Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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il Fatto 17.10.13
Fassina contro le scelte di Letta

DA IERI POMERIGGIO circolano voci di dimissioni del viceministro dell’Economia Stefano Fassina, Pd. Voci non confermate, ma molto plausibili alla luce del durissimo intervento che Fassina ha pubblicato sul suo blog ospitato dall’Huffington Post. All’indomani dell’approvazione della manovra, Fassina pare contestarne l’impianto di fondo: basta con la “retorica degli sprechi”, la spesa pubblica va distribuita meglio, non tagliata (la manovra promette invece tagli da 16 miliardi affidati al commissario Carlo Cottarelli ). Non si deve ridurre il potere d’acquisto delle famiglie – cosa che invece è successa con l’aumento dell’Iva – e, scrive Fassina andando contro il dogma di Letta, ”l'inseguimento della crescita via export, perseguita attraverso la riduzione del costo del lavoro (riduzione del cuneo fiscale oltre che il contenimento delle retribuzioni nette), non può funzionare”. E la riduzione del cuneo fiscale, cioè le tasse su dipendenti e imprese nella busta paga, è la cosa cui Letta tiene di più. Se Fassina non si dimetterà, di sicuro avrà rapporti un po’ più complessi con Letta (al momento in visita a Washington) e con il suo diretto superiore, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni.
camillobenso
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il Fatto 17.10.13

Il giorno degli sciacalli
Pubblichiamo un brano del primo capitolo del libro di Damilano in uscita oggi
Il lettiano disse: “Salta Prodi, Napolitano avrà il bis e darà l’incarico a Enrico”

di Marco Damilano


La carica dei 101 suona tenero e disneyano, ma questi non sono simpatici cuccioli dalmata, è stato il giorno degli sciacalli al riparo del voto segreto (...) Nei mesi successivi solo una parlamentare ha sollevato la questione nell’assemblea del partito: la deputata Sandra Zampa, portavoce di Prodi.

E solo un giovane deputato di Forlì, Marco Di Maio, ha formalmente chiesto con una lettera al segretario Epifani l’apertura di un’inchiesta interna.

La reazione? Nessuna risposta.


Sono stati i dalemiani, i giovani turchi, i franceschiniani, i fioroniani, i veltroniani, i renziani?

Impossibile inseguire le voci e le complicate geografie correntizie del partito (...) Nessuno dei 101 ha sentito nei mesi successivi il bisogno di assumersi pubblicamente la responsabilità del suo gesto, di spiegarlo di fronte ai suoi elettori (...).

“NON ESISTONO i traditori: è un concetto integralista che non condivido. Ed è vergognoso fare una distinzione nelle votazioni tra Marini e Prodi. Quando si è scelto Prodi, al di là delle ovazioni e delle alzate di mano, avrei voluto discutere con quale maggioranza si andava ad eleggerlo, visto che Scelta civica non ci stava e il M5S non si sarebbe spostato da Rodotà. Avremmo potuto votare Rodotà forse, ma nel frattempo la valanga era partita”, ha detto la deputata calabrese Enza Bruno Bossio, dalemiana, in un’assemblea dei deputati Pd qualche settimana dopo il voto per il Quirinale.

Ma certo, figuriamoci, non esistono i Traditori, nel girone infernale del Pd. Ci sono però i Dubbiosi. Gli Scettici. I politicamente Lucidi.

Come il senatore Nicola Latorre, già braccio destro di D’Alema, due ore dopo il misfatto, uscendo dal teatro Capranica dimostrava una serenità invidiabile e idee molto chiare: “Che succede ora? Che saremo nelle condizioni di completare il lavoro iniziato in questi giorni eleggendo un nuovo presidente della Repubblica... ”.


Una deputata, la romana Fabrizia Giuliani, dalemiana, è stata sentita dire all’ingresso in aula: “Se Prodi per caso non dovesse farcela, cambia tutto”. Come lei un’altra dalemiana, la romana Micaela Campana.

Un deputato della corrente di Letta, il campano Guglielmo Vaccaro, è stato ancora più preciso. Incontrando alcuni colleghi il 19 aprile in Transatlantico prima del voto si lasciò andare a una previsione: “Come finisce? Stasera salta Prodi, sarà rieletto Napolitano che incaricherà Letta di fare il nuovo governo”.

Nel girone dei Delusi la più delusa di tutti in quella giornata era la dalemiana Anna Finocchiaro, prima stoppata nella corsa verso il Colle dall’attacco di Renzi, poi bloccata mentre stava per parlare per candidare il suo leader D’Alema.

Ma delusi, molto delusi erano anche i mariniani (...). E gli uomini di Dario Franceschini. Nel girone degli Speranzosi, almeno in apparenza, si agitavano i sostenitori di Stefano Rodotà.

I deputati più giovani, più a sinistra, più spostati su posizioni vicine al Movimento 5 Stelle, che preferivano votare il giurista laico rispetto al cattolico Prodi, ma anche i parlamentari dalemiani.

Alla quarta votazione Rodotà aveva raccolto 213 voti, 51 in più del previsto: uno su due, la metà dei 101 aveva votato per lui (...) alla quinta votazione scese a 210, due voti in meno della somma 5 Stelle-Sel che era tornato a sostenerlo, 217 nell’ultimo scrutinio.

