Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

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FORZA ROMA,...FORZA LUPI SON FINITI I TEMPI CUPI.............


Non si deve pagare la seconda rata dell'Imu.

Si deve pagare la seconda rata dell'Imu, non ci sono le coperture.

Togliete la seconda rata dell'Imu

Non si deve pagare la seconda rata dell'Imu, ma dobbiamo trovare la copertura.

Una storia infinita del governicchio di Enry con le palle d'acciaio.


Poi,...invece.....................



GRANDI OPERE PER GRANDI AMICI

(Daniele Martini).
10/11/2013 di triskel182


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IL MINISTRO LUPI SBLOCCA L’AUTOSTRADA ORTE-VENEZIA CHE VALE 10 MILIARDI: I LAVORI ANDRANNO ALL’AZIENDA DI VITO BONSIGNORE, EX UDC PROTAGONISTA DI TANGENTOPOLI.


E poi dicono che questo governo vive alla giornata, incapace di scelte incisive.

La riprova di quanto sia fuorviante una convinzione del genere è data dal via libera all’autostrada Orte-Mestre da parte del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica).

Un progetto che sembrava esaurito per auto-consunzione, eroso dalla crisi e dalla mancanza di soldi, e che a sorpresa, invece, viene riportato all’onor del mondo nonostante i costi proibitivi.

Con un’invidiabile dose di ottimismo dicono che i lavori partiranno tra due anni e saranno completati nel 2021. C’è da dubitarne parecchio, visto l’andazzo italiano.

ALCUNE COSE, invece, appaiono sicure: quei 380 chilometri di asfalto in 5 regioni (Lazio, Umbria, Toscana, Emilia e Veneto) costeranno quasi 10 miliardi di euro, 4 in più di quelli preventivati per il fu Ponte sullo Stretto.

L’altra sicurezza è che, nonostante la promessa che tutto sarà pagato dai privati con il project financing, alla fine dalle casse statali uscirà invece una cifra di uguale entità a favore dei realizzatori, un debito che peserà sui conti per almeno un quindicennio.

La terza sicurezza è che i cittadini-automobilisti fino ad ora abituati a viaggiare gratis su quel tragitto, dovranno contribuire con il pagamento di pedaggi autostradali che per circa mezzo secolo finiranno nelle casse della società concessionaria dell’opera.

La quarta certezza è che si tratta di un affare destinato a finire in bocca a Vito Bonsignore, il finanziere-costruttore-politico che per primo ha presentato un progetto assicurandosi un preziosissimo diritto di prelazione che varrà oro al momento della gara europea per la scelta dell’azienda che dovrà realizzare l’opera. La gara sarà indetta tenendo come punto di riferimento proprio la proposta Bonsignore e nel caso in cui qualcuno riuscisse ad offrire condizioni migliori, lo stesso Bonsignore avrà diritto all’ultima parola.

Bonsignore è uno dei protagonisti della Tangentopoli di vent’anni fa e vanta una sfilza di procedimenti giudiziari lunga mezza pagina, condannato in via definitiva a 2 anni per corruzione e turbativa d’asta, presente nella lista dei cittadini italiani esportatori di capitali in Liechtenstein, fondatore dell’Udc, tuttora vice presidente del Partito Popolare al Parlamento europeo.

L’ultima certezza è che il ripescaggio della mega opera avviene con ministro delle Infrastrutture uno dei politici più vicini a Bonsignore, il ciellino Maurizio Lupi, ovviamente desideroso di legare il suo nome ad un’opera destinata a restare nella storia d’Italia (sempre che alla fine si faccia).

Tutto ciò dimostra che a dispetto delle dicerie, il governo delle larghe intese è vivo e vegeto e molto reattivo quando si tratta di affari con nove zeri.

LA STORIA dell’autostrada Orte-Mestre comincia 12 anni fa, lo stesso giorno in cui il governo Berlusconi approva la famosa legge Obiettivo, quella che avrebbe dovuto far sbocciare il “nuovo Rinascimento italiano” assicurando pure un periodo di splendore ai costruttori, soprattutto i 13 maggiori riuniti nell’Agi. Come è andata a finire lo sanno tutti: di grandi opere nemmeno l’ombra, l’edilizia agonizza e proprio alcuni mesi fa una bella fetta di costruttori piccoli e medi ha abbandonato l’Ance e la Confindustria proprio in polemica con la legge Obiettivo.

L’Orte-Mestre fu inserita nell’elenco degli “interventi strategici” e nella tacita spartizione dei pani e dei pesci, Bonsignore si fece avanti con una proposta e un progetto. L’iniziativa poi sembrava si fosse arenata perché lo Stato non trovava i quasi 2 miliardi iniziali necessari per passare dalle intenzioni ai primi passi concreti. Quei quattrini sono spuntati questa estate con un sistema molto complesso, sulla cui correttezza e linearità si sa già che alla fine dovrà pronunciarsi la Corte dei Conti.

I quattrini sono stati promessi ai futuri realizzatori (leggi Bonsignore) con un abbuono di circa 2 miliardi di euro sulle tasse delle imprese (Ires e Irap) valido per 15-20 anni. Il periodo ritenuto necessario per completare i lavori e avviare la gestione. Nel frattempo quei quattrini Bonsignore se li farà anticipare cash dalle banche e quindi su di essi graveranno fior di interessi che lo Stato dovrà via via coprire.

