quo vadis PD ????

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camillobenso
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Casotto - 3

TESSERE E RICORSI, IL PD NON SA CHE PESCI PRENDERE

(Wanda Marra).
06/11/2013 di triskel182

EPIFANI RINVIA LA SEGRETERIA A STAMATTINA. DEVE METTERE D’ACCORDO CUPERLO CHE VUOLE BLOCCARE LE ISCRIZIONI E I RENZIANI CHE SI OPPONGONO.

Siamo in un vicolo cieco. Come fai, fai male. E se alla fine salta tutto?”. Il panico avanza, mentre i I candidati si scontrano a colpi di dati. “Abbiamo vinto i congressi locali 49 a 35”, va dicendo Cuperlo. E Luca Lotti, renziano, responsabile Enti locali: “Dati falsi, con noi abbiamo contati una cinquantina di segretari”. Ma in realtà, lo scontro si consuma sui pacchetti di tessere, lievitati in modo tutt’altro che trasparente, sui ricorsi. Sui congressi da sospendere e le iscrizioni da bloccare. Il candidato dalemian-bersaniano fa addirittura un appello: “Il tesseramento si blocchi il 7 novembre”. Ma i renziani si oppongono: “Non si cambiano le regole in corsa”. Ognuno pensa di difendere la propria convenienza: i cuperliani hanno cercato di fermare l’avanzata di Renzi, consegnandogli un partito ostile e bisogna vedere se ci sono riusciti. Infatti, molti segretari locali sono stati votati da entrambe le fazioni. Renzi da parte sua pensa che molti dei tesserati “onesti” del-l’ultima ora sono i suoi, e non vuole recedere. Il 7 non è data casuale. Da quel giorno gli iscritti cominceranno a votare il segretario nazionale: le percentuali finali non sono secondarie, seppure l’ultima parola è alle primarie.

“C’È MOLTO interesse a sporcare tutto, per complicare i processi decisionali. Ma io sono convinto che al di là di alcuni casi, il grosso è pulito”, dice il renziano in commissione congresso, Lorenzo Guerini. Ieri era prevista la segreteria. Ma alle 17:36 le agenzie battono la notizia: riunione rinviataa stamattina, causa “informativa” della Cancellieri (un renziano la definisce “cerimonia funebre”. Strani lapsus). Spiegano dallo staff del segretario che si parlerà “anche” del congresso, ma soprattutto della legge di stabilità. Nella perfetta tradizione, nel non saper che fare, si rimanda. Epifani è contrario a bloccare il tesseramento, ma propenso a sospendere qualche congresso. Ma ha il peso ,alla scadenza del suo mandato, e con una segreteria spaccata, di imporre una linea? E allora, dallo staff si dice che “tocca alla commissione congresso decidere”. Commissione che s’è riunita ieri sera. E che ha deciso? “Niente, solo adempimenti burocratici”, è la sintesi di chi c’era. La motivazione ufficiale è che le commissioni locali (spesso più che parti in causa, visto che tra i membri ci sono anche i candidati) – convocate tra ieri e oggi – finiscano il loro lavoro. Se non riescono a risolvere le controversie, si passa al nazionale. L’ultima parola spetterebbe ai Garanti, che si incontrano venerdì: ma non è ancora chiaro il loro vero perimetro di competenze. Il solito sistema di scatole cinesi, per cui alla fine ognuno butta su gli altri la responsabilità e nessuno decide. “Anche nella Dc di una volta il tesseramento si chiudeva molto prima: perché i casi di inquinamento, brogli e quant’altro ci sono sempre stati, e così si aveva il tempo di risolverli. Noi prenderemo i provvedimenti necessari, ma non è con la Commissione di garanzia che si risolve il problema politico”, spiega uno dei componenti, Giovanni Bruno. Si racconta di decine e decine di ricorsi. Molti mettono nel mirino proprio la regola di consentire il tesseramento fino all’ultimo momento. “L’ha voluta l’ex responsabile Organizzazione Nico Stumpo – raccontano in molti – un po’ perché gli iscritti erano davvero pochi, un po’ per fare cassa”.E lui si difende: “Io avevo detto che le regole non si dovevano cambiare. L’hanno voluto i renziani. E allora, eccoci qui”.

Da Il Fatto Quotidiano del 06/11/2013.
camillobenso
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Casotto - 4


Repubblica 6.11.13
Pd, allarme per il caos congressi
Sette segretari a rischio revoca
Epifani: così gli elettori scappano
E Bersani gela Letta: non ce la fa a rilanciare il Paese
di Giovanna Casadio

