Come se ne viene fuori ?

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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peanuts
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da peanuts »

Per risanare Alitalia gli "eroi" del caimano pensano a tagli sul personale
Tutti i soldi fregati da manager incompetenti dove sono?
I superstipendi dei manager li taglieranno?
I manager... i padroni della vita e della morte. Ma davanti alla morte vera saremo tutti uguali
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
iospero
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da iospero »

iospero ha scritto:
A Camillobenso
secondo te è giusto che la bisnonna di Renzi prenda oggi € 3000 di pensione non avendo più a carico nessuno ?
.
Camillobenso ha risposto:
In prima battuta, senza averci riflettuto sopra avendo letto velocemente il tutto, la risposta è : SI.
Con la seguente motivazione:
Mi rifaccio ad una nota tra le ultime di Paolino (Paolo11) che trovo molto aderente alla realtà, nel senso che chi ha dovuto o deve oggi affrontare queste tematiche è obbligato ad affrontare quei termini del problema.
Nel 2011 tre pensionati su dieci ricevono meno di mille euro. Il 34,2% delle pensioni è di importo mensile inferiore a 500 euro; la stessa quota (34,2%) raggruppa quelle con importo tra i 500 e mille euro; il 13,6% è di importo compreso tra 1.000 e 1.500 euro mensili, mentre il 18,0% supera i 1.500 euro mensili. Oltre i tre quarti (76,9%) dei titolari di pensioni sociali percepiscono redditi di importo mensile inferiore ai 1.000 euro (il 39,1% non supera i 500 euro). La quota scende a meno della metà tra i pensionati di invalidità, anche civile (47,4% e 40% rispettivamente) e a un terzo tra i titolari di pensioni di vecchiaia (33,4%) e i superstiti (37,1%). Il 26,6% dei titolari di pensioni di invalidità civile non supera i 500 euro.

Dal punto di vista personale e umano posso capire la risposta, ma dal punto divista di politica generale credo giusta la battuta di Renzi.
Chiaramente oltre al problema pensione bisogna vedere anche l'assistenza agli anziani, come sono ripartite le spese della Sanità. Fra l'altro oggi lo stato vegetativo è un dramma collettivo in quanto chi ne è affetto è “condannato a non morire” mentre i famigliari sono “condannati a non vivere” ,
il costo di questi soggetti: La stima delle spese sostenute ha evidenziato un costo in fase acuta di circa 516 euro giornalieri, fino circa 155.00 euro quando il ricovero dura 1 anno. Nella fase successiva il costo si riduce alle spese di assistenza e di albergaggio, intorno ai 186 euro giornalieri, per complessivi 67.100 euro all’anno. Tale importo è sostanzialmente lo stesso sia in ambiente ospedaliero sia domiciliare.
Quanto sopra per dire che non c'è pensione sufficiente per soddisfare imprevisti del genere e allora guardiamo al quadro complessivo e cerchiamo una soluzione soddisfacente.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

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Daje de tacco Daje de punta,…quant’è bona la sor Assunta……
http://www.youtube.com/watch?v=QFddM6pbIlA


Ma se po’ sapé ch’è sto’ Piddi?????

Bindi: «Non vogliamo morire socialist

*

Già,……allora perché gli altri dovrebbero morire democristiani, soprattutto dopo mezzo secolo di regime democristiano senza soluzione di continuità per via del trattato di Yalta????????????????

Che se so messi insieme affà, visti i risultati fallimentari, se la pensano in quel modo?????

E’ una grandissima palla fare riferimento all’Ulivo, che era una cosa nuova a sé, e si sono ben guardati dall’approfondire. Diciassette anni meno i quattro di Prodi di un comitato d’affari.

Stanno per saltare anche loro come FI-Pdl?

E se saltano loro cosa succede al Paese??????

*****

l’Unità 11.11.13

Pd nel Pse, tutti i candidati d’accordo. Ma crescono malumori trasversali
Da Renzi a Cuperlo, da Civati a Pittella, le mozioni dei quattro candidati
a favore dell’adesione Bindi: «Non vogliamo morire socialisti»


di Vladimiro Frulletti


Il Pd nel Partito del socialismo europeo e «Renzi nuovo Jacques Delors».

Gianfranco Rotondi, solida formazione democristiana e salda appartenenza al fronte berlusconiano, si lancia in profezie. Non senza un qualche interesse partigiano, lasciando intendere che se i democratici diventassero socialisti potrebbe esserci un effetto calamita da parte di Forza Italia che fa parte del Partito popolare europeo sui cattolici del Pd.

Possibile? Chissà.

Quello che è certo è che quando sabato Epifani a Milano ha annunciato che il Pd avrebbe ospitato a Roma il congresso del Pse quale «segno di appartenenza che dice quali sono le nostre radici e i nostri legami», non sono stati pochi i malumori emersi fra i democratici.

Soprattutto fra chi ha militato nella Dc.

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«È giusto che loro non vogliano morire democristiani, ma anche noi non vogliamo morire socialisti», è la spiegazione che una delle madri più convinte della nascita del Pd, Rosy Bindi, ha sempre fornito alla questione della collocazione internazionale del suo partito.
====================================================================

Tutti i quattro candidati alla segreteria sono concordi su questo punto, vedono il Pd col Pse.



Ma non si può però dire la stessa cosa dei loro sostenitori, in particolare di quelli di Cuperlo e Renzi.

Perché è fra alcuni loro supporter che stanno i contrari all’adesione al Pse.

Certamente fra gli ex democristiani, ma non solo.