Da Il Fatto Quotidiano del 10/11/2013.
paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da paolo11 »

Intanto quando muore il marito la pensione di reversibilità viene ricalcolata al 60% .
Se poi un pensionato i figli non lo vogliono per vari motivi deve andare in una casa di riposo, qui ci vogliono 2100 euro al mese.
Quando si comincia con l'alzaimer chi ha la possibilità ci mette una badante, se poi la vuole sempre anche al sabato e la domenica costa una bella cifra.
Poi si arriva al punto che con l'agravarsi della malattia la badande no è pui in grado di assisterla.Quindi si ricorre alle case di riposo per non autosufficienti.
Con la crisi di ora e la disoccupazione ecc........cominciano i problemi anche per queste categorie di anziani, e famigliari.
Ciao
Paolo11
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

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I dieci giorni di fuoco del Cavaliere rischia un’altra indagine: il Ruby ter

(EMILIO RANDACIO).
09/11/2013 di triskel182

E alla vigilia della decadenza ecco le motivazioni sulle Olgettine.


MILANO— Dieci giorni di fuoco. Dieci giorni che potrebbero imprimere una nuova svolta al futuro giudiziario e politico di Silvio Berlusconi: sabato 23 novembre, mercoledì 27 e per finire il martedì successivo, 3 dicembre. Tre scadenze che surriscalderanno ulteriormente il clima politico e faranno traballare nuovamente il governo di Enrico Letta.

La prima tappa è fissata esattamente tra due settimane. Ultimo giorno utile per il deposito delle motivazioni del processo sul Rubygate.

In primo grado, il 24 giugno scorso, il processo è finito con una condanna di sette anni per concussione e prostituzione minorile. Le pressioni sulla questura, a fine maggio 2010, per far rilasciare la minorenne Ruby El Marough la prima imputazione. Rapporti sessuali con la diciassettenne marocchina, la seconda. Tra due settimane si capirà su quale basi i tre giudici (donne) della quarta sezione penale hanno basato il proprio convincimento.

E la loro ricostruzione, è chiaro, solleverà più di una polemica. Si capirà allora la dinamica cristallizzata dal dibattimento, su quelle «cene eleganti » che in realtà si tramutavano in bunga-bunga. Ma, soprattutto, spiegheranno le testimonianze sospette rese in aula da uomini vicinissimi al Cavaliere: dall’ex segretario particolare Valentino Valentini alla scudiera Maria Rosaria Rossi e alla europarlamentare Licia Ronzulli, fino al cantante Mariano Apicella.

E verranno anche analizzate le bugie delle Olgettine, le fedelissime frequentatrici di Arcore che a verbale, spesso di fronte a evidenze opposte, hanno parlato solo ed esclusivamente di incontri conviviali.
Giusto il tempo che le polemiche si spengano, e mercoledì 27 sarà l’aula del Senato a votare sulla decadenza di Berlusconi.

A quasi quattro mesi dalla sentenza definitiva Mediaset – quattro anni di condanna per frode fiscale, tre coperti da indulto – e soprattutto dall’interdizione dai pubblici uffici, recentemente corretta dalla Corte d’Appello.

Con il voto palese, le previsioni danno l’esito del voto quasi scontato, anche se le sorprese sono sempre possibili.

Qualsiasi sarà la decisione di Palazzo Madama, le polemiche ripartiranno forzatamente solo sei giorni dopo.

Proprio per quella data, infatti, sarà la volta delle motivazioni sul processo «Rubygate due». Quello in cui sono stati condannati a sette anni Lele Mora ed Emilio Fede, e a cinque l’ex consigliere regionale del Pdl, Nicole Minetti.

Erano loro, secondo l’architrave dell’accusa dei pm Sangermano e Forno, ad arruolare le prostitute da offrire al Cavaliere durante le serate del bunga- bunga. L’ex talent scout di tronisti e cubiste è stato riconosciuto colpevole per induzione e favoreggiamento della prostituzione. Fede e Minetti, invece sono stati assolti dal primo reato e condannati per il secondo.

Anche qui, inevitabilmente, riemergeranno i fantasmi e le finalità di quelle che il Cavaliere si è sempre ostinato a battezzare come cene tra amici. E, soprattutto – ed è il punto più delicato che riguarda l’immediato futuro di questa vicenda – tutte le coperture che avrebbero accompagnato i depistaggi per impedire che lo scandalo Ruby travolgesse Berlusconi quando risiedeva a Palazzo Chigi.

Il collegio presieduto da Nunzia Gatto, nelle motivazioni che depositerà a dicembre, dovrà spiegare perché vanno indagati i legali storici del Cavaliere, Niccolò Ghedini e Piero Longo e la stessa Ruby. Nel mirino le testimonianze difensive raccolte dagli avvocati a ottobre 2010, quando lo scandalo non era ancora finito sui giornali. Da chiarire ci sono i versamenti che sempre il Cavaliere continua a garantire mensilmente alle ospiti di Arcore, chiamate poi in aula a testimoniare.

A seconda delle motivazioni di questa sentenza, per Berlusconi e gli uomini a lui più vicini, nel giro di poche settimane potrebbe riaprirsi una nuova «grana» giudiziaria. Questa volta con un’accusa ancora più pesante: corruzione giudiziaria.