ROMA — «Vediamo di mettere ordine nei tesseramenti gonfiati e nei primi risultati dei circoli. Ma soprattutto non creiamo sfiducia negli elettori». La preoccupazione di Epifani è che la base del partito, i simpatizzanti, si allontanino dal Pd, piombato nel caos congressuale. L’inquinamento delle tessere è uno scandalo e soprattutto getta discredito in un partito già infragilito dalle larghe intese di governo e dalle spartizioni correntizie. Perciò ieri sera la commissione per il congresso ha discusso dei sette “casi” più inquietanti - tra cui Cosenza, Siracusa, Asti - per intervenire là dove ci siano state degenerazioni, anche annullando i congressi se occorre. E stamani la segreteria convocata da Epifani tenterà appunto di mettere pace.
Ma lo scontro tra Renzi e Cuperlo continua. Non solo su chi ha vinto e chi ha perso nei primi risultati congressuali, cioè nelle federazioni provinciali, ma anche sul tesseramento gonfiato. Il timore dei renziani è che si accentui un trend negativo alle primarie dell’8 dicembre. Dal 2005 in poi - calcola Antonio Funiciello - gli elettori ai gazebo sono andati diminuendo. Tuttavia è sullo stop ai tesseramenti che salgono le tensioni. A proporre la sospensione è Gianni Cuperlo, lo sfidante del sindaco “rottamatore” che è super favorito nella sfida per la segreteria. «Non vogliofare polemiche sui dati, piuttosto sono preoccupato del tesseramento. Dobbiamo avere a cuore gli iscritti, e rinnovo l’appello a fermare il tesseramento almeno il 7 novembre per evitare questi fenomeni», è la richiesta di Cuperlo. Niente da fare per Renzi. E intanto l’ex segretario Bersani critica il governo: «Non fa ripartire il paese, va bene per affrontare l’emergenza ma non ridà fiducia». Insomma una svolta è necessaria e comunque (è quanto afferma nel libro di Bruno Vespa) un esecutivo con i 5Stelle «non avrebbe fatto meno strada».
Sul tesseramento, Ettore Rosato, renziano, avverte che la decisione è stata presa nell’Assemblea del partito e non si può stracciare: «Cuperlo mira a fossilizzare il congresso agli iscritti del passato». Contrattacca Alfredo D’Attorre: «Non si capisce perché Renzi si presti al gioco dei tesseramenti gonfiati, invece di accettare un alt prima che si vada alla Convenzione». La Convenzione è il momento in cui gli iscritti sceglieranno i tre candidati (in corsa ora sono in quattro, con Pippo Civati e Gianni Pittella), che andranno alle primarie dell’8 dicembre. Sarà quello il primo dato politico del congresso, poiché gli sfidanti supereranno la prova con una percentualedi consensi che fotograferà il loro gradimento nel corpo vivo del partito. O almeno di quel che ne resta, se non si riescono a evitare gli inquinamenti dei finti tesseramenti.
Anche sui neo segretari provinciali il contenzioso è aperto. Irenziani dicono di avere vinto 47 a 38, dati non definitivi. I cuperliani l’esatto contrario. «Non mi piace questo gioco, perché le dinamiche territoriali sono diverse da quelle nazionali, ma se proprio si vuole almeno non si bari», si sfoga Lorenzo Guerini, ex sindaco di Lodi, renziano, che ricorda come a Lodi il segretario sia unitario e così a Cremona e a Como. «Stanno provando a rovinarci il congresso, ma non ci riusciranno», denuncia un altro renziano, Francesco Bonifazi. Mentre i cuperliani Nico Stumpo, Matteo Orfini parlano di un Renzi che «se ne frega dei militanti». Antonello Giacomelli rimbecca: «I segretari dei circoli rispondono a dinamiche locali». E i candidati alla segreteria il 29 novembre dovrebbero sfidarsi in tv, accettando l’invito diSky.
La campagna per le primarie sarà comunque all’insegna del risparmio. «Super low cost», la definisce Roberto Cuillo, segnalando che il tetto è stato fissato in 250 mila euro. Lo slogan è “Io voto perché”, già hashtag su twitter. Sia Renzi che Cuperlo twittano. «Io voto perché se ci proviamo insieme possiamo finalmente cambiare verso all’Italia» (Renzi); «Io voto perché dobbiamo ridare valore alla parola segretario e costruire un Pd bello e democratico». Sul web anche ironie perché il sindaco di Firenze ha lanciato in rete l’appello a cambiare verso alle cose che non vanno. Ciascuno si sbizzarrisce.

Corriere 6.11.13
Cuperlo-Renzi, un nuovo fronte
Sospetti sui cartelloni per le primarie
L’obiezione: la campagna non spiega che si vota il segretario e non il premier
di Monica Guerzoni