Insomma, Rodotà fu usato per eliminare Prodi. Nel girone degli Ostili c’erano i gruppi regionali: gli emiliani spingevano per Prodi, i toscani al contrario volevano frenarlo, temevano che con la sua elezione si sarebbe rafforzato eccessivamente Renzi, il suo king maker, preoccupazione che tormentava il presidente della Regione Enrico Rossi.

Per fermare o rallentare la corsa di Prodi (e di Renzi) i toscani si riunirono e si consultarono. Il segretario regionale Andrea Manciulli, il numero due della corrente di Dario Franceschini, il pratese Antonello Giacomelli, il fedelissimo di Manciulli Luca Sani, deputato di Grosseto, poi nominato presidente della Commissione Agricoltura della Camera, la deputata di Campiglia Marittima Silvia Velo, bersaniana, che prima delle votazioni confidò ai colleghi, compresi alcuni deputati e senatori leghisti, che lei non avrebbe mai votato per Prodi. E dire che era appena stata nominata vice-presidente del gruppo Pd. Sicuramente ci avrà ripensato e nel segreto dell’urna si sarà allineata alle direttive del partito.

COME i parlamentari del Sud fedeli a D’Alema: il deputato pugliese Michele Bordo, che comunicò la sua ostilità ai suoi capicorrente, poi promosso presidente della Commissione Politiche europee, oppure il molisano Danilo Leva, nominato in seguito responsabile Giustizia del Pd. Tutti si sono sfogati prima del voto sulla scelta di Prodi. Tutti, poi, non c’è nessun motivo di dubitarne e nessuna prova del contrario, avranno certamente obbedito alla linea ufficiale.

Ci sono poi quelli che in seguito non hanno dimostrato particolare dispiacere per l’affondamento del Professore per motivi personali (...) Però il senatore bolognese Gian Carlo Sangalli, noto disistimatore della famiglia Prodi (qualcuno dice che il voto per Vittorio Prodi porta la sua firma), di certo non si è messo in lutto.

Anche lui ha replicato ai sospetti: “La mia è stata perfetta disciplina di partito”. (...) “Prodi chi? ”, rideva in Transatlantico già il giorno dopo Michele Anzaldi, deputato di prima nomina in quota Renzi, a lungo portavoce di Francesco Rutelli negli anni degli scontri più duri con il Professore.

Chi ha sbagliato più forte di Marco Damilano 265 pp., Laterza, 15 euro
camillobenso
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La Stampa 17.10.13
Prodi o D’Alema al Colle?
Il Pd aveva pronte le schede per il duello. Un libro racconta vent’anni di guerre a sinistra
di Fabio Martini

http://issuu.com/segnalazioni.box/docs/ ... _la_stampa_
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il Fatto 17.10.13

Le schegge di fango della dossierite Il Pd nel pantano
La “crocifissione” mediatica di Bersani, gli inviti a indagare su renzi
E intanto il partito perde peso

di Wanda Marra

A Largo del Nazareno, uno chiuso in una stanza, l’altra in un’altra, Stefano Di Traglia, ex portavoce di Pier Luigi Bersani e Chiara Geloni, direttrice di Youdem, correggono le bozze del libro-bomba che stanno scrivendo sulle consultazioni dell’ex segretario democratico, quelle che portarono allo sfaldamento del Pd, durante il voto per il presidente della Repubblica, alla rielezione di Napolitano e al governo di larghe intese. Si chiama Giorni bugiardi, esce il 6 novembre. Si annunciano retroscena e rivelazioni. I due, che sentivano di avere già in tasca un posto a Palazzo Chigi insieme al loro capo, assomigliano agli ultimi dei giapponesi. E tra l’altro, i contratti di entrambi con il Pd sono in scadenza a dicembre. I due in prima linea da sempre contro l’ex Rottamatore sono i primi a cui si chiedono informazioni quando viene tirata in ballo qualche vicenda opaca che lo riguarda.
Ieri Repubblica riportava l’sms arrivato a alcuni giornalisti: “Libero e il Giornale stanno facendo nero Renzi, rispolverando tutte le menzogne che lo riguardano (e non è finita, ricordate il caso Lusi?). In altri tempi, avreste chiesto con editoriali, pezzi, corsivi, eccetera eccetera spiegazioni di tutto questo. Pretendere trasparenza e verità soprattutto da chi dice di volere candidarsi premier, credo sia un dovere”. Il riferimento è all’indagine sulle spese sostenute da Renzi quando era presidente della Provincia - uscite in prima battuta sul Fatto .
Ma insomma i dossier esistono? E chi ce l’ha? Nel libro si allude a fatti sconosciuti che lo riguardano? “Veramente no, noi non abbiamo dossier. E comunque neanche l’sms si riferiva alla vita privata di Matteo, come qualcuno ha detto e scritto in questi giorni - si schernisce la Geloni -ma a queste questioni”. Bisogna seguire i soldi? “Sì, i soldi. E comunque, l’unico dossier che è uscito finora è stato quello sugli stipendi dei dipendenti del Pd”. Quello in cui si diceva che lei guadagnava 6000 euro al mese. Cifra che fece scattare l’indignazione di molti.
PER QUEL DOSSIER molti accusarono Lino Paganelli, che all’epoca dei fatti (era marzo) era diventato renziano da pochi mesi e per questo caduto in disgrazia. Non certo un clima sereno: “Quando c’è un congresso, c’è sempre il rischio che le cose degenerino”, spiega la Geloni. “Però, basta con questo clima”.
Adesso qualche sostenitore del sindaco di Firenze accusa Di Traglia di essere l’autore del messaggio. “Ma quale messaggio! Smettiamola, pensiamo alla politica”, dice lui. E poi ricorda: “Sono settimane che di Bersani si parla solo a proposito della stanza, dello stipendio, dell’inchiesta sul conto”. L’inchiesta è quella tirata fuori dal Fatto, secondo cui ci sarebbe un conto intestato a Bersani e a Zoia Veronesi, sul quale sarebbero confluiti alcuni dei soldi dei contributi privati al partito. Nervi a fior di pelle.
Sembra di essere tornati a un anno fa, quando tra i sostenitori di Bersani contro Renzi alle primarie si faceva a gara a offrire spunti di ricerca, di indagini, di possibili inchieste. Era la fase della grande paura, il momento in cui l’establishment del partito era schierato compatto contro il sindaco di Firenze. E i fiorentini erano i più attivi di tutti. Ora i fiorentini si descrivono “talmente disorganizzati e sparpagliati da non essere in grado di produrre dossier”. Qualcuno, a Roma, suggerisce che forse qualcosa c’è sulle spese per la campagna elettorale di Renzi. O qualcuno fa battute a sfondo sentimentale. Schegge di fango impazzite. E la grande paura di perdere per sempre. Anzi di aver già perso. I renziani ostentano superiorità. Non poco rabbiosa. “Sono minchiate infantili di gente che non è cresciuta”, punta il dito Angelo Rughetti. E c’è chi arriva a ipotizzare che il veleno sia stato ritirato fuori dal-l’armadio dove era stato riposto l’anno scorso perché i sostenitori di Cuperlo sperano in una bassa partecipazione. Metodi democratici.
camillobenso
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il Fatto 17.10.13
La grande delusione
Sindacati e Confindustria all’opposizione
di Salvatore Cannavò

