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camillobenso
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Re: Top News

Messaggio da camillobenso »

12 SET 2013 11:58
MONTI E PIERFURBY ALLA FRUTTA SPERANO DI PRENDERSI GLI AVANZI DEL PDL - E I FALCHI PREPARANO UNA “BLACK LIST” COI TRADITORI…

L’ultima tentazione è una nuova “Cosa Bianca” insieme al Pdl - Mentre Casini punta su un centrodestra deberlusconizzato, Monti non esclude patti col Cav - Montezemolo ci prova con Alfano ma se il Cav resta, si butterà su Renzi, sperando di rimediare qualche poltrona…
(No, non é la BBC, questa è la Rai, la Rai Tv.......-ndt)


1. SPUNTA UNA BLACK LIST - I FALCHI VORREBBERO LA CACCIA AL TRADITORE

Michele Brambilla per "la Stampa"


Berlusconi se ne sta ad Arcore, e qui le versioni sono due. Visto da sinistra, se ne sta lì, chiuso dentro Villa San Martino, perché non vuole farsi vedere invecchiato, depresso e titubante. Visto da destra, ha sì momenti di avvilimento e perfino di rabbia, ma non è depresso: cerca una soluzione, da uomo pratico qual è. È vero che ha passato un'estate da recluso, quasi fosse già agli arresti domiciliari: è venuto a Roma solo un paio di volte, il 4 agosto per la manifestazione di via del Plebiscito e la settimana scorsa.

Ma questo non deve trarre in inganno, secondo quelli che gli vogliono bene: «Che c'è di strano?», ci diceva l'altro ieri Giuliano Ferrara, «Berlusconi è un re e i re non vanno in giro: stanno a Palazzo». Dove riceve, quando occorre, la sua corte. A Villa San Martino Berlusconi sta facendo, da più di un mese (anche ieri ne ha fatta una) riunioni su riunioni, incontrando il suo gruppo dirigente: Alfano, Santanchè, Verdini, i capigruppo, alcuni ministri (Lupi e Quagliariello). Falchi e colombe tutti insieme: «In quel gruppo dirigente», ci dice un deputato, «si incontrano e a volte si scontrano opinioni diverse quando non addirittura opposte: ma la figura del traditore non c'è».

Le truppe invece sono a Roma. Non che si sentano abbandonate, però insomma. La riunione dei gruppi con Berlusconi, che avrebbe dovuto tenersi ieri, è saltata. E così i fedelissimi del Pdl (perché in questo momento sono tutti molto più fedelissimi di quanto si creda, anche se la fedeltà viene declinata in modalità diverse) si ritrovano alla Camera o al Senato o in giro, un po' come capita.

Non ci sono riunioni organizzate ma conciliaboli di parlamentari smarriti, che si interrogano su quel che succederà senza potersi dare una risposta. Sono gruppetti occasionali, non correnti. «E nessuno», giurano, «ha rapporti di intelligence con il nemico». Assicurano che sono ben pochi, ammesso che ci siano, quelli che stanno architettando - una volta che Silvio dovesse ordinare lo show-down - il sostegno a un Letta bis. Pare che nessuno si illuda più che sia possibile costruirsi un futuro nel centrodestra dopo aver voltato le spalle a Berlusconi: i precedenti (Fini) non sono incoraggianti.

Quel che però è certo è che, più o meno segreta, prima delle elezioni era circolata una lista di proscrizione con tutti i nomi di quelli che, a babbo morto, sarebbero stati pronti ad accorrere in soccorso al vincitore. In quella lista c'erano anche nomi grossi, pure ministri ed ex ministri: Quagliariello e Sacconi, per dirne due. Gli interessati hanno smentito, e d'altra parte sono stati comunque ricandidati. Ma si dice che la Santanchè e Verdini, una nuova lista l'abbiano già mostrata al Cavaliere.

Sarebbe solo l'ennesima puntata di uno scontro interno che ormai è alla luce del sole. Tutti dicono di voler difendere Berlusconi. Ma i falchi sono per la rottura, la crisi di governo, le elezioni subito. Le colombe per la Realpolitik.

Sul perché i falchi facciano i falchi, fra le colombe circolano due ipotesi. Una benevola, l'altra velenosa. L'ipotesi benevola ce la racconta questa naturalmente anonima colomba: «I falchi sono tutti figli di culture politiche minoritarie. Galan e la Prestigiacomo vengono dal Pli, Verdini dal Pri, Capezzone dai Radicali e la Santanché non si sa bene da dove ma direi dai missini. Fateci caso: tra loro non c'è un ex democristiano o un ex socialista». Forse il solo Ignazio Abrignani, che è stato scajoliano, ha respirato qualcosa di democristiano. Ma per il resto i falchi «non hanno una cultura politica d'insieme, di governo: preferiscono lo stare ai margini, il "meglio soli". A cosa mirano? A guidare, in futuro, un partito da dieci per cento; nei casi più romantici, all'ultima raffica di Salò».

