Bufale & Bufalieri
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Bufale & Bufalieri
ESECUTIVO
Letta: abbiamo i numeri per governare e lo sa anche il Cavaliere
Per Palazzo Chigi il garante è Angelino Alfano
di Marco Galluzzo
http://www.corriere.it/politica/13_otto ... 5692.shtml
^^^^^^^
Casomai per (s)governare, visto che i due giornaloni, La Repubblica e il Corriere si sono messi per traverso.
Letta: abbiamo i numeri per governare e lo sa anche il Cavaliere
Per Palazzo Chigi il garante è Angelino Alfano
di Marco Galluzzo
http://www.corriere.it/politica/13_otto ... 5692.shtml
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Casomai per (s)governare, visto che i due giornaloni, La Repubblica e il Corriere si sono messi per traverso.
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Re: Bufale & Bufalieri
Bufala postuma di 3monti.
In edicola sul Fatto del 26 ottobre: “Nel condono 2002 c’è un buco da 3 miliardi”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/10/ ... di/250929/
Il governo si prepara a riaprire la trattativa con la Svizzera per recuperara i soldi esportatati dagli evasori. Intanto si scopre che al condono fiscale del 2002 mancano oltre 3 miliardi di euro: chi, cioè, aveva aderito – promettendo di versare i soldi messi nel bilancio dello Stato – non lo ha fatto. Vi spieghiamo ora cosa farà il governo per recuperali. Poi il racconto “dell’aggressione verbale e fisica” che avrebbe subito la deputata M5S, Maria Edera Spadoni, dopo il duro diverbio in Aula con il collega del Pd Enzo Lattuca. La deputata ha incontrato la presidente della Camera, Laura Boldrini, che le ha espresso solidarietà, ma Lattuca nega l’accaduto. Sul fronte politico c’è anche l’ennesima polemica in casa Pd: il presunto tesseramento gonfiato in alcune province in vista del congresso. Matteo Renzi ha detto che bisogna chiarire, aggiungendo a proposito delle regole: “Il Pd ha imparato la lezione: alle primarie dell’8 dicembre possono partecipare tutti”. Ci vediamo ‘In edicola’: ogni sera le anticipazioni su ilfattoquotidiano.it (riprese e montaggio Samuele Orini, elaborazione grafica Pierpaolo Balani).
25 ottobre 2013
In edicola sul Fatto del 26 ottobre: “Nel condono 2002 c’è un buco da 3 miliardi”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/10/ ... di/250929/
Il governo si prepara a riaprire la trattativa con la Svizzera per recuperara i soldi esportatati dagli evasori. Intanto si scopre che al condono fiscale del 2002 mancano oltre 3 miliardi di euro: chi, cioè, aveva aderito – promettendo di versare i soldi messi nel bilancio dello Stato – non lo ha fatto. Vi spieghiamo ora cosa farà il governo per recuperali. Poi il racconto “dell’aggressione verbale e fisica” che avrebbe subito la deputata M5S, Maria Edera Spadoni, dopo il duro diverbio in Aula con il collega del Pd Enzo Lattuca. La deputata ha incontrato la presidente della Camera, Laura Boldrini, che le ha espresso solidarietà, ma Lattuca nega l’accaduto. Sul fronte politico c’è anche l’ennesima polemica in casa Pd: il presunto tesseramento gonfiato in alcune province in vista del congresso. Matteo Renzi ha detto che bisogna chiarire, aggiungendo a proposito delle regole: “Il Pd ha imparato la lezione: alle primarie dell’8 dicembre possono partecipare tutti”. Ci vediamo ‘In edicola’: ogni sera le anticipazioni su ilfattoquotidiano.it (riprese e montaggio Samuele Orini, elaborazione grafica Pierpaolo Balani).