Se ad esempio Beppe Fioroni, che voterà Cuperlo, minaccia di rifare la Margherita (che nel Parlamento europeo stava non col Ppe ma con l’Alleanza dei liberali e democratici), e Pierluigi Castagnetti, che invece ha scelto Renzi, non nasconde la propria contrarietà («né Ds, né Margherita, né Psi. Né dunque Pse», twitta), pure personalità mai state democristiane, come David Sassoli (schierato col sindaco di Firenze), capogruppo della delegazione Pd al Parlamento europeo (nel gruppo dell’Alleanza dei progressisti, dei socialisti e dei democratici europei), non nascondono i propri dubbi.

«All’Europarlamento – spiega – abbiamo fondato un’alleanza di successo fra Pd e socialisti.
Magari prima di decidere sul congresso del Pse potevano consultarci»
.

Lo stesso responsabile esteri del Pd Giacomo Filibeck parla del Pse come «naturale interlocutore» precisando che il Pd sta lavorando a «un’orizzonte» più ampio.

Che sarebbe l’Alleanza dei Progressisti, il nuovo network in cui siedono, oltre al Pd, anche i socialisti europei, i Democratici Usa e altri partiti progressisti dei vari continenti. Operazione già tentata con l’Ulivo mondiale di Prodi, Blair e Clinton, che però non resse alla crisi della cosiddetta «terza via».

Insomma un po’ di imbarazzo la questione Pse nel Pd la sta creando, anche perché le socialdemocrazie europee oggettivamente non stanno ottenendo grandi successi in questo periodo.

Del resto qui c’è di mezzo l’identità del Pd e quindi non solo i cattolici, ma anche altre personalità sentono come un vincolo troppo stretto l’adesione al Pse.

È una etichetta che non li rappresenta. Un passaggio, dicono, che rischia di far cancellare la novità che stava alla base della nascita del Pd.

Fra i sostenitori di Renzi, è questo ad esempio il timore da sempre nutrito dai veltroniani e dai liberal-democratici (già legati all’Asinello di Prodi e poi a Rutelli) che stavano nella Margherita.

E se per questi ultimi è naturale non sentire come casa propria quella socialista, ma semmai quella Otreoceano dei Democratici Usa, per chi viene dal Pci invece resiste una certa difficoltà all’approdo socialista risalente alla lezione di Berlinguer.

Che di fronte alla fine della «spinta propulsiva» della Rivoluzione d’Ottobre spiegava che l’Europa si trovava di fronte a due fallimenti: quello sovietico, ma anche quello socialdemocratico. Solo dopo Berlinguer il Pci decise di definirsi «parte integrante della sinistra europea».

Eppure tutti e quattro i candidati alla segreteria, pur con sfumature diverse, non mostrano grandi dubbi. Nei loro documenti e nelle loro dichiarazioni il Pd sta col Pse.

Gianni Pittella infatti è per l’adesione «senza se e senza ma» al Pse.

«La scelta dell’adesione al Pse – scrive nella sua mozione – non è semplicemente formale, ma è la sostanza del nostro essere europei».

Pure Pippo Civati non coltiva dubbi.

Semmai vede questo ingresso come occasione per realizzare un vero partito europeo, superando l’attuale forma confederale fatta dalla somma di vari partiti nazionali, per poi allargarne «l’orizzonte» anche agli altri progressisti che stanno in Europa: Verdi e Sinistra.

Anche Renzi è per il sì all’ingresso nel Pse (come aveva spiegato in un’intervista a l’Unità) per «cambiarlo e allargarlo a tutte le forze democratiche e progressiste». Anche se poi nella sua mozione ne parla poco. Un inciso quando tratta degli Stati Uniti d’Europa e a proposito delle prossime elezioni europee spiega che serve «un rapporto di sempre maggiore integrazione con il Partito socialista europeo».

Parole sfumate che evidentemente rispondono alle perplessità che alcuni renziani (anche della prima ora) nutrono sul Pse.

Anche in Cuperlo del resto si nota questa stessa prudenza.

Nella mozione scrive: «Proponiamo che il Pd partecipi al congresso del Pse». E ricordandone l’identità originaria schiera il Pd a fianco dei socialisti per costruire il «Partito dei socialisti, dei progressisti e dei democratici europei». Del resto al Corriere della sera sull’adesione del Pd al Pse aveva risposto di non credere «a una pura confluenza».
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

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Siamo nel caos più totale, dove a confusione si aggiunge confusione. Ma soprattutto, gli interessi e le convenienze personali, di bottega e di rappresentanza (vedi poteri forti, nazionali ed esteri), la fanno da padroni verso una cittadinanza che non ci capisce più letteralmente nulla e prova quotidianamente un disgusto e un rigetto montante verso la politica.

Mentana sta aprendo ora il suo Tg, sostenendo che si sta andando verso la rottura Pd – Pdl.

La facciano pure, ma solo dopo l’approvazione della legge di Stabilità, perché a pagare in termini concreti saranno i cittadini italiani che subiscono le follie della casta, e non di certo i soliti politicanti super falliti.

Ieri Alfano ha fatto una dichiarazione per “bambini scemi”. Non siamo più neppure alle dichiarazioni per merloni giganti doc, siamo passati definitivamente ai “bambini scemi”.

Angelino Alfano, delfino eterno di sua maestà Berlusconi, segretario azzerato del Pdl, ministro dell’Interno e vicepremier part-time, decide di tornare in televisione di domenica – da Maria Latella su Skytg24 – per mettere la parola fine sulla cosiddetta agibilità politica del padre-padrone, seppur con qualche parolina dolce per condire il veleno:

“Il presidente Berlusconi è vittima di una grande e grave ingiustizia. Sulla quale si può affermare che il caso non è chiuso perché il cittadino Silvio Berlusconi ha ancora delle possibilità, delle cartucce da sparare.L’ordinamento giuridico italiano prevede ancora delle possibilità per il cittadino Berlusconi e io spero che il 2014 sia l’anno nel quale al presidente Berlusconi sia data la possibilità di rivalersi nei confronti di questa grande ingiustizia”.