Nel sindacato e in Confindustria la delusione per la legge di Stabilità è grande. Se la Cisl ha offerto una sponda al governo individuando elementi di “discontinuità” nella manovra, nel loro insieme le parti sociali non gradiscono la pochezza dei provvedimenti e la loro evidente insufficienza.
Secondo Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, si tratta “della smentita delle infinite promesse fatte in questi mesi dai ministri”. In particolare, dice che “è una legge che aggredisce nuovamente il lavoro pubblico”. Le misure sul blocco del turnover e, soprattutto, lo stop alla contrattazione per tutto il 2014, rappresentano un macigno per il sindacato. Ancora più duro Luigi Angeletti: “Il governo – dice il segretario della Uil – aveva detto basta ai tagli lineari, ma cosa c’è di più lineare di bloccare la contrattazione?”. Angeletti ha in mente la carne viva del mondo del lavoro dove il pubblico impiego ha dato un contributo non indifferente alle politiche di austerità degli ultimi anni. Secondo le analisi Aran-Sole 24 Ore, il blocco della contrattazione nel biennio 2013-‘14 produrrà un risparmio di 5 miliardi che salgono a 11,5 se si comprende tutto il periodo del blocco dei contratti, cioè dal 2010. A farsi sentire è la riduzione del personale che, dal 2006 a oggi, si è ridotto di circa 280 mila unità. Riduzione che salirà a mezzo milione entro il 2018. Su queste basi si spiega anche la reazione della Cisl che chiede al governo un segnale molto più forte “contro il partito della spesa pubblica”.
LA DELUSIONE È EVIDENTE anche sul fronte confindustriale. Giorgio Squinzi ha parlato di “assenza di coraggio” da parte del governo anche se ha ammesso che “ci sono dei passi nella direzione giusta”. Ma sulla riduzione del cuneo fiscale la distanza tra le richieste di Confindustria – 10 miliardi subito – e la proposta del governo – 2,5 miliardi da dividere tra lavoratori e imprese – è sconfortante.
A parte Angeletti, che ha subito parlato di sciopero, le parti sociali si dispongono per ora a una operazione di pressione sul Parlamento per ottenere quello che dal governo non è venuto. Ci saranno degli incontri nei prossimi giorni e sicuramente ci saranno iniziative comuni.
Modificare la natura della manovra, però, non sarà facile. Per quanto il consueto “assalto alla diligenza” dei conti pubblici sia una pratica in cui deputati e senatori eccellono, appare difficile che i saldi fissati dal ministro Saccomanni e già inviati a Bruxelles possano mutare. Il paradosso in cui si trovano sindacati e Confindustria è che proprio quando l’accordo tra le parti sociali si fa più solido il peso politico da loro acquisito nei confronti del governo sembra minimo.
Enrico Letta esalta in pubblico la “concertazione”, ma in privato a Cgil, Cisl e Uil ha concesso un incontro di due ore, nel suo studio, in cui si è discusso quasi solo di scenari politici. Sul fronte sindacale si fa notare che la concertazione cui pensa l’esecutivo è quella che ha portato il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato a convocare le parti sociali via Twitter. Senza nessun seguito. Pesa, certamente, la mancanza di risorse. Dopo anni e anni di rigore le richieste di imprese e lavoratori, pur non enormi, sono eccessive per la cassa di Enrico Letta. Ma c’è anche una spiegazione più politica. Se la Cgil, per difendere i pensionati, deve fare leva sul ministro del Welfare Enrico Giovannini, come è avvenuto l’altra sera, vuol dire che i rapporti con il presidente del Consiglio non sono buoni. E in generale nel Pd non ci sono sponde adeguate. Quel partito è in una fase di transizione, si avvicina il ciclone Renzi e i punti di riferimento sembrano essere saltati. Al gruppo dirigente della Cgil, ad esempio, non è sfuggita la sottolineatura fatta da Rosy Bindi, l’altra sera nella trasmissione tv Otto e mezzo: “Letta resista alla tentazione di trasformare le larghe intese in un’operazione politica”.
IL SOSPETTO che dietro l’asse Letta-Alfano avanzi l’ipotesi di una “nuova Dc”, cioè un progetto moderato e riformista allo stesso tempo, circola seriamente. Il problema, sul piano sindacale, si complica se si pensa che a tifare per un tale esito c’è anche il secondo sindacato italiano, la Cisl.
Il sindacato quindi si prepara a una fase di agitazione, ma al momento non appare probabile uno sciopero generale. Che invece è stato proclamato dai sindacati di base per venerdì 18 ottobre. Uno sciopero ad alzo zero contro il governo e “il patto di Stabilità” con corteo nazionale al mattino per le vie di Roma e, poi, con un collegamento diretto, tramite accampata notturna in piazza San Giovanni, con la manifestazione antagonista del 19 ottobre.
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IL VERTICE DELLE ANATRE ZOPPE - OBAMA E LETTA SI RICOPRONO DI COMPLIMENTI RECIPROCI: “OTTIME RIFORME ECONOMICHE DELL’ITALIA” (QUALI?)