Quest'altra colomba ci illustra invece la seconda ipotesi, quella appunto velenosa: «Secondo me c'è in loro della malafede. Sapete qual è il sogno della Santanchè? Berlusconi a San Vittore e lei fuori dal carcere che fa le conferenze stampa. Così diventa il nuovo leader».

Le colombe insistono su un punto: «Passiamo per traditori o pappamolla, ma in realtà siamo noi quelli che vogliamo davvero il bene di Berlusconi. Gli altri gli prospettano vie d'uscite improbabili, come le elezioni subito, che lo porterebbero alla rovina». E quale sarebbe il bene per Berlusconi? Forse lo possiamo chiamare il male minore: «Lui decadrà da senatore, è scontato e inevitabile. Allora bisogna non lasciarlo isolato». Per capire che cosa voglia dire «isolato» per uno del Pdl, bisogna prima psicanalizzare l'uomo - e non solo il parlamentare - di centrodestra italiano: «Noi siamo in un lebbrosario, nel quale ci hanno messi la stampa perbene, la finanza perbene, la cultura perbene e così via. Chi è di centrodestra, in Italia, ha la lebbra.

Ora fra noi e il lebbrosario ci sono però le larghe intese, il governo Letta e il Quirinale. Sono queste tre entità che ci permettono di non essere tagliati fuori. Abbandonarle sarebbe un suicidio». Il ragionamento delle colombe è poi questo: nel momento in cui Berlusconi è necessario per la stabilità e la ripresa,Berlusconi è sdoganato. Nel momento in cui dovesse far saltare il governo, tutte le colpe sarebbe sue: lo spread, la crisi economica, il caos istituzionale.

Questa posizione nel partito è largamente dominante. Ma nel Pdl non si usa andare alla conta. Decide il capo. E il capo è ferito. È convinto di aver subìto un'ingiustizia che non riesce ad accettare. Dovesse far prevalere l'orgoglio sul calcolo, e decidere che è meglio la bella morte, tutti, o almeno quasi tutti, lo seguirebbero: anche le colombe. Perché sarebbe difficile trovare il coraggio, o la viltà, di lasciarlo solo.


2. LA TENTAZIONE DI CASINI E MONTI UNA "COSA BIANCA" INSIEME AL PDL
Alberto D'Argenio per "la Repubblica"

La tentazione dei centristi, creare il Ppe italiano abbracciando il Pdl. Ragionamenti che covano da mesi e che ora, con i venti di crisi che soffiano sul governo, subiscono un'accelerazione. I player sono Monti, Casini e Montezemolo, anche se ognuno in questi giorni sembra remare per conto proprio. Le sfumature dei progetti sono diverse e i rapporti tra i tre non godono più di quella salute che li aveva portati ad allearsi alle elezioni dello scorso febbraio. E tutti e tre, a loro volta, devono fare i conti con le spaccature all'interno delle proprie creature politiche. Un ginepraio che rende magmatico il centro e difficile decifrare il suo futuro.

Monti dopo un anno vissuto nei panni a lui meno congeniali, quelli del politico puro, si ritrova isolato nel suo stesso partito. Dentro Scelta Civica ormai può contare solo su pochi fedelissimi tra cui Benedetto Della Vedova, Linda Lanzillotta e Pietro Ichino. L'ex premier cerca spazio per rilanciarsi, analizza i sondaggi che gli dicono che oggi 9 elettori su 10 di Sc vengono dal centrodestra e ormai sembra convinto ad andare con il Pdl. «Monti è interessato a fare un'operazione Ppe Italia insieme al Pdl, ma solo nel caso in cui il partito venga deberlusconizzato », conferma il civico Giuliano Cazzola. Ma gli altri due player del centro ai propri collaboratori raccontano una realtà diversa: Monti andrebbe con il Pdl anche con un Berlusconi ancora influente sulle vicende di partito.

Non a caso, ricordano, il preside della Bocconi si è speso pubblicamente in favore della grazia al Cavaliere, il che prevede un suo passo indietro formale ma non esclude la presenza da dietro le quinte. Il movente di Monti, tesi che trova conferme anche all'interno di Sc, sarebbe quello di non perdersi nella nebbia del centro e di trovare un sostegno forte per la giostra delle nomine europee del prossimo anno, con l'ex premier che ha messo nel mirino la poltrona oggi di Hermann Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo.

Il problema di Monti però è che buona parte del partito non lo seguirebbe su questa strada, con cattolici e liberali orientati verso un centrosinistra renziano. I liberali, caso nel caso, oltretutto sono in rotta con la casa madre, ovvero Italia Futura, il pensatoio di Montezemolo, che li ha praticamente ripudiati a causa delle beghe interne a Scelta Civica. Il presidente della Ferrari in questa fase ha intensificato i contatti con Alfano, guarda al centrodestra ma a condizione che Berlusconi non abbia più presa sul Pdl. I suoi parlamentari eletti con Sc nelle prossime settimane cercheranno un riavvicinamento al presidente Ferrari, che potrebbe essere aiutato dai fatti: se Berlusconi rimarrà una presenza ingombrante nel Pdl, allora Montezemolo virerà su Renzi ricomponendo de facto la frattura con il "suo" gruppo parlamentare.

