede del Pd di Torino. Ma è anche, implicitamente, «l’apertura» di un pezzo del Pd a un possibile allungamento dei tempi nella giunta. Soprattutto se riguardano un tema, come quello del possibile esame alla Consulta del tema della decadenza, «peraltro condiviso — si legge nel testo — da giuristi non certo imputabili di berlusconismo».
Accelerare verso il voto su Berlusconi oppure no? «Questo è un tema troppo serio per essere ignorato. E il Pd è una comunità che su queste cose ha il dovere di discutere», spiega Esposito. Che aggiunge: «A me non frega nulla che Civati o altri attacchino Violante su Twitter. Visto che sulla vicenda di Berlusconi è in corso una contesa su cui il fior fiore dei costituzionalisti sta dibattendo, io con Violante mi voglio confrontare...».
Sembra un piccolo tassello di un ingranaggio più sofisticato. E può anche essere il viatico per portare al vero obiettivo su cui una task force di «governisti» di Pdl e Pd sta lavorando da settimane. L’obiettivo è lo stesso su cui anche i ministri berlusconiani si sono soffermati nei loro colloqui riservati. E cioè evitare che la Giunta del Senato arrivi a votare la decadenza di Berlusconi prima dell’intervento della Corte d’appello di Milano, a cui la Cassazione ha rinviato la definizione della pena accessoria per il Cavaliere. Lo schema è molto semplice. Se i giudici di Milano definiscono l’interdizione dai pubblici uffici per l’ex premier prima che Palazzo Madama voti per la decadenza, a quel punto nessuno — nemmeno i falchi del Pdl — potrà minacciare rappresaglie sul Pd. Perché a decidere della perdita del titolo di senatore da parte del leader del centrodestra saranno stati i magistrati, non il Pd.
Di modi per guadagnare tempo ce ne sono. Alcuni, come il voto negativo rispetto alla relazione che il pidiellino Andrea Augello leggerà in Giunta il 9 settembre, sono addirittura automatici (anche perché, in caso di voto contrario, la Giunta deve nominare un nuovo relatore scelto tra i membri che avranno votato contro). Altri, come la «ricusazione» (virgolette d’obbligo) del presidente Dario Stefano, presuppongono lo scenario di una «guerra» a colpi di regolamento in cui il Pd non potrebbe far altro che affiancare Sel e Cinque Stelle. Per questo è il dibattito sul «lodo Violante» la strada migliore per prendere tempo. E Berlusconi deve essersene convinto se è vero, com’è vero, che dopo Ferragosto sembrava escludere la presentazione di memorie difensive che invece sono state annunciate.
Perché gliel’hanno detto o fatto capire in tanti, a Berlusconi. «Difenditi in Senato e non dal Senato». Alcuni di loro, casualmente, ieri erano in Val d’Aosta, a Cogne, al Gran Paradiso Film Festival. Come il ministro Gaetano Quagliariello, sicuro che i dubbi normativi sulla decadenza del Cavaliere «ci sono anche a sinistra». E come Luciano Violante, che ha sottolineato di «non sentirsi sotto processo» per l’idea del coinvolgimento della Consulta su cui è d’accordo anche un ex presidente della Corte come Valerio Onida, anch’egli ieri atteso a Cogne. I governisti trattengono il fiato ascoltando le ultime bordate del Cavaliere. C’è una clessidra in movimento. Se supera il 15 ottobre, si chiuderà l’ultima finestra elettorale. E se la Corte d’appello di Milano chiudesse la pratica della decadenza di Berlusconi prima che lo faccia il Senato, la maggioranza sarebbe ancora più al sicuro.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Repubblica 31.8.13
In un anno 325mila disoccupati in più.
Il tasso tra i giovani risale al 39,5%
Il tasso di disoccupazione resta al 12 per cento, con una variazione nulla rispetto a giugno, ma sale dell'1,3% nel raffronto con il luglio 2012. Per la quarta volta consecutiva il dato tocca la soglia del 12 per cento
MILANO - Si arresta l'emorragia di posti di lavoro, anche se il raffronto con lo scorso anno traccia ancora un quadro allarmante per la situazione occupazionale dell'Italia. Con l'aggravante che le fasce giovani, che avevano recentemente mostrato segnali di riprsa, tornano a peggiorare. La disoccupazione a luglio si ferma al 12%, invariata rispetto a giugno (-0,033 punti percentuali), anche se resta in aumento su base annua, con un rialzo di 1,3 punti. Lo rileva l'Istat, che ha diffuso oggi i dati provvisori. Con luglio la disoccupazione tocca la soglia del 12% per la quarta volta consecutiva. Risale invece il tasso di disoccupazione giovanile, che sempre a luglio è pari al 39,5%. Secondo i dati provvisori aumenta così di 0,4% punti rispetto al mese precedente e di 4,3 punti sul 2012. Nel secondo trimestre tra i 15-24enni il tasso sale al 37,3% (+3,4 punti), con un picco del 51% per le giovani donne del Mezzogiorno. Quanto alle differenze di genere, invece, la disoccupazione rimane invariata nel confronto mensile per la componente maschile, mentre si riduce dello 0,7% per quella femminile. In termini tendenziali la disoccupazione cresce sia per gli uomini (+16,6%) sia per le donne (+6,5%).
In un anno 325mila disoccupati in più.
Il tasso tra i giovani risale al 39,5%
Il tasso di disoccupazione resta al 12 per cento, con una variazione nulla rispetto a giugno, ma sale dell'1,3% nel raffronto con il luglio 2012. Per la quarta volta consecutiva il dato tocca la soglia del 12 per cento
MILANO - Si arresta l'emorragia di posti di lavoro, anche se il raffronto con lo scorso anno traccia ancora un quadro allarmante per la situazione occupazionale dell'Italia. Con l'aggravante che le fasce giovani, che avevano recentemente mostrato segnali di riprsa, tornano a peggiorare. La disoccupazione a luglio si ferma al 12%, invariata rispetto a giugno (-0,033 punti percentuali), anche se resta in aumento su base annua, con un rialzo di 1,3 punti. Lo rileva l'Istat, che ha diffuso oggi i dati provvisori. Con luglio la disoccupazione tocca la soglia del 12% per la quarta volta consecutiva. Risale invece il tasso di disoccupazione giovanile, che sempre a luglio è pari al 39,5%. Secondo i dati provvisori aumenta così di 0,4% punti rispetto al mese precedente e di 4,3 punti sul 2012. Nel secondo trimestre tra i 15-24enni il tasso sale al 37,3% (+3,4 punti), con un picco del 51% per le giovani donne del Mezzogiorno. Quanto alle differenze di genere, invece, la disoccupazione rimane invariata nel confronto mensile per la componente maschile, mentre si riduce dello 0,7% per quella femminile. In termini tendenziali la disoccupazione cresce sia per gli uomini (+16,6%) sia per le donne (+6,5%).