17 OTT 20:32

Due leader che hanno visto la morte (politica) in faccia e si fanno due risate prima che i rispettivi scassapalle repubblicani/berluscones ricomincino a lavorarli ai fianchi - Crescita, tassi d’interesse, reciproca ammirazione, lotta alla disoccupazione e tutto l’armamentario di due sinceri democrat con le mani legate…



Da www.ansa.it

Il presidente del Consiglio Enrico Letta è alla Casa Bianca per un incontro con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama.

L'Italia sta andando nella giusta direzione con le riforme, ha detto il presidente Barack Obama nel suo incontro a Washington con il premier Enrico Letta. "Le riforme economiche portate avanti dall'Italia - ha sottolineato Obama - sono di grande aiuto per portare il Paese fuori dalla recessione".

"Non potrei essere più impressionato dall'integrità e dalla leadership di Enrico Letta", ha aggiunto Obama dopo il suo incontro alla Casa Bianca con il presidente del Consiglio italiano. Le truppe italiane - ha detto il presidente Usa - sono state "straordinarie" per contribuire a rendere l'Afghanistan piu' sicuro.

Mi congratulo con il premier Enrico Letta per il voto si fiducia e per la legge di stabilità, ha detto il presidente Obama nello Studio Ovale con Letta sottolineando che "è chiaro" che l'Italia si sta muovendo "nella giusta direzione" per la stabilità e le riforme. L'Italia è "un partner eccezionale", ha detto ancora Obama ricordando in particolare il ruolo avuto da Roma in Libia, Siria e contro il terrorismo.

"L'Europa è importante per tutti noi e guardiamo con grande interesse all'Ue perchè se l'Europa va bene andiamo bene anche noi", ha sottolineato Obama incontrando Letta.

"Il premier Enrico Letta non dovrà convincermi per tornare in Toscana. Io e Michelle ci siamo stati e abbiamo visto quanto sia meravigliosa": così Obama ha risposto ad un invito del presidente del Consiglio.

"Abbiamo parlato dell'importanza della crescita europea e in particolare della lotta alla disoccupazione giovanile": così Obama dopo l'incontro con il premier Enrico Letta alla Casa Bianca sottolineando che l'intenzione è quella di lavorare ad una "forte agenda per la crescita".

L'accordo raggiunto negli Stati Uniti sul tetto del debito stabilizza i tassi di interesse ad un livello basso e questo è positivo per l'Italia: cosi' il premier Enrico Letta nel suo incontro a Washington con il presidente americano Obama. ''Ieri i tassi di interesse sono stati piu' bassi da due anni a questa parte''. Cio' dimostra che ''siamo sulla strada giusta'', ha commentato il premier Letta nello studio Ovale con Barack Obama la legge di stabilita'. "La prossima legislatura europea deve essere basata sulla crescita e noi italiani lavoreremo sodo perché la crescita è la mia priorità", ha spiegato Letta.

A proposito della questione immigrazione nel Mediterraneo ''ho rappresentato le nostre preoccupazioni'', al presidente Obama: ''Non vogliamo che il Mediterraneo sia il mare della morte'', ha detto il presidente del Consiglio nel corso delle dichiarazioni congiunte dallo studio Ovale.

Casa Bianca, basi in Italia cruciali per sicurezza - Italia ospita più di 30.000 impiegati delle Forze Armate Usa, tra militari e civili e le loro famiglie nelle basi in tutta Italia, che sono cruciali nella protezione del personale e delle strutture americane in Nord Africa, in particolare in tempi come questi di instabilità accresciuta. Lo dice la Casa Bianca a margine dell'incontro tra Obama e Letta.