ROMA — È scontro sempre più aspro tra Matteo Renzi e Gianni Cuperlo. Si litiga sul numero di segretari provinciali conquistati, ci si azzuffa sul tesseramento gonfiato e adesso si apre un nuovo fronte polemico: perché la campagna del Pd per le primarie, presentata da Roberto Cuillo e Antonio Funiciello, non dice che l’8 dicembre si va ai gazebo solo per eleggere il nuovo segretario? Può sembrare una questione di lana caprina e invece, per i sostenitori del candidato ex ds, il tema è tutto politico. Cuperlo vi legge la conferma che Renzi stia correndo per conquistare Palazzo Chigi, e oggi chiederà a Epifani di correggere il tiro, di chiarire che i cittadini voteranno per il leader e non per il futuro premier. I renziani non ci stanno e si appellano allo Statuto. «Se non abbiamo fatto riferimento alla carica in gioco — spiega Funiciello — è perché con le primarie scegliamo il segretario, che è anche automaticamente il candidato alla presidenza del Consiglio». E quindi no, se Cuperlo vuole che slogan e manifesti vengano ritoccati dovrà vedersela con l’opposizione di Renzi...
Tra il sindaco e il candidato dell’ala sinistra è braccio di ferro anche sul tesseramento. Oggi Epifani annuncerà che hanno già votato 320 mila iscritti su circa 420 mila e, a colpi di dati, proverà a ridimensionare l’affaire della compravendita di tessere: a Nardò si registra un boom del 500% e a Crotone del 400%. Ma Gianni Cuperlo rilancia: «Io non mi arrendo. Con tutta la passione e l’affetto che ho per il Pd faccio appello ai candidati, perché riflettano sulla mia proposta di fermare il tesseramento il 7 novembre, giorno di inizio dei congressi di circolo». Per il giovane turco Matteo Orfini «Renzi sbaglia a dire “chissenefrega tanto ci sono le primarie”» e il ministro Andrea Orlando propone una moratoria delle iscrizioni: «Bisogna darsi una calmata».
Nel rimpallo di sospetti e accuse, la segreteria del Pd è stata rinviata ad oggi. Cuperlo chiede di annullare le assise ove venissero riscontrate irregolarità e, su questo punto, anche i renziani sono d’accordo. Per Funiciello il «tribunale» del Pd, presieduto da Luigi Berlinguer, in programma venerdì, dovrà sanzionare con un intervento «molto severo» i casi di degenerazione e, se necessario, «considerare l’ipotesi di annullare i congressi». I candidati si accusano l’un l’altro, in un braccio di ferro che nasconde la battaglia dei numeri. Chi ha conquistato più segretari provinciali? Chi vincerà nei circoli? I sostenitori di Cuperlo attaccano i renziani che avrebbero messo in giro «dati falsi» e gli amici del sindaco ribaltano le accuse, smentendo il pareggio e conteggiando in «una cinquantina» i segretari renziani, contro la quarantina dell’avversario. «È finita 49 a 35», giura il cuperliano Patrizio Mecacci. E il renziano Lorenzo Guerini si arrabbia: «Almeno non si bari!». Toccherà a Epifani, in segreteria, dirimere la querelle e provare a placare almeno un po’ le acque. Si parla di contatti tra gli sfidanti per trovare un accordo, ma Cuperlo smentisce: «Un ticket con Renzi? No, proprio no». E mentre si litiga nei circoli per gli iscritti prezzolati, da Roma a Cosenza, Sky si aggiudica per il 29 novembre il primo confronto tv tra i quattro aspiranti segretari.

Corriere 6.11.13
Nella sezione rossa tra urla, minacce e insulti omofobi
La faida al circolo pd di Casalbertone
di Ernesto Menicucci

ROMA — «Froci», «fascisti», «zozzi». Insulti, accuse, polemiche, contestazioni. Benvenuti a Casalbertone, periferia est della Capitale, zona popolare e universitaria, tra la Prenestina e la stazione Tiburtina. Qui, dove la sinistra vince da sempre, si consuma una delle lacerazioni più profonde del Pd nella corsa alle primarie. Renziani e cuperliani? No, non qui. La «faida» è ancora più interna, tutta interna ai «seguaci» del deputato triestino Gianni Cuperlo. Generazioni in lotta, giovani iscritti contro militanti di lungo corso, il tutto mixato e shakerato nel grande tritacarne di Facebook , strumento — quello sì — trasversale e per tutte le età.