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Re: Come se ne viene fuori ?
Gli ultimi giorni di Salò - 98
L’Italia di nuovo nel caos - 34
La guerra civile simulata - 32
Berlusconi ora minaccia il governo “Crisi se il Pd mi fa decadere nel ’48 sarebbe stata guerra civile”
(TOMMASO CIRIACO).
31/08/2013 di triskel182
Letta: non vedo margini. Franceschini: respingiamo il ricatto.
Lo scontro.
ROMA— Stavolta a minacciare la crisi di governo non sono i falchi del Pdl. È Silvio Berlusconi in persona: «Sarebbe disdicevole se il governo cadesse, ma naturalmente non siamo disponibili a mandare avanti un esecutivo se la sinistra dovesse intervenire su di me impedendomi di fare politica ». È un atto di guerra rivolto a Palazzo Chigi. Con un’implicita proposta di tregua — il no alla decadenza — che Enrico Letta non intende però accettare: «Non credo ci siano molti margini, la separazione tra il piano politico e giudiziario è necessaria». Il governo sembra a un passo dalla crisi.
Tornato a Roma dopo un mese trascorso ad Arcore, Berlusconi riunisce le colombe del Pdl a Palazzo Grazioli. Poi telefona a una manifestazione dell’Esercito di Silvio e la musica cambia di colpo: «Dopo 20 anni dalla mia discesa in campo tentano di nuovo di togliermi di mezzo attraverso misure giudiziarie che nulla hanno a che vedere con la democrazia ».
È un fiume in piena, il Cavaliere. «Qualcuno mi ha detto: immaginiamoci che cosa sarebbe successo nel ‘48 se la Dc avesse tolto Togliatti al Pci o se il Pci avesse tolto De Gasperi. Sarebbe scoppiata una guerra civile». Pausa. «Abbiamo fatto le larghe intese di pacificazione e invece siamo ancora in mezzo al guado». La controffensiva è ormai pronta: «Ci sono sei referendum radicali sulla giustizia: allestiamo i gazebo e raccogliamo le 500 firme necessarie ». Una firma, la sua, arriverà già oggi nella Capitale.
I toni sono già da campagna elettorale. Come gli argomenti: «La cancellazione dell’Imu è merito tutto nostro. Soltanto nostro ». C’è anche un nuovo partito pronto a correre: «Come nel ‘94 — ribadisce — lanceremo le bandiere di FI». La sfida è tutta al Pd, che i due capigruppo azzurri Renato Brunetta e Renato Schifani chiamano direttamente in causa: «Chiediamo che i duellanti democratici (Letta e Renzi, ndr) non trascorrano il mese di settembre celebrando un congresso anticipato sulla pelle del governo e di Berlusconi».
Eppure, il governo continua a far muro. Non solo il premier, ma anche il ministro per i rapporti con il Parlamento Dario Franceschini è netto: «Il ricatto di Berlusconi va respinto al mittente: non violeremo mai le regole dello stato di diritto per allungare la durata dell’esecutivo». Così come Matteo Renzi: «In un qualsiasi Paese civile, un leader che viene condannato in via definitiva va a casa lui, senza aspettare che venga interdetto».
Anche Beppe Grillo prende spunto dalla vicenda del Cavaliere per contestare le larghe intese: «La coppia Violante&Napolitano ha forse trovato il cavillo per salvare un pregiudicato con il rinvio della legge Severino alla Consulta ». Segue un avvertimento: «Sono stanco di essere gandhiano e di osservare leggi fatte per favorire i delinquenti».
Da La Repubblica del 31/08/2013.
L’Italia di nuovo nel caos - 34
La guerra civile simulata - 32
Berlusconi ora minaccia il governo “Crisi se il Pd mi fa decadere nel ’48 sarebbe stata guerra civile”
(TOMMASO CIRIACO).
31/08/2013 di triskel182
Letta: non vedo margini. Franceschini: respingiamo il ricatto.
Lo scontro.
ROMA— Stavolta a minacciare la crisi di governo non sono i falchi del Pdl. È Silvio Berlusconi in persona: «Sarebbe disdicevole se il governo cadesse, ma naturalmente non siamo disponibili a mandare avanti un esecutivo se la sinistra dovesse intervenire su di me impedendomi di fare politica ». È un atto di guerra rivolto a Palazzo Chigi. Con un’implicita proposta di tregua — il no alla decadenza — che Enrico Letta non intende però accettare: «Non credo ci siano molti margini, la separazione tra il piano politico e giudiziario è necessaria». Il governo sembra a un passo dalla crisi.
Tornato a Roma dopo un mese trascorso ad Arcore, Berlusconi riunisce le colombe del Pdl a Palazzo Grazioli. Poi telefona a una manifestazione dell’Esercito di Silvio e la musica cambia di colpo: «Dopo 20 anni dalla mia discesa in campo tentano di nuovo di togliermi di mezzo attraverso misure giudiziarie che nulla hanno a che vedere con la democrazia ».
È un fiume in piena, il Cavaliere. «Qualcuno mi ha detto: immaginiamoci che cosa sarebbe successo nel ‘48 se la Dc avesse tolto Togliatti al Pci o se il Pci avesse tolto De Gasperi. Sarebbe scoppiata una guerra civile». Pausa. «Abbiamo fatto le larghe intese di pacificazione e invece siamo ancora in mezzo al guado». La controffensiva è ormai pronta: «Ci sono sei referendum radicali sulla giustizia: allestiamo i gazebo e raccogliamo le 500 firme necessarie ». Una firma, la sua, arriverà già oggi nella Capitale.
I toni sono già da campagna elettorale. Come gli argomenti: «La cancellazione dell’Imu è merito tutto nostro. Soltanto nostro ». C’è anche un nuovo partito pronto a correre: «Come nel ‘94 — ribadisce — lanceremo le bandiere di FI». La sfida è tutta al Pd, che i due capigruppo azzurri Renato Brunetta e Renato Schifani chiamano direttamente in causa: «Chiediamo che i duellanti democratici (Letta e Renzi, ndr) non trascorrano il mese di settembre celebrando un congresso anticipato sulla pelle del governo e di Berlusconi».