Assieme agli Stati Uniti, il Regno Unito e la Turchia, l'Italia svolge un ruolo di guida nell'assistenza alla Libia nei suoi sforzi di recupero della sicurezza e di ricostruzione delle sue istituzioni, rende noto la Casa Bianca.
camillobenso
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La lunga agonia italiana – 84
Un drammatico vuoto di potere - 74
I giorni della follia - 71
Caos calmo - 17

Sotto le macerie - 4



L’era dei nuovi rivoluzionari

E’ il momento dei piazzisti rivoluzionari, quelli che sanno parlare bene al pancino dei tricolori e glielo grattano pure dopo avergli lisciato il pelo.

L’ultra, mega super piazzista, er più, dovrebbe avere super giù ancora un mese di tempo a disposizione per incantare i merli.

La “Rivoluzione liberale” del burlone di Hardcore non si è mai vista. Eppure con sta palla è durato un ventennio.

Niente paura, tutto regolare.

Eppure ci aveva creduto anche un professorone come Mario Monti.

Il rivoluzionario Grillo, il Beppe nazionale, ha proposto in alternativa la “Rivoluzione democratica”, ma da buon genovese con le braccine corte e poco propenso a scucire le palanche, si è limitato a sfruttare la nuova tecnologia della rete. Tutto a basso costo.

In questo modo si è ritrovato luogotenenti come la Lombardo e Crimi e la sua rivoluzione si è fermata.

Il terzo rivoluzionario ieri ha proposto la “Rivoluzione capillare”. Tanto per cambiare.

Da queste parti anche gli anziani Pci devono essere in parte alla disperazione, perché alla fine sono arrivati alla conclusione di applicare il teorema Zanicchi.

Oltre quindicina di anni fa la cantante stanca delle accuse a Silvietto, sbottò:

“ Proviamolo, se non funziona gli diamo un calcio in culo e lo mandiamo via”

Lo abbiamo provato, ha mandato a fondo in concorso con altri il Concordia Italia, e la Zanicchi si è dimenticata tutto, secondo le abitudini della casa.

“Proviamolo - insistono gli ultrasettantenni quasi ottantenni ex Pci - e se non va bene dopo un mese lo mandiamo a casa”

Già,…..come se fosse facile l’usa e getta.


Renzi: adesso voglio una rivoluzione capillare


Si vede che in quel di Firenze è andato in disuso il detto: “L’erba voglio, non cresce neppure nel giardino del Re”.


Con la bocca se ne dicono di scemenze. Uno specialista fu Il Barone di Münchhausen

Karl Friedrich Hieronymus von Münchhausen, conosciuto come Il Barone di Münchhausen (Bodenwerder, 11 maggio 1720 – Bodenwerder, 22 febbraio1797), è stato un militare tedesco.
È il personaggio a cui si è ispirato Rudolf Erich Raspe per il protagonista delromanzo Le avventure del barone di Münchhausen. Il vero Barone era infatti divenuto famoso per i suoi inverosimili racconti: tra questi, un viaggio sulla Luna, un viaggio a cavallo di una palla di cannone ed il suo uscire incolume dalle sabbie mobili tirandosi fuori per i propri capelli.
Da Wikipedia




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L’INTERVISTA: PARLA IL SINDACO
Renzi: adesso voglio una rivoluzione capillare
Tutti cambino, anche l'establishment finanziario
«Non attacco il governo, dico ciò che serve all'Italia in futuro»


FIRENZE -Sindaco Renzi, come trova la legge di Stabilità?
«Il Pd ha un segretario, si chiama Epifani; è giusto che la commenti lui. Chi pensa che da qui alle primarie io faccia il controcanto al Pd, o peggio al governo, si sbaglia. Dobbiamo parlare dell’Italia dei prossimi dieci anni, non della contingenza».

Ma la contingenza è decisiva: tutti i Paesi stanno rialzando la testa dalla crisi, tranne il nostro.
«Credo che ci sia bisogno di una svolta radicale. Una rivoluzione capillare che non passa dalla legge di Stabilità, ma dalla riconsiderazione del sistema italiano. Lo sostengo da tempo. Ho un unico rammarico: non aver spiegato a sufficienza che la rottamazione non è solo il sacrosanto ricambio generazionale. Quello di cui l’Italia ha bisogno non è cambiare tutto, ma cambiare tutti. Ognuno nella sua testa dovrebbe cambiare un pezzettino. Anche l’establishment economico e finanziario, che ha colpe forse non più gravi di quelle dei politici, ma ha fatto perdere tempo e occasioni all’Italia».

Per una svolta radicale servono soldi che non ci sono. O dobbiamo chiedere all’Europa di sforare il tabù del 3%?
«Il 3% è anacronistico. L’Europa deve cambiare; non per l’Italia, per se stessa. Ma prima di chiedere all’Europa di cambiare, dobbiamo fare in casa le riforme che rinviamo da troppo tempo. La formula per risolvere la crisi italiana non è un algoritmo complicato; è la semplicità. Semplificare la burocrazia, il fisco, la giustizia, le norme sul lavoro. Perché non possiamo avere le stesse norme sul lavoro della Germania?».