Finisce a male parole, a denunce di frasi «omofobe» e «sessiste». Da una parte i sostenitori di Lionello Cosentino, 60 anni, ex assessore regionale, ex senatore, «portato» dal guru romano Goffredo Bettini. Dall’altra Tommaso Michea Giuntella, 30 anni, «bersaniano» doc (era uno dei quattro della famosa foto col pugno chiuso), papà giornalista (Paolo, quirinalista del Tg1 scomparso qualche anno fa), nonno (Vittorio Emanuele) reduce dai lager nazisti. Tutti e due, ironia della sorte, voteranno alla fine per Gianni Cuperlo, contro Matteo Renzi. Perché Casalbertone, che ha ospitato la prima sede romana dell’Ulivo prodiano, è così: qui la sinistra è ancora sinistra, qui il Pci-Pds-Ds-Pd ha maggioranze granitiche, che hanno prodotto oltre 15 anni di governo territoriale. Poi arrivano i congressi dei circoli, e c’è un mondo che va in frantumi.
Il circolo Pd è dietro una porticina nera, in ferro, su una via in salita intestata a Giuseppe Pianell, generale dell’esercito, già ministro della Guerra del Regno delle Due Sicilie durante lo sbarco dei Mille, poi comandante dell’unica divisione italiana che, a Custoza, non arretrò di fronte agli austriaci. Passato glorioso, targa sbagliata: Pianell morì nel 1892, e non nel 1902 come c’è scritto per strada. La zona è di quelle «ad alta tensione»: a cento metri c’è il circolo «Futurista» di CasaPound, il secondo polo dei «fascisti del terzo millennio» (definizione loro), poco più in là un paio di centri sociali, più la sezione del Pdl. Qualche volta, finisce in rissa: l’ultima, con bastoni, pietre e fumogeni, è di un anno e mezzo fa.
Anche stavolta vengono evocati «i fascisti», ma il contesto è un altro. Domenica pomeriggio, 3 dicembre. Il circolo Pd elegge il suo segretario e ad appoggiare i due principali candidati — Carlotta Paoluzzi con Giuntella, Domenico Perna con Cosentino — arrivano i big: Micaela Campana di qua, Michele Meta di là. Clima teso, elezione all’ultimo voto. La spunta la Paoluzzi: 67 voti contro 63. Vittoria non «piena», però: nei delegati, infatti, finisce 6 a 6. A sera, ci sono ancora urla, concitazione. Ad una giornalista di youdem, renziana, viene tolto il cellulare e impedito di fare riprese. I militanti tornano a casa, sia i giovani che gli «storici», con l’adrenalina in corpo. Così accendono il computer e si mettono sul grande «sfogatoio» di Fb. Tonino Cuozzo, uno degli iscritti della prima ora, attacca: «I fascisti del Pd hanno portato le truppe cammellate a votare Carlotta e Giuntella». Passa mezz’ora, e i «Giovani democratici» del Tiburtino III (dove Veltroni, con Benigni, lanciò la sua campagna nel 2008) replicano: «Diccelo tu Tony per chi dovevamo vota’! Quanti soldi j’avete dato a quelli di casapound per venire a votare in sezione? La foto con Berlinguer c’hai! ma vergognati zozzo! Fascista tua madre!». Cuozzo, a quel punto, non ci vede più: «Voi pure i froci che per un c... votano Carlotta miss de sto... ma non passerete a Casalbertone mantenuti da mister frega la neo eletta in parlamento ed assessore per spirito santo...». Una sequela d’insulti di rara eleganza, con «bersagli» precisi: Simone Barbieri, omosessuale, di Pd Rainbow; la Paoluzzi, la Campana ed un ex assessore (Maria Muto) del Municipio.
I sostenitori di Giuntella salvano lo screenshot con gli insulti, la polemica «monta» sulle agenzie: «Accuse omofobe e sessiste», dice Giulia Tempesta, consigliere comunale. «Se fosse vero, esprimerei la mia solidarietà», replica Cosentino. Ma i supporter dell’ex senatore ribaltano le accuse: «Hanno cominciato gli altri, mettendo su internet la foto di Meta e il commento: “I c... stanno coi c...”». E ancora: «Il tesseramento è stato gonfiato: da 70 iscritti siamo diventati 150». Perché alla fine, le presunte «truppe cammellate» di Casalbertone, sono qualche decina di unità.
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Casotto - 5