Eppure, il governo continua a far muro. Non solo il premier, ma anche il ministro per i rapporti con il Parlamento Dario Franceschini è netto: «Il ricatto di Berlusconi va respinto al mittente: non violeremo mai le regole dello stato di diritto per allungare la durata dell’esecutivo». Così come Matteo Renzi: «In un qualsiasi Paese civile, un leader che viene condannato in via definitiva va a casa lui, senza aspettare che venga interdetto».
Anche Beppe Grillo prende spunto dalla vicenda del Cavaliere per contestare le larghe intese: «La coppia Violante&Napolitano ha forse trovato il cavillo per salvare un pregiudicato con il rinvio della legge Severino alla Consulta ». Segue un avvertimento: «Sono stanco di essere gandhiano e di osservare leggi fatte per favorire i delinquenti».
Da La Repubblica del 31/08/2013.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Gli ultimi giorni di Salò - 98
L’Italia di nuovo nel caos - 35
La guerra civile simulata - 33
IL CAVALIERE HA RAGIONE: SENATORE DAL GABBIO
(Massimo Fini).
31/08/2013 di triskel182
Ai berluscones non entra nella zucca che il consenso non autorizza a commettere reati. Altrimenti bisognerebbe stabilire un tariffario. Con due milioni di voti si potrebbe fare un furto semplice, con dodici un omicidio, con venti una strage.
Già è grave che Pdl e Pd (sia pur questo sottobanco) trattino per trovare una via d’uscita al Cavaliere per permettergli di sfuggire a una condanna definitiva. Perché qui non c’è da dividersi in “falchi” e “colombe”, ma sono in gioco principi indisponibili, come l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, che non è nella potestà di nessuno violare.
In uno Stato di diritto non è necessario che le sentenze siano rispettate, è invece inderogabile che siano applicate. Berlusconi quindi, visto che per motivi d’età non può essere messo al gabbio, deve andare ai servizi sociali o ai domiciliari. Se sceglierà questa seconda soluzione non potrà ricevere visite, e nemmeno telefonate, se non dagli stretti familiari e potrà uscire, per qualche ora, solo se autorizzato dal Giudice di Sorveglianza. E se cercherà di fare il furbo evadendo da una delle sue ville in orari non autorizzati, troverà due robusti carabinieri che lo acciufferanno per il collo e lo riporteranno a calci in culo a casa o direttamente al gabbio, perché non ha rispettato i limiti imposti dal Giudice. Così van le cose per tutti i cittadini che si trovano nella sua situazione.
GRAVISSIMO sarebbe se Pdl, Pd, Capo dello Stato per non fargli scontare la pena alla reclusione trovassero qualche escamotage.
1) Grazia. Va chiarito che la richiesta di Grazia non implica un’ammissione di colpevolezza e che la Grazia può essere concessa motu proprio dal Capo dello Stato, senza richiesta. La Grazia, in genere, viene concessa per considerazioni umanitarie. E in ogni caso non si vede per quale motivo dovrebbe essere data a un “delinquente naturale”, come lo ha definito il Tribunale di Milano , che ha già un’altra condanna sul gobbo, processi in corso, che non ha mai manifestato pentimenti per le sue malefatte ma, al contrario, continua ad accusare i suoi giudici di un reato gravissimo (aver distorto la legge a fini politici) senza peraltro degnarsi di fornire le prove denunciando i magistrati felloni alla prima procura competente.
2) Commutazione della pena. Vale il discorso fatto per la Grazia.
3) Amnistia. Sarebbe la prima volta al mondo che per salvare un delinquente se ne liberano altri 20 mila. Amnistia e indulto non hanno mai risolto l’annoso problema del sovraffollamento delle carceri che, nel giro di due anni, è tornato al livello precedente. Perché invece di strologare sui Ponti di Messina, in tutti questi anni non si sono costruite carceri nuove e civili? Comunque in questo momento un provvedimento generale di clemenza assumerebbe, di fatto, il carattere grottesco e inaudito di una amnistia ad personam.
Sulla decadenza da senatore di Berlusconi mi pare invece che i suoi difensori abbiano qualche ragione. La legge Severino non è incostituzionale, perché vale per tutti, e non c’è bisogno di alcun ricorso alla Consulta. Però in penale vale il principio della “irretroattività della legge, a meno che non sia più favorevole al reo”. Che non è il caso di Berlusconi.
Per lui dovrebbe valere il principio della irretroattività perché la decadenza da senatore si configura come una pena accessoria. Berlusconi, visto che non ha la dignità di dimettersi, può rimanere senatore. Ma dal gabbio.
Da Il Fatto Quotidiano del 31/08/2013.
L’Italia di nuovo nel caos - 35
La guerra civile simulata - 33
IL CAVALIERE HA RAGIONE: SENATORE DAL GABBIO
(Massimo Fini).
31/08/2013 di triskel182
Ai berluscones non entra nella zucca che il consenso non autorizza a commettere reati. Altrimenti bisognerebbe stabilire un tariffario. Con due milioni di voti si potrebbe fare un furto semplice, con dodici un omicidio, con venti una strage.
Già è grave che Pdl e Pd (sia pur questo sottobanco) trattino per trovare una via d’uscita al Cavaliere per permettergli di sfuggire a una condanna definitiva. Perché qui non c’è da dividersi in “falchi” e “colombe”, ma sono in gioco principi indisponibili, come l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, che non è nella potestà di nessuno violare.
In uno Stato di diritto non è necessario che le sentenze siano rispettate, è invece inderogabile che siano applicate. Berlusconi quindi, visto che per motivi d’età non può essere messo al gabbio, deve andare ai servizi sociali o ai domiciliari. Se sceglierà questa seconda soluzione non potrà ricevere visite, e nemmeno telefonate, se non dagli stretti familiari e potrà uscire, per qualche ora, solo se autorizzato dal Giudice di Sorveglianza. E se cercherà di fare il furbo evadendo da una delle sue ville in orari non autorizzati, troverà due robusti carabinieri che lo acciufferanno per il collo e lo riporteranno a calci in culo a casa o direttamente al gabbio, perché non ha rispettato i limiti imposti dal Giudice. Così van le cose per tutti i cittadini che si trovano nella sua situazione.
GRAVISSIMO sarebbe se Pdl, Pd, Capo dello Stato per non fargli scontare la pena alla reclusione trovassero qualche escamotage.
1) Grazia. Va chiarito che la richiesta di Grazia non implica un’ammissione di colpevolezza e che la Grazia può essere concessa motu proprio dal Capo dello Stato, senza richiesta. La Grazia, in genere, viene concessa per considerazioni umanitarie. E in ogni caso non si vede per quale motivo dovrebbe essere data a un “delinquente naturale”, come lo ha definito il Tribunale di Milano , che ha già un’altra condanna sul gobbo, processi in corso, che non ha mai manifestato pentimenti per le sue malefatte ma, al contrario, continua ad accusare i suoi giudici di un reato gravissimo (aver distorto la legge a fini politici) senza peraltro degnarsi di fornire le prove denunciando i magistrati felloni alla prima procura competente.