25 ottobre 2013
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Re: Bufale & Bufalieri
“Comunicazione? Zero”. Lo staff di Enrico Letta bocciato dai docenti universitari
Da Destinazione Italia alla caccia agli autografi, è una gaffe continua. Ecco cosa ne pensano all'Università. Il direttore del dipartimento marketing della Bocconi, Enrico Valdani: "Non ha dei collaboratori che lo aiutano molto"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 25 ottobre 2013Commenti (855)
Un altro scivolone per lo staff di Enrico Letta. Durante l’ultima visita a Washington, una delle preoccupazioni principali degli accompagnatori del premier è stata quella di affrettarsi a chiedere un autografo al presidente americano Barack Obama. E la cosa non è passata inosservata, tanto più che la Casa Bianca si è premurata di riferire l’episodio a tutti i giornalisti accreditati. “Obama ha accompagnato Letta fuori dalla residenza”, ha scritto l’ufficio stampa della residenza presidenziale. “I due leader hanno parlato sulla porta per diversi minuti prima che il premier italiano entrasse nella sua auto. Poi, uno dei suoi assistenti ha chiesto l’autografo a Obama. Il presidente ha accettato la richiesta e ha firmato un pezzo di carta per lui, prima di voltarsi e tornare all’interno”.
Non è la prima volta, tuttavia, che il premier viene messo in difficoltà dalla sua squadra. Continua a fare discutere, infatti, il modo in cui è stato presentato il piano Destinazione Italia, messo a punto dal governo per attrarre investitori esteri. Le slide utilizzate da Letta per illustrare il programma a Wall Street alla fine di settembre hanno subito sollevato forti critiche non solo tra gli utenti sul web, ma anche tra gli esperti di comunicazione.
Presentazione Destinazione Italia from Palazzo Chigi – Governo Italiano
“Letta non ha dei collaboratori che lo aiutano molto”, afferma Enrico Valdani, direttore del dipartimento marketing all’Università Bocconi di Milano, sostenendo che “con questa presentazione lo hanno mandato un po’ allo sbaraglio”. Il professore crede quindi che “Letta si debba fare aiutare di più, basta guardare le presentazioni che fanno le società di consulenza a cui sono abituate le imprese a livello internazionale”. E il suo staff avrebbe potuto realizzare “qualcosa di più concreto e più emozionale per invogliare a investire in Italia in modo da toccare i nervi sensibili dell’investitore”.
Valdani segnala inoltre che alcune affermazioni riportate nelle slide sono “troppo generiche e ambiziose” e se il premier “avesse trovato di fronte delle persone che conoscono un po’ il nostro Paese, queste avrebbero potuto fare delle domande specifiche mettendolo in difficoltà”, perché nelle slide “vengono fatte promesse su cambiamenti strutturali senza la certezza che saranno realizzate”. I suoi collaboratori avrebbero quindi potuto inserire “esempi concreti sui vantaggi che gli investitori esteri troverebbero in Italia”, come accade per esempio in Francia. “L’unica scusante che trovo è che Letta si trova in situazione di emergenza quindi deve comunicare qualche cosa”, conclude il professore, “ma dovrebbe avere la certezza che le promesse vengano realizzate prima di inserirle in un documento da presentare in un’occasione del genere”.
“I concetti espressi sono troppo generici e non permettono di misurare i vantaggi per gli investitori esteri”, spiega invece Loretta Battaglia, docente di marketing all’Università Cattolica di Milano, sottolineando che “si poteva fare di più da un punto di vista di appetibilità dei contenuti”. La professoressa sostiene quindi che i concetti espressi nelle slide “non sono abbastanza chiari e dettagliati” e, mettendosi nei panni di chi vuole investire in Italia, è “difficile capire da un punto di vista pratico come muoversi per puntare sul nostro Paese”.
Mentre Andrea Ordanini, professore associato presso il Dipartimento di marketing della Università Bocconi di Milano, commenta il “biglietto da visita” mostrato da Letta all’estero sostenendo che sia “giusto che un documento da presentare a investitori istituzionali sia stringato”. Ma non nasconde alcuni dubbi. “Si poteva indicare meglio l’ordine delle priorità“, dice, sottolineando che nel documento in questione “non è ben spiegato quali sono i punti principali da portare avanti”, una caratteristica “importantissima per indicare quali sono le scelte da fare”.