Da La Repubblica del 09/11/2013.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

paolo11 ha scritto:Intanto quando muore il marito la pensione di reversibilità viene ricalcolata al 60% .
Se poi un pensionato i figli non lo vogliono per vari motivi deve andare in una casa di riposo, qui ci vogliono 2100 euro al mese.
Quando si comincia con l'alzaimer chi ha la possibilità ci mette una badante, se poi la vuole sempre anche al sabato e la domenica costa una bella cifra.
Poi si arriva al punto che con l'agravarsi della malattia la badande no è pui in grado di assisterla.Quindi si ricorre alle case di riposo per non autosufficienti.
Con la crisi di ora e la disoccupazione ecc........cominciano i problemi anche per queste categorie di anziani, e famigliari.
Ciao
Paolo11

E' per questo che prima di questi eventi diventa necessario un assalto alla cassaforte della Banca d'Italia.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

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Tutto spinge per fare saltare il sistema. All'interno del Pd-PPE si sono attivati i giochi di guerra per eliminare o al massimo contenere "Il mi nipote bischero" come dice nonna Maria.

Ma anche al giornale partito sono entrati in azione i giochi di guerra.

Dopo aver abbandonato al suo destino la fiamma Monti, E. Scalfari, appoggia Letta perché sostenuto da Napolitano.

A Repubblica invece funziona l'asse Mauro - De Benedetti.


*******

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10 NOV 2013 11:11

1. “PIACIONE”! “GRANDE VENDITORE DI SE STESSO”! SEMPRE PIÙ IN BASSO: “AVVENTURIERO”! -

2. SCALFARI SMONTA COME UN LEGO IL CASTELLO DI RENZI EDIFICATO DA EZIOMAURO E DE BENEDETTI PER IMPORRE IL “ROTTAM’ATTORE” AL PD E A NAPOLITANO -

3. “RENZI È UN GRANDE VENDITORE DI SE STESSO, A LIVELLO DEL PRIMO BERLUSCONI” -

4. “IL TALENTO GLIELO RICONOSCO ED È ANCHE SIMPATICO QUANDO SI HA L’OCCASIONE DI INCONTRARLO, MA NON CREDO CHE LO VOTERÒ ALLE PRIMARIE DEL PD PER LA SEMPLICE RAGIONE CHE, AVENDO PROMESSO TUTTO, LA SUA EVENTUALE RIUSCITA POLITICA RAPPRESENTA UN’IMPREVEDIBILE AVVENTURA E IN POLITICA LE AVVENTURE POSSONO GIOVARE ALL’AVVENTURIERO MA QUASI MAI AL PAESE CHE RAPPRESENTA” -




Eugenio Scalfari per La Repubblica

Comincerò con un tema inaspettato per i miei lettori della domenica. Una piccola sorpresa, un confronto o meglio un paragone che ritengo interessante tra due personaggi molto diversi tra loro ma con alcune somiglianze significative: Fabio Volo e Matteo Renzi. Volo è in testa alle classifiche di vendita di libri: dopo 15 giorni il suo libro "La strada verso casa" ha già venduto 120mila copie e continuerà con 30-40mila copie vendute ogni settimana. Specie in questo tempo di crisi della parola scritta, è un successo senza precedenti.

Renzi è in vetta ai sondaggi in vista delle primarie che avranno luogo per la conquista della carica di segretario del Partito democratico. Il numero degli elettori si prevede tra i 2 e i 3 milioni, ma questo è soltanto un primo obiettivo. Il secondo dovrebbe essere quello di guidare la competizione per vincere le elezioni politiche generali quando ci saranno, nella primavera del 2014 o al più tardi in quella del 2015. Per vincerle bisogna ottenere almeno 15 milioni di consensi e Renzi spera di farcela. Molti più voti dei lettori di Volo.

Lo scrittore avrà certo le sue idee politiche ma di politica non si è mai interessato. Renzi a sua volta ha certamente letto romanzi o saggi letterari ma non sappiamo quali e comunque di letteratura non risulta che si interessi.

Tuttavia piacciono molto. Non nei salotti, come tutti e due affermano dando alla parola salotto un significato decisamente discriminatorio, ma al grosso della gente, giovani e anziani, uomini e donne, benestanti o disagiati; un libro costa poco, un voto non costa niente ed anzi si spera arrechi qualche beneficio.

Tutti e due hanno sicuramente talento. Fabio però non fa niente di speciale per vendere i suoi libri, li scrive, li pubblica e basta. La notorietà gli proviene dal fatto che ha successo anche alla radio e alla televisione come attore e conduttore.

Anche Renzi frequenta molto la televisione e il suo nome campeggia spesso sui giornali. Insomma sono due piacioni, come si dice in gergo. Volo non fa nulla di particolare per piacere, fa soltanto con grande impegno il suo lavoro. Ricorda Balzac quando esordì scrivendo feuilleton sui giornali popolari dell'epoca. Poi entrò in forza nella letteratura e ne fu uno dei massimi esponenti. Auguro a Volo di fare altrettanto.

Renzi dal canto suo è un grande venditore di se stesso, a livello del primo Berlusconi; oggi è in declino ma è ancora della partita. È rimasto celebre il suo esordio da Santoro un anno fa, quando spolverò col fazzoletto la poltrona dove si era seduto Travaglio prima di lui.