2) Commutazione della pena. Vale il discorso fatto per la Grazia.
3) Amnistia. Sarebbe la prima volta al mondo che per salvare un delinquente se ne liberano altri 20 mila. Amnistia e indulto non hanno mai risolto l’annoso problema del sovraffollamento delle carceri che, nel giro di due anni, è tornato al livello precedente. Perché invece di strologare sui Ponti di Messina, in tutti questi anni non si sono costruite carceri nuove e civili? Comunque in questo momento un provvedimento generale di clemenza assumerebbe, di fatto, il carattere grottesco e inaudito di una amnistia ad personam.
Sulla decadenza da senatore di Berlusconi mi pare invece che i suoi difensori abbiano qualche ragione. La legge Severino non è incostituzionale, perché vale per tutti, e non c’è bisogno di alcun ricorso alla Consulta. Però in penale vale il principio della “irretroattività della legge, a meno che non sia più favorevole al reo”. Che non è il caso di Berlusconi.
Per lui dovrebbe valere il principio della irretroattività perché la decadenza da senatore si configura come una pena accessoria. Berlusconi, visto che non ha la dignità di dimettersi, può rimanere senatore. Ma dal gabbio.
Da Il Fatto Quotidiano del 31/08/2013.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Gli ultimi giorni di Salò - 99
L’Italia di nuovo nel caos - 36
La guerra civile simulata - 34
Governo, il ricatto di Berlusconi
(FRANCESCO BEI).
31/08/2013 di triskel182
Il premier: “Niente margini sulla decadenza. Questo non è l’esecutivo che volevo”. Renzi: chi è condannato deve andare a casa.
“Il Pd mi salvi o Letta cade”. Abbado, Cattaneo, Piano e Rubbia senatori a vita.
Il Cavaliere tenta l’ultima carta “La parola è a Napolitano mi deve commutare la pena”.
Nessuna tregua fino allo show-down del voto in giunta.
NESSUNA tregua, come pure supplicano le colombe del Pdl. Berlusconi si mostra pronto alla guerra. Il countdown per la crisi di governo è iniziato: meno dieci giorni.
NONOSTANTE la consegna del silenzio, chi esce da palazzo Grazioli — dove il Cavaliere ha riunito ieri a pranzo l’ala trattativista del partito — non può fare a meno di registrare l’umore sempre più nero del leader. Certo, l’interessato spera ancora di convincere il presidente della Repubblica a commutargli autonomamente la pena in una sanzione pecuniaria: ormai sono quotidiane le ambasciate che salgono e scendono dal Colle. Ieri è stata la volta del ministro Nunzia De Girolamo, ricevuta per quarantacinque minuti al Quirinale e poi scesa a riferire a via del Plebiscito.
E tuttavia il segnale politico arrivato con il laticlavio a vita concesso ad Abbado e gli altri Berlusconi l’ha subito come un vero e proprio affronto. Peggio, come un tentativo di intimidazione. La notizia gli era stata anticipata la sera prima da Gianni Letta e quasi il Cavaliere non ci voleva credere. Poi lo sfogo davanti ai suoi: «Napolitano controlla la Corte costituzionale e ora vuole controllare anche il Senato. Pensa di mettermi paura ma si sbaglia». È la sagoma di un Letta bis che Berlusconi ha intravisto riflessa oltre le figure dei quattro nominati. «Questi risponderanno solo al Quirinale — osserva uno dei falchi Pdl — e potranno spostare gli equilibri della maggioranza se decidessimo di rompere. A quel punto basterebbero dieci nostri traditori e nascerebbe un nuovo governo
con noi all’opposizione e Berlusconi ai domiciliari». Un incubo per il Cavaliere.
Così, tra un ultimatum e una provocazione, la speranza delle colombe di un’uscita morbida del leader Pdl dalla politica rischia di evaporare insieme ai fumi della battaglia. Eppure ieri ci avevano provato in tanti a convincerlo. Alfano, Gianni Letta, i capigruppo Schifani e Brunetta, Cicchitto. Tulle le colombe riunite insieme attorno al tavolo di palazzo Grazioli. Tante voci ma un solo messaggio: stai calmo, morditi la lingua, non cadere nel tranello di chi dentro al Pd vuole far saltare Letta e ti usa per sabotare il governo. Sembrava che il Cavaliere avesse capito: «Farò come dite voi. Fino al 9 settembre tutti zitti. E vediamo che viene fuori». Le colombe non confidano in un ripensamento da parte del Pd sulla questione della decadenza, ma contano almeno in un supplemento di indagine nella giunta del Senato. Qualche settimana per consentire la creazione di una clima adatto alla commutazione della pena da parte di Napolitano mentre Berlusconi è ancora senatore. Ma la strada è sempre più stretta e i cecchini del Pdl sono appostati alle finestre per impallinare le colombe ogni volta che provano a percorrerla. «Affinché la trattativa con il Colle e con il Pd vada a buon fine — confessa uno dei
“moderati” all’uscita del summit a via del Plebiscito — occorre che tacciano le armi per qualche giorno. Ma c’è un interesse convergente a far saltare tutto da parte dei beccuti del nostro partito e dei renziani». E a incendiare la prateria ci vuol poco. La rabbia del Cavaliere è tanta che basta dargli un microfono perché esploda. Come accaduto ieri. Appena salutate le colombe si è collegato a una manifestazione dei suoi (non numerosissimi) pasdaran e ne ha approfittato per sparare a zero minacciando la crisi con l’evocazione di una «guerra civile».
Anche Pannella — incontrato alle nove del mattino — l’ha scongiurato di «non fare cazzate » e non far saltare Letta. Una crisi metterebbe infatti a rischio la raccolta firme, senza contare che eventuali elezioni anticipate farebbero slittare i referendum a chissà quando. Con la faccia allampanata e la bocca impastata per lo sciopero della sete, «Marco» ha poi fatto venire la pelle d’oca a «Silvio». Prospettandogli una latitanza alla Toni Negri. È stato lo stesso Cavaliere a raccontarlo ai suoi dopo il colloquio con il leader radicale: «Mi ha detto che devo firmare tutti e dodici i referendum e poi… scappare all’estero». L’idea che Berlusconi possa immolarsi sull’altare della «giustizia giusta» come martire della battaglia radicale ha provocato molti sorrisi al desco di palazzo Grazioli. Poi qualcuno ha fatto notare al Cavaliere un particolare: «Guarda presidente che Toni Negri scappava anche da Pannella… lui lo voleva in galera!».