Più diretti sono invece i commenti su facebook al messaggio con cui il premier ha presentato le slide. “Ma che buffonata”, scrive un utente, mentre un altro si chiede “chi ha scritto questa roba”. C’è poi chi sostene che “questo misero powerpoint ha sicuramente fatto ridere Wall Street“, definendo “superatissimo” il linguaggio grafico e comunicativo utilizzato. Qualcuno sostiene infine su twitter che il più grande errore di Destinazione Italia è proprio il nome. “Se serve per attrarre investimenti esteri chi capisce cosa vuol dire?”, scrive un utente su twitter, spiegando che “chiamarlo così per attrarre capitali esteri è un po’ un bug”.
Il 9 ottobre scorso il governo ha reagito alle critiche avviando una “consultazione” online di trenta giorni sul documento originario in modo che i cittadini possano esprimere una valutazione delle misure o proporne di nuove. Ma anche qui c’è chi non è d’accordo. “Alcuni sostengono che coinvolgere le persone dal basso in modo indiscriminato può non essere una buona idea, perché le chance che arrivino proposte veramente innovative sono basse”, sostiene il professor Ordanini, spiegando che bisogna quindi “considerare che chi è in basso non sempre può creare percorsi di innovazione radicale“. La collega Battaglia ritiene invece che il sito per la “consultazione” sia “abbastanza di facile comprensione”, anche se “un po’ dispersivo perché troppo lungo” e fa notare come “sono ancora poche le opinioni espresse online degli utenti” per integrare il piano.
In attesa delle modifiche, quindi, continuano a fare discutere le slide illustrate da Letta a Wall Street, che hanno fatto arrossire molti manager italiani ai vertici di aziende straniere che, da esperti del percorso inverso rispetto alla destinazione Italia e probabili destinatari di una proposta di investimento nella Penisola, hanno commentato duramente sui social network la presentazione del progetto. “Se uno dei miei junior consultants mi presenta una roba simile lo caccio immediatamente”, aveva per esempio commentato un alto dirigente di una società di consulenza. Altri come il titolare del tour operator Agriscambi, invitano su twitter a “confrontare Destinazione Italia con Destinazione Bulgaria“, sottolineando che “qui hanno messo una tassa anche sulla speranza … più attendi e più paghi”.
Una versione precedente di questo articolo è stata pubblicata per errore sabato 20 ottobre 2013 quando era solo una bozza. Ci scusiamo molto con i lettori e gli interessati per la spiacevole svista.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10 ... ri/748230/
Da Destinazione Italia alla caccia agli autografi, è una gaffe continua. Ecco cosa ne pensano all'Università. Il direttore del dipartimento marketing della Bocconi, Enrico Valdani: "Non ha dei collaboratori che lo aiutano molto"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 25 ottobre 2013Commenti (855)
Un altro scivolone per lo staff di Enrico Letta. Durante l’ultima visita a Washington, una delle preoccupazioni principali degli accompagnatori del premier è stata quella di affrettarsi a chiedere un autografo al presidente americano Barack Obama. E la cosa non è passata inosservata, tanto più che la Casa Bianca si è premurata di riferire l’episodio a tutti i giornalisti accreditati. “Obama ha accompagnato Letta fuori dalla residenza”, ha scritto l’ufficio stampa della residenza presidenziale. “I due leader hanno parlato sulla porta per diversi minuti prima che il premier italiano entrasse nella sua auto. Poi, uno dei suoi assistenti ha chiesto l’autografo a Obama. Il presidente ha accettato la richiesta e ha firmato un pezzo di carta per lui, prima di voltarsi e tornare all’interno”.