E poi c'è Casini. Anche il leader dell'Udc ha i suoi problemi in casa. Si narra di un allontanamento con Cesa, segretario del partito, geloso dell'identità centrista e molto ben radicato sul territorio. Se Monti non è intenzionato a sostenere un nuovo governo nel caso di caduta di Letta (al contrario della maggioranza del suo gruppo), Casini invece farebbe l'opposto prestando la sua casa politica ai probabili transfughi del Pdl. Un modo di rinforzarsi all'interno dell'Udc nei confronti di Cesa e di far partire la prima cellula del Ppe Italia da saldare poi con il Pdl, a patto che Berlusconi si eclissi del tutto. Il confronto tra il leader dell'Udc e il Pdl, raccontano alcuni centristi critici verso l'operazione, sarebbero in stato avanzato, tanto che sul piatto delle trattative ci sarebbe anche la "cessione" del simbolo dell'Udc, il prezioso Scudocrociato perfetto come insegna del nuovo Ppe italiano.

Casini vive da mesi il rapporto con Monti, alleato alle elezioni di febbraio, da separato in casa. Gli ultimi sondaggi di Pagnoncelli atterrati in via Due Macelli danno Sc al 4,2% e l''Udc al 3%. «Con queste prospettive - ragiona un parlamentare di Casini - il punto non è più litigare con Monti, ma creare qualcosa di nuovo». Casini dunque non è preoccupato dal muro che l'ex premier ha alzato nei suoi confronti. E ieri è scoppiato un altro caso: nel fine settimana si terranno contemporaneamente le feste dell'Udc a Chianciano e di Scelta Civica a Caorle. L'ex premier avrebbe preferito non invitare Casini. Alla fine, però, l'ex presidente della Camera un salto in Veneto lo farà per tendere un ramoscello d'ulivo, ma anche per gettare un po' di scompiglio.
camillobenso
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Re: Top News

Messaggio da camillobenso »

Un uomo per tutte le stagioni

***

Oggi, per quella nomina ci sarà una persona superincazzata. Comincia per "V" e finisce per "e".

Sviolinare, tanto per non andare sul volgare, non è stato sufficiente a E. Scalfari per diventare senatore a vita. Ci teneva tanto.

Sono anni che "V"........."e" mira a quel posto.

Neppure a lui, proclamatosi sostenitore delle larghe intese è servito.



Giuliano Amato, il dottor Sottile con più poltrone di Divani&Divani
Quattro volte deputato, due volte premier, due volte ministro del Tesoro, e poi ministro dell’Interno, presidente Antitrust, vicepresidente della Convenzione europea, presidente della Treccani, della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e del Comitato dei garanti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, consulente di Deutsche Bank, consigliere di Monti per i tagli ai costi della politica: sono solo alcune degli incarichi ricoperti in passato dal neo giudice della Corte Costituzionale

di Marco Travaglio | 12 settembre 2013Commenti (332)


Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha firmato la nomina di Giuliano Amato a giudice della Corte Costituzionale (leggi). Con il plauso delle larghe intese e con pochissime voci fuori dal coro (leggi). Da almeno quarant’anni nella politica che conta, ecco come Marco Travaglio lo dipinge in un editoriale pubblicato sul Fatto Quotidiano il 16 aprile scorso, quando il nome del Dottor Sottile era in pole position per la successione di Giorgio Napolitano al Colle.

Amato si ritirò dalla politica la prima volta vent’anni fa, aprile ’93, quando cadde il suo primo governo pieno di ministri inquisiti: “Per cambiare dobbiamo trovare nuovi politici. Per questo, confermo che ho deciso di lasciare la politica, dopo questa esperienza da primo ministro. Solo i mandarini vogliono restare sempre e io sono in Parlamento ormai da dieci anni”. Infatti nel ’94 divenne presidente dell’Antitrust grazie a B., ancora riconoscente per il suo decreto salva-Fininvest dell’84 contro i pretori cattivi.

Infatti, in tre anni di Antitrust, Amato non si avvide mai del trust berlusconiano in fatto di tv e pubblicità. Nel ’97 annunciò il suo secondo ritiro dalla politica: “Torno all’insegnamento a tempo pieno, non potrò avere altri incarichi”. Tantopiù che aveva maturato una pensioncina di 31mila euro al mese. Meno di un anno dopo, rieccolo al governo: ministro delle Riforme con D’Alema. Talmente bravo che nel ’99 B. voleva lui o la Bonino al Quirinale, poi ripiegò su Ciampi. Che fu rimpiazzato, al Tesoro, proprio da Amato. Nel 2000 cadde anche D’Alema e Amato mise le mani avanti: “Io al posto di D’Alema? Per me il problema non esiste”. Infatti subito dopo tornò a Palazzo Chigi al posto di D’Alema.