Semplificare il fisco? Il Pd è considerato il partito delle tasse.
«Mi trova lei un altro sindaco che in piena crisi abbia abbassato l’Irpef?».
Dello 0,1%...
«Dallo 0,3% allo 0,2%, il 33% in meno. Per il Comune, milioni di euro in meno di entrate. Ma è importante il messaggio: la sinistra non può essere considerata il partito delle tasse. Durante la scorsa campagna per le primarie avevo proposto un intervento sul cuneo fiscale da 21-22 miliardi, per cui un signore che guadagna 2 mila euro al mese se ne sarebbe ritrovati in busta paga cento in più».

Come li prende i soldi? Ai pensionati?
«Io parlo delle pensioni d’oro. C’è chi prende 5 o 10 mila euro al mese.

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Interruzione per inserire questo articolo


LEGGE DI STABILITA’
Pensioni, non passa il super prelievo dagli assegni più alti|Ecco il ricalcolo
di Enrico Marro e Lorenzo Salvia

http://www.corriere.it/economia/13_otto ... e180.shtml

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Sulla parte retributiva della sua pensione - che di fatto costituisce un regalo dello Stato - è legittimo chiedere un contributo. Per non parlare di alcune reversibilità. E dei tagli alla spesa pubblica, che vanno fatti, individuando i settori su cui intervenire. Oggi faccio un passo indietro. Quando toccherà a noi, le proposte le faremo in modo chiaro. Di queste cose parlerò in un incontro nelle prossime settimane a Milano» .

Ce lo dica adesso: quale sarebbe la sua politica economica?
«Tutto ciò che viene dalla dismissione del patrimonio pubblico va a ridurre il debito. Tutto ciò che viene dal recupero dell’evasione va a ridurre la pressione fiscale. Lo Stato non può intervenire con la logica degli ultimi anni. E ogni riferimento alla Telecom dei capitani coraggiosi e all’Alitalia è puramente voluto. Non possiamo continuare con un modello dirigista, con lo Stato che decide e la Cassa depositi e prestiti che fa da tappabuchi».

Di fronte alla crisi un intervento pubblico è inevitabile, non crede?
«Ma il sistema capitalistico italiano ha responsabilità atroci. Inutile lamentarsi solo della politica; anche le banche hanno le loro colpe da emendare. Ogni euro investito in operazioni di sistema e perduto è un euro tolto alle aziende, alle famiglie, agli artigiani consegnati all’usura che alimenta la criminalità. Il sistema bancario è entrato in mondi da cui dovrebbe uscire. Compresa l’editoria. Posso dirlo?».

Certo .
«Considero positivo che si sia sciolto il patto Rcs. L’Italia è stata gestita da troppi patti di sindacato che erano in realtà pacchi di sindacato. Faccio il tifo per i manager che stanno cambiando il sistema. Deve finire il capitalismo relazionale, in cui spesso lo Stato ha finito per coprire le perdite. L’eccesso di vicinanza tra politici, imprenditori e banche ha creato operazioni sbagliate. E’ assurdo che per salvare un’azienda come Ansaldo Energia si metta mano alla Cassa depositi e prestiti, cioè ai soldi della vecchietta o dell’immigrato, cui viene chiesto a propria insaputa di pagare i giochi spericolati di chi ha fatto impresa con i soldi altrui».

Non è che i politici siano innocenti.
«È per questo che mi candido alla guida del Pd. Per cambiarlo. Non per fare il grillo parlante di quello che fa oggi il governo, ma per costruire un partito nuovo, che non conclude affari con i capitani coraggiosi, che sta in mezzo alla gente. A Civiltà Cattolica che gli chiedeva perché non sia entrato nell’appartamento papale, Francesco ha risposto proprio così: non perché sia troppo lussuoso, ma perché renderebbe più difficile il contatto con la gente».

A proposito di capitani coraggiosi, D’Alema dice che lei, per non logorarsi, logorerà Letta.
«È un giudizio sbagliato. D’Alema è una persona intelligente, ma questa sua qualità non lo mette al riparo da clamorosi errori di giudizio. Nel caso di D’Alema non è il primo, purtroppo per lui. Io ho 38 anni: posso aspettare. Il punto è che l’Italia non può aspettare. Compito di tutti noi che abbiamo responsabilità è dare una mano perché le cose si facciano. A Enrico do volentieri una mano».

Lei aiuta Letta? Dice sul serio?
«La cronaca di questi sei mesi ha smentito chi mi accusava di cospirare. Continuo a non dare alcun alibi a chi mi accusa di voler criticare il governo per anticiparne la fine. Io non attacco il governo. Parlo di quel che serve all’Italia nei prossimi anni. Convinto che l’Italia possa avere un futuro straordinario».

Lei teme che in Parlamento ci sia un accordo per una legge elettorale che perpetui le larghe intese?
«Il Pd farà il congresso e le primarie, con candidati che propongono soluzioni diverse anche per la legge elettorale. Io faccio la mia proposta. Sono per una legge che garantisca l’alternanza, il bipolarismo, e un risultato chiaro. Chi vince le elezioni non potrà mai avere il diritto di dire “non mi hanno fatto lavorare”. No all’inciucione generalizzato: le larghe intese devono essere l’eccezione, non la regola» .