Non è la prima volta, tuttavia, che il premier viene messo in difficoltà dalla sua squadra. Continua a fare discutere, infatti, il modo in cui è stato presentato il piano Destinazione Italia, messo a punto dal governo per attrarre investitori esteri. Le slide utilizzate da Letta per illustrare il programma a Wall Street alla fine di settembre hanno subito sollevato forti critiche non solo tra gli utenti sul web, ma anche tra gli esperti di comunicazione.
Presentazione Destinazione Italia from Palazzo Chigi – Governo Italiano
“Letta non ha dei collaboratori che lo aiutano molto”, afferma Enrico Valdani, direttore del dipartimento marketing all’Università Bocconi di Milano, sostenendo che “con questa presentazione lo hanno mandato un po’ allo sbaraglio”. Il professore crede quindi che “Letta si debba fare aiutare di più, basta guardare le presentazioni che fanno le società di consulenza a cui sono abituate le imprese a livello internazionale”. E il suo staff avrebbe potuto realizzare “qualcosa di più concreto e più emozionale per invogliare a investire in Italia in modo da toccare i nervi sensibili dell’investitore”.
Valdani segnala inoltre che alcune affermazioni riportate nelle slide sono “troppo generiche e ambiziose” e se il premier “avesse trovato di fronte delle persone che conoscono un po’ il nostro Paese, queste avrebbero potuto fare delle domande specifiche mettendolo in difficoltà”, perché nelle slide “vengono fatte promesse su cambiamenti strutturali senza la certezza che saranno realizzate”. I suoi collaboratori avrebbero quindi potuto inserire “esempi concreti sui vantaggi che gli investitori esteri troverebbero in Italia”, come accade per esempio in Francia. “L’unica scusante che trovo è che Letta si trova in situazione di emergenza quindi deve comunicare qualche cosa”, conclude il professore, “ma dovrebbe avere la certezza che le promesse vengano realizzate prima di inserirle in un documento da presentare in un’occasione del genere”.
“I concetti espressi sono troppo generici e non permettono di misurare i vantaggi per gli investitori esteri”, spiega invece Loretta Battaglia, docente di marketing all’Università Cattolica di Milano, sottolineando che “si poteva fare di più da un punto di vista di appetibilità dei contenuti”. La professoressa sostiene quindi che i concetti espressi nelle slide “non sono abbastanza chiari e dettagliati” e, mettendosi nei panni di chi vuole investire in Italia, è “difficile capire da un punto di vista pratico come muoversi per puntare sul nostro Paese”.
Mentre Andrea Ordanini, professore associato presso il Dipartimento di marketing della Università Bocconi di Milano, commenta il “biglietto da visita” mostrato da Letta all’estero sostenendo che sia “giusto che un documento da presentare a investitori istituzionali sia stringato”. Ma non nasconde alcuni dubbi. “Si poteva indicare meglio l’ordine delle priorità“, dice, sottolineando che nel documento in questione “non è ben spiegato quali sono i punti principali da portare avanti”, una caratteristica “importantissima per indicare quali sono le scelte da fare”.
Più diretti sono invece i commenti su facebook al messaggio con cui il premier ha presentato le slide. “Ma che buffonata”, scrive un utente, mentre un altro si chiede “chi ha scritto questa roba”. C’è poi chi sostene che “questo misero powerpoint ha sicuramente fatto ridere Wall Street“, definendo “superatissimo” il linguaggio grafico e comunicativo utilizzato. Qualcuno sostiene infine su twitter che il più grande errore di Destinazione Italia è proprio il nome. “Se serve per attrarre investimenti esteri chi capisce cosa vuol dire?”, scrive un utente su twitter, spiegando che “chiamarlo così per attrarre capitali esteri è un po’ un bug”.