Anche perché intanto era morto Craxi e il fax di Hammamet, che da anni vomitava dispacci sul ruolo di Amato nel sistema finanziario del Psi, si era provvidenzialmente spento.

Così, di ritiro in ritiro, Amato ha messo insieme una collezione di poltrone che nemmeno Divani & Divani: quattro volte deputato, due volte premier, due volte ministro del Tesoro, e poi ministro dell’Interno, presidente Antitrust, vicepresidente della Convenzione europea, presidente della Treccani, della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e del Comitato dei garanti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, consulente di Deutsche Bank, consigliere di Monti per i tagli ai costi della politica (mai fatti, of course ). Infatti ha scritto a Repubblica : “Non faccio parte della casta”.

Ora B. lo rivuole sul Colle, il che è comprensibile. Molto meno comprensibile che, a indicarlo, sia il Pd.

da Il Fatto Quotidiano del 16 aprile 2013 tratto dall’articolo “Progetto Forconi”
cielo 70
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Re: Top News

Messaggio da cielo 70 »

camillobenso ha scritto:Il dilemma di Scelta Civica
«Nuova» destra oppure con Renzi


Di Andrea Carugati 12 settembre 2013


Più che il sostegno a un eventuale Letta bis, a dividere in questi giorni la truppa di Scelta civica sono le prospettive future del partito, dalla collocazione europea fino a quella italiana. Ci sono due linee che si stanno contrapponendo in modo sempre più radicale...

http://www.unita.it/italia/scelta-civic ... i-1.520799
Hanno voluto fare il partito pigliatutto e alle elezioni hanno avuto il 10%. Potevano veramente fare una nuova destra moderata che togliesse i voti a Berlusconi.
soloo42000
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Re: Top News

Messaggio da soloo42000 »

Ma ha prevalso l'istinto del sangue.
Ha prevalso la "caccia al rosso".
E dopo aver dissanguato pensioni e attaccato diritti, TAMPONANDO
E NON RISANANDO A SCAPITO DEI SOLITI NOTI, hanno pensato bene
di presentarsi alle elezioni non contro la destra becera, ma contro "le sinistre".
Dall'ala sinistra del PD a SEL e oltre, sindacati compresi.
Approfittando delle numerose sponde offerte dai liberisti de' noantri del PD,
partendo da Ichino e Renzi.

Risultato.

Paralisi del PD in campagna elettorale.
Perdita di opportunità per Monti di essere PdR.
Immagine pubblica di SC praticamente identica alla PdL.
Per cui i "moderati" di destra, hanno votato PdL.
Gli elettori di CSX sono stati a casa o si sono dispersi.

E' il liberismo reale, signori, quello di Monti.
Quello che non concepisce e non tollera controparti sociali o politiche avverse.


soloo42000
lucfig
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Re: Top News

Messaggio da lucfig »

Da quest'articolo comprendi la nostra Italia.

da www.lastampa.it

Mps, il bancomat della politica
ANSA
roma

Passi che il presidente della banca di Siena, stiamo parlando del Monte dei Paschi di Siena, abbia rapporti molto stretti con l’attuale Pd, un partito che ha tra i suoi dirigenti e militanti vecchi dirigenti e militanti del Pci. Poi bisogna vedere come si sono tradotti questi rapporti. E questo è un filone d’indagine che la a procura di Firenze ha iniziato ad approfondire avendo già raccolto diverse testimonianze.

Ma a leggere i brogliacci delle intercettazioni telefoniche del presidente di Mps dell’epoca, stiamo parlando del 2010, Giuseppe Mussari, colpiscono le relazioni di interessi molto stretti tra Mussari, cioé la banca, e diversi esponenti del Pdl, falchi e colombe, pitonesse comprese.

Per non dimenticare nessuno, in questi brogliacci si citano: Matteo Renzi, Massimo D’Alema, Romano Prodi, Giuliano Amato,Enrico Letta, Nicola Latorre, Pierluigi Bersani, Piero Fassino. Nomi di una squadra politicamente nota, quella del Pd a vario titolo. Poi ci sono le sorprese del Pdl: Silvio Berlusconi, Gianni Letta, Daniela Santanché, Guido Crosetto.

Il neo giudice della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, il 14 febbraio del 2010 parla con Mussari e gli chiede «se è vera la voce circa la sua candidatura all’Abi, in modo tale da fare qualcosa per sostenerlo». Mussari conferma l’indiscrezione. C’è un’altra conversazione registrata con Amato, il primo aprile di quell’anno. «Mi vergogno a chiedertelo - esordisce il professore Amato - ma per il nostro torneo ad Orbetello. È importante perché noi siamo ormai sull’uso... Che rimanga immutata la cifra della sponsorizzazione. Ciullini ha fatto sapere che insomma il Monte vorrebbe scendere da 150 a 125». Risponde Mussari: «Va bene. Ma la compensiamo in un altro modo». Amato: «Guarda un po’ se ci riesci. Sennò io non saprei come fare. Trova un gruppo». Mussari lo tranquillizza concludendo: «Lo trovo. Contaci».