Lei ha chiesto di spostare la discussione sulla legge elettorale dal Senato alla Camera. La Finocchiaro le ha risposto di no.
«Se in Parlamento si forma una maggioranza favorevole a una norma chiara e trasparente, per cui chi vince governa e non si ritorna ad accordicchi nelle segrete stanze, io sono il primo a festeggiare. Ma se si pensa di poter ulteriormente bloccare il Paese con un’operazione da prima Repubblica, senza statisti da prima Repubblica, allora sia chiaro che ci sarà il dissenso non solo mio ma della maggioranza dei senatori del Pd; come la Finocchiaro ha avuto modo di verificare in queste ore in modo riservato. Il Pd è vincolato dalle primarie. Decidono gli elettori che vanno al gazebo, non una senatrice che ha l’unico titolo di essere lì da trent’anni».

Tra le riforme da fare lei cita la giustizia, cara soprattutto alla destra.
«La riforma della giustizia è una priorità per gli italiani, non per la destra. Non so se riuscirà a farla questo Parlamento o il prossimo. So che è indispensabile, dopo 20 anni di provvedimenti ad personam. Non è possibile reggere lo spread tra Italia e Germania, per cui un provvedimento di natura civilistica da loro richiede un anno e da noi 4. Non è possibile ricorrere alla custodia cautelare nella misura di oggi. Non è possibile che i tempi della giustizia amministrativa siano sempre un incognita: se voglio togliere una bancarella dal mercato devo aspettare che si pronunci il Tar, per aprire la caffetteria di Palazzo Vecchio deve attendere due mesi in più per il ricorso sull’appalto... Ormai sugli appalti pubblici lavorano più gli avvocati dei manovali».

Si ricandiderà a sindaco di Firenze, la prossima primavera?
«Se i fiorentini lo vorranno, sì. Non voglio diventare un pezzo di burocrazia romana. Voglio mantenere la freschezza che mi viene dal girare in mezzo alla gente, senza lampeggiante, con la mia bici».

Come può fare entrambe le cose?
«La storia del doppio incarico è ridicola. Il segretario di un partito ha quasi sempre un altro incarico. Bersani era segretario e parlamentare, Epifani è segretario, parlamentare e presidente di commissione. Il segretario del Pdl è ministro dell’Interno, il leader di Sel è presidente di Regione. Martine Aubry era sindaco di Lilla e segretaria del Ps. E poi dipende da cosa deve fare un partito. Se si vuole un Pd tutto centrato su Roma, è logico che il segretario ci passi tutta la settimana. Se, come spero, porteremo alla guida amministratori locali, avremo un Pd molto più snello. Vorrei che il pastone del tg la sera non mi trovasse mentre salgo ed esco dalle stanze di partito, ma mentre inauguro una biblioteca, come ho appena fatto» .

In attesa degli amministratori, arriva la vecchia guardia. Dopo Franceschini si è schierato con lei Latorre. Ma il rinnovamento lo fa o no?
«La stragrande maggioranza di coloro che stavano contro di me continua a stare contro di me; gli altri si contano sulle dita di una mano. Noi dobbiamo andare avanti con tutti. Non credo a un Pd che butta fuori la gente: sono per includere, non per escludere. Perché respingere quelli della vecchia guardia che non ce l’hanno con te? E poi ho un rapporto di stima con Gianni Cuperlo. È una persona perbene, di cui non condivido tutto ma che ascolto con grande piacere. Se vinco le primarie, il giorno dopo lavorerò per allargare».

Non faccia il finto modesto. Tutti sanno che vincerà le primarie.
«Il risultato è tutt’altro che scontato. Un conto è se vota un milione di persone, un conto se ne arriva il doppio. L’8 dicembre, con le feste religiose a Milano, Roma, Palermo, è la peggiore data possibile. Spero di coinvolgere la gente, fin dal prossimo 25 ottobre alla Leopolda, proprio perché la sfida in gioco è decisiva».

Il Pdl si dividerà?
«Non lo so. So che non sopporto quelli che hanno osannato per vent’anni Berlusconi, arrivando a votare che Ruby era la nipote di Mubarak, e ora lo attaccano perché è stato condannato e ha perso il controllo del partito. Passi il dibattito su falchi e colombe, tacchini e pitonesse. Ci risparmino lo spettacolo di iene e avvoltoi».

La sua uscita contro amnistia e indulto, proposti da Napolitano, è stata interpretata anche come un modo per rivendicare l’autonomia della politica dal Quirinale. È così?
«Io ho un rispetto profondo per il presidente della Repubblica. Per la figura istituzionale, e per la persona. Ma trovo irrispettoso proprio nei confronti di Napolitano trasformare un messaggio di 12 cartelle in un diktat, per cui bisogna far così e basta. Alcuni commentatori non lo sanno, ma il presidente della Repubblica è il primo a essere consapevole che la funzione del suo messaggio era stimolare il dibattito. Io ho fatto la mia parte. Il falso unanimismo su questi temi è frutto di superficialità. Si cambino le leggi che riempiono le carceri, la Giovanardi e la Bossi-Fini. E si prenda atto dell’esperienza del 2006: a sette anni da un indulto non se ne può fare un altro. È diseducativo. Significa che lo Stato rinuncia a fare lo Stato. Non ho la pretesa di avere la verità in tasca. Ma se c’è una cosa da dire, la dico in faccia, chiara. Io non sono cambiato».