Il 9 ottobre scorso il governo ha reagito alle critiche avviando una “consultazione” online di trenta giorni sul documento originario in modo che i cittadini possano esprimere una valutazione delle misure o proporne di nuove. Ma anche qui c’è chi non è d’accordo. “Alcuni sostengono che coinvolgere le persone dal basso in modo indiscriminato può non essere una buona idea, perché le chance che arrivino proposte veramente innovative sono basse”, sostiene il professor Ordanini, spiegando che bisogna quindi “considerare che chi è in basso non sempre può creare percorsi di innovazione radicale“. La collega Battaglia ritiene invece che il sito per la “consultazione” sia “abbastanza di facile comprensione”, anche se “un po’ dispersivo perché troppo lungo” e fa notare come “sono ancora poche le opinioni espresse online degli utenti” per integrare il piano.
In attesa delle modifiche, quindi, continuano a fare discutere le slide illustrate da Letta a Wall Street, che hanno fatto arrossire molti manager italiani ai vertici di aziende straniere che, da esperti del percorso inverso rispetto alla destinazione Italia e probabili destinatari di una proposta di investimento nella Penisola, hanno commentato duramente sui social network la presentazione del progetto. “Se uno dei miei junior consultants mi presenta una roba simile lo caccio immediatamente”, aveva per esempio commentato un alto dirigente di una società di consulenza. Altri come il titolare del tour operator Agriscambi, invitano su twitter a “confrontare Destinazione Italia con Destinazione Bulgaria“, sottolineando che “qui hanno messo una tassa anche sulla speranza … più attendi e più paghi”.
Una versione precedente di questo articolo è stata pubblicata per errore sabato 20 ottobre 2013 quando era solo una bozza. Ci scusiamo molto con i lettori e gli interessati per la spiacevole svista.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10 ... ri/748230/
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Re: Bufale & Bufalieri
F35, il caccia invisibile si vede benissimo
Gli Usa chiedono di scortarlo in missione
La marina vuole rafforzare la flotta di F18 a sostegno degli aerei 'stealth', in realtà perfettamente
rilevabili dai radar di nuova generazione, compresi quelli che Alenia installa sul rivale Eurofighter
F35, il caccia invisibile si vede benissimo Gli Usa chiedono di scortarlo in missione
A tre giorni dalla conclusione dell’indagine parlamentare sugli F35 – prevista per giovedì – una notizia dagli Usa sfata anche il mito della loro invisibilità. La U.S.Navy ha infatti chiesto al Congresso di rafforzare la flotta di velivoli anti-radar, gli F18 Growlers, perché indispensabili come scorta agli F35 che, se inviati in missione da soli, verrebbero intercettati dai dai sensori più moderni prodotti dall’industria militare
di Enrico Piovesana
^^^^^^^^^^^^
F35, gli aerei invisibili si vedono benissimo. E gli Usa chiedono di “scortarli” in missione
La marina chiede al Congresso di rafforzare la flotta di F18 a sostegno dei caccia "stealth". La loro supposta invisibilità è stata completamente superata dai radar di nuova generazione, compresi quelli che Alenia produce per gli Eurofighter. Tradotto: il caccia invisibile potrà essere individuato e colpito anche dai caccia italiani
di Enrico Piovesana | 14 aprile 2014Commenti (186)
La conclusione dell’indagine parlamentare sugli F35 – prevista per giovedì salvo ulteriori rinvii – non potrà ignorare la notizia che arriva dagli Stati Uniti e che sfata anche il principale mito della propaganda favorevole ai cacciabombardieri Lockheed: la loro invisibilità ai radar nemici che ne farebbe degli insostituibili aerei stealth di quinta generazione. La U.S.Navy ha infatti chiesto al Congresso di rafforzare la flotta di velivoli per la guerra elettronica anti-radar, gli F18 Growlers, perché saranno indispensabili come scorta e apripista agli F35 che altrimenti, se inviati in missione da soli, verrebbero intercettati dai nuovi radar e dai sensori più moderni prodotti dall’industria militare russa e, come vedremo, anche da quella italiana.