L'altro giorno anche Renzi è andato da Santoro ed ha avuto parole d'apertura verso tutti quelli che auspicano la rottamazione generale di un sistema, d'una generazione, dei personaggi che la rappresentano e delle istituzioni come sono attualmente. I maliziosi potrebbero pensare ad una sua somiglianza con Grillo e con Berlusconi seconda maniera. All'uscita dalla trasmissione Renzi ha ricevuto i complimenti sinceri di Santoro e di Travaglio. Ma in altre numerose e pubbliche occasioni aveva manifestato la massima considerazione anche a Letta, a Civati, a Prodi, a Pisapia e perfino a Bersani, a Rodotà, a D'Alema e naturalmente a Napolitano.

Vendere se stessi alla gente costa poco se c'è quel talento, ma conquistare il favore o almeno la neutralità dei "maggiorenti" per un generale rottamatore è assai meno facile e la fatica è tanta.

Personalmente non ho letto il libro di Volo, ma il personaggio mi piace. Ho invece letto con attenzione i documenti di Renzi e dei suoi collaboratori a ciò delegati ed ho seguito le sue variegate mosse di questi mesi. Il talento glielo riconosco ed è anche simpatico quando si ha l'occasione di incontrarlo, ma non credo che lo voterò alle primarie del Pd per la semplice ragione che, avendo promesso tutto, la sua eventuale riuscita politica rappresenta un'imprevedibile avventura e in politica le avventure possono giovare all'avventuriero ma quasi mai al paese che rappresenta.
iospero
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da iospero »

A Camillobenso

secondo te è giusto che la bisnonna di Renzi prenda oggi € 3000 di pensione non avendo più a carico nessuno ?

In tutte le cose sarebbe bene distinguere, secondo me è giusto che ci sia la pensione di reversibilità , ma mi sembra ancora più giusto che come si parla di reddito minimo di cittadinanza si parli anche pensione minima di sopravvivenza e di pensione massima che non superi una o due volte quella di sopravvivenza.
Oggi con la pensione retributiva non si fa altro che confermare quella diffferenza fra le persone che in parte deriva da meriti personali , ma che in gran parte deriva da doti naturali e più spesso da raccomandazioni e favori speciali .
Non credo che uno possa vantarsi per il fatto che la natura lo abbia dotato di capacità eccezionali, ritengo giusto che queste capacità le abbia sfruttate al meglio a favore della comunità e che la comunità gli abbia dato la possibilità di esprimerle al meglio, ma oltre ad avere avuto una vita lavorativa abbondantemente ricompensata non ritengo giusto che debba pretendere una pensione di gran lunga superiore a quella minima prevista per i più sfotunati.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

iospero ha scritto:A Camillobenso

secondo te è giusto che la bisnonna di Renzi prenda oggi € 3000 di pensione non avendo più a carico nessuno ?

.


In prima battuta, senza averci riflettuto sopra avendo letto velocemente il tutto, la risposta è : SI.

Con la seguente motivazione:

Mi rifaccio ad una nota tra le ultime di Paolino (Paolo11) che trovo molto aderente alla realtà, nel senso che chi ha dovuto o deve oggi affrontare queste tematiche è obbligato ad affrontare quei termini del problema.

Inviato: ieri, 21:05
Pagina 430


Intanto quando muore il marito la pensione di reversibilità viene ricalcolata al 60% .
Se poi un pensionato i figli non lo vogliono per vari motivi deve andare in una casa di riposo, e qui ci vogliono 2100 euro al mese.
Quando si comincia con l'alzaimer chi ha la possibilità ci mette una badante, se poi la vuole sempre anche al sabato e la domenica costa una bella cifra.
Poi si arriva al punto che con l'aggravarsi della malattia la badande non è più in grado di assisterla. Quindi si ricorre alle case di riposo per non autosufficienti.
Con la crisi di ora e la disoccupazione ecc........cominciano i problemi anche per queste categorie di anziani, e familiari.

Ciao
Paolo11



Ergo, a mio avviso si aprono due ipotesi di lavoro:

1) Se ci si trova oggi all’interno di una famiglia benestante, cioè di quelle che risentono si della crisi, ma che possono tranquillamente permettersi tutto quanto si permettevano 5 anni fa, senza fatica e rinuncia alcuna, se hanno un minimo di senso civico e senso dello Stato, allora potrebbero accollarsi buona parte delle spese oppure accollandosele tutte quante.

Ma questi non sono tempi in cui si può pretendere senso civico verso nessuno, quando ti capita di leggere che viene richiesto il rimborso di 50 centesimi per l’uso della toilette. Per non parlare poi degli abusi all’ordine del giorno tipo Trota, Batman e tutti gli altri.

Anche chi ha uno spiccato senso della comunità di fronte a questi sperperi giganteschi, non va molto per il sottile, e applica la legge della giungla.

2) Nel secondo caso rientriamo nell’ipotesi reale prospettata da Paolino.
Penso che i casi in cui il percettore di quella pensione di reversibilità all’interno di una famiglia in difficoltà rappresenti la stragrande maggioranza dei casi.

Si andrebbe quindi ad aggravare le condizioni economiche di famiglie in difficoltà.

Occorre tenere conto che se si prospettano soluzioni con importi inferiori a quelli citati da Paolino, si rischia di far passare gli ultimi anni del congiunto in autentici lager.