Non ci crede nessuno a questo esempio di ipocrisia ai massimi livelli, ma viene comunque pronunciata per un perverso gioco della politica.

A destra come riportano le cronache oramai si odiano e non si parlano più. Questo è il clima con cui ci avvia alla riunione di presidenza di sabato prossimo 16 novembre.

Ma già questa sera, ascoltando il Tg di Mentana, la frattura viene data per certa.

E come sempre se Sparta piange Atene non ride.

Un alto tasso di veleni circola all’interno del Pd-PPE.

Sostanzialmente sembra che locuste e cavallette abbiano preso abbastanza bene la notizia dell’allontanamento di Prodi da quella che può essere considerata la sua creatura degenere.

E’ invece un atto forte quello del padre che ripudia il figlio.

Ma ovviamente la casta piddina e forse anche il suo ultimo elettorato solidale non ha capito la portata del gesto del Professore.

La rinata polemica tra socialisti e democristiani può tranquillamente entrare in un trattato di moderna follia improvvisa.

Il livello all’interno del Pd in questo momento è quello di “miserabili”.

Da sei mesi tengono nascosti gelosamente i nomi dei 101/150 incappucciati come se fosse una setta segreta massonica, mentre si cimentano sull’appartenenza tra democristiani e socialisti.

Sarebbe d’obbligo anche chiarire cosa ci sta dietro quel “cattolici” che stanno usando i media da sabato scorso.

Papa Francesco, più che cattolici, sta usando il temine “cristiani”.

Cattolici significa essere di destra e cristiani di sinistra?

Anche perché nel primo dopoguerra, socialisti e comunisti credenti frequentavano le chiese e la messa domenicale.

Quando Fioroni, Bindi e Castagnetti prendono le distanze a cosa si riferiscono????

Quali valori e difesa d’interessi stanno mettendo in gioco???????????


*******


Beppe, facci sognare!
l’Unità 11.11.13
Beppe Fioroni:
«Si rompe il patto fondativo»

intervista di Maria Zegarelli

ROMA Questione dirimente per Beppe Fioroni. Ne va, dice, dello stesso atto fondativo del Pd. E se Guglielmo Epifani la ritiene una tempesta in un bicchier d’acqua, per il parlamentare dem, l’approdo del partito nel Pse in Europa sarebbe un cambio di direzione inaccettabile.
Fioroni, che fa, si tiene la Margherita e arrivederci al Pd?
«Credo che questo tema non sia affatto una tempesta in un bicchier d’acqua, ma è il nodo politico per eccellenza».
Starebbe più a suo agio con i conservatori in Europa?
«Certo che no. E mi spiego: quando abbiamo fondato il Pd abbiamo deciso di unire insieme storie e culture diverse, moderati e riformisti per voltare pagina, per innovare e cambiare la politica in Italia e in Europa superando le famiglie politiche del Novecento. Questo abbiamo fatto quando abbiamo sciolto Margherita e Ds. Nessuno di noi ha mai pensato di voler dare vita ad un lifting della sinistra italiana, anzi, ad un amarcord di quel rosso antico che la stessa sinistra aveva superato. Il Pd voleva porsi come orizzonte futuro anche per tutti quelli che si ritenevano riformisti in Europa. Questo è il patto fondativo del Pd, questo è il partito che abbiamo voluto costruire insieme e non c’entra nulla con la volontà di rifare la Margherita. Non voglio trasformare il Pd in un partito socialdemocratico, tantomeno in un partito di sinistra». Ma tutti e quattro i candidati alla segreteria collocano lì il Pd. Perché questa polemica adesso? «Se i candidati dicono questo allora prevedono una mutazione genetica del partito. Mi riferisco soprattutto a Matteo Renzi che sostiene che dobbiamo stare nel Pse. Penso che lo faccia per motivi legati alla sua corsa e alla sua candidatura ma non riflette sufficientemente su un fatto: questo non è cambiare verso, è tornare indietro».
Gianni Pittella la ritiene un provocatore.
«Chi è Pittella? Non so neanche chi sia... Mi faccia finire il discorso su Renzi».
Cosa altro vuole dirgli?
«Che la mutazione genetica che intende fare è di fatto una messa in discussione del patto fondativo del Pd. Significa riscriversi al Partito socialista europeo che la stessa sinistra italiana riteneva superato».
Quindi in Europa il Pd che cosa deve fare?
«Noi avevamo l’ambizione di cambiare le famiglie europee, facendo riferimento al quadro dei riformisti mondiali formato dal Pd, il partito del congresso indiano, le esperienze giapponesi e u democratici americani, ai quali non è mai venuto in mente di iscriversi al Pse. Noi siamo nel gruppo dei democratici e dei socialisti europei, questo è il percorso che abbiamo fatto in Europa e nulla ha a che vedere con la decisione di iscriversi al Pse. Se lo facciamo commettiamo un gravissimo errore, facciamo tornare il Pd ad essere un partito di sinistra e non di centrosinistra».
Fioroni su di lei resta il solito sospetto: che stia aspettando il momento giusto per andarsene dal Pd e ritentare il centro moderato. E adesso che Alfano è in rotta con il Cavaliere la tentazione sarebbe più forte. Cosa c’è di vero?
«Niente. Invece di preoccuparsi di dove voglio andare io si concentrassero a non rifare lo stesso errore che fece Achille Occhetto nel 1994, quando pensò che con la sinistra da sola si vincesse. Non vorrei che il mio amico Matteo Renzi pensasse, dopo aver venduto per un piatto di lenticchie valori e progetti su cui è nato il Pd, di presentarsi come il candidato inclusivo perché gli elettori non sono fessi».
Scusi, ma anche Gianni Cuperlo guarda al Pse...
«Attenzione, Cuperlo dice una cosa diversa. Immagina un percorso e un processo che si fa se si muta e si allarga il perimetro della famiglia europea. Ma quello che vorrei che tenessero a mente tutti i candidati è che il Pd ha un patto fondativo e loro lo devono rispettare».