Il 24 febbraio Piero Fassino chiama Mussari per sapere quando lo potrà incontrare a Roma. a il presidente Mps è per una settimana in ferie. «Ricontattami quando rientri per fissare un incontro. Così facciamo un po’ il punto totale».

Il 4 marzo tocca a Romano Prodi chiamarlo per invitarlo a un convegno sull’Africa: «Non ho nessuna intenzione di rientrare in politica». Con Mussari, Prodi vuole parlare «del pericolo futuro della speculazione internazionale».

Il 12 marzo Mussari si reca a Palazzo Grazioli. La sera prima, confida al sindaco di Siena Cenni, era a cena dal presidente Berlusconi insieme al direttore generale Mps, Antonio Vigni.

Il 17 marzo arriva la telefonata del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta: «E’ possibile concedere al Teatro Biondo di Palermo un extrafido di 1.5 miliardi di euro garantito da finanziamenti assicurati dalla Regione e dal Comune». Mussari risponde che se ne occuperà «immediatamente».

Il 25 marzo Daniela Santanché gli chiede di fissare un appuntamento a Roma per il suo socio, Giampaolo Angelucci del gruppo Tosinvest (che è già cliente Mps). Il presidente Mussari le risponde che la ricontatterà il prossimo lunedì. Anche l’allora sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto, vuole incontrare il presidente Mps, e gli dà appuntamento per il martedì successivo in ufficio, al ministro della Difesa.

Il 6 aprile Mussari è a Roma, e dice al deputato che vuole dimettersi per candidarsi a sindaco di Siena, Franco Ceccuzzi, di aver incontrato Massimo D’Alema e «di averlo informato dell’iniziativa. A tal proposito D’Alema ha detto di voler prima sentire Casini». in un’altra occasione, Mussari parla di politica con D’Alema che lo va a trovare a Siena, in Banca.

La segretaria, il 19 aprile, gli rammenta che nella prossima andata a Roma dovrà incordare Bersani, Enrico Letta, Latorre, l’ingegnere Caltagirone. A Fabio Borghi, Mussari «gli dice di essere stato dal sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che aspetta che lo contatti telefonicamente per fissare un appuntamento».
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erding
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Re: Top News

Messaggio da erding »

La pazza idea di Berlusconi candidato alle europee in Estonia

venerdì, 13 settembre 2013



La decadenza dai pubblici uffici obbligherà Berlusconi a dire addio alle assemblee elettive del nostro paese. La fine della carriera nelle istituzioni, con la relativa guarentigia dell’immunità, potrebbe però essere evitata dal leader del Popolo della Libertà con una candidatura alle elezioni europee del prossimo anno. In Italia la condanna impedirebbe questa via d’uscita, ma in un altro paese dell’Unione Europea Berlusconi potrebbe trovare spazio nelle liste di un partito in lizza per il Parlamento di Strasburgo. La “pazza idea” circola a Montecitorio, e viene riportata in un pezzo odierno del quotidiano romano “Il Messaggero”. Il giornale riferisce che questa soluzione è stata oggetto di dialogo tra l’ex Idv Nello Formisano, ora senatore nelle fila di Centro democratico, la formazione di Tabacci e Donadi, ed un importante esponente del Popolo della Libertà.

Secondo il quotidiano romano la possibile meta della fuga politica di Berlusconi sarebbe l’Estonia, paese baltico dove vive uno dei migliori amici di Silvio Berlusconi, Ernesto Preatoni. Noto immobiliarista, Preatoni è il titolare del gruppo Domina, e da tempo ha spostato le sue attività nella parte più settentrionale dell’Est Europa. Per Formisano un’eventuale elezione di Silvio Berlusconi al Parlamento europeo avrebbe un grosso valore per il leader del Pdl, vista la forte garanzia rappresentata dall’immunità dei membri dell’assise di Strasburgo. Nel 2009 un altro politico italiano si era candidato alle europee nelle liste di un partito di un paese baltico, Giulietto Chiesa. L’ex giornalista dell’Unità trovò spazio tra i candidati della formazione che rappresenta la minoranza russa della Lettonia, ma non fu eletto. La candidatura di Berlusconi in un paese come l’Estonia al momento è solo una voce da corridoio romano, ma chissà che l’ex presidente del Consiglio non ci pensi su quando la legge tra poco tempo gli vieterà di presentarsi alle competizioni elettorali del suo paese.

http://www.gadlerner.it/2013/09/13/la-p ... in-estonia
myriam
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Re: Top News

Messaggio da myriam »

Sai che ridere! In mezzo ai comunisti!
Magari si trasferisce in Estonia e ce lo togliamo dalle ....!
camillobenso
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Re: Top News

Messaggio da camillobenso »

Manuale del politico

Capitolo XXVII

Un colpo al cerchio e l’altro alla botte.
(Ovvero come pararsi il c….)