Infine, da quando è iniziata la grande crisi cinque anni fa, le pensioni, anche di quell’importo, si sono trasformate in un autentico ammortizzatore sociale per figli e nipoti.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

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Agenzie interinali, gli stipendi dei precari che finiscono nelle casse dei sindacati
I versamenti a Cgil, Cisl e Uil costituiscono il "sostegno alle rappresentanze sindacali unitarie". Dicono di avere usato quei soldi, più di due milioni di euro nel 2012, per migliorare, tra l'altro, le regole su parità di trattamento, controlli e strumenti di sostegno al reddito. Ma la retribuzione dei 500mila che hanno sottoscritto il contratto di somministrazione lavoro non è ancora adeguata a quella dei dipendenti "normali"

di Salvatore Cannavò | 11 novembre 2013 |Commenti (608)


Quando in un contratto a guadagnarci sono soprattutto i sindacati le cose non funzionano come dovrebbero. Soprattutto se la prima firma di quel contratto è quella di Guglielmo Epifani (nel 2008, insieme a Bonanni e Angeletti). Eppure, leggendo tra le pieghe del “Contratto collettivo delle agenzie di somministrazione di lavoro”, le vecchie agenzie interinali, si scopre che viene previsto un trasferimento di denaro ai sindacati come “sostegno al sistema di rappresentanza sindacale unitaria”. Stiamo parlando di circa 2 milioni di euro l’anno corrisposti, ormai, dal 2002.

Potenza di un settore complicato come il lavoro super-precario, quello della somministrazione, dove non c’è un rapporto a due, dipendente-datore di lavoro, ma a tre: lavoratore, agenzia di somministrazione, impresa utilizzatrice. L’agenzia svolge una funzione di mediazione assumendo direttamente il dipendente e poi “prestandolo” all’impresa che ne fa richiesta generalmente per un contratto a tempo determinato. Stiamo parlando di oltre mezzo milione di persone (dati 2011 di Assolavoro, l’associazione datoriale delle Agenzie) per circa la metà collocate nell’industria manifatturiera (52%) e per il resto suddivise tra Servizi alle imprese e informatica (17%), Commercio (11%), Pubblica amministrazione, sanità e istruzione (9%) e tanti altri settori.

Il sistema è stato introdotto nel 1997 dall’allora ministro Treu e riformato dal centrodestra con la “legge Biagi” nel 2003. Anche questo comparto viene regolato da un Contratto collettivo nazionale siglato, per le agenzie, da Assolavoro e, per il sindacato, dal Nidil-Cgil, Felsa-Cisl, Uil-Temp. Trattandosi di un comparto fortemente spezzettato, con lavoratori che non prestano servizio presso il proprio specifico datore di lavoro (le agenzie) ma presso imprese disseminate sul territorio, non ci sono delegati sindacali di azienda o di fabbrica, ma direttamente nominati dal sindacato.

Per questo tipo di attività sindacale, già nel contratto del 2002, si stabilì che le organizzazioni firmatarie beneficiavano di un contributo pari a un’ora ogni 1700 lavorate, dal valore di 7,75 euro l’ora. Nel 2008 quel valore è stato innalzato a 10 euro l’ora. Facciamo due conti: nel 2011 sono state lavorate 316 milioni di ore. Facendo il dovuto rapporto se ne ricavano 1,8 milioni di euro trasferiti ai sindacati. Nel nuovo contratto del settembre 2013, si è migliorato ancora: il compenso verrà corrisposto per un’ora ogni 1500 lavorate. Un aumento del 13% che si somma al 30% precedente. Le ore complessive del 2012 sono diminuite a 302 milioni, ma l’importo suddiviso tra i tre sindacati è salito a 2 milioni.

Cosa fanno i sindacati con quei soldi? “Secondo una delibera del nostro comitato direttivo – spiega al Fatto Claudio Treves, segretario generale del Nidil Cgil –, il 70% è destinato a finanziare i nostri progetti territoriali”. Guardando il bilancio del sindacato di categoria, il più grande dei tre, non sembra sia così. Nel 2012 le entrate per “contributi sindacali” ammontano a 719.505 euro euro mentre alla voce “contributi a strutture” troviamo la somma di 301.842 euro. In realtà i fondi per “progetti territoriali” sono ancora di meno, 212.500 pari al 29,5% di quanto incassato. Il resto dei costi del sindacato è assorbito da spese per attività, spese generali e, soprattutto, spese per il personale e le collaborazioni: 760.122 euro. Complessivamente, il bilancio è in perdita per 286.274 euro.

Il Nidil parla di massima trasparenza dei fondi, ma non è chiaro se tutti i lavoratori conoscano il meccanismo. Per quanto riguarda gli stessi lavoratori i vantaggi della rappresentanza sono contestati. Il sindacato rivendica di aver finora “migliorato le regole circa la parità di trattamento sindacale, i controlli, gli strumenti di sostegno al reddito (maternità, disoccupazione), etc”. Un ex sindacalista che ha seguito il settore, però, ci fa notare come nel sistema di retribuzione dei lavoratori somministrati si nasconda un particolare che penalizza proprio questi ultimi.