La Stampa 11.11.13
La lettera sul congresso dei socialisti europei in Italia
Ma tra nostri valori non è mai comparso il socialismo

di Giuseppe Fioroni

Caro direttore,
Quando il confronto si fa serio, non dobbiamo avere paura di usare l’arma della chiarezza e della responsabilità. «Un punto è ormai chiaro: se il partito democratico dovesse essere un’edizione aggiornata della socialdemocrazia non potrebbe essere il punto di approdo della storia dei Popolari». Non sono mie parole. A scandirle con serena passione e lucidità, all’inizio del suo intervento in una nostra assemblea a Chianciano nel 2006, fu un uomo di studi e di grande impegno civile, che credeva profondamente nel Partito democratico: Pietro Scoppola. Basterebbe questo a smontare illazioni e sospetti sui quali Pittella, ad esempio, ha giocato con soverchia disinvoltura. Non a lui, però, ma a tutti i candidati vorrei rivolgere l’appello a una meditazione acconcia sui rischi di uno snaturamento del nostro progetto iniziale.
Proviamo a prendere in mano il Manifesto dei Valori e ci accorgeremo, scorrendo i vari passaggi, che non vi è traccia di legami o radici afferenti alla tradizione nazionale o europea del socialismo. Anzi, il testo che ancora oggi rappresenta il fondamento teorico e politico del Partito democratico elude persino l’accenno al termine impegnativo e controverso di «sinistra». Il suo tenore è un altro: invita donne e uomini del nostro tempo a volgere lo sguardo oltre il tempo che ha inghiottito le illusioni e le tragedie del Novecento. Il nuovo partito nasceva con l’ambizione di tracciare un solco verso il futuro, portando alla visione di un riformismo inedito e coraggioso il patrimonio ancora integro delle grandi tradizioni democratiche e popolari della nostra storia repubblicana.
Vorrei fare dunque questa osservazione: dobbiamo «cambiare verso» alla nostra direzione politica? All’improvviso, come se fosse il compimento non invece la negazione del disegno politico neo-riformista, annunciamo la trasmutazione in chiave eurosocialista della «novità» incorporata nel programma dei Democratici. In questo modo, chiunque in solitudine decide su «beni indisponibili» si appropria di un diritto che mette a repentaglio la fisionomia stessa del partito. Dunque, non è un diritto: forse un’usurpazione a fini impropri e deleteri? Chi propone una «rivoluzione radicale» ha più di altri e meglio di altri l’occasione di chiarire un aspetto decisivo ai fini della continuità di una politica che sia motore di amicizia e integrazione tra le diverse anime del riformismo democratico.
Altrimenti, nel miscuglio di piccole astuzie e grandi reticenze, potremo registrare amaramente proprio in questa delicatissima stagione congressuale che viene a deperire quel potenziale di coraggio e fantasia su cui occorreva e occorre fare leva ancora oggi per rendere coerente e quindi vero il discorso sul riformismo del futuro. Questo è il rischio che nasce dal gesto evocativo di vecchie identità, non dal richiamo legittimo e necessario alla radice della nostra originale prospettiva come forza di cambiamento al servizio della nazione. * (parlamentare Pd)
lucfig
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da lucfig »

camillobenso ha scritto: ...
l’Unità 11.11.13
Beppe Fioroni:
«Si rompe il patto fondativo»

intervista di Maria Zegarelli
...
La Stampa 11.11.13
La lettera sul congresso dei socialisti europei in Italia
Ma tra nostri valori non è mai comparso il socialismo

di Giuseppe Fioroni
....
da www.lastampa.it

Jena
12/11/2013 - Jena
Bella
jena@lastampa.it

E Prodi pensò: «Ho fatto una bella cazzata a fondare il Pd».
_____________________
«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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camillobenso
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Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

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Alla fine se n’è accorto anche Tito Boeri, “siamo sopra una polveriera”. Non è che siamo stati paracadutati all’improvviso sopra quest’area pericolosa, siamo stati sospinti da anni da una classe dirigente inetta, incapace, ma soprattutto profondamente egoista.

Ma la responsabilità non è solo la loro. Ci ha giocato parecchio anche la nostra grande e totale indifferenza. I segnali ci sono da anni ma si è sempre preferito ignorarli, faceva più comodo così.

“Tanto qualche santo provvederà…”, recita una vecchio detto italiano. Solo che i santi sono in sciopero da mò.


La Repubblica
La legge di stabilità nella polveriera
11 novembre 2013
Tito Boeri

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Camminiamo ormai nel mezzo di una polveriera. E molti, troppi, continuano imperterriti ad accendere fiammiferi.
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Ci perdoni Emma Bonino: non stiamo, come lei, parlando della Siria, ma del nostro Paese.

Gli ingredienti del conflitto distributivo ci sono tutti.

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Anni di bassa crescita seguita da un’interminabile recessione hanno ridotto di almeno un decimo la dimensione della torta.

Come sempre in questi casi, ci si azzuffa per qualche briciola mentre il conflitto distributivo latente può esplodere da un momento all’altro.

Come in Argentina negli anni ’80, come in Turchia all’inizio del nuovo millennio, come in Grecia più di recente.
===========================================================

Ma anche senza andare tanto lontano, per capire in che situazione ci troviamo basta ricordarsi il significato del voto politico di 9 mesi fa, quella protesta generalizzata, interclassista, poco ideologizzata, ma fortemente caratterizzata dal voto giovanile, che ha portato al successo del movimento di Beppe Grillo.

Bene anche prendere atto del fatto che le istituzioni che dovrebbero mediare lo scontro più forte, quello che si consuma tra il lavoro e la disoccupazione, hanno perso talmente rappresentatività da non riuscire più a gestire il conflitto.