Da La Repubblica del 31/08/2013.
L’Italia di nuovo nel caos - 36
La guerra civile simulata - 34
Governo, il ricatto di Berlusconi
(FRANCESCO BEI).
31/08/2013 di triskel182
Il premier: “Niente margini sulla decadenza. Questo non è l’esecutivo che volevo”. Renzi: chi è condannato deve andare a casa.
“Il Pd mi salvi o Letta cade”. Abbado, Cattaneo, Piano e Rubbia senatori a vita.
Il Cavaliere tenta l’ultima carta “La parola è a Napolitano mi deve commutare la pena”.
Nessuna tregua fino allo show-down del voto in giunta.
NESSUNA tregua, come pure supplicano le colombe del Pdl. Berlusconi si mostra pronto alla guerra. Il countdown per la crisi di governo è iniziato: meno dieci giorni.
NONOSTANTE la consegna del silenzio, chi esce da palazzo Grazioli — dove il Cavaliere ha riunito ieri a pranzo l’ala trattativista del partito — non può fare a meno di registrare l’umore sempre più nero del leader. Certo, l’interessato spera ancora di convincere il presidente della Repubblica a commutargli autonomamente la pena in una sanzione pecuniaria: ormai sono quotidiane le ambasciate che salgono e scendono dal Colle. Ieri è stata la volta del ministro Nunzia De Girolamo, ricevuta per quarantacinque minuti al Quirinale e poi scesa a riferire a via del Plebiscito.
E tuttavia il segnale politico arrivato con il laticlavio a vita concesso ad Abbado e gli altri Berlusconi l’ha subito come un vero e proprio affronto. Peggio, come un tentativo di intimidazione. La notizia gli era stata anticipata la sera prima da Gianni Letta e quasi il Cavaliere non ci voleva credere. Poi lo sfogo davanti ai suoi: «Napolitano controlla la Corte costituzionale e ora vuole controllare anche il Senato. Pensa di mettermi paura ma si sbaglia». È la sagoma di un Letta bis che Berlusconi ha intravisto riflessa oltre le figure dei quattro nominati. «Questi risponderanno solo al Quirinale — osserva uno dei falchi Pdl — e potranno spostare gli equilibri della maggioranza se decidessimo di rompere. A quel punto basterebbero dieci nostri traditori e nascerebbe un nuovo governo
con noi all’opposizione e Berlusconi ai domiciliari». Un incubo per il Cavaliere.
Così, tra un ultimatum e una provocazione, la speranza delle colombe di un’uscita morbida del leader Pdl dalla politica rischia di evaporare insieme ai fumi della battaglia. Eppure ieri ci avevano provato in tanti a convincerlo. Alfano, Gianni Letta, i capigruppo Schifani e Brunetta, Cicchitto. Tulle le colombe riunite insieme attorno al tavolo di palazzo Grazioli. Tante voci ma un solo messaggio: stai calmo, morditi la lingua, non cadere nel tranello di chi dentro al Pd vuole far saltare Letta e ti usa per sabotare il governo. Sembrava che il Cavaliere avesse capito: «Farò come dite voi. Fino al 9 settembre tutti zitti. E vediamo che viene fuori». Le colombe non confidano in un ripensamento da parte del Pd sulla questione della decadenza, ma contano almeno in un supplemento di indagine nella giunta del Senato. Qualche settimana per consentire la creazione di una clima adatto alla commutazione della pena da parte di Napolitano mentre Berlusconi è ancora senatore. Ma la strada è sempre più stretta e i cecchini del Pdl sono appostati alle finestre per impallinare le colombe ogni volta che provano a percorrerla. «Affinché la trattativa con il Colle e con il Pd vada a buon fine — confessa uno dei
“moderati” all’uscita del summit a via del Plebiscito — occorre che tacciano le armi per qualche giorno. Ma c’è un interesse convergente a far saltare tutto da parte dei beccuti del nostro partito e dei renziani». E a incendiare la prateria ci vuol poco. La rabbia del Cavaliere è tanta che basta dargli un microfono perché esploda. Come accaduto ieri. Appena salutate le colombe si è collegato a una manifestazione dei suoi (non numerosissimi) pasdaran e ne ha approfittato per sparare a zero minacciando la crisi con l’evocazione di una «guerra civile».
Anche Pannella — incontrato alle nove del mattino — l’ha scongiurato di «non fare cazzate » e non far saltare Letta. Una crisi metterebbe infatti a rischio la raccolta firme, senza contare che eventuali elezioni anticipate farebbero slittare i referendum a chissà quando. Con la faccia allampanata e la bocca impastata per lo sciopero della sete, «Marco» ha poi fatto venire la pelle d’oca a «Silvio». Prospettandogli una latitanza alla Toni Negri. È stato lo stesso Cavaliere a raccontarlo ai suoi dopo il colloquio con il leader radicale: «Mi ha detto che devo firmare tutti e dodici i referendum e poi… scappare all’estero». L’idea che Berlusconi possa immolarsi sull’altare della «giustizia giusta» come martire della battaglia radicale ha provocato molti sorrisi al desco di palazzo Grazioli. Poi qualcuno ha fatto notare al Cavaliere un particolare: «Guarda presidente che Toni Negri scappava anche da Pannella… lui lo voleva in galera!».
Da La Repubblica del 31/08/2013.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Gli ultimi giorni di Salò - 100
L’Italia di nuovo nel caos - 37
La guerra civile simulata - 35
31 AGO 2013 19:09
COPPI, COLOMBA PENTITA, S’INCAZZA: “NON È VALSA LA PENA DI CHIEDERE PRUDENZA A SILVIO”
L’avvocato del Banana reagisce molto male alla sentenza che ha stabilito che il Pompetta è stato l’ideatore della frode dei diritti tv - “Non mi aspettavo questa sentenza. Non so se è valsa la pena di suggerire prudenza a Berlusconi” - “Il lodo Violante è ineccepibile”...
Virginia Piccolillo per "Corriere della Sera"
Una colomba inferocita. All'indomani del deposito della motivazione della sentenza di condanna a 4 anni nella quale Silvio Berlusconi viene descritto come l'ideatore e il beneficiario di una frode fiscale proseguita anche quando era capo del governo, il professore Franco Coppi va all'attacco.