La legge, infatti, prevede per gli interinali “un trattamento non inferiore a quello cui hanno diritto i dipendenti di pari livello dell’impresa utilizzatrice”. Questo principio fino al 2008 era ribadito con l’applicazione agli interinali dello stesso divisore contrattuale (il coefficiente che misura la paga oraria) che si applica ai contratti di categoria nella quale vengono inviati in missione. Nel contratto del 2008, invece, è stato introdotto un divisore contrattuale specifico per i lavoratori in somministrazione. Quando questo equivale a quello degli altri contratti (mediamente è così) non c’è problema. Ma quando il lavoratore si trova a fare i conti con divisori che nelle singole categorie rendono le paghe orarie più alte di quella di cui egli può beneficiare, il lavoratore viene svantaggiato. Accade così nel Commercio, nei Trasporti, nella Pubblica amministrazione, nell’Istruzione o nella Sanità, e in altri ancora. La differenza di salario per il lavoratore è minima, pochi centesimi. “Nessun lavoratore – spiega ancora l’ex sindacalista – intenterebbe una vertenza per pochi spiccioli con la prospettiva di perdere il lavoro”. Quei pochi centesimi moltiplicati per le decine di milioni di ore lavorate, però, possono portare a risparmi per le Agenzie nell’ordine di 10 o 20 milioni di euro l’anno. Nulla di illegale. Solo una delle tante contraddizioni che agitano il sindacato. Non a caso, in Cgil si è aperta una discussione sull’utilità o meno di un sindacato come il Nidil.

Da Il Fatto Quotidiano del 6 novembre 2013

LA REPLICA DELLE CGIL: “INVESTIAMO IL 70% IN PROGETTI TERRITORIALI”
In merito a quanto pubblicato il 6 novembre sul Fatto Quotidiano nell’articolo, “I sindacati guadagnano sulle spalle dei precari”, a firma di Salvatore Cannavò, mi preme sottolineare quanto segue. La contribuzione al sostegno alla rappresentanza sindacale, introdotta nel Ccnl del 2002 e aggiornata con l’ipotesi d’accordo dello scorso 27 settembre, ha lo scopo – ci pare legittimo – di sostenere l’attività del sindacato per la tutela di persone, quali i lavoratori somministrati, la cui durata dei rapporti non supera, in media, i 45 giorni. Per questo il costo è stato posto a carico delle agenzie e indirizzato all’ente bilaterale di settore, che lo riversa alle organizzazioni sindacali del settore. Si è trattato della mutualizzazione di un istituto che proprio la natura del lavoro in somministrazione rende di fatto difficilmente esigibile. NIdiL-Cgil pertanto ha deciso con delibera del proprio comitato direttivo che il 70% di tali somme fossero a disposizione di progetti di insediamento e rafforzamento delle strutture territoriali; che non vi sia corrispondenza con il dato di bilancio – curiosamente in possesso vostro – deriva dal numero di progetti presentati. Quanto ai giudizi dell’ignoto “ex sindacalista di categoria” segnaliamo, come spiegato nella conversazione avuta con l’autore dell’articolo ma non riportato nel testo, che il principio di parità di trattamento è stato rafforzato con il recente rinnovo contrattuale. Infine, riteniamo offensivi e pesantemente lesivi dell’immagine del sindacato sia il titolo che la chiusa dell’articolo, in cui si fa balenare l’idea che da un lato NidiL non difenda i lavoratori dagli abusi e dall’altro si arricchisca con dazioni delle agenzie, e “per questo” qualcuno in Cgil stia pensando di “cancellare NidiL”. D’altro canto, a corretta tutela della nostra immagine abbiamo già dato mandato legale per una querela nei vostri confronti.
Claudio Treves, segretario generale NidiL-Cgil

Le uniche deduzioni sono quelle fatte in questa lettera. Noi, come al solito, ci siamo limitati a riferire fatti, non contestati, compresa la versione del sindacato anche se il suo segretario, per impegni di lavoro, ha potuto dedicarci solo otto minuti. Anche la chiusa dell’articolo, lungi da “far balenare” idee offensive, si basa su fatti come il documento congressuale della minoranza Cgil in cui, nel 2010, si leggeva che “l’esperienza di Nidil ha fatto il suo tempo” (Sc).


http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/11 ... ti/772522/


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Cisl, gli affari di Bonanni con la pubblica amministrazione. E il conflitto di interessi?
Una rete di scatole finanziarie, società acquistate e poi cedute, appalti da Comuni, ministeri, Asl e società pubbliche. Mentre l'annuncio di dismissione sul fronte finanziario è parziale, con la cessione solo di una quota della società informatica Eustema - non del tutto certa, visto l'intreccio tra le società - il sindacato non dismette certamente la proprietà immobiliare

di Salvatore Cannavò | 11 novembre 2013Commenti (3)


La Cisl, con la crisi imperante, è costretta alle pulizie di casa. Soprattutto sul lato della struttura finanziaria, dismettendo le attività estranee a quella tipicamente sindacale e che qualche guaio hanno finora creato al suo segretario, Raffaele Bonanni. Il quale, non volendo più esserecassociato ad attività che poco hanno a che vedere con la tutela dei lavoratori e che, in alcuni casi, denotano un vistoso conflitto di interessi, ha deciso di sbaraccare tutto. Nel corso dell’estate è iniziata la ritirata strategica: dismissioni di quote azionarie in attività di viaggio e turismo, via la cooperazione internazionale ma, soprattutto, marcia indietro nella gestione della società più importante del mondo Cisl. Eustema nasce a fine anni ‘80 su iniziativa di tre giovani ingegneri di area Cisl che andarono dall’allora segretario, Franco Marini, per chiedere sostegno nell’avvio di una struttura, allora innovativa, di ingegneria informatica, allestimento di software, realizzazione di siti web e gestioni integrate per aziende pubbliche e private. Si cominciò con una joint-venture con la società leader del settore, la Olivetti, e la stessa finanziaria della Cisl, la Finlavoro.