Il 30 di agosto scorso, King George II nomina 4 senatori a vita. Il Pdl insorge perché voteranno tutti per la Dc. Nessuno è a favore di Berlusconi.

Le corazzate di Berlusconi partono in quarta.

Il Giornale parte in quarta sul modello Stasi. Demolisce il maestro Abbado e la ricercatrice Cattaneo.

Secondo la tecnica consolidata vanno alla ricerca di qualsiasi indizio per demolire “”l’avversario””.

Un tempo usavano l’olio di ricino e il santo manganello. Poi sono passati alla luparina. Adesso li demoliscono attraverso i giornali. Ne sanno qualcosa Boffo, Fini, ed Esposito.

Alla nomina di Amato, classe 1938 (anni 75), un’età che i giudici costituzionali vengono pensionati.

I Fratelli mussulmani tacciono. Tace anche il capo della Stasi.

Prima ha salvato il governo Letta, adesso si porta avanti nel salvare Silvio. Se qualcosa sfora alla Consulta, uno come Amato serve.

Tace il Pdl,……ma tace anche il PDc.


******


Giuliano Amato alla Consulta, orgasmo da Rotterdam

di Marco Travaglio
| 13 settembre 2013Commenti (300)


Un giorno o l’altro, magari da qualche casuale intercettazione o ritrovamento di elenchi o liste, scopriremo le doti nascoste di Giuliano Amato, l’uomo che non doveva pensionarsi mai, la salamandra che passava indenne tra le fiamme, il dinosauro sopravvissuto alle glaciazioni, il “sederinodoro” (come diceva Montanelli) che riusciva a occupare contemporaneamente mezza dozzina di cadreghe alla volta.

I collezionisti di poltrone e pensioni troveranno sul Fatto Quotidiano di oggi l’elenco completo delle sue. Ma qui c’è di più e di peggio: in un Paese dove nessuno riconosce più alcun arbitro imparziale, figura terza, autorità indipendente, non si sentiva proprio il bisogno di trapiantare un vecchio arnese della politica in quello che dovrebbe essere il massimo presidio della legalità costituzionale: la Consulta. Già negli ultimi anni, spesso a torto e qualche volta a ragione, la Corte è finita nella rissa politica per sentenze o decisioni che puzzavano di compromesso col potere. Specie da quando l’arbitro supremo che sta sul Colle ha smesso la giacchetta nera e s’è messo a giocare le sue partite politiche trasformando la Repubblica in sultanato (vedi bocciatura del referendum elettorale e verdetto sul caso Mancino).
Lo vede anche un bambino che di questi tempi la Consulta e gli altri organi di garanzia hanno bisogno di un surplus di indipendenza e di terzietà. Invece che t’inventa Re Giorgio? Prende un suo amico, ex braccio destro di Craxi, deputato e vicesegretario Psi, vicepremier, due volte premier, ministro del Tesoro (due volte), dell’Interno, delle Riforme, degli Esteri, senatore dell’Ulivo e deputato dell’Unione, candidato al Quirinale nel ’99, nel 2006 e nel 2013, “vicino” (si dice così?) al Montepaschi, consulente Deutsche Bank, insomma ex tutto, e lo promuove giudice costituzionale. Possibile che Napolitano non conosca un giurista meno incistato nel potere politico e finanziario di lui? Gli dicono nulla nomi come Pace, Carlassare, Cordero? Già la Corte è piena di politicanti camuffati da giureconsulti e nominati dal Parlamento, cioè dai partiti. Almeno il Quirinale avrebbe potuto, anzi dovuto scegliere una figura indipendente, fuori dai giochi, magari sotto i 50 anni (e, se non è troppo, donna): invece ha voluto il Poltronissimo. Nonostante certi suoi trascorsi, o forse proprio per quelli.

Nel 1983, spedito da Craxi e commissariare il Psi travolto dallo scandalo Zampini, Amato rimproverò al sindaco Novelli di aver portato il testimone d’accusa in Procura anziché “risolvere politicamente la questione” (tipo insabbiarla). Nell’84-85 ispirò i vergognosi decreti Berlusconi – le prime leggi ad personam di una lunga serie – donati da Craxi all’amico Silvio quando tre pretori sequestrarono le antenne Fininvest fuorilegge. Infatti nel ’94 il Cavaliere riconoscente lo issò all’Antitrust, dove Amato non si accorse mai del monumentale trust berlusconiano sul mercato della tv e della pubblicità (in compenso sbaragliò impavido un temibile trust nel ramo fiammiferi e accendini). Non riportiamo qui, per carità di patria, i fax di Bettino da Hammamet sul “professionista a contratto” che in tante campagne elettorali non s’era mai accorto delle tangenti al Psi.