Lo ammettono gli stessi leader del sindacato.

In queste condizioni il governo e le nostre istituzioni rappresentative dovrebbero preoccuparsi prioritariamente di ricostruire le fila di un contratto sociale in via di sgretolamento, a partire dal cercare di riguadagnarsi la fiducia dei cittadini.

Lo spettacolo invece è disarmante.


Tre esempi ne sono la testimonianza.

Sono più di 3000 gli emendamenti alla Legge di Stabilità presentati alla Commissione Bilancio del Senato.

Ancora più del loro numero colpisce il fatto che per due terzi provengano dalle file della maggioranza, un segno evidente della sua incapacità di stabilire priorità.

Ma quei 3093 emendamenti mettono anche in luce come la classe politica cerchi di capitalizzare sul conflitto distributivo: in una manovra quasi a saldo zero, danno qualcosina a qualcuno per toglierla a qualcun altro.

Le redistribuzioni sono minime e poco trasparenti, lasciando aperto il sospetto che anche i presunti beneficiari alla fine ci perdano.

Nel frattempo sono finiti i soldi per la Cassa Integrazione in deroga.
Questi ammortizzatori devono essere riformati perché funzionano malissimo, ma non ci si può permettere di lasciare senza alcuna copertura chi perde il lavoro.

Invece le energie del governo sono assorbite da un altro problema: trovare la “quadra” sulla tassazione degli immobili.

L’accordo che si profila all’orizzonte prevede che la nuova tassa sui servizi, la cosiddetta Tasi 1) garantisca lo stesso gettito dell’Imu 2) abbia gli stessi effetti distributivi dell’Imu e 3) conceda gli stessi spazi di manovra ai municipi… dell’Imu.

Il tutto ovviamente chiamandosi Tasi e non più Imu. Gli italiani hanno tutto il diritto di sentirsi presi in giro.

Il secondo esempio ha a che vedere coi costi della politica.

Non solo nulla è stato fatto in questi anni di crisi per ridurli, ma si è cercato ulteriormente di occultarli agli occhi dell’opinione pubblica.

Il Senato non ha ancora reso pubblico il proprio bilancio consuntivo 2012, né il preventivo 2013.

La Camera dei Deputati lo ha fatto solo da poche settimane e, come documentato da Roberto Perotti su lavoce.info, ha aumentato le proprie spese sostenendo di fare esattamente il contrario.

La Corte Costituzionale, come mostrato sempre da Perotti, continua a garantirsi privilegi che non hanno eguali in alcuna democrazia rappresentativa.

Spendiamo, ad esempio, 750 euro al giorno per ogni singolo giudice della Corte solo per garantirgli un’auto blu.

Gli ex-giudici in pensione e superstiti ricevono, in media, un assegno di 200.000 euro.

Non stupisce che abbiano dichiarato incostituzionale il taglio alle pensioni d’oro, il che ci porta al terzo esempio.


Il dibattito pubblico in corso sui tagli alle cosiddette pensioni d’oro preoccupa per la sua grossolanità.

Stiamo trattando del caposaldo del patto fra generazioni su cui si regge una società.

I giovani versano contributi per pagare le pensioni agli attuali pensionati nell’attesa di venire poi trattati allo stesso modo.

È un equilibrio molto fragile.

Se si vuole intervenire su trattamenti pensionistici in essere bisogna farlo nel segno dell’equità, non certo della punizione nei confronti di chi ha versato contributi per un’intera vita lavorativa.

Si tratta quindi di procedere con riduzioni marginali, al massimo del 5 per cento, dei trattamenti riservati a chi oggi soddisfa due condizioni: ricevere pensioni molto più alte dei contributi versati durante la propria carriera lavorativa e cumulare fra di loro trattamenti superiori ad una soglia minima (perché è giusto a garantire un reddito minimo a chi non può più lavorare e non è riuscito a maturare i requisiti per una pensione piena).

Ci sono molti casi di questo tipo: come messo in luce dal Rapporto della Commissione Brambilla, i ministeriali e i dipendenti degli enti locali andati in pensione a 58 anni col sistema retributivo ricevono in genere trattamenti tre volte superiori ai contributi versati.

Molti artigiani e commercianti sono andati in pensione con premi del 750 e del 500 per cento, rispettivamente, rispetto a quanto da loro versato.

A queste persone, che l’Inps può identificare senza margini di errore, è giusto chiedere oggi un contributo basato sul principio che chi ha avuto di più, dovrebbe dare di più.

Ma nel dibattito pubblico, negli show televisivi, persino nelle simulazioni dei tecnici dei partiti si fa tutt’altro: si procede a tagliare di qua e di là, in modo indiscriminato, chi ha pensioni alte.

Attenzione perché dietro a quelle spese tagliate con l’accetta ci sono delle persone.

E chi oggi versa i contributi elevati si ricorderà di come sono stati trattati anche lavoratori che hanno ricevuto pensioni non lontane dai contributi versati lungo un’intera carriera lavorativa, senza mai evadere tasse e contributi.

È molto difficile governare il conflitto distributivo in condizioni di crisi.

Purtroppo non possiamo permetterci di aspettare la crescita per affrontarlo.

Anche perché un paese in cui nessuno si fida dell’altro difficilmente tornerà a crescere in modo duraturo.

Evitiamo almeno di scherzare col fuoco.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

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Repubblica 11.11.13
Finiremo tutti come l’Argentina?
di Mario Pirani

Ragioni di lavoro — in primis la stesura settimanale di questa rubrica — mi inducono ad una discreta intensità di lettura.

In questa stagione la frequenza dei saggi dedicati alla crisi economica suscita inoltre un surplus di preoccupazioni con cui speravo di non dover far conto, almeno in età avanzata.