La notizia arriva de fonti della Boeing (azienda non a caso concorrente della Lockheed e produttrice degli F18), che alla rivista online americana Breaking Defense spiegano perché il comandante delle operazioni navali, ammiraglio Jonathan Greenert, abbia avanzato questa richiesta al Congresso. “Gli F35 possono sfuggire ai radar ad alta frequenza in banda X, ma sono vulnerabili ai sensori a infrarossi e ai nuovi radar a bassa frequenza che consentono di individuare un aereo stealth di quinta generazione a centinaia di miglia di distanza, come qualsiasi altro aereo. Per questo devono necessariamente essere scortati da aerei che, grazie alle loro emissioni ad ampio spettro, possono neutralizzare queste minacce”.
“La richiesta avanzata dalla Marina americana risponde esattamente a questa esigenza”, conferma al Fattoquotidiano.it Andrea Nappi, ingegnere aeronautico Alenia, addetto al progetto Eurofighter. “Negli odierni scenari di guerra l’unica strategia è neutralizzare subito radar e sensori nemici, ai quali oggi è impossibile pensare di sfuggire: l’evoluzione dei sistemi di intercettazione ha reso del tutto inutile la vecchia tecnologia stealth, ormai usata dall’industria americana solo in chiave di promozione commerciale grazie alla generale ignoranza sul tema”. Che la stealthiness, inventata in piena Guerra Fredda, sia ormai una tecnologia obsoleta lo sostengono da tempo i maggiori esperti internazionali di difesa come gli americani Bill Sweetman e Norman Friedman o l’australiano Carlo Koop, che già nel 2009 denunciava la vulnerabilità degli F35 ai nuovi radar a bassa frequenza in banda L prodotti dalla russa Tikhomirov Niip.
Ma in ambiente militare la questione è rimasta a lungo un tabù, almeno fino a quando l’estate scorsa proprio l’ammiraglio Greenert scrisse sulla più prestigiosa rivista navale americana, Proceedings: “La rapida evoluzione tecnologica e informatica sta introducendo nuovi sensori e nuovi sistemi in grado di aggirare la tecnologia stealth: è ora di pensare a piattaforme che non si basino esclusivamente su questa caratteristica”. A conferma di questa evoluzione, poche settimane fa l’azienda italiana Selex Es (gruppo Finmeccanica) ha reso noto che i suoi nuovi sensori a infrarossi prodotti per i caccia svedesi Gripen e per gli Eurofighter sono perfettamente in grado di individuare un velivolo stealth rilevando la sua traccia termica a una distanza tale da renderne possibile l’ingaggio con missili aria-aria. Un bel paradosso: l’invincibile aereo americano di quinta generazione potrà essere abbattuto anche dai caccia italiani.
Gli Usa chiedono di scortarlo in missione
La marina vuole rafforzare la flotta di F18 a sostegno degli aerei 'stealth', in realtà perfettamente
rilevabili dai radar di nuova generazione, compresi quelli che Alenia installa sul rivale Eurofighter
F35, il caccia invisibile si vede benissimo Gli Usa chiedono di scortarlo in missione
A tre giorni dalla conclusione dell’indagine parlamentare sugli F35 – prevista per giovedì – una notizia dagli Usa sfata anche il mito della loro invisibilità. La U.S.Navy ha infatti chiesto al Congresso di rafforzare la flotta di velivoli anti-radar, gli F18 Growlers, perché indispensabili come scorta agli F35 che, se inviati in missione da soli, verrebbero intercettati dai dai sensori più moderni prodotti dall’industria militare
di Enrico Piovesana
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F35, gli aerei invisibili si vedono benissimo. E gli Usa chiedono di “scortarli” in missione
La marina chiede al Congresso di rafforzare la flotta di F18 a sostegno dei caccia "stealth". La loro supposta invisibilità è stata completamente superata dai radar di nuova generazione, compresi quelli che Alenia produce per gli Eurofighter. Tradotto: il caccia invisibile potrà essere individuato e colpito anche dai caccia italiani
di Enrico Piovesana | 14 aprile 2014Commenti (186)
La conclusione dell’indagine parlamentare sugli F35 – prevista per giovedì salvo ulteriori rinvii – non potrà ignorare la notizia che arriva dagli Stati Uniti e che sfata anche il principale mito della propaganda favorevole ai cacciabombardieri Lockheed: la loro invisibilità ai radar nemici che ne farebbe degli insostituibili aerei stealth di quinta generazione. La U.S.Navy ha infatti chiesto al Congresso di rafforzare la flotta di velivoli per la guerra elettronica anti-radar, gli F18 Growlers, perché saranno indispensabili come scorta e apripista agli F35 che altrimenti, se inviati in missione da soli, verrebbero intercettati dai nuovi radar e dai sensori più moderni prodotti dall’industria militare russa e, come vedremo, anche da quella italiana.