18 ottobre 2013
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Aldo Cazzullo


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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Si ricandiderà a sindaco di Firenze, la prossima primavera?
«Se i fiorentini lo vorranno, sì. Non voglio diventare un pezzo di burocrazia romana. Voglio mantenere la freschezza che mi viene dal girare in mezzo alla gente, senza lampeggiante, con la mia bici».

Come può fare entrambe le cose?
«La storia del doppio incarico è ridicola. Il segretario di un partito ha quasi sempre un altro incarico. Bersani era segretario e parlamentare, Epifani è segretario, parlamentare e presidente di commissione. Il segretario del Pdl è ministro dell’Interno, il leader di Sel è presidente di Regione. Martine Aubry era sindaco di Lilla e segretaria del Ps. E poi dipende da cosa deve fare un partito. Se si vuole un Pd tutto centrato su Roma, è logico che il segretario ci passi tutta la settimana. Se, come spero, porteremo alla guida amministratori locali, avremo un Pd molto più snello. Vorrei che il pastone del tg la sera non mi trovasse mentre salgo ed esco dalle stanze di partito, ma mentre inauguro una biblioteca, come ho appena fatto» .



***


Renzi con la politica c’entra ben poco, come molti in questi anni.

L’importante è che limiti la sua sfera d’azione al solo PDc. Che non abbia mai la possibilità di arrivare a Palazzo Chigi.

Perché un conto è fare casino all’interno del PDc, e un conto è fare casino sul sistema Italia.

E’ più che evidente che il sindaco di Firenze non ha la minima idea di quale sia la realtà italiana. Se ne avesse la minima percezione rifugerebbe immediatamente l’idea di nuovo Superman della politica italiana.

Alcide De Gasperi durante la sua permanenza a Palazzo Chigi nella fase della ricostruzione non ha mai ricoperto altri incarichi, meno che meno che quello di sindaco di Trento.

Questa fase politica è molto, molto, molto, più complicata politicamente di quella che ha dovuto affrontare De Gasperi.

Là, l’Italia ripartiva completamente da zero con un mare di problemi. C’era un Italia intera da ricostruire, mancavano i soldi e non c’era lavoro. La lotta politica tra i partiti era asprissima, ma esisteva il denominatore comune dei valori repubblicani fondanti maturati durante la Resistenza.

Tutti volevano concorrere a ricostruire l’Italia anche se da punti di vista differenti.

Qui invece concorrono tutti a spartirsi le spoglie.

Oggi quel collante non esiste più.

La frantumazione dei partiti è evidente. Le varie fazioni sono in lotta tra di loro, non per ricostruire l’Italia, ma per mantenere intatti i loro interessi di bottega e i loro privilegi. Niente a che vedere con la fase storica 1945-1953.

Con questa classe politica sotto le macerie morali, etiche, politiche, ma soprattutto economiche, anche il miglior presidente del Consiglio della storia repubblicana come De Gasperi, incontrerebbe notevoli difficoltà.

Figuriamoci se Renzi, che non ha la cultura politica, la preparazione e la serietà dello statista trentino, possa cimentarsi in un’impresa di questo genere.

E’ come mandare Brunetta da solo a scalare l’Everest.

Ha ragione Zanonato quando afferma che Renzi ascolta la pancia degli italiani per poi cavalcare la tigre schierandosi dalla parte che più gli conviene.

Ma questa non è la politica che serve in questo momento.

Gli opportunismi personali non accompagnati da una solida visione complessiva della realtà non portano da nessuna parte.
Ultima modifica di camillobenso il 19/10/2013, 13:05, modificato 2 volte in totale.
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Ad merlam merlorum in saecola saecolorum - 14
Forza merli - 13

La ripresa,……….per il c… - 13


Bonsai – Cosa fare con 14 euro

(Sebastiano Messiana).
18/10/2013 di triskel182


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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

La legge di stabilità e la fine della sanità pubblica.
18/10/2013 di triskel182

https://triskel182.wordpress.com/2013/1 ... -pubblica/

“La legge di stabilità è una manovra finta e fasulla che vogliono farci credere possa salvare il Paese, un Paese in cui un pensionato prende 500 euro e uno ne prende 15.000. Questo governo prendete addirittura ringraziamenti per i tagli che non ha fatto. Noi dovremmo ringraziarli per non aver fatto tagli alla Sanità?

Magari le rendite finanziarie dovevano essere più tassate e le pensioni d’oro tagliate in maniera decente. La verità è che solo noi possiamo fare questi tagli.

A cosa servirà questa legge? I cittadini hanno capito che la linea di questo governo è privatizzare la Sanità.


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La Commissione Sanità aveva il dovere e l’obiettivo di capire quali sono i problemi della sanità in Italia. Abbiam fatto mesi di audizioni con Assicurazioni che ci spiegavano quanto è giusto inserire parti di sanità privata nella sanità pubblica.
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Non è questo quello che vogliono i cittadini.


Ho provato a spiegarlo ai presidenti della Commissione, ma sono partiti gli insulti nei nostri confronti perché siamo stati “troppo aggressivi“.

Con questo documento si inseriranno parti di sanità privata dentro la sanità pubblica. E’ la fine della sanità pubblica.”

Laura Castelli, M5S Camera.
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