Eppure ci siamo ormai convinti che sono fasi non programmabili della nostra vita; meglio allora approfondire le conoscenze, anche se non sempre piacevoli.

Un consiglio che rivolgo anche ai miei coetanei: “Leggete un libro alla settimana, vi farà bene alla salute”.

L’ultimo che ho finito di sfogliare l’ho trovato particolarmente sollecitante.

Si chiama “Il grande declino”, ed. Mondadori, pag. 132, 17euro.

Lo ha scritto Niall Ferguson, un brillante ed acuto storico britannico che insegna Storia moderna alla Harvard University.

È chiaramente ispirato da una cultura liberale che traspare sia nelle diagnosi che nelle soluzioni esposte.

Rinuncio ad impossibili riassunti e mi limiterò a qualche spunto.

La prima parte del saggio è dedicata allo “stato stazionario”, una definizione inventata da Adam Smith per descrivere le condizioni di un paese in precedenza ricco che ha cessato di crescere.

Ma se ai tempi di Smith lo “stato stazionario” tipico era considerato la Cina, oggi la definizione si addice a gran parte del mondo occidentale mentre la Cina cresce più rapidamente di qualsiasi altra economia al mondo.

La situazione si è ribaltata.

La spiegazione del rallentamento del nord del mondo è quella del “deleveraging” (il doloroso processo di riduzione del debito) in dimensioni senza precedenti (nella storia americana è appena la seconda volta che il debito, pubblico e privato, ha superato il 50 per cento del pil) .


La tesi del “deleveraging” è che le famiglie e le banche dopo aver puntato follemente sulla crescita infinita del prezzo dei beni immobili, ora cercano di ridurre i propri debiti ma a causa di questo tentativo di spendere meno e risparmiare di più, la domanda aggregata ha subito una forte flessione.

L’autore nega e dimostra che non tutto discende dal debito pubblico e per dimostrarlo affronta il tema del decadere delle istituzioni, distinguendo fra istituzioni aperte e istituzioni chiuse (al centro il “rule of law” britannnico), ponendo il quesito se non stiamo assistendo al sostanziale crollo di quello che i nostri antenati chiamavano “ll patto fra generazioni”.

Spesso si discute — afferma Ferguson — come se il vero problema fossero i debiti, con il risultato di uno scontro sterile tra i fautori dell’“austerità” e i fautori dello “stimolo”.

A me pare invece che i debiti siano la conseguenza di un malfunzionamento istituzionale più profondo.

Negli enormi trasferimenti intergenerazionali che le attuali politiche fiscali comportano, si scorge una rottura sconvolgente del patto sociale che presuppone lo Stato come una associazione che estende la sua forza vincolatrice non solo tra quelli che sono viventi in un determinato tempo, bensì tra viventi e trapassati ed anche tra questi e i nascituri. La più grande sfida con cui le democrazie mature dovranno misurarsi sarà quella di trovare il modo di ripristinare il contratto sociale tra le generazioni.

Il sistema attuale è fraudolento. Con uno sforzo eroico di leadership si dovrebbero redigere e imporre con regolarità i conti generazionali affinché risultino assolutamente evidenti le implicazioni intergenerazionali delle politiche correnti.

Se per contro le democrazie occidentali continueranno l’andazzo attuale, seguendo la Grecia ed altre economie mediterranee nella mortale spirale fìscale, che inizia con la perdita di credibilità, prosegue con l’aumento dei costi dei prestiti e finisce con governi costretti a imporre tagli alle spese e tasse più alte nel peggior momento possibile, in questo caso il finale di partita prevede una qualche combinazione di default e inflazione.

Finiremo tutti come l’Argentina.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Da un po’ di tempo sul forum si è fermato il confronto, oltre al fatto che non scrive quasi più nessuno proprio nel momento in cui siamo in viaggio verso il fondo, dove per converso ci vogliono idee per tentare prima di arrestare la caduta e poi tentare di risalire.

Il quadro è piuttosto desolante e come altrove sembra sia subentrata la rassegnazione.

Dopo averlo fatto nell’ultimo anno e mezzo sul forum, all’esterno sto ripetendo con ossessione:
“Come se ne viene fuori?”

Anche perché oggi è più facile porre questa domanda perché la realtà sta facendo miracoli su quanti negli anni passati a causa di una cataratta congenita, si rifiutavano di vedere lo stato dell’arte.

Oggi in molti riescono a vedere di più cosa sta accadendo.

Solo che se non si reagisce ora il tracollo prossimo venturo diventa inevitabile.

Ha perfettamente ragione Tito Boeri quando afferma:

Camminiamo ormai nel mezzo di una polveriera. E molti, troppi, continuano imperterriti ad accendere fiammiferi.

Un’affermazione analoga a quella di Giovanni Valentini di Repubblica, fatta due domeniche fa ad Omnibus.

Solo che spesso vengono analizzati solo alcuni principali fenomeni della crisi. Quello economico, quello finanziario, quello della produzione e di conseguenza della disoccupazione.

Ma c’è ben altro che incide fortemente sul quadro clinico del Paese.


1) Sostiene Tito Boeri:

Camminiamo ormai nel mezzo di una polveriera. E molti, troppi, continuano imperterriti ad accendere fiammiferi.

Anni di bassa crescita seguita da un’interminabile recessione hanno ridotto di almeno un decimo la dimensione della torta.

Come sempre in questi casi, ci si azzuffa per qualche briciola mentre il conflitto distributivo latente può esplodere da un momento all’altro.

Come in Argentina negli anni ’80, come in Turchia all’inizio del nuovo millennio, come in Grecia più di recente.

Il Senato non ha ancora reso pubblico il proprio bilancio consuntivo 2012, né il preventivo 2013.

La Camera dei Deputati lo ha fatto solo da poche settimane e, come documentato da Roberto Perotti su lavoce.info, ha aumentato le proprie spese sostenendo di fare esattamente il contrario.