l’Unità 4.11.13
Il doppio no di Bersani al Cavaliere che chiuse la grande trattativa
In «Giorni bugiardi», da mercoledì in libreria, i collaboratori dell’ex segretario Pd raccontano la partita a scacchi col Pdl sulla formazione del governo e sul Quirinale


di Stefano Di Traglia e Chiara Geloni


La verità è che nemmeno nell’incontro col Pdl Bersani riscontra opposizioni rispetto alla legittimità del suo tentativo di formare un governo. Anzi, il centrodestra ritiene che spetti a lui e a nessun altro insediarsi a Palazzo Chigi. Non ci sono obiezioni, interpretazioni del risultato elettorale che giustifichino pareri diversi; ci sono solo due condizioni. Dice Bersani: «Berlusconi aveva chiaro molto più di tanti osservatori quale era stato il risultato elettorale. Sapeva benissimo quello su cui i numeri non lasciavano alcun dubbio, cioè di essere arrivato terzo. Sapeva che, al di là della propaganda, la famosa “rimonta” è stata nient’altro che un effetto ottico: un rimbalzo che ha avvicinato Pd e Pdl ma che è dovuto al fatto che il Movimento 5 Stelle ha tolto voti al Pd. Gli uomini del Pdl avevano capito molto bene di aver perso le elezioni, anche se certo non gli è dispiaciuto che tanti dei nostri enfatizzassero l’idea che le avevamo perse noi. Questo infatti ha rafforzato la loro vera battaglia, che nelle condizioni date aveva due obiettivi: ottenere la presidenza della Repubblica, o in subordine ottenere un governo di larghe intese. Noi purtroppo, con le nostre scelte successive, gli abbiamo consentito di portare a casa il secondo obiettivo e di lasciare per così dire in sospeso il primo».
«Noi», cioè il Pd. Ma non Bersani, che da premier incaricato aveva risposto no su entrambi i fronti. Naturalmente Berlusconi, noblesse oblige, alle consultazioni manda Alfano. (...) Bersani fa il solito cappello introduttivo, dichiara la sua intenzione, considerato il risultato elettorale, di cercare tra le forze politiche «il più alto grado di corresponsabilità che possa risultare credibile agli occhi del Paese». Significa, spiega, che un governo che veda insieme Pd e Pdl non sarebbe, a suo giudizio, una giusta interpretazione delle scelte degli elettori e apparirebbe una soluzione «politicista» e inadeguata alla richiesta di cambiamento. Al centrodestra Bersani propone dunque un «doppio binario»: da una parte, una comune assunzione di responsabilità e un reciproco riconoscimento tra tutte le forze politiche per dar vita a una convenzione costituzionale che consegni alle Camere, in tempi certi, un progetto di riforma istituzionale ed eventualmente della legge elettorale. Dall’altra, un governo che si occupi delle emergenze sociali, della moralizzazione della vita pubblica e della riforma della politica, «aperto alla partecipazione di figure indipendenti» rispetto al quale le forze politiche si assumano la responsabilità, a seconda di quanto ritengono, o di farlo nascere o di non impedirne la formazione. Bersani fa capire che la guida della Convenzione in questo caso potrebbe spettare a un esponente del centrodestra; e che nella scelta dei ministri lui terrebbe conto di tutte le sensibilità presenti in Parlamento.
Alfano dà atto al Pd e al suo segretario della coerenza della proposta, ma ritiene difficile da giustificare di fronte al suo elettorato un via libera al governo guidato da Bersani. Diverso sarebbe, ecco il punto, se Bersani fosse disponibile a governare insieme al centrodestra: in quel caso il sostegno al leader elettorale del centrosinistra non incontrerebbe alcun ostacolo. O in alternativa, le cose potrebbero cambiare se Bersani fosse disposto a condividere fin da subito un accordo sul nome del prossimo presidente della Repubblica: scelto nel campo del centrodestra, s’intende. Nomi nel colloquio ufficiale non ne vengono pronunciati, ma Bersani sa bene che quello che ha in mente Berlusconi è uno solo, ed è quello di Gianni Letta.
(...) Bersani ribatte che il governo di larghe intese favorirebbe il dilagare del consenso alle proposte più populiste. Inoltre, afferma che uno scambio Pd-Pdl tra presidenza del Consiglio e presidenza della Repubblica sarebbe semplicemente «non presentabile» all’opinione pubblica. Diverso è dire che le istituzioni appartengono a tutti e che è quindi necessario condividere la scelta dei vertici. (...)
Alle 19.49 sulle agenzie esce una dichiarazione di Alfano. È l’ultimo appello: «Bersani si trova nel vicolo cieco in cui si è infilato. Sta a lui, ora, rovesciare la situazione, se vuole e può». Alle 20.12, l’Ansa batte una notizia di tre righe, una dichiarazione anonima che facciamo filtrare come “fonti del Nazareno”: «Se il Pdl vuole una trattativa sul Quirinale, noi non ci stiamo».
La mattina dopo nella Sala del cavaliere sono attese le delegazioni dei partiti della coalizione Italia bene comune. Siamo tra amici, il tentativo di formare il governo è sostanzialmente già saltato, si parla ormai di quello che succederà dopo. Bruno Tabacci e Giovanni Maria Flick, nell’incontro con il Centro democratico, fanno questa analisi: nessun governo può nascere in questa situazione parlamentare, finché non ci sarà un presidente della Repubblica con i pieni poteri, in particolare quello di scioglimento. Lasciano intendere che sarebbero opportune le dimissioni anticipate di Napolitano in modo che sia il suo successore a concludere la vicenda. Non sembra essere una critica al presidente in carica, che anzi tutti si dicono pronti a rieleggere, se solo volesse. Si parlerà a lungo di questo scenario nei giorni successivi, ma poi Napolitano deciderà diversamente: niente dimissioni anticipate, saranno nominati i “saggi” e l’incarico di Bersani resterà questione nelle mani del suo successore. Infine arrivano Roberto Speranza e Luigi Zanda. Il giovanissimo capogruppo alla Camera, alla fine del colloquio, quando è già in piedi per uscire, prende da parte il segretario e gli dice, a voce bassissima: «Fallo tu Pier Luigi il governo di larghe intese. Sarà più facile da gestire con la nostra gente. E poi sono in tanti, anche i più vicini a noi, che mi chiamano per dirmi di chiedertelo...». Il presidente incaricato gli mette un braccio sulla spalla. E gli dice che pensa ancora che il governissimo si possa evitare. E comunque la sua risposta a questa richiesta è ancora una volta quella di sempre: «No».
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il Fatto 4.11.13

D’Alema, Renzi e il delitto (politico) di Bersani
Un libro ricostruisce gli ultimi giorni da leader dei democrat. E fa i nomi dei “mandanti”