L'avvocato del Cavaliere rimprovera la Corte di Cassazione di avere ignorato le argomentazioni della difesa («ho parlato a vuoto»), giustifica la rabbia del Cavaliere («nessuno meglio di me sa quanto questa sentenza sia ingiusta»), anticipa contromosse giudiziarie («stiamo studiando soluzioni per tamponare i danni»). E, da giurista, appoggia come «pienamente condivisibile» la linea Violante sulla decadenza di Berlusconi da parlamentare.
Professor Coppi, la motivazione è stata molto pesante per un uomo di governo: Berlusconi è stato l'«ideatore» di una frode carosello di cui sarebbe beneficiario.
«Per questo parliamo di argomentazioni lontane dalla realtà. Si diffondono nella presunta frode di vent'anni prima e con una gran galoppata saltano tutta una serie di problemi dimenticando che l'oggetto del processo era l'indicazione di quote di ammortamento nella dichiarazione dei redditi degli anni 2002-2003».
E le «operazioni inesistenti»?
«Se ne continua a parlare dimenticando tutte le questioni giuridiche che erano state prospettate proprio per dimostrare l'insussistenza delle cosiddette operazioni inesistenti. E nonostante ci fosse la testimonianza di un funzionario Fininvest mai indagato, che aveva detto di essere stato lui a stabilire la ripartizione degli ammortamenti».
Ma Berlusconi viene ritenuto il dominus dell'azienda.
«Sì, senza tenere in nessun conto la gran messe di testimoni che avevano dichiarato come lui non si occupasse da tempo delle questioni quotidiane. Se si voleva sostenere che invece aveva dato disposizioni, ordini, occorreva dimostrarlo. Insomma, deludente».
Non dica che non se l'aspettava.
«Non mi aspettavo assolutamente una sentenza del genere e soprattutto che ad una serie di questioni non venisse data alcuna risposta. La questione giuridica dell'abuso di diritto, laddove noi sostenevamo che non si potesse parlare di illecito penale, viene totalmente ignorata. Magari in negativo mi aspettavo argomentazioni giuridiche. Ho parlato per due ore. Ma è come se neanche avessi aperto bocca. E le assicuro che sono in grado di rendersi conto se gli argomenti che espongo meritino o meno risposta».
Nelle motivazioni non si rintracciano le anticipazioni di Esposito.
«Non posso certamente dire che sia stata lanciata una ciambella di salvataggio, ma posso sicuramente affermare che le esternazioni del presidente Esposito sono smentite da quanto risulta negli atti processuali».
Comunque le motivazioni le ha firmate l'intero collegio.
«Questo si può valutare in vari modi. Ci vorrebbe un supplemento di intervista, che qualche altro consigliere ci dica come è andata».
Ovvero?
«Può essere che tutti la condividessero, ma potrebbe anche darsi magari che qualcuno non fosse d'accordo e abbia preteso una esplicita condivisione di responsabilità».
«Anche il presidente della Repubblica ha riconosciuto il diritto di poter criticare una sentenza. E nessuno come Berlusconi può sapere quale sia la realtà dei fatti».
Ma proprio lei aveva cercato di dare un aplomb diverso a Berlusconi.
«Mi chiedo se ne sia valsa la pena».
Cosa gli suggerirà ora?
«Stiamo valutando tutte le strade percorribili nell'ambito del nostro ordinamento giuridico. Ma l'ultima parola spetta a lui».
Berlusconi ha detto che se il Pd voterà la decadenza il governo cadrà.
«Non mi occupo di politica».
Ma il dibattito sulla legge Severino di questi giorni l'avrà seguito.
«Trovo la linea Violante tecnicamente ineccepibile. E le argomentazioni condivisibili. In punto di diritto non c'è dubbio che la Giunta possa sollevare la questione di fronte alla Consulta. Non è affatto pacifico che questa legge nuova non possa essere considerata di natura penale e in riferimento all'ordinamento europeo che abbia natura afflittiva è una considerazione molto seria».
Ieri Berlusconi ha visto Marco Pannella. Prelude a una svolta?
«È tutta una vita che Pannella si batte per ottenere una riforma della giustizia, in modo particolare degli istituti carcerari e di ciò che riguarda l'esecuzione delle pene. E quindi trovo ben comprensibile che Berlusconi, anche se sollecitato dalla sua vicenda personale, possa avere aderito alle sue iniziative».
Ma nei giorni scorsi Pannella aveva suggerito a Berlusconi di andare in carcere anche per ottenere maggior consenso.
«Ammiro e stimo troppo Marco Pannella per contraddirlo anche quando sconfina nel paradosso».
Ma teoricamente Berlusconi può essere arrestato.
«È un'eventualità che è stata esclusa dallo stesso presidente della Repubblica».
L’Italia di nuovo nel caos - 37
La guerra civile simulata - 35
31 AGO 2013 19:09
COPPI, COLOMBA PENTITA, S’INCAZZA: “NON È VALSA LA PENA DI CHIEDERE PRUDENZA A SILVIO”
L’avvocato del Banana reagisce molto male alla sentenza che ha stabilito che il Pompetta è stato l’ideatore della frode dei diritti tv - “Non mi aspettavo questa sentenza. Non so se è valsa la pena di suggerire prudenza a Berlusconi” - “Il lodo Violante è ineccepibile”...
Virginia Piccolillo per "Corriere della Sera"
Una colomba inferocita. All'indomani del deposito della motivazione della sentenza di condanna a 4 anni nella quale Silvio Berlusconi viene descritto come l'ideatore e il beneficiario di una frode fiscale proseguita anche quando era capo del governo, il professore Franco Coppi va all'attacco.
L'avvocato del Cavaliere rimprovera la Corte di Cassazione di avere ignorato le argomentazioni della difesa («ho parlato a vuoto»), giustifica la rabbia del Cavaliere («nessuno meglio di me sa quanto questa sentenza sia ingiusta»), anticipa contromosse giudiziarie («stiamo studiando soluzioni per tamponare i danni»). E, da giurista, appoggia come «pienamente condivisibile» la linea Violante sulla decadenza di Berlusconi da parlamentare.
Professor Coppi, la motivazione è stata molto pesante per un uomo di governo: Berlusconi è stato l'«ideatore» di una frode carosello di cui sarebbe beneficiario.
«Per questo parliamo di argomentazioni lontane dalla realtà. Si diffondono nella presunta frode di vent'anni prima e con una gran galoppata saltano tutta una serie di problemi dimenticando che l'oggetto del processo era l'indicazione di quote di ammortamento nella dichiarazione dei redditi degli anni 2002-2003».
E le «operazioni inesistenti»?