La Corte Costituzionale, come mostrato sempre da Perotti, continua a garantirsi privilegi che non hanno eguali in alcuna democrazia rappresentativa.

Spendiamo, ad esempio, 750 euro al giorno per ogni singolo giudice della Corte solo per garantirgli un’auto blu.

Gli ex-giudici in pensione e superstiti ricevono, in media, un assegno di 200.000 euro.

Non stupisce che abbiano dichiarato incostituzionale il taglio alle pensioni d’oro, il che ci porta al terzo esempio.

In una fase acuta dell’economia di guerra del sistema Italia, certi grandi privilegi castali non sono ammissibili, altrimenti non se ne esce più.


Non stupisce che abbiano dichiarato incostituzionale il taglio alle pensioni d’oro, il che ci porta al terzo esempio.

Questo nodo castale diventa non accettabile nel contesto in cui ci troviamo. Ed in questo modo non si possono ridurre i mille e mille privilegi dell’intera casta.


2) Sostiene Mario Pirani:

A me pare invece che i debiti siano la conseguenza di un malfunzionamento istituzionale più profondo.

Negli enormi trasferimenti intergenerazionali che le attuali politiche fiscali comportano, si scorge una rottura sconvolgente del patto sociale che presuppone lo Stato come una associazione che estende la sua forza vincolatrice non solo tra quelli che sono viventi in un determinato tempo, bensì tra viventi e trapassati ed anche tra questi e i nascituri. La più grande sfida con cui le democrazie mature dovranno misurarsi sarà quella di trovare il modo di ripristinare il contratto sociale tra le generazioni.

Il sistema attuale è fraudolento. Con uno sforzo eroico di leadership si dovrebbero redigere e imporre con regolarità i conti generazionali affinché risultino assolutamente evidenti le implicazioni intergenerazionali delle politiche correnti.

Se per contro le democrazie occidentali continueranno l’andazzo attuale, seguendo la Grecia ed altre economie mediterranee nella mortale spirale fìscale, che inizia con la perdita di credibilità, prosegue con l’aumento dei costi dei prestiti e finisce con governi costretti a imporre tagli alle spese e tasse più alte nel peggior momento possibile, in questo caso il finale di partita prevede una qualche combinazione di default e inflazione.

Finiremo tutti come l’Argentina.


3) A queste considerazioni va aggiunto il tracollo etico morale, senza per questo voler essere moralisti.

Il fatto più abnorme è quello dove l’importo è il più basso possibile. L’aver richiesto il rimborso di cinquanta centesimi del ticket dell’uso della toilette, indica fino a quale punto siamo arrivati.

Farsi rimborsare 50 centesimi è ridicolo e folle nello stesso tempo.

Figuriamoci cosa si fanno rimborsare gli appartenenti alla casta.

La puntata di ieri sera di Piazzapulità si è incentrata prevalentemente sul caso ATAC di Roma.

Un sistema fraudolento che continuava dal 2000. Quindi sono interessate quattro amministrazioni, di cui l’ultima, quella di Marino sta denunciando il caso.

Ma non si tratta solo di questo la cronaca quotidiana offre notizie in abbondanza.

L’arresto degli agenti della Polfer di Milano Lambrate della scorsa settimana, perché derubavano di tutto gli immigrati senza permesso di soggiorno, per cui si sentivano sicuri della non denuncia, é solo la punta dell’iceberg.

Ma anche questa notizia relativa agli uomini della Marina militare dà il segno evidente dell’avvenuto tracollo della società italiana.


Repubblica 12.11.13
A bordo della “Chimera”, dopo il salvataggio del 25 ottobre
“Oro, cellulari e più di 80mila tra euro e dollari”
“Derubarono i profughi siriani” Indagati gli uomini della Marina

di Francesco Viviani e Alessandra Ziniti

PALERMO — Li hanno riconosciuti guardando le foto di marò e ufficiali imbarcati sulla corvetta Chimera. Quegli stessi uomini in tuta mimetica che li avevano salvati. Proprio loro li avrebbero costretti a consegnare soldi e gioielli mentre si trovavano a bordo della nave. E così nell’indagine sugli ammanchi degli averi dei profughi siriani salvati il 25 ottobre spuntano i primi indagati.

Furto aggravato: è questo il reato ipotizzato dal procuratore Renato Di Natale dopo la denuncia di una ventina di migranti. Quel giorno, a bordo della corvetta, c’erano anche marò del battaglione San Marco, come dimostra un video diffuso dalla Marina dopo il salvataggio e ora acquisito agli atti dell’inchiesta. Alcuni di loro avrebbero perquisito i profughi appena giunti a bordo.

Una delle donne derubate racconta: «Ci separarono dai nostri bambini mentre iniziarono a perquisire accuratamente noi donne: alcune avevano nascosto i beni più preziosi nel reggiseno, altre nelle mutande. Io, per esempio, avevo cucito all’interno della mia biancheria intima più di 5mila euro.

Ma ci sequestrarono tutto: l’oro, gli euro, i dollari e i cellulari. Chiesi più volte come avrei potuto recuperare i miei effetti personali, facendogli presente che erano l’unica possibilità per farci arrivare a destinazione. Ma quelli provavano a rassicurarci: “Mettiamo a ciascuno, in un sacchetto numerato unico, tutte le proprie cose e ve lo riconsegniamo appena scesi”». E invece.