Molto più interessante è la sua intervista del 2009 a Report. Bernardo Iovene gli ricorda che il decreto Craxi-Berlusconi dell’85 era “provvisorio” e doveva durare solo 6 mesi, in attesa della legge di sistema sulle tv; ma lui s’inventò che era solo “transitorio”, quindi non andava neppure rinnovato una volta scaduto. Anziché arrossire e nascondersi sotto il tavolo, Amato s’illumina d’incenso: “Sa, noi giuristi viviamo di queste finezze: la distinzione fra transitorio e provvisorio è quasi da orgasmo per un giurista… Quando discuto attorno a un tavolo tecnico e qualcuno dice ‘questa cosa è vietata’, io faccio aggiungere ‘tendenzialmente’…”.

Ora che dovrà esaminare la legittimità delle leggi firmate dall’amico Giorgio, sarà tutto un orgasmo. Provvisorio e tendenziale.

Il Fatto Quotidiano, 13 Settembre 2013
camillobenso
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Re: Top News

Messaggio da camillobenso »

Amato, D’Alema: “Soldi al tennis club da Mps? E’ il compito della Fondazione”

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/09/ ... ne/244629/


“Il circolo del tennis di Giuliano Amato sponsorizzato da Mps? Era uno dei compiti istituzionali della Fondazione”. A dirlo è Massimo D’Alema, ospite della festa del Pd a Milano, che minimizza l’interessamento dell’ex presidente di Mps Giuseppe Mussari per il tennis club di Orbetello, da sempre una delle grandi passioni del ‘dottor sottile’. La vicenda emerge da un’intercettazione del 2010 tra Amato e lo stesso Mussari, ora agli atti dell’inchiesta della Procura di Siena sull’acquisizione di Antonveneta. Nel corso della telefonata, l’ex premier chiede espressamente il ripristino della sponsorizzazione per il torneo tennistico, ridotta di 25mila euro rispetto all’anno precedente. “Siamo all’osso”, spiega il politico. “Contaci”, risponde il banchiere, che ha da poco incassato la sponsorizzazione di Amato per la sua candidatura ai vertici dell’Abi, lanciata a febbraio 2010 e andata a buon fine nel giugno dello stesso anno. “Di questo non so nulla, dovete chiedere ad Amato”, si limita a commentare D’Alema, che con l’amico Giuliano condivide anche l’impegno nella Fondazione Italiani Europei. “Ma sul fatto che una Fondazione bancaria sostenga tornei di tennis, di scacchi, mostre, non c’è assolutamente nulla di strano”. Prima di iniziare il dibattito in programma, D’Alema si concede un giro tra i volontari della festa. E qualcuno lo vorrebbe al Quirinale. “Per l’amor di Dio”, scherza lui, “è un lavoro per persone anziane. Io sono giovane” di Franz Baraggino
13 settembre 2013
camillobenso
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Re: Top News

Messaggio da camillobenso »

Tra gli eventi di fine ciclo, che questo anno ha registrato l'addio di una serie di personalità nei vari campi che hanno caratterizzato la storia italiana nell'ultimo mezzo secolo, oggi annoveriamo anche questo:

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1. IL “CORRIERE” SCIOPERA: OGGI IL GIORNALE NON È IN EDICOLA, E IL SITO È FERMO, PER PROTESTA CONTRO LA VENDITA DELLA SEDE STORICA DI VIA SOLFERINO. EPPURE NON SI SENTONO RISUONARE LE VOCI TONANTI DI FLEBUCCIO DE BORTOLI E ABRAMO BAZOLI -

2. IL DIRETTORE AVEVA PROMESSO: SE SI TOCCA LA SEDE, ME NE VADO. MENTRE IL BANCHIERE AVEVA MINACCIATO DI NON FINANZIARE IL PIANO DI SCOTT JOVANE IN CASO DI VENDITA -

3. INVECE DE BORTOLI HA DETTO ALLA REDAZIONE CHE NON SI ERA GIOCATO LA DIREZIONE, MA L’ “INDIRIZZO”, E HA TRATTATO PER MANTENERE L’AFFITTO DELLA SEDE DA BLACKSTONE -

4. MA IL PALAZZO SI CEDE A PREZZO DI SALDO E SI RIAFFITTA AGLI ALTI PREZZI DI MERCATO. E SI TRATTA DI UN ASSET IMMOBILIARE CHE TUTELA LE LIQUIDAZIONI DEI CRONISTI -

5. IL CDR: “SCOTT JOVANE HA FATTO MOLTI ANNUNCI MA NESSUN PIANO CONCRETO. COME POSSONO FIAT, MEDIOBANCA, INTESA ACCETTARE CHE IL PATRIMONIO DELLA RCS VENGA SACCHEGGIATO E VENDUTO AGLI SPECULATORI COME SE IL GRUPPO FOSSE ALLA DISPERAZIONE?