«Se ne continua a parlare dimenticando tutte le questioni giuridiche che erano state prospettate proprio per dimostrare l'insussistenza delle cosiddette operazioni inesistenti. E nonostante ci fosse la testimonianza di un funzionario Fininvest mai indagato, che aveva detto di essere stato lui a stabilire la ripartizione degli ammortamenti».
Ma Berlusconi viene ritenuto il dominus dell'azienda.
«Sì, senza tenere in nessun conto la gran messe di testimoni che avevano dichiarato come lui non si occupasse da tempo delle questioni quotidiane. Se si voleva sostenere che invece aveva dato disposizioni, ordini, occorreva dimostrarlo. Insomma, deludente».
Non dica che non se l'aspettava.
«Non mi aspettavo assolutamente una sentenza del genere e soprattutto che ad una serie di questioni non venisse data alcuna risposta. La questione giuridica dell'abuso di diritto, laddove noi sostenevamo che non si potesse parlare di illecito penale, viene totalmente ignorata. Magari in negativo mi aspettavo argomentazioni giuridiche. Ho parlato per due ore. Ma è come se neanche avessi aperto bocca. E le assicuro che sono in grado di rendersi conto se gli argomenti che espongo meritino o meno risposta».
Nelle motivazioni non si rintracciano le anticipazioni di Esposito.
«Non posso certamente dire che sia stata lanciata una ciambella di salvataggio, ma posso sicuramente affermare che le esternazioni del presidente Esposito sono smentite da quanto risulta negli atti processuali».
Comunque le motivazioni le ha firmate l'intero collegio.
«Questo si può valutare in vari modi. Ci vorrebbe un supplemento di intervista, che qualche altro consigliere ci dica come è andata».
Ovvero?
«Può essere che tutti la condividessero, ma potrebbe anche darsi magari che qualcuno non fosse d'accordo e abbia preteso una esplicita condivisione di responsabilità».
«Anche il presidente della Repubblica ha riconosciuto il diritto di poter criticare una sentenza. E nessuno come Berlusconi può sapere quale sia la realtà dei fatti».
Ma proprio lei aveva cercato di dare un aplomb diverso a Berlusconi.
«Mi chiedo se ne sia valsa la pena».
Cosa gli suggerirà ora?
«Stiamo valutando tutte le strade percorribili nell'ambito del nostro ordinamento giuridico. Ma l'ultima parola spetta a lui».
Berlusconi ha detto che se il Pd voterà la decadenza il governo cadrà.
«Non mi occupo di politica».
Ma il dibattito sulla legge Severino di questi giorni l'avrà seguito.
«Trovo la linea Violante tecnicamente ineccepibile. E le argomentazioni condivisibili. In punto di diritto non c'è dubbio che la Giunta possa sollevare la questione di fronte alla Consulta. Non è affatto pacifico che questa legge nuova non possa essere considerata di natura penale e in riferimento all'ordinamento europeo che abbia natura afflittiva è una considerazione molto seria».
Ieri Berlusconi ha visto Marco Pannella. Prelude a una svolta?
«È tutta una vita che Pannella si batte per ottenere una riforma della giustizia, in modo particolare degli istituti carcerari e di ciò che riguarda l'esecuzione delle pene. E quindi trovo ben comprensibile che Berlusconi, anche se sollecitato dalla sua vicenda personale, possa avere aderito alle sue iniziative».
Ma nei giorni scorsi Pannella aveva suggerito a Berlusconi di andare in carcere anche per ottenere maggior consenso.
«Ammiro e stimo troppo Marco Pannella per contraddirlo anche quando sconfina nel paradosso».
Ma teoricamente Berlusconi può essere arrestato.
«È un'eventualità che è stata esclusa dallo stesso presidente della Repubblica».
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Re: Come se ne viene fuori ?
Gli ultimi giorni di Salò - 101
L’Italia di nuovo nel caos - 38
La guerra civile simulata - 36
Decadenza, ora Berlusconi è un gangster che ha paura
di Peter Gomez
30 agosto 2013Commenti (1317)
All’improvviso l’operazione impunità duratura volge al peggio. La decadenza del pregiudicato Silvio Berlusconi torna ad avvicinarsi. Il Cavaliere lo capisce con terrore non appena il Quirinale nomina quattro nuovi senatori a vita. Vedere Giorgio Napolitano che, dopo aver benedetto le aperture nei sui confronti di Luciano Violante (il ricorso alla Consulta per congelare la situazione), decide di applicare alla lettera un articolo della Costituzione ha sul frodatore del fisco lo stesso effetto dell’aglio con i vampiri, o dell’acquasanta con i diavoli.
Scoprire che il laticlavio è andato a tre italiani e un’italiana che, proprio come recita l’articolo 59 della Carta, “hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”, lo lascia sgomento.
Per il maxi evasore fiscale la scelta ha un solo significato: il Pd non è disposto a salvarlo, il Colle ne ha dovuto prendere atto (o peggio ha tramato contro di lui) e per questo ha fatto entrare a palazzo Madama quattro persone di talento e per bene come Carlo Rubbia, Claudio Abbado, Renzo Piano e Elena Cattaneo. Gente che, secondo il Cavaliere, gli voterebbe sicuramente contro e che potrebbe anche sostenere la nascita di un esecutivo diverso. Magari, come dice Calderoli, di “un Letta bis” con qualche transfuga del centrodestra o, addirittura, del M5S.
Così il pregiudicato lancia per la prima volta un gangsteristico ricatto esplicito: “Non siamo disponibili a mandare avanti il governo se la sinistra dovesse intervenire su di me, sul leader del Pdl, impedendogli di fare politica“. Non si fida dei suoi, non si fida di Letta, da questo momento non si fida più di Napolitano. Fa la voce grossa e mostra i muscoli sperando di far paura. Ma è lui ad averne. E tanta.
Se il Pd resiste è finito. E dopo pioverà, pioverà parecchio. Ma non ci sarà il diluvio.
Ps: Come di consueto Berlusconi, meno di 18 ore dopo aver avanzato la chiara minaccia , ridiventa un agnellino. È la tattica tipica utilizzata da molte organizzazioni criminali: blandizie e minacce, minacce e blandizie. “Non ho pronunciato nessun ultimatum, il governo sta facendo cose egregie” , dice in attesa che alle 15 di domenica primo settembre 10 senatori piemontesi del Pd si riuniscano per discutere del Lodo Violante (il ricorso alla Corte Costituzionale). Ieri scrivevamo che se il Partito Democratico resiste il pregiudicato Cavaliere è finito. Lo ribadiamo. Ma resisterà? Per farlo occorre essere uomini (e donne). Non ominicchi o quaquaraquà.