L’azienda è cresciuta molto arrivando, lo scorso anno, a fatturare oltre 43 milioni di euro con un utile netto di 1, 5 milioni. A supportare questa crescita, un parco clienti di tutto rispetto: strutture come A 2 A, Adr, Bnl, Agenzia del Demanio, Comune di Roma, Consiglio di Stato, Enac e Enav, Ferrovie dello Stato, Guardia di finanza, Ibm, Inail e Inps, vari ministeri, Poste Italiane, Telecom Italia e molte altre. L’anomalia è facilmente intuibile: una lunga lista di strutture pubbliche, in cui il ruolo della Cisl è tutt’altro che secondario, sostengono l’attività, e gli utili, di un’azienda di proprietà della stessa Cisl. Conflitto di interessi del tutto particolare, quindi, tanto che nel 2011, Cgil, Cisa e Usb dell’Inps firmarono un documento comune per denunciare un possibile “conflitto di interessi o almeno una questione etica”. I competitori della Cisl denunciavano che “la spesa per informatica dell’Istituto previdenziale è cresciuto dai 185 milioni del 2006 ai 500 milioni del 2011”.

La partecipazione della Cisl in Eustema, fino a quel momento, era suddivisa tra la finanziaria del sindacato, Finlavoro e la federazione dei pensionati. Ma nel 2010 iniziano una serie di operazioni finanziarie. Viene costituita una struttura ad hoc, Innovazione lavoro Srl cui viene conferito il 33, 6 % di Eustema. Innovazione lavoro, a sua volta, faceva capo a un’altra struttura, Laboratorio del lavoro, associazione “non riconosciuta” che ha sede a Roma, in via Ancona 20, stesso indirizzo della controllata e facente capo al segretario Cisl, Raffaele Bonanni e al fiduciario del sindacato di via Po per tutte le operazioni finanziarie, Donatello Bertozzi.

Nell’agosto di quest’anno, però, Laboratorio del lavoro, in ossequio alla linea di dismissione, vende le proprie quote in Innovazione lavoro a due società, E-World Consultants e Marises srl, che fanno riferimento ai due fondatori di Eustema, Enrico Luciani e Stefano Buscemi, oltre che a fiduciarie emanazione di banche popolari. Quest’ultime, però, a maggio vendono le proprie quote ai parenti dello stesso Luciani. L’incasso della cessione è significativo: 1, 5 milioni di euro che Laboratorio del lavoro, assicurano in Cisl, “ha provveduto già a girare nelle casse del sindacato”. Si tratta di un introito straordinario importante per il bilancio del sindacato che, nel 2012, ha chiuso con una perdita di 1, 13 milioni di euro.

Resta la stranezza di un’operazione che vede come controparti società che hanno tutte la stessa sede: anche E-World, infatti, ha domicilio in via Ancona 20. La Cisl assicura che si tratta di una compravendita in cui si sono impegnati i dirigenti di Eustema “i quali hanno a cuore il futuro della società” ma allo stesso tempo ammette che l’azienda inizia a soffrire sul fronte delle commesse pubbliche. Strano, quindi, che i due dirigenti si assumano un peso così rilevante. Va comunque detto che la Cisl resta in Eustema con Finlavoro, detenendo direttamente il 35 % delle quote, garantendo, per il momento, la presenza e l’accesso a eventuali dividendi. Grazie ai quali, Finlavoro può registrare a bilancio immobilizzazioni finanziarie per 1, 6 milioni di euro di cui oltre un milione detenuto in fondi di investimento.

Se l’annuncio di ritirata strategica è quindi parziale sul fronte finanziario – e visto l’intreccio tra le società, non del tutto certo – la Cisl non dismette certamente la proprietà immobiliare fondata su 5000 locali, tutti utilizzati per la propria attività sindacale, e fiore all’occhiello dell’organizzazione. Ma resta in piedi la partecipazione a un’altra struttura inconsueta, la Marte broker, società di brokeraggio assicurativo posseduta al 50 % con il Gruppo Gpa che, come recita la brochure aziendale, “ha maturato una notevole esperienza nel settore degli Enti pubblici”. Tra i clienti, infatti, ci sono “oltre 700 tra Enti e Aziende pubbliche” rappresentati in larga misura da Enti locali, Aziende sanitarie e ospedaliere, Società di Servizi pubblici. Alcuni esempi: il Comune di Bologna, le regioni Emilia Romagna, Marche e Sicilia, il Ministero della Salute, le province di Livorno e Bologna, le autorità portuali di Salerno e Savona, le società di trasporto pubblico di Milano o di Firenze, l’università degli Studi di Pavia o la Scuola superiore S. Anna di Pisa. Ancora strutture pubbliche in cui la Cisl è forte e opera con vigore. Anche finanziario.

Da Il Fatto Quotidiano del 30 ottobre 2013
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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In Svizzera e in Italia.