di Wanda Marra

Come insegnano i grandi giallisti, per individuare l’assassino bisogna innanzitutto capire chi ha il movente”. Semplificando, l’assassinio (politico) è quello di Pier Luigi Bersani, i giallisti sono due fedelissimi dell’ex segretario del Pd, Stefano Di Traglia, ex portavoce e spin doctor, e Chiara Geloni, direttrice di You Dem e gli indiziati principali, oltre a un partito infido e assente, soprattutto due: Matteo Renzi e Massimo D’Alema. Giorni Bugiardi in libreria da dopodomani, è un resoconto dichiaratamente parziale che va dalle primarie 2012, alle elezioni, alla partita del Quirinale.
IL FILO ROSSO del racconto rimane uno: le gesta di Bersani sono state dettate sostanzialmente da lungimiranza e generosità politica, chi non è stato al-l’altezza delle aspettative è il Pd. Geloni e Di Traglia ricostruiscono comportamenti ambigui, disseminano indizi. Riflette Bersani: “È l’unanimità che carica la molla del tradimento. Si accumulano ammaccature e ombre, e alla prima occasione… Io ho avuto l’unanimità quasi sempre, pur non chiedendola mai: non so bene perché”. E allora, a proposito di unanimità, ecco la mattina del Capranica e l’ovazione con cui si arrivò alla candidatura di Prodi al Colle (mentre nelle intenzioni del segretario si sarebbe dovuta svolgere una conta tra lui e D’Alema), momento clou di una serie di eventi, che vanno dalla sera in cui venne proposto Marini a quella in cui si dimise Bersani. L’opposizione dell’ex Rottamatore alla candidatura di Marini viene così chiosata: “A tanto zelo antimariniano non corrisponde però un’analoga indignazione verso la possibilità che il nome su cui si finisca per convergere sia invece quella di un altro bersaglio storico della rottamazione…. Massimo D’Alema… Ma da tempo tra il sindaco e l’ex premier qualcosa sta cambiando”. Ecco riportate le considerazioni di Luigi Zanda poco prima che inizi la riunione al Capranica: “Ma se parte l’applauso quando tu dici…’. Bersani è irremovibile: ‘Si vota lo stesso’. ‘I renziani ci mandano emissari a dire che loro vogliono acclamare…’, insiste timidamente Zanda. Bersani scrolla le spalle”. Le primarie non si fanno perché i grandi elettori acclamano Prodi, con il renziano Marcucci “che si distingue per foga”. E D’Alema? Raccontano gli autori che il suo nome non venne mai fatto, nelle trattative con il Pdl, ma anche che lui era convinto che avrebbe avuto la maggioranza tra i grandi elettori. Altro passaggio chiave: “Perché i dalemiani non chiedono il voto segreto nell’assemblea che acclama Prodi? Perché alzano la mano a favore di Prodi quando Bersani chiede che ci sia almeno un voto palese Il motivo è forse lo stesso per il quale noi non sappiamo a chi fare queste domande: in tutta questa vicenda nessuno s’intesta la battaglia di D’Alema al Quirinale”. Il libro è un atto di accusa continuo: verso Sel, che si sfila appena può, verso Beppe Grillo, che si racconta inseguito nella fase del governo del cambiamento in tutti i modi possibili, incluso suo dentista come intermediario (“In Liguria si cercano contatti a tutto campo… anche Renzo Piano è della partita”), verso il Pd, verso i media, accusati di non capire e di non sostenere (Repubblica “il 27 febbraio mette letteralmente alla porta Bersani”). Non mancano ricostruzioni inedite. Come le lettere segrete in cui Napolitano avrebbe ribadito di non avere alcuna intenzione di accettare un reincarico. L’artefice della rielezione di Re Giorgio (dipinto non come un amico, ma neanche come un nemico) nel libro è ancora Bersani: “Io stasera mi dimetto e domattina vado da Napolitano a chiedergli di restare”, dice l’ex segretario un minuto prima di andarsene. Nessun veleno all’indirizzo di Enrico Letta.
SOLO UN ANEDDOTO in cui si sottolinea la sua vicinanza calcistica a Berlusconi: “Il Cavaliere durante le trattative per il Colle rivela a Bersani e Letta di essere sul punto di sostituire Seedorf….’ mi sembrò che Enrico fosse preoccupato’, rise Bersani”. Su tutte l’interpretazione di Migliavacca sui 101: “C’era chi voleva chiudere l’esperienza Bersani e c’era chi riteneva irrealistico il governo di cambiamento e voleva il governissimo”. In questo racconto di parte l’autocritica è al minimo, il rimpianto al massimo. Come in quell’immagine, rimasta nel mondo dei sogni: “Pochi giorni dopo questi fatti, il 12 maggio, si svolge a Piacenza il Raduno nazionale degli alpini: immaginiamo il palco d’onore col presidente della Repubblica, Franco Marini, la piuma sul cappello degli alpini di Barisciano e la pipa spenta, e accanto a lui il nuovo presidente del Consiglio, alla prima uscita pubblica, proprio nella sua città… Scherzi della fantasia, cose da non pensare”.
camillobenso
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La Stampa 4.11.13

“Nei 101 contro Prodi c’erano anche i renziani”
In un libro dei due collaboratori di Bersani i retroscena su Colle e formazione
del governo. “Napolitano spiegò che la sua rielezione era una non soluzione”


di Fabio Martini



http://issuu.com/segnalazioni.box/docs/ ... pa_4.11.13
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Corriere 4.11.13

Bersani, trappole e congiura «Per parlare con Grillo chiese aiuto a un dentista»
I «fedelissimi» raccontano la caduta del leader