L’Italia di nuovo nel caos - 38
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Decadenza, ora Berlusconi è un gangster che ha paura
di Peter Gomez
30 agosto 2013Commenti (1317)
All’improvviso l’operazione impunità duratura volge al peggio. La decadenza del pregiudicato Silvio Berlusconi torna ad avvicinarsi. Il Cavaliere lo capisce con terrore non appena il Quirinale nomina quattro nuovi senatori a vita. Vedere Giorgio Napolitano che, dopo aver benedetto le aperture nei sui confronti di Luciano Violante (il ricorso alla Consulta per congelare la situazione), decide di applicare alla lettera un articolo della Costituzione ha sul frodatore del fisco lo stesso effetto dell’aglio con i vampiri, o dell’acquasanta con i diavoli.
Scoprire che il laticlavio è andato a tre italiani e un’italiana che, proprio come recita l’articolo 59 della Carta, “hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”, lo lascia sgomento.
Per il maxi evasore fiscale la scelta ha un solo significato: il Pd non è disposto a salvarlo, il Colle ne ha dovuto prendere atto (o peggio ha tramato contro di lui) e per questo ha fatto entrare a palazzo Madama quattro persone di talento e per bene come Carlo Rubbia, Claudio Abbado, Renzo Piano e Elena Cattaneo. Gente che, secondo il Cavaliere, gli voterebbe sicuramente contro e che potrebbe anche sostenere la nascita di un esecutivo diverso. Magari, come dice Calderoli, di “un Letta bis” con qualche transfuga del centrodestra o, addirittura, del M5S.
Così il pregiudicato lancia per la prima volta un gangsteristico ricatto esplicito: “Non siamo disponibili a mandare avanti il governo se la sinistra dovesse intervenire su di me, sul leader del Pdl, impedendogli di fare politica“. Non si fida dei suoi, non si fida di Letta, da questo momento non si fida più di Napolitano. Fa la voce grossa e mostra i muscoli sperando di far paura. Ma è lui ad averne. E tanta.
Se il Pd resiste è finito. E dopo pioverà, pioverà parecchio. Ma non ci sarà il diluvio.
Ps: Come di consueto Berlusconi, meno di 18 ore dopo aver avanzato la chiara minaccia , ridiventa un agnellino. È la tattica tipica utilizzata da molte organizzazioni criminali: blandizie e minacce, minacce e blandizie. “Non ho pronunciato nessun ultimatum, il governo sta facendo cose egregie” , dice in attesa che alle 15 di domenica primo settembre 10 senatori piemontesi del Pd si riuniscano per discutere del Lodo Violante (il ricorso alla Corte Costituzionale). Ieri scrivevamo che se il Partito Democratico resiste il pregiudicato Cavaliere è finito. Lo ribadiamo. Ma resisterà? Per farlo occorre essere uomini (e donne). Non ominicchi o quaquaraquà.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Gli ultimi giorni di Salò - 102
L’Italia di nuovo nel caos - 39
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Berlusconi e gli ultimi fuochi della Repubblica di Arcore-Salò
di Andrea Scanzi
31 agosto 2013Commenti (346)
Come ha scritto Peter Gomez nel suo post, di colpo Berlusconi ha capito che forse stavolta non lo salveranno. Lo ha capito quando Napolitano, per una volta, non gli ha lasciato appigli, scegliendo 4 senatori a vita totalmente diversi da lui (e il quinto ci sarebbe già: Mario Monti).
Quei quattro senatori dicono che Napolitano non lo salverà e che – dopo avere probabilmente ipotizzato una ennesima exit strategy – sta ora tramando per un Letta bis, magari con qualche transfuga al Senato dl centrodestra e 5 Stelle (tipo Orellana).
Berlusconi alza la voce perché sa che non ci sono più molte speranze. Grida ultimatum, ma non è più il più forte: non adesso, almeno.
Stiamo assistendo a una sorta di crepuscolo del gangster, di autunno caricaturale del patriarca: gli ultimi fuochi della Repubblica di Arcore-Salò.
Sarà un autunno caldo. Ci divertiremo, perché vedere l’agonia del peggiore centrodestra del mondo è oltremodo ameno (prendete i popcorn). Ma dovremo anche stare attenti, molto attenti, perché i colpi bassi si sprecheranno e varrà tutto. Anzitutto la scorrettezza, la menzogna, il delirio. Tutte armi di distrazioni di massa che, a tanti italiani, notoriamente piacciono assai.
Vamos.
Forse.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/08 ... lo/697228/
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Berlusconi e gli ultimi fuochi della Repubblica di Arcore-Salò
di Andrea Scanzi
31 agosto 2013Commenti (346)
Come ha scritto Peter Gomez nel suo post, di colpo Berlusconi ha capito che forse stavolta non lo salveranno. Lo ha capito quando Napolitano, per una volta, non gli ha lasciato appigli, scegliendo 4 senatori a vita totalmente diversi da lui (e il quinto ci sarebbe già: Mario Monti).
Quei quattro senatori dicono che Napolitano non lo salverà e che – dopo avere probabilmente ipotizzato una ennesima exit strategy – sta ora tramando per un Letta bis, magari con qualche transfuga al Senato dl centrodestra e 5 Stelle (tipo Orellana).
Berlusconi alza la voce perché sa che non ci sono più molte speranze. Grida ultimatum, ma non è più il più forte: non adesso, almeno.
Stiamo assistendo a una sorta di crepuscolo del gangster, di autunno caricaturale del patriarca: gli ultimi fuochi della Repubblica di Arcore-Salò.
Sarà un autunno caldo. Ci divertiremo, perché vedere l’agonia del peggiore centrodestra del mondo è oltremodo ameno (prendete i popcorn). Ma dovremo anche stare attenti, molto attenti, perché i colpi bassi si sprecheranno e varrà tutto. Anzitutto la scorrettezza, la menzogna, il delirio. Tutte armi di distrazioni di massa che, a tanti italiani, notoriamente piacciono assai.
Vamos.
Forse.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/08 ... lo/697228/
Re: Come se ne viene fuori ?
Vuoi vedere che alla fine scopriremo che ad avere il merito storico di aver fatto fuori il caimano saranno prima la finanza e poi un ex migliorista fautore di inciuci e larghe intese neo-democristiane?
Altra prova dell'inconcludenza della sinistra dura e pura.
Altra prova dell'inconcludenza della sinistra dura e pura.
Re: Come se ne viene fuori ?
siamo così sfiniti da quest'energumeno che ....
qualsiasi cosa ....basta che si tolga dai cabbasisi.
qualsiasi cosa ....basta che si tolga dai cabbasisi.
Chi c’è in linea
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