Donne e uomini separati durante il tragitto fino a Porto Empedocle. «Iniziarono ad afferrare e sollevare i bambini per farli entrare in bagno in una maniera tale che non potessimo accorgerci se li stavano toccando per cercare soldi nascosti tra i vestiti». All’arrivo a Porto Empedocle, la sorpresa: «Fecero scendere prima donne e bambini. Nessuno di noi aveva ancora potuto rivedere il marito in modo che non potessimo raccontargli che ci erano stati presi i soldi. Poi ci dissero che erano arrivate le nostre cose. Aprimmo i sacchetti, c’era un po’ di oro, i documenti e i cellulari. Ci avevano lasciato i soldi siriani e libici mentre i dollari e gli euro erano scomparsi. In tutta la nostra imbarcazione sono spariti 64mila euro e 25mila dollari circa. Io stessa mi sono vista sparire 4.300 dollari e 1.500 euro». Il marito aggiunge:

===========================================================
«Noi abbiamo venduto la nostra casa, abbiamo venduto tutti i nostri averi in modo da non aver bisogno di chiedere aiuto. E ora non abbiamo più i soldi per mangiare. Quelli non erano soldati, erano l’esercito di Alì Baba. Ladroni».
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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Corriere 12.11.13
Il segno del fallimento di due generazioni
Adulti meno responsabili e ragazzi che si arrendono

di Mauro Magatti

Due mezzi di scambio terribilmente moderni e potenti — il denaro e Internet — in grado di mettere in rapporto tra loro perfetti sconosciuti; adulti maschi alla ricerca di emozioni forti — come il sesso con adolescenti — per combattere la tendenza anestetica del nostro tempo: dove essendo tutto permesso, non si riesce a sentire più niente e si è costretti ad alzare l’asticella della trasgressione; ragazze disposte a seguire, senza troppe domande, il gatto e la volpe che incontrano nell’ambiente digitale e che promettono loro di aprire la strada ad una fantomatica città dei balocchi — dove basta avere qualche soldo in mano e farsi vedere disinibiti per sentirsi grandi.

Il quadro che esce dalle tristissime vicende di cronaca di questi giorni apre una finestra su una zona buia della società italiana.

I mezzi che dovrebbero servire per realizzare i grandi obiettivi di una crescita umana e sociale vengono piegati per ottenere piccoli godimenti seriali, per i quali si è disposti non solo a passare sopra il senso morale, ma anche a calpestare il semplice buon gusto.

Non che fatti di questo tipo non siano sempre avvenuti, pur se in forme diverse, anche nel passato. Ma fa riflettere la diffusione del fenomeno, non più riducibile al caso. Che segnala un malessere profondo.

===============================================
Il declino della società italiana non è solo economico.

===============================================
È come se intere parti del nostro tessuto sociale fossero a rischio di rimanere imprigionate in un vortice regressivo, dove non c’è né futuro né passato, ma solo singoli momenti che devono diventare sempre più «forti».

Per compensare la mancanza di prospettive e di progettualità si ricorre al gioco, alla fortuna, al brivido dell’eccesso.

In un’altra epoca si sarebbe parlato di decadenza.


Una decadenza singolare, però, tipica di un paese che accede ai mezzi che la modernità mette a disposizione — denaro, Internet — accontentandosi di utilizzarli per replicare modelli di comportamento arcaici — come quelli del maschio che insegue le fantasie erotiche.

I danni che la iper modernità è in grado di procurare quando non si investe nella cura delle persone, nel potenziamento della capacità di giudizio, nella qualità degli ambienti educativi sono ingenti.

Le società che prosperano, non solo economicamente, sono quelle capaci di ricomporre strumentalità e senso, aprendo spazi di partecipazione e di riconoscimento per i propri cittadini.


====================================================
Proprio il contrario della situazione italiana di questi anni, in cui sembrano intrecciarsi i fallimenti di due generazioni: quello degli adulti, i veri responsabili del disastro in cui ci troviamo e che paiono voler abdicare del tutto alla loro responsabilità nei confronti delle nuove generazioni; e quello dei giovani, molti dei quali paiono aver perso la speranza per il loro futuro, accontentandosi di briciole di godimento.
====================================================

Ci siamo assuefatti a vedere centinaia di ragazzi e ragazze la cui massima aspirazione è di diventare veline o calciatori.

«Aspirazioni» spesso assecondate, quando non alimentate, dalla famiglia di appartenenza.



Gli episodi di questi giorni, certo estremi, ci devono allarmare, senza girare lo sguardo dall’altra parte.

Di tutto questo occorre che si parli. Occorre che se ne parli sui giornali e su Internet, ma soprattutto a scuola e in famiglia.

Che ne parlino i ragazzi e le ragazze tra loro. Perché, se c’è una cosa straordinaria dell’essere umano, è la sua capacità di riflessione e di apprendimento a partire anche dalle esperienze più negative.

All’unica condizione di essere disposti a non chiudere gli occhi davanti alla realtà.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Ad merlam merlorum in saecola saecolorum - 21
Forza merli - 21

La ripresa,……….per il c… - 20
Alegher, alegher,...............- 2



Tg3 ore 19,00

Ci sarà la ripresa, lo affermano Bankitalia, Ocse e Moody’s

1. Notizie relative a bankitalia ci sarà la ripresa
1. Bankitalia: prezzi delle case giù del 5% quest'anno, ripresamodesta nel 2014
Il Ghirlandaio ‎- 2 ore fa
... dovrebbero calare ancora (-5%), mentre nel 2014 ci sarà"ripresa modesta", frenata ... Il mercato immobiliare, spiegaBankitalia,è in ripresa negli Usa e si sta ...

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Monti, luglio 2012: Vedo la luce in fondo al tunnel.

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Dato che la ripresa và a razzo,…Draghi ha ridotto il tasso di sconto allo 0,25 %

Notizie relative a Draghi riduce il tasso di sconto allo 0,25 %
Bce taglia tassi a 0,25%, è minimo storico
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Roma - (Adnkronos/Ign) - Draghi: "Tassi a questo livello o più bassia lungo. ... Il Consiglio ha deciso di ridurre il tasso di riferimentoallo 0,25%, il tasso di ...
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