11/11/2013 di triskel182


In Svizzera il 24 novembre voteranno per il referendum che chiede di limitare gli stipendi dei manager.
In Italia, invece, si taglia per la crisi, in modo lineare, su welfare, sanità, trasferimenti agli enti locali. Le aziende pubbliche o salvate dal pubblico (come Alitalia) vanno male, ma gli stipendi sono sempre buoni. Ottimi e abbondanti.

Un ripassino veloce della top ten (Il fatto quotidiano del 11 novembre):


Immagine

Nemmeno si riesce a toccare, per renderle più eque, le super pensioni
Il sito lavoce.info ha mostrato come la stessa Consulta abbia costi non paragonabili a quelli di altre democrazie, i costi della Camera sono aumentati e il Senato non ha ancora presentato la previsione di spesa del 2013.

Da unoenessuno.blogspot.it
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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11 NOV 2013 15:24
FARANNO LE PRIMARIE ANCHE NEL “PARTITO-REPUBBLICA”? SCALFARI FA IL CORAZZIERE CAPO PRO-NAPO-LETTA, DE BENEDETTI E EZIOLO MAURO TIFANO PER RENZIE FONZIE
Scalfari, che invita a cena Re Giorgio, Draghi e Letta, demolisce il Rottam’attore fiorentino, pompato da Mauro che solo un anno liquidava gli “aspetti bulleschi” di Matteuccio - Lo stesso CDB, che supportò Bersani nonostante l’avesse definito “totalmente inadeguato come leader”, dava a Renzi del “Berlusconi di sinistra”…



Paolo Bracalini per "Il Giornale"


«Senti,ma com'è che siete andati a Firenze dove c'è Renzi, che non vi stava tanto simpatico fino a poco tempo fa?» chiede la Littizzetto a bruciapelo a Ezio Mauro, direttore di Repubblica , mentre inaugura la festa del quotidiano nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, col sindaco Renzi e l'editore De Benedetti in prima fila.

Il direttore sfugge all'imbarazzo con una controbattuta: «Ci hanno già preso in giro, dicendo che venendo qui dovevamo metterci il chiodo alla Fonzie (usato da Renzi ospite di Amici della De Filippi, ndr ) come divisa d'ordinanza».


Risate in sala, disagio sfumato. Perché proprio Ezio Mauro, solo un anno prima di farsi convincere «in dieci minuti » da Matteo Renzi a portare la festa di Repubblica a casa sua (e non a Genova, inizialmente opzionata), alla domanda «ti piace Matteo Renzi?» rispondeva: «Non particolarmente, ha aspetti bulleschi». Giudizio che nel «partito­Repubblica », diviso in correnti come il Pd, ormai sembra appartenere solo ad Eugenio Scalfari, ma non all'editore e neppure alla direzione.

Dopo l'editoriale con cui, domenica scorsa, ha stroncato Grillo («Se vince lui l'Italia a va a rotoli»), stavolta il fondatore usa il metodo Scalfari proprio con il nuovo prediletto di Repubblica, Matteo Renzi. Paragonandolo a Fabio Volo («Che non ho letto» precisa subito), fenomeno di massa privo di sostanza letteraria, Scalfari fa a pezzi la tuttologia renziana: «È un grande venditore di se stesso, al livello del primo Berlusconi (...) La sua riuscita politica rappresenta un'imprevedibile avventura e in politica le avventure possono giovare all'avventuriero, ma quasi mai al Paese che rappresenta».

Il paragone dispregiativo tra Renzi e Berlusconi l'aveva fatto lo stesso De Benedetti, in epoca Primarie, quando liquidava il sindaco rottamatore così: «Renzi? Abbiamo già dato, non mi sembra il caso di riproporre un Berlusconi di sinistra... Di sinistra poi si fa per dire... Oltre a rottamare, brutta parola, cosa vuol fare?Non l'ho capito».

Lì De Benedetti, e Repubblica compatta a ruota, stava con Pier Luigi Bersani. Con un endorsement palese dell'editore («Mi auguro che Bersani vinca le primarie. Lo conosco, lo stimo, è una persona per bene, mi dà un senso di tranquillità e stabilità, più di qualsiasi altro»). Pazienza che mesi prima, nel libro-intervista con Paolo Guzzanti, l'Ingegnere avesse fatto a pezzi proprio Bersani, definito «totalmente inadeguato come leader».

L'indice di gradimento si è invertito col frontale del Pd bersaniano alle elezioni, proseguito con la pantomima del corteggiamento a Grillo, concluso con il patatrac sull'elezione del Colle. Morto Bersani, per Repubblica , l'asso sui cui puntare è diventato Renzi. Non, però, per Scalfari, fedele all'asse Napolitano- Letta-Draghi. Tutti e tre, abbastanza irritualmente, ospiti per cena a casa Scalfari, affacciati su piazza della Minerva, una sera di settembre.

La divisione in correnti di Repubblica , tra quella scalfariana pro Letta-Napolitano, e quella ( maggioritaria) editore-direzione invece pro Renzi, provoca attriti. Sul caso Cancellieri, scoop di Repubblica , Scalfari non ha speso mezza riga. Mentre l'artiglieria pregiata della direzione ha martellato per le dimissioni. Stessa linea, casualmente, di Renzi. Per nulla, invece, quella di Napolitano, e del suo più illustre interprete giornalistico, Eugenio Scalfari. Capocorrente lettian-quirinalizio dentro il «partito Repubblica ».
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