di Aldo Cazzullo

C’è Enrico Letta che, nel giorno della rielezione di Napolitano, confida ai presenti nella stanza di Bersani: «Sono stato a Pisa dai miei la scorsa settimana, mia madre mi ha detto: “Fate di tutto ma il governo con Berlusconi no…”». C’è Massimo D’Alema che non entra nella partita per il Quirinale — «nessuno lo propone mai, nessuno pronuncia il suo nome» — ma è sospettato («anche se non abbiamo prove») di essersi accordato con Matteo Renzi per «togliere di mezzo Bersani», anche affossando Prodi: «È convinzione comune di chi conosce la composizione dei gruppi parlamentari che in nessun modo sia possibile raggiungere la cifra di 101 o più grandi elettori dissenzienti, senza includere nel conteggio i 41 renziani che alla prima votazione avevano rifiutato di votare Marini e avevano scelto (dichiarandolo pubblicamente) Sergio Chiamparino».
Soprattutto, ci sono la fedeltà e l’ammirazione verso Pier Luigi Bersani al centro di «Giorni bugiardi» (Editori Riuniti), il libro che Stefano Di Traglia, portavoce dell’ex segretario Pd, e Chiara Geloni, direttore di Youdem Tv, mandano dopodomani in libreria. Una lealtà che induce talora a qualche forzatura (chi scrive è convinto che la gran parte dei renziani abbia votato Prodi). Ma non c’è dubbio, a leggere le bozze, che il libro sia destinato a far discutere, oltre ad arricchire di notizie e dettagli inediti i mesi decisivi tra le primarie dell’autunno 2012 e la nascita del governo Letta.
«Arriverai terzo» manda dire D’Alema a Bersani. Anche Letta, Franceschini, Bindi, Finocchiaro cercano di dissuaderlo dalla scelta di indire le primarie per la candidatura a Palazzo Chigi, con un’argomentazione che lo stesso Bersani riassume così nel libro: «Il partito non è tuo, non puoi esporlo a un tale rischio, ci porti al disastro». La Bindi in particolare insiste: «La verità è che tu non hai voglia di andarci, a Palazzo Chigi». «Oggi — conclude l’ex segretario — rifletto anche sul fatto che è l’unanimità che carica la molla del tradimento».
Dopo la vittoria dimezzata alle elezioni, Bersani ottiene l’incarico di formare il governo e avvia le consultazioni. Tenta invano di incontrare anche Grillo, gli fa sapere di essere disposto a raggiungerlo a Genova; nella mediazione vengono coinvolti pure Renzo Piano e il dentista dell’ex comico. Alfano propone un accordo — Quirinale al Pdl e Palazzo Chigi a Bersani; in second’ordine, Bersani premier di un governo di larghe intese — ma riceve due no. Per definire la partita del Colle, Bersani vede pure Berlusconi (definito da Di Traglia e Geloni «bravissimo a fare politica»), che si abbandona a confidenze sui guai giudiziari, sul fidanzamento «con relativa suocera» e sul Milan, annunciando di voler cacciare Allegri per sostituirlo con Seedorf. I soli nomi con cui si ragiona sono Amato, Mattarella e Marini; alla fine il Pdl indica il terzo.
Le drammatiche notti in cui naufragano prima la candidatura di Marini poi quella di Prodi sono raccontate nei dettagli. Napolitano scrive una serie di lettere riservate in cui spiega i motivi per cui rifiuta di essere rieletto, e cambierà idea solo dopo le sollecitazioni ricevute dai presidenti di Regione (compresi i leghisti Maroni e Zaia), «forse» da Mario Draghi e «forse anche» dalla Casa Bianca. D’Alema preme su Bersani perché i grandi elettori del centrosinistra decidano in una sorta di primarie la candidatura comune, Bersani gli risponde: va bene, «ma io dico per chi voto», cioè per Prodi. Allora, si chiedono gli autori, «perché i dalemiani non chiedono il voto segreto nell’assemblea che acclama Prodi? Perché alzano la mano a favore di Prodi quando Bersani chiede che ci sia almeno un voto palese?». Ancora una volta l’unanimità si rivela una trappola per il segretario.
Bersani è raccontato come un uomo lasciato solo dai suoi nel contrastare l’onda dell’antipolitica, dando segnali di coraggio che distinguano il Pd dagli altri partiti. C’è anche qualche metafora inedita e di non immediata comprensione — «quelli che hanno le volpi sotto l’ascella», «le smerluzzate che si prendeva Stefano Fassina» —, e una citazione che Bersani, scrivono con affettuosa ironia gli autori, «giura essere di Richelieu»: «Ho rincorso il mio obiettivo di spalle, come fanno i vogatori». E ci sono pagine malinconiche che raccontano quel che poteva essere e non è stato: il ritrovamento negli scatoloni dei traslochi di «200 schede dettagliatissime» sui provvedimenti che avrebbe preso il governo di cambiamento, dalle unioni gay allo ius soli al divorzio breve; e il «sogno» degli autori di vedere alla festa degli alpini, convocata proprio a Piacenza all’indomani delle votazioni per il Quirinale, il presidente Marini con il cappello piumato accanto al suo neopremier Bersani.
paolo11
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Iscritto il: 22/02/2012, 14:30

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da paolo11 »

Caro camillobenso.Sei l'unico che riporta le vicende travagliate del PD nel forum.
Ma non vedo interventi di chi lo difende.Come si spiega!
Al massimo attaccano Grillo.
Ciao
Paolo11
mariok

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da mariok »

Servizio pubblico: Renzi disastroso.
aaaa42
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Iscritto il: 08/03/2012, 23:18

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da aaaa42 »

ha detto cose superficiali altre molto piu dettagliate ( tipo la rete in Inghilterra)
sulle privatizzazioni e di destra
ha una forte capacita comunicativa ad una preparazione anche forte ma LINEARE.

SENZA STORIA. manca la teoria politica e manca il modello sociale di riferimento.

postideologico....un politica senza la politica ( senza la scienza politica )

se sarà il candidato del centro sinistra secondo me vince Grillo .

ha risposto sulla sua pensione ???
camillobenso
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Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: quo vadis PD ????