1. DE BORTOLI AVEVA PROMESSO: O VIA SOLFERINO O VIA IO
DAGOREPORT

Prosegue il blackout dell'informazione al Corriere della Sera: i giornalisti scioperano in difesa del palazzo di via Solferino, non solo come storica sede del giornale, ma anche come un importante asset immobiliare a tutela delle loro liquidazioni. Com'è noto la Rcs sta trattando la vendita con il fondo statunitense Blackwood, che ha messo nero su bianco: o ci date tutta la sede, soprattutto la parte storica, o non se ne fa niente.

Molte volte si era parlato di vendere soltanto la metà del palazzo, quella che dà sul retro di via San Marco, ma questa volta Blackstone ha messo l'aut-aut, con la benedizione dell'azienda e dell'ad Pietro Scott Jovane.

E Flebuccio de Bortoli che fa? Quando nei mesi scorsi si era iniziato a ipotizzare la cessione, il direttore del Corriere si era letteralmente stracciato le vesti: il palazzo storico non si tocca! O la mia poltrona o la sede di via Solferino, aveva tuonato, ma al dunque le cose non starebbero proprio così.

De Bortoli ha fatto sapere al comitato di redazione, che non ha mai messo in gioco le sue dimissioni per difendere la proprietà della sede, ma soltanto il suo "indirizzo". Sarebbe quindi stato lui a costringere l'azienda a stipulare un contratto di vendita con obbligo di affitto alla stessa Rcs. Ma si parla soltanto di 5mila mq rispetto ai 28mila totali, mentre anche sul periodo non v'è certezza: 15-20 anni?, 6+6?, 6+9?, libera contrattazione?

Anche Jovane resta vago. Quello che è certo, lamentano molti giornalisti, è che il risultato sarà svalutare il palazzo (Blackstone compra a prezzo di saldo e affitta a prezzo di mercato), restituire fin da subito al compratore parte dei soldi e, per de Bortoli, mantenere stretta la sua poltrona. Perché difendere soltanto l'indirizzo - sfottono a via Solferino - il codice di avviamento postale no?


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2. IL CORRIERE DELLA SERA E VIA SOLFERINO - QUANDO SI VENDE UN PEZZO DI STORIA
Comunicato del Comitato di redazione del "Corriere della Sera"

Cari lettori,
domani non troverete in edicola il Corriere della Sera , il vostro giornale, mentre il Corriere.it non verrà aggiornato per tutta la giornata. Da mesi il Comitato di redazione sollecita l'amministratore delegato Pietro Scott Jovane a prendere iniziative concrete per rilanciare il giornale e l'intero gruppo Rcs. Ma finora abbiamo sentito solo annunci.

Nessuna decisione concreta di investimento. Nessuna decisione strategica, per esempio, sul mondo digitale. I nostri concorrenti, in Italia e nel mondo, galoppano, noi siamo fermi. Abbiamo avuto l'ultimo incontro con l'amministratore delegato mercoledì 11 settembre. Lo avevamo chiesto proprio per discutere di come rispondere alla sfida dell'innovazione tecnologica.

Invece il manager si è presentato prospettando la vendita dell'intero immobile in cui hanno sede il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport . I contorni dell'operazione non seguono alcuna logica economica. L'intenzione è vendere in blocco un immobile collocato nella zona più costosa di Milano (Garibaldi-Moscova-Solferino) al fondo americano Blackstone a un prezzo largamente inferiore ai valori potenziali, per poi riaffittarne una parte a prezzi di mercato, quindi altissimi.

In questo modo l'azienda otterrà il classico piatto di lenticchie per aver svenduto la sede storica di via Solferino 28, lo specchio di un'identità che ha oltre 100 anni di storia. E che costituisce, inoltre, una garanzia economica per tutti i lavoratori dell'azienda.

Il gruppo Rcs è oberato da debiti causati da scelte compiute nel recente passato (vedi acquisto in Spagna del gruppo Recoletos a valori esorbitanti). L'esposizione finanziaria è stata solo parzialmente ridotta con l'aumento di capitale, appena sottoscritto dai soci.

Ma come possono azionisti come Fiat, Mediobanca, Intesa SanPaolo (il nucleo di comando della società) accettare che lo stato patrimoniale della Rcs venga saccheggiato come se il gruppo fosse alla disperazione? Che senso ha sottolineare in continuazione il valore culturale del Corriere e poi consegnare alla finanza speculativa un pezzo dell'identità storica del giornale? Il Cdr chiede di bloccare l'operazione.

Cari lettori, un'altra via esiste e non può che passare da un vero piano industriale che si ponga come primo obiettivo l'aumento dei ricavi. Il Cdr, nei limiti della sue prerogative, farà il possibile perché azienda, direzione editoriale, azionisti mettano subito in campo investimenti, idee editoriali, innovazioni di prodotto.
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