La notizia arriva de fonti della Boeing (azienda non a caso concorrente della Lockheed e produttrice degli F18), che alla rivista online americana Breaking Defense spiegano perché il comandante delle operazioni navali, ammiraglio Jonathan Greenert, abbia avanzato questa richiesta al Congresso. “Gli F35 possono sfuggire ai radar ad alta frequenza in banda X, ma sono vulnerabili ai sensori a infrarossi e ai nuovi radar a bassa frequenza che consentono di individuare un aereo stealth di quinta generazione a centinaia di miglia di distanza, come qualsiasi altro aereo. Per questo devono necessariamente essere scortati da aerei che, grazie alle loro emissioni ad ampio spettro, possono neutralizzare queste minacce”.
“La richiesta avanzata dalla Marina americana risponde esattamente a questa esigenza”, conferma al Fattoquotidiano.it Andrea Nappi, ingegnere aeronautico Alenia, addetto al progetto Eurofighter. “Negli odierni scenari di guerra l’unica strategia è neutralizzare subito radar e sensori nemici, ai quali oggi è impossibile pensare di sfuggire: l’evoluzione dei sistemi di intercettazione ha reso del tutto inutile la vecchia tecnologia stealth, ormai usata dall’industria americana solo in chiave di promozione commerciale grazie alla generale ignoranza sul tema”. Che la stealthiness, inventata in piena Guerra Fredda, sia ormai una tecnologia obsoleta lo sostengono da tempo i maggiori esperti internazionali di difesa come gli americani Bill Sweetman e Norman Friedman o l’australiano Carlo Koop, che già nel 2009 denunciava la vulnerabilità degli F35 ai nuovi radar a bassa frequenza in banda L prodotti dalla russa Tikhomirov Niip.
Ma in ambiente militare la questione è rimasta a lungo un tabù, almeno fino a quando l’estate scorsa proprio l’ammiraglio Greenert scrisse sulla più prestigiosa rivista navale americana, Proceedings: “La rapida evoluzione tecnologica e informatica sta introducendo nuovi sensori e nuovi sistemi in grado di aggirare la tecnologia stealth: è ora di pensare a piattaforme che non si basino esclusivamente su questa caratteristica”. A conferma di questa evoluzione, poche settimane fa l’azienda italiana Selex Es (gruppo Finmeccanica) ha reso noto che i suoi nuovi sensori a infrarossi prodotti per i caccia svedesi Gripen e per gli Eurofighter sono perfettamente in grado di individuare un velivolo stealth rilevando la sua traccia termica a una distanza tale da renderne possibile l’ingaggio con missili aria-aria. Un bel paradosso: l’invincibile aereo americano di quinta generazione potrà essere abbattuto anche dai caccia italiani.
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Re: Bufale & Bufalieri
26 SET 16:46
FLASH! – SPINOZA.IT: MARCHIONNE: “NORMALMENTE NON LEGGO IL CORRIERE DELLA SERA”. SE È PER QUESTO, NEANCHE GLI ITALIANI NORMALMENTE COMPRANO UNA FIAT
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