Messaggio da camillobenso »

paolo11 ha scritto:Caro camillobenso.Sei l'unico che riporta le vicende travagliate del PD nel forum.
Ma non vedo interventi di chi lo difende.Come si spiega!
Al massimo attaccano Grillo.
Ciao
Paolo11

Caro paolino, non so come avrei reagito sotto il fascismo, sotto il nazismo, in Unione sovietica, in Cile, in Argentina, in Cina, perché la libertà di pensiero è fondamentale nell’esperienza di vita su questo pianeta.

Il sito di Triskel182 riporta un motto vitale:

TRISKEL182
La libertà è il diritto dell'anima di respirare.



E da sempre ho desiderato respirare per non morire.

Segnalo la cronaca di quanto sta accadendo in Italia, anche perché l’ho sempre fatto in questi 11 anni e mezzo a partire dal forum Ufficiale dell’Ulivo.it, anche se non di certo gradito ai controllori politici della capitale, perché loro vogliono solo elettori indottrinati come carte assorbenti ossequienti.

Oggi mi risulta più facile riportare la cronaca rispetto ai tempi passati, perché non ho più nessun punto di riferimento.

Sono nato, ho vissuto e creduto nella sinistra come schieramento politico. Morirò di sinistra e non certamente democristiano.

Ma la sinistra è morta da anni e spero che prima o poi risorga. Una sinistra moderna adatta ai tempi attuali e a quelli futuri. Vedremo.


Ma non vedo interventi di chi lo difende.Come si spiega!

Immagino che sia dovuto ad una tardiva presa di coscienza dello stato di fatto del Pd, che però lascia obbligatoriamente interdetti, confusi e smarriti. Senza intravvedere la speranza di un futuro.

In questo caso davanti a cosa è in effetti il Pd poi è praticamente difficile difendere l’indifendibile. Basta aver sentito ad esempio ieri sera Cacciari a Servizio Pubblico. Cacciari che ha fatto da levatrice al Pd, ma che obiettivamente ha affermato che è nato morto, e quanto accade in questi anni, in questi mesi, in questi giorni, è solo una logica conseguenza di un partito di morti viventi.

Le cavallette e le locuste si sono guardate bene dal prendere atto del loro fallimento, anche perché i privilegi che ne derivano sono sostanziosi e ultra appetibili e fin quando la barca và……lasciala andare……..

L’affermazione più intelligente su cosa è il Pd, a mio avvivo l’ha fatta qualche giorno fa Carlo Freccero.

Nel Pd ognuno ha voluto vederci quanto gli ha fatto piacere o comodo vederci. Gli ex Pci che fosse un nuovo partito di sinistra, gli ex Dc un comodo parcheggio in attesa della fine della diaspora democristiana.

I pallonari si sono messi insieme solo a livello castale per sopravvivere e continuare a smanettare nelle stanze dei bottoni e dei bottini.

Non hanno mai dato vita ad un vero partito com’era nella tradizione della prima Repubblica.

Dopo sei mesi dalla fusione fredda il Pd era già fallito.

Hanno tirato avanti perché non sapevano far altro che dar vita alla lucrosa bottega degli affari.

La cosa più grave che si deve imputare alla classe dirigente degli ultimi 7 anni, è di aver fatto fessi gli elettori solo perché non erano in grado di capire cosa stava succedendo. Gli hanno fatto vedere lucciole per lanterne e l’imbroglio continua tutt’ora.

Ed oggi un buon 30 % dell’elettorato che vota, si ritrova nella stessa situazione. Non si accorge che li stanno fottendo alla grande. Buon gioco, come negli ultimi 20 anni ha avuto la presenza di B.

“Vota per noi anche turandoti il naso,….se no altrimenti ti devi sorbire l’uomo nero.”

Dal mio punto di vista rappresenta un crimine.

Fare fessi coloro che sono ingenui, a quelle dimensioni è altamente deprecabile.

E’ come il buon piazzista che ti rifila una grandissima bufala convinto di rifilartela solo perché non sei in grado capire cosa ti sta vendendo.


Al massimo attaccano Grillo.

Perché attaccano Grillo, dal punto sociologico l’ho constatato negli ultimi 10 mesi dagli elettori di cs della Biblioteca centrale di SSG.

A Grillo imputano sopra ogni cosa il mancato accordo con Bersani e quindi l’obbligo dell’accordo con Berlusconi.

In effetti il M5S, nasce come formazione di cs. Tanto che in passato Grillo aveva chiesto la tessera per partecipare alle primarie del Pd. Ma poi la strana coppia prende un altro indirizzo.

Per sfondare allarga ai dissidenti della destra. Pdl e Lega.

Questo è l’errore madornale che sta ripetendo Renzi.


Queste aperture si fanno solo nelle rivoluzioni classiche, in quanto si ha come obiettivo l’abbattimento del regime in corso.

Socialisti, comunisti, liberali, popolari, repubblicani e monarchici, si sono messi insieme per liberare il Paese dal fascismo, ma poi si sono schierati nelle loro posizioni di sempre.

Se invece si va per via parlamentare, finisci prima poi per scontentare una parte o l’altra che prima o poi ti abbandona.
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